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Covid-19, la curva epidemica si sta piegando dal lato giusto
Anche se la curva epidemica si sta piegando dal lato giusto e tutti i dati relativi all’apertura del 18 maggio non trasmettono messaggi preoccupanti, gli italiani dovranno aspettare ancora qualche giorno per capire se la tempesta è davvero passata. L’ipotesi di una ricaduta e di un secondo pesantissimo lockdown, trattengono i giudizi positivi sui numeri registrati rispetto ad una pandemia che in Italia ha già provocato più di 33mila morti, colpendo più di 230mila persone.
«I dati ci dicono che la curva si sta piegando dal lato giusto, anche se a livello globale siamo ancora in piena pandemia, ma a leggere i dati di oggi possiamo dire che il Paese ha retto l’apertura del 4 maggio - spiega il ministro della Salute, Roberto Speranza - Avremo bisogno di aspettare ancora un po’ di giorni perché si consolidino i dati relativi all’apertura del 18 maggio». E questo «perché il tempo di incubazione medio del virus è tra 5-6-7 giorni».
Speranza auspica che il vaccino contro Covid-19 «arrivi il prima possibile anche perché la ricerca globale sta facendo uno sforzo senza precedenti. Ma non c’è scritto da nessuna parte che c’è una data certa per il vaccino. Quindi fino ad allora dobbiamo tenerci pronti per una eventuale seconda ondata. Un giorno, sconfitto il coronavirus, aver dotato il Paese di posti letto aggiuntivi in terapia intensiva ci avrà resi più forti».
Inoltre, garantisce il ministro, nel giro di pochi mesi avremo una autonoma produzione italiana di mascherine, che ci consentirà di essere pienamente autosufficienti e indipendenti dal mercato internazionale.
Anche l’epidemiologo Pier Luigi Lopalco, professore ordinario di Igiene all’Università di Pisa e alla guida della task force anti-covid della Regione Puglia, predica prudenza. Perché ora «è impredi Daniele Ruscitti
vedibile quello che può essere l’esito di questa riapertura con poche cautele. Potrebbe non sviluppare nulla, soprattutto in quelle regioni in cui la circolazione del virus, come nelle isole, è molto bassa, così come potrebbe aver riacceso dei focolai epidemici ma di questo ce ne accorgeremo a metà giugno, non prima».
Intanto le riaperture continuano, dopo quelle di palestre, centri sportivi e piscine (25 maggio), il 3 giugno sul tavolo la mobilità tra le regioni e da metà giugno cinema e teatri. «Il mese di giugno è un mese chiave, decisivo per fare davvero il punto della situazione e capire quale sarà la nostra nuova normalità, quale strategia possiamo portare avanti. Al momento è assolutamente d’obbligo usare qualche precauzione e cautela, ma io una ripresa di circolazione del virus come quel
Il Ministro Speranza: “Fino a quando non arriva il vaccino, teniamoci pronti per una seconda ondata”
la di marzo la escluderei perché ora siamo preparati. Potremo vedere un aumento dei casi, una ripartenza della circolazione del virus, ma l’impatto sulla salute pubblica non sarà paragonabile a quello che c’è stato a marzo. Gli ospedali sono pronti, la sorveglianza sul territorio funziona abbastanza bene, non è paragonabile la situazione in cui siamo ora rispetto a qualche mese fa: eravamo sguarniti, non eravamo preparati. Abbiamo imparato tante cose sia su come cercare il virus che come curarlo. La situazione è completamente diversa».
Messaggi di prudenza che si inseriscono in un quadro sanitario generale che vede in Italia, su una popolazione residente di quasi 51 milioni di persone con più di 18 anni di età, oltre 14 milioni di persone convivono con una patologia cronica
COVID-19, LA CURVA EPIDEMICA SI STA PIEGANDO DAL LATO GIUSTO Migliorano tutti gli indicatori ma c’è grande prudenza: giugno è un mese chiave


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La paura del contagio ha bloccato gli screening per altre patologie e rischia di rallentare la prevenzione
e di questi 8,4 milioni sono ultra 65enni. È questo il contesto in cui si è diffusa l’epidemia da Sars-Cov-2, con gli anziani sorvegliati speciali perché dai dati emerge che già dopo i 65 anni e prima dei 75, più della metà delle persone convive con una o più patologie croniche fra quelle indagate e questa quota aumenta con l’età fino a interessare complessivamente i tre quarti degli ultra 85enni, di cui la metà è affetto da due o più patologie croniche.
C’è inoltre un altro aspetto sul quale rifletter. La paura del contagio rischia di vanificare gli importanti risultati ottenuti finora grazie alla prevenzione anche secondaria, con il pericolo concreto nel lungo periodo di un aumento della mortalità soprattutto per alcune neoplasie come il cancro al seno che, se individuate precocemente, consentono nel 90 per cento dei casi la sopravvivenza a 5 anni senza segni della malattia. Stefania Gori, presidente della Fondazione Aiom, segnala che «in Italia nel 2019 le diagnosi di tumore sono state 371 mila, mille al giorno, grazie anche alla prevenzione secondaria, ma durante il lockdown la pandemia ha bloccato screening, controlli periodici e moltissimi esami diagnostici per individuare il tumore, come ad esempio mammografie e Tac, con una diminuzione di 20 mila nuove diagnosi in due mesi. Un dato molto preoccupante – prosegue Gori – in linea con quanto già registrato in alcuni paesi europei, come ad esempio l’Olanda, e da poco pubblicato su Lancet Oncology, che nel lungo termine rischia di compromettere la sopravvivenza, perché la diagnosi preventiva cambia il destino delle persone».
Guanti e mascherine? Mai per terra
Guanti e mascherine non devono mai essere gettati per terra. L’Iss ha aggiornato le indicazioni per lo smaltimento in ambito domestico e sul luogo di lavoro. Se si è positivi o in quarantena obbligatoria mascherine e guanti monouso, come anche la carta per usi igienici e domestici (fazzoletti, tovaglioli, carta in rotoli) vanno smaltiti nei rifiuti indifferenziati, possibilmente inseriti in un ulteriore sacchetto. Per le attività lavorative i cui rifiuti sono già assimilati ai rifiuti urbani indifferenziati mascherine e guanti monouso saranno smaltiti come tali. L’utilizzo massivo dei dispositivi di protezione individuale “determinerà un aumento significativo dei volumi di rifiuti ed un possibile impatto ambientale che necessita di adeguate politiche di governo del ciclo dei rifiuti” spiega il ministro della Salute, Roberto Speranza. “La ripresa progressiva delle ordinarie attività quotidiane e lavorative deve avvenire nel rispetto delle necessarie misure precauzionali tra cui il distanziamento sociale e l’utilizzo di dispositivi di protezione individuale”.