Il saluto del Presidente Dott. Ing. Carla Cappiello
La Transizione Energetica Le risorse naturali sono fortemente al centro dell’attenzione di tutti in questo periodo segnato da un complesso contesto geopolitico e da una fortissima inflazione. Esse devono svolgere un ruolo dirimente per soddisfare la domanda globale di beni e servizi e per rispondere a un crescente fabbisogno energetico. Quando si parla di transizione energetica ci si riferisce al passaggio da fonti energetiche fossili a quelle rinnovabili, limitando fortemente l’impatto ambientale delle attività di generazione e utilizzo dell’energia. La transizione energetica rientra nella più ampia transizione ecologica, il processo per ottenere la neutralità climatica (net-zero) entro il 2050 insieme a modelli di produzione e consumo più sostenibili. L’obiettivo net-zero consiste nel garantire un equilibrio tra le emissioni generate dall’attività umana e quelle assorbite. È necessario abbattere il più possibile le emissioni, compensando quelle che non si possono evitare attraverso l’investimento in soluzioni verdi di assorbimento. Per realizzare la transizione energetica occorre guardare soprattutto alle energie rinnovabili, che garantiscono l’azzeramento delle emissioni e hanno le potenzialità per soddisfare la domanda globale di energia. Secondo l’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA), la capacità elettrica rinnovabile aumenterà di oltre il 60% tra il 2020 e il 2026, raggiungendo i 4.800 gigawatt (GW), cioè l’attuale
capacità globale cumulata di combustibili fossili e nucleare. Un altro elemento da considerare è che, diversamente dal gas, le fonti energetiche rinnovabili sono meno esposte alle dinamiche geopolitiche all’origine dell’aumento dei prezzi cominciato nel 2021. Sono 130 i Paesi del mondo che si sono dati o stanno valutando di fissare obiettivi di neutralità climatica al 2050. Si dovrebbe anche tenere in conto che la transizione, per essere efficace, dovrà garantire equità e giustizia sociale, evitando la nascita di nuove disuguaglianze, ma piuttosto riducendole. Il ruolo della società civile organizzata dovrà essere al centro della transizione energetica. Ogni settore socioeconomico della società civile deve essere messo in grado di implementare tale processo. Come ingegneri abbiamo il compito di aiutare imprese e politica a trasformare la retorica in azione, fornendo il nostro supporto per coordinare e pianificare strategie.
Ing. Carla Cappiello Presidente Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma
L’editoriale Ing. Francesco Marinuzzi Ph.D.
Oil & Gas: criticità e prospettive Tradizionalmente l’ Oil & Gas è stato e molti prevedono sarà ancora per vari anni, una delle fonti energetiche principali. Gli eventi recenti, con la necessità di una adeguata diversificazione, hanno evidenziato quanto il sistema economico del nostro paese e non solo, dipenda dalle stesse e che il problema della loro sostenibilità non sia solo ambientale ma anche economico e sociale. Nel breve periodo le soluzioni possono puntare ad un maggior risparmio energetico, magari agendo sulle temperature volute negli ambienti chiusi, oppure estendendo ed ampliando le soluzioni digitali e telematiche. Nel medio e lungo periodo, comunque, vanno diversificate le fonti energetiche riconsiderando, alla luce dei nuovi ed attuali scenari geopolitici, tutta una serie di scelte storiche fatte e/o linee ideologiche promosse, che, alla luce del poi, sembrano assumere ulteriori significati. Inoltre, ogni decisione non può non esser confrontata e pesata con quelle degli altri paesi europei e della stessa Europa nella sua globalità per limitare dilemmi, contraddizioni e posizioni di debolezza tenendo presente la sicurezza con una attenta analisi dei rischi sempre da attualizzare agli scenari presenti in forte evoluzione. Gli ingegneri sono chiamati ad un ruolo delicato e centrale per cercare ed attuare nuove sintesi a supporto di nuove strategie energetiche nazionali che vadano oltre quanto già previsto nel PNRR. In questo numero, estremamente attuale, vengono approfonditi molti aspetti specifici indicando potenziali soluzioni.
Dall’articolo sulle sfide delle aziende Oil & Gas per la transizione energetica di De Donno alla valutazione del potenziale geotermico dei giacimenti correlati in Italia di Alimonti. Dai fondamenti e principi sulla sicurezza di Delogu, alla cultura della sicurezza nelle attività minerarie ed energetiche di Mamuscia fino alla sicurezza delle operazioni a mare di Mesini e Macini. Dall’articolo molto interessante sulle donne nella gestione delle risorse naturali di Marras e Capello e quello sul sistema di circolazione continua dei fanghi di Calderoni, Amuzzoni e Mamuscia. Infine, l’articolo sulla importanza dell’economia circolare e il ruolo dell’idrogeno verde a cura dei membri della commissione “L’ingegnere per il No Profit, l’Ecologia e l’Economia Circolare” e quello sulla strategia energetica nazionale con la stima di approvvigionamento del gas naturale sulla base dei dati del Ministero per la Transizione Ecologica di Mamuscia e Rocchi. Con l’auspicio che questo Quaderno tematico possa dare un suo specifico contributo al dibattito attuale nazionale in ambito energetico, confido nella grande capacità operativa e fattiva della comunità degli ingegneri per affrontare e risolvere con competenza e tempismo queste nuove sfide nazionali ed internazionali.
Ing. Francesco Marinuzzi Ph.D. Direttore Editoriale
Quaderno Direttore responsabile
Stefano Giovenali Direttore editoriale
Francesco Marinuzzi Comitato di redazione Sezione A
Carla Cappiello Gioacchino Giomi Lucia Coticoni Giuseppe Carluccio Carlo Fascinelli Lorenzo Quaresima
Manuel Casalboni Filippo Cascone Alessandro Caffarelli Massimo Cerri Francesco Fulvi Tullio Russo
Sezione B
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Tiziana Primavera Assistenza Editoriale
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Press Up Ordine degli Ingegneri della Provincia di Roma
Piazza della Repubblica, 59 - 00185 Roma www.ording.roma.it segreteria@ording.roma.it editoriale@ording.roma.it Finito di stampare: maggio 2022
Il Quaderno IOROMA è una estensione alla rivista IOROMA La Direzione rende noto che i contenuti, i pareri e le opinioni espresse negli articoli pubblicati rappresentano l’esclusivo pensiero degli autori, senza per questo aderire ad esse. La Direzione declina ogni qualsiasi responsabilità derivante dalle affermazioni o dai contenuti forniti dagli autori, presenti nei suddetti articoli.
Sommario
N. 2S/2022
GLI EDITORIALI Il saluto del Presidente
01
L’Editoriale
03
di Carla Cappiello
di Francesco Marinuzzi
GLI ARTICOLI Introduzione
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Le sfide per le aziende O&G per affrontare la transizione energetica
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UNECE EGRM - Donne nella Gestione delle Risorse Naturali
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Fondamenti e principi della disciplina in materia di salute e sicurezza sul lavoro: una breve ricognizione del sistema
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Cultura della sicurezza nelle attività minerarie ed energetiche
56
La sicurezza delle operazioni a mare nella ricerca e produzione di idrocarburi: il ruolo del Comitato offshore
70
Sicurezza, performance e versatilità “Il sistema di Circolazione Continua dei fanghi” come soluzione tecnologica avanzata
82
Valutazione del potenziale geotermico dei giacimenti di petrolio e gas in Italia
90
di V. M. Mamuscia G. De Donno
C. Marras, M. A. Capello
A. Delogu
V. M. Mamuscia
E. Mesini, P. Macini
A. Calderoni, A. Amuzzoni, V. M. Mamuscia C. Alimonti, D. Scrocca
L’economia circolare, il ruolo dell’idrogeno verde, limiti e necessità del suo sviluppo
Membri iscritti alla commissione “L’Ingegnere per il No Profit, l’Ecologia e l’Economia Circolare” al 1° luglio 2021
100
Strategia Energetica Nazionale – stima di approvvigionamento del gas naturale sulla base dei dati del Ministero per la Transizione Ecologica
108
L’AREA WEB DEL QUADERNO E DELLA RIVISTA
120
V. M. Mamuscia, R. Rocchi
Autore Carole Russell Titolo Oil rig at night
Introduzione Ing. Vincenzo Michele Mamuscia
Il Quaderno Speciale rappresenta un’apertura sul panorama nazionale del settore minerario ed energetico, propedeutico a futuri approfondimenti che possono coinvolgere: Enti, Associazioni, Aziende e Professionisti operanti nel settore. L’impegno dell’opera è contraddistinto da nove contributi che delineano il corpo della stessa in argomenti definiti, quali: sociali, istituzionali, tecnici e di valutazione strategica. La lettura si apre con gli approfondimenti riguardanti le strategie aziendali, l’importanza degli aspetti sociali e la parità di genere, che accompagnano gradualmente la lettura verso argomenti di natura più tecnica. Il corpo centrale del Quaderno Speciale è caratterizzato dall’approfondimento delle tematiche inerenti: sicurezza, tutela e salvaguardia ambientale, nonché l’Istituto Normativo italiano e le sue rappresentanze d’eccellenza. La crescente rilevanza di questo tema e il forte interesse nel panorama europeo e globale hanno prodotto risultati positivi anche in ambito nazionale. La cultura della sicurezza assume rilevanza notevole in termini di trasferimento delle conoscenze tecnico-scientifiche e allineamento concettuale, con il fine ultimo di colmare alcune controversie che circoscrivono questa trattazione. La seconda metà dell’opera lascia spazio all’innovazione e alla trasformazione che caratterizza il nuovo millennio, in cui l’industria mineraria rappresenta il know-how da cui attingere per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione. Le nuove politiche energetiche del Paese, in attuazione degli obiettivi strategici individuati nel documento sulla Strategia Energetica Nazionale, la tassonomia europea e l’apertura verso fonti da utilizzare come ponte per favorire la transizione energetica per raggiungere la dipendenza energetica, raffigurano un’opportunità storica unica e non trascurabile.
In questo scenario, l’energia geotermica, l’idrogeno e il gas naturale rappresentano i principali attori che contribuiranno alla diffusione di tecnologie low carbon per la generazione di energia pulita. La realtà nazionale vanta innovazione e tradizione, qualifiche altamente riconosciute in tutto il mondo e le tematiche attuali risultano essere di grande interesse economico, sociale e ambientale. Soltanto la conoscenza e la divulgazione tecnico – scientifica può permeare la complessa e stratificata rete di informazioni esistenti, con l’auspicio che il periodo di transizione possa essere innovativo, valorizzando l’inestimabile tradizione mineraria. Il periodo storico attuale, con relativo focus sul settore energetico, è molto delicato in termini di stabilità dei mercati e di risorse impiegate. L’Italia, a differenza degli altri stati, subisce maggiormente gli effetti di una pandemia, prima, di un conflitto dopo, che condizionano pesantemente gli scenari energetici nazionali e internazionali. Gas e petrolio rappresentano la misura che pesa la grave dipendenza energetica e la carenza di alternative di “produzione autonoma” atta a soddisfare la crescente domanda energetica nazionale. Anche il carbone, a livello mondiale, ha mantenuto un ruolo importante nella produzione di energia, ma non rappresenta una valida soluzione da poter adottare in un paese, come l’Italia, che si trova in phase out. La storia energetica italiana è contraddistinta da una forte dipendenza russa datata 1950. La Guerra fredda ha dato luogo alla duratura relazione bilaterale, resistente anche alla pressione della Cortina di ferro e alle insofferenze dei blocchi occidentali che hanno contraddistinto la fine della Seconda Guerra Mondiale. Relazioni consolidate attorno a forti complementarità economiche, indubbiamente energetiche, consolidate nel tempo attraverso “accordi petroliferi” e la successiva fornitura di gas, comportano, a distanza di quasi un secolo, l’insofferenza energetica caratterizzata dalle divergenze di natura geopolitica.
I momenti di crisi del settore del gas e del petrolio non sono inediti; infatti, già nel 2006 e nel 2009 le dispute russo-ucraine hanno rappresentato un monito di fattori esogeni ripetibili nel tempo. Il ruolo della Russia, come partner strategico chiave per il nostro paese, in termini di fornitore assoluto di petrolio e gas, con approvvigionamenti estremamente concentrati su Mosca, non ha permesso di differenziare e potenziare le importazioni provenienti da Algeria e Libia, che forniscono soltanto un quarto del totale del gas importato. Si consta un timido tentativo memorabile di riduzione delle importazioni a livelli competitivi e di incremento di margine destinato agli altri partner, attuato nel 2017, anno in cui la dipendenza italiana dal gas russo si è attestata intorno al 43%. Ma, negli ultimi cinque anni, la tendenza ha ripreso ad essere quella consueta, ovvero: ottenere forniture di gas russo in termini assoluti da 20 – 30 miliardi di metri cubi (Bcm). Questo tipo di partnership non rappresenta soltanto un punto della strategia energetica italiana, ma anche fattore causale di frizioni all’interno della Comunità europea. La realizzazione del raddoppio dei gasdotti esistenti, il transito attraverso l’Ucraina, le potenziali rotte meridionali e i relativi progetti nel Mar Nero, ma soprattutto le future relazioni con Mosca al termine dei conflitti e delle sanzioni imposte, sono questioni chiave che minano il risultato finale dell’equazione energetica europea e italiana di conseguenza. Alla luce dei nuovi equilibri geopolitici, dell’instabilità dei mercati e il conseguente aumento del prezzo delle risorse energetiche, le istituzioni italiane e l’industria nazionale stanno tentando di riequilibrare i punti di forza. Da un lato, si ravvivano i rapporti e le rotte meridionali, dall’altro si considera la possibilità di acquistare gas liquido americano. Anche il potenziale dei giacimenti italiani viene rivalutato in un’ottica di sfruttamento in linea con gli obiettivi di sostenibilità ambientale e nel rispetto delle normative vigenti.
Il punto di forza italiano è sicuramente rappresentato dal know-how industriale che nell’ultimo secolo si è sviluppato costantemente rappresentando anche una guida utile per tutti gli altri Paesi. Le recenti dinamiche mondiali, come la pandemia e la guerra russo-ucraina già citate, hanno fatto emergere le debolezze del sistema energetico italiano ed europeo, motivo per il quale si stanno riformulando tutte le priorità che coinvolgono la nazione in tutti i suoi settori e capillarmente fino ai singoli cittadini. L’imprudenza di non aver diversificato le fonti energetiche disponibili e i fornitori negli ultimi decenni e l’eredità pluridecennale di inerzia in tal senso, ha prodotto il risultato che si sta “apprezzando”. Una soluzione unica non esiste, ma l’obiettivo da raggiungere è sicuramente quello relativo alla sicurezza nazionale: indipendenza energetica nel rispetto dell’ambiente e della salute dei cittadini. Alla luce di una rigorosa coerenza logica, l’occasione risulta essere unica. La situazione attuale non rappresenta il risultato finale, al contrario, vi è la forte possibilità di raggiungere, se pur in parte, l’aspirata indipendenza energetica. È necessario considerare il potenziamento delle infrastrutture esistenti per il trasporto del gas, rivalutare i progetti sui rigassificatori fornendone maggiore capacità, utilizzare nuove tecnologie capaci di operare anche sui pozzi a gas chiusi, evitando il naturale esaurimento e il declino della produzione.
a cura di Ing. Giulia De Donno
LE SFIDE PER LE AZIENDE O&G PER AFFRONTARE LA TRANSIZIONE ENERGETICA
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La complessità della transizione energetica Al centro della risposta al cambiamento climatico c’è la transizione da combustibili fossili alle energie rinnovabili e all'idrogeno, rafforzata dalla carbon capture & storage. Ciò è stato evidenziato alla storica conferenza sul clima COP26 a Glasgow, in Scozia, che ha sottolineato la necessità e l’urgenza di una maggiore ambizione sulle azioni da intraprendere per contenere il
cambiamento climatico, azioni che includono i carbon markets e gli impegni nazionali dei singoli paesi verso il net zero. Tuttavia, il nostro mondo dipende ancora moltissimo dal petrolio e dal gas, ed è questo il motivo per cui la transizione energetica risulta un argomento così complicato. Per apprezzare le difficoltà nel fare un bilancio fra azione per il clima e il continuo bisogno di energia, si consideri la storia di Innovex
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"tabacco, armi e pornografia". Associando l'industria petrolifera e del gas a queste categorie: fornire giacche ad aziende simili sarebbe contro i propri valori e i propri "obiettivi e impegni relativi alla sostenibilità e alla protezione ambientale". Ma, a quanto pare, l'attività della nota azienda dipende non solo dalle persone che amano la vita all'aria aperta, ma anche dal petrolio e dal gas: almeno il 90 percento dei materiali delle sue giacche sono realizzati con prodotti petrolchimici derivati da petrolio e gas naturale. Inoltre, molte delle sue giacche e dei materiali che le compongono sono realizzate in paesi come Cina, Vietnam e Bangladesh, e poi spedite negli Stati Uniti in navi alimentate a petrolio. Per confondere ulteriormente le cose, non molto tempo prima che la richiesta fosse respinta, il suo proprietario aziendale aveva costruito un nuovo hangar in un aeroporto di Denver per i suoi jet aziendali, tutti alimentati a carburante. Per mettere in luce l'ovvia contraddizione, la Colorado Oil and Gas Association ha presentato il suo primo Customer Appreciation Award all’azienda riluttante per essere "uno straordinario cliente di petrolio e gas". Ma questo premio è stato rifiutato. Aggiornamento macroeconomico post-Covid 19
Downhole Solutions, una società con sede in Texas che fornisce servizi tecnici all'industria petrolifera e del gas e che a fine del 2020 aveva ordinato 400 giacche ad una nota marca di abbigliamento outdoor, chiedendo di stampare il proprio logo aziendale. L'iconica azienda di abbigliamento si rifiutò di evadere l'ordine in quanto si considerava "un’azienda politicamente consapevole" e non voleva pertanto condividere il proprio logo con aziende che si occupano di
Già molto prima del Covid-19, la pressione sociale nei confronti dei sistemi energetici fondati su fonti fossili era molto alta. Gli eventi dello scorso anno hanno accresciuto l'interesse degli investitori per le attività sostenibili e resilienti, comprese le energie rinnovabili promuovendo quindi nuovi sistemi energetici più indipendenti dagli idrocarburi e più orientati verso le fonti a basse emissioni di carbonio. Le compagnie petrolifere e del gas sono direttamente esposte alle attuali discontinuità economiche e restano vulnerabili ai rischi sistemici, uno di questi e probabilmente il più importante è il cambiamento climatico. In questa fase di disruption dei sistemi energetici tradizionali, le compagnie O&G devono scegliere dove e come competere mentre il mondo passa a un futuro “net-zero” e devono ridurre il loro rischio di svalutazione delle immobilizzazioni materiali. Infatti, secondo le analisi condotte dal Wall Street Journal, la pandemia ha innescato la più grande svalutazione delle attività dell'industria petrolifera in almeno un decennio, a seguito di un crollo senza precedenti della domanda globale di energia e a causa dell'incertezza a lungo termine sulla domanda futura per i loro prodotti principali legati alle fonti fossili. I trend che mettono in difficoltà l’industria O&G sono l'aumento delle auto elettriche, la proliferazione delle energie rinnovabili e la crescente preoccupazione per l'impatto duraturo del cambiamento climatico.
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Date queste dinamiche, questo è il momento per le compagnie petrolifere di fare scelte ponderate: sia per migliorare la loro resilienza economica e reputazionale sia per considerare come riposizionarsi. In particolare, ci sono quattro pillars/ambiti chiave che i leader delle O&G company dovrebbero affrontare o esplorare e sono: 1. Core Business: come rendere più resilienti le attività principali nel settore degli idrocarburi? 2. Sustainability & Decarbonization Path: come riposizionarsi strategicamente e migliorare la resilienza reputazionale tramite investimenti in ambito ESG come la riduzio-
3.
4.
ne di emissioni e la decarbonizzazione delle proprie attività lungo l’intera Value Chain. Energy Evolution e aggiornamento del proprio modello operativo: come minaccia o opportunità? I leader delle aziende O&G dovrebbero chiedersi se crescere includendo attività a basse emissioni di carbonio e come modificare il modello operativo per prosperare in un mondo a basse emissioni di carbonio. Il Digitale come supporto per migliorare l'efficienza operativa e decisionale delle aziende O&G ma anche come strumento per navigare l’energy transition e ridurre le emissioni.
Figura 1 Il cambiamento climatico si riferisce ai cambiamenti a lungo termine delle temperature e dei modelli meteorologici.
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Un piano d'azione per le aziende O&G nell’affrontare le sfide della transizione energetica 1. Costruire un core business più resiliente La resilienza finanziaria è un aspetto sempre più delicato in diversi ambiti delle attività O&G, sia nel settore upstream che in quello del refining. Come esempio upstream, basti pensare alle numerose bancherotte che hanno coinvolto famosi player della shale industry in Nord America, di cui si ricorda a titolo di esempio la bancarotta della Chesapeake a giugno 2020. Il portafoglio della Chesapeake, uscita attualmente da un drastico processo di ristrutturazione aziendale, include asset non convenzionali con un breakeven price particolarmente elevato rispetto all’olio del Medioriente, quindi, con asset più soggetti alla fluttuazione dei prezzi del barile. Inoltre, poiché i rischi fisici derivanti da un clima che cambia sono meglio compresi e i rischi di transizione (come la pressione sociale, la disruption tecnologica o il cambiamento delle preferenze dei consumatori) diventano più diffusi, la resilienza finanziaria sta diventando sempre più una funzione della resilienza climatica. Investitori e analisti hanno anche iniziato a testare il contributo delle compagnie petrolifere e del gas a un clima che cambia. Cresce la richiesta alle compagnie petrolifere da parte degli enti finanziatori di standardizzare la comunicazione delle emissioni di gas serra prodotte dalle operazioni e da intere catene del valore. La prima risposta delle compagnie petrolifere e
del gas, quindi, deve essere quella di costruire un portafoglio che sia resiliente sia ai prezzi più bassi delle materie prime che ai prezzi più alti del carbonio. Ci sono due passi importanti che i leader possono intraprendere per rafforzare le loro posizioni (oltre alla decarbonizzazione) e sono: 1. Concentrare gli investimenti futuri su risorse che offrono la migliore combinazione fra prezzi di produzione e minore intensità di emissioni, come ad esempio i giacimenti a gas; 2. Razionalizzare gli investimenti su asset di idrocarburi meno resilienti: ridurre ad esempio gli investimenti in giacimenti non convenzionali ed heavy oil valutando la possibilità di uscire dal business.
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2. Sustainability & Decarbonization Path All’interno di questo asse, un aspetto fondamentale è quello della sostenibilità ambientale, in particolare legata alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla decarbonizzazione delle attività O&G e delle loro catene del valore. Il Net Zero è infatti una tendenza emergente degli ultimi anni, dal momento che il mondo è in corsa per dimezzare le emissioni di GHG entro il 2030 e raggiungere il net zero entro il 2050 e senz’altro l’Energy è un’industria prioritaria su cui agire. Diverse O&G company hanno già fissato obiettivi di Net Zero in cui le emissioni di Scope 3, che sono associate all'uso dei prodotti del settore, rimangono la sfida dominante, e coprono oltre tre quarti dell'impronta di emissioni del settore.
Figura 2 Le aziende O&G potrebbero sviluppare meccanismi per differenziare gli asset e valutare i prodotti in base alla loro impronta di gas serra (C=2, metano...).
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20 Figura 3 La capacità operativa totale del CCUS è cresciuta di circa il 23% dal 2017 al 2020 e si prevede che aumenterà fino a circa 10.000 MTPA entro il 2050.
Fra le tendenze predominanti in ambito O&G legati alla riduzione di emissioni ci sono le iniziative di CCUS per l’anidride carbonica e le iniziative di Methane Mgmt & Gas Flaring. In particolare, la Carbon Capture Utilization and Storage (CCUS), sarà un tool essenziale per mitigare il cambiamento climatico. I progetti di CCUS se implementati in collaborazione con tecnologie energetiche pulite, hanno infatti il potenziale di ridurre le emissioni globali. Una valutazione dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) stima che entro il 2050 saranno necessarie circa 10.000 mtpa di capacità di cattura della CO2 per sostenere le ambizioni climatiche globali. Allo stato attuale, si stima che l’attuale capacità CCUS mondiale è di circa 120 mtpa con una crescita annuale del 23% rispetto agli ultimi tre anni. Pertanto, esiste un notevole potenziale di crescita per le tecnologie CCUS. Da un punto di vista economico, l’Agenzia Internazionale per l'Energia (IEA) stima che i costi dei progetti di CCS variano da US $60 a US $85 per tonnellata di CO2. Con questi prezzi, è difficile far funzionare il business model, a meno che non siano integrati altri flussi di entrate. Per-
tanto, l'IPCC ha raccomandato ai governi di sviluppare meccanismi politici adeguati a migliorare la fattibilità economica dei progetti CCS e per supportare la sua adozione di massa. Per risolvere l’equazione net zero, ovvero ridurre o rimuovere le emissioni di gas a effetto serra per stabilizzare il clima, anche il contenimento delle emissioni di metano sarà fondamentale. Il metano e la CO2 differiscono in diversi aspetti. In particolare, il metano rimane nell'atmosfera solo per un decennio, rispetto alla persistenza secolare della CO2, ma intrappola molte volte più calore. Le emissioni di metano dall'attività umana sono il secondo più grande motore del riscaldamento globale, rappresentano circa il 30% dell'aumento della temperatura dai livelli preindustriali e sono aumentate di circa il 25% negli ultimi 20 anni. L'analisi dell'IPCC presuppone una riduzione delle emissioni di metano di oltre il 2% all'anno, raggiungendo il 37% al di sotto dei livelli del 2017 entro il 2030 e il 55% entro il 2050. L'industria O&G emette "metano fuggitivo" in modo irregolare e disperso attraverso sfiati, perdite e combustione incompleta durante il pro-
Figura 4 Emissioni globali di metano dall'attività umana: le attività legate all’O&G rappresentano circa il 25% del metano antropogenico.
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cesso di flaring: queste emissioni sono una fonte di valore non sfruttata e rappresentano circa il 25% del metano antropogenico. Per ridurle, è possibile aumentare il monitoraggio, il reporting e la verifica; sostenere il consumo sostenibile; aggiornare il portafoglio di progetti favorendo asset a basse emissioni di carbonio e ridotta impronta di metano; aumentare l'innovazione nel monitoraggio del metano e nella prevenzione delle perdite; aggiornare l'infrastruttura e ridurre il gas flaring. Entità di spicco come la Banca Mondiale stanno spingendo in modo aggressivo per vietare il flaring residuo attraverso la Global Gas Flaring Reduction Partnership. Sulla stessa linea, inoltre, stanno lavorando anche i consorzi di settore, come l' Oil and Gas Climate Initiative, per fornire alternative al flaring attraverso collaborazioni reciproche, sponsorizzazioni ed estendendo il supporto tecnologico e finanziario agli operatori. Anche la nuova amministrazione statunitense sta adottando leggi che impongano limiti al gas flaring, in particolare nel prolifico gioco del Permian Basin in Texas. È probabile che le aziende esplorino il potenziale delle tecnologie come l’LNG su piccola scala e il Gas-to-Liquids per monetizzare il gas che andrebbe altrimenti bruciato, attraverso partnership con fornitori di tecnologia. Approcci come la generazione di energia in loco e l'iniezione di gas per l'EOR potrebbero aiutare a ridurre al minimo il gas flaring, in particolare nei prossimi progetti E&P.
3. Esplorare opzioni di crescita redditizia in attività a basse emissioni di carbonio Molte compagnie petrolifere e del gas stanno attualmente rivalutando le loro risposte strategiche alla transizione energetica. Valutando l’opzione di andare ben oltre la decarbonizzazione delle proprie operazioni. Altrettanto importante, i settori di produzione dell’energia a basse emissioni di carbonio rappresentano classi di investimento in rapida crescita a pieno titolo. La domanda è quindi, in che modo le compagnie petrolifere e del gas dovrebbero esplorare alternative per una crescita redditizia che migliori anche la resilienza climatica? Le risposte strategiche delle O&G Company sono generalmente distribuite su tre ampi archetipi: • lo “specialista delle risorse naturali”, come ad esempio alcune National Oil Company che resteranno focalizzate ad ottenere il massimo dai loro asset a fonti fossili; • i player che si vogliono trasformare e che si stanno trasformando in società energetiche integrate; • i player che abbandoneranno il settore E&P (Exploration & Production) per una transizione totale verso gli asset di produzione di energia “low carbon”. Gli “specialisti delle risorse naturali” scommettono su un futuro che promette un fabbisogno materiale di idrocarburi per altri 30-50 anni, anche con una tendenza al ribasso. Le aziende di questa classe riconoscono che la fase matu-
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Figura 5 Immagini satellitari della NASA, utilizzate per monitorare l'inquinamento e il flaring dei giacimenti petroliferi negli Stati Uniti.
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ra dello sviluppo di qualsiasi settore è spesso la più redditizia per i migliori performer, in genere rafforzata da opportunità di consolidamento. Stanno quindi offrendo agli investitori un alto potenziale di rendimento, una crescita dei profitti supportato da un elevato prezzo del petrolio (tornato ai livelli di fine 2019), e una proposta di investimento semplice e senza i rischi connessi a nuove attività con potenziali marginalità inferiori migliorando nelle loro attività legate al core business. Potenziali rischi di quest’attività sono legate alle normative e potenziale isolamento da parte di investitori e di fornitori di servizi avanzati (ad esempio Google ha dichiarato che non fornirà servizi e strumenti di intelligenza artificiale personalizzati per progetti ad alta intensità di emissioni, inclusa l'esplorazione di idrocarburi). Gli attori dell'energia integrata stanno cercando di mantenere il loro nucleo redditizio, catturando anche alcune delle grandi opportunità globali che stanno emergendo nei mercati a basse emissioni di carbonio, tra cui energia rinnovabile, bioenergia, mobilità di nuova generazione, servizi energetici e idrogeno. Questi player vogliono emergere in alcune o più di queste classi di investimento in base alle loro capacità, tecnologie, relazioni e altri vantaggi. Esempi ben noti includono le major petrolifere e del gas come Eni e BP, che hanno recentemente annunciato la loro transizione da compagnia
petrolifera internazionale a compagnia energetica integrata. I “low carbon pure players” stanno invece investendo completamente sulla costruzione di attività a prova di futuro e a basse emissioni di carbonio mentre si spogliano dei portafogli legacy a contenuto fossile che potrebbero creare distrazioni di gestione e presentare proposte di investimento troppo miste per gli investitori azionari e obbligazionari. Diverse aziende di medie dimensioni hanno recentemente compiuto questo passaggio, tra cui Edison, Ørsted e Neste. Edison ha venduto la sua divisione E&P; Ørsted, una società energetica danese, ha dichiarato che il suo obiettivo è diventare la "prima grande azienda eolica offshore" e Neste, un'azienda energetica finlandese, ha spostato il suo patrimonio storico dalla raffinazione e commercializzazione del petrolio alla lavorazione dei biocarburanti. Due domande generali possono aiutare a orientare le scelte tra questi tre archetipi strategici. Innanzitutto, qual è il vero slancio crescente intorno alle tecnologie a basse emissioni di carbonio? E in secondo luogo, quali sono i compromessi rischio-rendimento tra le imprese degli idrocarburi e quelle a basse emissioni di carbonio? Lo slancio intorno alle tecnologie a basse emissioni di carbonio cresce con grandissima velocità: le tecnologie primarie (energia rinnovabile;
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elettrificazione delle infrastrutture; bioenergia; idrogeno; cattura, CCUS; tecnologie a emissioni negative, come soluzioni basate sulla natura e cattura diretta dell'aria; e il commercio del carbonio) rappresentano tutti potenziali mercati di crescita. I mercati volontari del carbonio, ad esempio, potrebbero crescere di 15 volte entro il 2030 rispetto alle loro dimensioni attuali e diventare un mercato da 15 a 40 miliardi di dollari l'anno. Per fornire questi drammatici tassi di crescita, sono necessari enormi investimenti di capitale. Per aiutare a soddisfare questa esigenza, le politiche di stimolo pubblico legate alla pandemia promettono di fornire nuovi considerevoli investimenti nelle tecnologie verdi. Per dare una risposta alla seconda domanda, ovvero, se i mercati a basse emissioni di carbonio possono offrire rendimenti paragonabili al core esistente di idrocarburi nei portafogli di petrolio e gas, bisogna invece considerare che il modello dei rendimenti delle diverse fonti energetiche è cambiato sostanzialmente negli ultimi dieci anni e in particolare i rendimenti previsti in petrolio e gas hanno seguito sostanzialmente il ribasso dei prezzi delle materie prime (commodities) negli ultimi dieci anni; i tassi interni di rendimento (IRR) previsti mediani del progetto sono diminuiti dal 30% durante il 2010-11 al 15% nel periodo 2019-20; mentre le società a basse emissioni di carbonio più performanti stanno
ora ottenendo rendimenti comparabili rispetto al loro (inferiore) costo del capitale rispetto ai loro omologhi del petrolio e del gas. L'intervallo dei rendimenti tra i migliori e i peggiori giocatori è molto ampio, dimostrando che il compromesso rischio-rendimento può essere modulato sia sapendo dove giocare che calibrando bene il modo in cui le aziende giocano. 4. Il Digitale come supporto per migliorare l'efficienza operativa e decisionale delle aziende O&G ma anche come strumento per navigare l’energy transition e ridurre le emissioni Un ultimo aspetto che i leader O&G dovrebbero analizzare e sviluppare è quello del Digitale come tool a supporto di questa trasformazione o comunque come alleato nella crescita e nello sviluppo delle attività e del business. In che modo le compagnie petrolifere e del gas possono trasformare le loro attività principali utilizzando il digitale? Gli sforzi di digitalizzazione dovrebbero continuare lungo tutta la catena del valore, adottando e aggiornando costantemente la propria infrastruttura informatica per incorporare le nuove tecnologie legate all’Internet of Things, all’Artificial Intelligence e al Machine Learning, ai Big Data e al Cloud Computing, e infine alle nuove frontiere della Robotica. Di seguito alcuni vantaggi legati che ciascuna
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di queste tecnologie nella modernizzazione dell’O&G industry: • Internet of Things: faciliterebbe sempre più l'automazione del flusso di lavoro per aumentare la produttività, il che potrebbe anche migliorare la sicurezza dei lavoratori. L'adozione dell’IoT potrebbe aiutare negli sforzi di riduzione delle emissioni grazie a una serie di dispositivi chiamati sistemi di Continuous Emission Monitoring Systems (CEMS) che consentirebbero di avere disponibili in tempo reale i dati sulle emissioni per rilevare picchi irregolari nell'inquinamento e analizzarne la causa principale. Queste informazioni potrebbero essere estremamente critiche nel contesto attuale per l'industria nel contenere le emissioni di Scope 1 e Scope 2; • Sviluppo dei sistemi di intelligenza artificiale, machine learning e deep learning: grazie all'aumento della collaborazione cross-sectors tra i fornitori di tecnologia e le major petrolifere le soluzioni offerte dall’artificial intelligence sono di una qualità sempre maggiore e consentono alle aziende di creare modelli in grado di elaborare i dati più velocemente. L'esplorazione di idrocarburi rimane l'area di interesse principale per l'intelligenza artificiale ma ci sono nuovi casi d'uso in aree quali la pianificazione dei progetti, il digital twin, la gestione della catena di approvvigionamento e l'ottimizzazione dell'efficienza degli impianti; si prevede quindi che le aziende aumenteranno i loro investimenti nell'intelligenza artificiale per coprire diverse applicazioni; • I big data forniscono alle aziende una maggiore visibilità delle loro operazioni e permettono di supportare il processo decisionale con informazioni data-driven. Ciò richiede strumenti sofisticati con il giusto set di competenze. Incorporare i big data in tutte le operazioni potrebbe aiutare le compagnie petrolifere e del gas a adempiere efficacemente ai loro obblighi rispetto agli obiettivi di emissione e agli impegni nei confronti del cambiamento climatico. Le migliori applicazioni in ambito big data nell'industria O&G sono legate all’analisi dei dati sismici e microsismici, al miglioramento della caratterizzazione e simulazione dei giacimenti, alla riduzione dei tempi di perforazione e aumento della sicurezza di perforazione, all’ottimizzazione delle prestazioni delle pompe di produzione, al miglioramento della gestione degli asset petrolchimici, al miglioramento delle spedizioni e dei trasporti, e alla maggiore sicurezza sul lavoro. L'ascesa dei big data
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facilita anche l'implementazione di tecnologie edge computing e cloud computing nel settore petrolifero e del gas. L'avvento del 5G potrebbe facilitare miglioramenti nelle prestazioni dei big data; Cloud Computing: considerando il rapido aumento dei volumi di dati generati dalle operazioni petrolifere e del gas, le aziende guardano sempre più alla possibilità di esaurire gli spazi dati in-house. Pertanto, le aziende si stanno rivolgendo a soluzioni di cloud computing scalabili per soddisfare i loro requisiti di dati. Queste offrono infatti capacità di elaborazione ad alte prestazioni. Il cloud computing è un ottimo strumento facilmente adattabile anche per il remote-working. I leader del settore potrebbero adottare sempre più architetture cloud ibride per ottimizzare la proprietà dei dati, l'accesso, i servizi analitici e i costi. Importante fare attenzione alla cyber security; I robot autonomi stanno guadagnando sempre più attenzione nel settore, soprattutto in ambito offshore - la pandemia ha aggravato le sfide nel garantire la sicurezza del lavoro sulle piattaforme offshore mantenendo i livelli di produzione desiderati. I robot autonomi possono rivelarsi utili nella risoluzione di questo challenge. Sebbene siano ancora in fase di sviluppo, questi robot possono eseguire una serie di attività, tra cui l'apertura e la chiusura delle valvole, l'utilizzo di pig per l'ispezione delle tubazioni e l'esecuzione di misurazioni dai dispositivi sul campo. Gli operatori del Mare del Nord, Total ed Equinor, hanno organizzato ulteriori prove sulle tecnologie robotiche nel 2021 per migliorare le loro capacità autonome (autonomia di livello 4). Ciò potrebbe potenzialmente consentire ai robot di lavorare a fianco degli umani nei prossimi anni. Prendendo spunto da altri settori (ad esempio manifatturiero ed edile), le compagnie petrolifere e del gas possono investire di più sulla robotica e impiegare diverse tecnologie per ottenere guadagni di produttività.
Conclusioni Settori come quello automobilistico, delle telecomunicazioni, bancario, assicurativo e dei media hanno tutti sperimentato importanti discontinuità nella tecnologia, nelle normative o nelle preferenze dei consumatori, in modo analogo a quella che si sta vivendo oggigiorno in ambito energetico. In molti di questi casi, sono stati gli aggressori, piuttosto che gli operatori storici, a essere risultati vincitori anche se la loro capacità combinata di sorpassare i grandi operatori storici nei set-
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tori dominanti in crescita sembrava inizialmente controintuitiva. Tali “aggressori” in genere riescono laddove gli operatori storici non riescono a rispondere adeguatamente al mutare delle circostanze. Le compagnie petrolifere e del gas stanno ora lavorando duramente per aggiornare le loro strategie e trasferire capitali nel contesto della transizione energetica. Ma stanno facendo abbastanza per cambiare i loro modelli operativi? Molti grandi operatori petroliferi e del gas sperano di percorrere una via di mezzo per diventare operatori energetici integrati. Le aziende di questa categoria stanno tentando di far evolvere il loro business mix, l'allocazione del capitale e le capacità organizzative anche se difendono i loro attuali flussi di dividendi e le valutazioni di mercato che si basano sulle loro eredità di idrocarburi. Le aziende dell’O&G hanno un'abbondanza di capacità che possono essere utilizzate per navigare la transizione energetica. Per far questo, è prima necessario considerare dove sono più adatte per competere nelle varie arene energetiche a basso contenuto di carbonio considerando l'attrattività dei diversi settori rispetto alla propria posizione competitiva. Ad esempio, la gestione del CCUS rappresenta un'estensione naturale delle capacità core tipiche dell’O&G. Ma oggi non è chiaro se questo possa diventare un business in grado di offrire ritorni interessan-
ti, al di fuori di nicchie specifiche e vantaggiose. Allo stesso modo, la crescita nella produzione e vendita di idrogeno si basa su diverse capacità tradizionali di petrolio e gas, come l'accesso al capitale, la gestione della complessità ingegneristica e la gestione delle infrastrutture in modo sicuro ed efficiente. La generazione di energia rinnovabile, al confronto, rappresenta l'opportunità su larga scala tra questi elementi, ma non è chiaro se le odierne compagnie petrolifere e del gas possano emergere qui come vincenti, rispetto agli specialisti dello sviluppo e ai principali attori delle utility, come ad esempio Enel. Sebbene il ritmo e il percorso esatti della transizione energetica siano sconosciuti, la destinazione finale, un sistema energetico a basse emissioni, non è più in dubbio. Ogni compagnia petrolifera e del gas evolverà la propria strategia in modi diversi in base al proprio punto di partenza e alle proprie aspirazioni. Per fare questo, è necessario reinventare i modelli operativi e creare nuove capacità, leadership e culture per consentire a queste nuove attività di crescere sotto la loro proprietà. In questo il digitale può avere un ruolo fondamentale. Una delle lezioni della storia economica è che gli operatori storici di successo possono essere spazzati via quando emerge una nuova era. La sfida delle O&G company di oggi è come adattarsi a un'era a basse emissioni.
Referenze 1.
“Rethinking Energy and Natural Resources for a Net-Zero Carbon Future”, Bain & Company, By Peter Parry and Dave Rennard - https://www.bain.com/insights/rethinking-energy-and-natural-resources-for-a-net-zero-carbon-future/ 2. “The post-COVID recovery: An agenda for resilience, development and equality,” International Renewable Energy Agency, June 2020, irena.org 3. “Virtues of Low Cost and Reliable Energy”, Adam Anderson CEO Innovex Downhole Solutions - https:// ipanm.org/wp-content/uploads/2020/12/North-Face-Oil-and-Gas-Response.pdf 4. Why Innovex’s CEO Spoke Up about North Face’s Stance on Oil and Gas - https://www.hartenergy. com/exclusives/why-innovexs-ceo-spoke-about-north-faces-stance-oil-and-gas-191386 5. Colorado Oil & Gas Taunts The North Face At Mock Award Ceremony - https://denver.cbslocal. com/2021/03/05/colorado-oil-gas-the-north-face-award/ 6. Collin Eaton and Sarah McFarlane, “2020 was one of the worst-ever years for oil write-downs,” Wall Street Journal, December 27, 2020, wsj.com - https://www.wsj.com/articles/2020-was-one-of-theworst-ever-years-for-oil-write-downs-11609077600 7. https://www.climateaction100.org/ 8. 20 Years of Carbon Capture and Storage, IEA -https://iea.blob.core.windows.net/assets/24c3d26baa44-4b54-b9c0-5201d4d86a04/20YearsofCarbonCaptureandStorage_WEB.pdf 9. Carbon dioxide capture & storage, IPCC - https://www.ipcc.ch/site/assets/uploads/2018/03/srccs_ wholereport-1.pdf 10. Curbing methane emissions: How five industries can counter a major climate threat, McKinsey Report - https://www.mckinsey.com/business-functions/sustainability/our-insights/curbing-methane-emi sions-how-five-industries-can-counter-a-major-climate-threat
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Quaderno
a cura di Dott.ssa Cristina Robinson Marras Dott.ssa Maria Angela Capello
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DONNE NELLA GESTIONE DELLE RISORSE NATURALI UNECE EGRM - WOMEN IN RESOURCE MANAGEMENT INITIATIVE UN’INIZIATIVA GLOBALE PER PROMUOVERE LA PARTECIPAZIONE DELLE DONNE IN TUTTI I SETTORI, SEGMENTI E LEADERSHIP NELLA GESTIONE DELLE RISORSE NATURALI
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Nota al Sustainability Panel del Global Congress SPE Young Professionals, 13 novembre, 2021
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Il seguente articolo riassume le attività del working group Women in Resource Management, inserito nelle attività volontarie dell’EGRM (Expert group in Resource Management) della divisione di Energia Sostenibile della UNECE (United Nations Economic Commission for Europe). Il gruppo di lavoro ha iniziato un percorso esplorativo sulla parità di genere nel settore delle risorse naturali per poter indicare le pratiche “best in class”, risultanti da iniziative che hanno promosso o promuovono il raggiungimento degli scopi degli obiettivi di sostenibilità SDG 5 (Raggiungere l’uguaglianza di genere e sostenere tutte le donne e le ragazze) e SDG 8 (Promuovere una crescita economica sostenuta, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti), con riferimento alla recovery economica post pandemica. La nota a cui attinge questo articolo, è stata presentata al Sustainability Panel del Global SPE Young Professional Congress 2021 (6-13 novembre), evento che ha visto i giovani professionisti (under 35) della Society of Petroleum Engineers, impegnati in un dibattito sulla Energy Transition e sulla Sostenibilità, con l’obiettivo di mettere in evi-
denza quanto la parità di genere sia essenziale allo stesso concetto di Sostenibilità. Nei paragrafi successivi verrà illustrato come le esperienze di importanti industrie operanti nella ricerca e produzione delle risorse naturali (minerarie e petrolifere) dimostri che la parità di genere porti netti e tangibili benefici per tutti. Durante gli incontri di settore sono stati individuati importanti divari ancora da colmare ed è stato validato il concetto di “esperienza condivisa” come veicolo di accelerazione per il cambiamento, dove più necessario. Nel rilevante contesto del raggiungimento degli obiettivi di Net Zero è stato evidenziato quanto le iniziative intraprese nell’ ambito della transizione energetica sostenibile debbano essere inclusive non soltanto perché questo apporta dei benefici tangibili ma soprattutto perché la stessa transizione energetica sia equa e accessibile a tutti. Esploreremo di seguito: 1. 2. 3. 4.
Il concetto di Sostenibilità L’ Expert Group in Resource Management (EGRM) deal UNECE e le guidelines UNFC ed UNRMS L’iniziativa Women in Resource Management Attività recenti e prospettive future
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SOSTENIBILITÀ Per sostenibilità si intende il “Soddisfare i nostri bisogni senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni”. La sostenibilità si basa su tre principali pilastri: 1. Sviluppo economico 2. Sviluppo sociale 3. Protezione dell’ambiente Gli obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite 1. Nel settembre 2015, tutti i 193 Stati membri delle Nazioni Unite (ONU) hanno adottato i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals) . 2. Gli SDG stabiliscono un quadro globale per superare la povertà, proteggere il pianeta e promuovere la pace e la prosperità. 3. Gli SDG forniscono un quadro globale per aiutare i paesi, le imprese e le altre parti interessate a comprendere e affrontare le sfide più importanti della società. 1.
Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile: I 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e i 169 traguardi che annunciamo oggi dimostrano la portata e l’ambizione di questa nuova agenda universale. Cercano di costruire sugli Obiettivi di Sviluppo del Millennio e completare ciò che questi non hanno raggiunto. Cercano di realizzare i diritti umani di tutti e di raggiungere l’uguaglianza di genere e l’emancipazione di tutte le
donne e le ragazze. Sono integrati e indivisibili e bilanciano le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: economica, sociale e ambientale.
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Le domande chiave del XXI Secolo: La produzione di risorse (minerali, petrolio e gas) è vista come una “industria di drenaggio” che “estrae” ricchezza e si lascia alle spalle problemi sociali e ambientali; i principali problemi da affrontare nel mondo dello sfruttamento delle risorse naturali possono essere riassunti nei seguenti punti: 1. Aumento esponenziale dell’impronta di estrazione del materiale; 2. Esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili; 3. Impronta di carbonio (carbon footprint); 4. Uso dell’acqua; 5. Aumento dei rifiuti e complessità di gestione; 6. Impatti Ambientali; 7. Diminuzione dell’accettabilità sociale. EGRM (GRUPPO DI ESPERTI SULLA GESTIONE DELLE RISORSE) DELLA UNECE L’EGRM (Expert Group on Resource Management) è responsabile della promozione e dell’ulteriore sviluppo delle linee guida sulla “Classificazione delle Risorse” promosse dalle Nazioni Unite. L’UNFC è uno schema universalmente implementabile e applicabile a livello internazionale per la gestione sostenibile di tutte le risorse energetiche e delle materie prime. La gestione sostenibile delle risorse è considerata come integrata e indivisibile (figura 3). Figura 2
Figura 1
Figura 3
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L’EGRM ha il mandato di sviluppare ulteriormente l’UNFC e sviluppare il Sistema di Gestione delle Risorse delle Nazioni Unite (UNRMS) come un sistema dinamico per la gestione sostenibile delle risorse, basato sull’ esistente UNFC. UNFC e UNRMS rappresentano degli strumenti integrati per assistere i paesi a gestire in modo sostenibile le loro risorse naturali, in linea con l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. Forniscono la base per informazioni affidabili e coerenti sulla base di risorse naturali posseduta da ogni paese, e possono essere utilizzate per l’elaborazione delle politiche e l’orientamento degli investimenti di capitale.
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Figura 5
Risorse ridefinite: monitorare la progressione delle risorse è fondamentale UNFC è uno strumento tridimensionale basato sulla maturità del progetto e orientato alla progressione delle risorse (da risorsa a riserva, a prodotto estratto/risorsa prodotta) necessario per la gestione delle risorse naturali non rinnovabili e rinnovabili. L’ UNFC classifica la progressione delle risorse naturali (da risorse a riserve) attraverso tre parametri (assi) fondamentali: la fattibilità tecnica del progetto (F), la viabilità ambientale e socioeconomica (E) ed il livello di fiducia nel raggiungere gli obiettivi di estrazione e produzione. Quest’ ultimo parametro è indicato con la lettera (G) perché originariamente legato al concetto di conoscenza geologica del giacimento. L’ UNFC fornisce quindi una visione trasparente ed equilibrata dei fattori ambientali-socioeconomici, delle tecnologie disponibile e delle incertezze coinvolte nella classificazione delle risorse, fornendo un percorso di progressione per i progetti di sfruttamento delle risorse naturali L’ UNFC ha posto l’accento sull’ importante presa in considerazioni dei fattori sociali e ambientali come centrali nella gestione delle risorse. UNFC è diverso da altri strumenti di classi-
ficazione e gestione delle risorse perché risponde direttamente ai requisiti dell’Agenda globale 2030, alle aspirazioni della società e alle moderne prospettive del settore.
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L’UNECE EGRM E IL GRUPPO DI LAVORO WOMEN IN RESOURCE MANAGEMENT L’EGRM è composto da circa 300 esperti che contribuiscono volontariamente alle attività del gruppo di lavoro. Il gruppo di esperti è organizzato secondo lo schema rappresentato in figura 5. Iniziativa EGRM Women in Resource Management, Donne nella Gestione delle Risorse Naturali Obiettivi Dal 2019, il gruppo di esperti sulla gestione delle risorse monitora lo stato attuale relativo alla partecipazione delle donne e alle pari opportunità di leadership nella gestione delle risorse. “Il Gruppo di Esperti (EGRM) ha riconosciuto gli importanti e positivi benefici della diversità e dell’inclusione nella gestione delle risorse e ha intensificato le sue attività per sostenere il raggiungimento dei seguenti obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG)”. SDG 5.5 - Garantire la piena ed effettiva partecipazione delle donne e pari opportunità di leadership a tutti i livelli del processo decisionale nella vita politica, economica e pubblica. Figura 4
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Figura 6
SDG 8.3 - Promuovere politiche orientate allo sviluppo che sostengano le attività produttive, la creazione di posti di lavoro dignitosi, l’imprenditorialità, la creatività e l’innovazione e incoraggino la formalizzazione e la crescita delle micro, piccole e medie imprese, anche attraverso l’accesso ai servizi finanziari.
Management ha lo scopo di promuovere, sostenere ed espandere la partecipazione femminile in questa storia di sfide e successi. Struttura del gruppo e aree di lavoro La missione del gruppo di lavoro è quella di accelerare la creazione di valore attraverso esperienze condivise e pratiche di lavoro efficaci: 1. con un modello che supporta le attuali aree di lavoro dell’EGRM; 2. attraverso Webinars, workshops e thinkathons; 3. attraverso il coordinamento con le associazioni di settore (es; SPE/Women in Mining/ WinM); 4. mantenendo un focus globale; 5. individuando le opportunità per intensificare la ripresa post pandemica; 6. provvedendo inputs all’UNFC ed al futuro UNRMS. Figura 8
Partecipazione delle donne, presenti ed attive dagli albori della gestione delle risorse Le donne sono sempre state una componente importante nella gestione delle risorse naturali. 2. Sono state parte integrante delle attività della società legate all’estrazione, alla raffinazione e alla distribuzione delle risorse naturali. 3. La consapevolezza su istruzione, opportunità finanziarie e di strutturazione aziendale consente loro di ottenere di più e per questo rappresenta uno step necessario e fondamentale per ridurre il gender gap esistente. L’iniziativa UNECE EGRM Women in Resource
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Figura 7 Miniere di Montevecchio, circa. 1940, foto concessa dall’ «Archivio Storico delle Miniere di Sardegna», Italia.
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Tenendo il focus sulla parità di genere, la prima domanda da farsi nell’ambito della sfida per il raggiungimento degli importanti obiettivi energetici è: raggiungeremo gli obiettivi dell’SDG 5 e l’SDG 8 entro il 2030? La risposta sembrerebbe NO. Il Rapporto sullo sviluppo sostenibile globale delle Nazioni Unite, “The Future is Now”, afferma che, nonostante gli sforzi iniziali, i paesi sono ancora lontani dal raggiungere la maggior parte dei 169 obiettivi nei 17 SDG. La seconda domanda che ci chiediamo è: qual è la rilevanza degli SDG per le principali parti interessate nella gestione delle risorse? Diamo un’occhiata a due principali settori: petrolifero e minerario. Qui di seguito vediamo quanto gli SDG facciano parte del manifesto, dei Mission Statement e siano parte integrante dei reports delle principali aziende operanti in questi settori. È evidente il forte impegno nell’ imporsi obiettivi lungimiranti ed ambiziosi a sostegno degli impegni presi con i propri shareholders, in risposta alle pressioni sociali e ci piace pensare anche come risultante da una vera presa di coscienza sull’ importanza del
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Figura 11 ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA
raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità. UN SDGs in Corporate Sustainability (alcuni esempi in figura 9 e figura 10) .
sbilanciato a livello di genere: le ragazze saranno potenzialmente colpite dalla disoccupazione due volte tanto i ragazzi.
Ci chiediamo quindi: dove siamo all’alba del 2022? Le Nazioni Unite riportano ancora dei numeri piuttosto impegnativi; la componente femminile, dal rappresentare circa il 50% della popolazione mondiale continua ad essere sottorappresentata nelle funzioni decisionali sia a livello governativo che nel settore aziendale. Questi dati colpiscono maggiormente per l’importanza che ha avuto la donna durante la pandemia e che si prevede avrà nella fase di ripresa economica post pandemica. Uno sguardo al raggiungimento dell’ SDG 8 (a destra nella figura 11) fa notare ancora più tristemente quanto la pandemia abbia colpito le capacità educative e professionali dei più giovani, creando le basi per un aumento globale della disoccupazione giovanile ed un impatto
Passando da dati globali a dati aziendali ed analizzando i ranks attraverso una “gender lens” vediamo che dal 2015 al 2020, mentre si nota un miglioramento nella progressione da entry level verso la C- Suite e posizione di CEO, si nota come sostanzialmente la percentuale nei ranks più elevati delle aziende rimane in una percentuale attorno al 20%. L’impatto della pandemia potrebbe vedere una perdita parziale dei risultati ottenuti sino ad ora ed una decelerazione nella progressione verso gli obiettivi di parità di genere. Il divario di genere nei corporate ranks è ancor più esacerbato se analizzato con una lente sulla diversità di etnia mostrando quanti “bias” ancora esistano e quanto questi potentemente influenzino le potenzialità di crescita professionale di metà della popolazione mondiale.
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Secondo lo stesso World Economic Forum, si stima che, al ritmo attuale di progresso, ci vorranno 267,6 anni per colmare il divario economico di genere. Mentre i paesi sono ben posizionati per massimizzare il potenziale economico delle donne, è imperativo introdurre politiche e interventi ben mirati che incorporino l’uguaglianza di genere nelle politiche di risposta e ripresa al COVID-19.
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EGRM WOMEN IN RESOURCE MANAGEMENT - AVANZAMENTO LAVORI Come primo approccio al mondo delle risorse naturali abbiamo considerato la condizione delle donne nel settore minerario cercando di tenere una prospettiva globale mettendo a confrontando
Figura 14 Estratto da WEC Gender Gap Report 2021. Il Gender Gap report 2021 del World Economic Forum conferma quanto sopra, evidenziando che i primi indicatori rivelano una potenziale perdita di terreno sui progressi verso la parità economica di genere. In tutte le economie; i divari di genere preesistenti hanno esacerbato l’effetto asimmetrico della pandemia sia in termini di occupazione che di partecipazione alla forza lavoro. Si è assistito a un ampliamento dei divari di genere in alcuni dei settori più pesantemente colpiti dal COVID-19 e a un divario di genere emergente più pronunciato, dimostrato da un’inversione della parità di genere nelle posizioni di leadership.
due realtà importanti come Australia ed Africa, sostanzialmente differenti e tendenti ai due end-points dello spettro analizzabile. Questo primo webinar dedicato al settore minerario ha visto la partecipazione attiva di circa 300 partecipanti da tutto il mondo che si sono confrontati con gli apprendimenti e le lacune da colmare in questo settore. I seguenti messaggi chiave rappresentano le conclusioni di questa prima ed importante discussione così come presentati dell’associazione Women in Mining e dal mondo Corporate (rappresentato nella nostra prima indagine dalla BHP e dalla SRK Consulting):
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IWiM: Le donne nel settore minerario sono globali e diversificate come l’estrazione mineraria stessa 1. È importante contestualizzare la discussione sul ruolo e la posizione delle donne nel settore minerario così come è importante riconoscere che la discussione non è nuova né tantomeno l’approccio è standardizzato. 2. Sebbene ciò renda complesso trovare il giusto equilibrio tra questioni locali o specifiche del gruppo e la necessità di influenzare la politica internazionale per raggiungere il cambiamento globale, le organizzazioni WIM di tutto il mondo stanno lavorando insieme e con altre parti interessate verso questi ambiziosi obiettivi. 3. In qualità di organizzazione femminile leader a livello mondiale, IWiM sta promuovendo attivamente questo coordinamento verso un cambiamento globale di mentalità per raggiungere l’uguaglianza di genere nel settore minerario. Sudafrica: • Le politiche devono essere compilate e adottate da tutti gli operatori del settore • Sicurezza e protezione da molestie / Gender Based Violence (GBV) • PPE (Equipaggiamento per la Protezione Personale) Questi temi rimangono pervasivi nel settore minerario sudafricano, ma vengono affrontati strategicamente e con fervore da attori chiave. Australia: Il settore minerario è relativamente maturo quando si tratta di progressi sull’uguaglianza di genere, con una continua attenzione neces-
saria all’inclusione, alle donne nei consigli di amministrazione e alle posizioni di leadership, alla chiusura del divario retributivo di genere e, a volte, al miglioramento delle condizioni per le donne in prima linea. • È necessario un “vero” impegno da parte dei consigli di amministrazione e dei CEO per creare il cambiamento. • Il sostegno alle donne nel settore continua ad essere fondamentale, in particolare con i programmi di mentoring. Alcuni gruppi aziendali come BHP hanno presentato quantitativamente gli effetti benefici delle aspirazioni e degli obiettivi di equilibrio di genere: questi esempi tangibili sono importanti per apprezzare che la parità porta benefici non soltanto nella crescita individuale delle persone ma ha un effetto positivo a livello di produttività e nel conseguimento degli obiettivi aziendali. “.. Abbiamo un obiettivo e aspirazione per raggiungere l’equilibrio di genere a livello globale entro CY2025. Nell’anno fiscale 2020, abbiamo aumentato la rappresentanza delle donne che lavorano in BHP dal 24,5% al 26,5%. C’erano 1767 donne in più che lavoravano in BHP rispetto all’inizio dell’anno finanziario e abbiamo quasi 4.000 donne in più che lavorano in BHP rispetto a quando abbiamo fissato il nostro obiettivo e le nostre aspirazioni, quattro anni fa... “ I guadagni tangibili sono dei potenti risultati guida, tuttavia non dobbiamo dimenticare che la strada verso l’uguaglianza di genere, l’equità e la sicurezza sul posto di lavoro è ancora lunga e tortuosa a livello globale, non solo per i paesi in via di sviluppo. Ciò che cambia in
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Figura 16
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Figura 17
Figura 18 base alle economie, culture e regioni del mondo è la scala delle priorità degli obiettivi da raggiungere. Se da un lato abbiamo visto che in Australia si punta alla maggiore partecipazione di genere nella leadership ad alla rimozione del divario salariale, in Africa la priorità numero uno è fermare gli abusi fisici e verbali e l’assoluta ed irrimandabile necessità di politiche di tolleranza zero verso gli abusi di genere (vedi figura 17). Spostandoci verso l’industria Petrolifera, ab-
biamo esplorato con un secondo webinar come le donne siano fondamentali nell’ avanzamento degli obiettivi Net Zero e nel forgiare il future energetico del nostro pianeta. La discussione ha visto gli input di gruppi che operano a livello globale come ENI ed Equinor o locali come GeoPark (Colombia & Latin America) e Waltersmith Petroman (Nigeria). Indipendentemente dalla cultura e geolocalizzazione delle operazioni di sfruttamento delle risorse naturali, le donne sono impegnate ed
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hanno un ruolo fondamentale nella transizione verso economie low carbon. Nell’esempio fornito da GeoPark (società petrolifera indipendente colombiana) il valore di una forza lavoro diversificata e inclusiva si riflette nella qualità delle loro prestazioni; GeoPark è infatti il secondo produttore di petrolio in Colombia che nei numeri del suo consiglio di amministrazione conta su una quota del 45% di donne, più del doppio della media di settore che si attesta al 17%. Questo numero è rappresentativo di una progressione naturale da una forza lavoro in cui le donne rappresentano il 34% del totale dei dipendenti contro la media del settore del 22%. L’impegno per la diversità è anche nel numero di nuove assunzioni per il quale nel 2020 le donne hanno rappresentato il 43% dei nuovi assunti. Le politiche non sono facili da progredire ed il cambiamento culturale è uno degli obiettivi più difficili da raggiungere; tuttavia, come individui possiamo fare la nostra parte con scelte consapevoli e con l’intraprendere deliberatamente azioni alla
portata delle nostre responsabilità professionali. Questa è la lezione che abbiamo appreso dalla Waltersmith Petroman Oil Limited, una società petrolifera Nigeriana indipendente, dove le donne stanno guidando i piani di transizione energetica dell’impresa. Nella Waltersmith Petroman, le donne ricoprono i più alti ranghi di responsabilità; nonostante le evidenti sfide culturali, le donne rappresentano il 55% del consiglio di amministrazione dell’azienda. Questo è semplicemente il risultato di una scelta, “a deliberate choice”, come definita dal suo CEO, nel voler sostenere le donne nel raggiungere le proprie aspirazioni e quelle aziendali. “Il cambiamento è possibile e la diversità di genere è necessaria ed inscindibile da un nuovo contratto sociale sulle risorse naturali” Equinor, operatore norvegese nel settore petrolifero e delle rinnovabili, ha condiviso come la creazione di valore per l’azienda possa essere raggiunta attraverso la diversità e come questa, associata a tecnologia ed innovazione, sia un fattore chiave per raggiungere gli
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obiettivi di transizione energetica della società (vedi figura 20). “Gli obiettivi net zero possono essere raggiunti, il valore tangibile può essere generato attraverso la tecnologia, l’innovazione e la diversità, abbinati per liberare la creatività e l’intelligenza di gruppo”. Le persone sono al centro di una transizione energetica che possa dirsi sostenibile; come messo in evidenza dall’ intervento della società Italiana ENI per la quale sostenibilità, persone e donne sono pivotali nel raggiungimento dei Net Zero targets aziendali. A sostegno di questa visione la società è impegnata nel: • dare priorità allo sviluppo locale; • valorizzare il lavoro in un ambiente diversificato; • sostenere le economie circolari; • garantire l’accesso alle risorse primarie come l’acqua, l’accesso all’elettricità; • garantire l’accesso all’ ISTRUZIONE. Il lavoro del gruppo EGRM Women in Resource Management progredirà esplorando il settore
delle rinnovabili, quello governativo e educativo per poter poi generare input su buone pratiche e raccomandazioni da associare alle linee guida UNFC e UNRMS. Si auspica così che gli sviluppi sostenibili basati sullo sfruttamento delle risorse naturali implichino un approccio attivo e sine qua non, verso la parità di genere. A supporto di policies, linee guida e frameworks internazionali, condivisibili e adottabili a livello globale, ciò che è necessario per colmare il divario di genere è fondamentalmente un cambiamento culturale. La rimozione dei bias di genere che affliggono le capacità e potenzialità individuali delle donne non è utopica ma alla portata di ognuno di noi. Adottare la parità di genere come proprio principio etico, impegnandosi a sostenerlo in ambiente educativo, professionale e sociale è il fattore accelerante necessario per raggiungere gli obiettivi di piena ed effettiva partecipazione delle donne e le pari opportunità di leadership, a tutti i livelli del processo decisionale nella vita politica, economica e pubblica.
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Riconoscimenti Per il contributo diretto ed indiretto a questo articolo, si ringraziano le seguenti colleghe e colleghi: Charlotte Griffith and Harikrishnan Tulsidas della UNECE, Sustainable Energy division Per il settore minerario: Bjanka Korb, SRK Consulting, Ludvine Wouters, Latitide Five, Jenny Purdue, Jemena, Juleen Brown, BHP Per il settore petrolifero: Marcela Vaca, GeoPark, Chike Nwosu, Waltersmith Petroman Oil Limited, Elisabetta Purlalli, ENI; Åshild Hanne Larsen, Equinor. Questa raccolta di esperienze e dati è stata inoltre corredata da ulteriori studi sulle condizioni della donna nel settore delle risorse naturali con un focus specifico sulle piccole e medie imprese e la ripresa economica post pandemica per alcune regioni della UNECE. Gli studi patrocinati dalla UNECE, sono stati condotti dalla ricercatrice Kankana Dubey, consulente indipendente, che si ringrazia calorosamente per il sostegno attraverso webinars e workshops.
Links utili: UNFC and Sustainable Resource Management UNFC Applications Women Entrepreneurship in Natural resources Management
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FONDAMENTI E PRINCIPI DELLA DISCIPLINA IN MATERIA DI SALUTE E SICUREZZA SUL LAVORO: UNA BREVE RICOGNIZIONE DI SISTEMA
a cura di Avv. Angelo Delogu
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1. Le fonti della materia A prescindere dalla (si spera) contingente disciplina legata all’emergenza epidemiologica e all’obbligo vaccinale, che per ragioni di spazio non sarà analizzata in questo contributo1, il diritto della sicurezza nei luoghi di lavoro si caratterizza tradizionalmente per un articolato sistema delle fonti2. Una sensibile influenza sull’ordinamento interno è stata esercitata dall’intervento del diritto comunitario3, e, in particolare, dalla direttiva quadro n. 89/391/CE (anche detta “direttiva madre”4), che ha avuto il merito di individuare, in termini sistematici, misure generali di tutela, le quali ancora oggi costituiscono il cardine del sistema. Già in precedenza le previsioni della Costituzione avevano assunto non solo il ruolo di limiti di legittimità delle leggi in materia quanto soprattutto la funzione di criteri interpretativi della legislazione preventiva, consentendone una lettura estensiva ed evolutiva. È bene ricordare che l’art. 32 Cost. definisce la salute sia come un diritto fondamentale (l’unico ad essere definito tale nella Carta costituzionale) dell’individuo, sia come interesse della collettività. Tale diritto reclama una tutela più intensa proprio nell’ambito del rapporto di lavoro, in conseguenza dei
particolari rischi connessi all’esecuzione delle prestazioni lavorative. Salute che peraltro (secondo le indicazioni dell’OMS riprese dall’art. 2, co. 1, lett. o), d.lgs. n. 81/2008) non va letta in senso restrittivo, come mera assenza di malattia o infermità, bensì in senso globale, come stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. Accanto alla tutela della salute, l’art. 41, Cost. sottopone la libera iniziativa economica a precisi limiti, giacché essa non può svolgersi in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana (co. 2). Il fondamento costituzionale e comunitario della disciplina in materia di sicurezza sul lavoro contribuisce a far sì che la stessa sia connotata da un alto tasso di inderogabilità, non potendo essere modificata in senso peggiorativo da clausole del contratto individuale di lavoro o del contratto collettivo. Va aggiunto che l’art. 117, co. 3, Cost. ricomprende tra le materie di legislazione concorrente la stessa tutela e sicurezza del lavoro5, anche se la competenza regionale (che pone un problema di ammissibilità di regole a carattere territoriale a fronte di esigenze protettive omogenee sul territorio nazionale6), ha carattere recessivo rispetto alla prevalente competenza statale. A livello di legislazione ordinaria la materia è regolata, in larga parte, dall’art. 2087 c.c. e dal
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d.lgs. n. 81/2008. Proprio il d.lgs. n. 81/2008 introduce delle disposizioni di carattere promozionale e volontario, in particolare le norme di buona tecnica e le buone prassi (art. 2, co. 1, lett. u e v). È bene chiarire che tali norme, pur non vincolanti in sé, finiscono per divenire criterio di valutazione del rispetto degli obblighi di sicurezza, giacché sono richiamate in più occasioni dal d.lgs. n. 81/2008 e divengono vincolanti in conseguenza del potere di disposizione attribuito agli organi di vigilanza (art. 302 bis). 2. L’art. 2087 c.c. come norma di chiusura del sistema L’art. 2087 c.c. rappresenta tutt’oggi il cuore pulsante della materia, che anima l’intero sistema posto a tutela della salute e sicurezza sul lavoro 7. La norma stabilisce che l’imprenditore è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro. L’art. 2087 c.c., sebbene non formalmente collocato tra le norme che regolano il rapporto di lavoro, sancisce un obbligo di sicurezza ampio e generale, ponendolo in capo all’imprenditore, ossia – secondo una let-
tura costituzionalmente orientata – a tutti i datori di lavoro, pubblici e privati. È ancora dubbia8, invece, l’estensione di tale precetto normativo al lavoro autonomo, per quanto non si vedano ormai ragioni per escluderla. L’art. 2087 c.c. non svolge solo il ruolo di norma di principio, ma conserva autonoma valenza precettiva, in quanto norma generale e di chiusura del sistema9. Nello specifico, l’art. 2087 c.c. circoscrive l’ampiezza dell’obbligo di sicurezza, sotto un profilo quantitativo e qualitativo. In senso quantitativo impone l’adozione sia delle cosiddette misure tipiche o nominate (ossia stabilite espressamente dalle disposizioni di legge o regolamentari), sia delle misure cosiddette atipiche o innominate (vale a dire quelle generiche cautele di scienza, prudenza ed esperienza da individuarsi in base ai criteri generali che lo stesso art. 2087 c.c. fissa10). In senso qualitativo, inoltre, l’art. 2087 c.c. richiede che le stesse misure tipiche siano normalmente interpretate, concretamente adottate e costantemente aggiornate in omaggio ai medesimi canoni generali. Il criterio della tecnica è stato da sempre il più discusso perché impone l’incessante adeguamento dell’apparato preventivo ai progressi compiuti dell’evoluzione scientifica e tecnologica (principio di massima sicurezza tecnologi-
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ca)11. Su tale principio nel tempo si sono misurati due orientamenti12: quello della massima sicurezza tecnologicamente possibile e quello della massima sicurezza ragionevolmente praticabile13. Secondo il primo di essi, il datore di lavoro è tenuto ad adottare tutte le cautele preventive suggerite dalla tecnica e dalla scienza più evolute in un dato momento storico (best available tecnology)14. È evidente che in tal modo si garantisce il miglior livello di tutela, ma si assegna al contempo un’ampia discrezionalità al giudice in una materia contrassegnata dai rilevanti risvolti penalistici. Il secondo orientamento ritiene che il dovere del datore di lavoro abbia una portata più limitata, esaurendosi nell’adozione solo delle cautele generalmente praticate ed acquisite nei diversi settori interessati (c.d. standard di sicurezza o best praticable tecnology)15. Fermo restando che è preclusa una delimitazione dell’obbligo di sicurezza sulla base dei costi economici delle misure preventive (13° considerando dir. n. 89/391/CEE), va detto che l’art. 2087 c.c., dando luogo ad un’obbligazio-
ne, richiede che l’individuazione dei presidi preventivi sia parametrata al criterio della diligenza qualificata ai sensi dell’art. 1176, co. 2, c.c.16. 3. Il d.lgs. n. 81/2008 e il suo campo applicazione oggettivo e soggettivo Il d.lgs. n. 81/2008, adottato in attuazione della l. delega n. 123/2007 e poi corretto e integrato da numerosi interventi successivi17, riassorbe, non tutte18, ma la maggior parte delle disposizioni previgenti, dando corpo, sebbene non formalmente, ad una sorta di testo unico della materia. Il campo di applicazione oggettivo del decreto è estremamente esteso, giacché, in un’ottica di tutela universalistica19, esso si applica in via generale a tutti i settori di attività, privati e pubblici, e a tutte le tipologie di rischio (art. 3, co. 1). È però contemplata una normativa di adeguamento, mediante l’emanazione di decreti ministeriali, per un esteso catalogo di pubbliche amministrazioni (ad es. Forze armate e di Polizia) e non solo (art. 3, co. 2)20. Per quanto riguarda il c.d. campo soggettivo
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di applicazione, agli effetti dell’art. 2, lett. a), d.lgs. n. 81/2008, per lavoratore deve intendersi la persona che, indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestie-re, un’arte o una professione, un’attività lavorativa nell’ambito dell’organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato. Una nozione ampia, dunque, tale da ricomprendere chiunque si trovi inserito funzionalmente all’interno di un’organizzazione lavorativa. Al lavoratore così definito è peraltro equiparata un’ampia serie di soggetti: il socio lavoratore di cooperativa o di società, il tirocinante, etc. Alla dichiarata estensione del campo soggettivo di applicazione, fa da contraltare, però, la previsione dell’art. 3, co. 4, secondo cui sono fatte salve le numerose eccezioni e le limitazioni stabilite nei successivi commi21. 4. La ripartizione degli obblighi e i soggetti obbligati Giacché il singolo imprenditore non ha il totale
controllo delle complesse organizzazioni produttive moderne, il legislatore ha inteso legalizzare il sistema di ripartizione di competenze interno alle imprese, dando vita ad un modello collaborativo non più incentrato sul solo datore di lavoro, bensì contrassegnato dalla partecipazione di molteplici attori della prevenzione22. In particolare, la disciplina prevenzionistica ha responsabilizzato tutti i soggetti della “line” aziendale, attraverso una distribuzione a “cascata” degli obblighi di sicurezza che conduce ad una quadripartizione degli stessi tra datore di lavoro, dirigenti, preposti e lavoratori23. Soggetti di cui il d.lgs. n. 81/2008 non solo detta delle puntuali definizioni (art. 2, co. 1, lett. a e ss., d.lgs. n. 81/2008), ma specifica puntualmente anche gli obblighi in alcune disposizioni di legge: art. 18, per il datore di lavoro e dirigente, art. 19, per il preposto, art. 20, per il lavoratore. L’individuazione delle persone fisiche che agiscono quali attori del sistema preventivo è imprescindibile perché, come è noto, le responsabilità penali (in questo caso connesse agli
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obblighi sicurezza) sono strettamente personali (art. 27 Cost.). Se nelle strutture organizzative semplici, come un’impresa individuale, il datore di lavoro coincide tendenzialmente col titolare (legale rappresentante) della stessa, in alcune organizzazioni lavorative complesse (si pensi al grande gruppo societario) può essere complicato individuare la persona, o le persone fisiche, che assumono tale ruolo24. Nelle società di capitali sussistono le maggiori incertezze, tanto che si è sostenuto che il datore di lavoro possa coincidere o con l’intero consiglio di amministrazione, o con il presidente del consiglio, o con l’amministratore delegato25, etc. Il criterio decisivo, ai sensi dell’art. 2, co. 1, lett. b), è il criterio sostanziale che consiste nell’esercizio dei poteri decisionali e di spesa. Le figure del dirigente e del preposto hanno assunto tradizionalmente un ruolo imprescindibile nell’organizzazione del sistema aziendale di sicurezza, tuttavia solo il d.lgs. n. 81/2008 ne ha fornito una definizione normativa, che accoglie in larga parte l’elaborazione consolidatasi precedentemente. All’omogeneità di compiti tra datore e dirigente (di tipo organizzativo) corrisponde la disomogeneità con le funzioni del preposto (che rivestono
viceversa carattere esecutivo). Il dirigente, dunque, non è tenuto ad un controllo diretto sull’andamento giornaliero delle lavorazioni, ma ha l’obbligo di garantire una vigilanza di ordine generale26. La figura dirigenziale si distingue a sua volta da quella datoriale non tanto per la mancanza di poteri decisionali e di spesa, quanto perché il dirigente non li esercita in autonomia e misura tali da potersi considerare responsabile dell’intera organizzazione lavorativa27. L’individuazione della figura del dirigente in senso prevenzionistico prescinde dal possesso dell’omonima qualifica in senso lavoristico, ai sensi dell’art. 2095 c.c., potendo essere concretamente rivestita anche da quei dipendenti che, pur ricoprendo altre qualifiche (ad esempio di quadri o impiegati), svolgano, anche di fatto, funzioni decisionali collocate al di sotto di quelle datoriali28. Il preposto invece è la persona che sovrintende alla attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori (art. 2, co. 1, lett. e). Si tratta di una figura tipica del sistema prevenzionistico che generalmente coincide con il capo reparto, il capo ufficio, il capo squadra, il capo cantiere, il capo officina, etc29 In conclusione, la ripartizio-
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ne delle competenze può sintetizzarsi secondo il seguente schema: a) il datore di lavoro detta gli indirizzi; b) il dirigente li attua; c) il preposto vigila sull’esecuzione degli stessi30. Inoltre, l’art. 299, d.lgs. n. 81/2008, attribuendo veste formale al principio di effettività, stabi-lisce che le posizioni di garanzia del datore di lavoro, del dirigente e del preposto, gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno predetti soggetti31. Allo scopo di innalzare la soglia di tutela il d.lgs. n. 81/2008: a) prevede la presenza di professionalità adeguate, onde sopperire a presumibili carenze datoriali (medico competente e RSPP); b) valorizza i diritti di partecipazione collettiva dei lavoratori (art. 47 e ss.); c) responsabilizza coloro che contribuiscono a conformare l’ambiente lavorativo (progettisti, costruttori, etc., art. 22 e ss.). Il medico competente collabora col datore di lavoro ai fini della valutazione dei rischi, onde effettuare la sorveglianza sanitaria e in relazione agli altri compiti previsti (art. 2, co. 1, lett. h). In particolare, la sorveglianza sanitaria (definita dall’art. 2, co. 1, lett. m, e disciplinata dall’art. 41) si articola in una serie di visite mediche del lavoratore all’esito delle quali il medico competente esprime un giudizio sull’idoneità alla mansione specifica. Il servizio di prevenzione e protezione è definito dall’art. 2, co. 1, lett. l), ed è disciplinato dagli artt. 31-34, d.lgs. n. 81/2008, che gli assegnano compiti di natura complementare o prepara-toria. Il Responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP), in possesso di idonei titoli e requisiti (art. 32)32 e di specifica formazione33, è mero collaboratore del datore di lavoro, pertanto, a dispetto del nome che porta, non è il responsabile della sicurezza ed è controverso che sia titolare di una posizione di garanzia34 (tanto che il d.lgs. n. 81/2008 non gli addebita responsabilità penali contravvenzionali). Tuttavia, la giurisprudenza ha riconosciuto una sua responsabilità relativa ad eventi causalmente collegati ad un comportamento colposo nell’ambito dello svolgimento dei propri compiti preventivi35. Infine, l’art. 16, d.lgs. n. 81/2008 (che per la prima volta ha disciplinato l’istituto) consente al datore di lavoro di delegare suoi obblighi ad altri soggetti, nel rispetto di una serie di requisiti di forma (atto scritto, avente data certa, adeguatamente pubblicizzato, e accettato per iscritto) e di sostanza (individuazione di una persona professionalmente competente cui si conferiscono adeguati poteri di spesa)36. Il conferimento della delega non può riguardare gli obblighi indelegabili stabiliti dall’art. 17 e non elimina l’obbligo
di vigilanza in capo al datore di lavoro (art. 16, co. 3). Va chiarito che però la posizione del delegato si distingue da quella degli obbligati iure proprio (es. dirigenti, preposti)37 poiché: a) i primi rispondono a titolo derivativo e i secondi originario; b) gli obblighi dei primi sono fissati dal datore di lavoro con l’atto di delega mentre quelli dei secondi sono legalmente predeterminati; c) la posizione dei primi ha effetto liberatorio nei confronti del datore di lavoro mentre la posizione dei secondi si cumula con essa38. 5. Obblighi di sicurezza nei contratti di appalto Gli obblighi di sicurezza relativi ai contratti d’appalto, d’opera o di somministrazione, sono disciplinati dall’art. 26 d.lgs. n. 81/200839. L’art. 26 si applica solo qualora il committente sia un datore di lavoro40 e ai soli lavori eseguiti all’interno dell’azienda o che si svolgano in luoghi di cui il committente ha la disponibilità giuridica41. Ai sensi della norma il committente è tenuto a: a) verificare l’idoneità tecnico professionale delle imprese o dei lavoratori affidatari dei lavori42; b) fornire, a questi ultimi, informazioni sui rischi specifici esistenti nell’ambiente di lavoro e sulle misure adottate43; c) cooperare e coordinarsi con tutti gli esecutori in merito all’attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi incidenti sull’attività lavorativa oggetto di affidamento. Per la valutazione dei rischi da interferenza (ossia quei rischi aggiuntivi collegati alla sovrapposizione di più organizzazioni all’interno del medesimo ambiente lavorati44) il committente dovrà redigere un unico di valutazione (DUVRI)45 che si differenzia e si aggiunge al DVR di ciascuna impresa46. Nei cantieri temporanei e mobili la ripartizione degli obblighi preventivi assume connotati particolari, trovando applicazione la disciplina contenuta nel Tit. IV, d.lgs. n. 81/2008, che prevede il coinvolgimento varie figure (committente; responsabile dei lavori; coordinatore per la sicurezza in fase di progettazione; coordinatore per l’esecuzione dei lavori; lavoratori autonomi e imprese affidatarie ed esecutrici) e degli obblighi a contenuto documentale (redazione del piano di sicurezza e di coordinamento, di un fascicolo adattato alle caratteristiche dell’opera e di un piano operativo di sicurezza). Nell’ambito dei pubblici appalti trovano applicazione oltre alle normative suddette, alcune norme speciali contenute nel d.lgs. n. 50/2016 (Codice dei contratti pubblici). 6. Le misure generali di tutela e gli obblighi specifici L’art. 15, d.lgs. n. 81/2008 contiene un elenco di misure generali di tutela della salute e sicu-rezza
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dei lavoratori, che specificano l’obbligo generale stabilito dall’art. 2087 c.c. Si tratta di indicazioni metodologiche e di principio (tra le quali spicca l’eliminazione del rischio e, ove non sia possibile, la sua riduzione al minimo), che debbono informare l’intero sistema preven-tivo aziendale. Tra gli adempimenti più rilevanti previsti dalla disciplina preventiva vi sono poi le attività di formazione, informazione e addestramento definite nell’art. 2, 1° co., d.lgs. n. 81/2008 e disci-plinate dagli artt. 36 e 37. I contenuti e le modalità della formazione sono oggetto di un Accor-do concluso in sede di Conferenza Stato/Regioni il 21.12.201147. L’art. 30, annoverabile tra le disposizioni più innovative del d.lgs. n. 81/2008, identifica, infi-ne, i requisiti del modello di organizzazione e di gestione idoneo a scongiurare la responsabili-tà amministrativa degli enti in merito agli illeciti amministrativi dipendenti da reato ai sensi del d.lgs. n. 231/200148, la cui adozione è rimessa alla discrezionalità del singolo ente societario. 7. L’attività di vigilanza e la sospensione dell’attività imprenditoriale In materia di vigilanza, l’art. 13, d.lg. n. 81/2008, come novellato dall’art. 13 del d.l. n. 146/2021, convertito in legge n. 215/2021, affida la competenza generale non più solo ai servizi ispettivi delle ASL, ma anche all’Ispettorato Nazionale del Lavoro; ferma la competenza specifica di altri soggetti49. Tra le misure sanzionatorie più incisive spicca la sospensione dell’attività imprenditoriale che è stata configurata come misura di contrasto tanto al lavoro irregolare (in nero) quanto al lavoro insicuro, prestato in violazione delle norme di sicurezza (art. 14, d.lgs. n. 81/2008)50. A seguito delle novità introdotte dal recente d.l. 146/2021, gli organi ispettivi sospendono qualsiasi attività imprenditoriale (la sospensione, dunque, non è più solo facoltativa, come nella precedente versione dell’art. 14, d.lgs. n. 81/2008, bensì necessaria) sia nel caso di impiego di personale non risultante dalla documentazione obbligatoria in misura pari o superiore al 10% (non più solo 20%) del totale, sia nel caso di gravi (e non più anche reiterate) violazioni in materia di sicurezza, elencate dall’Allegato I. Il provvedimento di sospensione, a determinate condizioni previste dall’art. 14, d.lgs. n. 81/2008 può essere revocato da parte dell’organo di vigilanza.
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Note 1.
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14. 15. 16. 17. 18. 19. 20.
21. 22. 23. 24. 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. 33. 34. 35. 36.
Rinvio a A. DELOGU, La rilevanza sotto il profilo oggettivo della mancata vaccinazione dei lavoratori e alcune brevi spigolature sul concetto di idoneità alla mansione, in Lavoro Diritti Europa, 2021, n. 3 A. DELOGU (2020), La tutela della salute e sicurezza dei lavoratori durante l’emergenza epidemiologica, in BELLOMO S., MARESCA A., SANTORO-PASSARELLI G. (a cura di), Lavoro e tutele al tempo del Covid-19, Torino, Giappichelli, 114 e ss. Sia consentito rinviare a A. DELOGU, Salute e Sicurezza sul lavoro, in Digesto Disc. Priv. Sez. Comm, Agg., Milano, Utet, 2017, 434 e ss. e P. PASCUCCI, La tutela della salute e della sicurezza sul lavoro: il Titolo I del d.lgs. n. 81/2008 dopo il Jobs Act, Fano, Aras, 2017 L. ANGELINI, La sicurezza del lavoro nell’ordinamento europeo, in WP Olympus, n. 29/2013. Sono seguite direttive dedicate a specifici aspetti della materia, cosiddette direttive figlie, si pensi alle dir. CE 89/391; 89/655; 89/656; etc. P. PASCUCCI, Brevi note sulle competenze delle Regioni in tema di disciplina della tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, in WP Olympus, 13/2012. Cons. Stato (parere), 4.4.2005. Tutte le sentenze citate nel presente contributo si possono rinvenire in https://olympus.uniurb.it/, nella sezione giurisprudenza. Si rinvia ad A. DELOGU, La funzione dell’obbligo generale di sicurezza sul lavoro, prima, durante e dopo la pandemia: principi e limiti, Fano, Aras, 2021 P. PASCUCCI, 3 agosto 2007-3 agosto 2009. Due anni di attività legislativa per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Il titolo I del d.lgs. n. 81/2008 modificato dal d.lgs. n. 106/2009, Quad. Olympus, 3/2011, 63 ss. Contra Cass., 23.7.2013, n. 17896. Cass., 19.2.2016, n. 3291. Cass., 26.4.2017, n. 10319. Principio che trova conferma anche nell’art. 15, co. 1 lett. c), d.lgs. 81/2008. M. LAI, Il diritto della sicurezza sul lavoro tra conferme e sviluppi, Torino, 2017, 17. G. NATULLO, Il quadro normativo dal Codice civile al Codice della sicurezza sul lavoro. Dalla Massima sicurezza (astrattamente) possibile alla Massima sicurezza ragionevolmente (concretamente) applicata?, in WP Olympus, 39/2014,1 ss. Cass., 5.11.2015, n. 2261. Corte cost. 25.7.1996, n. 312. Cass., 21.5.2013, n. 12413. Il primo sostanziale intervento si è avuto con il d.lgs. n. 106/2009 e da ultimo il d.l. 146/2021 conv. in l. 215/2021. P. PASCUCCI, Dieci anni di applicazione del D.Lgs. n. 81/2008, in Dir. sic. lav., 2018, 1, 1 ss. Es. d.lgs. n. 624/1996 (sulle attività estrattive); etc. A. ANTONUCCI, Il campo di applicazione “oggettivo” e “soggettivo” della nuova normativa in materia di sicurezza e tutela della salute dei lavoratori, in Dir. Rel. Ind., 2008, 441 ss. Tali decreti, dopo molte proroghe, risultano adottati solo in riferimento, ad esempio, alle forze armate (art. 184, d.lgs. n. 66/2010 e dell’art. 244 ss., d.p.r. n. 90/2010); al dipartimento della protezione civile (d.p.c.m. n. 231/2011), Etc. A. DELOGU, Lavori atipici ed uniformi esigenze di tutela, in Amb. Sic. Lav., 2015, 11, 27 ss. Cass., 10.2.2016, n. 8883. F. BASENGHI, La ripartizione intersoggettiva del debito di sicurezza, in L. GALANTINO (a cura di), Il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, Torino, 2009, 86; C. LAZZARI, Figure e poteri datoriali nel diritto della sicurezza sul lavoro, Milano, 2015, 13 ss. Cass., 10.6.2010, n. 38991. Cass., 7.12.2005, n. 44650. Cass., 7.11.2013, n. 6370. Cass., 7.4.2011 n. 22334. Cass., 7.2.2012, n. 16888. Cass., 6.5.2016, n. 24136. Trib. Firenze, 17.12.2015, n. 4678. Cass., 6.5.2014, n. 20682. Vedi gli Accordi siglati in Conferenza Stato/Regioni il 21.12.2011, il 25.7.2012 e il 7.7.2016. Si v. inoltre gli Interpelli n. 18/2013 e nn. 12 e 14/2014. Cass., 23.11.2012, n. 49821. Contra Cass.17.1.2014, n. 22233. Cass., 31.1.2013, n. 4958. Si rinvia a A. Delogu, Alcune considerazioni sulla delega di funzioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro, tra conferme e recenti sviluppi, in Riv. Inf. Mal. Prof., 2018, I, 219.
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37. 38. 39. 40. 41. 42. 43. 44. 45. 46. 47. 48.
Cass., 20.7.2016, n. 33630. Cass., 19.3.2015, n. 24452. O. BONARDI, La sicurezza sul lavoro nel sistema degli appalti, in WP Olympus, 26/2013. Contra Cass., 18.9.2013, n. 42347. Trib. Forlì, 10.7.2014 n. 933. Cass., 6.12.2016, n. 10014. Cass., 7.1.2009, n. 45. Cass., 19.6.2009, n. 25946. Cass., 14.11.2012, n. 2285. Cass., 2.5.2016, n. 18200. Interpello 21.3.2016, n. 4. A. DELOGU, Modelli di organizzazione e di gestione: requisiti, contenuti ed efficacia esimente, in Amb. Sic. Lav., 3, 2016, 50 ss. 49. Ad es. al Corpo nazionale dei vigili del fuoco per la protezione antincendi, al Ministero dello sviluppo economico per il settore minerario, etc. 50. C. Cost. 5.12.2010, n. 310.
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CULTURA DELLA SICUREZZA NELLE ATTIVITÀ MINERARIE ED ENERGETICHE ALLINEAMENTO CONCETTUALE DESTINATO AL MONDO DELLE RISORSE ENERGETICHE: I CONCETTI DI PREVENZIONE, PROTEZIONE E MITIGAZIONE DEI RISCHI
LA CULTURA DELLA SICUREZZA a cura di Ing. Vincenzo Michele Mamuscia
Il trasferimento di conoscenze concettuali destinato al settore energetico risulta un tassello fondamentale che pone l’attenzione sulla sicurezza sul lavoro, la tutela dell’ambiente e degli asset aziendali. Nel periodo attuale assume proporzioni considerevoli in un settore in cui, considerata la natura delle attività e la delicata necessità di cautele specifiche, gli standard richiesti sono elevati e severi. La lettura critica della bibliografia presente e le forti basi accademiche raggiunte attraverso la ricerca e gli sviluppi tecnologici, fanno nascere l’esigenza di fornire un allineamento di tipo concettuale sui temi della sicurezza, prima citati, e più specificatamente destinato al complesso mondo dell’estrazione mineraria o più specificatamente dell’Oil & Gas. L’errata traduzione dalla lingua inglese e della comprensione profonda del significato dei termini “protezione” e “prevenzione” instaura un profondo processo di riflessione e la successiva esigenza, nonché senso di responsabilità nei confronti del sapere, a fare chiarezza sull’utilizzo, spesso improprio, di terminologie appartenenti al mondo dell’Ingegneria della Sicurezza e di cui illustri maestri hanno fatto proselitismo. Il fine che si vuole raggiungere, affinché possa esserci in futuro una comprensione univoca di questi concetti e l’utilizzo corretto dei termini afferenti a questi temi, è puramente divulgativo e non pretenzioso. In riferimento ad alcuni documenti tecnici, pubblicazioni ed estratti di conferenze, vi è sempre più la certezza che la terminologia utilizzata per descrivere le condizioni di sicurezza e i metodi legati ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA
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a questo campo, possano essere il frutto di una errata traduzione dalla lingua inglese, adattata poi a quella che è la lingua italiana. La traduzione indiscriminata e priva di riflessioni critiche e di coerenza oggettiva comporta la trasmissione di concetti errati e la divulgazione non conformata dell’esatto stato della realtà. In generale è possibile affermare che la cultura della salute e della sicurezza di un’organizzazione è il modo in cui tutte le persone all’interno dell’organizzazione stessa arrivino a pensare e sentire la salute e la sicurezza e questo, traducendo, spesso, i pensieri in comportamento. RELAZIONE TRA CULTURA DELLA SICUREZZA E PERFORMANCE Il legame esistente tra la cultura della sicurezza e le performance è riconducibile alla correlazione tra i pensieri e i comportamenti adottati all’interno del contesto organizzativo, e questo legame è molto forte, in quanto risulta essere condizionato dai risultati ottenuti in termini di bassi tassi infortunistici, performance e rispetto ambientale. Il risultato è sintetizzabile come segue: le organizzazioni che hanno una cultura della sicurezza positiva tendono a ottenere buoni risultati, mentre quelle con influenze negative e cultura della sicurezza debole non arrivano a raggiungere risultati apprezzabili. ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA
Cultura della sicurezza positiva
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In un’organizzazione con cultura positiva della salute e della sicurezza, la maggior parte dei lavoratori pensa e sente che la salute e la sicurezza possa essere realmente importante e percepiscono attenzione nei loro confronti. Inoltre, la maggior parte delle persone lavora in sicurezza perché lo desidera, non semplicemente perché è un dovere imposto, anche in assenza di una stretta sorveglianza. Gli operatori che lavorano in sicurezza dimostrano un cambiamento apprezzabile in termine di riduzione degli incidenti e delle malattie professionali. L’adozione di un comportamento virtuoso collettivo ha anche influenza diretta sul comportamento dei singoli lavoratori restii ad adottare misure a favore della sicurezza. Cultura della sicurezza negativa Al contrario, in un’organizzazione con una cultura della salute e della sicurezza negativa, la maggior parte dei lavoratori pensa e sente che la salute e la sicurezza non è importante ai fini del risultato finale; questi ultimi risultano essere poco istruiti in materia di salute e sicurezza e considerano questi comportamenti addirittura un’interferenza.
In un’organizzazione come questa è facile vedere che esiste la mancanza di un’adeguata attenzione alla salute e alla sicurezza in quanto gli standard non saranno compresi o trattati, e il comportamento sarà scadente e di conseguenza si verificano frequentemente incidenti e malattie. LA SICUREZZA In seguito alle definizioni generalizzate sui concetti di cultura della sicurezza, è necessario approfondire il significato non banale del termine “sicurezza”. La sicurezza è un concetto multidimensionale e multidisciplinare, riferito a tutte le situazioni e a tutti gli ambienti di vita delle persone, compresi i luoghi di lavoro, che comprende due accezioni strettamente correlate: quella valoriale e quella tecnica. L’accezione valoriale considera la sicurezza non solo come insieme di norme che inducono ad una protezione coercitiva, ma come principio compreso nella nozione più ampia di salute e quindi come diritto primario della persona e come valore fondamentale tutelato dalla nostra Costituzione agli artt. 2, 4, 32, 35 e 41. Secondo un approccio puramente tecnico, la sicurezza viene definita non come l’assenza totale di rischi e pericoli, concetto non traducibile
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nella vita reale, ma come “pianificazione e controllo delle condizioni determinanti”. In riferimento al D.lgs. 81/08 (Testo Unico sulla Salute e Sicurezza sul Lavoro), le condizioni determinanti sono individuabili nei seguenti ambiti: • strutture fisiche dei luoghi di lavoro (igiene, impianti e simili), la cui competenza ricade sui proprietari delle stesse; • condizioni di esercizio (organizzazione e gestione delle attività, utilizzo di locali e attrezzature, in/formazione e addestramento del personale, norme di prevenzione e protezione), di cui è responsabile il dirigente in qualità di datore di lavoro. È importante soffermarsi anche sul significato letterale del termine “sicurezza”, derivante dal latino “sine cura”: senza preoccupazione, e definita come: “la conoscenza che l’evoluzione di un sistema non produrrà stati indesiderati”. In altri termini è l’essere consapevoli che una certa azione non provocherà danni futuri. Il presupposto della conoscenza è fondamentale da un punto di vista epistemologico, poiché un sistema può evolversi senza dar luogo a stati indesiderati, ma non per questo esso può essere ritenuto sicuro. Solo una conoscenza di tipo scientifico, basata
quindi su osservazioni ripetibili, può garantire una valutazione sensata della sicurezza. Applicazioni nel mondo Oil & Gas Considerando il mondo Oil & Gas, questo non si discosta dagli obiettivi di sicurezza che possono riguardare qualsiasi dinamica aziendale esistente, piuttosto esiste un’attenzione particolare date le operazioni che vengono svolte: dalla ricerca alla coltivazione, dalla raffinazione alla distribuzione del prodotto finale. Gli obiettivi di prevenzione degli incidenti e la riduzione degli effetti risultano essere i capi saldi di questo settore. Com’è evidenziato sui rapporti informativi sull’andamento degli incidenti, degli infortuni e delle morti avvenute, la cultura della sicurezza sembrerebbe essere in rapida espansione in questo settore. Questo è anche frutto di un’efficace organizzazione e gestione delle condizioni di esercizio, e molti rischi presenti nell’ambiente Oil & Gas risultano essere stati ridotti o mitigati poiché si è agito sia sui comportamenti degli operatori che sulle procedure. La consapevolezza diffusa delle problematiche (economiche, d’interpretazione normative, e simili) che incontrano le compagnie nell’attuare gli adempimenti obbligatori previsti dalle normative
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vigenti e, in certi casi, nel distinguere le responsabilità a più livelli, è l’indicatore di quanto risulta essere complessa la disciplina della sicurezza e l’applicazione in questo ambito industriale. Lo scopo di questo contributo è proprio quello di offrire una prospettiva che permetta di correlare le specifiche tecniche o normative con gli aspetti più culturali, formativi, ed etici del tema “sicurezza”. Prospettiva che si può sviluppare tramite l’approfondimento dei tre concetti chiave, o meglio tre processi, che sono coinvolti nella gestione e nella salvaguardia della salute e sicurezza: la prevenzione, la protezione e la mitigazione dei rischi. IL CONCETTO DI RISCHIO E LA SUA MITIGAZIONE “Il rischio è un concetto che richiama la speranza umana implicando la capacità di predizione in situazioni aleatorie. Esso comporta, quindi, un potenziale effetto indotto in processi in corso o eventi futuri. In generale, ogni indicatore di rischio è propor-
zionale all’effetto atteso e alla sua probabilità di accadimento. La dimensione dipende dalla misura del danno.”1 Le normative ISO più recenti, in particolare la ISO 31000:2018, definiscono il rischio come “effetto dell’incertezza sugli obiettivi”, precisando che tale effetto può essere sia positivo che negativo. Il concetto di “rischio” è quindi più correttamente legato all’ossimoro “rischio/opportunità”. In genere il valore del “rischio reale” risulta differente sia dal “rischio misurato” (che è il valore ottenuto da stime tecnico-scientifiche) sia dal “rischio percepito” (che è soggettivo, in quanto dipendente dalla percezione umana del rischio). La UNI ISO 31000:2018 è lo standard internazionale che fornisce un approccio comune per gestire qualsiasi rischio e non è rivolto ad un particolare settore, potendo essere applicato e adattato a qualunque organizzazione e al suo contesto. Lo standard si presta bene ad essere applica-
to al processo decisionale a tutti i livelli anche in ambito Oil & Gas. Le organizzazioni di tutti i tipi e di tutte le dimensioni hanno la necessità di affrontare fattori esterni ed interni che rendono incerto il conseguimento degli obiettivi. In ambito nazionale è possibile fare riferimento alla definizione di rischio presente nell’art. 2, lettera s, del D.lgs. 81/08, indicato come: “Probabilità di raggiungimento del livello potenziale di danno nelle condizioni di impiego o di esposizione ad un determinato fattore o agente oppure alla loro combinazione”. Non è solo la disciplina italiana ad esprimere il rischio come una probabilità, infatti, anche la norma OHSAS 18001, 3.4, si esprime con questa forma nella definizione del rischio: “La combinazione delle probabilità e delle conseguenze del verificarsi di uno specifico evento pericoloso”. Volendo interpretare tutte le varie definizioni, è possibile riassumere il rischio come un concetto probabilistico, ovvero come: “La probabilità che
accada un certo evento capace di causare un danno alle persone”. La nozione di rischio implica l’esistenza di una sorgente di pericolo e delle possibilità che essa si trasformi in un danno. Nell’industria petrolifera ci sono molti rischi e pericoli, motivo per cui vengono condotte valutazione del rischio per garantire che siano messe in atto misure di controllo del rischio attraverso una gestione dedicata che si traduce in: • un’attività iterativa che supporta le organizzazioni nello stabilire le strategie, nel conseguire gli obiettivi e nel prendere decisioni consapevoli, facendo parte della governance e della leadership; • considerazione del contesto esterno ed interno dell’organizzazione, compresi il comportamento umano, i fattori culturali, le esigenze e le aspettative delle parti interessate; • miglioramento del Sistema di Gestione per l’organizzazione di tutti i livelli dell’organizzazione dell’impresa.
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Figura 1 Processo iterativo per l’identificazione del rischio.
MODELLI DI CORRELAZIONE CAUSE - CONSEGUENZE Da quanto descritto emerge la necessità di analizzare il rischio per poterlo gestire mediante una specifica metodologia quantitativa che fornisca la misura del livello di sicurezza ed offra gli strumenti per “mitigare” (controllare) il rischio residuo. Per l’analisi e la gestione del rischio sono necessari: • modello per gli eventi dannosi e per il danno provocato; • modello per l’incertezza; • modello per i vincoli di sicurezza; • modello per la raccolta di dati e la conseguente variazione (attualizzazione) dell’informazione. L’evoluzione del pericolo dagli Eventi Costituenti (cause) prodromici degli Eventi Iniziatori (EI) fino agli Scenari di Danno, è descritta attraverso la ricostruzione logico-sequenziale di un flusso strutturato di eventi. Gli eventi iniziatori sono determinati da precondizioni (cause) e possono evolvere a seconda delle condizioni al contorno e della eventuale
presenza ed efficacia di sistemi di protezione, mitigazione e facilitazione a scenari di danno caratterizzati da diversi livelli di pericolosità da cui dipende la severità delle conseguenze (effetti). Questo processo sequenziale è illustrato graficamente in figura 2. Considerando l’evento “critico” iniziatore come punto nodale tra le precondizioni (cause) e gli effetti (conseguenze), tale rappresentazione logico-strutturata della sequenza degli eventi è rappresentata è definita nella letteratura anglosassone come Bow-Tie Model. LA PREVENZIONE Considerando la digressione effettuata sul concetto di rischio e le misure di mitigazione (controllo), è conseguente il chiarimento riguardante il concetto della prevenzione dei rischi, prevista nel sistema di valutazione del rischio come argomentato di seguito. In ambito nazionale è bene prendere come riferimento il D.lgs. 81/08, nello specifico l’art. 2 c. 1 lettera n, che definisce la prevenzione come: “Il complesso delle disposizioni o misure necessarie, anche secondo la particolarità del lavoro,
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Figura 2 Processo sequenziale di correlazione cause - conseguenze “Bow-Tie Model”.
l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali, nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno”. Si tratta quindi di tutte quelle azioni che sono programmate e realizzate con la finalità di eliminare o ridurre la probabilità che un evento indesiderato possa accadere. Le misure di prevenzione possono essere di tipo strutturale o organizzativo, ad esempio la corretta progettazione ed esecuzione d’interventi di manutenzione, d’impianti, di macchinari, ma anche l’informazione, la formazione e l’addestramento dei lavoratori, l’adozione di comportamenti e procedure operative adeguate e tutti gli aspetti simili correlabili. Nella scelta delle misure da adottare, i Datori di lavori o Dirigenti devono garantire il principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile, in base al progresso tecnico e alle conoscenze scientifiche disponibili per quel determinato settore lavorativo. Tale principio, affermato dalle direttive europee, è stato recepito nell’articolo 15 c. 1, punto c) del D.lgs. 81 del 2008, che prescrive tra le misure generali di
tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori nei luoghi di lavoro “l’eliminazione dei rischi e, ove ciò non sia possibile, la loro riduzione al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico”. LA PROTEZIONE Considerando l’impossibilità di riduzione del rischio a livelli pari allo zero e la necessità di fornire adeguate misure che possano contenere gli effetti correlati, vi è la necessità di definire il concetto di protezione che richiama: “la difesa contro ciò che potrebbe recare danno e consiste in un’azione o un elemento che s’interpone tra qualcuno che può subire il danno stesso e ciò che lo può causare”. Consiste quindi nel complesso delle misure che servono a ridurre le conseguenze di un infortunio/incidente nel momento in cui esso si verifica. Essa tende dunque ad agire sulla gravità del possibile danno conseguente all’esposizione ad uno o più fattori di rischio. Si distingue tra protezione attiva, che richiede l’intervento di un operatore o l’azionamento di
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un impianto, e protezione passiva, che non necessita né dell’uno né dell’altro. ERRATA TRADUZIONE O INTERPRETAZIONE DEI DOCUMENTI TECNICI La traduzione non è il limitarsi alla semplice decodifica e ricodifica di un testo da una lingua a un’altra, ma la cura di molteplici aspetti, tra cui il committente e le sue richieste, il testo e le sue regole (che siano queste implicite oppure esplicite), le competenze (linguistiche e tecniche) del traduttore e, ultimo e di importanza rilevante, il destinatario e le sue esigenze comunicative. Quindi, una traduzione di qualità può definirsi come il prodotto finale di tutti questi componenti ben amalgamati tra loro. La qualità di una traduzione potrebbe essere tradotta nell’assenza di difetti, qualunque sia la loro natura. Nell’industria Oil & Gas, la qualità è definita dall’utente finale, che ne definisce a sua volta i riferimenti sulla base delle proprie esigenze di utilizzazione o di lettura di un testo tecnico. Ci si vuole focalizzare sul concetto di “Barriere protettive” e “Blowout preventer”. Il concetto di barriera è stato ampiamente discusso e approfondito, ma non ci si è mai soffermati sulle parole “protettive” e “preventer”. La protezione è stata definita come: “la difesa contro ciò che potrebbe recare danno e consiste in un’azione o un elemento che s’interpone tra qualcuno che può subire il danno stesso e ciò che lo può causare”, mentre la prevenzione come: “Il complesso delle disposizioni o misure necessarie, […], per evitare o diminuire i rischi, […]”. L’utilizzo di una terminologia anglosassone, che allude alla prevenzione, come “preventer”, inserita all’interno di un contesto teorico, come quello delle misure di protezione, risulta avere un senso fortemente contrastante. Il Blowout Preventer è un dispositivo di protezione, in quanto viene utilizzato come barriera secondaria nel caso in cui le barriere primarie, misure preventive, falliscono. È in questo caso che nasce l’incomprensione, si combinano concetti che hanno accezioni diverse, e si diffondono messaggi inesatti e discrepanze che non avrebbero ragione di esistere. Questo paragrafo è uno dei più complessi perché si vuole mettere in evidenza come una singola parola, utilizzata in un contesto complesso, come per l’industria Oil & Gas, possa dare seguito a incomprensioni e che queste possano condurre alla redazione errata di documenti tecnici, di convinzioni e rimostranze, nonché di un basso grado di cultura della sicurezza. È necessario uniformare questi concetti in un settore in cui maestranze di molteplice natura si alternano a raggiungere degli obiettivi comuni,
in cui il rinnovamento risulta essere un obbligo nei confronti degli ambiziosi traguardi in materia di salute e sicurezza sul lavoro e in cui l’elemento umano deve essere considerato in termini di tutela e valorizzazione. È proprio sull’elemento umano che può risiedere la chiave che induce o meno alla possibilità di accadimento degli eventi incidentali. Che questi possano derivare da errate traduzioni, da mancata formazione e informazione, da una cattiva gestione della sicurezza, il fattore umano deve essere curato al pari delle misure di prevenzione e protezione e più teoricamente della gestione del rischio mediante la sua valutazione. IL CONCETTO DEL FATTORE UMANO E DELL’ERRORE UMANO Considerando la totalità degli incidenti industriali avvenuti in passato, spesso si sono evidenziate le cause legate ai malfunzionamenti tecnologici ed è stato trascurato l’elemento umano come causa o concausa. Lo sviluppo tecnologico ha permesso una sostanziale diminuzione dei fallimenti tecnologici, mettendo in risalto il ruolo del fattore umano. Si vogliono prendere in riferimento i disastri di Piper Alpha I accaduto nel 1988 e quello della Deepwater Horizon accaduto nel 2010; questi due disastri sono un esempio concreto che le prestazioni di un sistema complesso, come quello socio-tecnico, dipende dall’interazione di una serie di elementi, collegati strettamente tra di loro, come quelli: tecnici, umani, sociali, gestionali, organizzativi e ambientali, e che questi possono essere importanti contributori e/o potenziali inneschi per eventi incidentali severi. I fattori umani sono stati ritenuti la causa principale di molti grandi disastri, come Chernobyl, Three Mile Island, Bopal, Seveso, Deepwater Horizon, e come tali sono stati approfonditi da esperti del comportamento umano all’interno di organizzazioni complesse come psicologi, ingegneri dell’affidabilità e specialisti in fattori umani. I termini fattore umano ed errore umano sono spesso utilizzati in maniera imprecisa nell’industria Oil & Gas, così come evidenziato per i temi della prevenzione, protezione, mitigazione e rischio. Sono spesso usati in modo intercambiabile come termini generali che si riferiscono alla causa di un incidente che è correlata alle persone rispetto a un guasto tecnico 2. Si può definire tradizionalmente il fattore umano come: “l’insieme di quegli elementi quali lavoro, organizzazione, e individuo che hanno influenza sul comportamento e dunque anche conseguenze sugli obiettivi di salute e sicurezza”3. L’errore umano è definito da Rasmussen come: “errore riconducibile agli “atti umani che sono
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giudicati da qualcuno” per deviare da qualche tipo di atto di riferimento, sono soggettivi e variano nel tempo”. Si tratterebbe di atti specifici che possono causare un incidente direttamente (errori attivi) o indirettamente (errori latenti). Secondo Reason (1990), l’errore umano, invece, è un termine che raggruppa tutte quelle occasioni in cui una sequenza pianificata di attività (intenzione) non raggiunge i risultati voluti e quando tali insuccessi non siano attribuibili solo ad un effetto del caso. Quindi, secondo questa ultima definizione, si possono distinguere decisioni o azioni errate non intenzionali (in quanto potrebbero accadere anche all’operatore con maggior esperienza) e fallimenti intenzionali/deliberati delle azioni da compiere (che accadono indipendentemente dall’esperienza o professionalità dell’operatore)4. IL FATTORE UMANO NELL’INDUSTRIA OIL & GAS Tenendo conto dell’evidente importanza dei fattori umani e degli errori umani, nonché delle competenze tecniche necessarie per operare nel settore Oil and Gas, risulta naturale voler analizzare questi elementi che si trovano al centro di dinamiche lavorative che coinvolgono il miglioramento della produttività e delle prestazioni personali che influenzano di conseguenza il miglioramento della sicurezza personale e dell’intero processo. Il numero di incidenti nel comparto Oil & Gas è staticamente molto basso, considerando le operazioni potenzialmente ad alto ritmo che si
svolgono in ambienti ad alto rischio, e questa percezione di “sicurezza” introduce due sfide significative per il settore: 1. la mancanza di eventi avversi ha un impatto sui comportamenti degli individui sia a livello di gestione che di produzione, modificando la percezione del rischio sia a livello di “sicurezza personale” che di “sicurezza dei processi”. Sebbene la sicurezza dei processi sia considerata una preoccupazione maggiore a causa delle potenziali conseguenze catastrofiche sia per l’uomo che per l’azienda, risulta un concetto astratto per la maggior parte degli operatori che lavorano in campo, dato il vasto numero di potenziali fattori interessati, molti dei quali sono al di fuori della loro conoscenza o controllo. Ciò significa che la consapevolezza della situazione di coloro che sono coinvolti nelle operazioni deve essere migliorata, in modo che l’anticipazione del “cosa succede se” diventi la norma e non l’eccezione. 2. In considerazione della percezione errata che l’industria Oil & Gas potrebbe essere considerata statisticamente “sicura” sebbene qualsiasi perdita di vite umane non sia accettabile, ci sono prove limitate per dimostrare che un intervento ha funzionato; la domanda che ci si pone è relativa al miglioramento della produttività o la riduzione degli incidenti fino al rumore di fondo nel “sistema” o dal fatto che era direttamente dovuto all’intervento effettuato? In questo meccanismo devono anche rientrare le giustificazioni economiche degli interventi e dimostrare anche la necessità e il motivo per cui questi siano stati effettuati.
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L’Associazione Internazionale dei Produttori di Petrolio e Gas (IOGP) ha riconosciuto la necessità di migliorare le conoscenze e le competenze relative alle prestazioni umane attraverso l’intervento Well Operations Crew Resource Management (WOCRM), importando i processi utilizzati prevalentemente nell’aviazione e anche di altri settori, confezionandole in una modalità adatta a supervisori ed equipaggi, sia onshore che offshore. Il programma si concentra su cinque temi chiave: • miglioramento della consapevolezza situazionale e identificazione del motivo per cui non è possibile vedere/sentire tutto quello che si trova di fronte all’operatore; • comprensione dei processi decisionali umani, in particolare del come e del perché si possano prendere decisioni corrette oppure errate; • cognizione delle barriere e degli elementi migliorativi per una buona comunicazione, garantendo così la comprensione certa dei messaggi (recepiti spesso erroneamente); • conoscenza delle competenze chiave per leadership e sostegno efficaci, identificando i compiti del team e proponendo le misure adatte alla realtà specifica; • dimostrazione concreta sullo sviluppo possibile dei team, identificando i passaggi per raggiungere le alte prestazioni e le barriere che devono essere superate per raggiungere gli obiettivi preposti. Tuttavia, la comprensione e la modifica dei comportamenti non avvengono in tempi brevi e
richiede un impegno significativo, e potenzialmente dei supporti esterni in quanto gli elementi interni al sistema sono sia la parte della soluzione che la parte del problema. Nonostante il riconoscimento da parte dell’IOGP dei rischi connessi al fattore umano e gli interventi attuati attraverso misure mirate, nell’arco dei decenni comunque si sono verificati eventi incidentali causati dall’elemento umano. Un esempio concreto riguarda il sistema di perforazione con Circolazione Continua che, in un arco temporale ampio dieci anni, conta un unico evento riconducibile all’accadimento di un kick con causa riconducibile ad un errore umano. IL TEMA DELLA SICUREZZA L’approfondimento concettuale non è banale nei confronti di una disciplina così ampia. L’allineamento che si è proposto faciliterebbe la comprensione e la comunicazione che si è dimostrata essere carente in questo settore così complesso. L’utilizzo di terminologie non adatte, inesatte e fuorvianti potrebbe compromettere l’intero processo nonché il raggiungimento degli elevati obiettivi di sicurezza. Considerando l’analisi documentale tecnica, in cui si è provveduto a mettere in risalto l’errore concettuale commesso nei confronti di alcuni termini specifici quali “prevenzione” e “protezione”, risulta evidente la necessità di insistere con la promozione e la diffusione delle tematiche concernenti la sicurezza. Fornire le nozioni di base e ricevere un riscontro
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sul reale apprendimento delle basi costituenti la materia, potrebbe risultare un primo traguardo da raggiungere prima di raggiungere approfondimenti necessari allo sviluppo dei documenti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. La diffusione e la promozione, sinonimi anche di formazione e informazione, devono essere svolte non tenendo conto della carica e della posizione lavorativa, ma da tutti coloro che sono creditori o debitori di sicurezza. La chiave risiede nel modo di pensare e di ap-
procciare la sicurezza, su come le organizzazioni debbano diventare altamente affidabili e prive di rischi e in cui ci sia un’efficace gestione degli stessi qualora dovessero presentarsi. In un contesto di questa natura, la sicurezza sarebbe semplicemente il risultato di operazioni altamente affidabili e non solo il limitare dei danni alle persone, all’ambiente o alle cose. La maggiore attenzione alla sicurezza operativa, al pari di quella personale, contribuirà al miglioramento della cultura della sicurezza.
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Note 1. 2. 3. 4.
Prof.ssa Mara Lombardi, Analisi di rischio, Università La Sapienza di Roma, 2020. Rachael P. E. Gordon, The contribution of human factors to accidents in the offshore oil industry, 1996. INAIL, Il fattore umano, 2021. Prof. Massimo Frullini, Affidabilità e sicurezza degli impianti ad alto rischio, Cap. 4 – Elementi di teoria dell’affidabilità umana, 2018.
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a cura di Prof. Ing. Paolo Macini1 Prof. Ing. Ezio Mesini1,2 1. Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, Dipartimento di Ingegneria Civile, Chimica, Ambientale e dei Materiali. 2. Presidente del Comitato per la sicurezza delle operazioni a mare.
LA SICUREZZA DELLE OPERAZIONI A MARE NELLA RICERCA E PRODUZIONE DI IDROCARBURI: IL RUOLO DEL COMITATO OFFSHORE
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Negli ultimi decenni, nonostante l’ambiente operativo ostile, la difficoltà, i maggiori investimenti e i rischi finanziari insiti nel condurre le operazioni di perforazione e di produzione in mare, la ricerca degli idrocarburi offshore ha visto uno sviluppo senza precedenti e con obiettivi sempre più ambiziosi. Infatti, rispetto alla terraferma, ormai esplorata quasi ovunque con un dettaglio tale da ritenere difficile la scoperta di nuovi giacimenti di grandi dimensioni, il sottofondo oceanico, e soprattutto la zona delle cosiddette “acque profonde” (i fondali oltre i 1000 m di profondità), offre ancora zone poco esplorate, dove la possibilità di scoprire grandi giacimenti di idrocarburi sembra essere ancora molto alta. Una parte non trascurabile delle riserve mondiali di idrocarburi si trova nei fondali marini, e oggi circa il 30% della produzione totale di idrocarburi proviene da aree offshore. In Europa, l’attività di produzione degli idrocarburi in mare è operativa dalla fine del decennio 1960, e in Italia la prima piattaforma di produzione “Ravenna Mare sud” ha iniziato la produzione nel 1965. Oggi, circa il 90% del greggio e più del 60% del gas naturale prodotti nell’Unione Europea e in Norvegia provengono da attività offshore, dove sono installati più di 1000 impianti. La produzione è concentrata nel Mare del Nord, ma anche altre province petrolifere degli Stati dell’Unione hanno interessi in questo settore, e ben 13 Paesi hanno rilasciato licenze per attività di ricerca e produzione di idrocarburi nelle zone marine di loro competenza. Le tecnologie per l’esplorazione e la produzione di idrocarburi hanno oggi un elevato grado di sicurezza, sia negli standard qualitativi, sia nella gestione delle procedure, al pari di tutte le altre attività industriali legate alla produzione di beni e servizi. Da sempre l’industria petrolifera è stata promotrice della ricerca scientifica e tecnologica e la sua evoluzione è stata sempre segnata da una forte attenzione nei confronti della leva tecnologica e dell’ingegnerizzazione dei processi operativi su tutta la filiera: esplorazione di nuove aree, perforazione dei pozzi, coltivazione dei giacimenti, ingegneria della produzione e trasporto degli idrocarburi. Dalle tecnologie dipendono tutti i principali parametri operativi e di sicurezza, quali il tasso di successo esplorativo, il fattore di recupero degli idrocarburi, l’efficienza dei campi di produzione e il miglioramento delle condizioni di sicurezza, con conseguente riduzione dell’impatto ambientale. In Italia attualmente esistono numerose strutture di produzione di idrocarburi offshore, quasi tutte collocate su strutture fisse poggianti sul fondale marino, a profondità di poche decine di metri. Le peculiarità dell’attuale industria petrolifera nell’offshore italiano possono essere così sintetizzate:
a) assenza di perforazioni esplorative in acque profonde (oltre 500 m); b) il 92% della produzione offshore italiana è gas naturale; c) ampia conoscenza dei dati geologici, raccolti da oltre 7000 pozzi, utilizzati nella progettazione e nel controllo delle attività minerarie, sia di esplorazione, sia di produzione; d) adozione di tecnologie e standard di sicurezza che hanno consentito, negli ultimi decenni, di perforare oltre 300 pozzi a mare e circa 400 a terra senza alcuna conseguenza negativa (questi standard non sottraggono, peraltro, gli operatori a un continuo impegno per migliorare le condizioni di sicurezza e i criteri di controllo delle operazioni); e) attività di esplorazione, di perforazione e di produzione nazionali eseguite con tecnologie e standard di sicurezza conformi ai livelli più elevati tra quelli utilizzati dall’industria petrolifera mondiale; f) condizioni di giacimento, in termini di pressione e temperatura, molto minori delle oltre 800 atmosfere del pozzo in cui è avvenuto l’incidente del Golfo del Messico (pozzo “Macondo”, aprile-settembre 2010). L’incidente, innescato dall’impianto di perforazione galleggiante “Deepwater Horizon”, costrinse l’opinione pubblica mondiale e l’industria petrolifera tutta a riflettere non solo sui limiti dello sviluppo dei giacimenti di idrocarburi a mare, ma anche sulla piena attuazione del principio di precauzione. L’incidente del Golfo del Messico ha portato alla ribalta i problemi della sicurezza nelle operazioni di esplorazione petrolifera nell’offshore profondo, della disponibilità di tecnologie adeguate a fronteggiare situazioni di rischio e della valutazione preventiva delle capacità di risposta al verificarsi di situazioni di crisi. Ricordato come tra i più gravi della storia dell’industria petrolifera, l’incidente ha determinato ripercussioni ambientali di vasta portata, ma anche contraccolpi sull’economia locale e, soprattutto, sull’opinione pubblica mondiale. Tra i primi interventi normativi messi in atto quando l’incidente al pozzo Macondo non era ancora risolto, si ricorda il Decreto Legislativo n.128 del 28 giugno 2010 della Ministra dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo, che introdusse nel “Codice dell’Ambiente” (art. 6, comma 17) regole più restrittive le regole in materia di protezione ambientale. Fu istituita un’area di divieto delle attività minerarie entro la fascia delle 12 miglia nautiche dalle linee di coste e dalle aree protette, che pose limiti geografici chiaramente individuabili, con un conseguente rallentamento delle nuove attività delle attività di esplorazione presso le aree costiere. In Europa, a livello normativo, l’incidente occorso al pozzo Macondo diede origine alla Di-
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rettiva 2013/30/UE sulla sicurezza delle attività offshore di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi fissandone gli standard minimi di sicurezza al fine di ridurre le probabilità di accadimento di incidenti gravi, limitandone le conseguenze e così aumentando la protezione dell’ambiente marino. La Direttiva comunitaria è stata successivamente recepita in Italia con il Decreto Legislativo 18 agosto 2015, n.145. Il Decreto si è inserito in un quadro normativo già esistente in materia di sicurezza e di protezione del mare dall'inquinamento che ha finora garantito, attraverso una rigorosa applicazione della norma e costanti controlli da parte delle strutture tecniche del Ministero dello sviluppo economico, in collaborazione con gli altri enti competenti, il raggiungimento di performance di sicurezza per i lavoratori e l’ambiente tra le più alte in Europa, con incidenti e infortuni ben inferiori a quelli del complesso industriale produttivo nazionale.
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Il Comitato offshore
Tabella 1
Organo di riferimento del Decreto Legislativo n.145 è il Comitato per la sicurezza delle operazioni a mare, che svolge funzioni di Autorità Competente (AC) con poteri di regolamentazione, vigilanza e controllo al fine di prevenire gli incidenti gravi nelle operazioni in mare nel settore degli idrocarburi e limitarne le conseguenze in caso di accadimento. Il Comitato opera con indipendenza dalle funzioni di rilascio dei titoli minerari che invece sono affidate ad una specifica e disgiunta autorità preposta al rilascio dei titoli abilitativi, o “licenze” (licensing); esso è stato istituito con struttura multi-body: un assetto pensato per consentire la diretta interlocuzione tra le principali autorità nazionali che si occupano di sicurezza offshore e per aumentare l’efficacia dell’azione congiunta degli enti che ne fanno parte, combinandone le diverse competenze; in particolare il Comitato, nel suo board centrale, è composto da: • il Presidente, esperto indipendente nominato dal Presidente del Consiglio dei Ministri; • il Direttore generale Infrastrutture e Sicurez-
za del Ministero della Transizione Ecologica; il Direttore generale Patrimonio Naturalistico e Mare del Ministero della Transizione Ecologica; • il Direttore centrale per la Prevenzione e la Sicurezza Tecnica del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; • il Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di Porto-Guardia Costiera; • il Sottocapo di Stato Maggiore della Marina Militare. Il Comitato ha attualmente sede presso il Ministero della Transizione Ecologica, dove opera la relativa Segreteria, dispone di articolazioni sul territorio¹ (dette anche Comitati periferici) e si avvale delle strutture e delle risorse umane delle amministrazioni che lo compongono. È responsabile delle seguenti funzioni di regolamentazione e di vigilanza: • controllo sul rispetto da parte degli operatori del D.lgs. 145/2015 anche mediante ispezioni, indagini e misure sanzionatorie (si veda in Tabella 1 il numero di ispezioni effettuate in mare negli anni 2016-2020); • elaborazione di piani annuali volti a verificare che vi sia un controllo efficace dei grandi rischi, basato su opportuni sistemi di gestione ed in conformità ai documenti presentati per la valutazione dei rischi; • supporto e consulenza ad altre autorità o organismi, compresa l’autorità preposta al rilascio delle licenze; • elaborazione di relazioni, con un particolare accento all’assolvimento degli obblighi di trasparenza e condivisione delle informazioni quali, ad esempio, le mappe degli impianti a mare e le produzioni di idrocarburi (si vedano in Tabella 2 le ore lavorative effettive e la produzione totale di idrocarburi nei mari italiani negli anni 2016-2020). In particolare si segnalano, per rilevanza, la relazione annuale al Parlamento concernente le attività svolte dal Comitato ed il report annuale sullo stato e la sicurezza dell’upstream offshore nazionale, pubblicato sul sito del Comitato e trasmesso alla •
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Commissione Europea secondo quanto disposto dal Regolamento di esecuzione UE n.1112/2014; • collaborazione con la Commissione Europea e le autorità competenti degli Stati membri, attraverso lo scambio periodico di conoscenze, informazioni ed esperienze concernenti, in particolare, il funzionamento delle misure per la gestione del rischio, la prevenzione degli incidenti gravi, le verifiche di conformità e la risposta alle emergenze. Da quanto sopra, emerge in tutta la sua specificità il carattere sovraordinato del Comitato ed il ruolo d’impulso e di verifica ad esso assegnato, in posizione di terzietà. Menzione a parte va fatta della funzione (art. 8, comma 3, lett. a del D.lgs. 145/2015) che si sostanzia nel valutare e accettare le relazioni sui grandi rischi, valutare le comunicazioni di nuovi progetti e le operazioni di pozzo o combinate e gli altri documenti di analisi e gestione del rischio ad esso sottoposti; processi nei quali un ruolo cardine è svolto dalle sezioni UNMIG e dalle già menzionate articolazioni territoriali. Alcune riflessioni sui primi anni di attività del Comitato Il Comitato si è insediato nel maggio 2017 e unitamente alle sue articolazioni territoriali si è riunito una quarantina di volte. Nel corso delle varie riunioni sono stati esaminati ed approvati, tra l’altro, i seguenti atti, di cui è stata data pubblicità sul sito istituzionale²: • la strategia d’azione e le priorità programmatiche annuali del Comitato; • la guida tecnica sulle modifiche non sostanziali relative alla manutenzione straordinaria delle installazioni e dei pozzi esistenti e le modifiche impiantistiche che non comportano varianti alle misure di protezione e prevenzione incendio; • le linee guida per la redazione delle Relazioni sui Grandi Rischi (RGR) e degli altri documenti di valutazione dei rischi da sottoporre al Comitato;
•
le relazioni annuali al Parlamento e alla Commissione Europea sullo stato e la sicurezza delle attività minerarie in mare nel settore degli idrocarburi; • le linee guida di indirizzo procedurale sulle ispezioni congiunte. In particolare, si vuole porre l’attenzione sui seguenti punti: (1) la documentazione per la valutazione dei rischi; (2) la consultazione tripartita; (3) la trasparenza; (4) la collaborazione con la Commissione Europea e le autorità competenti degli Stati membri. Le “Linee guida per la Redazione della relazione sui grandi rischi e la valutazione del rischio in accordo al D.lgs. n.145 del 18 agosto 2015” hanno costituito e continuano ad essere un solido punto di riferimento per tutte le parti coinvolte in Italia nel processo di elaborazione della documentazione da sottoporre al Comitato. In particolare, le summenzionate linee guida hanno permesso di avere uno strumento utile per la redazione e la presentazione della Relazione sui Grandi Rischi per gli impianti di produzione, così come previsto dall’art.12 del D.lgs. 145/2015. La norma ha fissato il mese di luglio 2018 come termine ultimo per la presentazione da parte degli operatori di tale relazione. Appare quindi opportuno riferire in questa sede che, nel rispetto del termine temporale stabilito, sono state presentate da Edison, Eni ed Enimed, unici operatori nei nostri mari, le Relazioni Grandi Rischi per tutti gli impianti esistenti che tuttora sommano a 140: 137 piattaforme e teste di pozzo sottomarine, 2 unità galleggianti di stoccaggio temporaneo/ trattamento a supporto delle piattaforme³ e 1 impianto di perforazione jack up (nelle Tavole 1-6 vengono riportate le mappe delle infrastrutture presenti nei mari italiani aggiornata al 31 dicembre 2020). Complessivamente, considerato che le RGR possono essere raggruppate per gruppi di impianti omogenei, le istanze di valutazione presentate sommano a 69 ripartite, per competenza territoriale, fra le Sezioni UNMIG di Bologna, Roma e Napoli rispettivamente nella misura di 29, 30 e 10 Attualmente, qua-
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Tabella 2
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si tutte le RGR risultano accettate 51 relazioni (di cui oltre 20 con prescrizioni). A seguito degli accordi siglati tra il Comitato, le rappresentanze sindacali dei lavoratori maggiormente rappresentative (FILCTEM CGIL, FEMCA CISL e UILTEC) e gli operatori (Edison, Eni ed EniMed) è stata avviata (2018) la Consultazione tripartita, meccanismo che consente il dialogo e la cooperazione tra Autorità Competente, gli operatori e i rappresentanti dei lavoratori nel campo della sicurezza dei luoghi di lavoro. Successivamente, sono stati definiti e approvati i documenti di Consultazione Tripartita per gli anni 2019 e 2020. La procedura di Consultazione Tripartita consente di: (1) formulare standard e strategie in materia di prevenzione di incidenti gravi; (2) definire linee programmatiche e di azione; (3) definire il sistema integrato salute–sicurezza-ambiente; (4) definire norme e linee guida sulle migliori pratiche in relazione al controllo dei grandi rischi, ai fini di una politica di prevenzione degli incidenti gravi. In relazione al tema della trasparenza, al Comitato è attribuito anche il compito di raccogliere le informazioni chiave relative alla sicurezza delle attività upstream che si svolgono nei mari nazionali, elaborarle e renderle disponibili sia agli interlocutori di riferimento sia ad un pubblico più ampio. Si tratta di un compito strategico, in quanto contemporaneamente cruciale sia per monitorare l’efficacia delle misure messe in atto per prevenire gli incidenti, sia per rafforzare la fiducia del Paese nelle istituzioni preposte al controllo. A questo scopo, il Comitato si è dotato di un sito internet volto a divenire un canale di riferimento per l’opinione pubblica per acquisire informazioni sulla sicurezza del settore. Con questo intento, ogni anno il Comitato elabora una relazione di sintesi sullo stato di salute del settore, che è liberamente accessibile sul proprio sito, oltre ad essere trasmessa alla Commissione Europea. Nel corso degli ultimi anni è stata rafforzata la cooperazione con le autorità competenti degli altri Stati Membri UE, così come la collaborazione con le istituzioni dell’Unione Europea. In ambito UE vi è da rilevare come, a circa quattro anni dalla data ultima per il recepimento della Direttiva nelle legislazioni nazionali, il processo avviato dalla Direttiva offshore sia giunto - si può dire - al suo “primo tagliando”; nel 2019, infatti, in accordo all'art. 40 della Direttiva stessa, la Commissione è stata tenuta a valutare “l'esperienza di attuazione della Direttiva, tenendo debitamente in considerazione gli sforzi e le esperienze delle autorità competenti degli Stati Membri”. Un compito importante e delicato che ha portato gli uffici della Commissione europea ad organizzare tra il 2018 ed il 2019 diverse riunioni, per raccogliere le opinioni e le
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posizioni dei rappresentanti dell'autorità nazionali e dei differenti stakeholder (industria, sindacati, ONG, mondo accademico); inoltre, è stata avviata una consultazione pubblica che si è svolta nell’ultimo quadrimestre del 2018 per un coinvolgimento ancora più ampio sia dei cittadini sia di qualsiasi altra parte potenzialmente interessata o operativamente coinvolta nelle attività upstream offshore. Sempre la Direttiva stabilisce che la Commissione è tenuta a presentare al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione Europea una relazione4, riferita al periodo 2015-2019, che, oltre a contenere gli esiti del processo di valutazione, elaborato in base a cinque criteri (efficacia, efficienza, pertinenza, coerenza e valore aggiunto a scala europea), includa eventuali proposte di modifica, aggiornamento e implementazione della norma, da realizzarsi anche attraverso linee guida complementari. L’Italia ha dato un contributo importante nel summenzionato processo di valutazione della Direttiva, nell'ambito del EOUAG5, il gruppo consultivo di esperti delle Autorità competenti
per la sicurezza offshore dell’Unione Europea che è stato istituito dalla Commissione nel 2012 per avere supporto tecnico e permettere lo scambio di conoscenze ed informazioni in materia. Nel passato più recente, il Gruppo europeo ha concentrato la propria attenzione sulle attività di decomissioning e di riconversione delle piattaforme esistenti (tema affrontato in parte dalla stessa Direttiva, oltre che da alcune linee guida macroregionali), sull’integrazione delle problematiche di safety e security (rendendo sempre più attuale l’uso comune italiano di indicare con l’unica parola “sicurezza” entrambi gli aspetti, a differenza di quanto avviene nei Paesi di cultura anglosassone) e sulla possibilità di rafforzamento della collaborazione tra Stati nella risposta all’emergenze. Attualissima risulta essere la discussione in atto nel gruppo di esperti sull’emergenza CoViD-19 che ha portato ad un confronto su alcuni punti chiave che, pur se in estrema sintesi, vengono riportati a seguire: • operatività delle Autorità Competenti per la sicurezza offshore; • operatività dei players industriali;
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•
riduzione del personale e modifica della turnazione lavorativa; • misure di igiene, salute e sicurezza per emergenza sanitaria; • elaborazione di scenari e valutazione del rischio. A seguito della grave emergenza sanitaria Covid-19, particolari attenzioni sono state rivolte dal Comitato alla situazione del settore offshore nel nostro Paese. I tre operatori nazionali (Edison, Eni ed EniMed) hanno tutti pienamente aderito con tempestività al Protocollo condiviso di regolazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus CoViD-19 negli ambienti di lavoro del 14 marzo 2020, sottoscritto tra le parti sociali, su invito del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Ministro dell’Economia, del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, del Ministro dello Sviluppo Economico e del Ministro della Salute, in attuazione del DPCM dell’11 marzo 2020. Il Protocollo, in particolare, ha qualificato il CoViD-19 per gli ambienti di lavoro non sanitari quali rischio biologico generico andando a definirne le misure di precauzione, di gestione e di contrasto in linea con le previsioni legislative e le indicazioni governative a tutela della popolazione. In questo senso, i tre operatori hanno applicato quanto prescritto dal Protocollo attraverso ordini di servizio e addendum vari al Piano di Emergenza Generale. Su iniziativa della Segreteria del Comitato Offshore, è stato richiesto alle tre principali organizzazioni sindacali (FILCTEM CGIL, FEMCA CISL e UILTEC) di fornire riscontri/indicazioni in ordine all’applicazione dei provvedimenti governativi in materia di emergenza epidemiologica CoViD-19. Le OO.SS. hanno risposto osservando come, rispetto a tutti e tre gli operatori: (1) la situazione è stata costantemente monitorata con incontri giornalieri tra il Direttore delle unità operative e RLS/RLSU; (2) è stato ridotto il personale al minimo (come squadre di emergenza); (3) è stato applicato il Protocollo e le indicazioni dei vari enti preposti; (4) la permanenza delle squadre in piattaforma è di 14 giorni e sono state attuate procedure per evitare che esse si incontrano al cambio turno; (5) vengono sanificati tutti gli ambienti ad ogni cambio turno da ditte specializzate; (6) sono stati realizzati specifici addendum al Piano di Emergenza Generale; (7) regole nuove per mensa, spazi comuni, ecc. (8) regole specifiche anche per i trasporti su terraferma per arrivare alla partenza
per la piattaforma. Al termine di queste riflessioni, si ricorda la recente pubblicazione (11 febbraio 2022) del Piano per la transizione energetica sostenibile delle aree idonee (PiTESAI), per la pianificazione, sul territorio nazionale, sia in terraferma che in mare, delle attività di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, affinché le stesse possano risultare compatibili con l’assetto del territorio e sostenibili anche da un punto di vista sociale, ambientale ed economico. L’intervento normativo di cui alla Legge 8/2020 ha prorogato i termini di approvazione del citato PiTESAI, da 18 mesi - dalla data di entrata in vigore della Legge n. 12/2019 - a 24 mesi, e il termine ultimo degli effetti conseguenti alla mancata adozione del Piano stesso, portandolo da 24 a 36 mesi; il Piano potrà consentire la possibilità di installare impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili nelle aree che saranno indicate come non compatibili con le attività upstream. In questo ambito, per quanto concerne le aree marine, il Comitato sarà chiamato ad esprimersi nell’ambito delle funzioni che gli sono attribuite. In conclusione, si vogliono mettere in evidenza due aspetti che si prefiggono da un lato di sintetizzare quanto sinora svolto dal Comitato e dall’altro quali possono essere le sue sfide future. Per quanto riguarda il primo aspetto si evidenzia in particolare il lavoro svolto relativamente: (1) all’elaborazione delle linee guida ed all’esame delle Relazioni Grandi Rischi; (2) alle linee guida per la attività ispettive; (3) all’avvio e all’aggiornamento dei Documenti di consultazione Tripartita; (4) alla fattiva collaborazione con la Commissione Europea e le autorità competenti degli Stati membri, con particolare attenzione alle misure per la gestione del rischio, la prevenzione degli incidenti gravi, le verifiche di conformità e la risposta alle emergenze. Per quanto riguarda invece l’aspetto relativo alle sfide future del Comitato si evidenziano: (1) le eventuali ricadute che potranno derivare sia dalle modifiche, aggiornamenti ed implementazioni della Direttiva europea, sia dalla implementazione del PiTESAI; (2) la necessità di disporre e consolidare adeguate risorse umane e finanziarie; (3) la autorizzazione di potere accedere alle disponibilità finanziarie in capo al Comitato da destinarsi sia alle attività ispettive delle infrastrutture offshore, sia alle attività di formazione e di aggiornamento del personale destinato a dette ispezioni.
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Note 1.
2. 3. 4. 5.
Le articolazioni sul territorio del Comitato sono costituite da: (a) il Direttore della Sezione UNMIG (Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse) competente per territorio (Bologna, Roma e Napoli); (b) il Direttore regionale dei Vigili del Fuoco o un suo rappresentante; (c) un Dirigente del Ministero della Transizione Ecologica, che si avvale del Direttore del Servizio Emergenze Ambientali in Mare (SEAM) dell'ISPRA; (d) il Comandante della Capitaneria di Porto competente per territorio o un Ufficiale superiore suo rappresentante; (e) un Ufficiale Ammiraglio/Superiore designato dallo Stato Maggiore della Marina Militare; (f) un Tecnico competente in materia ambientale o mineraria, in rappresentanza della Regione interessata e dalla stessa designato. Sito istituzionale del Comitato per la sicurezza delle operazioni a mare: https://www.mite.gov.it/paginacomitato-la-sicurezza-delle-operazioni-mare. In particolare, n.2 FSO (Floating Storage and Offloading unit) denominate Alba Marina e Leonis. Relazione in corso di finalizzazione alla data del 15/02/2022, ultima revisione del presente articolo. EUOAG European Union Offshore o&g safety Authorities Group.
Bibliografia 1.
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4.
https://euoag.jrc.ec.europa.eu/ https://www.mise.gov.it/index.php/it/ministero/organismi/comitato-offshore ed in particolare: o Relazioni al Parlamento sullo stato e la sicurezza delle attività minerarie in mare nel settore degli idrocarburi per gli anni 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020. o Relazioni alla Commissione Europea (Reg. UE 1112/2014) sullo stato e la sicurezza delle attività minerarie in mare nel settore degli idrocarburi e relative note metodologiche, anni 2016, 2017, 2018, 2019 e 2020 https://www.mite.gov.it/comunicati/mite-pubblicato-il-piano-della-transizione-energetica-sostenibile-delle-aree-idonee
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Sicurezza, performance e versatilità: “Il sistema di Circolazione Continua dei fanghi” come soluzione tecnologica avanzata
a cura di Ing. Angelo Calderoni Ing. Alberto Amuzzoni Ing. Vincenzo Michele Mamuscia
Introduzione L’industria di perforazione petrolifera è sempre più caratterizzata da un’elevata attenzione alla riduzione dei costi dei pozzi, dei tempi di perforazione, alla tutela della sicurezza dei lavoratori e dell’ambiente. Nel complesso contesto dell’industria Oil & Gas, l’uso di un sistema di circolazione continua dei fanghi di perforazione (CCS – Continuous Circulation System) offre molti vantaggi, tra cui il controllo della pressione di fondo pozzo insieme e la maggiore pulizia e stabilità del pozzo ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA
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stesso. Queste caratteristiche diventano requisiti cruciali per la sicurezza del personale, l’efficienza operativa e la riduzione dei costi, in particolare in ambienti di perforazione con finestre operative molto ristrette (acque profonde, alta pressione/temperatura, sezioni orizzontali e simili). Inoltre, questa tecnica innovativa può essere utilizzata attraverso dispositivi autonomi o in combinazione a quelli tradizionali, in modo tale da rendere le connessioni più efficienti in termini di velocità e sicurezza. ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA
84 Figura 1 andamento della pressione di fondo pozzo durante la perforazione stop/start. Tecnica di perforazione convenzionale (Stop/Start Drilling) Nel sistema di perforazione tradizionale, la pressione del fango circolante (o Equivalent Circulating Density - ECD) nel foro del pozzo tra lo scalpello e l’ultima scarpa (che rappresenta il limite della parte già incamiciata e quindi messa in sicurezza) è intenzionalmente mantenuta al di sotto della pressione di frattura e al di sopra della pressione dei pori della formazione esposta. Quando le pompe del fango vengono fermate, durante la fase di aggiunta di un’asta alla batteria di perforazione o per altri interventi, la circolazione del fluido di perforazione nel foro cessa con un’ondata di pressione negativa che viaggia lungo la batteria di perforazione e risale l’annulus (intercapedine tra batteria di perforazione e parete del foro), attenuandosi lungo il percorso. È questo aumento di pressione negativa che causa la maggior parte della decelerazione del fango. Senza circolazione e condizioni stabili, la pressione a fondo pozzo è esclusivamente quella esercitata dal battente statico del fango e dai detriti nell’anello. La pressione di picco negativa generata alla cessazione della circolazione può
Figura 2 andamento transitorio della pressione di fondo durante la perforazione stop/start.
essere considerevole, a seconda della velocità di circolazione e delle dimensioni e profondità del foro (Fig. 1). Pertanto, all’arresto della circolazione, la pressione di fondo si riduce bruscamente di una quantità pari alla perdita della prevalenza dinamica più la pressione di picco negativa per poi risalire alla prevalenza statica non appena il sistema raggiunge l’equilibrio (Fig. 2). Questo comportamento transitorio e i suoi effetti sulla formazione esposta sono ampiamente noti. Con questo aumento di pressione negativa, la pressione a fondo pozzo può scendere al di sotto della pressione dei pori, provocando di conseguenza un ingresso di fluidi di formazione (petrolio, gas naturale e/o acqua) in pozzo. L’ingresso indesiderato dei fluidi in pozzo viene definito Kick. Se non opportunamente controllato, nel peggiore dei casi, un Kick può degenerare in un Blowout, cioè un’eruzione incontrollata del pozzo, con conseguenze potenzialmente catastrofiche. Al contrario, quando la circolazione viene riavviata, un aumento di pressione positivo accelera il fango, aumentando momentaneamente la pressione del pozzo al di sopra dell’ECD (pressione del pozzo durante la circolazione), pompando fluido a pressione elevata nella formazione del pozzo o, nel peggiore dei casi, superando la pressione di frattura e creando una perdita di circolazione. In determinati casi, il picco di pressione all’inizio della circolazione può “caricare” una formazione permeabile e iniettare fluido di perforazione nella stessa dando origine a un effetto di rigonfiamento (detto Balooning), ovvero la capacità della formazione di restituire questo fluido al pozzo quando la pressione circolante diminuisce e si stabilizza, dando l’impressione di formazione di un kick. Su un foro aperto di diverse migliaia di metri, questi effetti possono comprendere volumi considerevoli e fuorvianti. Questi e molti altri effetti sono spesso inducono o sono causa di problemi di perforazione come:
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l’instabilità del foro, il crollo della parete del foro, arresti alla batteria di perforazione, incollaggio differenziale, eccessiva usura o rottura dello scalpello e simili. Di conseguenza, la perforazione con Stop/Start convenzionale può comportare rischi per la sicurezza, costosi NPT (tempi non produttivi) e spesso l’impossibilità di raggiungere l’obiettivo di perforazione. Per tali motivi, non è più accettabile arrestare e riavviare la circolazione del fluido di perforazione durante l’aggiunta delle aste. Perforazione con tecnica di Circolazione Continua Negli ultimi decenni l’industria della perforazione ha cercato di combattere i problemi di fondo pozzo legati alla gestione della pressione del fondo mediante tecniche di perforazione a pressione controllata (MPD). Le tecniche MPD possono essere utilizzate per compensare parzialmente la perdita di pressione e l’ECD, quando la circolazione viene interrotta durante la fase di aggiunta delle aste. Per mantenere la pressione di fondo pozzo, il fluido di perforazione deve essere pompato nell’annulus che deve essere “modellato” per calcolare “quanto” pompare. Con un sistema a circolazione continua, una con-
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dizione di stato stazionario del fondo pozzo viene mantenuta naturalmente mantenendo la circolazione sempre attiva anche durante la fase di aggiunta aste; pertanto, le formazioni non risentono delle oscillazioni di pressione (Fig. 3). La pulizia del foro migliora sensibilmente e la capacità di mantenere la circolazione attiva per intervalli estesi implica che la batteria può essere spostata fino a quando non si trova all’interno del casing precedente, riducendo così la possibilità di problemi in foro aperto. Le qualità apprezzabili di questo sistema riguardano sicuramente: il miglioramento della sicurezza, la qualità del foro perforato e le prestazioni di perforazione.
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Figura 3 andamento della pressione di fondo con circolazione continua del fango di perforazione.
1. Sicurezza
•
L’uso della circolazione continua per mantenere il flusso continuo di fango durante la perforazione di una particolare sezione dovrebbe avere i seguenti vantaggi in termini di sicurezza: • eliminazione delle condizioni per il verificarsi dei “kick di connessione”; • riduzione del 75% dei kick dovuti agli accadimenti del blowout, evidenziando come questa grande percentuale avviene quando le pompe quando le pompe vengono spente, in fase di stripping e durante le connessioni; • nessun sollevamento della batteria di perforazione durante una connessione; • continuità di perforazione fino a fondo foro in caso di kick avvenuto; • la trasmissione dati MWD/PWD continua ottenuta senza interruzioni durante le connessioni; • nessuna variazione di temperatura a fondo foro; • sforzi legati alla temperatura notevolmente ridotti. Il controllo totale del pozzo è garantito dalla presenza costante di due barriere pozzo collaudate, indipendenti, durevoli e affidabili.
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2. Qualità I principali vantaggi in termini di qualità sono i seguenti: • Nessuna pressione di pulsazione nel pozzo, normalmente generata dai cicli di spegnimento e attivazione delle pompe e dal conseguente riduzione di NPT relativo al controllo degli eventi; • riduzione delle torsioni e incidenti derivanti dal blocco delle aste di perforazione; • pulizia di fondo foro permanente, nessun accumulo di materiale perforato (detriti di perforazione) e stabilità del foro migliorata. 3. Tempi e costi I principali vantaggi in termini di risparmio di tempo sono i seguenti: • tempo di connessione totale più breve;
eliminazione delle variazioni di peso del fango durante l’intervento di un foro aperto; • eliminazione del tempo di circolazione prima di effettuare i collegamenti; • riduzione dei tempi di test e gestione dell’afflusso di connessione; • eliminazione della necessità di far circolare il gas accumulato dopo gli allacciamenti nei pozzi UBD. Inoltre, la riduzione totale della durata della perforazione, l’eliminazione delle perdite di fango, l’aumento della durata dell’attrezzatura garantiscono una significativa riduzione dei costi di perforazione con un’anticipazione della produzione sul campo. Descrizione della Tecnologia La necessità di sviluppare nuove tecnologie per risolvere o mitigare i problemi di perforazione relativi alla gestione della pressione di fondo pozzo è emersa all’inizio del 2000, quando l’industria della perforazione si è spostata verso nuove sfide come i pozzi HP-HT (High PressureHigh Temperature) e le attività di perforazione in acque profonde. Alcune compagnie petrolifere hanno trovato nell’utilizzo di sistemi per la circolazione continua del fango una soluzione per perforare pozzi impegnativi in modo sicuro ed efficiente. Dalle prime applicazioni sul campo nel 2004 sono stati sviluppati diversi sistemi di circolazione continua, tutti caratterizzati da una configurazione basata sull’utilizzo di speciali valvole montate sulle aste di perforazione dette “Sub”. Per poter mantenere la circolazione continua un Sub deve essere premontato su ciascuna delle aste che vengono preparate per una determinate fase di perforazione. Quando una nuova asta viene aggiunta alla batteria di perforazione, il sub collegato alla asta precedente già entrata nel pozzo viene a trovarsi sul piano di lavoro dell’impianto di perforazione (drillfoor). A questo punto, prima di disconnettere la testa mortice (topdrive) dalla batteria, uno speciale bocchettone collegato ad una linea di flusso del fango viene agganciato lateralmente al
Figura 4
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Sub in corrispondenza della sua valvola laterale (side port). Il flusso di fango viene deviato dal topdrive alla valvola laterale attraverso una sequenza di apertura e chiusura delle valvole contenute in un collettore (CCS Manifold) inserito nel circuito del fango dell’impianto di perforazione. Il topdrive viene disconnesso dal Sub per poter aggiungere una nuova asta alla batteria. Al termine di questa operazione, il flusso di fango viene riportato al topdrive. La portata di fango entrante in pozzo rimane sempre costante durante l’intera sequenza, mantenendo una condizione di fondo costante e pulizia continua del pozzo. Il Sistema può essere identicamente utilizzato sia nella fase di aggiunta che di estrazione delle aste in pozzo. La tecnologia CCS di ultima generazione, detta “2nd Generation CCS” in quanto caratterizzata da un alto grado di automazione, è adatta all’utilizzo su impianti onshore e offshore, in quanto offre ingombri ridotti. Questa peculiarità è vantaggiosa poiché garantisce massima flessibilità per l’installazione e il mantenimento dell’efficienza indipendentemente delle operazioni da eseguire. In termini di performance, la riduzione delle perdite di carico e l’affidabilità degli elementi permettono al sistema di essere considerato robusto rispetto alle apparecchiature tradizionali.
Il punto di forza di questa tecnologia consiste nel suo funzionamento a controllo remoto in fase di connessione delle aste, permettendo di rendere sicura l’area del piano sonda e riducendo il rischio alla sola fase di aggancio e sgancio del morsetto, ma nel solo momento in cui gli elementi costituenti il sistema non sono pressurizzati. Il controllo da remoto permette comunque il pieno controllo delle sequenze operative oltre a fornire lo stato dei componenti del sistema in tempo reale dal pannello di controllo dedicato. Inoltre, la sequenza di connessione può essere eseguita con una routine completamente automatizzata o passo dopo passo. In entrambi i casi, il sistema di controllo acquisisce ed elabora segnali da sensori integrati nei principali componenti del sistema, riducendo gli errori umani con messaggi di aiuto e avvisi. Il software include anche un CMMS “sistema computerizzato di gestione della manutenzione” che aiuta a mantenere un registro storico dei parametri di funzionamento di ciascun componente del sistema, a pianificare e tenere traccia delle attività di manutenzione e a stampare i rapporti sulle operazioni. Il database di manutenzione è anche accessibile da remoto. Gli standard di progettazione di questa tecnologia, per l’applicazione “di superficie”, sono quelli di riferimento internazionale redatti dall’ American Petroleum Institute (API), applicabili per pressioni
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di esercizio pari a 7500 psi e portate massime, in fase di connessione, pari a 1000 gpm. Si può affermare che questo tipo di applicazione tecnologica offre all’intero sistema una doppia barriera di sicurezza di tipo preventivo e protettivo, con le barriere indipendenti tra loro e testate una volta e mezzo la pressione di esercizio (10000 psi).
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Case Study - Applicazione Operativa Tra le prime perforazioni effettuate utilizzando la tecnica della circolazione continua, si prende in esame un pozzo esplorativo offshore. Il profilo PP-FG calcolato presentava alti livelli di incertezza e anomalie sismiche dovute agli effetti del gas presente. La perforazione caratterizzata da una profondità d’acqua di circa 2.109
Figura 5 Strumentazione di superficie.
metri, non permetteva l’utilizza delle tecniche tradizionali in start/stop in quanto, considerando le incertezze, era necessario evitare variazioni di pressione a fondo foro al fine di aumentare la possibilità di raggiungere gli obiettivi pianificati con elevati standard di sicurezza e tempi non produttivi ridotti. Sono questi i motivi per cui il “2nd Generation CCS”, è stata inclusa nel programma di perforazione al fine di evitare i problemi indotti dalle tecniche tradizionali in fase di perforazione e connessione delle aste e conseguenza perdita del fango di circolazione. Inoltre, a supporto del sistema è stato installato un flussometro di Coriolis per la rilevazione tempestiva di kick e perdite di circolazione in tempo reale. Il sistema è stato operativo per un totale di 58 giorni con una percentuale di successo pari al 100%, contando zero incidenti e zero LTI e la realizzazione di 194 connessioni mantenendo un flusso stabile nel foro sia in fase di perforazione che in POOH. In Tabella 1 seguono i parametri idraulici relativi al pozzo e le connessioni effettuate. Il fango utilizzato aveva una base ad olio in un intervallo compreso tra 9,27 e 12,88 ppg, con portato durante il tempo compressione compresa tra 461 e 901 gpm. La pressione massima registrata durante la connessione in CCS è stata pari a 4200 psi. Le operazioni sono avvenute secondo le procedure di sicurezza operative frutto delle analisi HAZOP E HazID relative all’integrazione del sistema alle operazioni, in quanto sono stati adottati i sistemi di controllo sia da remoto che manuali. Questo tipo di scelta ha prodotto risultati fruttuosi in termini di prove di pressione (pari a 7500 psi) e connessioni di collaudo iniziali, al fine di garantire la corretta e sicura esecuzione delle procedure e la riduzione dei tempi non produttivi. Il tempo totale di installazione, prova a pressione idrostatica, test di funzionalità e sessione di formazione è stato pari a 35 ore senza impatti sul tempo di funzionamento dell’impianto. Risultati ottenuti
Figura 6 Sistema clamp - sub durante le connessioni.
Considerando che sono state evitate pulsazioni indotte all’interno del foro, dovute all’interruzione della circolazione e alle connessioni e avendo garantito la continuità delle operazioni, possiamo affermare che sono stati raggiunti tutti gli obiettivi preliminarmente determinati, riducendo a zero l’accadimento di kick e i relativi tempi non produttivi. L’ottimizzazione delle procedure, come conseguenza dell’adozione di questo sistema, ha restituito esito positivo anche in termini di rispetto dei budget di progetto, evitando costi imprevisti.
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Water Depth:
2,109 m
Start Depth:
2,790 m
Drilling Phase:
17”1/2 - 14” 3/4 - 12”1/4 - 10” 5/8 - 8” 1/2
Final Depth:
4,899 m
Mud Tape:
OBM
Mud Weight:
1.11 – 1.46 sg
Flow rate:
3,800-4,200 l/m (max)
SPP:
3,400 psi
Tabella 1 - Parametri idraulici e di pozzo. Conclusioni Le tecnologie innovative che rimediano agli effetti indesiderati dovuti alla perforazione con il metodo tradizionale contribuiscono all’incremento delle misure di sicurezza preventive. Considerando che il concetto di prevenzione risulta essere diverso da quello relativo alla sola protezione, adottando le tecniche innovative di perforazione è possibile incidere sulle probabilità di accadimento di eventi incidentali (si veda, ad esempio, il kick), sulla riduzione del danno derivante e sulla propagazione dello stesso. La sicurezza protettiva offerta dai sistemi tradizionali risulta essere proporzionata al contenimento di un evento non mitigabile, in cui l’affidabilità è connessa alle stime di successo di attivazione del BOP.
Attraverso misure di tipo prevenzionistico, viene invece mitigata la probabilità di accadimento di un kick e di conseguenza la riduzione del rischio Blowout. Il sistema CCS è utilizzabile sia per applicazioni Oil&Gas che per quelle geotermiche finalizzata quindi allo sviluppo delle energie rinnovabili. Più in generale, per tutte le attività di perforazione del sottosuolo cosiddette “green” come la Carbon Capture e lo stoccaggio nel sottosuolo di CO2. Il principio alla base del suo utilizzo è quello di voler garantire la continuità del processo, considerando tutte le discontinuità che sono tipiche e caratteristiche della perforazione, che ne rappresentano un potenziale rischio.
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VALUTAZIONE DEL POTENZIALE GEOTERMICO DEI GIACIMENTI DI PETROLIO E GAS IN ITALIA
a cura di Prof. Ing. Claudio Alimonti1,2 Dott. Davide Scrocca² 1. DICMA – Sapienza Università di Roma 2. IGAG – CNR – Roma.
Introduzione
92
I cambiamenti globali richiedono una radicale trasformazione e un significativo miglioramento dei sistemi di produzione di energia per raggiungere gli obiettivi di decarbonizzazione dell’economia europea entro il 2050 (riduzione delle emissioni di gas serra di circa il 90%, aumento dell’energia da fonti rinnovabili fino al 75% e aumento dell’efficienza energetica fino al 41%; (ETIP-DG, 20120). Secondo i risultati riportati in Fraunhofer Institute et al. (2016), il fabbisogno di riscaldamento e raffreddamento negli edifici e nell’industria rappresenta circa il 50% del consumo energetico dell’UE. I dati EUROSTAT indicano che poco meno del 80% del riscaldamento e raffreddamento utilizza la combustione di combustibili fossili e solo il 20% circa è generato da energia rinnovabile. Pertanto, l’attuale sistema di riscaldamento e raffrescamento è il principale contributore alle emissioni di gas a effetto serra dell’UE. In questo scenario, l’energia geotermica sembra molto promettente perché può contribuire in modo significativo alla diffusione di tecnologie low carbon per la generazione di energia per il riscaldamento e raffreddamento degli edifici. Un punto di forza del settore geotermico è infatti la disponibilità di un’ampia gamma di applicazioni e utilizzi a seconda della temperatura dell’acqua estratta. Questa flessibilità consente di proporre progetti ispirati alla visione dell’eco-
nomia circolare, alla sostenibilità, all’integrazione nel territorio e all’accoglienza sociale. In tale situazione, è opportuno notare che la fase matura dei giacimenti di petrolio e gas è spesso caratterizzata dalla produzione di idrocarburi e insieme ad acque di formazione, che devono essere trattate in continuo e che sono spesso reiniettate nel giacimento o nel sottosuolo. Solitamente, il volume di acqua prodotta aumenta con la maturità dei campi fino a quando la produzione d’idrocarburi diventa antieconomica e i pozzi sono cementati e chiusi. Tuttavia, in base alla loro profondità e al gradiente geotermico locale, questi pozzi di petrolio e gas possono avere temperature di fondo abbastanza alte per sostenere lo sfruttamento geotermico dei fluidi presenti nei giacimenti. Pertanto, quando i pozzi di idrocarburi si avvicinano alla fine della loro vita produttiva e dove esiste un potenziale geotermico, la conversione in pozzi geotermici potrebbe essere una ragionevole alternativa alla chiusura mineraria, che comprometterebbe la possibilità di riutilizzare tali pozzi esistenti per applicazioni geotermiche. Per questi motivi, sin dagli anni ‘90, le compagnie petrolifere di tutto il mondo hanno indagato la possibilità di recuperare il calore di scarto associato alla produzione di petrolio e gas. Il primo esempio di co-produzione di energia geotermica in un giacimento a gas è rappresentato dal giacimento di Pleasant Bayou, dove nel 1980 fu costruita una centrale a
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ciclo ibrido da 1 MW (Riney, 1991), dimostrando la possibilità di produrre sia gas che acqua calda e generando anche elettricità. Da allora, diversi studi si sono concentrati sulla produzione di energia geotermica da giacimenti d’idrocarburi in esaurimento e sulla progressiva conversione di un campo di idrocarburi esauriti in uno geotermico (ad esempio, McKenna et al., 2005; Alimonti e Gnoni, 2015; Liu et al. , 2018; Wang et al., 2018; Maurel et al., 2020; Olufemi et al., 2020; Watson et al., 2020). La possibile conversione degli impianti esistenti per l’estrazione di idrocarburi per renderli idonei alla produzione di energia geotermica rappresenta dunque un’opportunità per l’Italia di aumentare la quota di produzione di energia rinnovabile e di ridurre il calore di scarto, ed anche di riconciliare il tessuto sociale con un settore industriale, quello degli idrocarburi, considerato ormai dannoso per l’ambiente. L’obiettivo di questo contributo è quindi quello di fornire una prima indicazione in merito al potenziale geotermico immagazzinato nei giacimenti di petrolio e gas in via di esaurimento in Italia, sintetizzando i risultati di alcune recenti pubblicazioni scientifiche (e.g., Soldo et al., 2020; Alimonti et al., 2021). La raccolta dei dati esistenti sui pozzi è stata basata su informazioni sui pozzi produttivi e sulle concessioni di coltivazione per petrolio, gas e di stoccaggio gas disponibili presso l’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e la Geotermia del Ministero per lo Sviluppo Economico (UNMIG-MISE, 2019). I dati sono stati recuperati anche dal sito web del progetto “Visibility of petroleum exploration data in Italy” (Progetto ViDEPI, 2019) promosso dal MISE-DGRME, Società Geologica Italiana e Assomineraria. Ulteriori informazioni riguardanti l’ubicazione, la profondità totale e la data di completamento del pozzo attivo alla fine dell’anno 2018 sono state fornite, su richiesta, dal Ministero dello Sviluppo Economico italiano. Infine, altri dati sull’ubicazione e sulle caratteristiche dei giacimenti d’idrocarburi italiani sono stati recuperati dalla letteratura scientifica. Il sito del Ministero dello Sviluppo Economico segnala che a fine novembre 2019 erano presenti 193 licenze minerarie di cui 111 onshore (Fig.1). I pozzi perforati in Italia per scopi d’idrocarburi sono 7246. Secondo l’ultimo aggiornamento fornito dal Ministero dello Sviluppo Economico, sono invece 2166 i pozzi attivi in Italia, di cui 1434 sono distribuiti nelle licenze minerarie esistenti onshore. Tali pozzi onshore hanno uno stato operativo diverso che include 462 pozzi produttivi, 436 pozzi potenzialmente produttivi, 394 pozzi dedicati a progetti di stoccaggio del gas, più 142 pozzi aggiuntivi per altri scopi (es., reiniezione o monitoraggio). Una prima selezione dei campi onshore che ospitano i più promet-
tenti pozzi produttivi o potenzialmente produttivi è stata eseguita confrontando l’ubicazione del pozzo e la profondità totale con la distribuzione della temperatura nota a diverse profondità. I dati di riferimento sono le mappe di tempera93 tura alla profondità di -2000 e -3000 metri sotto il livello del mare, disponibili nel Database Geotermico Nazionale (Trumpy & Manzella, 2017), mentre per dettagli sulla metodologia utilizzata per lo screening si veda Alimonti et al. (2021). Perseguendo l’obiettivo di riduzione delle emissioni di gas serra al fine di raggiungere gli obiettivi per il 2030, il focus principale è il riscaldamento degli ambienti. Pertanto, la temperatura di produzione minima è stata selezionata intorno ai 70 °C. Figura 1 Con questo approccio semplificato, sono sta- Distribuzione dei pozzi ti identificati 42 campi a profondità superiori sul territorio nazionale.
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lore recuperabile (Hr) e la potenza tecnicamente disponile (TP). Considerando la finalità d’uso per il riscaldamento, la temperatura di reiniezione assunta nel calcolo del Hr è di 40°C. I risultati sono riportati in Tabella 2. Il potenziale tecnico è stato stimato assumendo un valore per il fattore di recupero, l’efficienza e la durata di vita degli impianti geotermici. Questo passaggio dal potenziale geotermico alla potenza tecnica è fondamentale per quantificare l’effettivo impatto generato dalla riconversione dei giacimenti petroliferi italiani in quelli geotermici. I risultati sono incoraggianti, sebbene il metodo applicato sia preliminare e abbia fornito solo una valutazione di massima, che utilizza i dati derivati dall’esplorazione e produzione di giacimenti d’idrocarburi, i cui volumi potrebbero non coincidere con i giacimenti geotermici. Tali volumi possono essere maggiori, solo un’analisi ad hoc dei dati raccolti dalle aziende proprietarie dei giacimenti e dei pozzi esistenti può fornire una valutazione più precisa. La presenza di acqua è spesso confermata dal meccanismo di produzione del giacimento di idrocarburi e dall’evidenza di una maggiore produzione di acqua durante la vita del campo. Lo schema di produzione di calore si basa nella prima ipotesi sull’utilizzo di pozzi esistenti per
a 2000-3000 m e con temperature superiori a 60-70 ° C. Tuttavia, lo sfruttamento del calore di scarto anche di fluidi a temperatura più bassa potrebbe avere un potenziale utilizzo per una varietà di applicazioni geotermiche dirette locali (ad esempio, agroindustria e altre applicazioni del settore primario e terziario).
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Risultati e discussione Per fornire una prima stima dell’energia geotermica che potrebbe essere recuperata dai giacimenti d’idrocarburi presenti sul territorio italiano, è stato valutato il potenziale geotermico immagazzinato in cinque campi rappresentativi di petrolio e gas esauriti, che sono stati scelti tra i campi selezionati più promettenti per riconversione geotermica. Partendo dai campi individuati e dal dataset disponibile, il potenziale geotermico è stato valutato secondo la metodologia volumetrica. È stata selezionata una serie di campi rappresentativi e la tabella 1 riporta i principali parametri che caratterizzano i campi selezionati, oltre ad una serie di dati raccolti dalla letteratura per i Tabella 1 parametri termo-fisici. Dati relativi ai Seguendo la procedura di valutazione in tre fasi, campi valutati. sono stati calcolati il calore in posto (HIP), il caCampo
Area
Spessore
Densità rocce
Calore specifico roccia
media
range
media
range
Temperatura Reservoir
km2
M
kg/m3
kg/m3
J/kg K
J/kg K
°C
VillafortunaTrecate
34.74
700
2500
2400-2760
816
628-1004.8
160.0
Gela
38.88
800
2450
2040-2850
729
728.5
86.6
Dosso Angeli
8.51
100
2100
1600-2680
829
728.5-929.5
70.0
Val d’Agri
36.78
1000
2550
2400-2760
816
628-1004.8
65.0
Gagliano
48.51
150
2550
2500-2600
821
699.2-942
88.5
Campo
HIP
Hr
TP
TP annuo
PJ
PJ
MW
MW
Villafortuna-Trecate
814.8
724.3
765.4
25.5
Gela
351.0
265.4
280.7
9.4
5.8
4.8
4.1
0.1
Val d’Agri
323.8
202.4
213.9
7.4
Gagliano
110.0
84.0
88.8
3.0
Dosso degli Angeli Tabella 2
Valutazione del potenziale geotermico.
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Campo
TP (MW) P90
P50
P10
Villafortuna-Trecate
387.6
788
1323
Gela
178.1
340.9
534.6
2.1
6.6
14.6
Val d’Agri
116.6
240.6
437.7
Gagliano
40
92.4
173.4
Dosso Angeli
estrarre acqua calda e, dopo lo scambio termico, reimmetterla in alcuni di quei pozzi. Questa ipotetica soluzione permette di riutilizzare i pozzi per raccogliere la risorsa di calore, con qualche workover dove richiesto e riducendo al minimo la spesa in conto capitale relativa alla perforazione di nuovi pozzi. È chiaro che questa opzione non è la soluzione ottimale per sviluppare un’applicazione geotermica ma è la più economica e la più veloce da realizzare. È stato inoltre applicato un approccio probabilistico per valutare l’incertezza associata alla valutazione del potenziale. I risultati dell’analisi sono stati riassunti nella Tabella 3 con la rappresentazione convenzionale con aspettativa di probabilità (P10-P50-P90). La distribuzione di probabilità del TP mostra un intervallo molto ampio. La variazione di potere raddoppia all’incirca ogni livello di probabilità. I valori di P50 sono in accordo con la valutazione deterministica dovuta alla scelta di utilizzare la media per ogni parametro. Dai risultati di quest’analisi preliminare, il calore disponibile immagazzinato nei giacimenti d’idrocarburi esistenti risulta essere significativo. Va comunque tenuto presente che l’approccio adottato è da considerarsi valido per una valutazione su scala regionale. Con i dati normalmente disponibili nei giacimenti d’idrocarburi (e.g., dati di produzione e parametri petrofisici) si potrebbe
effettuare una valutazione alla scala del singolo campo certamente più approfondita e accurata. Tuttavia, laddove la produzione è ancora in corso, questi dati sono spesso riservati. Per questo motivo, nell’analisi condotta si è ipotizzato un fattore di recupero teorico basato sull’esplorazione e valutazione geotermica convenzionale. Esempi di analisi più dettagliate sul campo sono presentati in alcuni altri lavori precedenti (Alimonti & Gnoni, 2015, Soldo et al., 2020). In Alimonti & Gnoni (2015) si è valutata la produzione di calore da un pozzo di Villafortuna-Trecate considerando il completamento esistente utilizzato nella produzione di idrocarburi. La potenza termica per pozzo è compresa tra 3 e 5 MW. Il numero di pozzi ora disponibili per la produzione è otto. Pertanto, la potenza estraibile, ipotizzando quella termica stimata, è compresa nel range 24-40 MW. Il fattore di recupero da questo studio è valutato in 0,03-0,05 nella vita dell’impianto definita in precedenza (30 anni). Ciò dimostra che il calore producibile con i pozzi esistenti è solo una piccola parte di quello disponibile, confermando che la soluzione non è ottimale. Aumentare il numero di pozzi consentirà di accedere a una risorsa più ampia. Queste considerazioni sono date senza assumere i flussi termici di ricarica limitando così ancora una volta una stima realistica della potenziale produzione di calore.
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97 Tabella 3
Valutazione probabilistica del potenziale tecnico.
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Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9.
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Quaderno
a cura di Membri iscritti alla commissione “L’Ingegnere per il No Profit, l’Ecologia e l’Economia Circolare ” al 1° luglio 2021 Commissione L’Ingegnere per il No Profit, l’Ecologia e l’Economia Circolare Revisione testi: Ing. Paolo Anidriti Ing. Gianluca Boschi
L’ECONOMIA CIRCOLARE, IL RUOLO DELL’IDROGENO VERDE, LIMITI E NECESSITÀ DEL SUO SVILUPPO
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Nonostante la complessa sfida tecnologico-industriale l’idrogeno verde gode di interessanti prospettive e opportunità di sviluppo grazie ai programmi europei e al PNRR
Parola chiave: Sostenibilità, Ambiente, Idrogeno, Colori dell’idrogeno, Idrogeno verde, Economia Circolare
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Introduzione L’idrogeno, presente allo stato libero come gas biatomico, è il primo elemento della tavola periodica e rappresenta il costituente principale della materia che ci circonda. Da un punto di vista energetico, in ragione di disponibilità e densità energetica, l’idrogeno si candida ad essere il vettore energetico ideale (si veda Tabella 1). Dal punto di vista applicativo, l’idrogeno è notoriamente caratterizzato da un ampio intervallo di esplosività e da un comportamento sfidante per quanto riguarda l’interazione con gli usuali materiali e le tecnologie di realizzazione di valvole, serbatoi e guarnizione, nonché dell’eventuale necessità per lo stoccaggio di realizzare sistemi criogenici o ad elevate pressioni. Se da una parte la sua elevata densità energetica per unità di massa (2,5 volte quella del metano) lo rende potenzialmente interessante come vettore energetico, dall’altra queste altre sue caratteristiche fisiche ne rendono complesso l’utilizzo pratico.
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Le fonti e i “colori” dell’idrogeno Chiariamo innanzitutto i diversi “colori” dell’idrogeno con un breve riepilogo (si veda Tabella 2). La produzione dell’idrogeno avviene attualmente per il 48% da gas naturale, per il 30% dal petrolio (sottoprodotto della distillazione e refor-
ming del gasolio), per il 18% dal carbone; l’elettrolisi dell’acqua viene impiegata per produrre soltanto il 4% dell’ H2 [2]. L’economia circolare e il ruolo dell’idrogeno L’H2 potrebbe rappresentare un ideale vettore energetico in grado di soddisfare i consumi energetici elevati dell’industria pesante che oggi è alimentata da fonti fossili. Riassumendo, in Figura 1, in forma schematica un possibile modello di economia circolare. Attualmente l’idrogeno è tipicamente usato nella produzione di ammoniaca, nella raffinazione e per altre applicazioni, nell’idrogenazione degli oli vegetali, nei processi di produzione nell’industria chimica ed alimentare. Altri usi emergenti sono quelli relativi all’uso come combustibile alternativo e come riserva di energia nelle pile a combustibile. Per tali scopi l’idrogeno è il più delle volte trasportato in forma gassosa (in primo luogo pipelines all’interno dei distretti industriali ma anche carri bombolai), più raramente in forma liquida (essenzialmente nell’industria aerospaziale e più recentemente in quella dei trasporti). Come vediamo dallo schema sopra rappresentato, i rifiuti plastici e gli scarti che andrebbero altrimenti in discarica o incenerimento vengono valorizzati per produrre nuovi polimeri e intermedi chimici. Una parte di rifiuti plastici
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possono essere riciclati meccanicamente per produrre nuovi polimeri riciclati di alta qualità. I rifiuti plastici e secchi non riciclabili possono essere convertiti chimicamente recuperando il carbonio e l’idrogeno in essi contenuti, mediante un processo di ossidazione parziale che non crea combustione e consente di ottenere un gas circolare (miscela di CO e H2 nota come gas di sintesi o gas d’acqua o gas di città) che può servire per produrre energia, ma più intelligentemente prodotti chimici e carburanti green a bassa impronta carbonica (in accordo a direttive europee RED II e FQD). Nelle prime sperimentazioni si è calcolato che il costo di produzione dell’idrogeno circolare è in linea con quello dell’idrogeno da steam reforming
del metano considerando il risparmio del “gate fee” dei rifiuti in Europa (costo determinato dalla quantità di rifiuti ricevuti presso un impianto di trattamento dei rifiuti). Il gas di sintesi, ricco di H2 (idrogeno) e CO (monossido di carbonio), può essere utilizzato come tale, per le sue qualità riducenti, all’interno di processi produttivi come quello siderurgico, in sostituzione di gas di sintesi prodotto da metano o di derivati del carbone (come il polverino di carbone), abbattendo le emissioni climalteranti generate, con un costo inferiore. Grazie alle fonti energetiche rinnovabili è possibile produrre elettricità con la quale alimentare sia utenti energivori che elettrolizzatori che consentono di ricavare idrogeno verde dall’acqua.
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Figura 1 L’idrogeno può essere a sua volta utilizzato come combustibile industriale e civile oltre che come fonte per la produzione di intermedi chimici. La tecnologia produttiva dell’idrogeno verde, il futuro e la competitività da incentivare L’idrogeno verde si produce per definizione se, e solo se, l’elettrolizzatore che genera idrogeno partendo dall’acqua è alimentato da energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili al 100%. Già in passato era stata applicata la tecnologia dell’elettrolisi per produrre idrogeno; tuttavia, questa richiede consumi elettrici elevati e dell’ordine di 4.5 kWh per Nm3 di idrogeno prodotto rendendo il processo di fatto non competitivo. Tuttavia, le preoccupazioni crescenti relativamente alle emissioni di CO2 hanno rivitalizzato la tecnologia elettrolitica ed in particolare quando questa è associata a fonti energetiche rinnovabili. L’elettrolisi è un processo nel quale l’elettricità passa attraverso due elettrodi in una soluzione acquosa con il risultato di rompere i legami chimici presenti nella molecola dell’acqua generando idrogeno e ossigeno. Catodo: H2O(l) + 2e− → H2 + O -2 Anodo: O -2 → 2e− + ½ O2 Purtroppo, ad oggi la possibilità di alimentare l’elettrolisi con sole energie rinnovabili è limitato a pochissime aree geografiche, tra le quali la Norvegia e il Canada. L’Europa ha raggiunto il 30%
di energie rinnovabili e si pone come target il raggiungimento del 50% nel 2030, l’Italia peraltro già oggi si avvicina al target con circa il 40%. Se guardiamo alla situazione italiana, ad oggi circa il 40% dell’elettricità prodotta proviene da fonti rinnovabili e l’emissione annua di CO2 è di circa 96 Mt a fronte di una produzione di circa 190 TWh, produciamo pertanto circa 0,5 kg CO2/kWh. Attualmente il costo produttivo unitario dell’idrogeno si aggira attorno agli 0,40 € per Nm3 ed è circa 3,5 volte più alto del costo di produzione di idrogeno grigio prodotto con altre tecnologie da fonti non rinnovabili (steam reforming principalmente) pari a circa 0,12 € per Nm3. Alla temperatura di 0°C e alla pressione di 1 atm la densità dell’idrogeno è di 0,0899 kg/m3, quindi il costo attuale è di circa 4,45 €/kg di H2 da elettrolisi e di 1,34 €/kg di H2 da tecnologie tradizionali. Al costo di produzione di idrogeno verde concorrono: il costo dell’elettrolizzatore (che rappresenta il 20-25% del totale), il prezzo dell’elettricità rinnovabile (circa il 70-75%) e altre spese operative (circa 5%). Diverse novità tecnologiche sono allo studio per rendere ancor più attrattiva da un punto di vista economico la produzione di idrogeno, una tecnologia in particolare sembra molto promettente; il progetto PROMETEO, coordinato dall’agenzia nazionale Enea, ha l’ambizioso obiettivo di abbassare i costi produttivi dell’idrogeno verde sotto la soglia dei 2 €/kg. L’idea alla base del progetto è combinare l’elettricità da eolico e/o fotovoltaico con il calore prodotto dal solare a concentrazione. Il cuore della
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sfida sta nel garantire continuità alla produzione di idrogeno da elettrolisi anche quando l’energia solare non è disponibile a causa dell’intermittenza o nei periodi in cui è più conveniente utilizzarla, come ad esempio nei surplus di produzione. Lo sviluppo dell’idrogeno verde L’idrogeno verde rappresenta l’unica forma di produzione dell’idrogeno che può avere un senso nella prospettiva di riduzione delle emissioni di CO2 che l’UE si è data. Tuttavia, la sua applicazione potrebbe coprire solo una parte del fabbisogno energetico, in particolare quello legato ai trasporti pesanti e a lunga percorrenza dove l’elettrico ha dei limiti noti (come il navale, aereo, il ferroviario non elettrificato), ma difficilmente potrà avere uno sviluppo massiccio dati i limiti fisici alla sua applicabilità menzionati sopra. Le caratteristiche richieste nella gestione infrastrutturale e distributiva delle reti per l’idrogeno
costituiscono una sfida tecnologico-industriale di elevata complessità per il settore dell’impiantistica civile ed industriale italiana. Pertanto, gli elevati volumi di produzioni di sistemi ed apparecchiature, ad un costo congruo, richiesti per stimolare l’ampia diffusione dell’idrogeno come vettore energetico (sia in usi industriali, sia in contesti consumer/residenziali) sarà plausibilmente un’occasione di creazione di barriere tecnologiche valide per il tessuto industriale italiano da sfruttare nei riguardi dei competitor esteri, tenuto conto che l’Italia vanta numerosi distretti industriali attivi nel settore meccanico sia per quanto riguarda l’impiantistica industriale sia per quanto riguarda la produzione di elementi e sistemi per il riscaldamento domestico che, in definitiva, potrebbero godere di interessanti prospettive e opportunità di sviluppo a medio-lungo termine anche grazie ai programmi europei e al PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Figura 2 - Fonte Terna e stima ISPRA (2019) [3] [4].
Bibliografia 1. 2. 3. 4. 5.
DOE, Dipartimento dell’energia degli Stati Uniti d’America - https://www.hydrogen.energy.gov International Energy Agency - https://www.iea.org/reports/the-future-of-hydrogen ISPRA - https://www.isprambiente.gov.it/files2019/pubblicazioni/rapporti/R_303_19_gas_serra_settore_elettrico.pdf Terna - https://download.terna.it/terna/0000/0802/52.PDF European Parliament, A European Strategy for Hydrogen - https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/TA-9-2021-0241_EN.html
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STRATEGIA ENERGETICA NAZIONALE – STIMA DI APPROVVIGIONAMENTO DEL GAS NATURALE SULLA BASE DEI DATI DEL MINISTERO PER LA TRANSIZIONE ECOLOGICA
a cura di Ing. Vincenzo Michele Mamuscia Con la collaborazione di Dott. Roberto Rocchi
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Figura 1 Gas Infrastructure Europe System Development Map Particolare delle esistenti infrastrutture di trasporto, rigassificazione e stoccaggio dell’Italia Centro Settentrionale.
Figura 2 Gas Infrastructure Europe System Development Map Particolare dell’Italia
Centro Meridionale. ORDINE DEGLI INGEGNERI DELLA PROVINCIA DI ROMA
Nell’ambito dei consumi energetici nazionali, il gas naturale, dopo alcuni decenni di rincorsa del petrolio, occupa (dal 2015, per l’esattezza) la quota predominante per gli impieghi. I dati inerenti alla “Domanda di energia primaria” indicati nel “Rapporto annuale sull’efficienza energetica 2021”, presentato il 2 dicembre scorso dall’ENEA (per i dati consolidati del 2019) riferisce che: “il gas naturale rappresenta la fonte energetica principale per il Paese. Nel 2019 il consumo è stato di 60,9 Mtep, pari al 39,2% della domanda complessiva di energia primaria. Seguono il petrolio che con 54,0 Mtep, stabile negli ultimi anni, che ha soddisfatto il 34,8% della domanda di energia, e le fonti rinnovabili con 29,5 Mtep (19% del totale della domanda).” L’Italia importa il gas naturale attraverso cinque principali Punti di entrata relativi a condotte che attraversano i suoi confini, provenienti dalle principali aree di produzione continentale e tre terminali di rigassificazione (GNL) alimentati da navi gasiere. A fine anno 2020, con l’entrata in esercizio del TAP (Trans Adriatic Pipeline), è stata aggiunta capacità di importazione della produzione dell’Azerbaigian, contribuendo a diminuire la vulnerabilità dell’approvvigionamento rispetto a crisi geopolitiche che possono insorgere nelle aree già storicamente legate all’importazione del gas in Italia.
I dati relativi all’importazione via TAP, pubblicati dalla società SNAM Rete Gas che ha il controllo operativo dei Punti di entrata e di uscita interconnessi con l’estero, mostrano l’utilizzo orario della condotta ormai a regime (Rif.to: https://www.snam.it/it/trasporto/dati-operativi-business/flussi commerciali/?gas_ day=20211210). La Direzione Generale Infrastrutture e Sicurezza del Dipartimento Energia del neonato Ministero della Transizione Ecologica ha fra i propri compiti istituzionali, fra gli altri, quello della raccolta ed elaborazione dei dati del settore energetico e minerario. Nelle pagine del sito internet ministeriale sono pubblicati i Bilanci del gas naturale già oggetto di elaborazione degli Uffici del Dipartimento Energia precedentemente allocato nel Ministero dello sviluppo economico. Dalle tabelle, scaricabili dal sito, è possibile conoscere la produzione, le importazioni / esportazioni e i consumi di gas naturale che sono stati effettuati nel periodo dal 2003 al 2020. Si nota che proprio nel corso di tale periodo sono entrati in esercizio per l’approvvigionamento di gas naturale le condotte dalla Libia (2004), il rigassificatore a largo di Rovigo con terminale a terra a Cavarzere (VE), il rigassificatore a largo di Livorno, aggiungendosi agli altri preesistenti “Entry Point”.
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Tabella 1
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Nel grafico esplicativo (Figura 3), realizzato con i dati ministeriali dei Bilanci del gas naturale pubblicati per il periodo dal 2003 al 2020 (Rif.to: https://dgsaie.mise.gov.it/bilancio-gas-naturale), si evidenziano i dati relativi all’esportazione del gas naturale (mediamente pari allo 0,003% della produzione-importazione); il riferimento italiano non è ancora rilevato. Si nota che una minima incisione derivi dalla variazione delle scorte. Pertanto, la curva cumulativa degli approvvigionamenti riflette il fabbisogno della risorsa energetica del Paese per ciascuno degli anni considerati. Nel periodo in esame si osserva un valore di utilizzo massimo di oltre 80 miliardi di metri cubi standard in corrispondenza dell’anno 2006 e un minimo corrispondente a circa 65 miliardi di metri cubi standard dell’anno 2014. L’area posta alla base per soddisfare il fabbisogno di gas è quella relativa al contributo della Produzione Nazionale che mantiene un tendenziale declino per tutto il periodo considerato. Le aree sovrapposte, riguardanti le importazioni per Punto di entrata, evidenziano l’insorgenza dell’import libico con l’avvio dell’esercizio del Greenstream nel 2004, nonché la sua decrescita a partire dall’anno 2011, coincidente con la fine del regime di Gheddafi. Le importazioni di GNL, con l’entrata in funzione dei due maggiori terminali (nel 2009 e nel 2015), cominciano a rendere significativo il contributo all’importazione del gas naturale prodotto in altre aree conti-
nentali (Qatar, Nigeria, ecc.). Vale la pena ricordare che nel periodo precedente, fin dalla fine degli anni ’70, il GNL costituiva già una modalità di importazione tramite il terminale di Panigaglia (SP). L’importazione di gas dall’Algeria, ancora di maggiore rilevanza all’inizio degli anni 2000, inverte il suo ruolo a favore dell’importazione di gas dalla Russia che diventa l’importazione predominante del periodo attuale. L’importazione di gas dal Nord Europa (Olanda e Norvegia) assume valori gradualmente minori. Per interpretare l’andamento della cumulativa rappresentata nel grafico sono di aiuto i dati ministeriali dei quantitativi distribuiti su reti secondarie ai settori della distribuzione (civile e terziario), industriale e termoelettrico, raccolti per regione e pubblicati in tabelle disponibili nei siti internet prima citati. Raggruppando tali dati relativi ai tre principali impieghi sopra indicati (dati disponibili fino al 2019), si ripropone nel grafico che segue (Figura 4) l’andamento cumulativo già osservato in precedenza mettendo in luce che le maggiori variazioni di utilizzo nel periodo in esame sono intervenute proprio nel settore termoelettrico. Nel periodo in osservazione si riscontra una generale tendenza alla diminuzione del fabbisogno di gas, culminata nel calo avvenuto nel corso del 2014, in concomitanza dell’incremento delle Rinnovabili utilizzate per la produzione dell’energia elettrica. Negli anni successivi, l’in-
Figura 3 Approvvigionamento di gas anni 2003 – 2020.
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Figura 4 (*) i dati (MSm3) si riferiscono alle quantità distribuite dalla rete di SNAM Rete Gas, che rappresenta circa il 98% del totale consumato in Italia. Figura 5 Approvvigionamento di gas – andamento mensile 2020.
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cremento del fabbisogno di gas rispetto al 2014 è dovuto al suo maggior impiego nella produzione elettrica in sostituzione di altri combustibili fossili o per la carenza produttiva di altri settori produttivi (idroelettrico). Il sistema del gas italiano, oltre che dalla rete di trasporto costituita da oltre 30.000 km di gasdotti eserciti in alta pressione, conta importanti infrastrutture, come gli stoccaggi, che permettono di soddisfare il fabbisogno nazionale anche nel corso dei periodi più freddi dell’anno in cui si manifesta un intenso utilizzo della risorsa energetica che viene richiesta soprattutto per il riscaldamento domestico. Nel grafico costruito con i dati dell’approvvigionamento mensile di gas (Figura 5 - dati di esercizio dell’anno 2020), sul tappeto della produzione nazionale (in azzurro) si sovrappone quello, assai più consistente e spesso, dell’importazione (in rosso). A contrasto dell’approvvigionamento è sovra impressa (con linea nera) la curva di domanda di gas (consumi) registrata per lo stesso anno. Si osserva che la modulazione dell’importazione non segue l’andamento stagionale dei consumi. Il consumo del semestre freddo che si presenta fra i mesi di ottobre e marzo è superiore all’importazione (limite tecnico), condizione che si inverte nel periodo centrale dell’anno durante il semestre climaticamente più temperato e caldo dei restanti mesi. L’importazione eccede la domanda nei mesi in
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cui i prelievi per i consumi da riscaldamento diminuiscono configurando la condizione favorevole per stoccare il gas di importazione nel suo magazzino naturale: il giacimento esaurito. Lo stoccaggio di gas naturale in sotterraneo è attività che ha avuto origine nel Paese nel 1964 con la conversione a stoccaggio del giacimento a gas in via di esaurimento di Cortemaggiore (PC). La struttura geologica di quel giacimento ed i pozzi realizzati inizialmente per la produzione resero possibile l’iniezione di gas negli strati profondi, già originariamente mineralizzati a gas e, per le particolari caratteristiche di porosità, permeabilità e saturazione in acqua degli strati rocciosi, si cominciò ad operare favorevolmente per l’esercizio di cicli di iniezione ed erogazione stagionali stoccando e recuperando il gas per i fabbisogni dell’area circostante. In breve tempo, vista la forte espansione negli anni ’60 dell’utilizzo del gas naturale nelle aree padane, l’attività fu estesa anche ad altri giacimenti che beneficiavano delle stesse idonee caratteristiche petrofisiche ricordate. Attualmente sono 13 le concessioni minerarie operative nel settore con capacità complessiva di stoccaggio di gas operativo (working gas) superiore a 19 miliardi di standard metri cubi. Volendo approfondire ancora le mappe iniziali delle infrastrutture del gas, è possibile individuare nell’area geografica di pertinenza i siti di stoccaggio in esercizio, riepilogati nella Tabella 2.
Tabella 2
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Tabella 3
Osservato che la sola produzione e importazione di gas naturale, nel corso dell’ordinario esercizio del sistema del gas, non è sufficiente a garantire nei mesi freddi il pieno approvvigionamento della risorsa energetica, il quantitativo di gas degli stoccaggi è reso disponibile per soddisfare, senza particolari esigenze di contenimento dei consumi, la domanda di gas che è prevalentemente concentrata nel periodo invernale (gas di modulazione).
L’iniezione di gas viene effettuata ogni anno nei giacimenti semi-esauriti presenti nel sottosuolo dalla pianura padana e nell’area collinare del Veneto, nonché negli altri importanti siti minerari dell’Abruzzo-Molise, per tutto il periodo primaverile estivo. Nel periodo freddo dell’autunno e dell’inverno il flusso è invertito per garantire di soddisfare il fabbisogno del Paese, unitamente al gas di importazione e di produzione.
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Il sistema degli stoccaggi del gas naturale italiano è in grado di immagazzinare ogni anno gas per la modulazione, fino a 14 miliardi di metri cubi standard (dei 19 sopra riferiti) che contribuiscono, unitamente all’importazione ed alla produzione nazionale, a soddisfare il profilo di consumo giornaliero, mensile, annuo. Inoltre, l’attività di stoccaggio garantisce la disponibilità di quantità di gas strategico, circa cinque miliardi di metri cubi standard, con l’obiettivo di sopperire a eventuali interruzioni o riduzioni degli approvvigionamenti extra-UE, o di superare crisi temporanee del sistema gas. Al riguardo la Tabella 3 riepiloga i principali periodi di crisi che si sono concretizzati nel periodo in esame. Dal punto di vista della sicurezza, i 13 stabilimenti che operano per l’iniezione e l’erogazione del gas naturale degli stoccaggi sono sottoposti alla particolare disciplina della “Direttiva Seveso III” – recepita nell’ordinamento interno con il decreto legislativo 26 giugno 2015, n°105. Il provvedimento è un vero e proprio “testo unico” in materia di controllo del pericolo di incidenti industriali rilevanti che definisce contestualmente ogni aspetto tecnico ed applicativo senza la necessità di riferimenti a successivi provvedimenti attuativi. L’Ufficio Nazionale Minerario per gli Idrocarburi e le Georisorse (UNMIG) della Direzione Generale Infrastrutture e Sicurezza del Dipartimento Energia del Ministero per la Transizione Ecologica, contribuisce con gli altri Enti preposti all’esecuzione delle disposizioni previste dalla particolare disciplina, a compiere azione di vigilanza sulla
conformità dell’esecuzione dei periodici controlli per la sicurezza delle lavorazioni compiute negli stabilimenti. Anche per le attività attuate dai Comitati tecnici regionali di quelle Regioni in cui sono presenti gli stoccaggi di gas naturale. Gli eventuali approfondimenti legati all’attività di controllo degli stabilimenti di stoccaggio possono essere compiuti tenendo a riferimento la pubblicazione – Gli stoccaggi sotterranei di gas naturale - Linee Guida per la valutazione dei Rapporti di Sicurezza (Rif.to: 237_484.pdf (mise.gov.it)). In conclusione, riassumendo i dati e considerando il periodo storico attuale, la transizione verso modelli energetici più sostenibili e accessibili, permette di considerare le risorse del Paese come possibile margine di un mercato più accessibile e maggiore autonomia rispetto alle importazioni. La soluzione ponte offerta dalla risorsa del gas naturale, in attesa di uno sviluppo strutturale di fonti energetiche rinnovabili, permetterebbe di soddisfare il fabbisogno energetico senza dover ricorrere alle importazioni. Le previsioni legate ai costi e ai quantitativi estraibili, proiettano una possibile produzione pari a circa 15 miliardi di metri cubi l’anno estraibili di gas, e la riduzione dei costi fino a 0,8 centesimi per metro cubo estratto. È evidente che soltanto i dati non siano sufficienti, poiché per raggiungere tali obiettivi è necessario sfruttare le risorse in maniera più sostenibile ed efficiente, mantenendo le promesse sull’abbattimento delle emissioni di CO2.
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