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RIARRANGIAMENTI DEL GENE NTRK NEI TUMORI SOLIDI
retta degli analiti (DNA o RNA) mediante la rilevazione di centinaia di molecole uniche in una singola reazione. La metodica non richiede enzimi o preparazione di librerie per eseguire il test.47 Nel contesto delle fusioni geniche è disponibile un pannello a 64 sonde che definisce la presenza di 35 fusioni note (compresi i geni NTRK1/2/3), oltre alla possibilità di personalizzare il pannello con un disegno specifico. Nonostante l’alta qualità della metodica, non sono stati sviluppati studi che sfruttano questa tecnologia per la valutazione dei riarrangiamenti dei geni NTRK.
Impatto su algoritmi diagnostici La presenza di metodologie di identificazione estremamente variegata, sia per tipo di processo sperimentale che per l’output del dato, richiede una definizione ben precisa del flusso diagnostico e del processo atto alla definizione della positività o negatività relativa alle fusioni dei geni NTRK1/2/3. Nel 2019, il gruppo di lavoro Precision medicine and translational research dell’ESMO, dopo un’attenta revisione della letteratura, ha definito un albero decisionale cohort-driven, cioè strettamente dipendente dal tipo di casistica che deve essere analizzata.8 In un contesto di semplice validazione di una predefinita fusione di ETV6-NTRK3 in quelle rare neoplasie dove tale fusione è alterazione patognomonica, metodiche robuste come qRT-PCR e FISH sono preferibili a una metodica meno specifica come l’immunoistochimica. In questo caso, pannelli a DNA o RNA, pur mantenendo lo status di metodo gold standard, possono risultare eccessivi anche a causa del rapporto costi/benefici. In un contesto di popolazione non selezionata deve essere effettuata una prima valutazione, l’approccio bi-decisionale è correlato alle metodiche, alle competenze e alle risorse a disposizione. Per ottimizzare sensibilità e specificità, è consigliato a priori un approccio molecolare con pannelli a RNA (quando questo è definito di buona qualità) o a DNA. Questa scelta deve essere ottimizzata come approccio di screening sulla base del tipo e della dimensione del prelievo e contestualizzata all’input di acido nucleico richiesto. La validazione tramite IHC della presenza della proteina chimerica è consigliata, visto che è la proteina chimerica il bersaglio farmacologico, anche se questa conferma non è richiesta per la prescrivibilità del farmaco. In mancanza di una metodica genomica in prima istanza, per lo screening la scelta dovrebbe ricadere sull’immunoistochimica, data la sua ampia diffusione e la semplicità di applicazione. Tutti i casi valutati come positivi, e potenzialmente quindi anche i casi con colorazione “aspecifica”, richiederebbero una validazione molecolare, generando un work-flow a due fasi, ma riducendo il numero di casi testati con i saggi a DNA o RNA (anche esternalizzabili).