N.21 OTTOBRE 2020
IN QUESTO NUMERO // CAMPIONI DI VITA // SOTTANA ATTO II // INSIDE A1: TERZO INCOMODO // FOCUS: FUTURO DA SCRIVERE // INSIDE A2: C’È FIRENZE FRA LE GRANDI // BALLARDINI: GIOCO ANCORA // MOORE LA PIONIERA // RUBRICHE PINK // NOVITÀ PINK GLOSSARY
OTTOBRE 2020
N.21
in questo numero 1 EDITORIALE
Campioni di vita
3 inside a1
Terzo incomodo
9 PINK GLOSSARY 11 Focus
Futuro da scrivere
17 cover story
Sottana atto II
23 inside A2
C’è Firenze fra le grandi
29 Primo piano
Ballardini: gioco ancora
35 altri mondi
Moore la pioniera
DIRETTRICE RESPONSABILE Alice Pedrazzi caporedattore Massimo Mattacheo REDAZIONE Francesco Velluzzi, Giulia Arturi, Manuel Beck, Chiara Borzì, Caterina Caparello, Eduardo Lubrano Susanna Toffali, Alice Buffoni, Silvia Gottardi, Federica Pozzecco (Pink Glossary)
PROGETTO GRAFICO Linda Ronzoni/ Meccano Floreal
38 pink mix
IMPAGINAZIONE Grazia Cupolillo/
41 PALLA E PSICHE
FOTO DI Marco Brioschi, Giulia Pesino,
Essere antifragili
42 guardia e ladri
La prima di campionato
44 BUZZER BEATER
Tutti in bolla!
Meccano Floreal
Ciamillo/Castoria, Kim Mestdagh, Federico Rossini, Antonio Veca, PF Firenze/Daniele Mealli, WNBA PINK BASKET è un periodico di proprietà di Silvia Gottardi
editoriale
CAMPIONI DI VITA DI ALICE PEDRAZZI
Lo sport, si sa, ci mette ogni giorno davanti all’avversario, ma soprattutto a noi stessi, perché scontrarsi coi propri limiti, guardarli in faccia e provare a superarli è la vera vittoria. Nello sport non c’è trucco, non c’è inganno, la strada è una sola: quella della fatica, non solo da accettare, ma da amare. L’unica che ti porta al sorriso del successo. Ecco perché lo sport è la più grande ed efficace metafora della vita, ma la sua potenza si compie davvero quando insegna ad essere campioni fuori dal campo. Campioni nella vita. O meglio: campioni di vita. Che significa giocare, lottare, per i propri ideali. Yelena Leuchanka, di responsabilità, all’ombra dei canestri, se ne è prese a bizzeffe. Nella sua eterna carriera di pivot talentuosa e grintosa, tra l’Eurolega e la Wnba, si è caricata più volte sulle spalle peso e orgoglio di rappresentare la propria nazionale, quella Bielorussa, nelle competizioni di vertice: vincendo il bronzo europeo nel 2007, volando alle Olimpiadi di Pechino (2008) e bissando a Rio (2016). Agli Europei di Riga, dalla postazione di commento di RaiSport dove sedevo accanto a Massimiliano Mascolo, le ho visto illuminarsi e bagnarsi d’emozione gli occhi ogni volta che si stringeva alle compagne per ascoltare My, belarusy, l’inno nazionale del suo Paese e poi trasformare quell’emozione in determinazione. Perché un’atleta sa che per rendere onore alla propria Patria ha un solo modo: diventare campione. Così come sa che campioni non lo si può essere solo in campo, ma lo si è nel dare l’esempio, anche quando è rischioso. Soprattutto quando è difficile. E scomodo. Yelena Leuchanka, il 30 settembre, per mantenere fede ai propri ideali e non smettere di lottare per la propria Patria, è stata arrestata. Rinchiusa in una prigione di Minsk, per aver protestato contro la rielezione del presidente Lukashenko - che da 26 anni governa il Paese ed è definito da molti “l’ultimo dittatore d’Europa” - avvenuta dopo elezioni ritenute, anche a livello internazionale, poco trasparenti, al punto tale che l’Unione Europea non ne ha ancora riconosciuto i risultati ufficiali. Leuchanka, con altri 900 atleti, ha firmato una lettera con la quale vengono chieste nuove elezioni, libere e democratiche. Ha protestato, in piazza, beccandosi manganellate su quella schiena che più volte abbiamo visto farsi largo nel cuore delle aree di tutta Europa. Non ha scelto la strada più comoda, quella di andarsene in un esilio dorato in America, ma è rimasta a casa, abituata com’è a non abbandonare i colori della sua nazione nei momenti difficili delle partite che più contano. Perché – come lei stessa ha dichiarato in una bellissima intervista con “Athleta Magazine” – la speranza non può essere imprigionata. Lungi da noi esprimere un giudizio su situazioni di geopolitica così lontane dal nostro piccolo universo cestistico, ma al di là di ogni ragione o torto oggettivo, sappiamo che chi lotta con sincerità per i propri ideali, merita rispetto e solidarietà. E Leuchanka ci ha insegnato che con i campioni non si scherza, né dentro né fuori dal campo.
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METRONOMO VALERIA BATTISODO È IL CERVELLO DEL GIOCO DELLA VIRTUS BOLOGNA, CHIAMATA A INNESCARE LE QUALITÀ DELLE COMPAGNE. TANTI SUOI MERITI NELLA PARTENZA SPRINT DELLE VU NERE.
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TERZO INCOMODO NELLA CORSA SCUDETTO CHE SI STA INFIAMMANDO SULL’ASSE SCHIO-VENEZIA, LA VIRTUS BOLOGNA È PRONTA A RECITARE IL RUOLO DI OUTSIDER. UN AVVIO DI
CAMPIONATO SORPRENDENTE DI UN GRUPPO DI GIOCATRICI UNITE DA ANNI E CON UNA QUALITÀ IN COMUNE: QUASI TUTTE SONO LAUREATE
Di Francesco Velluzzi
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a Civolani a Zanetti è un cambio epocale. Dalla sofferen-
za al paradiso. Ma con una dote che ti porti dietro e ti conduce alla gloria: la passione. Se la Virtus Segafredo Bologna, la squadra che l’indimenticato Civ guidava da una piccola palestra e oggi si ritrova nel portafoglio del re del caffè, è in testa alla classifica con cinque vittorie in altrettante sfide il motivo non è da ricercare nell’apprezzato stravolgimento societario, ma innanzitutto nell’orgoglio, nella passione, nello spirito di questo gruppo di ragazze. Perché in fondo all’anima cieli immensi. Immenso amore, come cantava Lucio Battisti. L’amore che lo zoccolo duro costruito all’epoca del Civ mette in questa nuova avventura guadagnata tra sudore, lacrime, delusioni. Perché la prima, clamorosa, promozione, ottenuta in A1 andò a ramengo perché proprio il vecchio giornalista innamorato della sua creatura quel salto non poteva permetterselo. Quelle ragazze amiche, tutte laureate, ma con un’indiscutibile passione per la pallacanestro, non hanno gettato la spugna. Ci hanno voluto ripro-
vare, conquistando ancora la vittoria sul campo. Ma trovando un salvagente che oggi è la forza per andare avanti e per promuovere un qualcosa di innovativo: il club maschile che ingloba la squadra femminile, la Virtus appunto. La V nera sul petto. “Che orgoglio”, come racconta Alessandra Tava, la pivot di ricambio che ha studiato comunicazione e marketing e girato tra Svezia (per il basket), New York e Panama (per ritrovare se stessa) prima di ritrovare l’appetito cestistico insieme a quelle che sono diventate le sue inseparabili amiche. Tava, Tassinari, Cordisco, l’italianizzata D’Alie, ma anche Dall’Aglio che oggi fa l’ingegnere e soprattutto la dottoressa commercialista Federica Nannucci (che lavora nello studio di papà) che ha deciso di smettere col basket giocato, ma, da virtussina vera che già tifava con papà quando la vecchia Virtus vinse l’Eurolega, ora guida con piglio da manager la sezione femminile della Virtus. Accanto ha l’esperienza di Paolo Ronci, braccio destro di Luca Baraldi, ma prima dell’inscindibile sodalizio, agente proprio di cestiste. Per lui è stato un attimo
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riavvolgere il nastro e dare un sostegno forte. Anche se proprio Baraldi e lo stesso proprietario Zanetti sono quasi sempre in prima fila per assistere alle performances di un gruppo che finora ha regolato Costa Masnaga, Ragusa, Vigarano, Sassari e San Martino di Lupari.
Lauree Alla base c’è il gruppo e questo fa più di tutto,
nella gioia e nel dolore. Un gruppo che per certi versi, impegno fuori dal campo, percorso di studi, amicizia vera, ricorda quello nato dalle vittoriose giovanili del Geas. Infatti una delle due italiane arrivate in casa Vir-
tus è Beatrice “Bibi” Barberis, laureata in Lettere, quel che insegnerà quando crescerà. Ha solo 25 anni. E un altro anno “sabbatico” dal lavoro vero può concederselo. Valeria Battisodo ha finito Scienze Motorie ed è lei, maturata nella mecca di Schio, il cervello del quintetto di Lollo Serventi. Pure la guardia dal viso angelico, ma dalla mano caldissima Elisabetta Tassinari (da Galliera-Cento) è laureata in Lettere. Per non parlare dell’esempio vivente Simona Cordisco, ortonese trapiantata a Bologna, che a 28 anni, da ingegnere, guida già un gruppo di 50 persone alla Philip Morris cercando
LA CONFERMA ALLA TERZA SQUADRA ITALIANA DOPO BATTIPAGLIA, DOVE È STATA CAPOCANNONIERE DEL TORNEO, E GEAS, BROOQUE WILLIAMS SI STA DIMOSTRANDO UNA ATTACCANTE DI PRIMO PIANO DEL NOSTRO CAMPIONATO.
di non saltare un allenamento. Come Jomanda Rosier che viene da Forlì e a 31 anni è ancora lì a battersela con le straniere che sono ovviamente il sale per una squadra di A1. “Il bello è che anche loro sono perfettamente integrate col gruppo, a cominciare dalla leader australiana Bishop (finora la vera stella della squadra) che potrebbe tranquillamente tirarsela e, invece, è una di noi”, racconta Tava. Una mente pensante di Castelnuovo Scrivia che da qualche mese si è cimentata con l’impegnativa scrittura: un romanzo, “Buttati che è morbido” che racchiude la sua esperienza newyorkese.
“Dopo la Svezia avevo smesso. Ma cinque anni fa sono tornata dove ero stata un anno, innamorandomi della città, Bologna, e ho ritrovato le amiche che oggi fanno parte di me. Abbiamo vinto e sofferto. Poi è arrivata la Virtus e posso dire che è una figata... A Civolani volevamo bene, anche se ci ha negato la gioia di vivere quel campionato che ci eravamo guadagnate facendo qualcosa di incredibile (oggi, scomparso lui, la Matteiplast va avanti in serie B, sorretta da Valeria Vacchetti, ex cestista che già collaborava ai tempi del Civ). Io negli anni sono diventata virtussina e giocare con quella maglia
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inside A1 mi fa davvero un effetto pazzesco. La passione me l’ha contagiata Nannucci che riusciva a darmi i biglietti per andare al Palazzo. Non ci perdevamo una partita dei maschi e ora dividiamo l’impianto, abbiamo la stessa divisa, alcune ragazze vivono lì, sopra la Porelli e qualche sera mi fermo pure io perché Tassinari ha un letto in più”. Spirito vero, perché la Virtus donne continua a girare alla vecchia maniera con due pullmini, i panini da trasferta e l’entusiasmo di un’eterna ragazzina, la team manager Roberta Resta che vive di pane e basket perché da Faenza (dove abita) a Cesenatico segue da sempre Stefano Pillastrini nell’organizzazione dell’Eurocamp di Cesenatico. Resta è lì, a dispensare consigli da ex cestista, a risolvere ogni problema, ad assistere con sana psicologia le ragazze che ha visto crescere.
Allenatore Sulla panchina più ambita d’Italia, perché in
tanti hanno giocato qualsiasi carta per arrivare al progetto Virtus, è seduto Lollo Serventi, 52 anni, reggiano, uno che vive di femminile e che è passato da Umbertide a Lucca soffrendo anche lo stress da disoccupazione. “Lollo ci ha capite e questo è stato fondamentale”, spiega Tava. Giusto sottolinearlo perché allenare le donne
tanto per arrivare a un buon livello. Non siamo ancora al piano delle big candidate a giocarsi il titolo, ma bisogna dare atto alla società di aver allestito una buona rosa (c’è anche una buona collaborazione con Castel San Pietro per il settore giovanile) con ragazze che si sono amalgamate. Io sono felice di allenarle, è chiaro che percepisco il fatto di trovarmi in un grande club dove siamo seguiti”.
La tattica Lollo Serventi ha trovato l’alchimia giusta,
come si richiede a un buon allenatore. Oggi Valeria Battisodo è il playmaker della Virtus , lei è il fosforo che sfoggia l’esperienza acquisita in Eurolega. Nella posizione di guardia c’è Williams che viaggia a una media alta e, se in giornata, è davvero difficile da controllare. Il ruolo di ala piccola lo occupa “Bibi” Barberis che, dopo la prima esperienza fuori da casa Geas a Torino, è scesa a Bologna dove, lei studiosa di materie umanistiche, respira cultura classica all’Università del basket. E sta dando un forte contributo. Begic e Bishop completano quello che è il quintetto di partenza. Ma tre sono i cambi forti sui quali Serventi può contare: Rae D’Alie è la piccola che dà il cambio di marcia, la svolta, il motorino
Alla base c’è il gruppo e questo fa più di tutto, nella gioia e nel dolore. Un gruppo che per certi versi, impegno fuori dal campo, percorso di studi, amicizia vera, ricorda quello nato dalle vittoriose giovanili del Geas. non è facile, anche per problematiche lavorative di alcune, per far conciliare passione e professionalità e, soprattutto orari. Poi il gruppo veniva dalla felice esperienza con Giroldi (tecnico della promozione), uscito di scena quando le cose non andavano per il verso giusto e sostituito da Liberalotto che veniva dalla lunga esperienza a Venezia e non ha, a fine stagione, ottenuto la conferma. Serventi mette anima e cuore. “L’impegno di una come Cordisco è davvero ammirevole”, spiega il capo allenatore. Che si gode il fantastico momento. “Andiamo avanti alla giornata, ovviamente. Ma che è chiaro che il nostro desiderio è quello di entrare nei playoff. Il gruppo è molto buono, la proprietà ci è molto vicina, Ronci conosce questo ambiente. Pensiamo di avere trovato le straniere giuste. Una, Begic, centro, c’era già lo scorso anno. Mentre Bishop, che gioca da 4 o da 5 indifferentemente, l’avevo seguita con attenzione con Girona e Montpellier. L’australiana è la guida esperta della nostra squadra, ha 31 anni, ci dà effettivamente qualcosa in più. Poi c’è Brooque Williams che ha tanti punti nelle mani e conosce bene il campionato per aver giocato con Geas e Battipaglia. Una garanzia assoluta. Abbiamo lavorato
che si accende. Ormai “italiana” D’Alie ci ha regalato un Mondiale nel tre contro tre, ma è giocatrice di valore che si è formata da leader in A2 prima di salire al piano di sopra con pieno merito. A volte Serventi la usa anche insieme a Battisodo, dipende ovviamente dalle situazioni perché per lo spot di guardia c’è pure Elisabetta Tassinari, non solo la modella della squadra, ma una guardia che ha nel tiro da tre la soluzione migliore. Fa parte del gruppo storico come Alessandra Tava che è il prezioso cambio delle lunghe che fa sentire il suo fisico nonostante i centimetri siano “solo” 183. Ma le battaglie sotto canestro non l’hanno mai spaventata. Tava è temprata a tutto. Come Cordisco che sta dando grande disponibilità, nonostante i suoi impegni lavorativi da manager. La manager di squadra invece è lei Federica Nannucci che non lascia mai sole quelle che sono state per anni le sue compagne sul campo. Esce dallo studio e corre in palestra. “Merita un applauso enorme per quello che fa e per come lo fa”, chiude Tava. Che sfoglia le pagine del suo romanzo, pubblicato a fine agosto, anche se il vero romanzo è quello di questa bellissima squadra, passata dalla sofferenza all’entusiasmo di avere quella mitica V nera sul petto.
L’ARCHITETTO LORENZO SERVENTI, ALLA PRIMA STAGIONE A BOLOGNA, HA IMPRESSO FIN DA SUBITO IL SUO MARCHIO DI FABBRICA ALLA SQUADRA: INTENSITÀ ED ENERGIA. E CON LUI LA VIRTUS SOGNA IN GRANDE.
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glossary
PINKGLOSSARY Parole del basket che raccontano storie (perlopiù divertenti).
Double-face [Dúble-fais] o [Dabl]
Definizione.
Tipo di indumento sportivo utilizzabile da entrambi i lati, perfetto per quelle giocatrici un po’ distratte che spesso vanno in giro con la maglietta al contrario ed l‘etichetta svolazzante, tipo mantello di Superman. Viene solitamente indossata per partitelle, giochini a squadre e, in casi di palestre particolarmente fredde, diventa una formidabile sciarpa che la moda a Milano se la sogna. Viene consegnata all’inizio della stagione sportiva e resta di proprietà della giocatrice più o meno fino al primo allenamento. Ebbene sì, solo un allenamento, perché poi il suo destino è crudele, incerto. La double viene matematicamente dimenticata a casa nei giorni in cui il coach decide di fare la partitella. Per fortuna, in ogni squadra c’è una giocatrice modello che ne ha sempre due, solitamente profumate con qualche detersivo floreale e perfettamente piegate. Lode a chi salva le compagne da quei 10 piegamenti assicurati. Viene poi continuamente scambiata con altri esemplari della stessa specie. Di solito pezzatissimi e di quelle 3 taglie in più. Fregatura doppia per la giocatrice che se l’accolla. Uno, dovrà portarla a casa con ribrezzo e buttarla in lavatrice a 90gradi. Due, nell’allenamento successivo, sembrerà Cucciolo con la minigonna. Viene inconsciamente abbandonata negli spogliatoi di tutte le possibili palestre e gettata dal custode di turno in qualche buio e umido magazzino, in cima ad un mucchio ormai alto qualche metro. Gli esemplari di double più fortunati finiscono per diventare il soggetto della fotografia che, la giocatrice più lenta a farsi la doccia, inoltra al gruppo Whatsapp della squadra con la tipica frase“oh raga, di chi è sta double?”. Tale messaggio va a creare nel gruppo più incertezze che risposte. “Forse mia, c’è scritto il mio nome sopra?” Oppure, “Io l’ho persa due settimane fa, di che taglia è?”. L’opportunista di turno non perde tempo e pone fine ad ogni dubbio: “Dai raga, se non è di nessuno la prendo io!”. Insomma, un pensiero a tutte quelle double abbandonate, maltrattate e dimenticate dalle giocatrici di basket.
RITORNO DOPO UN GRAVE INFORTUNIO, SILVIA PASTRELLO È TORNATA IN CAMPO: UNO DEI MIGLIORI TALENTI DELLA NOSTRA PALLACANESTRO TRA LE PROTAGONISTE A LUCCA.
focus
FUTURO DA SCRIVERE
IL PRESENTE E IL FUTURO DELLE NAZIONALI GIOVANILI SARÀ CONDIZIONATO DALLA DIFFUSIONE DEL COVID-19 E DALLE DECISIONI CHE LA FIBA PRENDERÀ IN MERITO ALLA DISPUTA DELLE COMPETIZIONI INTERNAZIONALI. GLI ALLENATORI DELLE NAZIONALI GIOVANILI AZZURRE ANALIZZANO LO SCENARIO
DI EDUARDO LUBRANO
S
perando riescano a giocare... Già, ammesso che si
possa scendere in campo, sono quattro gli appuntamenti da fissare in agenda per quanto riguarda le Nazionali giovanili femminili, tutti compresi tra luglio e agosto 2021: Europei Under 16, Under 18 ed Under 20 più, ad agosto appunto il Mondiale Under 19. Per il momento tutto è confermato dalla FIBA e da tutti coloro che hanno la responsabilità di organizzare questi eventi. Ma come tutti sappiamo da circa un anno siamo sub iudice – per usare un termine latino frequente nella pallacanestro – al Coronavirus ed al suo protrarsi dinnanzi al rientro in campo in questo autunno. Un ritorno che ha stravolto e di molto i programmi fatti in estate, al punto da disdire ogni impegno di ogni Nazionale dando per certo che 12 mesi dopo si potrà riprendere da dove si sarebbe dovuto concludere. Questo sarà in parte vero, ma i tre allenatori che, salvo sorprese, saranno nuovamente i responsabili delle Nazionali giovanili
– capaci di regalarci emozioni e vittorie nel 2019 – non tutto appare così semplice.
Partiamo da Giovanni Lucchesi: Direttore Tecnico delle
Nazionali giovanili femminili con il compito di coordinare gli allenatori, sempre in accordo – come negli anni passati – con il capo allenatore della Senior. Riferendoci alla passata stagione, Sandro Orlando sulla panchina dell’Under 20 e Roberto Riccardi su quella dell’Under 19. La possibile conferma nasce dal fatto che nel 2019 hanno fatto bene al punto da meritarsi la stima attraverso i risultati e dal fatto che nel 2020 non hanno esercitato quel mandato che gli era stato nuovamente conferito. “Ora il problema è sulla Nazionale senior che deve affrontare la bolla di Riga, in Lettonia il prossimo 13 novembre. Il campionato di serie A1 che è il serbatoio dal quale si attinge per la composizione della prima squadra è ogni giorno complicato da casi di positività più o meno gravi, meno nella maggior
focus
FUTURO MARTINA SPINELLI HA AVUTO UN RUOLO IMPORTANTE NELLA VITTORIA DELL’ORO EUROPEO UNDER 18 NEL 2019. ANCHE GRAZIE A LEI SI MUOVONO LE SPERANZE DI SUCCESSO DELLE NAZIONALI GIOVANILI.
parte per fortuna. Abbiamo fatto diverso tempo fa la long list di 24 atlete, dalla quale in genere emergono, con un buon anticipo, i nomi delle 12 giocatrici che scenderanno in campo in una determinata occasione. In questo caso attenderemo davvero fino all’ultimo giorno possibile prima della partenza indicazioni dai medici delle varie squadre in merito
a chi può rispondere alla convocazione. Vorremmo con tutte le nostre forze Lorela Cubaj a Riga, ma dobbiamo fare i conti con gli spostamenti, i tamponi, il rispetto della salute della atleta che viene prima di tutto e dell’Università di Georgia Tech che non vogliamo forzare. Dunque non si possono fare previsioni per la Nazionale maggiore che deve gio-
care a metà novembre, figuriamoci che tipo di ipotesi posso fare per una Nazionale, ad esempio tipo la Under 16, composta da una squadra di ragazze che nel migliore di casi, persistendo questo stato di pandemia e magari aumentando, arriverebbero alla convocazione della Nazionale senza aver giocato da un anno. Il gruppo delle 2005-2006 sarebbe anche
sulla carta interessante, ma pensate a queste ragazze: non solo quest’estate non hanno fatto attività con la Nazionale, dunque sono prive di qualunque esperienza internazionale, ma adesso non giocano nemmeno nei rispettivi campionati. Almeno per un mese. Poi si vedrà. Senza girare intorno al problema la situazione è serissima”.
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focus Prima di sentire i due probabili coach facciamo un punto
sulle annate che dovrebbero essere di scena la prossima estate: Europeo Under 20 per le 2001-2002; Mondiale Under 19 per le 2002-2003; Europeo Under 18 per le 2003 ed a seguire chiudendo con l’Europeo Under 16 per le 2005-2006. Il gruppo 2002 di cui leggerete molto in queste interviste è composto da Nativi, Gilli, Leonardi, Spinelli, Panzera, Rosini, Nasraoui, Natali. Che erano quelle che hanno vinto l’oro a Sarajevo in finale con l’Ungheria (70-62) nell’Under 18 il 14 luglio del 2019. In campo c’erano anche quattro 2001: Pastrello, Orsili, Stroscio e Savatteri. Il fatto di avere a disposizione giocatrici senza minuti nelle gambe in teoria non riguarda le altre due Nazionali perché tra le giocatrici dell’Under 20 e quelle dell’Under 18 molte di loro, tra Serie A1 e Serie A2, trovano lo spazio per stare in campo e lavorare con continuità. “In effetti io non so se sarò a Debrecen in Ungheria per i Mondiali U19 (ai quali l’Italia è qualifi-
sarebbero un rischio incredibile. Rispetto alla Nazionale U18 che ha vinto l’oro nel 2019 io non vorrei fare – se toccherà a me – grandi stravolgimenti. Primo perché le ragazze si sono guadagnate il diritto di giocare questa competizione e secondo perché hanno dimostrato di saper vincere. Magari porterei un play, un’ala ed una lunga in più ma eventualmente dovrei vedere cosa mi riportano i campionati dove giocano le ragazze. La scelta è ridotta ad una rosa di 18, massimo 20 atlete, alcune delle quali potrebbero fare il doppio impegno: sappiamo di non avere grande possibilità di selezione. E l’Under 20 è lo specchio del campionato in questo senso: se penso al gruppo che ho in mente adesso, so che 4 su 12 giocano in A1 minuti importanti. Se penso alla nazionale ungherese che abbiamo battuto nel 2019, ecco che 9 su 12 giocano in A1 e molte di loro fanno anche le varie coppe. Ma questo non toglie nulla al valore di un gruppo che con Pastrello, Orsili, Spinelli, Panzera, Leonardi, Nativi, Gilli, Natali e le altre può giocarsela fino in fondo con tutte. A questo proposito io vorrei spendere due parole
Abbiamo delle eccellenze e dobbiamo curarle a 360 gradi ancor prima del risultato sportivo, come tali perché sono il nostro futuro ed in qualche caso sono già il nostro presente. cata di diritto visto il quinto posto nel ranking internazionale, ndr) – dice Roberto Riccardi - ma questo è il minore dei problemi. La vera questione è come ci arriveremo. Perché se è vero che la squadra è fatta, trattandosi del gruppo che ha vinto 3 anni fa a Vilnius con Giovanni Lucchesi, è anche vero che appunto sono passati tre anni e molte hanno fatto scelte di crescita diverse. Comunque il gruppo 2002-2003 dà molto affidamento: Natali, Panzera, Gilli, Spinelli, Nasraoui, Nativi, Turel, Bolognesi, forse con Matilde Villa del 2004 e Zanardi del 2005, Ronchi del 2003, e l’inserimento di qualche altra 2004 come Pini, Arado siamo in grado di fare un buon torneo continentale. L’importante è che questa stagione continui senza intoppi a tutti i livelli e che ognuna di loro possa continuare a trovare quei minuti importanti per fare almeno esperienza in campo nazionale”.
Esperienza nazionale ed internazionale che è l’argomento
preferito di Sandro Orlando che dovrebbe guidare la formazione Under 20 agli Europei, sempre in Ungheria a Sopron ma a luglio. “Intanto voglio dire che la storia delle “bolle” dove far disputare le fasi finali o anche di più di un campionato per me è la migliore idea possibile adesso. Ora per esempio la nostra Nazionale va in Lettonia per quattro-cinque giorni e si risolve lì la questione senza viaggi che ovviamente in questo momento
per fare i complimenti a Silvia Pastrello ed Alessandra Orsili che sono tornate in campo dopo due infortuni molto importanti, con la faccia tosta e giusta per ricominciare da dove si erano fermate a causa dello stop”.
Il gruppo 2002 che difenderà i colori italiani ai Mondiali sarà integrato eventualmente integrato dalle giocatrici che, ottenendo il quinto posto agli Europei del 2019 avevano staccato il pass per il Mondiale Under 17, che poi è stato annullato. E parliamo di: Vittoria Allievi, Braida, Labanca, Leghissa, Mbengue, Rescifina, Ronchi, Toffali del 2003. Del 2004 sono Matilde Villa e Vittoria Blasigh con Laura Di Stefano. La chiusura di questo giro ancora a Giovanni Lucchesi che ha
comunque un messaggio di speranza: “Noi mai come quest’anno dobbiamo dare estrema importanza nella valutazione del doppio impegno da chiedere alle giocatrici che insieme agli altri coach riterremo utili alla causa. Tutti insieme, allenatori, dirigenti, medici, fisioterapisti e giocatrici dobbiamo collaborare e pensare a questioni come lo stress, muscolare ma anche emotivo delle nostre ragazze specie alla luce di un periodo complicatissimo come quello che hanno vissuto e stanno vivendo. Abbiamo delle eccellenze e dobbiamo curarle a 360 gradi ancor prima del risultato sportivo, come tali perché sono il nostro futuro ed in qualche caso sono già il nostro presente”.
SOLIDA MERIEM NASRAOUI È UNO DEI PUNTI DI FORZA DI BOLZANO, SQUADRA SORPRESA DI QUESTO AVVIO DI CAMPIONATO NEL GIRONE NORD DELLA SERIE A2.
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LE AZZURRE SARANNO IMPEGNATE NELLE QUALIFICAZIONI A EUROBASKET 2021 NELLA BOLLA DI RIGA, DOVE INCONTRERANNO LA ROMANIA IL 12 NOVEMBRE E LA REPUBBLICA CECA IL 15.
cover story
SOTTANA ATTO II
“SONO TORNATA A SCHIO, CHE PER ME È CASA: ERA IL MOMENTO GIUSTO”. GIORGIA RACCONTA IL SUO NUOVO RUOLO DI COMUNICATRICE, ANCHE AL DI FUORI DEL BASKET. LA QUARANTENA, L’EUROLEGA, LA NAZIONALE, LE DOLOMITI, I MIGLIORAMENTI DOPO I 30 ANNI E INFINE DUE NOMI DA TENER D’OCCHIO: “PANZERA E ORSILI MI HANNO IMPRESSIONATO”
DI GIULIA ARTURI
“W
hat can we do better to help change”. Cosa
possiamo fare di meglio per aiutare il cambiamento. Se lo chiede LeBron James nell’ultimo filmato della Nike relativo alle imminenti elezioni americane. È la stessa domanda che Giorgia Sottana si pone, a 31 anni, dopo oltre 20 stagioni di carriera, in relazione a diversi temi: di basket e fuori dal basket. Intanto conoscere sé stessi, ci racconterà: e prima lo facciamo meglio è. E poi “Il basket è uno solo”, argomenta in un video postato nel nuovo ruolo di comunicatrice, in cui si è calata con convinzione. Ma anche Giorgia Sottana è unica, e non solo per il suo talento in campo. È diventata una coscienza critica del nostro ambiente, una persona che non si accontenta, che scrive, che sperimenta, che si espone. La ritroviamo a Schio, da dove era partita per la Turchia e la Francia: con le idee più chiare e la stessa determinazione.
Dopo tre anni lontano dall’Italia, come hai vissuto il tuo ritorno? “È stato bello, perché penso sia avvenuto nel momento giusto: avevo il desiderio di tornare a casa tanto quanto in passato avevo voglia di provare un’esperienza diversa. Schio per me significa veramente Casa: qui sto bene ed è stato piacevole tornarci essendo io una persona diversa rispetto a quando sono partita. Vivo un ambiente che già conoscevo in maniera differente, con nuove prospettive”. Cos’è casa per te? “Innanzitutto dove ci sono le persone che amo di più, la mia famiglia, le amicizie. Collego molto l’idea di casa alle persone e non al luogo. Lo stesso vale qui a Schio, dove ho creato dei legami che so che dureranno per sempre”. Come si affronta una stagione sportiva quando il futuro si presenta molto incerto?
cover story
GIORGIA È TORNATA A SCHIO DOPO TRE STAGIONI ALL’ESTERO: DUE IN FRANCIA (MONTPELLIER E FLAMMES CAROLO) E UNA IN TURCHIA AL FENERBAHCE.
“Dal punto di vista del campo, del giocare, la sto vivendo serenamente. A livello irrazionale sicuramente il pensiero c’è: sarà una stagione un po’ difficoltosa, non c’è la solita certezza che domani si giocherà. La preoccupazione si può riferire di più a livello sistemico, perché comunque la pallacanestro è il nostro lavoro e non ci sono misure di aiuto, come può essere la cassa integrazione, che ci supportano quando le cose vanno male”.
stituita, ma in ogni caso siamo una buona squadra (dopo che l’intervista è stata realizzata Schio ha annunciato la firma di Natalie Achonwa ndr). La bolla dove siamo inserite penso sia accessibile: a parte Ekaterinburg, le altre squadre sono alla nostra portata. Certo è una cosa strana, perché giocare tre partite di altissimo livello un giorno sì e uno no non sarà facile. Però secondo me si può puntare a fare bene, ad avere ambizioni”.
A livello fisico riprendere dopo uno stop così lungo che sensazioni suscita? “Ho superato due lunghi infortuni in carriera e per me non è stato un vero e proprio stop forzato. Sicuramente è stato tutto stranissimo: una stagione finita presto, niente Nazionale. Un’estate veramente inconsueta dunque, ma non mi sono mai davvero fermata. È stato sicuramente bello tornare a giocare in squadra, ritrovare il gruppo dopo un periodo inusualmente solitario per tutti”.
Mi racconti del tuo ultimo progetto editoriale, IAm Magazine? Com’è nata l’idea? “È nata in quarantena, da qualcosa che avevo già in testa, ma che non avevo avuto mai il tempo di realizzare. Cerco dei protagonisti con cui è piacevole parlare e con i quali posso condividere dei pensieri. Quello che più mi preme è raccontare e mostrare la persona, non solo l’atleta: siamo giocatrici e giocatori, ma dietro c’è un mondo di passioni da scoprire. Per ora sono stata fortunata, sono entrata in contatto con personaggi veramente di spessore, che sono disponibili a condividere i loro interessi”.
Quest’anno l’Eurolega si giocherà in piccole bolle. Che ambizioni può avere Schio? “Con il roster che dovevamo avere, avrei azzardato che era una Schio che poteva puntare alle Final Four. Stefanie Dolson si è infortunata e bisognerà capire come si ricalibrerà la situazione e da chi verrà so-
Ora che ti stai confrontando con atleti di altri sport, al di là del basket c’è una disciplina che ti affascina particolarmente? “Sono un’appassionata del mare e di tutto ciò che
è outdoor. Per esempio, nell’ultimo numero di IAm Magazine la protagonista è la surfista Belinda Baggs: è stato molto interessante capire come si vive uno sport in un contesto completamente diverso da quello a cui sono abituata, e scoprire cosa c’è dietro alla comunità che lo accompagna. Perché alla fine è questo il bello. Sarebbe importante che esistesse una comunità di persone e di idee a sostegno dello sport. Cosa che è molto difficile creare. Tornando alla tua domanda, mi intrigano molto tutte le attività un po’ estreme o comunque vissute all’aria aperta”. Scrivi e informi gli altri: attraverso quali media ti tieni aggiornata? “Cerco di tenermi informata non tanto consultando i media, ma piuttosto cercando le notizie che mi interessano attraverso i social, poi da lì mi indirizzo sui vari siti di riferimento. Quindi sicuramente di primo acchito i social, ma sono comunque ancora molto legata al cartaceo. Mi piacerebbe che ci fossero più magazine o riviste da poter sfogliare, sono un po’ vintage in questo!”. Ti rivedi nel talento di qualcuna di queste ragazzine che stanno esplodendo? O hai il nome di chi ti ha particolarmente colpito? “Ad oggi tra le giovani che più mi hanno impressio-
nato e che potrebbero avere un possibile futuro roseo metterei Panzera e Orsili, due giocatrici diversissime ma che, da quando le ho seguite nei campionati giovanili, mi hanno lasciato la sensazione di una certa credibilità”. In Supercoppa tutti davano favorita Schio, poi in realtà il primo trofeo l’ha vinto Venezia. È stato un brutto colpo da assorbire o solo un punto per ripartire? “Perdere non è mai piacevole, anzi mi fa veramente schifo! Poi è assurdo come le vittorie si dimentichino in fretta, mentre le sconfitte siano così difficili da digerire. Ma all’inizio di una stagione, dopo tanti mesi di stop, costruire una squadra nuova significa anche accettare che ci siano delle battute d’arresto. Tutto sta nel trarci degli insegnamenti e degli spunti. Venezia ha giocato una partita super, noi un pochino meno. Poi con le percentuali di tiro terrificanti che abbiamo avuto era davvero difficile provare a vincere. Siamo incappate in una giornata un po’ infelice che sicuramente è stata anche indotta dalla buonissima prestazione della Reyer. Alla fine, l’essere favorite conta poco: la vittoria va conquistata sul campo”. Anche dopo i trent’anni si può migliorare. Tu in cosa stai cercando di farlo?
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cover story “Un pochino in tutto. In primis cerco di curare molto di più il mio fisico. Gli anni passano e si impara quanto è importante concentrarsi su questo aspetto, quando si è giovani ci si pensa meno. Poi per me è essenziale lavorare sulla gestione delle emozioni e dello stato d’animo con cui si affronta una gara, al di là dei gesti tecnici sui quali devi comunque impegnarti ogni giorno per migliorarli. In definitiva penso che cura del corpo e come stare ‘sul pezzo’ siano le due cose fondamentali che con l’età devi saper gestire al meglio”. Come la vedi la bolla della Nazionale? “Impegnativa: ricominciare da zero, con un allenatore nuovo e pochi giorni di preparazione a disposizione sarà una bella sfida. Ci aspettano due partite toste,
mente in entrambe le situazioni. Credo di essere una persona che sa adattarsi alla realtà in cui si trova: se mi è richiesto di fare punti penso di essere capace di farlo, così come se mi viene chiesta una maggiore attenzione alla gestione della squadra. Quindi in linea di massima direi che sono una giocatrice che dove la metti sa come prendersi le sue responsabilità. Mi piace definirmi così”. Negli Stati Uniti, un po’ meno in Italia, molti atleti si espongono parecchio sui temi sociali. C’è qualcosa che ti sta particolarmente a cuore? “Oltre al problema razziale, che sta devastando il mondo, sarebbe ora di prendere delle posizioni importanti sui problemi ambientali, un tema al quale ten-
Sono una giocatrice che dove la metti sa come prendersi le sue responsabilità. perché la Romania è forte come pure la Repubblica Ceca, con la quale abbiamo già perso in casa. E quindi sarà interessante non solo per l’organizzazione in sé, ma perché dovremo tirare fuori il nostro meglio, darò il massimo, come ho sempre fatto. È un onore essere la capitana e mi piacerebbe fare anche qualcosa di più, qualcosa che vada oltre alla semplice nomina”. Che consiglio daresti alla Giorgia cestista diciottenne? “Le direi di trovare qualcuno che la guidi, perché è importante avere vicino una persona che ha già vissuto determinate situazioni e che può aiutarti a tirare fuori il meglio di te, cosa che non è così scontata. Le direi di prestare più attenzione alla Giorgia persona piuttosto che alla Giorgia giocatrice: di imparare a conoscersi di più sia dentro che fuori dal campo. Credo che sia un qualcosa che avrei dovuto fare molto prima”. Lo sport vive un momento molto difficile, in particolare quello giovanile. Che messaggio mandi a tutti i giovanissimi che ora non possono allenarsi? “Se hanno questa passione devono continuare a coltivarla. Se ora non c’è la possibilità di andare in palestra ad allenarsi o di fare qualcosa con la palla in mano, c’è però sicuramente l’occasione di vedere basket. E anche se può sembrare una follia, si può imparare molto anche guardando le partite in TV”. Adesso stai stabilmente giocando play, adatti il tuo gioco a secondo del ruolo che devi ricoprire? “Per me non è più una questione se gioco 1 o 2: nel senso che soprattutto negli anni in cui ho giocato all’estero sono stata spesso impiegata indifferente-
go molto: stiamo distruggendo il nostro pianeta senza neanche accorgercene, e si fa troppo poco per mettere un freno. Il tempo corre veloce e se non stiamo attenti tra un po’ ci ritroveremo con niente in mano. Penso che stiamo vivendo in un’epoca un po’ troppo rapida e superficiale, ci sarebbe bisogno di una maggiore consapevolezza per tutto ciò che ci circonda. Credo che le cose siano un po’ legate, crescendo l’umanità, nel senso di essere persone umanamente profonde, cresce anche l’attenzione per ciò che ci sta attorno”. Due posti in Italia e nel mondo dove hai lasciato occhi e cuore? “Quest’estate, cosa che non avevo mai fatto prima, ho camminato per rifugi sulle Dolomiti e mi sono resa conto della bellezza infinita che abbiamo dietro casa e che spesso non consideriamo preferendo mete più lontane ed esotiche. Poi sicuramente mi è rimasto nel cuore il Vietnam, un paese dove si percepisce la grande sofferenza che l’ha attraversato, ma che ce la sta facendo, provando con grande forza a risollevarsi”. Ultima domanda di basket: tu che sei tornata dopo qualche tempo passato all’estero come lo vedi questo campionato? “Non mi sembra che sia cambiato molto: ci sono come al solito delle ottime squadre che si contenderanno le prime posizioni. Ma sono molto curiosa di vedere cosa faranno Lucca e Campobasso, perché, soprattutto quest’ultima, in una versione sana che ancora non si è vista, potrebbero dare fastidio a più di qualcuno, anche se poi credo che quest’anno le prime quattro siano Venezia, Ragusa, Schio e Geas. Questo è il mio pronostico!”.
IN CARRIERA HA VINTO 5 SCUDETTI, 6 COPPE ITALIA, 3 SUPERCOPPE.
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C’è FIRENZE fra LE GRANDI LE TOSCANE, NEO-ARRIVATE IN A2, CAPEGGIANO IL GIRONE SUD DOPO 4 GIORNATE, INSIEME ALLA BEN PIÙ ATTESA FAENZA. DOMINIO DI CREMA AL NORD; GRAN LOTTA ALLE SUE SPALLE: VICENZA È LA SORPRESA. PROTAGONISTE RITROVATE O NUOVE: PERESSON, GIANOLLA, HERNANDEZ, PIEROPAN, ZANARDI
di manuel beck
M
ettiamo da parte l’ombra del Covid-19 che avanza
anche sulla stagione di A2, e parliamo qui solo di basket giocato. Il primo mese di campionato ci regala due certezze (Crema e Faenza dominanti), una sorpresa su tutte (Firenze, matricola in testa al girone Sud insieme alla corazzata romagnola), tanti altri spunti fra cui questo dato: fra le prime 20 marcatrici dopo la quarta giornata c’è solo una straniera, Kuijt della Pall. Bolzano. Le mani calde sono italiane. Al Nord è ancora da individuare l’alternativa più credibile a Crema, che è già in testa da sola. Alpo, Moncalieri, Castelnuovo restano a lungo termine le più accreditate, nonostante abbiano lasciato punti per strada. Hanno iniziato bene Udine, Bolzano e una risorta Vicenza. Hanno chiuso il mese su note alte Milano e Sarcedo; in crescita dallo scorso anno Mantova. Le giovani S. Martino e Albino sono dove le si attendeva, cioè in zona-playout. Chiudono Ponzano e Carugate, senza vittorie dopo 4 turni. Il livello è davvero
alto, chi era in difficoltà è già corso a ripari di mercato. Al Sud, dietro la coppia di testa, abbiamo Selargius che è parzialmente inattesa, Valdarno e Umbertide che invece erano pronosticabili. Sta piacendo molto Brescia, debuttante assoluta; fa il suo la Pall. Bolzano; sono rimaste per ora attardate due delle favorite, La Spezia e Nico Ponte Buggianese (2 e 3 sconfitte rispettivamente). Qualcosa in più ci si poteva aspettare da Patti (calendario però non facile), per il resto in linea con la prevista zona-salvezza Livorno e Civitanova, mentre le due di Cagliari stanno pagando assenze importanti. E quando sembra purtroppo interrotta, in base al DPCM del 24 ottobre, la presenza di pubblico – che seppur con limitazioni aveva ripristinato il vitale legame diretto fra le squadre e la loro gente – prende ancora più importanza il fenomeno del momento: le dirette streaming. Tra Facebook e altre piattaforme c’è ormai quasi tutto: emozioni in remoto ma pur sempre emozioni. Per la tv c’è la doppia differita su MS Channel.
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Girone Nord // Crema per ora è fuori portata. Solide Udine e Bolzano, in crescendo Milano e Sarcedo, ha ingranato Castelnuovo. In coda Ponzano e Carugate. Rinforzi in corsa: Giordano, Meroni, Micovic, Veinberga Americana - Antonia Peresson era una delle novità più attese del girone, dopo 6 anni in America da giocatrice e poi assistant coach: l’ex azzurrina ’95 sta ripagando pienamente, con 17,8 punti di media e il 53% da 3. Con lei, e un organico che ha stazza, tiro, difesa, Udine sembra potersi lasciare alle spalle l’incostanza della scorsa stagione: 3 vittorie su 4 in ottobre. Bolzano (BC) - Si sta confermando sui livelli dello scorso anno (era quarta al momento dello stop): solo una sconfitta, in assenza di Fall, con Castelnuovo; ha vinto in rimonta a Milano. Solida sia la “front line” con Nasraoui, Profaiser e Molnar (15 punti e 9 rimbalzi di media per la croata), sia il reparto dietro con Cremona, Servillo, Fall. Cantiere - Per Carugate, dopo ritiri illustri e il cambio d’allenatore in precampionato, serve tempo per ricostruire. Beatrice Olajide è già un riferimento, tra le giovani è partita bene Colognesi (2002). Ma serviva un rinforzo, e dopo la quarta sconfitta ecco il ritorno, dopo 13 anni e tanta A1, di Milica Micovic. Decimata - Ponzano al palo: una sarabanda d’infortuni (Camporeale, D’Este, Rescifina, Egwoh, Martines…) ha sguarnito un organico che al completo vedevamo da playoff. Contro Castelnuovo non sono bastati 30 punti con 35 di valutazione per Iannucci. Le trevigiane sono corse ai ripari con l’innesto di Viviana Giordano. Emergenti - Non sono le uniche, ma citiamo quattro ragazze che stanno facendo il salto di qualità rispetto allo scorso anno: Battilotti, ala del 2000 (Sarcedo), da 3 a 10 punti di media; Berrad (Moncalieri) da 3,6 a 12 tondi; Rizzo, guardia 2004, azzurrina (Albino), da 2,4 a quasi 12; Turel, guardia 2002 (Udine), da 5 a 13. Force (tour de) - Per Alpo 3 big match in 7 giorni: sconfitta con Moncalieri, in volata (69-72; Penz 15; l’ex Conte 16), vittoria su Castelnuovo, 67-59, con 18 di Conte; in mezzo la mancata rivincita di Coppa Italia con Crema, 72-56 alla fine ma già -24 all’intervallo. Mancava Dell’Olio per le veronesi, che restano da piani alti. Quanto a Moncalieri, dopo essere parsa simile al rullo dello scorso anno nelle prime 3 gare, si è arenata a Sarcedo. Guarite - Irene Pieropan (Sarcedo) ha perso quasi tutto lo scorso anno, quando era in Valdarno, tra un brutto infortunio e lo stop per Covid-19. Ora si è ripresa il suo posto fra le guardie più forti dell’A2: in ottobre per lei 23,8 punti di media, prima assoluta. Anche Tayara Madonna (Castelnuovo) è un gradito ritorno dopo il grave infortunio subìto in A1 con Empoli. Ingiocabile - Sull’onda del terzo trionfo di fila in Coppa, Crema ha spadroneggiato con 4 vittorie su 4, tutte fra i
16 e i 18 punti di scarto. La squadra di Stibiel è perfettamente bilanciata tra gioco interno ed esterno, con le registe Gatti e Rizzi a cucire con maestria i reparti. Nelle ultime due partite di ottobre ha tirato 22/42 da 3; Nori ha 16 punti e 10 rimbalzi di media. Maratona - Nella partita più lunga, finora, della stagione, Milano piega Sarcedo dopo due supplementari a punteggio altissimo (95-87). Il primo lo agguanta Toffali con un “arcobaleno” in scorribanda a tutto campo a 3” dalla fine. Al secondo si arriva per un canestro di Pieropan, poi le vicentine non ne hanno più. Ostica - Mantova sta dimostrando di essere salita di livello dallo scorso anno. In trasferta ha infilzato Castelnuovo e Ponzano; ha perso con Crema e Alpo ma dando battaglia. Monica è il solito riferimento offensivo, ma la differenza è l’arrivo di Llorente (10 punti e quasi 10 rimbalzi di media) insieme alla crescita di Bernardoni. Riscatto - Karmen Cicic, sottotono nelle prime due partite, è clamorosa contro Sarcedo: 29 punti e 20 rimbalzi, con 5/8 da 2 e 6/10 da 3, per una valutazione di 39. Il suo Sanga Milano sta avendo moltissimo da Beretta (19 punti di media) e, con problemi d’infortuni (Guarneri out 40 giorni), ha preso Marta Meroni, l’ex lunga del Progresso Bologna che viene da un anno sabbatico. Trasformata - Lo scorso anno Vicenza era già con un piede in B quando fu interrotto il campionato. Tre allenatori cambiati, 1 vittoria in 20 partite. Ha rivoluzionato l’organico e di vittorie, nel solo ottobre, ne ha collezionate 3, fermandosi solo con Udine. Collettivo bilanciato, in cui sta spiccando Tibè (quasi 13 punti di media col 56% da 2 più 6 rimbalzi). Undici - Consueta missione-salvezza puntando alla crescita durante l’anno per il solito laboratorio di S. Martino (una ’98, una ’99, per il resto tutte “millennials”): sta ruotando 11 giocatrici fra i 13 e i 26 minuti di media; punteggi ultra-distribuiti. Tra le novità sta piacendo la lunga ligure Pini, 2004. Veinberga - O anche “veni vidi vici” per l’esperta ala lettone, ex Crema e Viterbo: ingaggiata da Albino per fornire esperienza a una squadra giovanissima (a parte De Gianni), debutta con 25 punti nella vittoria a S. Martino, all’overtime dopo rimonta da -17. E segna anche la tripla del pareggio a 30” dalla fine dei regolamentari. Zara – Per l’ex grandissima del parquet, il battesimo da capo allenatrice non è stato morbido: k.o. in casa per la sua Castelnuovo contro Mantova (mancavano Madonna e Podrug) e big match perso con Alpo. Ma poi ha battuto Bolzano e Ponzano: al completo è da vertici.
FROMBOLIERA IRENE PIEROPAN È LA STELLA POLARE DEL GIOCO OFFENSIVO DI SARCEDO, CAPACE DI IMPORSI ANCHE CONTRO LA CORAZZATA MONCALIERI. PER LEI UN OTTOBRE DI LIVELLO ASSOLUTO, A QUASI 24 PUNTI DI MEDIA.
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SORPRESA FIRENZE È STATA PROTAGONISTA DI UNA PARTENZA SPRINT IN CAMPIONATO NEL MESE DI OTTOBRE, CONQUISTANDO IL PRIMATO INSIEME A FAENZA. MARTA ROSSINI, CLASSE 2001, È LA LEADER TECNICA DELLA SQUADRA GIGLIATA.
Girone Sud // Non solo Firenze: anche le altre matricole sono competitive, da Brescia a Bolzano e Patti. Bene Selargius, Umbertide, Valdarno. Le difficoltà delle cagliaritane, la lotta di Livorno e Civitanova Bolzano (Pall.) - Dopo le polemiche estive per la collocazione al Sud, ha fatto parlare il campo: bene in casa con la Nico e Patti, ci sta la sconfitta con Firenze, male solo a Civitanova. Ha pescato bene con l’olandese Kuijt (quasi 20 punti e 6 rimbalzi di media), il nome nuovo – o meglio, riemerso – è la ’99 Assentato. Carestia - Quella di punti in classifica, ma anche di canestri realizzati, per le due cagliaritane. Ha fatto eccezione il Cus nel derby cittadino alla prima giornata: 7150, con 15 di Ljubenovic. Ma poi tre sconfitte senza mai arrivare a 50 segnati. Manca Striulli, non ancora scesa in campo; assente anche Prosperi nel k.o. con Livorno. La Virtus ha avuto l’argentina Ledesma solo alla prima giornata, si è fermata a 28 con Firenze ed è ultima a zero punti. Può sperare in meglio perché contro Selargius ha sfiorato la vittoria e perché è riapparsa in panchina, seppur non ancora entrata, Favento. Derby - Selargius, dopo tanti cambiamenti estivi, ha inaugurato il nuovo corso con 3 vittorie su 4, tra cui le sfide con le altre due sarde: sonoro 80-47 sul Cus Cagliari, in volata con la Virtus (51-52) grazie a un libero di Manzotti a 13” dalla fine. Ma il colpo grosso è stato all’esordio in casa di S. Giovanni Valdarno, con El Habbab autrice di 28 dei 54 punti della squadra. Escursione termica - Lezione su come assorbire da una batosta e ripartire, firmata Civitanova. Le marchigiane incassano un -55 da Faenza alla prima giornata; la settimana dopo fanno +16 su Bolzano, con 25 punti e 8 assist della 2001 Paoletti. Differenza: +71 in 7 giorni. La strada giusta per una squadra che deve sudarsi punti-salvezza contro le avversarie alla portata. Faenza - Dominio annunciato. 102 punti contro Civitanova, in scioltezza con la Virtus Cagliari, autoritaria con la Nico che non era cliente facile (22 per Brunelli); ha rischiato solo con la sorpresa Brescia, salvandosi in overtime con 18 di Franceschelli. Ha 7 giocatrici dagli 8 punti a partita in su, con Vente in “doppia doppia” di media. Giglio reale - Firenze, matricola al comando. Avvio col piede giusto nel derby regionale con Livorno, poi solo 28 punti concessi alla Virtus Cagliari; successo anche a Bolzano con 18 punti e 16 rimbalzi di Pochobradska. Il meglio in chiusura di ottobre, con la vittoria su Umbertide. Oltre alla lunga ceca, una sicurezza, c’è la 2001 Marta Rossini che viaggia a 16 di media. Immediato l’impatto di Alessia Cabrini: arrivata alla quarta giornata, 22 punti contro Umbertide. Operaia - La ringiovanita Livorno sa di dover cogliere le occasioni perché non ne avrà molte abbordabili. Così,
dopo aver perso le prime 3 partite con 19 punti di scarto medio, le labroniche hanno vinto lo scontro diretto con il Cus Cagliari. Accanto a Orsini e Degiovanni, l’emergente è la ’99 Ceccarini. Potenziale - Finora la più indietro fra le matricole è Patti, che ci pareva quella più pronta a stupire da subito. È anche questione di calendario duro, ma se il potenziale offensivo è di prim’ordine (con Cupido, Stoichkova, Galbiati, Marta Verona, Manfrè), per ora non lo è altrettanto la tenuta in difesa (quasi 70 subiti di media). Quaranta - Dopo la sua ultima stagione Ncaa troncata dal virus, Carlotta Gianolla (Nico Ponte Buggianese) ha rilanciato a razzo la sua carriera italiana. Nella vittoria in rimonta su Patti, ha segnato 27 punti con 12/17 da 2, 10 rimbalzi e 40 di valutazione. Nella stessa partita anche 28 punti della sua compagna Botteghi. È stato però l’unico successo per le toscane, un po’ indietro finora rispetto alle legittime ambizioni. Spezia - Ha perso i due big match con Umbertide (mancava Sarni, poi tornata ma non ancora al 100%; non sono bastati 25 di Hernandez) e Valdarno, cedendo in entrambi i casi alla distanza dopo aver comandato a lungo. Come lo scorso anno, è corta nelle rotazioni (6-7 elementi). Impatto forte per Isabel Hernandez (17 di media), al ritorno in Italia dopo aver concluso la carriera di college. Umbertide - L’impresa in rimonta a La Spezia (73-78, da -13 all’intervallo), con 21 punti di Giudice e 17 di Baldi, ha lanciato la ricandidatura ai piani alti per le umbre, nonostante il parziale ridimensionamento subìto poi a Firenze. Giudice è… una sentenza (20 di media), quintetto solido, buone carte da giocare anche in panchina con Moriconi, Paolocci, Stroscio. Valdarno - La scivolata all’esordio con Selargius faceva temere una riedizione di certi sprechi dello scorso anno. Invece le toscane hanno confezionato 3 vittorie di fila, soprattutto quelle con la Nico (74-61 con 17 punti di Trehub) e con La Spezia (60-63 con 15 punti di Bona e con Miccio decisiva nel finale). L’arsenale è abbondante. Zanardi - Una quindicenne all’esordio in A2 ti fa 19 punti di media nel primo mese. L’arte di far sembrare normali le cose speciali è una dote innata di Carlotta Zanardi, il play-guardia classe 2005 di Brescia, figlia di coach Stefano e dell’ex-A1 Laura Marcolini. È uno dei motivi, ma non il solo, della partenza oltre ogni aspettativa per la RMB, che ha tanto tiro perimetrale, la super-torre Turmel e la faccia tosta di giovani tra cui, oltre a Zanardi, la 2004 Ramona Tomasoni.
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LEADER GIOCATRICE DI MAGGIORE CLASSE DI FAENZA, BALLARDINI È PRONTA AD AIUTARE LE COMPAGNE PIÙ GIOVANI A CRESCERE NEL CORSO DELLA STAGIONE. CON L’OBIETTIVO DI VINCERE.
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GIOCO ANCORA
A 39 ANNI BALLARDINI VUOLE GUIDARE FAENZA AL RAGGIUNGIMENTO DELLA MASSIMA SERIE IN UN CAMPIONATO COMPLICATO DAL COVID-19. LA GUARDIA SI RACCONTA TRA PRESENTE E FUTURO.
Di CHIARA BORZì
L
a situazione d’incertezza causata dal Covid-19 sta inte-
ressando la nostra vita quotidiana come il quotidiano delle atlete che giocano il campionato di Lega Basket Femminile. L’avvicendarsi dei diversi DPCM (Decreti della Presidenza del Consiglio dei Ministri), gli adeguamenti che richiedono, la suspense che creano nel vissuto di ogni “professionista” sono destinati a rendere questa stagione unica nel suo genere. Difficile o facile trovare motivazioni? Se sì quali sono? È una domanda che può essere posta per ogni ambito professionale, ma la precarietà a cui le leggi italiane costringono le atlete porta a vivere in maniera “amplificata” ogni carriera ora in convivenza con la pandemia. Non ci sono paracadute. Con quali motivazioni una giocatrice scende in campo in queste domeniche?
Lo abbiamo chiesto a Simona Ballardini, già storia della
pallacanestro italiana degli ultimi 20 anni, tornata a
Faenza nel 2015 e con cui quest’anno gioca la sua venticinquesima stagione cestistica. Due rotture al ginocchio hanno permesso a Simona di prendere confidenza con l’idea d’incertezza durante un’annata sportiva, ma stavolta l’addio o il ritorno non dipendono dalla sua forza di volontà. “Parlando di motivazioni, riflettendo su questo aspetto con criterio, ho capito che abbiamo pochissime tutele. Vedo dei presidenti che impiegano nuovamente denaro, il loro tempo libero, dare il massimo e fare di tutto per garantirci il nostro lavoro senza che ci sia la certezza di un sostegno. Sentire che andiamo avanti, dell’esigenza di tamponi esclusivamente a carico delle società, in un anno in cui il lockdown ha reso la vita difficilissima agli sponsor, mi rattrista. Giochiamo poi da professioniste senza professionismo, che spetta solo alla Serie A maschile, e non voglio fare polemiche ma sembriamo mercè di un virus che non riusciamo ancora a riconoscere. Di questo non incolpo nessuno, men che meno i pre-
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sidenti. Finalmente siamo tornate in campo, anche se il momento di dire “basta” sembra sempre dietro l’angolo. Pensandoci sicuramente è strano perché credevo avrei scelto io quel momento, ma lo affronterò anche meglio perché non ho scelto neppure gli infortuni al ginocchio”. Scendere in campo durante la pandemia crea uno sbalzo di motivazioni che oscillano dalla necessità di
dare tutto, pensando possa essere l’ultima, al giocare con la serenità che porta ai risultati migliori. “In campo si sentono motivazioni che ti dividono – spiega la guardia faentina -. Già da diverse settimane viviamo questo stato d’animo: tutte le partite possono essere “l’ultima partita”, ma oggi potrei dire di voler giocare fino a 60 anni pur rimanendo solo un mio desiderio. Il gap anagrafico con le mie com-
VENTICINQUE LE STAGIONI CHE HANNO VISTO LA GUARDIA AL VIA DI UN CAMPIONATO. LA PASSIONE E GLI STIMOLI SONO RIMASTI INTATTI NEL CORSO DEL TEMPO.
pagne è uno stimolo. Sono tutte super e il loro entusiasmo, la loro incoscienza giovanile, per me sono davvero un “motore” e sono felice di poterle aiutare. Scendere in campo in questi mesi è sicuramente diverso. Si prova ad alleggerire la situazione e giocare le partite senza pensare debbano essere le migliori possibili proprio per evitare invece siano brutte. È poi vero che in campo cambia tutto, lì c’è solo la per-
cezione di quel momento e noi scendiamo sempre in campo per riuscire a giocare come sappiamo, senza dichiararci l’obiettivo di un ipotetico piazzamento, perché se pensassimo di essere la squadra più bella del mondo non riusciremo sicuramente a diventarla.“
Ballardini chi? Difficilissimo pensarlo dieci anni fa, ma serve prendere contatto con una nuova realtà: una
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VINCENTE SIMONA VANTA UN CURRICULUM CESTISTICO DI TUTTO RISPETTO, CON DIVERSI TROFEI CONQUISTATI A LIVELLO NAZIONALE E INTERNAZIONALE.
giovane giocatrice di Serie A oggi potrebbe non conoscere Simona Ballardini. “Tra me e loro ci sono 20 anni di differenza – spiega l’ex giocatrice di Schio, Venezia, Umbertide, Taranto, Bourges e Priolo, vincitrice di uno Scudetto, due Coppe Ronchetti e due Coppa Italia -. Nelle scorse domeniche mi sono ritrovata a marcare una ragazza del 2004, se mi avesse chiamato nonna avrebbe avuto ragione! Neppure io conosco bene loro, ma posso dire sicuramente che la loro presenza numerosa è un bene per la nostra pallacanestro. È giusto non mi ricordino perché quando io avevo 24 anni
loro non erano ancora nate. Confesso di non sapere bene neppure io tutte le ragazze che possono interpretare bene il nostro campionato e che è capitato anche a me di non essere completamente consapevole della forza delle compagne che avevo, vedi Cata Pollini a Schio”. Come sarà ricordato questo strano e difficile campionato nella storia della pallacanestro femminile? “Credo potremo capirlo tra cinque o sei anni, sul momento non si riesce a percepire bene. Oggi proviamo a comprendere le scelte prese nell’immediato, dove tutto chiude colpendo indiscriminatamente la po-
polazione. Certo è che rimane ancora un problema eterno ed è il non essere equiparate ai professionisti; noi giocatrici non avremo pensione, per questo credo che la possibilità degli stop possa essere vista dalle nostre atlete di oggi come un momento di scelta consapevole: giocare o studiare per provare ad avere un lavoro con delle garanzie domani. Le ragazze che giocano oggi possono porsi questa domanda con una libertà mentale in più, i tempi d’oro sono finiti e anche gli stipendi si sono abbassati, noi nel frattempo non siamo diventati “calciatori”. Prima o poi sarà necessario a tutte reinventarsi, questo è il
momento per pensare davvero cosa vogliamo essere in futuro”. Cosa può migliorare? “Servono più garanzie per le figure che investono nella pallacanestro, per i presidenti che credono in noi e nei collaboratori sportivi, creando posti di lavoro. Non so se avrei fatto partire il campionato, probabilmente avrei dato tempo a questa gente di cuore di ritrovare i soldi per ripartire con maggiore serenità. Potevano magari ripartire solo le giovanili, per rinforzare le basi, garantire l’attività a loro in sicurezza. Noi grandi avremmo forse potuto aspettare”.
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MAYA MOORE, CLASSE 1989, È NATA A JEFFERSON CITY, IN MISSOURI. CON LE MINNESOTA LYNX HA VINTO 4 TITOLI WNBA. MVP 2014, HA CONQUISTATO 2 OLIMPIADI E 2 MONDIALI.
altri mondi
MOORE LA PIONIERA PER MAYA MOORE NON È MAI ESISTITO SOLO IL BASKET. ANZI. HA CERCATO DI SFRUTTARE CIÒ CHE LA PALLACANESTRO LE OFFRIVA PER POTER DARE UNA VOCE A CHI NON NE AVEVA. LO HA FATTO LASCIANDO IL SUO SPORT E LOTTANDO PER JONATHAN IRONS, DIVENTATO POI SUO MARITO
DI CATERINA CAPARELLO
«Q
uest’anno non giocherò basket professionistico. Ci sono diversi modi per misurare il successo. Quello che ho avuto nella pallacanestro mi fa esplodere la testa ogni volta che ci penso. Ma il modo principale con cui io misuro il successo nella vita, non è qualcosa che si può enfatizzare esplicitamente attraverso la pallacanestro professionistica. Il modo in cui io misuro il successo è chiedendomi: “Sto vivendo con uno scopo?”». Il 6 febbraio 2019 la grande giocatrice Maya Moore annunciava, con questa lettera pubblicata sul The Players’ Tribune, che per quell’anno non sarebbe scesa in campo con le sue Minnesota Lynx. E al momento è ancora così. La vita da professionista non è facile. Si continua ad andare avanti con in testa solo un obiettivo: fare bene il proprio lavoro. E il resto passa in secondo piano. Giustamente. Delle volte, infatti, non si ha nemmeno il tempo per pensare ad altre situazioni che non riguardano direttamente noi ma chi ci sta accanto.
Tra allenamenti, partite, trasferte, interviste, video, qualche spot, la mente e il corpo viaggiano veloci e non si fermano mai. Ma accade anche che, ad un certo punto, ci si fermi guardandosi indietro, o attorno, senza sentirsi completamente soddisfatti. Come se mancasse qualcosa, Come se non si stesse davvero facendo ciò per cui siamo destinati. Probabilmente è questo ciò che Maya Moore ha provato. «Sono sicura che sarà dura in modi che ancora non conosco, ma sarà anche gratificante in modi che ancora devo vedere» si legge alla fine di quella lettera, prima di ringraziare tutto lo staff e le sue compagne di squadra. Maya doveva ritrovare il suo scopo. A giugno 2019, il New York Times rivela quello scopo: aiutare Jonathan Irons, un uomo condannato a 50 anni di carcere nel 1998, quando non aveva ancora compiuto 18 anni. Secondo la cestista, infatti, Irons fu condannato ingiustamente. Lottare per liberare un altro essere umano, questo è ciò che deve fare.
altri mondi La vicenda di Irons Tutto avviene a Jefferson City, in
Missouri, città in cui la madre di Maya, Kathryn, decide di trasferirsi e far nascere la bambina con l’aiuto di Reggie Williams, e di sua moglie Cherilyn, pastore e pilastro della comunità cittadina, diventati entrambi suo padrino e madrina. È proprio Williams a parlarle sin da ragazzina del caso Irons che, come pastore anche del carcere cittadino, stava seguendo. Nel 1997 in un sobborgo di Saint Louis, prevalentemente bianco, un ladro viene sorpreso in casa dal proprietario. Dopo una sparatoria, il ladro riesce a scappare. Nonostante le ferite e il delicato intervento chirurgico al cervello, il padrone di casa si salva.
Four collegiali del 2010, sia della stagione WNBA del 2014, oltre alle Finals del 2013 e dell’All Star Game, vince anche 2 EuroLega (2012, 2018) e 3 titoli cinesi con le Shanxi Flame (2013, 2014, 2015). Per non parlare dei tanti altri premi individuali che l’hanno portata ad essere nominata, da Sports Illustrated, come la più vincente cestista del basket femminile mondiale. Tanto da far esclamare al compianto Kobe Bryant la frase «Penso che al momento ci siano due o tre di giocatrici che potrebbero giocare in NBA. Diana Taurasi, Maya Moore ed Elena Delle Donne». Ma il bello di questa atleta, di questa donna, non si racchiude solo nel mondo sportivo. Anzi. Ha anche
IL MODO IN CUI IO MISURO IL SUCCESSO È CHIEDENDOMI: “STO VIVENDO CON UNO SCOPO?” Una settimana dopo il fatto, l’allora 16enne Jonathan Irons viene arrestato. Perché? Nel giorno del crimine era stato visto poche ore prima aggirarsi in quel sobborgo, armato. Il processo parte a ottobre del 1998, quando Irons è considerato maggiorenne dalla giustizia e anche a causa di una precedente accusa per manomissione di automobile. La prova che lo condannò ai 50 anni di carcere, fino al 2048, fu quella di un detective che, ad un’udienza preliminare, riportò un interrogatorio di Irons, il quale ammetteva di essersi introdotto in quella casa, senza però ricordarsi altro in quanto ubriaco. In realtà, di quell’interrogatorio non c’è mai stata alcuna prova, solo la parola del detective. Nonostante avesse ammesso di trovarsi effettivamente nel quartiere per vendere della marijuana e di possedere a quel tempo un’arma (che non corrispondeva affatto a quella usata per la rapina), Irons ha sempre negato di aver deposto quella confessione al detective dichiarandosi innocente. Jonathan Irons si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Ma non Maya Moore che conosceva bene la vicenda di quel ragazzo accusato e incarcerato ingiustamente. Nel 2007 lo incontra, assieme al pastore Williams, in carcere, decide di stargli accanto e di capire come poterlo aiutare, anche se ha appena finito il liceo. Giocano a dama, lei lo batte dicendogli «non ti darò nessuna rivincita dentro questa prigione, la prossima partita sarà solamente là fuori». E non lo ha mai più lasciato solo.
Maya Moore, la pioniera Dal 2007, Moore compie azioni
straordinarie sui campi da basket. Vince 2 Olimpiadi (2012, 2016), 2 mondiali (2010, 2014), 2 titoli NCAA (2009, 2010), 4 titoli WNBA (2011, 2013, 2015, 2017). È nominata miglior giocatrice sia alle Final
sfruttato la sua notorietà per alzare la voce e difendere chi non ne aveva, anticipando i tempi. Da sempre, infatti, si è rivolta al mondo per chiedere rispetto e libertà, come nel 2016. In quell’anno, le pagine dei giornali erano pieni di casi di cronaca sulla brutalità della polizia, come gli omicidi di 2 afroamericani e di 5 poliziotti di Dallas (questi ultimi uccisi da un cecchino). Per questo, lei e le sue compagne, Seimone Augustus, Rebekkah Brunson, e Lindsay Whalen, decisero di indossare, durante la conferenza stampa, delle magliette nere con la scritta “Change Starts with Us. Justice & Accountability” sul fronte e “Black Lives Matter”, assieme ai nomi delle vittime e lo stemma della polizia di Dallas, sul retro. «Ho trovato la mia voce» aveva esclamato. «Se ci prendiamo il tempo necessario per capire che questo è un problema umano e ne discutiamo tutti assieme, possiamo enormemente diminuire la paura e creare un cambiamento» aveva detto in quella conferenza. E così è stato per lei. Due anni di ricerche, sensibilizzazione pubblica, avvocati, prove e testimoni le valsero la riapertura del caso Irons, che confermano l’innocenza completa del detenuto 101145. A giugno 2020 Maya Moore pubblica un video sui social: è Jonathan Irons che esce di prigione. Maya piange di felicità e si inginocchia a terra. I due si abbracciano forte e intensamente. A settembre si sono sposati. Maya Moore è stata inserita dal Time tra le 100 persone più influenti del mondo: «Con così tanta angoscia, dolore, tristezza e sgomento all’interno della nostra nazione, molti pensano a cosa dovremmo chiedere ai nostri celebri atleti, intrattenitori e influencer. Il giorno del rilascio di Irons, Moore, che era lì per salutarlo, ha rievocato una potente frase tratta dalle Sacre Scritture: “fai giustizia, ama la misericordia e cammina umilmente».
NEL 2019 DECIDE DI NON GIOCARE A BASKET MA DI DEDICARSI ALLA SCARCERAZIONE DI JONATHAN IRONS. L’UOMO CHE, A 16 ANNI E NEL 1998, FU CONDANNATO INGIUSTAMENTE A 50 ANNI DI CARCERE.
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pink mix DI Manuel Beck
serie A1 serie A1 COVID/1 TRIO IN TESTA MERCATO E INFORTUNI Sale l’allarme Sull’onda del trionfo in Supercoppa, Venezia ha impressionato più di tutte in ottobre: 5 vittorie ad oltre 35 punti di scarto medio. Il trio straniero (Fagbenle, Petronyte, Y. Anderson) è stellare; Carangelo e Bestagno mai così forti e continue. A punteggio pieno anche Schio e la sorpresa Bologna, che intorno all’asse estero (Bishop, Begic e Brooque Williams) ha italiane che fanno la loro parte con intelligenza. La Virtus ha battuto anche Ragusa, che deve ancora decollare, essendosi salvata a fatica con Empoli e Lucca (tripla di Tagliamento). A 3 vittorie anche il Geas; segue un gruppone da scremare: S. Martino e Lucca per ora in ribasso dallo scorso anno; Empoli che ha giocato punto-a-punto con tutte; l’italianissima Broni e la giovanissima Costa (M.Villa 16 di media); le debuttanti Sassari e Campobasso. In cerca di competitività Vigarano e Battipaglia (out coach Piazza).
Mercato attivo, in ottobre, per varie squadre di A1. Schio ha preso l’ala grande canadese Achonwa (già a Napoli) per sostituire Dolson, mai arrivata per infortunio patito in Wnba. San Martino ha preso un nome nobile come Jolene Anderson al posto di Traoré; Lucca ha fatto esordire alla quinta giornata la guardia Harper, exWnba. Campobasso ha ingaggiato Gaia Gorini. Battipaglia ha tagliato Johnson e inserito la lunga Latoya Williams e il play Moroni. Anche infortuni, purtroppo. Colpita soprattutto Campobasso, che ha avuto Wojta solo per una partita e ha perso poi Linskens (menisco, prognosi di un mese). Schio ha potuto far esordire Cloud solo alla quinta giornata. Nel finale della partita con Sassari, k.o. Crudo (Geas), che stava viaggiando a oltre 13 punti di media col 72% da 2: per l’ala del ’95 una lesione collaterale al ginocchio destro.
Irruzione del Covid-19 alla vigilia della quinta giornata di A1. Casi di positività al tampone sono emersi a Ragusa e al Geas; ma mentre le siciliane hanno ottenuto il rinvio della partita con Vigarano, le lombarde hanno dovuto scendere in campo in 6 (numero sufficiente secondo le norme) contro Sassari: “disparità di decisioni”, ha fatto notare il club sestese. Tanti rinvii nel 6° turno. In A2, il 4 ottobre non si è giocata Crema-Alpo perché la società veronese riteneva che le avversarie non avessero rispettato il protocollo anti-Covid-19 previsto per la categoria (tamponi prima dell’inizio del campionato). Crema si dichiarava in regola, avendo eseguito il controllo la settimana precedente, per la Coppa Italia. Il giudice sportivo ha chiarito: nelle norme, il termine “campionato” va inteso “in senso ampio”, cioè qualsiasi competizione ufficiale. Quindi Crema era in regola ma Alpo era in buona fede: partita recuperata.
CARISMATICA DEBORA CARANGELO, MVPINK DI OTTOBRE, È LA LEADER EMOTIVA DI UNA REYER VENEZIA PARTITA MOLTO FORTE NEL CORSO DI QUESTA PRIMA FASE DELLA STAGIONE.
COVID/2 LBF WNBA LA BASE DA SALVARE PREMIATI I MEDICI SEATTLE: FOUR L’ottobre nerissimo per il nostro Paese sul fronte della pandemia ha paralizzato la stagione delle squadre regionali senior e giovanili. Scriviamo dopo il DPCM del 24/10, che ha vietato almeno per un mese ogni attività in palestra agli sport “di contatto”, eccetto le categorie nazionali (nel femminile solo A1 e A2). La Fip ha posticipato al 29/11 l’inizio dei campionati regionali, ma alcuni comitati hanno già spostato la data a gennaio. Che è solo speranza, non certo garanzia. Di sicuro, a oggi, migliaia di cestiste di tutta Italia non possono praticare il loro sport, ed è grave soprattutto per le più giovani, la cui formazione rischia di interrompersi per il secondo anno di fila. Intanto altre discipline, risparmiate dal decreto, vanno avanti, almeno per ora: una discriminazione dura da digerire, specie dopo che le società avevano lavorato duramente per ottemperare ai protocolli sanitari concordati tra governo e Fip.
Lega Basket Femminile ha fatto premiare, sui campi di A1 e A2, i rispettivi medici sociali per il loro contributo durante la pandemia. A tutti è stata consegnata una targa in memoria del dottor Renzo Granata, per 35 anni medico sociale del BCC Castelnuovo Scrivia, e vittima del Covid-19 nei mesi scorsi. Massimo Protani è stato rieletto presidente di LBF nell’assemblea del 17/10. Il nuovo Consiglio direttivo comprende i confermati De Zotti (Venezia), Giuriati (S. Martino) e Manclossi (Crema) insieme ai neo-eletti Edvige Cavallini (Geas), Guia Sesoldi (Empoli), Marco Mura (Selargius). In vista delle elezioni nazionali Fip del 13/11, in chiave femminile spiccano le candidature di Kathrin Ress, Rosa Ferro e Margherita Gonnella a consiglieri. Si è concluso il quadriennio di vicepresidenza per Mara Invernizzi, che non farà parte del nuovo Consiglio.
Si è conclusa con il quarto titolo di Seattle, con un secco 3-0 in finale su Las Vegas, la stagione Wnba più breve e anomala della storia, interamente disputata nella “bolla” di Bradenton, Florida, in poco più di due mesi (25 luglio-6 ottobre). Tante assenze sia fra le stelle assolute sia fra le europee, compresa la nostra Zandalasini, che ha rinunciato a disputare il suo terzo campionato con Minnesota. C’era però, eccome, la favolosa coppia Breanna StewartSue Bird a guidare le Storm al titolo senza sconfitte nei due turni di playoff disputati: l’ala 26enne, dopo un anno di stop per infortunio, si è ripresa trionfalmente il trono e il titolo di “mvp” delle finali (in cui ha battuto la migliore della regular season, A’ja Wilson); la regista ha distillato ancora classe alla soglia dei 40 anni, così come la 38enne Taurasi ha continuato a dire la sua a Phoenix. Sùbito fuori per infortunio l’attesa rookie Ionescu.
CAMPIONESSE BREANNA STEWART E SUE BIRD, DUE DELLE GIOCATRICI PIÙ FORTI DELLA WNBA, FESTEGGIANO IL TITOLO CONQUISTATO CON LA MAGLIA DELLE SEATTLE STORM.
FUORICLASSE DIANA TAURASI HA SEMPRE SAPUTO ELEVARE IL PROPRIO RENDIMENTO NEI MOMENTI TOPICI DELLA STAGIONE, CRESCENDO E RENDENDO AL MEGLIO ANCHE NELLE DIFFICOLTÀ.
ESSERE ANTIFRAGILI Di Alice Buffoni - Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport La stagione 2020/2021 si è aperta sotto il peso di regolamenti e protocolli sanitari, che seppur imprescindibili per salvaguardare la salute delle persone, hanno messo a dura prova le società sportive. I campionati sono stati ridisegnati, le squadre si sono scoperte essere come microcosmi da difendere e sono, ancora più di prima, organismi dal delicato equilibrio. Ora il nemico da cui guardarsi non è solo la sconfitta o un clima di squadra difficile da costruire, ma un virus che in ogni momento può intervenire a distruggere tutto quello che si era faticosamente costruito. In questo clima di tensione e spaesamento può essere utile imparare a conoscere un concetto relativamente nuovo della psicologia, teorizzato nel 2014 da Taleb e ancora in piena evoluzione: l’Antifragilità. Si tratta di un atteggiamento mentale innato nella natura umana che si attiva quando si incontrano ostacoli imprevisti e permette di volgere la difficoltà a proprio vantaggio. Le forze propulsive che attivano l’antifragilità sono due emozioni originarie: Curiosità e Sorpresa. Per capire meglio, l’individuo fragile è colui che di fronte alle incertezze assume un atteggiamento di eccessiva difesa e non riesce ad adattarsi in maniera evolutiva alle difficoltà. L’individuo resiliente, invece, porta con sé dei tratti positivi, poiché resiste agli stress esterni accrescendo le sue capacità di adattarsi, rimanendo se stesso. L’Antifragile è qualcosa in più, è colui che nell’incertezza trova modo di evolversi, anzi va alla ricerca di queste situazioni potenzialmente evolutive con un atteggiamento di curiosità e di desiderio di avventura. Perché questo atteggiamento mentale si attivi è necessario un passaggio ulteriore, introdotto dalle più recenti ricerche del team del Prof. Vercelli: l’individuo deve avere coscienza della propria vulnerabilità. Vulnerabile è colui che può essere ferito, ma non è debole, invincibile forse, ma non immortale. Accettare e accogliere questa consapevolezza ci mette in una condizione di ascolto e ci permette di vedere le novità nascoste all’interno di quello che ci sembrava un limite. Riuscire ad essere antifragili significa essere consapevoli che la sfida è continua e che tutto ciò che ci circonda, da domani potrebbe cambiare: questo ci dà l’enorme vantaggio di poterci muovere verso nuovi obiettivi più in fretta di chi rimane legato a schemi consolidati, ma ormai obsoleti. Oggi, grazie alla recente validazione dell’Antifragile Questionnaire (Vercelli et al.), l’antifragilità è misurabile e quindi allenabile. Ma c’è di più, anche il sistema-squadra può essere antifragile. Luca Sighinolfi, psicologo e allenatore, ha approfondito il tema in “Pallacanestro Antifragile” (Calzetti-Mariucci 2016), fornendo spunti molto utili ai coach per la gestione dell’andamento delle gare. L’antifragilità e le capacità di adattamento vengono fortemente sollecitate in situazioni caotiche e ad alta complessità, in cui il sistema è sottoposto per lungo tempo ad un grande numero di fattori stressanti come ad esempio durante una partita (pubblico, avversari, decisioni arbitrali, difficoltà della gara). Capita spesso che l’intera squadra venga fortemente condizionata dall’inerzia della partita. Si attraversano fasi in cui la performance oscilla verso l’alto e altre verso il basso, in modo incostante e imprevedibile. La differenza in questi momenti viene fatta dalla capacità di reagire e adattarsi all’inerzia negativa, evitando di venirne travolti. Un team antifragile saprà applicare le giuste strategie di adattamento nei momenti di flessione della prestazione per resistere ai fisiologici momenti di down, traendone la forza per mantenere uno standard prestativo adeguato alla buona riuscita del compito. Questa rubrica è tenuta da Centro Studi e Formazione in Psicologia dello Sport, una realtà che utilizza la Positive Psychology con atleti e allenatori, dai settori giovanili all’alto livello agonistico, per rispondere alle principali criticità che si incontrano sul campo di gara e di allenamento, per migliorare performance individuali e ottimizzare il rendimento di squadra.
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GUARDIA E LADRI
LA PRIMA DI CAMPIONATO IL RITORNO SUL PARQUET Di Susanna Toffali I mesi di ottobre e novembre sono per gli sportivi ciò che gennaio è per il resto dei comuni mortali. Un marasma di premesse, promesse, “da lunedì dieta”, buoni propositi mai realmente mantenuti che, nel caso dei cestisti, sfociano puntualmente in sogni a dir poco utopistici o in obiettivi di una vita mai realizzati: “da quest’anno a sinistra solo lay-up di mano sinistra”, “la percentuale ai liberi dev’essere almeno del 50%”, “mi concedo al massimo una decina di airball” (...a partita). Come in qualsiasi storia a lieto fine, così come “lieta” è stata la ripresa di alcuni campionati, dev’esserci un imprescindibile filo conduttore che lega gli agonisti a questo periodo dell’anno: l’ansia. Quella celeberrima sensazione che, morbida come una badilata, colpisce ogni angolo di razionalità presente e che, casualmente, ti impedisce ogni volta di fare due su due dalla lunetta. (Vi assicuro che l’essere scarsi non c’entra nulla). Sono le 15.30 di una tiepida giornata di ottobre. Con 250 grammi di bucatini all’amatriciana di zia Luigia sullo stomaco ti appresti ad affrontare la prima partita dopo otto mesi di inattività con la medesima tranquillità di quando mamma ti lasciava da sola in cassa al supermercato perché aveva dimenticato di prendere le uova. Quel senso di timidezza misto panico nel momento in cui la voce quasi metallica della cassiera comunicava l’importo totale della spesa è lo stesso di quando, arrivata finalmente in palestra, realizzi che per entrare la tua temperatura dev’essere sotto i 37 gradi e mezzo e che forse i quattro bicchieri di Montepulciano d’Abruzzo che ben si sposavano con il sugo non sono stati un’idea del tutto congeniale. Ti tremano le gambe ma, mentre ti dirigi (con palese ritardo) verso le tue compagne già tutte radunate dinnanzi alla porta d’ingresso, cerchi di non pensarci. Prendi un bel respiro e no, qualcosa non quadra. Respiri troppo bene, troppo liberamente. ...La mascherina. Grazie ad un fulmineo scatto verso la macchina che ti fa digerire antipasto, primo, secondo, contorno e dolce e ti fa evaporare un quantitativo ragionevole di vino presente nel tuo corpo, riesci a superare i controlli di routine senza particolari difficoltà e ti ritrovi a cercare di interpretare insieme alle tue compagne le disposizioni per la suddivisione negli spogliatoi. Dopo interminabili discussioni in ambito scientifico-matematico, mediante l’utilizzo di teoremi poco identificati e l’organizzazione di turni perfettamente calibrati di 12 minuti e 45 secondi per cambiarsi divise in gruppetti da quarantaquattro gatti in fila per sei con il resto di due, siete pronte per entrare in campo. Sulle scale che portano al rettangolo di gioco le parole si fanno superflue, quasi fastidiose. Regna un silenzio inaspettato, e aleggiano sguardi complici tra tutte voi. Bisogna riprendere ciò che era stato interrotto a marzo, cercando di conquistare quel qualcosa che, come ogni anno, era parso intangibile. Due miseri punti in classifica.
GRUPPO IN UN CAMPIONATO RESO COMPLESSO DALLA SITUAZIONE SANITARIA NAZIONALE E MONDIALE, A EMERGERE IN QUESTA PRIMA FASE DELLA STAGIONE SONO STATE LE SQUADRE PIÙ UNITE E COMPATTE.
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BUZZER BEATER
TUTTI IN BOLLA! Di Silvia Gottardi E rieccoci di nuovo fermi ai box, almeno per un mese. Certo, il DPCM del 24 ottobre permette lo sport di vertice a livello nazionale, cosa che comunque ci fa tirare un sospiro di sollievo, ma colpisce duramente tutto lo sport di base. Per quanto riguarda il basket, continuano i campionati nazionali di A, A2, B nel maschile (con il via di questi ultimi due slittato di una settimana, al 22 novembre, per decisione del Consiglio Federale del 23 ottobre) e A1 e A2 femminile, pur tornando a porte chiuse. Si fermano invece completamente i campionati regionali, amatoriali e quelli giovanili, senza la possibilità di andare in palestra per allenarsi nemmeno in forma individuale, eccezion fatta per gli atleti considerati di interesse nazionale. Ho cercato di farmi un’idea il più possibile precisa in merito alla situazione, ma non è facile, soprattutto a causa dell’infodemia che impazza per colpa dei social. Quello che mi pare certo è che non si possa rimanere con un ragionevole dubbio di fronte ad una situazione enorme, di cui nemmeno gli scienziati sembrano averci capito molto. Non è permesso: devi avere un’opinione, devi schierarti. O sei in paranoia per il Covid o sei un negazionista. O sei per i cinema e i teatri aperti o sei contro la cultura. O sei per le palestre aperte e la UISP in campo o sei contro lo sport. E io ovviamente sono per lo sport. Ma sono anche per la salute pubblica. Come la mettiamo? La soluzione pare che l’abbiano trovata quei maghi dell’NBA, chiudendosi in una bolla! Per finire la stagione in sicurezza, si sono trasferiti a Orlando, non a caso proprio nella capitale della magia, Disney World. Ci sono voluti 4 mesi e mezzo per organizzare un campus isolato dal resto del mondo che fosse in grado di ospitare 22 squadre, per una totale di 770 addetti ai lavori (35 persone per squadra). Tra i tanti dispositivi di controllo utilizzati, anche un anello che monitorava i parametri fisici e avvertiva l’atleta nel caso fossero stati rilevati degli scompensi riconducibili al Covid-19, anticipando la diagnosi del tampone di tre giorni. Poi anche un bracciale con la faccia di Topolino come passe-partout, il distanziamento in panchina, l’accesso contingentato alle partite solo ai giornalisti in isolamento, il pubblico virtuale e le espulsioni degli atleti indisciplinati. Il risultato è stato strabiliante: 100 giorni nella bolla e zero casi positivi. Ma strabiliante è stato anche il costo di questa operazione: 180 milioni di dollari! La Lega è altresì riuscita a recuperare in questo modo l’importantissima cifra di 1.5 miliardi di dollari, adempiendo agli obblighi contrattuali con gli sponsor. Qui da noi intanto, nonostante i sistemi di sicurezza e i tamponi a raffica, il virus sta decisamente prendendo piede anche tra gli atleti professionisti. I casi del Genoa, di Juve-Napoli e le nubi sul derby di Milano, mentre scrivo i casi di Covid-19 nella Serie A di calcio sono 88, su un totale di 600 giocatori. Ma nella lista ci sono anche altri sportivi molto noti, tra cui Valentino Rossi e Federica Pellegrini, e nemmeno il basket è immune: 6 le giocatrici positive del Geas e 5 gli atleti dell’Aquila Trento, oltre agli otto componenti del gruppo squadra a Cantù. Inutile dire che qualcosa non ha funzionato come doveva nei protocolli di sicurezza.
MODELLO LA NBA HA CONCLUSO LA STAGIONE NELLA “BOLLA” DI ORLANDO, SENZA RISCONTRARE CASI DI POSITIVITÀ AL COVID-19. UN MODELLO DA IMITARE, PER LA PALLACANESTRO GLOBALE.
La bolla in stile NBA /WNBA quindi potrebbe salvare anche noi? La risposta è ovvia: no! No, perché è troppo cara. No, perché non abbiamo le strutture adatte. No, perché isolarsi per 3 mesi è duro, ma fattibile, farlo per un campionato intero di 10 mesi è decisamente impossibile. Si può e deve però lavorare prendendo quel modello come spunto, adattandolo alle esigenze europee, facendo in modo che sia meno stringente ma comunque efficace. Gli esempi ci sono già anche nel nostro mondo a spicchi, basti pensare alla Supercoppa di A1 e alla Coppa Italia di A2 femminili, svoltesi perfettamente e senza casi. A livello europeo ci sono le bolle previste a novembre per le qualificazioni agli Europei delle nostre Nazionali: le azzurre giocheranno nella bolla di Riga e gli uomini in quella di Tallin. Il FIBA Europe Board ha deciso inoltre che anche la finestra di febbraio 2021 si svolgerà in bolle. E poi c’è anche l’Eurolega femminile, che ha significativamente modificato la sua formula, che ora prevede 4 gironi da 4 squadre e due bolle per lo svolgimento della regular season. La prima sarà dal 29 novembre al 5 dicembre: Il Fener di Zandalasini giocherà “in casa” nella bolla di Istanbul, mentre Schio è in attesa di capire se la sua destinazione sarà Girona o Sfantu Gheorghe, in Romania. Questo sistema di bolle e mini lockdown, a mio avviso, potrebbe in qualche modo anche garantire lo svolgimento dei campionati giovanili e regionali, per non perdere per strada generazioni promettenti e tesserate. Mi immagino una serie di “concentramenti” di 3-4 giorni, a mo’ di finali regionali o nazionali con gironi all’italiana, dilazionati nel tempo. Magari uno ogni 30 giorni. Ad ogni bolla si ha una squadra vincitrice e, al termine della stagione, una classifica e un vincitore generale, proprio come succede già nel World Tour 3x3 o nel ATP Tour del tennis. Certo, sostenere i costi non sarebbe facile, ma se davvero il Governo stanzierà a breve i 50 milioni a fondo perduto per ASD e SSD da erogare entro novembre ci si potrebbe ragionare. Per quanto riguarda la possibilità di ritagliarsi giorni liberi per giocare, invece, non credo ci sarebbero grandi problemi, visto che ormai tra smart working e studio a distanza stiamo imparando ad organizzare in maniera più proficua il nostro tempo. Questa è chiaramente una provocazione, ma non dimentichiamoci che lo sport muove 1.000.000 di lavoratori, 100.000 centri sportivi e 20.000.000 praticanti, e che è fondamentale per il nostro benessere fisico e psicologico!
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