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traks magazine Numero 39 - gennaio 2021
EVANICOLE BEPPE CUNICO BLU
MEISE OREMETA SATIVA ROSE
sommario 4 Evanicole 8 Meise 12 Beppe Cunico 16 Oremeta 20 Blu 24 Muna∞B 28 Sativa Rose 32 Kaouenn 36 Smoking Tomatoes
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EVANICOLE
“Almeno come” è il nuovo singolo della precocissima cantautrice, che ha idee molto chiare sul futuro e un talento pop ancora in esplosione
Ci presenti il tuo progetto? Evanicole è una mia personalissima esigenza di dare voce a tutte le parti di me che io sento differenti dal mondo, uniche. Quelle facce di me che prima mi tenevano zitta e ferma con le mani legate e ora mi fanno sentire forte, autentica. Voglio che chiunque si senta o si sia sentito così, si renda conto che non ha un problema bensì un super potere. Come nasce Almeno Come? Almeno come nasce da una liaison tra due anime simili che si incontrano in momenti differenti della vita. Una metà cammina dritta sulle proprie gambe, l’altra fa fatica a tenersi in piedi. Non si abbracciano, si sfiorano e basta. Ma ognuna strappa dall’altra un pezzo
cover story
che porta sempre con sé. Almeno come ci insegna che in amore ci si può dividere senza ferirsi reciprocamente. Com’è stato lavorare al video? È stato come sedersi a osservare la costruzione di una realtà nella quale anche io prendevo, mano a mano, forma. Lavorare assieme a dei professionisti è un’opportunità gigante, sai quante cose si possono imparare sul set di un video? Inoltre ho avuto la fortuna di incontrare Manuel Guaglianone (il regista) che ha saputo letteralmente leggere nella mia testa e creare un prodotto che rispecchiasse totalmente il messaggio del brano. Tre nomi di tuoi punti di riferimento nella musica italiana Nella mia testa c’è un podio davvero troppo affollato. Ci provo, in ordine sparso: De Andrè, Donà, Consoli. Che cosa ti aspetti dal 2021? Non vedo perché dovrei aspettarmi qualcosa da 4 numeri! Da me, invece, mi aspetto tanto lavoro e tanto sudore al fine di rendere questi mesi il più possibile produttivi. Oggi si fa davvero molta
fatica ad immaginarsi un domani, ma proprio per questo dobbiamo continuare a costruire. Un abbraccio, Eva!
MEISE Un ep omonimo e la paura di essere frainteso: il giovane cantautore tra le opportunitĂ della comunicazione e le speranze per il futuro
l’intervista
“Meise non è altro che l’esternazione dei miei sentimenti, senza la paura di essere giudicato o frainteso”: così ti presenti in sede di comunicato stampa. Quindi la paura di essere giudicato o frainteso caratterizza la tua vita “non artistica”?
Tre nomi di artisti italiani che ti piacciono particolarmente? Non ho un grande cultura musicale italiana, direi i Tre Allegri Ragazzi Morti, Young Miles, Taxi B. Altri nomi non mi vengono in mente ma semplicemente perché non ascolto spesso musica italiana, mi piace molto la scena alternativa estera. Che cosa ti aspetti dal 2021? Spero di poter andare avanti con il mio percorso e scrivere ancora, vorrei anche esibirmi dal vivo.
Sicuramente sono più attento a cosa dico, con le canzoni posso anche comunicare tra le righe mentre durante la vita di tutti i giorni a volte si è anche troppo impegnati dal lavoro o dallo studio per parlare dei propri sentimenti. Ci racconti la genesi dell’ep “Meise”? Rappresenta una parte di me di cui volevo parlare e che non ho mai fatto prima. Ho “sfruttato” un periodo dove forzatamente dovevo stare a casa per registrare i provini e trovare Grifo Dischi. Racconti le canzoni dell’ep come una sorta di terapia contro i disagi del lockdown. Ti sei rimesso a scrivere anche durante la seconda ondata? E funziona ancora allo stesso modo? Scrivo ogni volta che mi viene in mente qualcosa da dire, non funziona allo stesso modo altrimenti rifarei lo stesso ep con le stesse emozioni. Dipende da quello che sto vivendo nel momento in cui scrivo, credo, cerco comunque di imprimere il mio mood nella maniera più coerente possibile. 10
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BEPPE CUNICO
“Passion, Love, Heart & Soul” è l’ultimo lavoro del musicista, influenzato dal prog ma con brani basati sull’oggi
l’intervista
Ci presenti il tuo progetto? Il progetto nasce per dar voce e musica alle sensazioni provate durante il concerto di Steven Wilson del 26 aprile 2016, al Rossetti di Trieste. Quella serata magica mi ha trasformato in un cantautore. E da li è iniziato un percorso molto impegnativo. Da bat-
terista prima e sound engineer poi, ho iniziato a studiare chitarra e canto. comporre le canzoni, sfruttando ogni frame libero della giornata. Le canzoni che scrivi nascono
spesso da esperienze personali dirette. Trovi naturale raccontare di te o ti trovi meglio a scrivere di storie altrui? Sicuramente interpretare le mie esperienze mi riesce piĂš coinvol14
Ti ispiri apertamente al prog degli anni ‘70. Non c’è niente che salveresti della musica di oggi? C’è sempre buona musica da salvare, basta cercare. Sicuramente le major e i network promuovono principalmente brani usa e getta, dove importanti sono l’estetica, le visualizzazioni e NON la qualità artistica e la ricerca sonora. Fare musica suonata e ricercata comporta impegno e tempo e solo pochi hanno la voglia di cimentarsi e poi di questi tempi, molti sono frenati dalla precarietà insita nel mondo attuale della musica.
gente, perché vengono dal profondo. Poi alcune storie riguardano altri, ma in ogni modo sono fatti che mi hanno colpito e quindi fatto riflettere e prendere una posizione al riguardo. Ci racconti qualcosa di più di “Silent Heroes”, primo singolo del disco? Dopo aver completato la pre-produzione a casa di circa 20 brani, ho scelto le 10 da mettere in “bella copia”. Ma appena vista l’ultima puntata della serie HBO su Chernobyl, ho preso la mia Martin e composto di getto musica e testo di Silent Heroes. A distanza di anni ho rivissuto quei momenti, ma con una consapevolezza molto maggiore della gravità dell’accaduto e mi ha fatto riflettere sullo spirito altruista e di abnegazione delle persone semplici e di come il regime mentisse alla popolazione, per puro ego imperialista. Ad ogni modo, le stesse parole valgono anche per gli attuali schieramenti politici, dove la menzogna, l’avidità e la corruzione dilagano e a farne le spese è sempre il cittadino onesto. 15
OREMETA Tre amici di Ostia Lido ma anche tre menti capaci di viaggiare e di immedesimarsi in altre culture, come dimostra il nuovo “Saudade”
Ci presentate il vostro trio? Hola siamo gli Oremeta.Siamo tre amici di Ostia Lido, durante il lockdown abbiamo condiviso gli stretti spazi di casa, e per rimanere vivi “dentro” abbiamo deciso di
l’intervista
Bakarak è un pezzo di cuore. Nasce da una riflessione fatta con un amico congolese tempo fa. Parlammo del fatto che quando lasci la tua casa, e continui la tua vita in un altro paese, potrai parlare e comunicare in una nuova lingua, ma probabilmente continuerai a sognare e a pensare nella tua lingua madre. Questo pensiero diede vita a un flusso di coscienza che racchiude le storie di molti, anche le nostre. Questo brano vuole raccontare le emozioni di chi viaggia, o di chi è costretto a partire. Dover dire addio a una persona, ma continuare a immaginarla crescere, continuare a sognare in arabo, dovendo parlare in francese, guardare il mare immaginando l’altra riva. Qualche nome che vi piace particolarmente della musica italiana di oggi? Dario ultimamente ascolta principalmente musica latinoamericana, ma in quanto ad artisti italiani apprezza Moses Concas, Claver Gold, Murubutu, Dutch Nazari, Tedua, Vinicio Capossela, Lanz Khan. Giulio ha ascoltato molto il
comporre dei brani che raccontassero il nostro stato d’animo. Chiara Pisa, attrice, cantante e insegnante di teatro, Giulio Gaigher, batterista e compositore, Dario Cangreo, artista di strada e viaggiatore. Non nascondete le influenze del lockdown su questo album. Pensate che in condizioni “normali” sarebbe stato molto diverso? Sicuramente. La nostra musica è nata dal nostro desiderio di libertà, dalla nostra convivenza prolungata e dalla condivisione delle piccole cose, e quindi ci viene spontaneo pensare che in condizioni “normali” avremmo avuto altre spinte e altre ispirazioni, e quindi sicuramente il disco avrebbe avuto un suono differente. La musica ha un grandissimo potere curativo, e se a oggi siamo così legati ai brani del nostro album è perchè il comporli ci ha aiutato a rimanere centrati su noi stessi, a mantenere un equilibrio e una certa scintilla interna. Mi piacerebbe saperne di più a proposito della nascita di Bakarak, che apre l’album 18
te dopo la fine della pandemia? Sicuramente un viaggio tra le realtà sociali e culturali del sud Italia, e poi chissà probabilmente Andalusia e Portogallo. Quando questa situazione finirà ci piacerebbe viaggiare portando la nostra musica da una regione all’altra, vivendo tutto ciò che per molti mesi abbiamo soltanto sognato. Citando un nostro brano: “...e se nello zaino ho costumi e cappotti è perchè non so quanto durerà il viaggio”.
maestro Max Gazzè, poeta e grande musicista, e negli ultimi tempi ha seguito con piacere il percorso di Willie Peyote, apprezzando la sua capacità di mescolare sonorità hip hop, soul, funk e indie pop. Chiara ascolta Levante quando vuole cantare a squarciagola, Caparezza quando c’è bisogno di muovere il corpo senza mai trascurare le parole, e Cosmo quando necessita di viaggi mentali. Qual è il primo viaggio che fare19
BLU
Una storia d’amore negata alla base di un concept album e molti progetti all’orizzonte per un cantautore molto giovane
l’intervista
Ci racconti chi è Blu? Blu è un ragazzo di 22 anni che canta e ha potuto vivere da vicino il mondo dell’arte e dello spettacolo sin da quando era piccolo. Si ritiene una persona eclettica, sensibile e determinata.
Il tuo concept album nasce da una sofferenza d’amore. Ti è pesato esporti così in prima persona? Affatto. L’amore per me è un sentimento puro che va rispettato. Il disco esiste proprio perché a questo sentimento è stata negata la possibilità di concretizzarsi, in quanto troncato sul nascere a causa di un pregiudizio di un genitore. Che esperienza è stata Area Sanremo? Area Sanremo è un’esperienza a tutti gli effetti. Mi piace molto come format perché oltre alle audizioni è previsto proprio un percorso di formazione di più giorni che consente a chi vi partecipa di tornare a casa con un piccolo “bagaglio” a prescindere dal risultato del concorso. Che progetti hai per il 2021? Promuovere e far conoscere il più possibile questo mio primo disco, nella speranza di poter tornare presto a fare musica dal vivo. Tutto ciò mentre sogno Amici di Maria De Filippi.
MUNA∞B
Nati dall’incontro tra due band diverse, portano avanti il verbo del rock anche grazie al nuovo lavoro, “Sankalpa” Come nasce la band? I Muna∞B nascono dalla fusione di due band che compongono 3/4 della line up attuale. Marco Bellone (voce, chitarra e synth.) e Nicola “drum” Tortorella (batteria) arrivavano dall’esperienza dei Muna. Aldo Vallarelli (chitarra solista), invece, dal suo precedente progetto S.U.F.I. Successivamen-
verso un rock più robusto. Ci raccontate qualcosa delle ispirazioni e delle aspirazioni del vostro primo ep? L’idea alla base di questo esordio discografico era quello di fare una sintesi di ciò che avevamo presentato live negli ultimi due anni, offrendo all’ascoltatore tutte le sfaccettature del sound della band. Quindi il primo passo è stato quello di scegliere quattro brani dalla scaletta (al tempo contava già una ventina di pezzi), che rispettassero i propositi che ci eravamo prefissi. Da qui lo spunto per il primo inedito scritto per
te si è unito alla banda Fabrizio Patella “Joker” (basso). I Muna e i S.U.F.I, nei loro anni di attività, avevano condiviso tante serate nei club più in voga della capitale (molti dei quali, purtroppo, oggi non esistono più), per cui, quando Marco ha deciso di mettere su un nuovo progetto la fusione tra alcuni membri delle due band è stata quasi fisiologica. Per il nome, Marco voleva che ci fosse un legame col suo precedente progetto, di cui era anche il fondatore. Quindi, Muna∞B, dove il simbolo dell’infinito sottolinea il legame di continuità, le sonorità invece, virano 26
l’occasione, “SANKALPA” che in sanscrito significa appunto “proposito”, un pezzo decisamente rock. Dopo è arrivato anche il secondo inedito “POP”. Per quanto riguarda le aspirazioni... è semplice, suonare questi brani e tutti quelli in scaletta il più possibile in giro per l’Italia. Qual è stata la genesi di “Pop”, che avete anche scelto come singolo di lancio? Questa canzone nasce come incentivo (per noi, ma rivolto a tutti) a non piegarsi al volere altrui, se questo non ci fa essere onesti con noi stessi. Quindi scrivere una canzone dal titolo POP, per una band rock è stata la giusta chiave, ironicamente provocatoria, per trattare questa tematica. In effetti, musicalmente la canzone lotta con se stessa, inizia con un andamento prettamente pop fino a esplodere in soluzioni più distorte. Una sorta di sfogo represso. Non è raro oggi che molte band si sentano represse e siano obbligate ad accettare malvolentieri compromessi in nome del “mercato”. Per una band come la vostra im-
magino che l’astinenza da live sia particolarmente pesante. Come la state sconfiggendo? Purtroppo non abbiamo una soluzione, come nessuno in questi tempi. Esistono gli streaming, certo, ma un live non può definirsi tale senza la presenza del pubblico. Ci manca questa dimensione, ma oggi non possiamo fare altro che rinchiuderci in sala prove per affinare gli arrangiamenti di una scaletta che non vede l’ora di abbracciare il pubblico e di fare ruggire gli amplificatori sul palco. Nell’attesa, non ci resta che sperare che tutto questo finisca il prima possibile e che si torni a godere in libertà delle cose che ci fanno stare bene. Un augurio rivolto a tutti. Quindi a presto e lunga vita alla musica e lunga vita al rock!!! 27
SATIVA ROSE Rimandato di qualche mese, “Rumore bianco” è il nuovo album, tra piccoli indizi di autobiografia e sperimentazione Il progetto Sativa Rose nasce nel 2012 ma ha subito svariati stop. Con che spirito ti sei messo al lavoro sul disco? Il disco doveva chiudere un primo ciclo iniziato nel 2018, per cui c’era una certa impazienza... ma anche molto entusiasmo. Lavorare con Marta allo Studio Nero è stata una bella esperienza. Nonostante qualche tensione organica, magari tra musicisti, e i proverbiali ritardi; c’è stato un clima disteso e molto sinergico attorno alla realizzazione dei brani. L’uscita del disco è stata rimandata per i noti motivi. Hai approfittato del tempo intercorso per andare magari a correggere lievissime imperfezioni che sentivi solo tu, oppure hai lasciato tutto com’era?
Poter tenere le redini di un progetto sicuramente semplifica il processo di elaborazione e di scelta in fase di realizzazione; il lavoro risulta più fluido e coerente. Per il resto, il disco sarebbe dovuto uscire a inizio maggio 2020 e le versioni definitive erano pronte già a febbraio… non sono state rimaneggiate, ho lasciato tutto com’era. Vorrei capire qualcosa di più di Rumore bianco, intesa come traccia conclusiva dell’album. Come nasce e perché ha dato il titolo al disco? Il rumore bianco è il suono di cui ho bisogno la notte per riuscire ad addormentarmi, ma è anche un binomio allegorico, se ci pensi. “Com’è difficile restare calmi e indifferenti mentre tutti intorno fanno rumore”… ho pensato che
l’intervista
co” nasce seguendo i criteri “compositivi” di un brano di musica concreta, pur essendo un brano avant-garde, nato per “sfruguliare” l’ascoltatore. Una caratteristica peculiare di questo genere, infatti, è quella di infrangere le regole della tradizione popolare e di trascendere i principi compositivi preconcetti, così come la comfort-zone degli ascoltatori. Ricerca di novità, nella forma e nello stile, al fine di rendere il suono evocativo. Questo crea un mondo sonoro misterioso... Affascinante, in qualche modo. Perchè porta alla luce i frammenti dell’inconscio attraverso flussi di coscienza, in modo che idee apparentemente non correlate tra loro si intreccino su più livelli, andando a formare un corpo unico. Come succede in una conversazione, dopotutto. Tre nomi che ti piacciono particolarmente della musica italiana di oggi Mi metti in difficoltà… “piacciono” e “di oggi” non saprei. interes-
Rumore Bianco riassumesse bene la frenesia dello stile di vita occidentale. Ha dato il titolo al disco perché ne riassume il senso, a un livello più profondo e inconscio. Rumore Bianco brano, parla di me artisticamente. È un’improvvisazione sperimentale e l’unica traccia del disco interamente realizzata da me. Tra i miei progetti musicali, paralleli a Sativa Rose, ne esisteva uno in cui registravo queste lunghe improvvisazioni, che in seguito riascoltavo, miscelavo e producevo. “Rumore Bian30
santi, invece, ti direi: Murubutu, Post Nebbia e Meise. Che progetti hai per l’immediato post-uscita del disco? In questo settore si vive alla giornata, oggi più che mai. Chiunque adesso ti parlasse di programmi per quest’anno, calendarizzati e certi, mentirebbe. Vedi: ogni equazione possibile poggia su di una scommessa, di cui nessuno può sapere l’esito. Già a marzo annunciai che in ogni caso non avrei suonato per scelta fino a giugno 2021; ma, se me lo chiedessi adesso, probabilmente ti direi fino marzo 2022. Non mi sembra il momento di guardare al proprio orticello, e fortunatamente non ho esigenza di uscire dal vivo per sbarcare il lunario. Per adesso, è importante guardare al futuro con ottimismo. Nella speranza di poter tornare alla normalità il prima possibile. Non parlo solo della musica… penso ai liceali, che stanno perdendo gli anni più belli della loro vita chiusi in casa, in molti casi senza apprendere niente. Penso ai pensionati, sempre più soli, sempre più tristi.
Alle coppie con una relazione a distanza, che vivono ogni saluto come un addio… Ai single che affogano nell’alcol la mancanza di calore umano; alla gente che perderà il lavoro, agli imprenditori che falliranno… credo che occorra un po’ di umiltà e tanta empatia in momenti del genere. Io sono un ostinato ottimista, per cui riesco a vedere sempre il bicchiere mezzo pieno, e sono certo che passerà anche questa. Solo, resto scettico sul “quando” e sul “come”. “Sperare per il meglio, ma prepararsi al peggio”: l’importante è “starci” con la testa, non affliggersi, non disperare. Trovare dentro di sé la forza per ripartire, sempre. La pandemia ha accelerato dei processi in atto da anni, che necessitavano di una “spinta” per riuscire ad imporsi. In un periodo di cambiamento radicale, nuove opportunità nascono tutti i giorni; anche se non so quante di queste coinvolgeranno il settore musicale-discografico… noi altri, finché non risolveremo il problema del Value Gap, non ci sentiremo mai realmente al sicuro. 31
KAOUENN
Anima nomade ma anche pragmatica, “vittima” di troppi traslochi, l’artista ha in uscita il proprio nuovo lavoro, “Mirages”
l’intervista Partiamo da una considerazione generale: sei un’anima nomade. Come stai vivendo questo obbligo alla stanzialità di questi mesi di pandemia? È vero, il mio spirito è in perenne ricerca di scoperte per crescere e rielaborare nuovi equilibri. Ma, al tempo stesso, sono piuttosto pragmatico. Nel 2020 ho avuto la fortuna di focalizzarmi su eventi molto positivi, che hanno drasticamente allentato la morsa della depressione legata al contesto storico: la finalizzazione di questo album già in stato avanzato di lavorazione, il battesimo di un nuovo progetto musicale parallelo, e, soprattutto, la nascita di mio figlio. Energie positive indispensabili per guardare avanti. Ci vuoi raccontare come sono andate le lavorazioni di “Mirages”? La realizzazione di questo album è stata piuttosto dilatata nel tem-
mica che atmosferica - al centro del sound, dopo l’album d’esordio e i relativi concerti ho iniziato ad avere maggior consapevolezza su come far evolvere la sua personalità: maggior spazio al rock psichedelico declinato da chitarre acide, fiati al delay, e ossessive ritmiche di percussioni. Ci parli degli ospiti del disco? Con Above The Tree siamo amici da oltre 15 anni: siamo cresciuti nelle Marche a pochi chilometri di distanza e spessissimo, dalla seconda metà degli anni ‘00, le nostre strade si sono incrociate. Oltre che musicisti, siamo stati sempre attivi nell’organizzazione di eventi/festival/rassegne ed agitatori dell’underground, Marco con le associazioni Marinaio Gaio e Casa della Grancetta a Senigallia, io con l’associazione Valvolare a Jesi. Da one-man-band sono sempre stato rapito dal suo sound minimale e visionario, sicuramente una fonte d’ispirazione. Sara Ardizzoni, invece, l’ho conosciuta grazie ad una trasmissione radio: era il 2016 ed eravamo nel pieno della promozione del mio album
po rispetto a quello dell’esordio. È dal 2015 che registro e produco i miei lavori in casa, e questa la ritengo una soluzione molto adatta a me. In passato mi era capitato di soffrire certe tensioni da studio di registrazione e, soprattutto, avere tutto a portata di mano mi agevola a fissare le idee e le atmosfere, facendo la differenza. Il problema è stato che, da settembre 2016 a oggi, ho traslocato troppe volte: 8 appartamenti in 4 città diverse, tra Italia e Francia. Ecco, questo non ha sicuramente dato una mano ad avere quella tabella di marcia serrata che molti musicisti ritengono oggi indispensabile per la carriera. Altrimenti lo scheletro di questi brani e l’idea di come dovessero suonare l’avevo già da diverso tempo. Hai cercato un’ibridazione di generi. Quali sono stati i cardini fissi, ammesso che ce ne siano stati, che hai utilizzato per muoverti fra le varie sonorità? Sicuramente mi sono lasciato più andare all’istinto rispetto al passato. Se Kaouenn nasce con l’idea di mettere l’elettronica - tanto rit34
strepitosi! Quali saranno i tuoi prossimi passi? Visto che non si possono fare previsioni sulla ripresa dei concerti, inizierò a lavorare a nuove tracce con l’obiettivo di far uscire almeno un nuovo singolo dopo l’estate. Nel frattempo usciranno due nuovi video estratti da questo album, nonché il remix che ho realizzato per un artista veneto della mia stessa etichetta. Non ci si annoia mai.
d’esordio e del suo secondo album come Dagger Moth. Fu trasmesso il mio singolo in chiusura della puntata dedicata a lei. Il suo sound mi folgorò al primo ascolto: lei, one-woman-band, proponeva un mix personalissimo di rock d’autore ed elettronica dal grande fascino e con una tecnica chitarristica sopraffina. Non a caso, ora collabora con Massimo Volume e Cesare Basile. Bravissima. Entrambi i loro contributi a questo disco sono per me, a dir poco, 35
SMOKING TOMATOES
“Make the Choice” è il nuovo ep della band proveniente dai Castelli Romani, che ci racconta esperienze e aspirazioni
> 1) Ci racconti chi sei? > Sono una persona profondamente innamorata dell’arte, della bellezza. > Per anni ho rifiutato l’etichetta di artista. Adesso ha un suono dolcissimo e delicato. > Credo che la vita sia semplice: una volta capito quello che ami, basta seguirlo. > > 2) Come sei arrivato alla scelta dei cinque pezzi dell’ep? E’ la > fotografia del momento oppure le accumulavi da un po’? > La fotografia del momento non direi. Possono esserci dei richiami ma non sono voluti perchè il lavoro è antecedente a questa situazione che stiamo vivendo. > Il fatto che ci siano echi di cio’ che stiamo attraversando mi fa molto piacere: ci abbiamo visto lungo (ahah). > La scelta è arrivata seguendo una semplice regola: dare un’immagine di me che fosse fedele alla musica che sto scrivendo. > E quindi puoi sentire il Jaguaro e poi passare a Non è un Problema. Puoi sentire Meglio Morire e poi trovarti in un’atmosfera come quella di E aspetto te. > La musica, come tutta l’arte, ha bisogno di confini. Compito dell’artista è quello di trovare quelli giusti. > > 3) Come nasce “Il jaguaro” e perché l’hai scelta come singolo? > Il Jaguaro è una descrizione piuttosto romanzata di un amico. Ha attraversato un momento complicato e si è trovato tanta gente che, invece di comprendere e fare uno sforzo di empatia, ha preferito la via piu’ semplice: giudicare e puntare il dito. L’ho scelta perchè è una canzone a cui sono molto legato e perchè eravamo convinti che fosse un gran bel pezzo. > > 4) Chi sono i tuoi punti di riferimento musicali? > Attingo molto dal passato, sia in ambito internazionale che nazionale. Rolling Stones, Beatles, Dylan, Prince, M. Jackson, Bowie; Battisti, Dalla, Rossi, Rossini, Battiato e Rino Gaetano. > > 5) La promozione live al momento sembra impossibile. Quali saranno i > tuoi prossimi passi? > Lavorare con quello che è possibile maneggiare. I social (internet in generale) al momento sembra l’unica via per poter arrivare a un certo numero di persone. Abbiamo già diverse idee in mente, ci stiamo lavorando e sono molto fiducioso.
l’intervista
Ci presentate la vostra band? Ciao! Noi siamo gli Smoking Tomatoes, una band formata da quattro tipi provenienti dai Castelli Romani. Se amate il rock, i riff di chitarra, i groove trascinanti
e il funk, noi abbiamo fuso tutto questo in una miscela altamente esplosiva e siamo quello che fa per voi. Avete di recente pubblicato un ep, “Make the Choice”: ci raccontate ispirazioni e obiettivi del disco? Dopo diverso tempo in cui ci esibivamo dal vivo con i nostri brani, era giunto il momento di metterci in gioco e per fare questo ci serviva registrare i nostri pezzi, in modo da poterli far ascoltare anche a chi non poteva seguirci dal vivo.La scelta è stata quella di registrare un EP, selezionando 5 canzoni che riassumessero al meglio quello che è stato il nostro percorso fin qui. La scelta del sound giusto ci ha impegnato parecchio, ma alla fine il risultato ci ha pienamente soddisfatto e siamo molto orgogliosi del lavoro svolto. Il titolo “Make The Choice”(artwork subito sotto) si riferisce a tutto questo, alle scelte che abbiamo fatto noi come band, alla scelta di metterci in gioco. Come avete vissuto l’esperienza di Sanremo Rock?
Fondamentalmente è stata un’occasione per tornare dal vivo dopo la quarantena di marzo-giugno. La manifestazione in sé non ci ha entusiasmato molto ma ci siamo divertiti ad ascoltare tante band, è 38
una cosa molto positiva Quali sono i vostri piani per il futuro prossimo? Appena finita la crisi sanitaria vogliamo subito riprendere da dove abbiamo interrotto, facendo tanti
concerti e divertendoci. Nel frattempo, tanto lavoro in vista album! Il nuovo materiale è quasi pronto e stiamo già pianificando tutto il contorno.
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