CASA&CLIMA #97

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EDITORIALE

L’eterno problema della giustizia in Italia

ANGELO ARTALE, Direttore Generale Finco

Una levata di scudi delle toghe contro la riforma annunciata dal Guardasigilli, Marta Cartabia. Ma il Ministro non torna indietro (salvo qualche compromesso) e ribadisce la necessità e l’indifferibilità della riforma, come peraltro reclama anche l’UE

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ra gli obiettivi richiesti dall’Europa ai fini del riconoscimento delle risorse PNRR vi sono una serie di riforme strutturali, tra cui quella della giustizia, certamente non ultima per importanza anche e soprattutto per il mondo delle imprese. Assistiamo in questo periodo a una levata di scudi dei magistrati, in particolare per la riforma del CSM (Ddl 2681) che il Governo ha licenziato e la Camera dei Deputati appena approvato al momento in cui scrivo. Ho più di un amico magistrato e certo questo articolo non rinsalderà tale amicizia, ma tant’è. Dichiaro subito, infatti, che si tratta di una levata di scudi degna di miglior causa. Addirittura con minaccia di scioperi che vedrebbero per una volta tutte le correnti unite (già la parola “correnti” stona per chi deve amministrare la giustizia; senza contare che appare alquanto singolare – e uso un eufemismo – che chi è chiamato a far rispettare le leggi scioperi quando una di esse non è gradita). Molti magistrati, dobbiamo dirlo, compiono il loro dovere in condizioni di lavoro talvolta davvero incresciose e in solitudine, ma il fatto è che la giustizia non funziona, o funziona con tempi sideralmente troppo lenti, lesivi della certezza del diritto e, per quanto riguarda il

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fare impresa, pregiudizievoli dell’attrattività del nostro Paese. E dobbiamo dire anche questo: ciò accade non solo per la scarsità di mezzi e di risorse umane, che pure è un tema serio – come viene sempre ripetuto a ogni apertura di anno giudiziario – ma anche per l’autoreferenzialità di alcuni magistrati che nulla ha che vedere con l’esigenza di non subordinare un giudizio spesso delicato a criteri di efficienza più tipici, essi lamentano, del mondo aziendale. Possiamo essere d’accordo sul principio. Ma est modus in rebus! In taluni casi siamo, infatti, non alla discrezionalità, ma all’arbitrio, e i magistrati non pagano mai pegno rispetto ai tempi che assicurano o che non assicurano e all’impegno che mettono o non mettono (durante il Covid-19 è stato abbreviato l’anno giudiziario, i permessi per maternità sono monstre etc.), senza parlare di talune indifendibili sentenze che vengono emesse. È appena il caso di sottolineare che comportamenti censurabili, omissivi, di distacco ingiustificabile e semipermanente in ruoli dell’Esecutivo o delle Commissioni, e talvolta addirittura faziosi, non riguardano certo tutti i magistrati. È ovvio che non si può generalizzare. Lo dico


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