Produzione & Igiene
SPECIALE
IMPIANTI E TECNOLOGIE Blockchain, digitalizzazione, transizione 4.0 e biotecnologie: soluzioni per ottimizzare i processi, ridurre il consumo delle materie prime e abbassare i costi
BIMESTRALE – EDITORE QUINE Srl – 20141 MILANO – VIA G. SPADOLINI, 7 ISSN 1721-5366
ATTUALITÀ DIRITTO ALIMENTARE Allerte alimentari: le nuove linee guida al banco di prova
PEST MANAGEMENT INSETTI UTILI Il percorso che conduce al controllo sostenibile
FOCUS CARNI E SALUMI Sfruttare i fondi del PNRR, tra sostenibilità e innovazione tecnologica
DIGITALE E NUOVE TECNOLOGIE Le opportunità per l’Agrifood www.alimentinews.it
N°5 OTTOBRE 2021
Una buona protezione
a custodia della Qualità CIP, è in grado di formulare rivestimenti protettivi utilizzando ingredienti ecosostenibili di derivazione vegetale che sono sia rinnovabili che compostabili. CIP è da sempre impegnata nel continuo studio dei materiali per cercare di ridurre l’impatto ambientale, ricercando soluzioni ecologiche e migliorare la sicurezza alimentare, ed offrire prodotti di qualità al tempo stesso sostenibili.
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Nella nostra ampia gamma proponiamo una nuova tipologia, Parafluid Natural, formulato per ridurre la quantità di plastica e proteggere la qualità del formaggio oltre a conferire un aspetto naturale molto gradevole. Tra i nuovi prodotti abbiamo EDICOAT FOOD, un coating completamente edibile e naturale, costituito da materie prime appositamente selezionate derivanti da fonti vegetali, aromi che conferiscono un profumo e anche un colore alla superficie dell’alimento trattato, esenti da sostanze OGM e allergeni. Preparati con diverse viscosità per soddisfare le varie esigenze di applicazione.
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PROFESSIONE
L’innovazione digitale a supporto della qualità alimentare e della sostenibilità
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l mondo delle imprese alimentari sta attraversando quella che viene definita la “quarta rivoluzione industriale” conosciuta anche con il termine “Industria 4.0” che identifica un modello di produzione e gestione aziendale
Il passaggio a smart delle aziende alimentari può portare a notevoli benefici sia dal punto di vista produttivo che economico DARIO POSILLIPO Vicepresidente Consiglio Nazionale Ordine Tecnologi Alimentari
ANGELA CICCAGLIONE OTA Basilicata
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basato principalmente sulla digitalizzazione. Secondo i dati del Ministero dello Sviluppo Economico, grazie al Piano Nazionale Industria (PNI) 4.0 2017-2020 che ha favorito gli investimenti privati in
tecnologie digitali, innovazione e R&S, il 60% delle aziende del settore alimentare ha investito in innovazione. Le aziende agroalimentari si confrontano quotidianamente con i cambiamenti che interessano gli stili di vita e alimentari dei consumatori che si riflettono sul concetto di qualità alimentare. Oggi il consumatore non guarda più solo agli aspetti legati al gusto del prodotto ma è sempre più orientato agli aspetti nutrizionali, alla sicurezza, alla provenienza della materia prima, agli impatti ambientali dei processi produttivi, alla praticità della confezione, alle informazioni contenute in etichetta. È in questo contesto che si trovano le ragioni che spingono le aziende alimentari ad investire nell’industria 4.0. L’innovazione digitale viene utilizzata per differenziare la qualità di origine dei prodotti ma anche per i prodotti che aderiscono a disciplinari di provenienza e di produzione. Ha impatto sui metodi di produzione al fine di differenziare il prodotto per aspetti legati alle tradizioni agroalimentari, agli impatti ambientali o al rispetto del benessere animale. È utilizzata anche per controllare l’aspetto e le caratteristiche sensoriali
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PROFESSIONE
del prodotto. Garanzia di sicurezza per i consumatori ma anche per i produttori è la tracciabilità alimentare. Le aziende del Food and Beverage sono sempre più spinte verso l’utilizzo di etichette intelligenti che vedono l’applicazione di tecnologie quali Rfid (Radio-Frequency Identification), Smart-tag e Blockchain per assicurare la trasparenza della catena alimentare. Ma c’è molto altro, la digitalizzazione dell’industria 4.0 ha un ruolo fondamentale anche per combattere le perdite e gli sprechi alimentari. L’analisi dei dati per conoscere le preferenze dei consumatori ottenute tramite app aiutano le aziende a produrre prodotti sempre più in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori diminuendo così gli sprechi. L’utilizzo ormai di Internet of Things (IoT) e del Blockchain, consentono invece di migliorare sia i sistemi di approvvigionamento ma anche la raccolta dei dati direttamente sul campo, necessari per prevedere ulteriori modifiche o miglioramenti del prodotto intervenendo in anticipo sulle perdite. L’industria 4.0 si lega al concetto di
smart factory, un approccio nuovo al modo di intendere l’azienda di produzione, in cui un sistema informatico interagisce e controlla l’ambiente fisico. È chiaro che il passaggio a smart delle aziende alimentari può portare a notevoli benefici sia dal punto di vista produttivo che economico. Nonostante ciò molte aziende non ancora affrontato il cambiamento della digitalizzazione per mancanza di risorse economiche o scarsità di informazione e formazione sull’argomento. In questo contesto è chiara l’importanza della figura del Tecnologo Alimentare che supporta le aziende verso il cambiamento individuando la giusta tecnologia orientata alla sostenibilità e alla sicurezza alimentare. Primo passo sarebbe portare l’azienda alimentare all’utilizzo di un piano di autocontrollo automatizzato, utilizzando le tecnologie Blockchain e l’IoT. Il sistema limiterebbe l’uso delle risorse umane e garantirebbe la tracciabilità dal produttore al consumatore. In questa ottica è fondamentale la presenza nel team delle aziende specializzate nella produzione di sistemi
L’industria 4.0 si lega al concetto di smart factory in cui un sistema informatico interagisce e controlla l’ambiente fisico
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Garanzia di sicurezza per i consumatori ma anche per i produttori è la tracciabilità alimentare
di integrazione digitale per il settore alimentare di una competenza tecnica, di un professionista come il Tecnologo Alimentare. La digitalizzazione in un periodo come quello che stiamo vivendo di emergenza pandemica è la soluzione alle conseguenze che il settore alimentare ha subito e al cambiamento delle esigenze del consumatore. Il Covid-19 ci ha costretti a porre sì maggiore attenzione alla trasparenza del prodotto e alla sostenibilità della sua produzione ma ha evidenziato anche quanto sia necessario un sistema alimentare resiliente che assicuri la fornitura di cibo a tutti i cittadini e a prezzi accessibili. La trasformazione digitale ha tutte le potenzialità per creare sistemi alimentari più resilienti, efficienti e sostenibili ed inoltre è alla base della strategia Farm to Fork dell’UE, passaggio importante per il Green Deal europeo, che ha come obiettivo la sostenibilità dei sistemi alimentari che dovranno adattarsi alle crisi. In questo scenario la figura del Tecnologo Alimentare oltre che garante della qualità alimentare è il riferimento cui l’azienda alimentare si affida per mantenere la propria competitività sul mercato.
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Produzione & Igiene
IN QUESTO NUMERO...
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PROFESSIONE L’innovazione digitale a supporto della qualità alimentare e della sostenibilità Angela Ciccaglione, Dario Posillipo
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INSIGHT Le sfide del sistema alimentare post-Covid: tecnologie, sostenibilità, formazione, digitalizzazione 8 Massimo Artorige Giubilesi
INGRANDIMENTI Una mucca in un mare di plastica 10 Benedetta Bottari
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ASSOCIAZIONE DI SETTORE Valorizzare l’industria conserviera italiana 14 Francesca De Vecchi
DIRITTO ALIMENTARE Allerte alimentari: le nuove linee guida al banco di prova 18 Chiara Marinuzzi
ATTUALITÀ / SOSTENIBILITÀ
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Valorizzare le eccedenze lungo la filiera 22 a cura di Diletta Gaggia
INCHIESTA Un percorso collaborativo verso sistemi alimentari sostenibili 26 Francesca De Vecchi
PEST MANAGEMENT L’uso degli insetti utili 64 Raffaele Carella
PRODOTTI E SOLUZIONI 70
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CONTROVENTO
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Una riflessione, una constatazione e una speranza 72 Vincenzo Bozzetti
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----------------- Igiene delle superfici ----------------Sistemi e kit per verificare il livello di igiene e comprovare la pulizia di superfici e strumenti di lavoro. Kairosafe offre una rosa di prodotti per effettuare controlli sulla presenza di residui, allergeni, carica batterica, microrganismi specifici ecc (visita www.kairosafe.it).
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Produzione & Igiene
SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE MACCHINE PER L’INDUSTRIA ALIMENTARE Nuovi macchinari? Meglio ripararli Elaborazione dati Cerved Marketing Intelligence a cura di Diletta Gaggia
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INCENTIVI Transizione 4.0: quali opportunità per le aziende 36 Antonella Cattaneo
DIGITALIZZAZIONE Soluzioni digitali per l’industria alimentare 38 Andrè Muehlberger
CASE HISTORY Un’esperienza ad alto valore aggiunto 41 a cura della redazione
BLOCKCHAIN Tracciabilità di filiera: la sicurezza corre tra i ‘blocchi’ 42 Marco Zambelli
INNOVAZIONE La biotecnologia al servizio del mondo alimentare 46 Luca Ilorini
8 30 Direttore Responsabile Giorgio Albonetti
Pubblicità Luigi Mingacci - l.mingacci@lswr.it
Direttore Scientifico Massimo Artorige Giubilesi
Traffico Ornella Foletti ornella.foletti@quine.it
Comitato tecnico scientifico Giancarlo Belluzzi, Vincenzo Bozzetti, Francesco Fiorente, Gaetano Forte, Luciano Negri, Erasmo Neviani, Serena Pironi, Daniele Roseghini
ABBONAMENTI Tel. 02 88184.117 Fax 02 70057190 www.quine.it abbonamenti@quine.it www.alimentinews.it
Coordinamento editoriale Chiara Scelsi c.scelsi@lswr.it
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Costo copia singola: € 2,80
Redazione Cristina Cardinali Diletta Gaggia redazione.food@quine.it
Abbonamento annuale Italia: € 40 Stampa Aziende Grafiche Printing Srl Via Milano 3/5 20068 Peschiera Borromeo (MI)
Produzione Antonio Iovene a.iovene@lswr.it Quine Srl
Produzione & Igiene Alimenti - Bimestrale Rivista ufficiale del Consiglio dell’Ordine Nazionale dei Tecnologi Alimentari Autorizzazione del Tribunale di Milano n. 510 del 29-10-1983 Iscrizione al ROC n. 23531 dal 6 Maggio 2013 Tutti gli articoli pubblicati su Produzione & Igiene Alimenti sono redatti sotto la responsabilità degli Autori. La pubblicazione o la ristampa degli articoli deve essere autorizzata per iscritto dall’Editore. Ai sensi dell’art. 13 del Regolamento Europeo per la Protezione dei Dati Personali 679/2016 di seguito GDPR, i dati di tutti i lettori saranno trattati sia manualmente, sia con strumenti informatici e saranno utilizzati per l’invio di questa e di altre pubblicazioni e di materiale informativo e promozionale. Le modalità di trattamento saranno conformi a quanto previsto dal GDPR. I dati potranno essere comunicati a soggetti con i quali Quine Srl intrattiene rapporti contrattuali necessari per l’invio delle copie della rivista. Il titolare del trattamento dei dati è Quine Srl, Via Spadolini 7 - 20141, Milano, al quale il lettore si potrà rivolgere per chiedere l’aggiornamento, l’integrazione, la cancellazione e ogni altra operazione di cui all’art. 7 D.Lgs. 196/03.
FOCUS MEAT TECH
Testata volontariamente sottoposta a certificazione di tiratura e diffusione in conformità al Regolamento CSST Certificazione Editoria Specializzata e Tecnica
CARNI E SALUMI
Periodo 1/1/2019-31/12/2019 Tiratura media: 3029 copie Diffusione media: 2821 copie Certificato CSST n. 2019-3051 del 24/2/2020 Società di Revisione: Fausto Vittucci
Prodotti DOP e IGP “buoni” anche per l’ambiente 50 a cura di Diletta Gaggia
PROTAGONISTI
INSERZIONISTI
Beretta: un’eccellenza italiana 58 Cristina Cardinali
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Produzione & Igiene
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INSIGHT
Le sfide del sistema alimentare post-Covid:tecnologie, sostenibilità, formazione, digitalizzazione
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iamo fiduciosi che “l’arcobaleno dopo il temporale” della pandemia sia arrivato anche per il settore “F&H - Foodservice & Hospitality- Out of Home”, inteso come l’insieme delle attività riferite alla ristorazione, ospitalità, turismo, dopo che i consumi nei pubblici esercizi sono calati nel 2020 di 31 Mld di euro. L’altra parte della filiera alimentare nazionale (produzione, trasformazione, distribuzione) ha tratto profitto dall’aumento dei consumi domestici, con una spesa alimentare aumentata di 6 mld di euro in un anno. La caduta del mercato a livello globale si è riflessa inevitabilmente anche sull’export italiano, che nel 2020 è calato del 9,7%, ma che nel 2021 prevede un rialzo dell’11,3% (livelli pre-pandemici) con un balzo in avanti nel 2023 con il 24% in più rispetto al 2020 (elaborazione Pwc su dati Interscambio Settoriale Agroalimentare, Osservatorio Economico Min. Affari Esteri, Rapporto Export SACE 2021). Germania, Francia, USA sono i paesi storici a cui si rivolgono le nostre esportazioni agroalimentari e l’Italia è il terzo paese dopo Germania e Francia come export di prodotti confezionati e bevande. Le previsioni di consumo 2020-2024 segnalano tassi di crescita superiori al periodo pre-Covid sia per il commercio mondiale (olio +7,6%, pesce +7,1%) che
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per l’export italiano (pesce +9,9%, latticini +7,9%), così come nella ristorazione professionale +2,4%, nel comparto caffè e macchine +4,4%, nella panificazione e pasticceria +4,6% (fonte: World Economic Outlook del Fondo Monetario Internazionale, HOST-TTF, Export Planning). I trend sono incoraggianti per il nostro Paese: mangiamo e mangeremo sempre più “Made in Italy”, tradizionale, a filiera corta, biologico, vegetariano (e vegano), soprattutto grazie alla pandemia che ha modificato il nostro rapporto con il cibo: alimenti più sani, prodotti con meno additivi, coltivazioni e allevamenti sostenibili, tecnologie mild&soft, surgelati rivalutati. Ci sarebbe da chiedersi: dovevamo attendere la venuta del Covid per comprendere alcuni fenomeni e iniziare a imboccare strade più sensate?
MASSIMO ARTORIGE GIUBILESI Presidente Ordine dei Tecnologi Alimentari Lombardia e Liguria
Purtroppo questo sano ottimismo è stato offuscato da mesi da un grande problema: la carenza quali-quantitativa di risorse umane, ovvero una domanda elevata di personale preparato e volonteroso qualificato a cui risponde un’offerta carente a tutti i livelli: dagli
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apprendisti ai camerieri, dagli operai specializzati ai capi settore, sino ai responsabili e, in certi casi, anche le posizioni tecnico-manageriali. A fronte degli oltre 800.000 posti di lavoro calati dall’inizio della pandemia, sono circa 230.000 quelli rimasti tuttora orfani, con un calo particolarmente significativo per quanto riguarda i lavoratori stagionali e dedicati agli eventi; il tasso di disoccupazione giovanile al 34% e le oltre 150.000 figure professionali che mancano all’appello, tra camerieri, barman, cuochi e aiuto cuochi, lavapiatti e addetti alle pulizie interne, rappresentano il paradosso grottesco del momento (fonte Istat, FIPE Confcommercio 2021). La 42esima edizione di HOST 2021 dal 22 al 26 Ottobre, che quest’anno si svolgerà in contemporanea con TUTTOFOOD e MEAT-TECH, è dedicata a tutte le aziende che operano nel sistema alimentare e che vogliono confrontarsi
Alimenti più sani, prodotti con meno additivi, coltivazioni e allevamenti sostenibili, tecnologie mild&soft, surgelati rivalutati sono i trend in crescita
ship e ospitalità di FCSI Italia (Foodservice Consultants Society International), i Tecnologi Alimentari possono avere un punto di riferimento nel Padiglione 7 (Stand E49 E57/F50 F58) presso un luogo accogliente e sicuro per ascoltare e confrontarsi con esperti di profilo internazionale provenienti da Università, Istituzioni e Player di mercato. Innovare, cambiare, crescere: sono
to change the world of hospitality”, è scandito con focus di grande attualità: dalla sicurezza alla sostenibilità, dalla formazione e lavoro all’innovazione e tecnologie, sino alla comunicazione e digitalizzazione. Tutti gli eventi sono tradotti in simultanea Ita-Eng e trasmessi in diretta streaming su canale dedicato, dando la possibilità di partecipare a distanza
Dovevamo attendere la venuta del Covid per comprendere alcuni fenomeni e iniziare a imboccare strade più sensate? sulle questioni fondamentali di una ripresa, con regole e attori diversi, per comprendere le dinamiche di un mondo in forte cambiamento, anche sotto il profilo delle competenze richieste dal mercato. I Tecnologi Alimentari, che esprimono valori di competenza ed esperienza specialistica a fianco degli Operatori e delle Istituzioni, per un benessere condiviso della società civile, non possono essere solo visitatori di questa edizione, ma soprattutto attenti spettatori e protagonisti culturali. Approfittando della consueta partner-
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queste le tre parole chiave che caratterizzano le cinque giornate del programma HOST 2021, sviluppate con incontri di alto profilo su tematiche tecnico-scientifiche, gestionali, legislative, food design, economiche per presentare sfide e opportunità e per rispondere in modo consapevole al delicato periodo che sta attraversando il sistema alimentare e del F&H. Il ricco palinsesto quotidiano disponibile su tutti i canali di comunicazione, con la presenza del Convegno Internazionale “Good Design, Safety, Healthiness and Health Promotion, as keys
o tramite una web-tv dedicata o rivedendoli in seguito grazie al servizio ondemand. Quello che soprattutto conterà, da qui in avanti, sarà lo sforzo che dobbiamo compiere a tutti i livelli per la diffusione a larga scala di una “cultura della sicurezza e della sostenibilità alimentare”, a cui i Regolamenti europei e gli indirizzi internazionali dedicano grande attenzione e per il quale tutti gli Operatori del settore si devono conformare, certi di avere noi Tecnologi Alimentari al proprio fianco come facilitatori del processo di cambiamento culturale.
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INGRANDIMENTI
Una mucca in un mare di plastica
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entre ce ne stavamo sotto l’ombrellone, entrava in vigore la direttiva UE 2019/904, che sancisce il divieto di vendita di prodotti in plastica monouso, come posate, piatti, cannucce, palette, nonché alcuni contenitori alimentari in polistirolo espanso. Per quanto si tratti di un’ottima notizia, considerato che qualche bagno nelle acque cristalline dei nostri mari, è stato inevitabilmente funestato da miriadi di orribili microplastiche trasportate dalle correnti (per non parlare ovviamente dell’impatto sull’industria ittica e più in generale sull’ecosistema marino), l’Italia non ha preso completamente di buon grado la cosa. Si tratta infatti di un cambiamento importante per l’intero comparto produttivo che, se da un lato può spingere l’acceleratore sull’utilizzo delle alternative naturali alla plastica, come i polimeri ottenuti da mais, barbabietole e canna da zucchero, dall’altro si trova a dover affrontare una brusca frenata per numerose aziende produttrici di usa e getta per il settore alimentare. Il divieto infatti riguarda anche le bioplastiche e le carte plastificate (impiegate per la ristorazione veloce e per latte e succhi di frutta), di cui siamo grandi produttori. È poi ancora tutto da valutare l’impatto della pandemia sui
Trattare i rifiuti plastici con i microbi del liquido ruminale
BENEDETTA BOTTARI Professore Associato Microbiologia degli Alimenti Università degli Studi di Parma
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consumi di plastica monouso, certamente incrementati in seguito alle nuove consuetudini di pasti take-away o consegnati a domicilio e alla priorità data alla sicurezza nella ristorazione collettiva. Visto che questa montagna, o forse è il caso di dire mare, di plastica andrà in qualche modo smaltita, occorre valutare come e trovare nuove soluzioni. Un’interessante possibilità sembra arrivare ancora una volta dai microbi. Un recente studio pubblicato su Applied and Environmental Microbiology ha dimostrato come i batteri marini nelle gelide acque dell’Artico canadese siano in grado di biodegradare gasolio e petrolio (componente anche di diversi tipi di plastica). Più insolito, ma a quanto pare non meno efficace, è il contributo alla degradazione di poliesteri sintetici offerto dai batteri del rumine. Questo non significa che per liberarci della plastica che ci sommerge dovremo includere nella razione delle bovine una buona dose di bottigliette e simili, ma che, come sottolineato dai ricercatori austriaci in un lavoro uscito su Frontiers in Bioengineering and Biotechnology, possiamo cercare di identificare e coltivare i microbi del liquido ruminale coinvolti, insieme agli enzimi, nell’idrolisi sinergica di tali polimeri ed impiegarli con modalità mirate per trattare rifiuti plastici. E sinergico dovrà necessariamente essere lo sforzo delle aziende alimentari coinvolte nella produzione, uso e smaltimento dei materiali da imballaggio.
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Si utilizzerà la piattaforma BigMarker, è possibile partecipare alla sessione tramite qualsiasi dispositivo. Per informazioni: redazione.food@quine.it
NEWS DAL MONDO
IL SUCCESSO DEL FOOD SHARING Le app che permettono di acquistare in modo semplice e veloce prodotti alimentari invenduti prendono sempre più piede anche nel nostro Paese, grazie alla loro capacità di unire risparmio e sensibilità verso l’ambiente. La più diffusa è Too Good To Go che, dalla sua introduzione in Italia nel 2019, conta ad oggi più di 4,5 milioni di utenti registrati. Ma sono diverse le app anti spreco che permettono di acquistare da ristoranti o altre strutture scatole con una selezione a sorpresa di prodotti e piatti freschi rimasti invenduti a fine giornata e che non possono essere rimessi in vendita il giorno successivo. Il procedimento è molto semplice: si prenota il cibo tramite app, e si passa a ritirarlo al punto vendita nella fascia oraria specificata. Sicuramente il successo di queste applicazioni, che dopo un arresto nel periodo
critico della pandemia hanno da tempo ripreso a viaggiare a pieno regime, dipende da un’accresciuta sensibilità da parte di consumatori ed esercenti nei confronti di temi come la sostenibilità e lo spreco alimentare, ma un altro fattore decisivo è rappresentato dalla necessità di risparmiare, a causa del peggioramento delle condizioni economiche di molti cittadini per via dell’emergenza sanitaria. Nonostante il food sharing non sia un fenomeno nuovo a livello europeo, in Italia è infatti cresciuto esponenzialmente durante
il periodo della pandemia, registrando da aprile a giugno 2020 un incremento del 30% rispetto al periodo ottobre-dicembre 2019.
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ASSOCIAZIONE DI SETTORE
Valorizzare l’industria conserviera italiana sia in termini di fatturato che di quantità prodotte. L’industria conserviera genera 3 miliardi e 700 milioni di euro di fatturato per il solo pomodoro, di cui circa 2 miliardi sono destinati all’export. Ad oggi la campagna di raccolta sta procedendo bene e possiamo già prevedere una produzione maggiore rispetto all’anno passato – quando nel Centro-Sud Italia si sono avuti problemi di siccità e approvvigionamento idrico - mettendo così in sicurezza l’approvvigionamento per il mercato Ho.Re.Ca. e Retail.
E i consumi? Giovanni De Angelis, Direttore generale ANICAV
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bbiamo intervistato Giovanni De Angelis, Direttore generale di ANICAV, l’Associazione Nazionale Industriali Conserve Alimentari Vegetali, che riunisce le aziende private del settore della trasformazione e della conservazione dei prodotti vegetali: con circa 100 associati rappresenta i 3/4 di tutto il pomodoro trasformato e più della metà dei legumi conservati, in Italia.
Qual è la situazione attuale del comparto in termini di produzione? È un settore che riveste un ruolo strategico e di traino dell’economia nazionale,
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In Italia si consumano circa 35 kg/procapite di pomodoro conservato all’anno. Il 2020 è stato un anno molto particolare. Dopo anni di costante calo dei consumi l’industria conserviera ha registrato un incremento delle vendite nel canale retail che ha compensato il calo della domanda nel canale Ho.Re.Ca. dovuto al lockdown. Quello che ha inciso in modo particolare è stato il cosiddetto effetto ‘stock’, che ha portato il consumatore a privilegiare l’acquisto di prodotti dalla shelf life più lunga. Si è trattato naturalmente di una situazione congiunturale più che strutturale, ma la nostra sfida per i prossimi mesi sarà quella di consolidare l’appeal ritrovato presso i consumatori per mantenere la marginalità recuperata anche in tempi, per così dire, normali.
Negli ultimi mesi il comparto ha subito però
diversi attacchi che hanno messo in discussione la credibilità: dai presunti illeciti fino ai problemi di etica del lavoro in relazione alla manodopera illegale. Come rispondete? Tracciabilità, sicurezza, origine e legalità restano i punti fissi di riferimento per le nostre imprese che lavorano su standard di elevata qualità, riconosciuta da tutti i mercati, come si vede anche dai numeri dell’export. Pensiamo che parlare in maniera indistinta di frodi o di caporalato mini la reputazione di un intero settore che rappresenta una delle eccellenze dell’agroalimentare italiano nel mondo. Con una produzione, nel 2020, di 5,2 milioni di tonnellate di pomodoro trasformato, a fronte di circa 65.634 ettari messi a coltura, l’Italia è il terzo trasformatore mondiale dopo gli USA e la Cina; rappresenta il 13% della produzione mondiale e circa il 53% del trasformato europeo ed è il primo Paese produttore ed esportatore di derivati del pomodoro destinati direttamente al consumatore. In base all’andamento della campagna in corso, sicuramente l’Italia raggiungerà la seconda posizione. Il prezzo per la materia prima pagato agli agricoltori dalle nostre aziende è il più alto al mondo, in particolare nel bacino Centro Sud.
Nella risposta precedente sono state citate le principali criticità.
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di Francesca De Vecchi Tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica
riguarda la passata per l’export, invece, c’è una norma europea in vigore dal 2020 che obbliga, dove ci sia una diversa origine dell’ingrediente primario dalla zona di trasformazione, ad indicare l’origine (UE o extra UE). Commercializzare in Europa una passata fatta in Italia da concentrato extra UE, con la denominazione “Made in Italy” profila un reato di frode.
E in merito al prodotto concentrato di importazione?
Il pomodoro genera 3 miliardi e 700 milioni di euro di fatturato, di cui circa 2 miliardi sono destinati all’export. In Italia si consumano circa 35 kg/pro-capite di pomodoro conservato all’anno
Cominciamo parlando della questione dell’origine della materia prima. Pelati, passate, polpe e pomodorini che troviamo sugli scaffali dei nostri supermercati sono ottenuti da materia prima di alta qualità 100% italiana. Come Associazione siamo a favore della massima trasparenza; abbiamo sempre sostenuto l’introduzione dell’etichettatura di origine obbligatoria per tutti i derivati del pomodoro. Per rispondere all’attenzione particolare che il consumatore italiano pone verso questo tema dell’origine del prodotto stiamo sostenendo, con il coinvolgimento dell’Ispettorato centrale repressione frodi del Mipaaf, la metodologia, studiata dalla Stazione Sperimentale delle Conserve, finalizzata all’identificazione della zona d’origine dei derivati, basata sulla caratterizzazione dei macro e micro elementi minerali presenti nel pomodoro. Tale metodologia, una volta validata, potrà sicuramente rappresentare un fondamentale strumento a difesa delle
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Produzione & Igiene
nostre produzioni e a tutela del consumatore finale.
In merito ai fatti di cronaca che negli ultimi mesi hanno riguardato due aziende relativamente a presunti illeciti in fatto di tracciabilità della materia prima e di etichettatura, quali considerazioni si possono fare? Ribadiamo che i fatti ancora oggetto di indagine, se confermati, comporterebbero responsabilità di singole aziende, che non vanno fatte ricadere sull’intero settore. Per quanto riguarda la produzione di polpa o di pelati non ha senso parlare di pomodoro di importazione. Il pomodoro deve essere lavorato entro poche ore dalla raccolta che, quindi, non può avvenire a più di 3-400 km dallo stabilimento. Inoltre, per quanto riguarda la denominazione di “passata”, per legge, in Italia può spettare solo a prodotto realizzato esclusivamente da prodotto fresco e non rilavorato. Per quanto
Il concentrato viene importato principalmente da USA o Cina, in base alle oscillazioni dei tassi di cambio e delle produzioni/sovrapproduzioni interne. Circa il 90% del concentrato importato viene rilavorato e poi riesportato verso paesi terzi, prevalentemente nord e west Africa e medio Oriente, con la dicitura in etichetta “confezionato in Italia” e non “prodotto in Italia”. Produrre concentrato da pomodoro fresco italiano avrebbe dei costi molto elevati. Il prodotto finito dovrebbe essere venduto ad un prezzo che la maggior parte dei mercati di destinazione non potrebbe sostenere.
Avete sostenuto la richiesta di riconoscimento del marchio IGP al Pomodoro Pelato di Napoli. Perché? Siamo convinti che il riconoscimento della IGP Pomodoro Pelato di Napoli potrà dare nuova spinta ai consumi di una vera e propria eccellenza dell’agroalimentare italiano. Siamo certi che l’IGP potrà portare notevoli vantaggi non solo al mondo industriale ma anche a tutti i produttori agricoli soprattutto delle aree vocate alla coltivazione del pomodoro allungato, come l’area foggiana, dove si concentra la gran parte delle produzioni. L’IGP del pomodoro pelato è legata alla fase di trasformazione che deve avvenire in una specifica area geografica rappresentata da cinque regioni del Sud Italia,
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ASSOCIAZIONE DI SETTORE
I NUMERI DI ANICAV Italia: terzo produttore mondiale di pomodoro 13% della produzione mondiale 53% di quella europea primo paese esportatore di prodotti a base di pomodoro Nel 2020, in Italia 65.634 ettari messi a coltura trasformate 5,16 milioni di tonnellate di pomodoro di cui il 53% nel bacino Nord e il 47% nel Centro-Sud Settore 10000 lavoratori 25000 stagionali Ogni anno l’industria conserviera utilizza per la produzione di derivati del pomodoro 3.500 miliardi di lattina pari a 700.000 km utili a compiere più di 15 volte il giro della Terra. Export oltre 1,9 miliardi di euro. 50% della produzione verso Europa (Germania, Francia, Regno Unito) e altri Paesi (Asia, USA, Giappone, Oceania) Europa 68% Asia 10% America 9%
Africa 9% Oceania 4%
Vendite dei derivati del pomodoro, nel 2020 Campania, dove viene trasformato oltre l’80% del pelato lungo, Puglia, Basilicata, Molise e Abruzzo. All’inizio dell’agosto scorso, dopo un lungo iter in ambito nazionale, l’istruttoria è passata in sede europea.
Infine il tema della legalità del lavoro e delle condizioni della manodopera. L’utilizzo di manodopera irregolare e il caporalato, pur riguardando il mondo agricolo, tuttavia rappresentano un problema soprattutto per l’industria di trasformazione che, costituendo l’interfac-
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cia diretta con il consumatore finale, vede continuamente messi sotto accusa i propri prodotti, con una conseguente perdita di competitività rispetto ai competitors internazionali.
Quali iniziative avete preso come Associazione? Come ANICAV stiamo portando avanti numerose azioni per contrastare tali fenomeni. Siamo impegnati con una serie di progetti ed iniziative di sensibilizzazione, promuovendo innanzitutto il rispetto dei contratti collettivi nazionali e delle norme di sicurezza sul lavoro. Abbiamo poi acce-
lerato un processo di completamento della raccolta meccanica che nelle zone del Sud Italia è fra il 90 e 95% (al Nord siamo al 100%), dovuto anche a difficoltà strutturali del territorio. Siamo, inoltre, partner del progetto “Fi.Le. - Filiera Legale” a valere sul PON Legalità, congiuntamente ai Ministeri dell’Interno e delle Politiche Agricole, il cui obiettivo è quello di promuovere le pratiche legali nel settore del pomodoro da industria tramite la messa a punto di una piattaforma informatica per il reclutamento legale di lavoratori, anche per abbattere le procedure burocratiche spesso complesse che regolano il mondo della domanda e offerta. Come ANICAV abbiamo messo a disposizione del progetto l’attività di telerilevamento satellitare degli ettari messi a coltura nel Bacino Centro Sud, che permette di monitorare i tempi di raccolta e organizzare i trasporti da e per i campi. Infine, all’interno dell’OI Pomodoro da Industria Bacino Centro Sud Italia, l’ANICAV ha sostenuto l’istituzione di un Comitato Etico - costituto da personalità che si sono distinte nel campo della sostenibilità etica, sociale ed ambientale - la cui attività è appena partita e che auspichiamo possa in qualche modo incidere in modo positivo sulla filiera.
Quali sono gli obiettivi dell’Associazione nel breve termine? Dobbiamo continuare a lavorare per l’accrescimento reputazionale del settore: responsabilità sociale, sostenibilità ambientale, sostenibilità economica che riconosca il giusto prezzo per la qualità del prodotto, valorizzazione delle nostre produzioni rappresentano le principali leve su cui puntare. Vogliamo accreditarci come un comparto che lavora non solo per garantire la qualità, ma anche uno sviluppo sostenibile da un punto di vista etico, ambientale ed economico.
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DIRITTO ALIMENTARE
Allerte alimentari: le nuove linee guida al banco di prova
È
del 5 maggio 2021 l’emanazione delle “Linee Guida per la gestione operativa del Sistema di allerta per alimenti, mangimi e materiali destinati a venire a contatto con gli alimenti” che sicuramente hanno trovato il proprio banco di prova nell’importante allerta sull’ossido di etilene che ha attraversato l’Europa da giugno 2021. Il campo di applicazione Il documento disciplina il funzionamento del sistema sia nei casi di un grave rischio, sia nei casi di rischio meno grave o meno urgente, ma per cui sia necessario uno scambio di informazioni tra i membri della rete. Emerge l’esigenza di adeguarsi al reg. Ue 625/17 che ha rimodulato il mondo dei controlli ufficiali. Nell’all.to A, ad esempio, si nota immediatamente l’estensione dell’applicazione anche per la salubrità dell’ambiente dovuto ad alimenti e materiali od oggetti destinati a venire a contatto con alimenti (MOCA). Interessante è il passaggio in cui si afferma che “Sono compresi, nel campo di
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applicazione, anche eventuali riscontri ottenuti nell’ambito dell’autocontrollo su alimenti, mangimi o MOCA già immessi sul mercato”. Viene inoltre ribadito il principio dell’art. 14/6 del Reg. CE 178/2002 che istituisce una presunzione di rischio della partita lotto o consegna di alimenti o mangimi di cui fa parte l’alimento a rischio. È un passaggio spesso controverso tra gli operatori, soprattutto nel caso di prodotti a marchio in cui talvolta l’avvio di ritiri e richiami indiscriminati può creare acerrimi conteziosi risarcitori. Viene infine chiarita l’esclusione dalle allerte per:
§ criteri microbiologici di igiene di processo; § frodi commerciali che non rappresentano un rischio attuale o potenziale per il consumatore.
Quando parte l’allerta a) Controllo ufficiale
SE nel corso di attività ispettive/audit/ campionamento ufficiali si rilevano evidenze di non conformità su un prodotto che non è più sotto il controllo dell’OS parte l’allerta. Si precisa tuttavia che in tale caso non dovrà essere sottoposto ad ulteriore indagine un medesimo lotto risultato non conforme, mentre verrà valutata I‘op-
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Avv. Chiara Marinuzzi Studio Legale Avv. Gaetano Forte Diritto penale agroalimentare e sicurezza alimentare
Se nel corso di attività ispettive/audit/ campionamento ufficiali si rilevano evidenze di non conformità su un prodotto che non è più sotto il controllo dell’OS parte l’allerta
La rintracciabilità consente ritiri mirati dei prodotti che condividono lo stesso rischio sanitario allerta. Rimane facoltà delle Autorità competenti locali valutare se la non conformità denunciata costituisca motivo per determinare I’attivazione del sistema di allerta, eventualmente procedendo a campionamento ufficiale su confezione integra. Si tratta di una precisazione importante che definisce un caso molto discusso.
portunità di effettuare campioni ufficiali su lotti diversi dello stesso prodotto.
b) Autocontrollo Questa è una novità. L’OS deve valutare, in caso di non conformità, se il prodotto è “a rischio” ai sensi del Reg. (CE) 178/2002 e agire per tutelare la salute pubblica nonché informare I’Autorità competente, che, una volta venuta a conoscenza della problematica, valuta le attività condotte dall’OS e attiva il sistema di allerta.
c) Reclamo consumatore La denuncia di un consumatore per prodotto non conforme non attiva il sistema di
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d) Malattia trasmessa da alimenti (MTA) In caso di MTA dovuta a prodotti immessi sul mercato, compresa la somministrazione, viene attivato il sistema d’allerta qualora sia individuato, analiticamente e/o tramite indagine epidemiologica il prodotto che ha originato l’episodio tossinfettivo.
Verifiche sull’OS Come devono essere le liste di distribuzione? Vanno consegnate in formato elettronico, senza indicazioni relative ai prezzi o altre informazioni lesive della “trasparenza e riservatezza”. Non devono riportare le sedi legali, ma le sedi operative dei destinatari del prodotto.
Le autorità verificano l‘immediato avvio del ritiro/richiamo del prodotto non conforme e le modalità con cui è stato effettuato dall’OS. È facoltà dell’autorità competente fare controlli a campione con i seguenti criteri: il rischio; il periodo di vita commerciale del prodotto; l’ampiezza della rete di commercializzazione; la fascia di popolazione a cui sono destinati i prodotti. Interessante il passaggio in cui si fa riferimento all’affidabilità dell’operatore accertata in corso di precedenti controlli. Non si può escludere che lo strumento del rating, individuato nell’art. 11 Reg. UE 625/17, ma ad oggi ancora non attivo, possa svolgere un ruolo significativo. Il documento prosegue nel dettaglio della gestione dei flussi informativi e dei ruoli dei diversi uffici centrali e periferici.
Valutazione dei rischi Casi in cui il RASFF non trova applicazione Si tratta di una elencazione nuova che esemplifica i casi in cui non sussiste un rischio diretto o indiretto per la salute. Si
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DIRITTO ALIMENTARE
La fattispecie delle “salmonelle rilevanti” costituiscono l’elemento che fa scattare l’allerta nel caso siano rilevati in allevamenti di uova da consumo
citano i casi di riscontrate carenze igieniche, deterioramento o infestazioni che potrebbero produrre solo elementi di non commerciabilità dei prodotti, interruzioni della catena del freddo, superamento di limiti di legge non supportate da elementi di valutazione dell’effettivo rischio, Moca che creino condizioni inaccettabili di composizioni o di proprietà organolettiche che non abbiano conseguenza per la salute. L’obiettivo è evitare l’avvio di un’allerta per mere non conformità, non supportate da valutazioni sul rischio effettivo.
Casi di azione rapida in altro Paese membro Sono citate: la presenza di sostanze vietate o di valore superiore alle dosi acute di riferimento o di esposizione che possano creare un rischio. Particolare il caso degli allergeni: la loro presenza non indicata in etichetta è automaticamente oggetto di allerta. Interessante la fattispecie delle “salmonelle rilevanti” che costituiscono l’elemento che fa scattare l’allerta nel caso siano rilevati in allevamenti di uova da consumo.
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Casi in cui può essere richiesta una valutazione di rischio ad hoc Si tratta di situazioni specifiche in cui mancano parametri di riferimento o che vanno verificate in relazione all’entità della contaminazione. Qui si parla finalmente dei corpi estranei, che saranno oggetto di allerta se presentano un rischio. La specificazione è molto importante per evitare allerte per queste contaminazioni spesso non influenti sulla salute del consumatore. Il provvedimento contempla un albero decisionale che dovrebbe uniformare le azioni a livello europeo.
Rintracciabilità Le linee guida si soffermano molto sulla rintracciabilità insistendo sull’opportunità di dotarsi di un sistema di rintracciabilità interna pur non essendo questa espressamente prevista dal regolamento. Questa, collegando le materie prime con i prodotti finiti, faciliterebbe I‘operatore nelle proprie procedure, consentendogli di effettuare ritiri mirati dei prodotti che condividono lo stesso rischio sanitario e
di limitare, pertanto, il quantitativo di prodotti da ritirare. Vi è da dire che la rintracciabilità svolge un ruolo molto significativo non solo nel caso nel caso di allerte, ma anche in caso di conteziosi civilistici per il risarcimento danni connessi non solo alle stesse allerte ma più in generale a vizi del prodotto. Per quanto concerne la conservazione della documentazione sono indicati i seguenti tempi: § 3 mesi per i prodotti freschi (es. prodotti di panetteria o pasticceria, ed ortofrutticoli); § i 6 mesi successivi alla data di conservazione del prodotto deperibile, prodotti “da consumarsi entro il”; § i 12 mesi successivi alla data di conservazione consigliata, per i prodotti “da consumarsi preferibilmente entro”; § un periodo minimo di 2 anni successivi alla vendita per i prodotti per i quali non è prevista dalle norme vigenti l’indicazione del TMC nonché per i MOCA.
Richiamo Viene ribadito che quando un alimento/ mangime/MOCA a rischio, oggetto di notifica, è ancora sul mercato e ha raggiunto il consumatore, l’OS deve provvedere, oltre agli adempimenti sulla tracciabilità e di ritiro, anche al richiamo in conformità alle note del Ministero della Salute 31.05.2016 e 15.12.2016. Cosa succede in caso in cui l’OS viola tale obbligo? Nel caso in cui, nel corso di un controllo, I’A.C. verifica che I‘operatore che ha ricevuto un prodotto oggetto di notifica di allerta non adempie i propri obblighi sul ritiro/richiamo, deve accertare se quest’ultimo sia stato informato dal proprio fornitore per definire il livello di responsabilità. Attualmente l’omesso ritiro/richiamo è sanzionato in via amministrativa dall’art. 3 D.lgs. 190/2006, tuttavia nel progetto
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di legge di riforma dei reati agroalimentari (n. 2427 presentato alla Camera il 06.03.2020) si ipotizza di trasformare il fatto in illecito penale punito con la reclusione da sei mesi a tre anni.
Disposizione operative Nel documento sono disciplinate le procedure di notifica, i provvedimenti sui prodotti ritirati nonché la trasparenza e la riservatezza. L’allerta verrà gestita unicamente mediante lo strumento informatico iRASFF da integrare nell’IMSOC per lo scambio di informazioni. L’obiettivo è evidentemente quello di assicurare maggiore efficacia e gestione del rischio.
Conclusioni mane a sé e deve essere sempre attentamente valutata tenendo conto delle conseguenze. Rimane sempre il tema della leva commerciale e dei rapporti di
forza che spesso introducono elementi ulteriori che si innestano su quelli prettamente legali e operativi previsti dalle Linee Guida.
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Le Nuove linee guida sulle allerte costituiscono uno strumento importante non solo per le autorità ma anche per gli operatori. Il maggiore dettaglio delle procedure non può che essere visto con favore, anche se ogni situazione ri-
Attualità / Sostenibilità
Valorizzare le eccedenze lungo la filiera Gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sustainable Development Goals) contenuti nell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite, da cui emerge la centralità dell’agroalimentare per la sostenibilità globale, richiedono ai governi e a tutte le componenti della società sforzi ulteriori per essere perseguiti, reagendo e innovandosi di fronte ai cambiamenti del contesto economico globale e alle sfide ambientali e sociali emergenti
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l 2 luglio si è svolto il convegno online “Dai semi dell’innovazione, ai frutti della sostenibilità!”, nel corso del quale sono stati presentati i risultati della Ricerca 2020/2021 dell’Osservatorio Food Sustainability della School of Management del Politecnico di Milano, la quale è incentrata sulle innovazioni emergenti nel settore agroalimentare che mirano al raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite. In particolare, presenta le soluzioni tecnologiche e organizzative adottate dalle imprese e dagli altri attori chiave del sistema per contrastare il paradosso di spreco e povertà alimentare e per favorire la circolarità del cibo. Nel corso dell’evento si è, inoltre, approfondito il
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ruolo dei dati e delle tecnologie per la promozione di comportamenti sostenibili e la comunicazione lungo la filiera, e i principali modelli che supportano l’inclusione degli attori più vulnerabili, come i piccoli produttori. Il Convegno ha visto la partecipazione di diverse figure professionali appartenenti al settore pubblico, privato e non-profit, che si sono confrontate e hanno portato il loro punto di vista alla discussione dei risultati di Ricerca.
Parola ai protagonisti “La pandemia ha avuto un forte impatto sui sistemi alimentari urbani, mettendo in crisi l’accesso al cibo per le fasce di popolazione più vulnerabili, accentuando il paradosso dell’insicurezza alimen-
tare a fronte dello spreco di cibo e stressando le filiere agroalimentari globali”, afferma Raffaella Cagliano, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability. “È emersa l’importanza di tracciare e condividere le informazioni e il ruolo centrale del packaging, che attraverso tecnologie e materiali innovativi si è adattato al boom dell’e-commerce. Il traguardo di una transizione sostenibile e inclusiva ‘From Farm to Fork’ si potrà raggiungere solo lavorando sulla circolarità delle risorse, sull’integrazione delle diverse innovazioni disponibili, sullo sviluppo e aggiornamento delle competenze degli operatori del settore e sulla costruzione di relazioni più solide e dirette fra i diversi attori della filiera agroalimentare”.
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Ottobre 2021
a cura di Diletta Gaggia
“L’emergenza non ha arrestato il fermento innovativo del settore che, nel quinquennio dal 2016 al 2020, ha visto una crescita di startup agrifood che propongono nuove soluzioni orientate agli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile, in particolare a porre fine alla fame, raggiungere la sicurezza alimentare e promuovere un’agricoltura sostenibile, garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo e incentivare una crescita economica duratura, inclusiva e sostenibile e un lavoro dignitoso per tutti”, afferma Paola Garrone, Responsabile Scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability. “I fornitori di servizi guidano l’innovazione sostenibile nel sistema agroalimentare (744 startup, 41%), con soluzioni per raccogliere e
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condividere dati e informazioni, migliorare la programmazione della produzione e la gestione delle scorte, ridurre gli sprechi. Seguono le startup attive nella fase di Food Processing (352, 20%), con investimenti in ingredienti naturali e cibi proteici alternativi, e i fornitori di tecnologia (205 startup, 11%), che offrono tecnologie innovative per l’agricoltura di precisione”.
Nel 2020 boom di startup agrifood sostenibili Sono 1.808 le startup agrifood sostenibili nate a livello internazionale fra il 2016 e il 2020, il 56% in più delle 1.158 censite lo scorso anno e il 25% del totale delle startup dell’agroalimentare (7.120). Il 40% ha ottenuto almeno un finanziamento, per un
totale di 5,6 miliardi di dollari raccolti, pari a una media di circa 7,7 milioni di dollari (2,5 milioni in più rispetto al 2019). Gli SDG prioritari per le startup sono la transizione a sistemi di produzione e consumo più responsabili (SDG 12), dove si concentra il 35% delle soluzioni proposte dalle nuove imprese, la lotta alla fame (SDG 2) con il 21% e la crescita economica sostenibile e inclusiva (SDG 8) con il 17%. Norvegia (24 startup agrifood, il 58% sostenibile), Israele (139 startup, 46% sostenibile) e Uganda (24 startup, 46% sostenibile) sono i Paesi con la più alta percentuale di nuove imprese agrifood che perseguono obiettivi di sostenibilità. In questa classifica, l’Italia si colloca solo in dodicesima posizione con 22 startup sostenibili sulle 76 nuove imprese agrifood censite (29%), ma presenta un mercato in evidente crescita rispetto allo scorso anno: 15 startup sostenibili in più (erano 7 nel 2019, il 13% del totale) e 23 milioni di dollari di investimenti raccolti contro i 300mila dollari di un anno fa, pari a un finanziamento medio di un milione di dollari. Fra le imprese del comparto della trasformazione si diffondono pratiche di economia circolare per prevenire gli sprechi alimentari e migliorare la gestione delle eccedenze generate, fra cui la programmazione flessibile della produzione, la migliore previsione della domanda e la ridistribuzione per il consumo umano. Crescono l’interesse e gli investimenti nel packaging sostenibile, in grado di “parlare” ai diversi attori della filiera promuovendo comportamenti virtuosi, condividendo informazioni lungo i diversi stadi della filiera e facilitando alcune attività logistiche. E si riscopre il ruolo delle filiere corte sostenibili, che sfruttano la prossimità geografica, relazionale e informativa per accorciare le distanze fra produttori e consumatori
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Attualità / Sostenibilità
e ridurre le diseguaglianze di redditi fra piccoli produttori e grande distribuzione.
I modelli di economia circolare per ridurre gli sprechi Le imprese stanno adottando iniziative per recuperare e valorizzare le eccedenze generate con una logica di economia circolare, definendo priorità strategiche e criteri di gestione. Secondo un sondaggio condotto dall’Osservatorio su 109 centri di trasformazione (stabilimenti produttivi e depositi di distribuzione) di imprese con fatturato superiore a 50 milioni di euro, l’attenzione del comparto della trasformazione alimentare si concentra sulla prevenzione attraverso la programmazione
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flessibile della capacità produttiva (87% del campione), il miglioramento della previsione della domanda (83%) e l’adozione di soluzioni di packaging innovativo (62%) e tecnologie per migliorare la conservabilità dei prodotti (56%), quest’ultime pratiche particolarmente diffuse nel segmento del fresco e a cui puntano anche la distribuzione e la ristorazione collettiva. La priorità di gestione delle eccedenze generate, invece, ricade sulla ridistribuzione per consumo umano, preferibilmente attraverso la donazione a organizzazioni non-profit (70%). Il riutilizzo per consumo animale è praticato dove possibile, mentre il riciclo in altri prodotti e il recupero energetico sono ancora poco esplorati per le difficoltà e i costi di implementazione.
“Nel comparto della trasformazione c’è un’attenzione crescente alla prevenzione degli sprechi alimentari, ma la misurazione delle eccedenze non è ancora sistematica nelle diverse fasi del ciclo del prodotto e resta un ambito su cui lavorare e investire per introdurre processi più strutturati ed efficaci”, afferma Marco Melacini, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability. “L’impegno del management verso la circolarità, il coinvolgimento del personale e l’attenzione all’opinione dei media e degli altri stakeholder e le opportunità di sinergie con gli altri attori della filiera sono i principali fattori che spingono ad adottare pratiche di economia circolare. Ma emergono diverse barriere alla circolarità
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legate alle difficoltà operative di gestione, alla scarsa conoscenza delle soluzioni disponibili, alle incertezze normative e a una limitata comunicazione di filiera”.
La sostenibilità del food packaging Crescono l’attenzione e gli investimenti verso nuove soluzioni tecnologiche e di packaging capaci di migliorare la conservabilità dei prodotti e di estenderne la shelf- life. Il packaging ha un ruolo sempre più importante nella prevenzione e riduzione delle eccedenze alimentari e la sua progettazione incide in tutte le fasi del ciclo di vita del prodotto alimentare. Un packaging è sostenibile quando promuove comportamenti virtuosi da parte del consumatore grazie alla sua facilità di uso, risigillabilità, porzionamento etc; quando aiuta a superare le criticità delle attività logistiche come l’impilabilità, la standardizzazione o l’efficienza di manipolazione; quando è “parlante”, cioè sfrutta tecnologie innovative per condividere in tempo reale informazioni che consentono di ottimizzare la conservazione e preservare la qualità del cibo; quando migliora la tracciabilità e utilizza materiali ad alte prestazioni. “Le nuove tecnologie permettono al packaging di ‘parlare’ ai diversi attori della filiera, promuovendo comportamenti sostenibili e responsabili”, afferma Barbara Del Curto, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability. “Con la tecnologia è possibile raccogliere e trasmettere direttamente al consumatore informazioni sulle date critiche, la composizione e l’origine dei materiali, le caratteristiche dell’imballaggio, i rapporti di filiera e le modalità di produzione, estendendo l’esperienza del consumatore oltre la fase di acquisto e consumo. Ma l’impatto è positivo sull’intera supply chain, poiché abilita trasparenza e prossimità informativa, facilita la gestione del cibo e previene gli sprechi”.
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La filiera corta sostenibile A livello globale, il 90% [1] delle aziende di produzione agricola rientra tra le “family farms”, ovvero piccole realtà a conduzione familiare, mentre in Europa il dato sale al 95% [2]. Lo stadio della produzione agricola è un anello fondamentale della filiera, ma spesso le dimensioni ridotte e lo scarso potere contrattuale di queste realtà alimentano diseguaglianze nella distribuzione dei redditi lungo la filiera e il problema della povertà rurale. “Lo sviluppo delle aree rurali e il supporto ai produttori di piccola scala sono sfide che si possono vincere con ‘filiere corte sostenibili’, cioè filiere basate su relazioni quanto più dirette e durature fra i diversi attori della filiera”, afferma Federico Caniato, Responsabile scientifico dell’Osservatorio Food Sustainability. “Non si tratta solo di ridurre il numero di intermediari e di anelli lungo la filiera ma di lavorare sull’intensità delle relazioni fra produttori, fornitori e consumatori”. L’Osservatorio ha identificato tre iniziative in grado di accorciare la distanza fra produttori e consumatori lungo la filiera: la formazione dei produttori, che implica interazioni dirette fra le imprese di trasformazione e i produttori, in particolare per lavorare sullo sviluppo del fornitore a lungo termine; la condivisione dei benefici e dei rischi a monte e a valle della filiera, che diminuirebbe gli svantaggi percepiti dai produttori; la determinazione congiunta di un prezzo equo attraverso accordi specifici, che ridurrebbe il divario esistente fra piccoli produttori e grande distribuzione e migliorerebbe condizioni e prestazioni dei primi. La tracciabilità delle informazioni aumenta la consapevolezza sulla sostenibilità, incentiva l’adozione di pratiche aziendali virtuose e la condivisione delle informazioni. [1] https://www.eesc.europa.eu/resources/docs/ family-farming.pdf [2] http://www.fao.org/family-farming-decade/ home/en/
IL BILANCIO DEL PROGETTO HUB DI QUARTIERE A MILANO Le amministrazioni cittadine stanno assumendo un ruolo fondamentale per risolvere il paradosso tra insicurezza alimentare e spreco di cibo in ambito urbano, sviluppando politiche di contrasto alla povertà e ridistribuzione delle eccedenze alimentari. Un esempio di queste politiche è Il progetto Hub di Quartiere contro lo Spreco Alimentare, lanciato a gennaio 2019 nel quartiere Isola di Milano per raccogliere prodotti rimasti invenduti nei punti vendita della gdo e di pasti non serviti nelle mense aziendali in un hub logistico in cui i prodotti vengono smistati, creando mix alimentari equilibrati, e redistribuiti alle persone bisognose attraverso una rete di associazioni non-profit. L’iniziativa è nata da un protocollo d’intesa tra Politecnico di Milano, Comune di Milano Food Policy, Assolombarda, in sinergia con il programma QuBì – La ricetta contro la povertà infantile – coordinato dalla Fondazione Cariplo. A ottobre 2020 si è aggiunto l’Hub di Lambrate. “Nel 2020 i due hub hanno permesso di raccogliere 76 tonnellate di alimenti, per un valor economico di oltre 310.000 euro, ridistribuite a 3.300 nuclei familiari - afferma Giulia Bartezzaghi, Direttrice dell’Osservatorio Food Sustainability -. Nei primi 4 mesi del 2021 sono state già raccolte oltre 60 tonnellate di eccedenze, per un valore economico di oltre 250.000 euro, ridistribuite a 27 organizzazioni non-profit. A oggi la rete di attori coinvolti si è ulteriormente ampliata e si sta lavorando all’apertura di un terzo hub nel quartiere del Gallaratese”.
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INCHIESTA / Sostenibilità
Un percorso collaborativo verso sistemi alimentari sostenibili
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arm to fork, la strategia “Dal produttore al consumatore”, parte integrante del Green Deal europeo, è la lunga strada che dovrebbe rendere il sistema alimentare nel suo complesso sostenibile, nel modo in cui produciamo, distribuiamo e consumiamo alimenti. Un percorso di transizione che la Commissione vuole garantire attraverso una serie di atti, spingendo tutti gli attori ad impegnarsi, anche in modo volontario, in azioni collaborative dagli obiettivi comuni. A questo risponde, in estrema analisi, il Codice di condotta sulle pratiche commerciali e di marketing responsabili, che
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ha visto la luce lo scorso 5 luglio e che viene considerato una delle prime iniziative europee da realizzare nell’ambito della strategia “Dal produttore al consumatore”. Il processo di sviluppo del Codice di condotta è iniziato nel dicembre 2020 sulla base di una nota preparata dalla Commissione. Il 26 gennaio 2021 si è tenuto un dibattito fra la stessa Commissione e un ampio gruppo di portatori di interessi, comprese associazioni rappresentative del settore alimentare e ONG, al fine di elaborare un testo ampiamente condiviso.
Lo scopo del documento, ad adesione volontaria – è bene chiarirlo subito – è quello di garantire non solo prodotti sostenibili sul mercato dell’UE (guardando all’intera filiera, compreso l’approvvigionamento intra ed extra europeo) ma anche informazioni migliori perché i consumatori possano compiere scelte informate. Dopo una gestazione tutto sommato breve ha visto la luce un testo che è stato sottoscritto ad oggi da 65 firmatari (fra Associazioni di categoria e produttori) e che riconosce il ruolo
Produzione & Igiene
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di Francesca De Vecchi Tecnologa alimentare OTALL e divulgatrice scientifica
L’Europa intende mitigare gli effetti di sistemi produttivi ad alto impatto ambientale, insani e non equi. Quello alimentare occupa un ruolo di rilievo, in termini di biodiversità, salute e condizioni di lavoro
Il Codice di condotta sulle pratiche commerciali e di marketing responsabili ha visto la luce lo scorso 5 luglio Come funziona
chiave di tutti gli attori intermedi ai diversi livelli della filiera alimentare (produttori e vendita al dettaglio di generi alimentari e servizi di ristorazione). Fra questi si leggono i nomi di FoodDrinkEurope, FoodServiceEurope, COCERAL (European association of trade in cereals, oilseeds, pulses, olive oil, oils and fats, animal feed and agrosupply) e ANCC (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori); poi Danone, Diageo, Kellog’s, Nestlé, PepsiCo, Sodexo e per l’Italia Coop, Barilla e Ferrero.
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Produzione & Igiene
Sottoscrivere il codice significa di fatto enunciare volontariamente un maggior impegno verso la transizione ecologica del continente. Il Codice di condotta dell’UE contiene una serie di 7 obiettivi “aspirazionali” e un quadro di iniziative per il monitoraggio e la valutazione dei progressi degli impegni intrapresi. Ogni obiettivo ha dei target specifici a sua volta e un elenco di azioni indicative, tangibili e misurabili, la cui finalità è appunto quella di generare alimenti da filiere interamente sostenibili, ridurre perdite e sprechi, promuovere un’alimentazione sana, ridurre il consumo di risorse e semplificare le scelte dei consumatori. L’iniziativa comprende due livelli di impegno. Per le Associazioni dell’UE, esse sottoscrivono sette obiettivi, ciascuno corredato di traguardi e azioni indicative per migliorare l’impatto sulla sostenibilità delle operazioni di trasformazione alimentare, della vendita al dettaglio e dei servizi di ristorazione
e quindi di migliorare la sostenibilità della filiera alimentare. Per le imprese è previsto un quadro di impegni ambiziosi con risultati misurabili per le imprese più all’avanguardia, in un ampio ventaglio di settori, quali il benessere degli animali, la riduzione del contenuto di zucchero e il taglio delle emissioni di gas a effetto serra in tutta la loro gamma di prodotti. Le associazioni e le imprese riferiranno annualmente sui progressi compiuti presentando una sintesi della loro relazione sulla sostenibilità. L’Europa ha fretta di mitigare gli effetti di sistemi produttivi ad alto impatto ambientale, insani e non equi. Quello alimentare occupa un ruolo di rilievo, quando si tratta di biodiversità, salute e condizioni di lavoro. “Affrontare queste sfide ambientali, sanitarie e sociali nel nostro sistema alimentare richiede cooperazione in tutta la filiera alimentare – ha dichiarato il Vicepresidente esecutivo Frans Timmermans – e trovo
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INCHIESTA / Sostenibilità
incoraggianti le ambizioni dei portatori di interessi che hanno già sottoscritto il codice di condotta dell’UE”. La cooperazione è un nodo importante del Codice, pensato e scritto proprio per favorire il continuo scambio fra le parti a tutti i livelli della filiera, “per realizzare con successo la transizione verso sistemi alimentari sostenibili” aggiunge Stella Kyriakides, Commissaria per la Salute e la sicurezza alimentare. Il Codice di condotta dell’UE faciliterà questa cooperazione, poggiando sugli impegni già assunti dall’industria alimentare e spronando ad un’azione più ambiziosa”.
ALTRE INIZIATIVE NON NORMATIVE DI QUESTO TIPO Iniziativa per un consumo sostenibile |Commissione europea (europa.eu) Piano d’azione “inquinamento zero” Forum del commercio al dettaglio sulla sostenibilità (ora confluito nel piano d’azione per l’economia circolare) Coalizione digitale verde dell’UE
Fra i commentatori più critici l’Avv. Dario Dongo, esperto in diritto alimentare europeo, ha esposto le sue perplessità
Patto dell’UE per data center a impatto climatico zero
verso uno strumento a suo dire poco efficace e che non sembra abbia la forza di modificare i comportamenti delle
PRODUZIONI ALIMENTARI SOSTENIBILI
Avv. Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo
Abbiamo chiesto all’Avv. Dario Dongo, Ph.D. in diritto alimentare europeo, fondatore di GreatItalianFoodTrade.it, un parere sul Codice di Condotta europeo sulle pratiche responsabili e se pensa che possa rappresentare uno strumento utile per raggiungere l’obiettivo di sostenibilità delle produzioni alimentari. La sua è una voce piuttosto critica rispetto al modo in cui la Commissione Europea sta cercando di strutturare sistemi realmente sostenibili. Osservo che sono aperti diversi tavoli di discussione in tema di sostenibilità dei
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sistemi di produzione alimentare. Uno di questi è appunto il Codice di condotta che il Vicepresidente esecutivo Frans Timmermans ha presentato allo UN Food Systems Summit, a fine luglio. A mio parere è l’ennesima operazione a rischio di greenwashing, cioè all’esibizione parziale e/o falsata di impegni non idonei a qualificare le filiere di riferimento come effettivamente sostenibili, con l’aggravante di avere l’avallo di un’autorità sovranazionale importante come quella europea. Trovo sia scandaloso perché rappresenta una proposta debole, il cui intento mira a raggiungere obiettivi che in questi anni sono stati già ampiamente disattesi dagli stessi proponenti.
tori mondiali) pubblicizzati per bambini. Solo il 14,5% (41 dei 283) sono risultati conformi alle indicazioni dell’Oms sulle linee guida nutrizionali. Da notare che le 16 marche monitorate in quest’ultima indagine avevano aderito nel 2007 a EU Pledge, l’iniziativa europea per un marketing responsabile verso i bambini. Significa che nonostante le raccomandazioni nutrizionali che da anni già provengono dalle più importanti Società Scientifiche e dalle stesse Autorità europee di riformulazione verso standard adeguati, ancora nulla o poco si è fatto. Non credo che un Codice di Condotta, ad adesione volontaria, sia sufficiente a cambiare la situazione.
Perché? Il Codice di condotta elenca una serie di impegni vaghi da un lato e inadeguati allo scopo, dall’altro, rispetto agli impegni per migliorare e comunicare interventi concreti sul fronte della sostenibilità. Basta vedere i risultati di una recente indagine dell’Associazione tedesca Foodwatch, che ha valutato i profili nutrizionali di una serie di prodotti di 16 marche (dei maggiori produt-
È previsto però dal protocollo una rendicontazione da parte dell’azienda di quello che si sta mettendo in pratica? Sfuggono a mio avviso però alcune azioni che sono sempre più rilevanti, per esempio la comunicazione di prodotto tramite social media marketing. Si guardi all’esperienza della EU Platform for Action on Diet, Physical Activity and Health, progetto collaborativo di
Produzione & Igiene
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aziende nel senso di una produzione di prodotti sostenibili, anche dal punto di vista della comunicazione (vedi box). On line, sul sito della Commissione si possono leggere gli impegni individuali presi dai firmatari. Coop, per voce di Marco Pedroni Presidente di Coop Italia e di Ancc-Coop (Associazione Nazionale Cooperative di Consumatori, ha sottolineato che “questa iniziativa ha anche il grande pregio di porre attenzione non solo alla sostenibilità ambientale, ma anche a quella sociale, tema su cui Coop è impegnata da sempre.”
Con il Codice la Commissione introduce uno strumento che integra il panorama normativo cogente ma dai risultati che saranno da verificare; un rischio – dovuto all’adesione volontaria - che la Commissione sembra tener ben presente quando aggiunge che si occuperà di monitorare, predisponendo eventuali misure legislative qualora i progressi siano insufficienti. La prima valutazione degli impegni sottoscritti dai firmatari avverrà entro la fine del 2022 con l’attivo coinvolgimento della Commissione e della Piattaforma Collaborativa – uno degli organismi
di Governance del Codice, aperto a tutte le parti interessate (firmatari e non firmatari e autorità pubbliche). Tutte le stime annuali, nonché l’esito delle deliberazioni nella Piattaforma Collaborativa, gli incontri dei Firmatari e del gruppo di collegamento fra questi fungeranno da base per la valutazione complessiva dello stato di avanzamento e dell’efficacia del Codice; sulla base di questa sarà quindi presa una decisione sulla futura applicazione del Codice come strumento collaborativo e persuasivo nella creazione di una filiera realmente sostenibile.
attività sinergiche fra pubblico e privato per promuovere stili di vita salutari ed invertire la tendenza all’aumento di obesità, sovrappeso e malattie correlate già dall’infanzia: qualche anno fa, alcune Associazioni di Consumatori aderenti e addirittura EUPHA, l’European Public Health Association (organizzazione di associazioni e istituti di sanità pubblica in Europa) hanno deciso di sottrarsi, perché questa “soft legislation” non riesce a dare gli effetti sperati. Nonostante i proclami di riformulazione, infatti, i prodotti sono ancora inadatti e vengono soprattutto promossi con pratiche di marketing “predatorio” (una definizione che viene proprio da Unicef e contenuta nel Rapporto UNICEF-OMS-Lancet: salute globale dei bambini a rischio, 2020). Venti anni fa circa consideravo pericolosi, perché discriminanti, i profili nutrizionali; oggi credo che siano l’unico strumento che permetterebbe di ottenere una vera riformulazione dei cosiddetti alimenti ultra-processati nell’ottica di protezione della salute pubblica. Non ci sono altre vie se non imporre un sistema tipo Nutri-score, per aiutare il
consumatore a riconoscere le caratteristiche di questi cibi e metterlo in grado di fare scelte che salvaguardino la salute.
per avviare una politica attiva, volta a contrastare in modo diretto la produzione del cosiddetto cibo spazzatura, che sta aggravando i costi della sanità pubblica di tutti i paesi e che ormai è insostenibile.
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Produzione & Igiene
Cosa risponde al fatto che il sistema Nutri-score per alcuni prodotti risulti tuttavia fuorviante o addirittura paradossale (si pensi a come verrebbero etichettati un olio extravergine di oliva o una bevanda gassata senza zucchero). Prendiamo l’esempio dell’olio extra vergine di oliva: ha una composizione ben definita che non può variare nei macronutrienti, a differenza di quella di un gelato, un biscotto o una merendina la cui formulazione può variare e risultare quindi nociva. Credo sia diventata una necessità per gli alimenti ultra-processati rispondere a profili nutrizionali. La Commissione europea con l’avallo del Parlamento sembra decisa a promuovere l’applicazione di un modello tipo Nutri-score, che fra i vari sistemi, pur con le sue incongruenze per certi prodotti, è quello che ha raggiunto i più ampi consensi dalla società scientifica. È tuttavia, solo uno degli strumenti necessari
Torniamo al codice di condotta europea sulla responsabilità degli operatori alimentari. Ci sono modelli che trova più efficaci? In merito al Codice di Condotta, trovo interessante uno schema di linee guida sulle indicazioni di tipo ambientale, per arginare il rischio di greenwashing e di pubblicità ingannevole della Competition and Market Authority (CMA) – autorità che in UK corrisponde all’Antitrust italiana – pubblicate il 21.5.21. Trovo che, per il loro stampo molto pragmatico siano uno strumento a mio avviso molto più efficace. Del resto, è un Paese che, negli ultimi anni, ha preso decisioni drastiche e impopolari a difesa della salute, come la sugar tax e che sta valutando l’applicazione di una alcohol tax e ultimamente di una salt tax, per incidere sul consumo di sale nella dieta quotidiana.
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SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE / MACCHINE PER L’INDUSTRIA ALIMENTARE
Nuovi macchinari? Meglio ripararli A causa della pandemia gli investimenti si sono ridotti notevolmente, ma nel 2021 la situazione dovrebbe migliorare
L’
andamento del settore è legato a quello del comparto alimentare ed è caratterizzato da un’elevata propensione all’export: 72% della produzione nazionale, stando ai dati forniti dallo start “Macchine per l’industria alimentare” reso noto da Cerved a marzo 2021. Nel settore sono particolarmente rilevanti i segmenti legati all’intera filiera dei cereali e a quella della trasformazione delle carni. Come tutta la meccanica strumentale, anche le macchine per l’industria alimentare hanno subito fortemente gli effetti dell’emergenza sanitaria.
Prospettive positive per il 2021/2022 A causa dei contraccolpi della pandemia, nel 2020 il fatturato settoriale si è contratto del 13,8%, attestandosi a 2.473 milioni di euro. Frenano anche gli scambi con l’estero: le vendite estere flettono del 12,9% ma incrementano la loro inciden-
za sulla produzione, arrivando a sfiorare il 72% del fatturato; le importazioni calano del 14,3% e raggiungono un’incidenza del 18,2%. L’area UE si conferma complessivamente il principale mercato estero di sbocco. Segue il mercato nordamericano, con gli operatori USA come principali clienti dei macchinari per pastifici, industria dolciaria e per la trasformazione di frutta e vegetali. Le aree in via di sviluppo rappresentano il miglior mercato per gli impianti per molini e mangimifici. Molto rilevante è anche l’export verso la Russia di macchine per la trasformazione della carne. Il mercato diminuisce del 15,9% e si attesta su un valore di 850 milioni di euro. La chiusura delle attività legata alla pandemia (nonostante i produttori di alimenti abbiano continuato la produzione) ha portato a difficoltà nei trasporti, temporanee carenze di materie prime e ha portato le aziende a sospendere gli investimenti. Nel 2021, grazie alle misure di sostegno all’economia, la situazione dovrebbe mi-
Cerved Market Intelligence: la piattaforma per conoscere i Mercati, davvero. Scrivici a info.marketingsolutions@cerved.com
gliorare, ma tutto dipende da come continuerà a evolvere la situazione pandemica (velocità della campagna vaccinale ed eventuali nuove varianti del virus) e da come reagiranno i mercati. Una previsione prudenziale vede una crescita della produzione di tre punti e mezzo, trainata dalle vendite estere (+5,8%), mentre le vendite in Italia subiranno ancora un lieve rallentamento (-1,1%). Le importazioni mostreranno invece un andamento moderatamente positivo. Nel 2022 si prevede una netta ripresa sia della produzione, che degli scambi con l’estero, ma soprattutto del mercato interno, che dovrebbe recuperare gli investimenti posticipati nei due anni precedenti.
Produzione ed esportazioni Tutti i segmenti delle macchine per l’industria alimentare mostrano un andamento di medio-lungo periodo di stabilità o lieve crescita. Nel 2020, data la crisi
Elaborazione dati Cerved Marketing Intelligence a cura di Diletta Gaggia
Tabella 1 - Ripartizione della produzione e dell’export per segmento 2018, 2019 e previsione 2020. Valori in milioni di euro, variazioni % (Fonte: Analisi e stime Cerved su fonti qualificate) Produzione
Export
Prev.
Var.%
Var. %
Prev.
Var. %
Var. %
Segmento
2019
2020
2021
20/19
21/20
2019
2020
2021
20/19
21/20
Macchine e forni per pane, biscotti, pasticceria e pizza
730
613
630
-16,0
2,8
426
371
390
-12,8
5,0
Macchine professionali per caffè
504
433
435
-14,1
0,5
396
337
360
-14,9
6,8
Macchine per gelato
335
304
310
-9,3
2,0
263
260
263
-1,1
1,2
Macchine e impianti per la lavorazione delle carni
250
228
230
-8,8
0,9
170
158
160
-6,9
1,1
Affettatrici tritacarne e affini
220
201
210
-8,6
4,5
140
130
138
-7,1
6,2
Macchine e impianti per la trasformazione della frutta e dei vegetali
218
185
200
-15,1
8,1
159
125
140
-21,1
11,6
Macchine e impianti per molini, mangimifici e sili
225
178
190
-20,9
6,7
194
155
170
-20,1
9,7
Macchine e impianti per pastifici e per estrusi alimentari
258
220
240
-14,7
9,1
187
152
170
-18,9
12,1
Macchine e impianti per l’industria dolciaria
130
111
115
-14,6
3,6
106
89
90
-15,7
0,7
Totale
2.870
2.473
2.560
-13,8
3,5
2.041
1.778
1.881
-12,9
5,8
NORME A TUTELA DEGLI ALIMENTI La tutela igienico-sanitaria degli alimenti è regolamentata da legislazioni piuttosto rigide, emanate sia su base nazionale che regionale. Agli operatori del settore alimentare (OSA) spetta la responsabilità della sicurezza dei prodotti alimentari, già a partire dalla produzione primaria, fino alla loro trasformazione e vendita al consumatore finale. Le norme riguardano anche i macchinari destinati al processo produttivo degli alimenti. In generale, tutte le attrezzature che vengono a contatto con gli alimenti devono essere progettate e realizzate in modo tale da rendere minimi i rischi di contaminazione degli alimenti,
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Produzione & Igiene
mantenute in buono stato e sottoposte a regolare manutenzione. Le macchine devono inoltre essere costruite rispettando le normative di sicurezza relative agli operatori. È probabile che in un prossimo futuro vengano emanate norme che prevedono una massima percentuale di presenza di oli lubrificanti minerali negli alimenti. Di conseguenza le aziende valutano di sostituirli con oli naturali, e le aziende del settore in esame tengono conto di questo aspetto nel valutare l’evoluzione delle proprie macchine.
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SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE / MACCHINE PER L’INDUSTRIA ALIMENTARE
che ha coinvolto l’intero settore, tutti i segmenti risultano in calo (Tabella 1). In particolare flette la produzione di: § macchine per molini, mangimifici e sili (-20,9%); § macchine e forni per pane, biscotti, pasticceria e pizza (-16%); § macchine e impianti per la trasformazione della frutta e dei vegetali (-15,1%); § macchine per pastifici ed estrusi alimentari (-14,7%); § macchine e impianti per l’industria dolciaria (-14,6%); § macchine professionali per caffè (-14,1%). Le affettatrici e le macchine per la lavorazione delle carni diminuiscono in misura più contenuta (-8,6% e -8,8% rispettivamente). Nel 2021 tutti i segmenti danno segnali di ripresa, anche se in misura differente: particolarmente positivi gli andamenti di macchine per pastifici ed estrusi alimentari e macchine per molini, mangimifici e sili.
I segmenti delle macchine per l’industria dolciaria, per pastifici, per il gelato e il caffè, e quelle per la trasformazione della frutta si rivolgono prevalentemente all’estero.
Dimensioni del settore In Italia, il settore delle macchine per l’industria alimentare vede la presenza di circa 230 operatori e di poche medie aziende tra le leader internazionali nel proprio segmento, e di un buon numero di piccole imprese, dinamiche e flessibili, concentrate sui mercati di nicchia. Leader del settore è ALI Group, l’azienda che presenta dimensioni significativamente maggiori rispetto alle altre realtà nazionali, è cresciuta grazie a un’intensa politica di acquisizioni in Italia e all’estero. Seguono il Gruppo Catelli, Alfa Laval (filiale italiana dell’omonimo gruppo svedese) e le aziende italiane del Gruppo tedesco GEA. Mentre Ali e Alfa Laval sono presenti in modo significativo anche in altri settori della meccanica, è essenzialmente italiana la presenza nel segmento delle macchine professionali per caffè, dove è leader il Gruppo Cimbali (Tabella 2). La struttura produttiva del set-
tore rispecchia, per molti versi, l’aspetto organizzativo dell’industria alimentare. Come in altri comparti della meccanica strumentale vi è un parziale ricorso all’esternalizzazione di alcune fasi produttive (lavorazione, installazione, manutenzione) favorito dalla concentrazione geografica di gran parte dell’industria nell’area emiliana e lombarda, dove operano aziende con competenze tecniche di alto livello. Molte imprese mantengono al loro interno essenzialmente le fasi di progettazione, commercializzazione, montaggio e assistenza, delegando all’esterno sia gran parte delle attività produttive sia l’assistenza post-vendita. Dal punto di vista territoriale l’80% circa delle imprese è localizzato nelle regioni del Nord, principalmente in Emilia-Romagna e Lombardia.
Canali distributivi I grandi gruppi hanno da tempo costituito proprie reti commerciali a livello mondiale. Va rilevato come venga posta notevole attenzione alle localizzazioni delle filiali commerciali, con scelte strategiche legate alle potenzialità dei mercati. Su livelli dimensionali minori le filiali lasciano il posto a strutture indipendenti (agenti locali), spesso collegate a centri di assistenza e servizio. Il processo di concentrazione dei clienti finali, con le multinazionali del settore alimentare che tendono a concentrare gli acquisti presso la sede della capogruppo, scardina i rapporti tradizionali produttore-cliente e impone nuove modalità di offerta, con una penalizzazione delle piccole aziende con ridotta capacità produttivo/distributiva.
In calo la domanda di macchine per l’industria alimentare Nei Paesi a economia più avanzata (Europa, USA, Giappone) l’industria ali-
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Produzione & Igiene
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Tabella 2 - Principali operatori nazionali. Dati in migliaia di euro (Fonte: Cerved) Aziende
Gruppo
Attività
Anno
Fatturato
Var. % rispetto all’anno precedente
ALI HOLDING SRL
Ali Holding
Attrezzature per la ristorazione collettiva, macchine per il gelato artigianale e sistemi per la distribuzione dei pasti, armadi frigoriferi, mobili e tavoli refrigerati, apparecchi per il lavaggio professionale delle stoviglie, macchine professionali per caffè, etc. Il gruppo è diversificato anche in altri settori industriali
2020
1.990.122
-12,17
CFT SPA DI CUI
Ctf
Impianti di lavorazione del pomodoro, macchine per il confezionamento alimentare e il riempimento di bevande, soluzioni per la selezione ottica di frutta e verdura
2019
251.323
12,32
CO.MAC. SRL
Ctf
Macchine per la produzione, il processo e il confezionamento di bevande (impianti di infustamento della birra)
2019
29.796
-21,35
ALFA LAVAL SPA
Alfa Laval (Svezia)
Centrifughe per latte, macchine per olio d’oliva, scambiatori di calore. Il gruppo è diversificato anche in altri settori industriali
2019
137.401
-27,15
CELLI SPA
Celli
Macchine e impianti per l’erogazione di birra, vino e acqua
2019
121.969
12,09
UNOX SPA
Efh
Forni e piastre professionali
2019
118.199
7,07
FRAPPI SPA DI CUI
Frapi Spa
Impianti completi per estrazione olio d’oliva, centrifughe per applicazioni diverse
2018
106.852
1,91
PIERALISI MAIP SPA
Frapi Spa
Produzione di impianti oleari e lattiero caseari
2019
65.759
-2,71
Il gruppo GEA genera un fatturato di 4,6 miliardi di euro
2019
Gruppo GEA AG (Germania) di cui PAVAN SPA
GEA Group AG (Germania)
Macchine per la produzione e il confezionamento di pasta secca e fresca, snacks, cereali da colazione, macchine per la macinazione di cereali
2019
105.020
-10,89
GEA IMAFORNI SPA
GEA Group AG (Germania)
Forni per pane, biscotti e torte
2019
97.831
15,36
GEA MECHANICAL EQUIPMENT ITALIA SPA
GEA Group AG (Germania)
Omogeneizzatori alimentari e pompe volumetriche ad alta pressione
2019
94.331
13,38
GEA COMAS SPA
GEA Group AG (Germania)
Dosatori, iniettatrici, macchine per dolci e farcitura pizza
2019
55.893
29,32
TECNO POOL SPA
Lago
Macchinari per il trattamento e la trasformazione dei prodotti alimentari
2019
99.576
n.s.
FAVA SPA
Relfin
Macchine per pasta secca e fresca
2019
98.590
23,15
CARLE & MONTANARI-OPM SPA
Sacmi
Macchine per cioccolato e industria dolciaria
2019
92.528
-0,26
OCRIM SPA
Ocrim
Molini, mangimifici e silos
2018
91.912
33,87
UNITEC SPA
Benedetti
Macchine per la lavorazione dei prodotti ortofrutticoli
2017
79.987
-4,74
ING. POLIN & C. SPA
Findiam
Macchine per pane, biscotti e industria dolciaria
2019
63.737
0,74
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SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE / MACCHINE PER L’INDUSTRIA ALIMENTARE
mentare presenta una situazione di maturità, che determina una domanda principalmente di sostituzione. Nei Paesi a più recente industrializzazione e in crescita economica la domanda risente di una parziale variazione delle abitudini alimentari delle popolazioni, variazione che, se sorretta da un’adeguata crescita del reddito disponibile. Con il prolungarsi della crisi in atto la principale variabile che influenza l’andamento è la situazione di incertezza economica e paura generalizzata. La crisi legata al Coronavirus frena gli investimenti tecnici delle aziende, incerte sul futuro, e influisce quindi negativamente sulla domanda. Le vendite estere risentono della crisi come quelle interne, ma dovrebbero riprendersi in tempi più brevi, grazie alla differenza di scenari nei vari Paesi, in particolare grazie alle contromisure prese nei Paesi più industrializzati (principalmente la campagna vaccinale). La pandemia ha cambiato anche le abitudini di consumo degli italiani, influenzando le dinamiche della domanda. Dal punto di vista dei prodotti di consumo
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finale la domanda tende ad abbandonare il canale fuori casa per riportarsi in gran parte, se non quasi esclusivamente, sul canale domestico. Di conseguenza si indebolisce la domanda di macchine destinate a questo canale (bar, gelaterie e pasticcerie in particolare).
Crescita dei mercati di nicchia Negli ultimi anni sono aumentati i mercati di nicchia per i prodotti di largo consumo, a causa dell’evoluzione dei modelli di consumo e questo porta a una sempre maggiore differenziazione nell’offerta dei prodotti alimentari. Per poter offrire macchine che soddisfano le sempre diverse richieste del cliente, senza incappare nel rischio di costi troppo elevati per la progettazione e la costruzione di macchine “tailor made”, si opta sempre di più per la cosiddetta modularizzazione, attraverso la scomposizione delle macchine in una serie di moduli base standard, che sono di volta in volta assemblati secondo le esigenze specifiche del cliente. Il livello di differenziazione del settore si presenta strutturalmente elevato,
in considerazione dell’alto numero dei segmenti e delle sostanziali differenze di utilizzo e di prodotto da lavorare. Talora anche all’interno dei singoli segmenti vengono utilizzati macchinari molto diversi. Come in altri settori della meccanica strumentale, la differenziazione è attuata attraverso una stretta collaborazione con le imprese clienti, che determina un elevato livello di personalizzazione delle macchine e un’offerta di linee di prodotto “chiavi in mano”. Tale legame è motivato anche dalla necessità, per gli operatori, di collaborare attivamente con i laboratori di ricerca interni all’industria alimentare. Non di rado l’ideazione dell’impianto e la sua parziale progettazione vengono proposti dall’impresa alimentare cliente e successivamente applicate nel processo produttivo dell’azienda meccanica coinvolta nel progetto. I mercati di nicchia sono numerosi, come pure è presente un certo numero di operatori di piccole dimensioni con prodotti rivolti a produzioni in piccola serie (ad es. per il mercato delle piccole aziende agricole o di produttori locali di cereali e vegetali non trattati chimicamente etc.).
Razionalizzazione dei costi e innovazione Le grandi aziende del settore perseguono politiche di riduzione dei costi di produzione, basate su attente strategie di approvvigionamento e di standardizzazione, sia di componenti meccanici sia di parti elettroniche. L’approvvigionamento ha acquisito una importanza maggiore con le difficoltà create dalla crisi da Covid-19, che ha portato alla chiusura di numerose aziende in Estremo Oriente, e alla conseguente scarsità di componenti disponibili. La situazione in Estremo Oriente si è ora normalizzata, ma permangono alcune turbative sui nostri mercati. Vi è inoltre
Produzione & Igiene
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LA STORIA DELLE POLITICHE PUBBLICHE DI INCENTIVAZIONE DEGLI INVESTIMENTI Da anni il mercato dei macchinari industriali è influenzato da politiche pubbliche di incentivazione degli investimenti. Il 10 marzo 2016 è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto contenente la nuova disciplina per la concessione del contributo per l’acquisto di nuovi macchinari, impianti e attrezzature da parte di piccole e medie imprese. Le modifiche alla “Nuova Sabatini” prevedono che i contributi a favore delle PMI che acquistano beni strumentali possano essere concessi anche a fronte di finanziamenti erogati dalle banche e dalle società di leasing a valere su una provvista diversa dall’apposito plafond della Cassa Depositi e Prestiti. La Nuova Sabatini è stata poi prorogata dalle Legge di Bilancio 2017 e dalla Legge di Bilancio 2019. La Legge di Bilancio 2020, tra le agevolazioni per le imprese, comprende il credito d’imposta riconosciuto agli imprenditori e ai professionisti che acquistino beni strumentali nuovi funzionali all’attività d’impresa e funzionali alla trasformazione tecnologica e digitale delle imprese secondo il modello “Industria 4.0”, o beni immateriali come software. Le aliquote variano a seconda del tipo di beni, e valgono solo per beni destinati
un grande sforzo condiviso da imprese di ogni dimensione verso la realizzazione di linee complete, anziché macchine singole e verso l’offerta di gamme allargate di macchine per singoli prodotti o mercati. Il livello di innovazione nel settore è piuttosto alto. L’innovazione tecnologica rappresenta una delle principali armi competitive dell’industria italiana. Si tratta, tuttavia, di un’innovazione essenzialmente di tipo incrementale, tendente a migliorare continuamente le macchine prodotte e a incorporare gli avanzamenti tecnologici provenienti da altri settori (elettronica e nuovi materiali). Il processo innovativo è finalizzato all’aumento della produttività, dell’af-
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Produzione & Igiene
a strutture produttive ubicate in Italia. La nuova agevolazione non sarà applicabile agli investimenti per i quali è possibile applicare le norme in materia di super o Iper ammortamento ovvero quei beni per i quali entro il 31 dicembre 2019 sia stata già ottenuta l’accettazione dell’ordine d’acquisto e sia stato già versato un acconto pari al 20% del costo di acquisto. Il DDL di Bilancio 2021 prevede il nuovo Piano Nazionale Transizione 4.0, che ha l’obiettivo di stimolare gli investimenti e dare stabilità alle imprese con misure che hanno effetto dal novembre 2020 a giugno 2023. La dotazione prevede circa 24 miliardi di euro per potenziare le aliquote di detrazione fiscale. Nello specifico è previsto l’incremento delle intensità d’aiuto e dei massimali di spesa sia per il credito d’imposta beni strumentali (ex super/iper ammortamento, che è stato prorogato fino al 2022 e che prevede nuove aliquote a partire dal 16 novembre 2020 e fino al 31 dicembre 2021), che per R&S e innovazione (bonus prorogato fino al 2022), ma anche per il bonus formazione 4.0 (anch’esso prorogato fino al 2022 e con un allargamento delle tipologie di spesa ammesse).
fidabilità e della flessibilità, all’azzeramento dei fenomeni di contaminazione microbiologica degli alimenti nel rispetto di normative igieniche molto rigorose. Inoltre si assiste a un grande sforzo mirato alla standardizzazione delle macchine e dei componenti, operazione che consente di comprimere i costi della personalizzazione e contemporaneamente va incontro a una specifica richiesta dei grandi clienti: sono significativi i rapporti con le grandi multinazionali del comparto alimentare, infatti le imprese più importanti mirano ad accordi pluriennali che garantiscano continuità alla produzione di macchinari e la possibilità di sviluppo degli stessi in collaborazione con il cliente.
Le normative europee per la riduzione dei consumi energetici sollecitano un uso efficiente dell’energia e hanno un effetto di impulso al rinnovo sia delle tecnologie produttive sia dei prodotti finiti, con lo sviluppo della componente più evoluta in grado di contenere i consumi energetici e di acqua. Le imprese stanno inoltre mettendo in atto interventi specifici per il recupero di materiali, scarti e imballaggi, per lo smaltimento differenziato dei rifiuti, per la riduzione degli inquinanti. Emerge il tema dell’economia circolare e dello sviluppo a monte di prodotti concepiti con criteri di ecodesign per favorire un recupero dei componenti.
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Speciale Impianti e Tecnologie / INCENTIVI
Transizione 4.0: quali opportunità per le aziende Il Piano Nazionale Transizione 4.0 è il primo mattone su cui si fonda il Recovery Fund italiano. Il nuovo Piano si pone due obiettivi fondamentali: stimolare gli investimenti privati, dare stabilità e certezze alle imprese con misure che hanno effetto da novembre 2020 a giugno 2023. Con Andrea Titi di Leyton Italia, società che opera nell’ambito della finanza agevolata per le imprese, abbiamo ripercorso la strada che ha portato da Industria 4.0 del 2017 alla Transizione 4.0. Quali sono le novità del nuovo Piano? Transizione 4.0 è l’ultimo tassello di una politica industriale italiana che parte dal 2017 con il piano Industria 4.0, l’ex iperammortamento, il cui obiettivo è stato quello di rinnovare il parco tecnologico italiano manufatturiero e non, in ottica di investimenti digitali, tecnologici e di sostenibilità. La grande novità del piano Transizione 4.0 è quella di dare certezza alle aziende ampliando l’orizzonte temporale, si va infatti fino al 30 giugno 2023. E poi sotto il piano Transizione 4.0 oltre all’agevolazione principe che sono i beni strumentali, vengono considerate altre categorie come ricerca e sviluppo e agevolazioni tecnologiche. A partire già da Industria 4.0 e ora con Transizione 4.0, la normativa ha defi-
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nito una serie di tecnologie abilitanti, in particolare nove, che permeano i vari investimenti e macchinari che le aziende possono acquistare. Si parla di manifattura avanzata come l’utilizzo di robot collaborativi; manifattura additiva come l’utilizzo di stampanti 3D; l’utilizzo di software di piattaforme per la realtà aumentata e la realtà virtuale che possono aiutare le aziende nella manutenzione e nella logistica; l’integrazione orizzontale-verticale, quindi la possibilità di scambiare un flusso di dati bidirezionali verticalmente lungo tutte le funzioni aziendali piuttosto che orizzontalmente lungo tutta la catena del valore; l’utilizzo di piattaforme cloud, quindi la possibilità di far risiedere i dati non solo su server aziendali ma anche in cloud in modo che tutti ci possano accedere e monitorare lo stato di avanzamento della produzione. Tutta questa grande disponibilità di dati necessita di strumenti per essere compresa. Ecco, quindi, che tra le altre tecnologie abilitanti si parla anche di Big Data, di Analytics e di cybersecurity per proteggerla. Sotto il piano Transizione 4.0 compaiono non solo agevolazioni per beni strumentali ma anche per ricerca e sviluppo e, novità dell’anno scorso, per innovazione tecnologica e anche per la Formazione 4.0 in quanto le aziende ol-
Andrea Titi Leyton Italia
tre ad acquistare macchinari hanno necessità che il personale sia informato sulle nuove tecnologie. Poi ci sono altre agevolazioni come la nuova Sabatini e il bonus Sud. Di incentivi, insomma, ce ne sono tanti: entriamo nel dettaglio… Dal punto di vista dei beni strumentali la grande divisione sta tra beni strumentali semplici cioè non 4.0 e quelli invece 4.0. Per le agevolazioni legate ai beni semplici materiali e immateriali si parla di credito d’imposta. L’aliquota per il 2021 è pari al 10%, con effetto retroattivo, per cui vale per quegli investimenti a partire dal 16 novembre 2020. Questa aliquota poi viene maggiorata e si arriva a un 15% per investimenti utilizzati in un’ottica di modalità agile. Il limite massimo degli investimenti è pari a 2.000.000 di euro, per investimenti materiali, 1.000.000 di euro nel caso di beni immateriali. Nel caso in cui l’azienda volesse fare un investimento il prossimo anno, però, l’aliquota dal 10% scende al 6%. Poiché si parla di credito di imposta, l’agevolazione è automatica, quindi il credito viene portato in compensazione direttamente in F24 in tre quote a partire dall’anno di messa in esercizio del bene. È necessaria anche un’aggiunta: abbiamo parlato di bonus
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Ottobre 2021
di Antonella Cattaneo
Quali sono i software potenzialmente agevolabili in ottica 4.0? Sicuramente una prima categoria che viene in mente è quella dei sistemi MES, sistemi che si collocano in una posizione intermedia tra sistemi gestionali, ERP e sistemi più a basso livello, ad esempio Scada che comunicano direttamente con le macchine; tutti i software che permettono la protezione dei dati, la privacy, il monitoraggio dei dati all’interno dell’azienda sono software 4.0 e ad esempio, poiché il piano Transizione 4.0 si rivolge in generale a tutti i soggetti titolari di reddito di impresa, anche la cartella clinica è considerata un software 4.0.
Sud. Tutti i crediti d’imposta possono essere cumulati con altre agevolazioni, ad esempio il bonus Sud e credito d’imposta per investimenti nel Mezzogiorno. In questo caso le due agevolazioni si cumulano e il bonus Sud per le aziende che risiedono nel Mezzogiorno è particolarmente significativo perché si aggiunge un credito d’imposta pari al 45, 35 o 25% a seconda delle dimensioni aziendali: piccola media o grande impresa. Il cardine del piano Transazione 4.0 sono gli investimenti di beni materiali e immateriali. Dal momento che si parla di investimenti altamente tecnologici, l’aliquota sale. Quindi per investimenti fino a 2.500.000 euro l’aliquota, il credito d’imposta, è pari al 50% quest’anno, del 40% il prossimo anno. Per lo scaglione da due milioni e mezzo a dieci milioni di euro l’aliquota scende ed è 30% quest’anno, 20% il prossimo anno, mentre per l’ultimo scaglione quindi per investimenti da dieci a 20 milioni di euro, ragionando sempre in ottica di ragione sociale, l’aliquota è comune ai due anni ed è pari a un 10%. Anche qui il credito d’imposta viene portato in compensazione in F24 in tre quote annuali. Attenzione però: a partire dall’anno
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di verifica dell’interconnessione quindi non più messa in esercizio. Quali sono le categorie di beni coinvolte? Si tratta di tre categorie. Beni strumentali controllati da sistemi computerizzati, tra questi ricadono tutte le macchine utensili e gli impianti; beni che permettono il monitoraggio in process dell’attività produttiva piuttosto che delle condizioni di lavoro delle macchine e che forniscono anche report; l’ultimo gruppo è quello che sottende l’ergonomia e la sicurezza dei lavoratori, sempre in ottica 4.0, ad esempio l’utilizzo di realtà aumentata che coadiuva l’operatore nella sua attività di manutenzione. Analogamente ci sono i beni immateriali, vale a dire i software 4.0 e in questo caso l’aliquota scende, non più 50% ma 20% per l’acquisto di software e un tetto massimo: si possono agevolare investimenti fino a un massimo di un milione di euro e come nel caso precedente il credito d’imposta si può portare in compensazione in tre quote annuali di pari importo a partire sempre dall’anno di verifica dell’interconnessione.
Quanto è complesso accedere a questo tipo di incentivi? In realtà non ci sono pratiche complesse. Innanzitutto, l’azienda che utilizza questo credito d’imposta deve utilizzare una piattaforma che il Mise mette a disposizione per comunicare che è stata utilizzata l’agevolazione. L’aspetto importante è che nei vari documenti amministrativi che attestano l’investimento e soprattutto per le fatture è necessario far riferimento alle disposizioni di leggi e quindi è necessario inserire una dicitura che faccia riferimento ai commi della legge di bilancio in cui si parla appunto di Transizione 4.0. Altro aspetto importante è che a seconda del costo unitario dei beni è necessaria una perizia semplice o una dichiarazione di conformità oppure un’autodichiarazione del legale rappresentante. In particolare, la soglia è 300.000 euro. Quindi sopra questo valore serve una perizia semplice o una dichiarazione di conformità di un soggetto terzo, sotto questa soglia basterebbe anche una autodichiarazione del legale rappresentante. Rielaborazione dell’articolo tratto da Automazione Oggi, n.431
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SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE / Digitalizzazione
Soluzioni digitali per l’industria alimentare
Automatizzare la produzione è la migliore strategia per ridurre i costi e migliorare la competitività
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ebbene molti consumatori nei sondaggi affermino che sarebbero disposti a pagare di più per un prodotto di qualità, alla prova dei fatti, conta principalmente il prezzo. Se a questo si aggiunge il potere contrattuale in continua crescita della GDO e le fluttuazioni estreme della domanda causate dalla pandemia in corso, si comprende bene come le aziende alimentari debbano trovare nuovi modi per restare competitivi. La buona notizia è che, grazie alla digitalizzazione, sono aumentate le possibilità per ottimizzare ulteriormente i processi, ridurre il consumo delle materie prime e abbassare i costi. Le soluzioni digitali portano proprio in questa direzione e consentono di raggiungere
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risultati concreti. Il punto di partenza, però, è senz’altro l’ERP.
ERP sviluppato per il settore alimentare La CSB-System S.r.l. mette a disposizione software, hardware, services e business consulting: tutto ovunque e in un’unica soluzione. L’ERP CSB-System è il cuore del portafoglio prodotti ed è una soluzione completa che copre l’intera filiera: dalla produzione di materie prime fino al consumatore, e dalla macchina al controlling. Tutti i processi sono totalmente coperti nello standard secondo le best practices nazionali ed internazionali; grazie alla struttura modulare del software, i clienti CSB possono introdur-
re nuove funzionalità in modo flessibile, nel momento in cui lo desiderano. Gli aggiornamenti sono rapidi e sicuri: novità tecniche o modifiche delle disposizioni di legge si implementano facilmente.
Processi di produzione più efficienti La produzione è un’attività altamente complessa che non si può improvvisare. Conoscere l’efficienza delle linee di produzione e confezionamento è l’unico modo per ottimizzare il processo e sfruttarne i margini di miglioramento. Il CSB-System offre scenari di pianificazione a lungo, a medio e a breve termine. Questo garantisce la necessaria freschezza delle materie prime, l’utilizzo ottimale delle macchine e
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Ottobre 2021
Andrè Muehlberger Direttore CSB-System S.r.l.
Le soluzioni IT Le soluzioni IT per il settore alimentare sono già consolidate nella pratica una maggiore velocità di produzione; il tutto a costi più bassi rispetto al passato.
Ricette migliori Nell’ERP, funzionalità specifiche come l’ottimizzazione ricette calcolano la composizione più vantaggiosa delle ricette tenendo conto delle restrizioni chimiche e tecnologiche, senza trascurare una qualità elevata del prodotto. Ciò riduce significativamente i costi delle materie prime e aumenta i margini di profitto per ciascun prodotto. Per essere in grado di reagire a prezzi delle materie prime fortemente fluttuanti, il CSB-System offre ricette variabili, consentendo ai responsabili di produzione di mantenere la flessibilità desiderata sull’intero processo di produzione.
Il mio ERP. Rende più facile prendere decisioni. Prendere le decisioni giuste – questa è la cosa più importante per ogni azienda alimentare. Report dettagliati, dati attuali dalla produzione,
andamento degli ordini: il CSB-System vi
fornisce esattamente questa trasparenza, semplicemente premendo un tasto.
Così anche in tempi incerti potrete prendere decisioni certe.
Controllo Qualità con dispositivo mobile
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Per saperne di più sulle nostre soluzioni per il settore alimentare: www.csb.com
SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE / Digitalizzazione
Gestione dei processi tramite applicazioni CSB-System
Impegno di capitale inferiore Anche il magazzino offre potenziali di risparmio se si trova il giusto equilibrio delle giacenze. Oltre al monitoraggio intelligente dello stock di magazzino, il CSBSystem determina le quantità ottimali da ordinare e segnala automaticamente se sono state raggiunte scorte minime nella materia prima o nel magazzino di spedizione. Il risultato è una copertura al 100% dei bisogni di materie prime con il minimo impegno di capitale possibile.
Meno errori durante l’evasione ordini L’impiego e l’integrazione delle tecnologie CSB-System consente di risparmiare tempo e soldi al momento dell’evasione ordini. A seconda della tipologia di prodotti, della struttura dell’ordine e degli spazi in uso, si può optare per metodi diversi di picking, quali Pickby-Light, Pick-to-Light, Pick-by-Voice, Pick-by-Vision oppure l’evasione con sorter per la preparazione di casse multiprodotto. Non di rado, una combinazione di questi è la scelta migliore,
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per evadere in modo ottimale diversi gruppi di articoli.
Costi di trasporto più bassi Apposite funzionalità dell’ERP CSB-System consentono di ottimizzare giri, utilizzo, peso e volume di carico dei veicoli. Questo comporta non solo una riduzione dei costi di trasporto, che sono il fattore di costo più alto nella logistica, ma soprattutto un impiego migliore del personale e degli automezzi. A seconda del parco veicoli e della struttura di consegna, si può risparmiare anche sui singoli veicoli a disposizione.
Rintracciabilità più veloce In tutto il mondo le autorità preposte stanno inasprendo i requisiti di tracciabilità dei prodotti alimentari. E anche la distribuzione e i consumatori diventano più esigenti. Una rintracciabilità sicura può avvenire quasi esclusivamente attraverso processi digitalizzati. La soluzione CSB-System è basata sul Sistema Informativo Lotti e copre l’intera filiera, “dal campo alla tavola”. Poiché nell’ERP CSB-System anche le linee di produzione
sono integrate, il risultato è un’immagine completamente trasparente di tutte le fasi di lavorazione di un prodotto, a seconda del grado di dettaglio che si vuole documentare. Non ce lo si augura mai, ma eventuali ritiri di merce possono essere organizzati in pochi minuti.
Controllo dei costi Riassumendo, processi digitalizzati fanno risparmiare tempo e garantiscono trasparenza su prodotti e processi. Grazie all’utilizzo di soluzioni digitali, i responsabili aziendali sono in grado di reagire in modo flessibile agli sviluppi del mercato, alle fluttuazioni dei prezzi e ai desideri dei consumatori; i margini di profitto sono sempre sotto controllo, i costi si riducono. Le enormi turbolenze causate dalla pandemia globale hanno inoltre mostrato che l’uso di strumenti digitali per l’organizzazione dei processi di produzione e logistica è tra le misure più importanti se si vuole garantire redditività e competitività a lungo termine alla propria azienda. Le soluzioni IT CSB-System sono specifiche per il settore alimentare e già consolidate nella pratica.
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SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE / CASE HISTORY
Un’esperienza ad alto valore aggiunto
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ingazzini Srl, azienda parmense punto di riferimento nazionale e internazionale nella produzione di generatori di vapore ad uso industriale ha realizzato due impianti destinati a Gruppo Fini SpA e Greci Industria Alimentare SpA. Una partnership tutta emiliana all’insegna della tecnologia, della qualità e della sostenibilità ambientale. Se la mission aziendale dello storico Gruppo Fini Spa di Modena e di Greci Industria Alimentare Spa è una filosofia che mette al centro il cibo e la sua bontà come risultato di un processo di trasformazione non invasivo, sicuro e controllato, a partire dalla materia prima fino al prodotto servito in tavola, il concetto di qualità si estende anche agli
stessi impianti produttivi e alla riduzione dell’impatto ambientale. Obiettivo a cui punta anche Mingazzini Srl, che dal 1929 rappresenta un punto di riferimento per l’industria alimentare e delle bevande - focalizzata su qualità, efficienza e personalizzazione - realizzando sistemi sempre più performanti dal punto di vista del risparmio energetico e del rispetto per l’ambiente. Tradizione e storicità come garanzia, ma anche un costante aggiornamento tecnologico degli impianti, sono punti in comune per queste aziende. Per Gruppo Fini la collaborazione interessa lo stabilimento produttivo di Ravarino (MO) dove viene installato per ‘Le Conserve della Nonna’ un generatore di vapore modello PB150 di ultima generazione, caratterizzato da accorgimenti tecnologici che ne
Fronte e retro del generatore di vapore serie PB completo di economizzatore per rendimenti fino al 97,5%
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accrescono il risparmio energetico e il controllo delle emissioni. Un impegno nella riduzione dell’impatto ambientale previsto anche per lo stabilimento produttivo di Ravadese (PR) per Greci Industria Alimentare, con l’installazione di un generatore di vapore modello PB250 con analoghe caratteristiche, sia a livello di prestazioni che di sostenibilità. Una duplice consegna “chiavi in mano” che attesta sia l’impegno di Mingazzini nella fornitura di impianti su misura, sempre più affidabili e ad alto contenuto tecnologico che la volontà di Gruppo Fini e Greci Industria Alimentare nel potenziale i rispettivi siti produttivi, in nome di una qualità e sostenibilità che non rappresentano solo una reazione alle recenti istanze globali, ma una reale attenzione nei confronti della collettività.
MINGAZZINI SRL L’azienda nasce a Parma nel 1929 e negli anni diventa un importante player di riferimento italiano ed europeo nel settore della produzione di generatori di vapore ad uso industriale. Fornisce risposte personalizzate e su misura seguendo la propria vocazione verso impianti sempre più affidabili e ad alto contenuto tecnologico che garantiscono sicurezza, serietà e un ottimo servizio secondo lo standard “Mingazzini”. Ricerca e sviluppo guidano l’azienda da quasi un secolo: Mingazzini anticipa richieste del mercato con impianti e processi di produzione costantemente aggiornati e controllati assicurando un elevato livello di qualità, massimo rendimento e minimizzando i valori di NOx e CO rilasciati nell’atmosfera.
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SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE / BLOCKCHAIN
Tracciabilità di filiera: la sicurezza corre tra i ‘blocchi’
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ontrollo della qualità dei prodotti e della corretta esecuzione dei processi da parte degli attori lungo tutta la supply chain. Tracciare autenticità e provenienza dei prodotti, a tutela del Made in Italy in funzione anticontraffazione e per la sicurezza di utenti finali e consumatori. Esiste una tecnologia innovativa che può consentire alle filiere di produzione e ai fornitori di servizi di coprire tutte queste funzioni, e il suo nome è blockchain. In una sorta di tavola rotonda virtuale, abbiamo rivolto qualche domanda per approfondire il discorso su blockchain
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Elisabetta Guolo Bugnion
e tracciatura a Elisabetta Guolo, avvocato esperto in design e diritto d’autore dello studio Bugnion (www.bugnion.eu/ it), Guido Ricci, founder e chief security officer di Botika (www.botika.ai), e Diego Lai, CTO di Autentico (https://prodottoautentico.it).
Guido Ricci Botika
Diego Lai Autentico
Tecnologia blockchain: di cosa si tratta? Guido Ricci: “Possiamo considerare la blockchain come un registro distribuito in continua crescita, che mantiene un record permanente di tutte le transazioni che hanno avuto luogo, in modo
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Marco Zambelli
Nell’agrifood la blockchain può implementare trasparenza e immutabilità delle informazioni per seguire il percorso dei prodotti, dalle origini al consumo finale
La tecnologia blockchain apre scenari tecnologici avanzati per il futuro dell’anticontraffazione e del tracciamento di prodotti e servizi
sicuro, cronologico e immutabile. Risulta quindi semplice comprendere come questa tecnologia possa portare enormi vantaggi in termini di trasparenza e sicurezza delle informazioni a tutti i progetti di tracciabilità di beni, prodotti e servizi. Per sua stessa natura infatti la blockchain rappresenterebbe il miglior strumento possibile per tracciare in modo assolutamente certo una qualunque transazione, sia essa di natura economica che relativa alla trasformazione e/o spostamento di un prodotto. Ho volutamente utilizzato il condizionale, perché ritengo importante sottolineare che non è affatto semplice calare questa tecnologia all’interno di un contesto reale, dove spesso ci si scontra con ecosistemi informatici esistenti e processi
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operativi già di per sé strutturalmente complessi”. Elisabetta Guolo: “La blockchain (letteralmente ‘catena di blocchi’) fa parte della famiglia delle cosiddette ‘distributed ledgers’, ovvero è una base di dati distribuita, in pratica residente su più nodi di elaborazione, e in grado di garantire la non alterazione delle informazioni presenti sulla stessa mediante tecniche di crittografia. Si tratta quindi di un database strutturato in blocchi (contenenti più transazioni/informazioni) che sono tra loro collegati secondo una catena progressiva mediante tecniche di crittografia. Ciascun nodo è chiamato ad approvare ogni blocco che viene aggiunto alla catena; le transazioni possono essere modificate solo
con l’approvazione dei nodi della rete. Da qui il concetto di immutabilità e la fiducia diffusa verso questo tipo di tecnologia”. Blockchain nell’agroalimentare: quali scenari si aprono? Diego Lai: “Senza dubbio l’Agrifood è il settore su cui ci sono (escludendo quello finanziario) il più alto numero di test e casi d’uso, operazioni promosse soprattutto da grossi gruppi di distribuzione coadiuvati da player altamente tecnologici che spesso spingono tale tecnologia. Più che di specifici settori interessati alla blockchain, parlerei di specifiche categorie di prodotti. All’interno del settore Agrifood, per esempio, esistono tipologie di prodotti
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SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE / BLOCKCHAIN
dotto può essere monitorato in tempo reale dalla fattoria alla tavola. Ciò favorisce la tutela del consumatore, con conseguenti vantaggi economici per le società coinvolte. Chiaramente, la catena alimentare globale è complessa: comprende agricoltori, logistica, compagnie di trasporti, distributori e venditori al dettaglio. La tracciabilità e la rintracciabilità sono oggi obbligatorie per legge, ma il sistema di tracciabilità che si va sviluppando da parte delle aziende va ben oltre gli obblighi di legge e sembra assicurare un controllo più rigoroso”.
Un completo processo di tracciatura, a prescindere dalla blockchain, richiede l’acquisizione di valori che spesso provengono dalla catena di produzione
per cui l’utilizzo di una tracciatura costituirebbe un vero vantaggio sia per il produttore sia per il consumatore, e altri per cui, al contrario, la blockchain sarebbe un costoso rallentamento senza alcun vantaggio. Il punto fondamentale è il livello di informazione che il produttore vuole dare al proprio consumatore: nel settore food ancora oggi esiste un limitato accesso alle informazioni sulla tracciabilità degli alimenti. La blockchain può essere implementata a supporto di questa necessità. È evidente però che dal lato produttore ci deve essere la volontà di condividere tali informazioni”. Ricci: “Negli ultimi anni sono partiti migliaia di progetti orientati all’utilizzo della tecnologia blockchain. Alcuni di essi (circa un 10%) sono effettivamente divenuti operativi, altri si sono fermati allo stato di proof of concept. Anche questi ultimi comunque hanno grande importanza, poiché è grazie alla sperimentazione che si possono effet-
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tivamente disegnare i corretti scenari di utilizzo. Dalla tracciabilità di filiera alle elezioni politiche, dall’anticontraffazione alle energie rinnovabili, ormai possiamo dire che in quasi tutti i contesti operativi si sta utilizzando o si è provato ad utilizzare questa tecnologia. Sicuramente i prossimi anni vedranno l’industria di processo e il retail come i principali attori nell’implementazione di soluzioni connesse alla tecnologia blockchain, soprattutto se finalizzati alla creazione di smart-contract”. Guolo: “Concentrandoci sul mondo agroalimentare, la rivoluzione blockchain potrebbe trasformare radicalmente l’industria alimentare globale. E infatti, si registra già un’accelerazione dell’adozione nel settore agroalimentare di progetti basati su blockchain, una crescita di data analytics e IoT. La possibilità di documentare tutte le relazioni commerciali che portano alla transazione finale con il consumatore comporta che ogni pro-
Che requisiti di base richiede l’implementazione di un progetto di blockchain? Lai: “L’implementazione della blockchain, così come qualsiasi altro sistema di tracciatura, ha inizio dai ‘valori’ che devono essere acquisiti e memorizzati. Dati intrinseci che spesso devono essere estrapolati e resi disponibili a livello utente: basti pensare al valore di temperatura di una serpentina utilizzata durante la pastorizzazione, essa deve essere necessariamente compresa in un intervallo di legge e questo dato potrebbe essere uno di quelli da tracciare e certificare su blockchain. Il primo requisito è quindi che tale dato sia disponibile a ‘livello applicazione’. Qualora non sia disponibile è necessario introdurre tecnologie (anche hardware) che ne consentano l’estrapolazione in modo valido e congruo. Una volta che il dato è disponibile, è opportuno combinarlo con uno stato di validità del sistema che dipende dalla reale efficienza del sistema di tracciatura nell’unità di tempo. Non ha infatti alcun senso memorizzare in blockchain dei dati che sono in partenza ‘errati’ o ‘incerti’ per problemi al sistema di rilevazione. In base quindi all’associazione di ‘valore-stato’ si può
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creare quella collezione di valori che rappresentano la tracciatura e la si può immettere in blockchain. Questo senz’altro rappresenta il punto d’inizio del percorso di tracciabilità. Come secondo requisito è importante capire se il prodotto che stiamo tracciando deve essere anche controllato in posizione e spostamento, in questo caso anche le stesse informazioni di vettore e posizioni diventano fondamentali per la tracciatura. L’ultimo passo è identificare il tipo di blockchain: pubblica, permissioned e private. Si possono anche combinare per raggiungere il livello di velocità, costi e affidabilità desiderato. L’operazione in sé di creazione della transazione blockchain (quella cioè che rappresenta il singolo prodotto tracciato e i suoi valori) si riduce ad alcune chiamate software verso la rete blockchain, diciamo quindi che la difficoltà nella sua implementazione è proprio nell’efficacia del raggruppamento dei dati”. Guolo: “Le aziende posso scegliere di utilizzare la blockchain ‘aperta’ (es: Ethereum), oppure una di tipo ‘privato’, molto probabilmente implementata da un fornitore (come nel caso di IBM per il Mise). La scelta di una blockchain privata è fino ad ora risultata più idonea anche per il rispetto delle norme sulla privacy. Dal punto di vista pratico, in alcuni casi documentati la tracciabilità si realizza attraverso un codice di sicurezza (consultabile tramite lettore QR Code) che registra e traccia passo per passo la storia di ogni prodotto (ad esempio per un prodotto agricolo dalla coltivazione del seme nei campi alla lavorazione nelle aziende agricole, fino allo stoccaggio del prodotto nei punti vendita), al fine di garantire al consumatore un prodotto certificato e di qualità. Nei casi più comuni, è quindi sufficiente per il consumatore scansionare il QR Code stampato sulla confe-
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La tracciabilità si realizza attraverso un codice di sicurezza (consultabile tramite lettore QR Code) che registra e traccia passo per passo la storia di ogni prodotto
zione del prodotto, eventualmente digitando il codice specifico del lotto, per scoprire la storia del prodotto e risalire dal punto vendita al campo o all’allevamento”. Quali sono le principali difficoltà legate all’adozione e diffusione della blockchain? Lai: “Le difficoltà si possono riassumere in problematiche tecniche e sostenibilità economica. Un completo processo di tracciatura, a prescindere dalla blockchain, richiede l’acquisizione di valori che spesso provengono dalla catena di produzione, dati che non è detto che siano disponibili e che devono essere acquisiti, memorizzati e validati. Nella tracciabilità dei cibi lavorati, ad esempio formaggio e vino, per avere una tracciatura completa è necessario partire dai conferitori delle materie prime. Molto spesso raggruppare questi dati è tecnicamente complesso, e la mancanza di essi rende la tracciatura poco utile per
l’utilizzatore finale. Per ovviare a questo problema sono spesso necessari interventi che hanno costi importanti sia in termini di tempo sia di investimento, interventi che riguardano non sono i produttori ma anche le aziende ad essi collegati: conferitori, vettori e distributori. A questo si aggiunge anche il costo della tecnologia blockchain che richiede un investimento non indifferente soprattutto nel caso di prodotti di largo consumo, in cui ogni anno un produttore può immettere nel mercato milioni di pezzi (uova, vini, formaggi, ecc.). Probabilmente ciò che manca oggi è una standardizzazione del processo di produzione e dei dati che devono essere tenuti sotto controllo: se ci fosse un pubblico protocollo che definisce come raccogliere e memorizzare i dati intrinseci che costituiranno la base della tracciatura, probabilmente la relativa memorizzazione in blockchain sarebbe molto più economica e semplice.” Rielaborazione dell’articolo tratto da AutomazioneOggi, n.423
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SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE / INNOVAZIONE
La biotecnologia al servizio del mondo alimentare
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a biotecnologia, scienza affascinante e complessa, ha avuto senza dubbio un enorme potenziale per aumentare la produzione alimentare e migliorare la lavorazione degli alimenti, anche se il suo impatto nel business è destinato a crescere negli anni futuri e differirà da paese a paese. L’aumento di produttività nei paesi in via di sviluppo, pur frenata dalla pandemia, ha permesso di aumentare i benefici tangibili derivanti dalle innovazioni biotecnologiche. Laddove le biotecnologie vengono applicate
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alla produzione destinata ai mercati interni, gli “effetti dimostrativi” possono stimolare sviluppi in altri Paesi e, proprio in questo caso, esiste un ampio margine di cooperazione tra i paesi in via di sviluppo, nonostante i pericoli derivanti dalla concorrenza internazionale. La biotecnologia ha permesso di apportare importanti cambiamenti nella produzione vegetale e animale: in entrambi i campi ha interessato tutte le fasi della catena di produzione, dagli input agrochimici e dall’allevamento fino alla lavorazione finale degli alimenti.
La trasformazione dei prodotti alimentari Analizzando le svariate applicazioni che la scienza biotecnologica può avere nel mondo del food è corretto soffermarsi sulle potenzialità per quanto riguarda l’universo della trasformazione degli alimenti. La biotecnologia può essere utilizzata per il potenziamento della lavorazione alimentare tradizionale basata sulla fermentazione, come le procedure utilizzate per produrre il gari, un alimento fermentato, granulo-
Produzione & Igiene
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di Luca Ilorini Chimico e divulgatore scientifico
L’uso della tecnologia del DNA ricombinante ha reso possibile la produzione di enzimi resistenti alle rigide condizioni utilizzate nei moderni processi alimentari
so e amidaceo derivato dalla manioca. La biotecnologia può convertire prodotti alimentari non commestibili e deperibili in alimenti appetibili e con una durata di conservazione più lunga, che è sicura e di qualità migliore in termini di proprietà nutritive e fisico-chimiche e sensoriali. Un terzo degli alimenti trasformati del mondo sono alimenti fermentati, fermentazione naturale o intenzionale che aggiungono ceppo microbico. Una fermentazione impropria può causare la produzione di
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Prima di parlare di “nuova era del food” serve una valutazione della sicurezza
tossine; quindi, il controllo di qualità è più che essenziale in questo specifico segmento dell’universo food. Il processo di fermentazione aumenta il valore dietetico del cibo insieme alla biosintesi di vitamine, aminoacidi necessari, aromi alimentari, additivi, conservanti e proteine migliorando la digeribilità delle proteine e delle fibre. La biotecnologia può migliorare la commestibilità, la consistenza e la durata di conservazione degli alimenti prevenendo la crescita di microrganismi produttori
di tossine indesiderati naturalmente presenti negli alimenti e la produzione di agenti antimicrobici per uccidere i microrganismi putrefattivi indesiderati. Tra le altre funzionalità dell’universo biotecnologico, si osserva una funzione essenziale nell’ingegneria delle proteine e la possibilità di identificare i patogeni e i pesticidi presenti negli alimenti mediante tecnica ELISA e microarray. La biotecnologia può anche aiutare ad eliminare i componenti tossici, sia mediante l’ingegneria genetica che attraverso la lavorazione degli alimenti. Oltre ad eliminare componenti indesiderati, la biotecnologia può essere utilizzata per la produzione economica di additivi che aumentano il valore nutritivo del prodotto finale o che ne migliorano il sapore, la consistenza o l’aspetto, consentendo agli scienziati di produrre frutta e verdura con una migliore conservabilità e gusto. Colture geneticamente modificate che hanno migliorato il gusto includono, per esempio, prodotti come le angurie senza semi, processo di rimozione dei semi dalle colture alimentari che ha migliorato lo zucchero solubile contenuto che a sua volta ne esaltava la dolcezza. Con l’uso delle biotecnologie,
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SPECIALE IMPIANTI E TECNOLOGIE / INNOVAZIONE
Prodotti alimentari non commestibili e deperibili possono essere convertiti in alimenti appetibili e con una durata di conservazione più lunga
si modificano, ad esempio, i percorsi di fermentazione per esaltare l’aroma nelle colture, con indubbie potenzialità a diversi livelli della filiera produttiva.
Enzimi purificati per l’industria alimentare La produzione industriale di enzimi comporta principalmente l’utilizzo di microrganismi coltivati i n enormi contenitori, al termine del processo gli enzimi desiderati vengono secreti, in forma di metaboliti, nel mezzo in cui è stato fermentato il microrganismo. Gli enzimi che vengono prodotti con il suddetto processo vengono quindi rimossi, sottoposti a fasi di purificazione per essere poi impiegati nella lavorazione del cibo all’interno dell’industria alimentare. L’efficienza nella produzione di enzimi da microrganismi si è evoluta grazie alle tecnologie genetiche e l’utilizzo delle tecnologie avanzate ha aumentato l’ottenibilità degli enzimi, ridotto i costi di produzione e valorizzato il loro valore. Questo ha portato all’effetto vantaggioso di aumentare l’efficienza e di razio-
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nalizzare i metodi che impiegano l’uso di enzimi come coadiuvanti tecnologici nell’industria alimentare. Gli enzimi alimentari sono comunemente usati nella lavorazione degli alimenti così come nella produzione di ingredienti specifici
finalizzati alla formulazione. Dal momento che gli enzimi tradizionalmente isolati da microrganismi coltivabili, o da piante e tessuti di mammiferi, non possiedono una purezza sufficiente e spesso non sono ben adattati alle rigide
La biotecnologia può essere utilizzata per aumentare il valore nutritivo del prodotto finale o per migliorarne il sapore, la consistenza o l’aspetto, come per le angurie senza semi
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condizioni utilizzate nei moderni processi alimentari, l’uso della tecnologia del DNA ricombinante ha reso possibile la produzione di enzimi resistenti a rese molto più elevate, nonché nuovi enzimi con caratteristiche su misura. Un’evoluzione importante e senza precedenti che ha caratterizzato l’industria alimentare aprendo nuovi orizzonti. Un altro importante risultato comprende il miglioramento dei ceppi normalmente utilizzati come ospiti microbici, ad esempio, tramite l’ingegneria mirata ad aumentare la resa enzimatica eliminando i geni nativi, o la modifica per ridurre, e talvolta eliminare, la sintesi parallela di sottoprodotti potenzialmente tossici come metaboliti secondari. I principali enzimi alimentari di rilevanza pratica includono le idrolasi, una classe vasta comprendente le carboidrasi (amilasi, cellulasi, pectinasi e -galattosidasi), proteasi e lipasi, che vengono utilizzate principalmente nella lavorazione o formulazione di alimenti mirati che devono rispondere a determinate esigenze organolettiche. Doveroso è anche soffermarsi su altri enzimi deputati ad altre funzioni fondamentali, come la conservazione che risulta strategica per quei prodotti più facilmente esposti a fenomeni di deterioramento, come le betaglucanasi e le chitinasi, oppure anche le ossidoriduttasi.
Le sfide del futuro La ricerca e la produzione di alimenti ricombinanti hanno raggiunto livelli di discreto successo su scala globale, tuttavia ci sono ancora determinati step da compiere per arrivare ad una “nuova era del food”. Limiti che riguardano soprattutto la sfera della valutazione della sicurezza, fondamentale nell’universo alimentare, e alla produzione spesso e volentieri non semplice da gestire su vasta scala. Per esempio, la carne di coltura cellulare deve affrontare sfide
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Le procedure tradizionali, come quelle utilizzate per produrre il gari, un alimento fermentato, granuloso e amidaceo derivato dalla manioca, possono essere potenziate dalle biotecnologia
come la disponibilità di fonti di cellule staminali insufficienti, una scala di produzione limitata, una grande differenza di colore con la carne reale e l’alto costo di produzione. Quattro problematiche di non facile soluzione, che possono portare a valutazioni su scala più ampia, coinvolgendo mondi e settori affini a quello variegato del food. Per risolvere questi problemi, è necessario combinare, per esempio, la parte progettuale e di design degli impianti con il filone dell’intelligenza artificiale e dell’industria 4.0: il futuro sarebbe quello di ottenere bioreattori che possano consentire una produzione efficiente su vasta scala. Oltre alla carne, sono numerosi gli esempi in tale ambito che abbracciano fonti alimentari differenti, che spaziano alla sintesi di nuove vitamine e nutrienti del futuro. Per la sfera del safety mancano gli standard di gestione del rischio e della sicurezza per gli alimenti ricombinanti ed è necessario valutare sistematicamente la sicurezza dei singoli componenti, tra cui piastre, terreni di coltura e trasportatori di os-
sigeno per fare alcuni esempi. Contestualmente è fondamentale indagare nuovi processi produttivi mai esplorati, considerando con grande rilevanza la sfera della sicurezza già a partire dalle prime valutazione embrionali sul progetto. L’apporto della biotecnologia alla biologia sintetica porterà una varietà di benefici per la società sempre crescenti, ma proprio per questo dovrebbero essere considerati anche i possibili rischi legati a questo fenomeno. Per esempio, a livello tecnico, nella fabbrica di cellule dovrebbero essere introdotti sistemi di biocontenimento per evitarne la diffusione nell’ambiente. Risulta inoltre necessaria una divulgazione più approfondita delle conoscenze pertinenti per migliorare l’accettazione da parte del pubblico di nuovi ingredienti alimentari e nuovi alimenti prodotti dalla biotecnologia. Numerosi sono gli esempi e numerose le sfide che aspettano l’universo del food, la famosa frontiera 4.0 e la direzione intrapresa dai principali stakeholders è senza dubbio quella più corretta.
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FOCUS / CARNI E SALUMI
Prodotti DOP e IGP “buoni” anche per l’ambiente Sfruttare i fondi del PNRR, tra sostenibilità e innovazione tecnologica
“
Il futuro del settore, tra sostenibilità e innovazione tecnologica” è stato il tema al centro del convegno organizzato da ASSICA lo scorso 16 giugno 2021. Un’occasione per fare il punto sull’evoluzione del modello di business attuale verso una filiera 4.0. Il settore suinicolo ha affrontato due anni molto impegnativi. Nel 2019 le aziende si sono trovate a dover affrontare da una parte i costi elevati della materia prima, cresciuti in seguito all’aumento della domanda cinese duramente colpita dalla peste suina. E dall’altra, nel 2020 le conseguenze della pandemia di Covid-19
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che hanno colpito anche questo settore, nonostante le aziende alimentari non si siano mai fermate, produzione, consumi ed export hanno risentito della crisi mondiale. Fortunatamente lo scenario economico mostra segni di ripresa, dall’ISTAT al Fondo Monetario hanno rivisto al rialzo le stime del PIL verso una crescita del 5%, stime in cui sembra che anche la produzione industriale stia tornando ai livelli pre Covid.
Un prodotto più sano Nel 2020 la produzione di salumi ha registrato una diminuzione del 7,1% (sono
state prodotte solo 1.093 milioni di tons.) per un valore a consumi di 7.927 miliardi di euro (-3,6%). Mentre le vendite all’estero hanno visto una diminuzione del 7,2%, ma con un fatturato in crescita del 2,5%, raggiungendo un miliardo e 626 milioni di euro. Aumento che si spiega con il miglioramento del valore dei prodotti esportati. “I dati dimostrano come il settore abbia subito la crisi indotta dalla pandemia. Dati che si dimostrano in calo, nonostante siano aumentate le vendite nel retail, nella GDO e nel dettaglio tradizionale. In particolare hanno riportato un lieve aumento i preaffettati, quest’ultimo
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di Diletta Gaggia
Il settore suinicolo ha affrontato due anni molto impegnativi, a causa dei costi elevati della materia prima e della pandemia da Covid-19
Due le sfide che deve affrontare il settore: produrre cibi salutari, ma che rispettino i criteri di un’economia sostenibile
innescato probabilmente dalla sicurezza psicologica di comprare un alimento prodotto”, spiega Ruggero Lenti, neoeletto Presidente ASSICA. È indubbio che la grossa perdita di fatturato nei consumi di carne e salumi sia dipesa dalla chiusura dell’Ho.Re.Ca. e conseguenti consumi fuori casa. “Le sfide che attendono il nostro settore sono essenzialmente due: produrre cibi sani, sicuri e leggeri, adatti quindi alle esigenze di un consumatore moderno; e produrre cibi che abbiano un impatto sempre più bassi, per rispettare i criteri di un’economia sostenibile”, prosegue Lenti. In riferimento alle caratte-
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Il comparto agroalimentare è un patrimonio in termini di produttività e occupazione
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FOCUS / CARNI E SALUMI
ristiche nutrizionali, grazie all’impegno nella selezione genetica e al miglioramento fisico dei suini, i quali tendono ad avere carni sempre più magre rispetto al passato, il consumatore acquista un prodotti ricco di vitamine, in particolare della B12 essenziale per la crescita dei giovani, di proteine e sali minerali. Anche l’industria si è impegnata nel rendere le proprie ricette più digeribili, ma tutelandone il sapore.
INCONTRIAMO ASSICA È il 25 gennaio 1946. Nello studio del notaio Rodolfo Bertoli, in Corso Venezia a Milano, un Ruggero Lenti, gruppo di Presidente ASSICA rappresentanti degli industriali della trasformazione delle carni costituisce ufficialmente un’associazione, con la finalità di “favorire, tutelare e sviluppare gli interessi dei soci nell’acquisto di materie prime, nella lavorazione e vendita dei prodotti, nei rapporti economici, sindacali e in materia fiscale”. Nasce così l’A.I.C.A., Associazione degli Industriali delle Conserve Animali, denominazione originaria dell’attuale Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi. Dopo oltre sessant’anni, ASSICA è l’organizzazione nazionale di categoria che, nell’ambito della Confindustria, rappresenta le imprese di produzione dei salumi (prodotti trasformati di carne suina e bovina) e di macellazione suina.
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Impegno nel ridurre l’impatto ambientale Il settore suinicolo si dimostra già attento alla necessità di ridurre l’impatto ambientale: controllo del biogas negli allevamenti, attenzione durante lo spargimento dei liquami per ridurre l’impatto dell’ammoniaca, cogenerazione nei macelli, etc. “ Ma questo non è sufficiente. Oggi dobbiamo impegnarci su due fronti: la comunicazione verso l’esterno di ciò che facciamo e ricordare che non possiamo fare tutto da soli. Quello che deve cambiare è, anche, il modello di relazione della nostra filiera”, sottolinea il Presidente Lenti. ASSICA tutela gli interessi di “due anime”: distributori e macelli. “La distribuzione deve diventare parte attiva dei processi e riconoscere che alimenti prodotti in un certo modo hanno determinati costi”, afferma Lenti. “Ma quello che è fondamentale ricordare è che la sostenibilità passa per l’agricoltura”, di cui allevamento e produzione di mangimi sono dei pilastri. Secondo i dati FAO, l’agricoltura italiana ha un carico di CO2 molto più basso rispetto alle altre agricolture mondiali, essendo responsabile di solo il 5% della CO2 complessivamente prodotta dal nostro Paese, mentre la media mondiale è del 14%.
tra i quali, in collegamento da Roma, il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, on. Stefano Patuanelli. “Il periodo di crisi ha investito tutti i settori”, ha commentato anche il Ministro, “ ma lo ha fatto in maniera asimmetrica: il comparto agroalimentare ha pagato maggiormente rispetto ad altri, sia per le difficoltà logistiche, derivanti dalle restrizioni imposte per contenere il contagio, sia per la chiusura del settore Ho.Re.Ca. e di alcuni canali export”. La politica riconosce il grande lavoro svolto dalla zootecnica nazionale, per adeguarsi alla sempre crescente sensibilità in merito ai temi ambientali e all’impatto che possono avere sull’ambiente le produzioni settoriali, sebbene il settore continui a essere percepito dalla collettività come non sufficientemente virtuoso. Per questo motivo anche il Ministro Patuanelli ha condiviso il ruolo fondamentale giocato dalla comunicazione. “Il percorso del settore suinicolo deve essere riconosciuto e sostenuto”, prosegue l’on. Patuanelli. “Le risorse del PNRR vanno impiegate per assicurare una maggiore resilienza dei sistemi produttivi”.
Proposte intelligenti per il PNRR
Non solo sostenibilità ambientale
Cogliere le opportunità offerta dai fondi del PNRR per trasformare il settore in un comparto virtuoso è fondamentale. L’innovazione ha dei costi elevati, ma necessari. “Oggi l’ingente costo della tracciabilità dei prodotti DOP è quasi interamente a carico dei macelli. La nostra proposta è trovare il modo, grazie al supporto offerto dalle nuove tecnologie, di rendere quasi automatica questa tracciabilità, alleggerendo così i costi che pesano sul sistema”.
Un sostegno per la transizione L’evento ha visto la partecipazione di diversi relatori dal mondo istituzionale,
Altra illustre presenza è stato l’on. Filippo Gallinella, Presidente Commissione Agricola - Camera dei Deputati. “Per il nostro Paese il comparto agroalimentare è un patrimonio in termini di produttività e occupazione. Ma l’obiettivo deve essere anche il raggiungimento di una sostenibilità economica, la quale è strettamente correlata alla sostenibilità ambientale”, ha esordito il Ministro. Citando il progetto relativo al Sistema di Qualità Nazionale sul benessere animale, l’on. Gallinella ha ribadito come il comparto deve migliorare insieme e ricordando che la politica ha l’obbligo di sostenere e supportare questo processo
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FOCUS / CARNI E SALUMI
I DATI 2020: IN CALO LA PRODUZIONE DI SALUMI A causa della pandemia da Covid-19 è risultata in flessione la produzione di salumi, che ha chiuso il 2020 attestandosi, secondo i dati ASSICA, a 1.093 milione di ton. Un calo del 7,1% rispetto al 2019 (1,176 milioni di ton). Dal medesimo report emerge in calo, sebbene più contenuto, il calo del valore alla produzione. Quest’ultimo è sceso a 7.927 milioni di euro dagli 8.225 milioni del 2019 (-3,6%). “La filiera suinicola ha risentito profondamente dell’onda d’urto generata dalla pandemia, innanzitutto perché nel nostro Paese l’epidemia si è diffusa proprio a partire dalle regioni più importanti per la nostra suinicoltura (Lombardia e Emilia-Romagna), in secondo luogo perché l’Italia ha adottato misure restrittive importanti per un periodo piuttosto lungo. La chiusura del canale Ho.Re.Ca ha sottrato, infatti,
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una fetta importante ai consumi di carni fresche e di salumi. A fronte di queste dinamiche sono cresciuti gli acquisti nella GDO”, ha affermato Ruggero Lenti, Presidente di ASSICA. La produzione nazionale di carni e prodotti trasformati è stata penalizzata anche dal calo della domanda estera. Le produzione di conserve animali e quella di grassi lavorati ha subito un calo del 6,6%: 1,345 milioni di ton nel 2020 contro le 1,439 milioni di ton nel 2019.
PRODOTTI E FATTURATO Nel 2020 la produzione ha fatturato 8.237 milioni di euro, un calo del 3,3% rispetto agli 8.522 milioni di euro del 2019. A causa della pandemia, la produzione a volume di tutte le principali categorie ha registrato una contrazione. La chiusura dell’Ho.Re.Ca e il blocco del turismo ha penalizzato la produzione di prosciutti crudi stagionati: -7,3% (261.100 ton) nella produzione e -4,9% (2.115 milioni di euro) in valore. In flessione è anche la produzione di prosciutto cotto: -6,3% (271.100 ton), ovvero una
perdita di 1.934 milioni di euro (-2,7%). Trend cedente in quantità anche per la produzione di mortadella, fermatasi a 157.100 ton (-4,3%) ma rimasta stabile a valore (+0,4% per 681,7 milioni di euro) e per quella dei wurstel, scesi a quota 58.900 ton (-1,2%) per un valore di 187,4 milioni di euro (+2,5%). La produzione di speck si è arrestata a quota 32.700 ton (-4,4%) per un valore in crescita dell’1,2% (346.4 milioni di euro). La domanda estera ha contributo alla positività (+1,4%) della produzione di salame, che ha raggiunto le 109.00 ton (-3,5%) per un valore di 992 milioni di euro. Analogamente al salame, anche la pancetta ha visto un aumento delle esportazioni. La produzione si è fermata a quota 47.700 ton (-5,5%) per un valore di 243.3 milioni di euro (+4,1%). Chiudono il 2020 in flessione anche coppa e bresaola. La produzione di coppa si attesta sulle 39.400 ton (-7,1%) per 315.2 milioni di euro (-1,1%), mentre di bresaola sono state prodotte 27.100 ton (-9,6%) con un valore di 442.5 milioni di euro (-6,2%).
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CALANO ANCHE I CONSUMI
La struttura dei consumi interni ha visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,2% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 21,8%, da mortadella/ wurstel scesi al 19%, dal salame all’8,1% e dalla bresaola al 2,5%
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La disponibilità totale per il consumo nazionale di salumi nel 2020 è stata di 962,7 mila ton (-7,6%) contro 1.041 milioni dell’anno precedente. A causa anche della drastica riduzione degli arrivi dei turisti, il consumo pro capite si è attestato intorno ai 16,2 kg, contro i 17,3 kg del 2019 (-6,6%). Il consumo di prosciutti crudi stagionati è sceso a 209.700 ton (-7,1%), 262.200 sono le ton di prosciutto cotto (-5,5%). In calo anche i consumi di mortadella, wurstel (-5,6% per 183.100 ton) e quelli di salame (-6,1% per 78.000 ton). Hanno evidenziato una profonda flessione anche i consumi di bresaola, solo 24.200 ton rispetto alle 26.400 dell’anno precedente (-8,5%). La struttura dei consumi interni ha così visto al primo posto sempre il prosciutto cotto, con una quota pari al 27,2% del totale dei salumi, seguito dal prosciutto crudo al 21,8%, da mortadella/wurstel scesi al 19%, dal salame all’8,1% e dalla bresaola al 2,5%. Chiudono gli altri salumi al 21,3%.
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FOCUS / CARNI E SALUMI
IN FLESSIONE LE ESPORTAZIONI DI SALUMI, MA CRESCE IL FATTURATO Secondo le elaborazioni di ASSICA dei dati ISTAT, nel 2020 le esportazioni di salumi hanno interessato 170.137 ton per un fatturato di 1.626,7 milioni di euro, registrando una flessione a volume (-7,2%), ma una crescita a valore (+2,5%). Nel corso dell’anno le importazioni hanno mostrato una contrazione sia in quantità sia in valore, fermandosi a quota 41.066 ton (-18,8%) per un valore di 204,9 milioni di euro (-12,0%). La dinamica importexport ha determinato un aumento del saldo commerciale del settore: +5,0% rispetto al 2019 per un valore di 1.421,8 milioni di euro. In riferimento alle aree geografiche e ai volumi esportati, l’Unione Europea si è dimostrata quella in maggiore difficoltà, mentre i Paesi terzi, grazie alla ripresa della domanda statunitense, hanno registrato una crescita sia a volume che a valore.
PRODOTTI APPREZZATI ALL’ESTERO Buone notizie per salami e pancette stagionate, mentre le spedizioni di prosciutti crudi stagionati si sono fermate a quota 60.754 ton per un valore di 735,4 milioni di euro registrando un -10,8% in quantità e un -0,9% in valore. Le esportazioni di prosciutti disossati (la voce comprende anche speck, coppe e culatelli) hanno chiuso l’anno a quota 58.051 ton per un fatturato di 719,5 milioni di euro, registrando un calo a due cifre in quantità (-11,2%) e un ridimensionamento a valore (-0,6%). Dati deboli per l’export di mortadella e wurstel che ha visto gli invii della categoria fermarsi a quota 39.621 tonnellate (-3,0%) per oltre
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156 milioni di euro (+2,3%). Al contrario le esportazioni di salami sono salite a quota 35.098 ton (+0,9%) per un valore di 387,5 milioni di euro (+13,0%). Importante crescita per le esportazioni di pancetta stagionata che hanno chiuso il 2020 con un +1,3% in quantità, per 6.141 ton inviate, e un +25,0% a valore, per oltre 65 milioni di euro. Anno faticoso invece per gli invii di bresaola: 3.332 ton e 62,9 milioni di euro (-15,7% in quantità e -5,9% a valore).
DESTINAZIONE DEI PRODOTTI Le spedizioni verso la UE post Brexit hanno chiuso il 2020 con un -12,1% in quantità per un totale di 41.889 ton per 476 milioni di euro (-0,4% in valore); aggiungendo il Regno Unito la variazione sarebbe stata leggermente inferiore (-11,3% in volume e -0,1% a valore). All’interno del mercato unico, fra i principali paesi di destinazione, spicca il risultato dell’Austria che ha registrato una crescita sia a volume sia a valore (+2,9% e +12,1%). Hanno evidenziato una flessione a volume, ma una crescita a valore Francia (-12,8% ma +0,9%), Belgio (-11,5% ma +10,7%), Paesi Bassi (-5,4% ma +0,6%) e Svezia (-9,1% ma +10,6%), mentre sono risultati in contrazione sia a volume sia a valore gli invii verso la Germania (-10,0% in quantità e -1,9%) e la Croazia (-46,5% e -37,8%). Fuori dall’Unione Europea, a penalizzare la categoria è stata la riduzione degli invii verso gli USA, principale mercato di riferimento, che con
8.016 ton per un valore di 104,6 milioni di euro ha registrato un -5,8% in quantità e un -1,5% a valore. Buone notizie sono arrivate, invece, dalla Svizzera che ha visto gli arrivi di prosciutti crudi stagionati aumentare sia in quantità (+0,8%) sia in valore (+6,8%). Hanno ceduto terreno, infine, le spedizioni verso il Giappone (-12,2% in quantità e -11% in valore) e verso il Brasile (-15,4% e -7,8%).
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INFORMAZIONE PUBBLICITARIA
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FOCUS CARNI E SALUMI / Protagonisti
Beretta: un’eccellenza italiana
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el 1812 Carlo Antonio Beretta ricevette dal padre l’attività di famiglia per il commercio di carne suina e derivati. La prima salumeria ufficiale era sita a Barzanò, in Brianza. Da allora sono trascorsi oltre duecento anni e, di padre in figlio, da otto generazioni, l’attività di famiglia si è tramandata a oggi, ampliandosi fino a diventare un vero e proprio “impero” che ha travalicato non solo i confini della Brianza, ma anche quelli dell’Italia, per approdare anche nei “nuovi” mondi - America e Cina all’insegna dell’eccellenza italiana. A quella “storica” bottega, seguì, nel 1920, l’apertura del primo salumificio, per la produzione di salumi pregiati, lavorati con sapienza e passione artigianali, ma con l’ausilio di nuove tecnologie, che hanno dato il via a un’attività produttiva e commerciale al passo con i tempi.
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La famiglia Beretta, mantenendo intatta la qualità della produzione, ha progressivamente ampliato la tipologia di referenze, investendo, sempre più, nel settore dei salumi tipici, selezionando una collezione di prodotti che, rispettando precise regole di provenienza geografica e seguendo rigidissimi disciplinari, hanno portato al riconoscimento dei marchi DOP e IGP. Oggi il gruppo Beretta in Italia è una delle principali aziende nazionali del settore per fatturato e per volumi prodotti: 160mila tonnellate prodotte in un anno e 898 milioni di euro totali, di cui
784 milioni di euro salumi e 114 milioni di euro i piatti pronti. Con 30 stabilimenti in Italia e all’estero per una superficie produttiva complessiva di circa 346mila metri quadrati e grazie ai suoi 2.400 dipendenti, l’azienda è in grado di offrire oltre 500 referenze nei salumi a marchio proprio. Il fatturato dell’export detiene sul comparto Salumi del gruppo una quota superiore al 40%. L’incremento dei siti produttivi va di pari passo con l’evoluzione dell’attività aziendale, scandita da tappe importanti: negli anni 1965/70 Beretta è tra le prime aziende italiane a intuire le po-
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di Cristina Cardinali
Lo stabilimento Beretta di Trezzo sull’Adda
La sicurezza igienico-sanitaria è al centro del sistema gestionale degli stabilimenti Beretta IL GRUPPO FRATELLI BERETTA: I PRINCIPALI BRAND
tenzialità del canale GDO e a realizzare linee produttive di salumi confezionati per il libero servizio. Consolidata, lungo gli anni Ottanta, la presenza capillare sul territorio italiano, nel decennio successivo il gruppo si lancia alla conquista dei mercati esteri. Oggi Beretta è presente in 22 nazioni europee e in 23 Paesi extraeuropei, dal Canada agli USA, dal Messico al Venezuela, dal Marocco al Sudafrica, da Dubai all’India, alla Russia, al Far East (Cina, Giappone, Hong Kong, Corea, Thailandia, Indonesia, Singapore, Malesia), all’Australia, con tre (due) stabilimenti pro-
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Beretta: è il marchio per eccellenza, dedicato a tutte le linee di salumi; alcune linee di prodotto hanno uno specifico sub brand: • Fresca Salumeria: salumi tradizionali affettati • Zero24: salumi per merende e spuntini pronti • Minimini e Salamini: snack di salumi • Semplici Piaceri: arrosti • 1812 Antichi Sapori Italiani • Wuber è il marchio che identifica la gamma di Wurstel • Viva la Mamma: è il brand dei Piatti Freschi ricettati
duttivi negli Usa - due nel New Jersey e uno in California - oltre a uno in Cina.
Sicurezza alimentare prima di tutto Il segreto di un successo sta nella capacità di coniugare i valori della tradi-
zione - dedizione al lavoro, scelta della qualità, sapienza artigianale - con l’adeguamento all’evoluzione della società, ai cambiamenti profondi, alle nuove esigenze, dotandosi delle tecnologie più avanzate, con l’attenzione più alta alla sicurezza della produzione, a tutela assoluta dei consumatori. Da qui, l’adesione volontaria a tutti i protocolli e ai sistemi più rigorosi, messi a punto dagli organismi internazionali e, quindi, al conseguimento delle certificazioni più avanzate, che garantiscano tutte le fasi dei processi produttivi. Gli stabilimenti Beretta sono certificati IFS (International Food Standard), uno degli standard relativi alla sicurezza alimentare riconosciuto dal Global Food Safety Initiative (GFSI), un’iniziativa internazionale, il cui scopo principale è quello di rafforzare e promuovere la sicurezza alimentare lungo tutta la catena di fornitura. È un sistema di gestione focalizzato su qualità e sicurezza igienico-sanitaria dei prodotti che, prendendo come riferimento per la pianificazione e l’implementazione la metodologia HACCP, prevede il rispetto di ben 250 punti.
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FOCUS CARNI E SALUMI / Protagonisti
Gli stabilimenti Beretta sono ubicati nelle aree geografiche tipiche. Attualmente, in Italia, sono 19 i siti produttivi dediti alla produzione di prodotti DOP/IGP.
La sicurezza igienico-sanitaria è uno dei fiori all’occhiello del sistema gestionale degli stabilimenti Beretta. A presiedere
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tutto il processo è l’ufficio centrale della qualità, coadiuvato, in ogni stabilimento, da responsabili che adeguano alle speci-
fiche necessità i rigidi protocolli. Vengono effettuati controlli microbiologici e test a campione. Sono stati redatti piani di pulizie e sanificazione molto precisi, con frequenze specifiche, con l’indicazione di quali tipi di detergente utilizzare e quali sanificanti, oltre al numero di risciacqui, a seconda delle aree, delle superfici, della attrezzature. Le pulizie vere e proprie sono affidate a società esterne che operano sotto stretto controllo aziendale. I capireparto e i capilinea, ogni giorno, effettuano verifiche mirate, secondo una lista determinata, verificando i risultati delle varie operazioni, mettendo in atto, eventualmente, specifici piani di intervento. Ovviamente, a questi controlli, si aggiungono, random, quelli del Controllo Qualità, che sottopongono a ispezione sia i livelli di pulizia sia il rispetto di tutte le procedure. Si tratta di controlli visivi, cui si affiancano i tamponi microbiologici e i test per misurare la presenza di eventuali residui chimici.
Controllo dell’aria Per garantire al massimo la sicurezza del prodotto finito, in particolare gli
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possibili fonti di contaminazione, come, per esempio, i macchinari, che devono sempre essere accuratamente lavati, in condizioni stabilite e secondo rigorose procedure, per evitare che trattengano parti di prodotto che, col tempo, possono diventare inquinanti. L’aria è il veicolo migliore delle particelle inquinanti, per cui deve essere trattata termoigrometricamente e filtrata adeguatamente. Inoltre, deve essere immessa in modo da non creare vortici o turbolenza.
Il fattore umano
affettati crudi e cotti in atmosfera protetta, Beretta, per prima in Italia, ha introdotto la camera bianca, un ambiente ad aria controllata, in cui tutto, dall’aria, alle attrezzature, agli operatori, deve essere sotto controllo, per garantire l’assenza di batteri patogeni. Importanti, pertanto, sono la filtrazione e il condizionamento dell’aria, così come importante è la pulizia del locale e delle attrezzature. Numerose sono le
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Produzione & Igiene
Anche l’uomo è fonte di contaminazione, in quanto può emettere milioni di particelle anche semplicemente muovendosi. Pertanto chi svolge il lavoro nella camera bianca, per entrarvi, deve seguire particolari percorsi, che in Beretta sono caratterizzati da un codice colore, cui corrispondono diversi livelli di decontaminazione. Gli operatori entrano, in primo luogo, in un zona rossa, dove svestono l’abbigliamento civile, si siedono su una panchina che devono scavalcare per entrare nella zona bianca, dove indossano zoccoli in materiale plastico bianco, che servono solo per attraversare quest’area dove effettuano il lavaggio di viso e mani. Arrivano quindi a un’altra panchina che li immette nella zona verde, dove lasciano le calzature bianche per indossare zoccoli verdi, casacca, pantaloni, cuffia monouso fino a raggiungere l’ultimo ambiente che prevede scarpe antinfortunistiche bianche, per poi approdare a un ultimo spogliatoio dove, sempre scavalcando una terza panchina, come ulteriore misura igienica, indossano una tuta e calzari in stoffa. A questo punto sono pronti per entrare nella camera bianca, dove arrivano, per altri percorsi, gli alimenti e il packaging da mettere sulle linee di confezionamento. Materiali di abbigliamento e delle
attrezzature sono tali da non rilasciare alcuna fibra o polvere dovuta a frizioni. Tutte le superfici sono lavabili, con detergenti specifici e con acqua a 50°C circa. Durante le lavorazioni, a intervalli definiti, le linee si fermano e alcuni operatori provvedono a mantenere pulite le linee, utilizzando prodotti specifici e carta monouso, che vengono buttati immediatamente. Tutto il materiale necessario per mantenere puliti pareti e pavimenti sono dedicati e vengono sanificati all’ingresso e poi riposti in un’area gialla che ne garantisce la non contaminazione.
MENO PLASTICA Attenta allo sviluppo di un percorso di sostenibilità, Beretta ha avviato la riduzione della quantità di plastica. Sebbene la plastica sia ancora un materiale di confezionamento con garanzie e prestazioni ad oggi difficilmente eguagliabili, è comunque possibile farne un uso più responsabile: ridurla, riciclarla e riutilizzarla in una prospettiva di economia circolare. Il lancio della confezione B-Green è un impegno concreto. A partire da Aprile 2020 le confezioni delle principali linee di prodotti Beretta sono realizzate con il 25% di plastica in meno rispetto alla quantità precedentemente utilizzata. Inoltre per le confezioni di circa 300 referenze in assortimento, prodotte in 10 diversi siti produttivi, l’azienda utilizza il 65% di plastica riciclata.
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FOCUS / CARNI E SALUMI / SOLUZIONI
Ventilatori per Food processing
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costruttori di impianti industriali a servizio della filiera agro-alimentare richiedono la massima affidabilità quando si parla di soluzioni per la climatizzazione dei reparti produttivi. I tre requisiti di un buon sistema ventilante sono: continuità di servizio, diffusione uniforme dell’aria a garanzia di precisi livelli di temperatura e umidità in ogni zona dell’ambiente ed efficienza energetica. Per soddisfare queste esigenze, ZiehlAbegg propone, all’interno della sua vasta gamma di prodotti, la serie di motoventilatori assiali per medie pressioni denominata MAXvent che combina motori potenti a un sistema altamente modulare con aerodinamica flessibile. La girante di tipo owlet, sviluppata secondo i principi della bionica, è dotata di un profilo a sviluppo 3D e del bordo posteriore seghettato diventato ormai il segno distintivo di Ziehl-Abegg. Questo particolare design consente di massimizzare
l’efficienza aerodinamica del ventilatore e di minimizzare l’impatto sonoro. La struttura del casing è disponibile in acciaio zincato o verniciato oppure in acciaio inox 304/316. Il materiale con cui sono realizzate le pale è degno di nota: si tratta di un tecnopolimero ad alta resistenza, rinforzato con fibra di aramide, che possiede la robustezza dell’acciaio, senza rinunciare alle caratteristiche di leggerezza e termostabilità. Trattandosi di materiale composito è esente da corrosione, non è contaminante ed è, per-
tanto, altamente indicato per il settore del food processing. Nata per essere equipaggiata con motori asincroni IEC, ora la serie MAXvent è disponibile anche con motori brushless a commutazione elettronica del tipo ECblue. I ventilatori MAXvent ECblue sono “IoT ready” in quanto oggetti intelligenti in grado di dialogare via Modbus con altri dispositivi connessi. Ziehl-Abegg www.ziehlabegg.com
MyAtlas, la prima app ufficiale di Atlas Filtri
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isponibile gratuitamente su Google Play Store e App Store, MyAtlas è stata concepita e sviluppata per permettere agli utenti di gestire in modo autonomo la
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manutenzione dei propri prodotti Atlas Filtri. MyAtlas funziona con tutti i prodotti Atlas Filtri e aiuta a mantenere l’impianto efficiente nel tempo. Una manutenzione precisa e puntuale, infatti, non solo allunga la vita dell’impianto, ma permette di ridurre i consumi e gli sprechi. Dall’altra parte, una scarsa e poco
attenta pulizia può annullare l’azione di filtri e altri prodotti. Il funzionamento di MyAtlas è tanto semplice quanto intuitivo. Attraverso la scansione del codice a barre, MyAtlas registra il prodotto e programma l’invio al telefono dell’utente di poche e personalizzate notifiche che indicano le tempistiche corrette per la
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FOCUS / CARNI E SALUMI / SOLUZIONI
Come sconfiggere i batteri che fanno gruppo per resistere ai trattamenti di sanificazione
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’efficacia dei trattamenti di sanificazione applicati alle linee di processo e di produzione che trasportano acqua e altri liquidi viene comunemente misurata sui batteri liberi nel liquido stesso. Tuttavia, questi batteri sono quelli più semplici da eliminare, poiché poco protetti. Inoltre, rappresentano solo il 10% dei batteri totali presenti all’interno di un sistema. Il 90%, infatti, vive adeso alle superfici di tubazioni e serbatoi, formando uno strato comunemente noto come “biofilm”. In questa forma, i microorganismi sono fino a 1000 volte più resistenti ai trattamenti, rispetto a quelli liberi nel liquido. Inoltre, il biofilm rappresenta il “rifugio” ideale per i patogeni, che al suo interno possono proliferare indisturbati. Da ciò risulta facile intuire come la sola analisi di campioni di liquido prelevati dalle linee di processo e di produzione non sia sufficiente a individuare la pre-
senza di una contaminazione microbiologica né, tantomeno, a verificare l’efficacia di un trattamento di sanificazione. Per poter prevenire e rimuovere il biofilm, risulta essenziale sapere se e quando esso si stia formando. Poiché le tradizionali tecniche di laboratorio risultano spesso inadatte o difficilmente applicabili, l’Azienda ALVIM Srl ha sviluppato, sulla base di oltre 40 anni di ricerca scientifica condotta dal Consiglio
Nazionale delle Ricerche (CNR), una tecnologia in grado di rilevare la crescita del biofilm in linea e in tempo reale. Grazie ai Sensori ALVIM, è possibile verificare la necessità e la reale efficacia della sanificazione e, se necessario, intervenire tempestivamente per ottimizzare il trattamento. Alvim www.alvim.it
manutenzione. MyAtlas permette anche di scoprire i prodotti simili a quelli già installati e, attraverso dettagliate schede tecniche consente di scoprire tutte le caratteristiche dei prodotti. Atlas Filtri it.atlasfiltri.com
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Produzione & Igiene
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PEST MANAGEMENT
L’uso degli insetti utili Il percorso che conduce al controllo sostenibile
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l controllo degli insetti infestanti, nell’ambito delle aziende alimentari, ha da sempre generato dubbi, perplessità e risultati non sempre all’altezza delle aspettative. I motivi sono vari e da ricercare in una serie di aspetti, quali: la particolare sensibilità degli ambienti, il timore di utilizzare molecole particolarmente aggressive e residuali, la necessità di rispettare i tempi della produzione ma anche la difficoltà (in alcuni casi) ad eseguire correttamente le operazioni di pulizia straordinaria volte ad eliminare (o forse sarebbe più corretto parlare di una consistente riduzione) ogni potenziale substrato identificabile come ricettacolo per la riproduzione dell’infestante. Lo scenario varia e trova differenti declinazioni a seconda del settore alimentare di riferimento. Inevitabilmente la situazione si contorna di innumerevoli complicazioni quando le materie prime interessate oscillano tra farine, semi, frutta secca, legumi o spezie, e non sono
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da meno, in termini di opportunità di sviluppo di tali artropodi, i prodotti finiti (pasta, biscotti, pane, cioccolato, ecc). Facile comprendere come l’intera filiera (non solo l’atto produttivo in sé) possa risultare fortemente condizionata da tali dinamiche. I danni generati dagli insetti (diretti o indiretti che siano), comportano numerosi costi dovuti sicuramente alla riduzione del prodotto (lavorabile o finito), ma anche a impegni di spesa più o meno straordinari per la gestione, la prevenzione e
lo smaltimento dei rifiuti generati. Oltre al danno, dunque, la beffa. I metodi di controllo, che trovano il loro punto di partenza nell’uso di adeguati sistemi di monitoraggio come trappole di diverso tipo attivate con feromoni (di aggregazione o sessuali), sono molteplici. Sulla base di rilievi attestanti il superamento delle soglie di allarme, col supporto di specifici sopralluoghi e interviste condotte da professionisti del settore, il controllo spesso si concretizza nella scelta di tecniche differenti,
Produzione & Igiene
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Raffaele Carella Technical Manager OSD Gruppo Ecotech
Mulino automatico moderno per la produzione di farina bianca da grano, riso, semola
tutte più o meno funzionali (irrorazione, nebbia fredda, nebbia secca, alte temperature, gas, ecc.), adottate nello spirito dell’Integrated Pest Management. Al di là dei risultati, spesso fortemente condizionati anche dalla capacità esecutiva degli operatori, elementi discriminanti sono la corretta esecuzione delle operazioni di pulizia, la capacità e la forza organizzativa dell’azienda ma anche (e non per ultimo) le caratteristiche strutturali dell’impianto produttivo. Tutti elementi che possono davvero fare
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Produzione & Igiene
La lotta biologica nell’ambito della produzione industriale alimentare genera molta curiosità ma anche tanto scetticismo la differenza tra un lavoro ben riuscito e un lavoro dai risultati effimeri o non pienamente convincenti. Tuttavia, il panorama del controllo degli insetti infestanti le derrate alimentari ormai da alcuni anni, anche nell’ambito della produzione industriale, può contare su una schiera di alleati dalle performance di assoluto valore. La recente introduzione della lotta biologica nell’ambito della produzione industriale alimentare ha generato tanto interesse, molta curiosità ma anche tanto scetticismo. Non a caso la domanda alla quale spesso ci troviamo a rispondere è: ”Combatto gli insetti infestanti, introducendo nell’ambiente altri insetti?”. O ancora: ”Non voglio rischiare di ritrovarmi nel prodotto finito tracce degli insetti che io stesso ho deciso di introdurre per abbattere l’infestazione!”, e così via. Le osservazioni sono assolutamente lecite, come rispettabili sono i timori; tuttavia, non possono essere per questo definite del tutto fondate e proveremo a comprenderne le motivazioni.
La tecnica della lotta biologica Adoperata da anni con successo in ambito agronomico, questa tecnica si basa su
un semplice concetto, cioè quello di potenziare (per mezzo di introduzioni più o meno attive a seconda del metodo adottato) il numero di parassitoidi e predatori già presenti in natura e negli ambienti di riferimento. Tuttavia, nell’ambito della filiera alimentare, per vari motivi quali le caratteristiche microclimatiche, la disponibilità di cibo o la presenza di condizioni e substrati molto più favorevoli allo sviluppo incontrollato di infestanti, parassitoidi e predatori non appaiono in numero adeguato al contenimento. L’idea nuova, testata ormai anch’essa da alcuni anni e alla base di numerosi studi e test di campo, riguarda l’uso di insetti ausiliari specifici quali: Trichogramma evanescens, Habrobracon hebetor, Lariophagus distinguendus, Anisopteromalus calandrae, Theocolax elegans, Cephalonomia tarsalis, Xylocoris flavipes e altri utili al controllo negli stabilimenti di produzione, dei più classici infestanti delle derrate comprendenti Lepidotteri e Coleotteri. Il primo aspetto fondamentale da puntualizzare è dunque l’uso di artropodi che non possono essere definiti in nessun modo insetti alieni. Si tratta di un sistema di controllo che
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PEST MANAGEMENT
§ La necessità di maneggiare con cura gli insetti utili. § L’abbandono dei programmi tradizionali di lotta. § La necessità di disattivare le lampade UV in fase di lancio. § Il rischio da mettere in conto, seppur limitato e spesso trascurabile, di rinvenire eventuali tracce, considerando ad ogni modo l’incapacità degli ausiliari di penetrare attivamente le confezioni di prodotto finito.
Cryptolestes ferrugineus, maschio e femmina su semi di miglio. È una specie detricola e polifaga su numerose derrate vegetali, ma predilige i cereali danneggiati, gli sfarinati e i prodotti cerealicoli in generale; attacca anche legumi, frutta secca, cacao, caffè, semi oleosi e spezie essiccate. Infesta soprattutto magazzini di stoccaggio ma anche locali di lavorazione
sfrutta l’etologia degli insetti utili, i quali per natura vivono a spese di Lasioderma, Plodia, Ephestia, Sitophilus, ecc. Per comprendere l’efficacia del sistema e sgomberare la mente da pregiudizi e timori, proviamo a ragionare su alcuni aspetti, pur tenendo ben presente che, come tutti i sistemi di controllo, porta in seno pro e contro. Proviamo pertanto a considerare gli aspetti favorevoli: § Dimensione dell’ausiliario. La gran parte di tali insetti risultano essere di dimensioni davvero ridotte tanto da renderne in molti casi complicata l’individuazione ad occhio nudo. § L’obiettivo principale dell’insetto ausiliario è quello di individuare il proprio ospite. A differenza dunque dell’infestante, che nell’ambiente è evidentemente già presente generando fenomeni di crescita incontrollata, l’ausiliario andrà alla ricerca attiva dell’individuo da parassitizzare o pre-
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dare. Non sarà invece assolutamente interessato alle merci disponibili. La ricerca attiva rende l’attività quasi infallibile, raggiungendo gli ospiti in zone talvolta irraggiungibili anche ai sistemi di lotta tradizionali. Il sistema spinge ad abbandonare quasi completamente l’uso di prodotti residuali, conducendo le aziende che ne fanno uso inevitabilmente ad una produzione che punta al biologico o tutt’al più all’IPM. L’uso di tali insetti consente inoltre una programmazione del ciclo produttivo differente scevro da indispensabili blocchi prolungati dell’attività produttiva. Non esistono fenomeni di resistenza.
Tra gli aspetti “contro”: § La necessità di partire da livelli di infestazione non troppo elevati per consentire all’insetto in prima battuta di lavorare bene.
Le prove di campo e gli studi fino ad oggi condotti evidenziano risultati a dir poco incoraggianti e positivi, in particolare abbinando il sistema al controllo per mezzo di confusione sessuale. A conferma di quanto riportato è la scelta del metodo di controllo per mezzo di insetti utili da parte non solo di aziende devote all’esclusiva produzione biologica, ma sempre più da parte di impianti dedicati alla produzione convenzionale. Appaiono non a caso in crescita le testimonianze di programmi mensili di lanci che sostituiscono i canonici interventi di disinfestazione programmata condotte con non poche difficoltà organizzative in occasione dei fermi produttivi. Il sistema descritto difficilmente sarà capace di risolvere da solo tutti i problemi causati dalle infestazioni da insetti delle derrate. Tuttavia, in un mondo in cui la parola d’ordine è sempre più sostenibilità, la ricerca dell’equilibrio dinamico potrebbe anche passare attraverso l’impiego di questi sistemi alternativi. Se davvero il controllo sostenibile resta uno dei nostri obiettivi principali, alla luce anche delle scelte globali intraprese in questa direzione, abbiamo il dovere di approfondire lo studio di tecniche alternative senza sottovalutarne gli effetti positivi complessivi, che nell’ambito di piani di controllo biologico e ancor più integrato, possono ricoprire un ruolo determinante.
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PestMed exPo. Venite a cat turare nuoVe oPPortunità.
PestMed® Expo è l’imperdibile Fiera Evento la FiEra di dedicata al Pest Management. Le più importanti aziende del settore e i buyer italiani ed esteri si incontrano qui, lungo tre giorni ricchi adErEntE a di convegni, workshop, eventi e incontri B2B. è il punto di riferimento per l’Italia, l’Europa e i Paesi del bacino del Mediterraneo sulla disinfestazione e disinfezione: la salute pubblica e del cittadino negli ambienti civili e industriali, la sicurezza degli alimenti nelle imprese della filiera agroalimentare, l’igiene civile per scuole, case, giardini, animali domestici.
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La Fiera Evento per i professionisti del Pest Management e della Sanificazione. 9-11 Febbraio 2022, BolognaFiere
PEST MANAGEMENT / Soluzioni
Protezione da tutti i roditori
L’applicazione del D.L. n°102 del 30/07/20 ha introdotto prescrizioni relative all’emissione di determinate sostanze pericolose che siano classificate come cancerogene o tossiche per la riproduzione o mutagene (H340, H350 e H360). Tra queste rientrano diversi prodotti rodenticidi, oggetto di grande attenzione da parte degli Organi di Controllo. Colkim, da sempre attenta all’ambiente, alla sicurezza delle persone e sempre
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vicina ai Pest Control Operator (PCO) ha sviluppato una linea di rodenticidi in diverse formulazioni, già autorizzati come biocidi e Trained Professional che rispettano il D.L. n°102 del 30/07/20. Tra i blocchi paraffinati ricordiamo: lo Storm® Ultra secure a base di Flocumafen 0,025% che non presenta nessuna frase di rischio e contiene un agente coesivo insapore che rende i blocchi molto resistenti a temperature estreme, oltre a Solo® 25 a base di Brodifacoum 0,025% (H373) che ha una maggiore appetibilità ed è autorizzato per uso in fogna con erogatore e ancora e Brocum Blocchi
Light, sempre a base di Brodifacoum, e Generation Block a base di Difetialone 0,025% (H373). La gamma dei prodotti Colkim si amplia con le esche in pasta fresca, tra cui il Brodim Light a base di Brodifacoum 0,025% (H373) e il Generation Pat a base di Difetialone 0,025% (H373), confezionate in bustine di carta filtro contenenti sostanze appetenti mentre tra i Pellet è disponibile il Brocum Pellet Light a base di Brodifacoum 0,025% (H373). Inoltre, in evidenza troviamo il Rodifen Liquido 26 a base di Dinefacoum 0,026% (H373) utilizzabile in appositi dispenser brevettati in aree con assenza o poca acqua. Grazie alla vasta gamma di soluzioni, Colkim garantisce una protezione attenta da tutti i roditori infestanti (Rattus norvegicus, Rattus rattus e Mus domesticus) nel rispetto della normativa vigente. Dr. Michele Ruzza Ricerca e Sviluppo Colkim srl COLKIM www.colkim.it
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PRODOTTI E SOLUZIONI
Gestire la qualità è una scelta consapevole
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’analisi microbiologica è sempre stata percepita come un’attività complessa per quanto riguarda la gestione dei passaggi che il tecnico di laboratorio effettua durante l’analisi, per la gestione dei dati e per il calcolo del risultato finale che può variare in base al numero di microrganismi presenti sulle piastre. Per il controllo della qualità e il monitoraggio della prevenzione da possibili contaminazioni da agenti patogeni, Alitest ha lanciato sul mercato la linea di piastre Peel Plate Charm. Come viene gestita la qualità in azienda? Il test, creato per il controllo qualità, deve essere: § affidabile; § rapido; § con una minor percentuale di errore;
§ si deve integrare facilmente nell’inter di analisi interne. Le piastre Charm Peel Plate presentano tutte queste caratteristiche. Pronte all’uso, permettono di eseguire il test in un solo passaggio: basta pipettare il campione da analizzare senza l’utilizzo di tecniche di diffusione. Più efficienti dei prodotti simili esistenti, che risultano essere laboriosi e caratterizzati da problematiche riguardanti la preparazione del terreno, come la cross-contamination, la diffusione dell’aliquota o la necessità di molto spazio per l’esecuzione di numerose piastre. Progettate e validate per essere sovrapposte, hanno tempi e tem-
perature di incubazione che coincidono con le convenzionali procedure microbiologiche. Validate AOAC e NCIMS, le piastre Peel Plate Charm distribuite da Alitest non solo ottimizzano i tempi e i costi dell’azienda stessa, ma aumentano la garanzia del prodotto finito per il consumatore. Sapere è prevenire. Gestire la qualità è una scelta consapevole. ALITEST www.alitest.it
Prevenire il pericolo delle muffe in caseificio e sul formaggio Prevenire la formazione di micotossine significa prevenire la crescita delle muffe. Gli interventi preventivi consistono nell’installazione all’interno del caseificio di un sistema antimuffa, nel quale riveste particolare importanza un trattamento in crosta dei formaggi, a base di principi attivi e rivestimenti protettivi ad azione prevalentemente fungistatica più che battericida, onde evitare interferenze con le fermentazioni e la maturazione dei formaggi. Anche con il lavaggio della crosta del formaggio e l’eliminazione della parte ammuffita non vi è la certezza di aver eliminato le tossine,
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dal momento che questi metaboliti penetrano nella parte edibile del formaggio, rendendolo inappropriato al consumo. Quindi distinguiamo le muffe utili e innocue che conferiscono sapore e particolarità al formaggio, dalle muffe alteranti, perché alterano il prodotto alimentare dal punto di vista organolettico (odore, sapore, colore e consistenza) e sono molto visibili. Oltre al pericolo derivante dall’ingestione delle muffe dei formaggi, particolare rilievo assume il pericolo che incombe sugli operai addetti ai magazzini di stagionatura, proveniente sia direttamente dalle
muffe che indirettamente dagli acari, predatori delle muffe. La muffa, muovendosi nell’aria sotto forma di spore microscopiche, può essere causa di danno alla salute dei lavoratori esposti, che per le loro ridotte dimensioni sono facilmente inalabili e quindi causa di allergie respiratorie. CIP www.cip-antimuffe.it
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STI… i professionisti del vapore! STI è un’azienda giovane e dinamica che, grazie a un’organizzazione rapida e flessibile e all’alta qualità dei suoi prodotti, sta conquistando il mercato europeo ed extra-europeo. L’azienda è impegnata nella realizzazione di macchine per la pulizia a vapore, nelle due linee per uso domestico e per uso professionale, tali prodotti sono interamente progettati e realizzati nello stabilimento di oltre 3.000 mq di Fara Vicentino. L’azienda crede fortemente nel Made in Italy, seguendo questa linea di pensiero, STI garantisce che ogni componente delle sue macchine presenti provenienza italiana, offrendo così un prodotto di altissima levatura.
La gamma STI ha un’ampia gamma di macchine, dalle più semplici ed economiche per l’utilizzo domestico, a quelle più complesse e potenti, per l’uso industriale. La linea domestica è composta dai modelli QV4, QV6 e linea QV7. Si dimostra essere una gamma completa in quanto è formata sia da prodotti solo vapore che prodotti vapore-aspirazione. I loro utilizzi sono molteplici visto che possono essere impiegati per pulire e sanificare ogni stanza e superficie della casa. La gamma di macchine professionali di STI si divide in due linee: COMBY (prodotti aspirazione-vapore) e GAISER (prodotti solo vapore). La gamma professionale permette di pulire a fondo e sanificare qualsiasi luogo, gli ambiti di utilizzo sono svariati: dall’industria alimentare a quella meccanica, dalla sanità (ospedali, studi medici, odontoiatrici e veterinari) alla ristorazione, dagli hotel alla pulizia nei trasporti pubblici. STI www.stindustry.eu
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CONTROVENTO
Una riflessione, una constatazione e una speranza
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a lettura della recente pubblicazione della FAO: Food Outlook, Biannual report on global food markets, suscita alcune considerazioni sulla situazione del commercio globale alimentare, anche se siamo ancora nel bel mezzo della emergenza sanitaria mondiale. Il raccolto mondiale del frumento si prevede possa segnare il record di produzione e mantenere anche i suoi prezzi sostenuti, grazie alla forte domanda globale; le granaglie al contrario per la quarta stagione consecutiva vedono la diminuzione degli stock, in presenza anch’esse di una domanda con prezzi sostenuti; nel mentre il riso realizza nuovi picchi in produzione, e nei volumi al consumo. Segni contrastanti invece sono riportati negli scambi commerciali globali delle carni con incrementi per le carni bovine e avicole, e decrementi per quelle suine ed ovine. Lo zucchero annota riduzioni alla produzione e al consumo, mentre gli oli vegetali aumentano le produzioni in misura inferiore alle richieste globali. Il comparto lattiero caseario mondiale potenzia le produzioni nonostante la pandemia COVID-19 e cresce nei volumi delle esportazioni in Asia. L’industria della pesca prepara le scorte per far fronte alle futuribili domande dei servizi alimentari, in vista della ripresa delle attività; probabilmente, la stretta dei controlli sanitari in atto nel settore, durerà nel tempo. In pillole, queste sono le tendenze principali. La prima riflessione rende omaggio alla buona resilienza del complicato sistema alimentare mondiale, infatti nonostante le incertezze dovute alla emergenza sanitaria mondiale, ha risposto positivamente alla consistente domanda, come anche alla potenziale espansione del commercio mondiale, in sintesi all’aumento della spesa globale alimentare complessiva. La constatazione riguarda invece il rialzo dei consumi domestici, causa confinamenti, a discapito dei consumi fuori casa. La speranza infine consiste nel superare le catastrofiche previsioni, d’inizio pandemia, che pronosticavano il collasso dei mercati mondiali. Non è finita purtroppo, ma auguriamoci sinceramente di farcela tutti insieme, perché con i virus le sicurezze del singolo, dipendono da quelle plurali!
Il sistema alimentare mondiale ha risposto positivamente alle incertezze
VINCENZO BOZZETTI
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Volete dire la vostra? Scrivete a: redazione.food@quine.it
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