Progettare la Sanità 1/2020

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ORGANIZZAZIONE

di Gabriele Del Castillo, Giovanni Forni, Navpreet Tiwana

La digital transformation deve partire dal vertice La rivoluzione digitale apre sfide e opportunità per le aziende sanitarie e sociosanitarie, richiedendo nuove competenze e abilità ormai imprescindibili per la classe dirigente. Nasce così l’esigenza di gestire i percorsi formativi nella fase di transizione e porre le basi culturali in cui formare il management futuro La digital transformation si configura come la rimodulazione digitale dei processi produttivi, organizzativi e culturali in risposta alle esigenze di aziende e utenti, resi possibili dalle nuove tecnologie disponibili nell’era digitale. Mentre diversi settori produttivi hanno saputo da tempo sfruttare le possibilità della digital transformation come strumento di innovazione strategica globale, le organizzazioni sanitarie non sembrano ancora cogliere le reali potenzialità di questa rivoluzione. Proprio a causa della mancanza di visione prospettica e strategica dell’utilizzo delle nuove tecnologie, in ambito sanitario i tentativi di adeguamento digitale si sono spesso limitati ad una trasposizione da cartaceo a paperless dei tradizionali processi di acquisizione delle informazioni, prenotazione di esami e refertazione. Gli sforzi profusi finora appaiono in larga parte dettati da necessità di adattamento contingente a pressioni competitive esterne e direttive istituzionali, determinando forme di digitalizzazione parziali e inefficienti. Si avverte il bisogno di un cambio di paradigma in cui la digital transformation diventi una scelta consapevole in chiave strategica per un miglioramento del servizio offerto all’utente e dei processi produttivi che lo sostengono. Un adeguato sfruttamento degli strumenti digitali troverebbe nell’ambito sanitario terreno fertile per lo sviluppo di strategie volte da un lato all’efficientamento di processi quali la pianificazione aziendale e l’operation management e dall’altro all’implementazione dell’offerta assistenziale, partendo dalla riduzione dei tempi di

attesa e dal miglioramento della patient experience fino alle nuove frontiere di e-health e telemedicina. Questi processi di innovazione non possono basarsi sulla semplice raccolta di informazioni, ma necessitano di una corretta data governance capace di una rilettura integrata dei dati al fine di generare valore, come dimostrano gli ingenti investimenti da parte di aziende private nei meccanismi di raccolta e analisi dei big data. Al fine di perseguire tale obiettivo è necessario garantire sicurezza, integrità e disponibilità del dato, auspicando, soprattutto per l’ultimo elemento, sforzi ulteriori da parte dei policy maker che possano garantire una efficace condivisione interaziendale e interregionale dei dati sanitari, problema annoso e mai completamente risolto. Si consideri a titolo esemplificativo il Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE), strumento pensato per raccogliere la storia clinica e la documentazione sanitaria in formato digitale del cittadino regolamentato dal DPCM n.178 del 29 settembre 2015. Se da un lato emergono notizie incoraggianti, considerando che 18 regioni Italiane su 20 hanno completato la sua attivazione, dall’altro lato l’effettiva implementazione e utilizzo da parte di cittadini, medici e aziende appare ancora eterogenea con percentuali di assistiti che hanno effettivamente attivato il FSE che oscillano tra il 97 % del Trentino e l’1% della Basilicata, con differenze nei contenuti, modalità di accesso e linguaggi di programmazione che impediscono una significativa interoperabilità a livello nazionale, sebbene siano trascorsi più di quattro anni dalla sua introduzione1.

marzo-aprile 2020


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