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Intervento di De Vecchi Interventi di Grandi
Trascrizioni – Interventi di De Marsico 201
essersi concesso in molti suoi torti il diritto della critica quando non v’era che il dovere di agire; ma, anche senza osservare che alcune fra le ragioni di questo micidiale sviamento potevano risalire alle responsabilità del Governo, massima fra tutte la identificazione tra fascismo e patriottismo che, se si aveva in mente una guerra come questa, ne era stata la più infausta premessa, ora bisognava pensare ai modi di provvedere, non a giudicare; ad eliminare errori non ad aggravarli. Era possibile che la frattura fosse colmata, che la fusione tra partito e nazione fosse operata dalle forze costitutive, partito e governo? o non bisogna superare il regime e richiamarsi alla nazione? E chi avrebbe potuto farlo se non il Re, che, se ha accettato il regime, rappresenta però la nazione, e accettandolo solo per il bene della nazione,
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è il solo che possa fare appello al popolo quando il regime non basti? in questa [tre parole cancellate, illeggibili] molte cose che si era creduto seppellire rinascevano. Rinasceva sopra tutto il diritto del popolo a far sentire la sua voce. Se gl’istituti parlamentari, ed ecco il motivo dell’accenno nella nostra mozione, fossero esistiti, non sarebbero stati gli strumenti e gl’interpreti. In mancanza loro, il Gran Consiglio non poteva che constatare la sua insufficienza ed inidoneità a risolvere la crisi di oggi, ch’era morale e politica, della guerra e degli spiriti, poiché esso, organo della rivoluzione creato per coordinare le forze, nulla può fare per problemi che presupponessero la sosta, se non la fine, della rivoluzione a rivolgersi al Re, unico, ultimo organo e garante dei destini di tutto il paese. Se noi non trovavamo nella macchina del regime altre leve da usare, se l’unica molla di cui si potesse sollecitare lo scatto era fuori di essa, e se questa macchina ne restava minacciata nel suo potere, era conseguenza della grandezza degli eventi, nulla poteva esimerci dal dovere di denunciarne l’insufficienza. Solo io mi auguravo, conclusi che gl’intenti dei firmatari della mozione non fossero travisati. Essi non erano di pace immediata, di pace ad ogni costo, di pace a prezzo anche di vergogna, come era toccato in altra sede, un mese e mezzo innanzi, e alle richieste di due ministri uno dei quali proprio oggi, in accoglimento della sua domanda, era stato sostituito nel Governo, «(rivendicai così la fierezza di Cini, poiché al mio affetto per lui ripu-
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gnava ch’egli passasse per un escluso mentre era un dimissionario)» quali potevano
202 Verbali della riunione del Gran Consiglio del fascismo del 25 luglio 1943
considerarsi il primo inizio del dibattito di oggi e meritano essere accolte subito, senza un lungo ritardo. I nostri intenti erano invece di trepida cura degl’interessi morali della Nazione che deve essere richiamata, nei suoi strati civili e nelle sue forze armate, dal solo che lo può ad una virile comprensione del momento, al dovere di resistere e di combattere, alla giusta fiducia in un Governo sollecito non solo degli obblighi verso l’alleato, ma dal sacro diritto della Patria di non perire, e dei modi di assicurarne per le vie dell’onore la salvezza.
3 [Testo nella versione modificata dalle correzioni a mano]
DE MARSICO sostiene che, nelle congiunture presenti, non vi è altro mezzo, per riavvicinare la Nazione alla guerra, che l’appello al Sovrano. Osser va che la relazione del Duce, essendosi ridotta ad una frammentaria illustrazione di alcuni momenti della guerra, non ha potuto rispondere neppure ai più gravi interrogativi che questa solleva. Anche se si fosse estesa a molti altri momenti e aspetti, avrebbe fino ad un certo punto chiarito questo o quel lato materiale della nostra situazione bellica ma non avrebbe né spiegato la catena lunga ed ininterrotta dei nostri rovesci né indicato i mezzi per spezzarla né ispirato una ragionevole speranza di meglio. Il processo alla guerra e la ricerca completa delle responsabilità non potrà essere fatto che dall’avvenire, quando, chiusa la conflagrazione, tutto il materiale necessario sarà definito, raccolto, valutabile. Quale importanza può avere og gi deplorare che questo o quel consiglio non sia stato seguito o se in questo o quell’episodio di una vastissima conflagrazione la radice delle sventure potrebbe essere l’errore dell’inizio, nel tempo o nello spazio? o, scavando più nel profondo, la insufficienza della preparazione tecnica o diplomatica, od il calcolo sbagliato delle forze da impegnare in tutta una fase della campagna? o, scavando più nel profondo ancora, nella convenienza della partecipazione al conflitto? Mentre la guerra dura, non si ha il diritto di occuparsi di questo ultimo che, fra tutti, è il compito supremo di ogni processo a una guerra. Il campo della discussione è dunque ristretto al problema della capacità delle forze politiche attuali a guidare la guerra, soddisfarne le esigenze. Troppi segni avevano già dimostrato
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che alla sufficienza, almeno, della preparazione tecnica non può avere giovato il lungo, oneroso cumulo di portafogli politici e militari nelle mani di un uomo solo,