2. Carlo Levi è libero Scalpiccio, battimani, voci che diventano canto: la sera del 25 luglio Levi è svegliato “nel primo sonno (in carcere ci si deve addormentare presto)”. Tutti i rumori, anche i più comuni e insignificanti, sembrano importantissimi in prigione, in quello strano mondo dove il prigioniero isolato è costretto al silenzio e quasi a dimenticarsi del suono della voce; e per il quale perciò ogni suono, ogni voce, anche la più lontana e confusa, evoca una immagine, e acquista il rilievo dell’attenzione, dell’attesa, della immaginazione.
La sorpresa è tale da non rendersi conto che si tratta di una folla che si avvicina al carcere; pensa che i rumori vengano da dentro, che ci sia una rivolta dei prigionieri, magari quei “trecento antifascisti sloveni, gente semplice, fiera e coraggiosa, che, ogni sera, al suono della campanella del silenzio, intonavano da tutte le loro celle una canzone antifascista e continuavano a cantare, malgrado le urla dei guardiani, mentre da tutte le altre celle, da tutta la prigione, li accompagnavano, in coro sempre più numeroso, tutti i prigionieri”23. Questi “antifascisti sloveni” erano già noti. Ai primi di marzo 1943 era giunta al ministero degli interni una segnalazione da Firenze, da una “persona degna di fede e non reclusa”, secondo cui tanto nel carcere penale che giudiziario di Firenze i reclusi di nazionalità balcaniche tengono un contegno spavaldo contro tutti compreso gli agenti sparlano continuamente del Fascismo e dell’Italia e dicono che quando sortiranno saranno sempre in ogni momento contro il Fascismo.
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Levi, 25 luglio cit.; su questo si veda anche la testimonianza di Aldo Braibanti, all’epoca poco più che ventenne, detenuto alle Murate dopo essere stato espulso dall’università: “Voglio ricordare solo l’entusiasmo febbrile che colse i prigionieri politici la notte del 25 luglio, e il canto dell’“Internazionale” col quale ci salutò all’uscita del carcere un gruppo di ragazzi jugoslavi, che purtroppo eravamo costretti a lasciare in una prigione ormai assurda. La festa gioiosa che ci accolse all’uscita, anche nel nome di quei ragazzi, si trasformò in poche ore per noi in uno spirito nuovo di organizzazione e di preparazione” (I compagni di Firenze cit., p. 92, la testimonianza è alle pp. 83-104). Braibanti entrò nel “Fronte della Gioventù” di Firenze, in seguito aderì al Partito comunista; fu arrestato di nuovo dai repubblichini e detenuto anche a “Villa Triste”.
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