DALLA BAIA DI ASSAB ALL'A.F.I.S. STORIA. DELLA COLONIZZAZIONE ITALIANA IN AFRICA ORIENTALE

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5.2. Il destino dell’Eritrea.

Escludendo la Libia (non è argomento di studio) e l’Etiopia (già ritornata indipendente) , andremo ad analizzare ora la situazione degli ultimi due ex possedimenti che il Governo italiano tentò invano di conservare pur in forma differente da quella di colonia. Il governo britannico aveva fin dagli inizi idee molto chiare sul futuro delle due ex colonie italiane: l’Eritrea sarebbe dovuta essere smembrata e ritornare una parte all’Etiopia (nel frattempo legatasi a Londra) con il vitale sbocco sul Mar Rosso ed una parte essere inglobata dal Sudan britannico; la ex Somalia italiana sarebbe stata unita all’ex Somalia britannica insieme alla regione etiopica dell’Ogaden (regione dell’Etiopia a maggioranza somala che venne annessa alla Somalia dopo la guerra italo-etiopica del 1935-36), formando così una grande Somalia che sarebbe dovuta diventare una specie di protettorato britannico. A proposito di questo, un dipendente del Foreign Office amico di Sylvia Pankhurst444, la quale chiedeva spiegazioni in merito al comportamento del Governo di Sua Maestà nel piccolo paese africano, ammetteva candidamente: «Let us remember that what we are doing in Abyssinia is for our own benefit, not for that of the Abyssinians, and it is possible to imagine circumstances in which it might suit us to throw them over»445. D’altronde gli inglesi vedevano ancora tutti i paesi africani con l’occhiale del colonialista, quindi realtà da sfruttare finchè possibile e poi andarsene lasciando più o meno terra bruciata. La stessa Pankhurst fu testimone nel 1952 dello smantellamento del porto di Asmara da parte delle autorità britanniche e dello smantellamento di ogni infrastruttura eritrea che avrebbe potuto essere venduta o riutilizzata da possedimenti britannici in zona e tutto questo prima di cedere il paese all’Etiopia (in realtà inizialmente l’Eritrea venne considerato un paese autonomo federato all’impero Etiope ma venne poco a poco svuotato di ogni prerogativa e nel 1962 annesso definitamente).446 Ma quella che ho raccontato ora è la fine della storia dove l’Italia ormai non aveva più alcuna voce in capitolo; vediamo invece come si svolsero tutte le trattative che precedono questa situazione definitiva. Il Governo italiano aveva portato, nelle varie conferenze che si erano tenute dopo il conflitto, delle ragioni secondo le quali l’Eritrea e la Somalia avrebbero dovuto essere restituite all’Italia, se non come colonie almeno come amministrazione in attesa di una prossima indipendenza dei due stati africani: si faceva ancora leva sulla questione migratoria e _______________________________ 444 Pankhurst, Sylvia. –Viene più volte arrestata e imprigionata durante gli scioperi organizzati dalle suffragette. Fervente pacifista, nel 1914 rompe i rapporti con la madre al contrario sostenitrice dello sforzo bellico e subito comincia ad organizzare attività anti-conflitto a Londra. Le sue idee diventano sempre più rivoluzionarie tanto che nel 1919 incontra anche Lenin ed è tra i fondatori del Partito Comunista Britannico 1920 anche se ne viene espulsa l’anno seguente per l’eccessiva libertà di parola e di pensiero che essa pretende. Nel 1917 incontra un esule italiano dalle idee socialiste, Silvio Corio, con il quale lavora da giornalista e condivide il pensiero politico; non solo, nel 1927 da alla luce il suo unico figlio, Richard, naturalmente senza sposarsi con l’amante italiano. Diventa antifascista ed anticolonialista e quando l’Italia invaderà l’Etiopia nel 1935 fonderà un giornale, il New Times and Ethiopian News sostenendo sempre le ragioni di Hailè Seilassiè alla Lega delle Nazioni ed anche in seguito quando rientrerà in Etiopia nel 1941. Sylvia si opporrà fortemente ai piani britannici di protettorato sull’Etiopia e supporterà l’unione tra Etiopia ed Eritrea. 445

«Ricordiamoci che quello che stiamo facendo in Abissinia è per un nostro vantaggio e non per gli abissini, ed è possibile immaginare anche la circostanza in cui ci sarà utile liberarci di loro». 446 M.

Wrong, I didn’t do it for you, Harper Millenial, London, 2005, Pag. 127-136.


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