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nuove scoperte geografiche e scientifiche ma, come quasi tutte le società geografiche dell’epoca, con il fine ultimo di scovare nuovi territori adatti alla colonizzazione. Questo era in definitiva il pensiero della maggior parte della classe dirigente italiana negli anni sessanta del XIX secolo (anche se non il solo, ma svilupperemo le ragioni contrarie nel prossimo capitolo); il desiderio di trasformare il neonato stato nazionale in una potenza europea covava in seno a molti ed anche le disfatte militari della 3° Guerra d’indipendenza nel 1866 (soprattutto quella di navale di Lissa), che confermavano l’impreparazione militare e tecnica oltre alla scarsa coesione dei vertici italiani, non fermarono la corsa a quello che più tardi sarebbe stato definito il posto al sole in terra africana. A dire il vero dobbiamo osservare che le modifiche profonde del capitalismo e della rivoluzione industriale di quegli anni imposte dalla navigazione a vapore, dall’uso del telegrafo, dall’estendersi della rete ferroviaria mondiale fino al taglio degli istmi (Suez 1869-1871, Corinto 1881-1893) stavano determinando un epocale cambiamento nelle comunicazioni e nel commercio internazionale; questi uomini si rendevano conto (nella maggior parte dei casi) del divario di risorse economiche e politiche che separavano l’Italia dalle nazioni più avanzate ma nonostante tutto erano convinti che da qualche parte bisognasse iniziare dato che, secondo loro, era in gioco il futuro del paese. L’Italia avrebbe dovuto dunque inserirsi in questa rete di scambi internazionali, fortemente aumentata proprio dalla metà dell’800, e l’avvio di una politica di espansione avrebbe costituito la naturale prosecuzione del processo risorgimentale, lo sviluppo politico e tecnologico del paese ed in ultima analisi avrebbe garantito le risorse politiche e la personalità per sedersi al tavolo con le grandi potenze europee.40
1.3. La colonia dello Sciotel e l’acquisto di Assab.
Nell’introduzione di quest’opera abbiamo parlato dell’importanza della chiesa cattolica negli avvenimenti che si susseguirono nel Corno d’Africa ed ora prima di rivolgere la nostra attenzione verso quella che sarebbe stata la prima effimera colonia italiana, la baia di Assab, è giusto mettere in evidenza le figure fondamentali che aprirono la strada, volontariamente o meno, all’infiltrazione italiana in Etiopia e cioè i missionari cattolici. Fin dall’inizio del XIX secolo la chiesa romana inviò nel Corno diversi missionari con il duplice obiettivo di convertire al cattolicesimo (la popolazione etiope era cristiana di antica tradizione ma copta) gli autoctoni e battere sul tempo i pari grado protestanti, in quel periodo molto attivi nel continente nero. Giuseppe Sapeto41, l’artefice principale dell’acquisto della baia di ___________________________ 40
D. Natili, Un programma coloniale. La Società Geografica Italiana e le origini dell’espansione in Etiopia, Gangemi, Roma, 2008, Pag. 34-36. 41
Sapeto, Giuseppe. - Esploratore e orientalista (Carcare 1811 – Genova 1895). Entrato (1829) nella Congregazione della missione (lazzaristi) di S. Vincenzo de' Paoli, fu inviato (1834) nel Libano. Trasferitosi in Eritrea, compì un primo viaggio da Massaua fino ad Adua e a Gondar (1838). Ritornato nel 1851, visitò le ancora inesplorate regioni dei Bogos, dei Mensa e degli Habab e quindi accompagnò un'ambasceria di Napoleone III presso il deggiasmacc Negussiè, aspirante al trono d'Etiopia. Svestito l'abito talare, tornò in Europa per dedicarsi agli studî linguistici e fu professore di arabo a Firenze e a Genova. Favorì la penetrazione italiana nel Mar Rosso e trattò l'acquisto di una parte della costa della Baia di Assab per conto della compagnia Rubattino. Lasciò numerosi scritti, tra i quali una relazione sul suo secondo viaggio.