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CAPITOLO SECONDO

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CAZION I ROMAN E

CAZION I ROMAN E

Le prime Fortificazioni in Italia

Passaggio ad ovest

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L'es tinguers i degli ultimi incendi nelle ormai de se rte cittadelle mic e nee , distrutte dai Dori aggressori, se da un lato costituì il brusco svanire di quella dinamica civiltà dall'altro fu l'istante genetico del riaffiorare della stessa nei territori fino ad allora frequentati so ltanto dai s uoi intraprendenti mercanti. Infatti, il suo collasso: " verso la fine del seco ndo millennio, non lasciò il vuoto assoluto. Scomparvero, è vero, re e palazz i , crollarono le attività commerciali, che essi avevano favorito, sco mparve anche la scrittura ma nelle campagne le condizioni di vita, pur precarie, erano indubbiamente migliori... Ben presto iniziò una graduale rinasc ita, con una notevole ripresa demografica Le uniche alternative erano rappresentate dall'inedia e dall'emigrazione ... Probabilmente la civiltà conobbe un declino improvviso, ma la cultura materiale ne risentì molto meno di quanto solitamente si creda... Non disponendo di risorse minerarie interne, i Micenei importavano tutto il bronzo del quale si servivano: ora questo veniva loro negato, ma questo grave inconveniente sortì un effetto positivo, poichè furono costretti a rivolgere la loro attenzione alla metallurgia del ferro, i cui minerali erano molto più diffusi ... La civiltà micenea fu decapitata; ciò, inevitabilmente fatale per un organismo vivente, poteva risultare per una società, sul lungo periodo, addirittura vantaggioso ... " <11 • Ed il prodromo della rigenerazione fu il dilagare in ogni possibile direzione dei superstiti. Non a caso, come accennato, mentre il lungo periodo posteriore a quella traumatica eclisse viene definito 'medioeveo ellenico', per i tanti esuli, fortunosamente scampati si parla di diaspora micenea. Ed ovviamente di tali immigranti proprio in Italia, la sponda contigua e conosciuta, si rin- tracciano le testimonianze più abbondanti ed esplicite, ben distinte, per entità e varietà, dall e più antiche e marginali dei loro antenati commercianti.

Per quanto , infatti, è stato ormai assodato dall'archeologia gli antesignani contatti del mondo miceneo con la Penisola sembrano rimontare ad almeno quattro secoli prima. Le fasi salienti, per grande s intesi: " . .. della storia dei rapporti fra Egeo e Italia dall'inizio dell'età dei metalli possono essere schematizzati come segue: 1) Contatti della prima età dei metalli e dell' inizio dell 'età del bronzo (fino al XVII sec. a.C. almeno) probabilm e nte determinati dalle ... ricerche di metallo. Ci fu sic uram e nte anche movimento di nuclei etnici farse più dall'Anatolia che dalla Grecia 2) Nel corso del XVI sec a.C. si stabilisce una continuità di traffici fra mondo miceneo ed Italia che si mantiene fino alla metà del XIII sec. a.C. senza sol u z ione di continuità nè modificazioni sostanziali 3) Dopo la metà del XIII sec. a.C. i traffici con le Eolie e con la Sicilia divengono estremamente rari fino a cessare del tutto. Però , anche se mancano le importazioni, in Sicilia fiorisce una cultura, quella Panta Iica , che denuncia il forte influsso miceneo che concorre alla sua formazione. La Puglia invece mantiene rapporti con la Grecia che conosce l'ultima fase della civiltà micenea. " < 2 •

Per meglio valutare il ruolo giocato dalle ricerche minerarie, dell'ossidiana prima, dello stagno e del rame, poi, nelle frequentazioni micenee è interessante ricordare che proprio in base alla lavorazione del bronzo il secondo millennio è cronologicamente così suddiviso: età del bronzo antico, dal 1800 al 1500 a.C. medio, dal 1500 al 1300 a.C. recente, dal 1300 al 1100 a.C. finale, dal 1100 al 900 a.e.

Sempre al riguardo, è plausibile suppolTe ancora che soltanto una tecnologia avanzata fosse in grado di procedere alle introspezioni ed alle coltivazioni dei giacimenti , impiegando gli indigeni al massimo come manovalanza. Così pure, per le difficotà connesse con il traspo110, la lavorazione dei metalli si effettuò presso le miniere, caricandosi sulle navi lingotti già raffinati '-11, procedura che suppone la creazione di centri metallurgici di discreta rilevanza e stabilità. Logico, quindi, che in corrispondenza dei bacini minerari gli influssi micenei, indispensabili per la realizzazione delle sia pur rudimentali infrastrutture e difese, fossero sin dall'avvento dell'attività particolarmente cospicui, introducendo soluzioni costruttive precipue e facilmente identificabili.

A confortare la tesi del movente minerario, e delle accennate conseguenze, basterebbero le connotazioni geologiche dei siti notoriamente più frequentati , quali le Eolie, abbondanti di ossidiana(4 > , e la Toscana, a sua volta rinomata per l'allume">, e soprattutto la Sardegna, ricca certamente di ossidiana (6> , ma anche e soprattutto di rame. É significativo al riguardo ricordare che in quest'ultima: " ... la ricerca si estese sino ai giacimenti del'intemo dove la miniera di Funtana Raminosa-Gadoni sovrastava le altre per valore. Qui i filoni di calcopirite m furono fatti oggetto di esplorazione diffusa lungo la valle del riu Saraxinus. Strumenti di scavo e di lavoro in pietra furono trovati sul posto A bocca di miniera si osservano rifiuti di fonderia ... Dell'attività metallurgica costituiscono documento importante lingotti di rame di forma grande e pesante a profilo di pelle di bue ... alcuni dei quali sono marcati con segni dell'alfabeto cipro - miceneo ... Lforse] prodotti da ramai locali, con la supervisione di esperti di un centro propulsore mediterraneo orientale ... "< 8>

Dalle fonti letterarie, tuttavia , gli ante s ignani stanziamenti di Elleni s ulla Pe nisola sembrerebbero riconducibili ad iniziative precoloniali , sebbene la loro dinamica attuativa appaia fin troppo simile a quella verificatasi quasi otto secoli dopo, per riuscire completamente credibile in quanto tale. In ogni caso, una fase di precolonizzazione è ormai ampiamente accettata dai maggiori studiosi del settore. Stando. allora, alle pagine di Dionisio di Alicarnasso, a sua volta divulgatore di una tradizione più antica e scontata, gli: " ... Arcadi. primi tra gli Elleni , attraversato l'Adriatico si stanziarono in Italia, condotti da Enotro, figlio di Licaone, nato 17 generazioni prima della gue1Ta di Troia. Era con lui Peucezio, uno dei suoi fratelli. Lo seguivano molti compatrioti, e quanti tra gli altri Elleni non disponevano di terre a sufficienza. Peucezio dunque sbarcò al di sopra del promonto1io Iapigio , nel primo luogo d ' Italia dove avevano toccato terra, e vi fece stanziare le sue genti: e da lui gli abitanti di quella regione presero il nome di Peucezi. Enotro invece, portando con se la maggior parte della spedizione, giunse all'altro mare , quello che bagna le regioni occidentali d'Italia. Questo si chiamava allora Ausonio , dagli Ausoni che abitavano sulle sue rive; ma dopo che i Tirreni stabilirono la propria egemonia marittima prese il nome che porta tuttora.

E trovate colà molte terre adatte sia al pascolo che alle colture agricole, ma per la maggior parte deserte , e poco popolose anche quelle che erano abitate, ne liberò alcune dai barbari, e fondò sulle alture piccoli centri abitati vicini gli uni agli altri, secondo la forma di insediamento consueta tra gli antichi. E la regione occupata, che era vasta, fu chiamata Enotria, ed enotrie tutte le genti su cui egli regnò ... " (9i

Stando a quanto citato, e valutando cronologicamente l'ammontare di 17 generazioni, l'episodio tratteggiato si collocherebbe intorno al 1600 a.C., età del bronzo medio. In tale scorcio storico un nutrito sciame di Elleni, effettivamente, si insediò sia sull'estrema

24 Alberobello, scorcio di un trullo costa adriatica, sia su quella tirrenica. Lì , avuta facilmente ragione dei rispettivi abitanti, ovvero liberati i paraggi dai 'barbari', fondò i primi villaggi stabili. Il che, oltre a lasciare facilmente configurare il contesto di belligeranza in cui si sviluppò la precolonizzazione , ad onta della iITilevanza demo&'Tafica degli indigeni , ci prospetta l'avvento nel mezzogiorno dei 'liberat01i' archetipali, destinati, disgraziatamente a trovare schiere di ripropositori nei millenni successivi.

É comunque significativo che la datazione leggendaria coincida con quella archeologica dei primi stanziamenti micenei, e che le rozze fortificazionj già presenti sul territorio registrino una concomitante discontinuità, conferma, a sua volta, della resistenza alla penetrazione degli stranieri dotati di maggiori conoscenze militari. Quanto alla motivazione, senza dubbio, quella mineraria resta di gran lunga la più plausibile.

Di certo: " al più tardi già nel II millennio a. C. le genti marinare del Mediterraneo orientale erano cupi- de di metalli etruschi e s ardi: genti che v e nivano da Creta ... [e] in seguito s i mossero anche dai grandi in sediamenti della Grecia continentale, che già allora aveva dato alla cultura che prenderà nome da una de ll e sue fortezze, Micene ... " c101 • É probabile che, per qu e l medesimo fine, veni s sero vagliati anche i bacini vulcanici campani che, proprio per l'incon s is tenza mineraria, non determinarono alcun nucleo residenzial e s tabile. É l ' ipotesi che sembrano s uggerire alcuni ritrov amenti archeologici stando ai quali le: " ... più antich e importazioni micenee risalgono al XVI secolo e s ono attestate, finora, nella z ona del golfo di Taranto e nell'arcipelago delle Eolie.

Immediatamente più recenti , ma fors e anche contemporanee, s ono le tracce recuperate nell'isola di Vivara, nel golfo di Napoli Irradiazione di manufat ti micenei verso l'interno si hanno anche nel Salernitano: qui sono in relazione le località di Paestum e quelle di Polla ... " (11 )

Del re s to il medesimo scorcio s torico appare caratterizzato da una intensa navigazione per cui: " .. . il Mediterraneo occidentale diviene un mare culturalmente agitato. Dal levante giungono influ ss i quanto mai vivaci , talvolta accompagnati o meglio portati fi s icamente da piccoli gruppi di uonùni che s ulle navi s i muovono verso il miraggio della ricchezza o delle terre libere occidentali Ne abbiamo le prove materiali , come i pani di rame con segni di scrittura cretese ritrovati nell'isola fSardegnaJ; ma ne abbiamo soprattutto prove artistiche e culturali. Compare improvvisamente la tholo sl 12) nuragica, l'elemento caratterizzante di tutto un periodo di mirabile fioritura ... nel mondo ellenico: il famoso tesoro di Atreo a Micene è coperto a tholos .. " 113 '

Ma anche in Puglia, terra frequentatis s ima dai micenei, i famosi 'truUi' di Alberobello , altro non sono che le estreme riproposizioni di tale arcaica tecnica' 1 1 , appena miniaturizzata, introdottasi. con notevole attendibilità, significativamente intorno alla metà del secondo millennio, allorquando i contatti con l' Argolide conobbero la massima sistematicità ed intensità.

L'adozione di conoscenze straniere costituisce, per molti aspetti, la conferma dell 'arretratezza locale che, peraltro, trova riscontro nei resti delle coeve fortificazioni con le quali gli autoctoni proteggevano i loro villaggi. Tra queste , interessanti in quanto emblematici, i villaggi trincerati pugliesi, i castellieri alpini ed appenninici, i nuraghi , nonchè, quasi una sorta di singolarità, la muraglia del piccolo insediamento di Ustica. Tutte le menzionate fortificazioni, ad eccezione dell'ultima , al di là delle divergenze concettuali e strutturali, ostentano un significativo fattor comune: furono erette in grande numero e con notevole densità territoriale. Spesso, infatti, soltanto poche centinaia di metri separano le une dalle altre, la s ciando coerentemente concludere che la precarietà esistenziale, sottintesa da tali difese, ad onta della notevole diversità morfologica dei rispettivi contesti, proveniva sem pre dai clan vicini, ovvero dalla belligeranza tribale , residuo retaggio di arcaicismi culturali. Ed almeno sotto tale profilo, l'intera Penisola appare sostanzialmente uniforme: quanto ali' anomalia di Ustica va ricercata nella piccolezza dell'isola, incapace di concomitanti insediamenti. Nonostante la palese rozzezza , in quelle fortificazioni non mancano suggestioni e soluzioni orientali , anatoliche e micenee, inspiegabili per spontanea eleborazione , e probabile ulteriore testimonianza dell'avvenuta presa di contatto con gli stranieri.

Se, per quanto accennato , lo stimolo primitivo di quei contatti può verosimilmente ricondursi alle pros pezioni minerarie e d alle conseguenti rudimentali coltivazioni dei giacimenti, è plausibile, allora, supporre che i s iti interess ati dalla successiva diaspora siano s tati i medesimi di quelle lontane frequentazioni, vuoi perchè dettagliatamente conosciuti, vuoi perchè meno ostili, essendosi già stabilito una sorta di modus vivendi con gli indigeni. In ogni caso, le terre alle s palle delle aree di sbarco non erano affatto spopolate, essendo i residenti , per la maggior parte , a loro volta i discendenti di più remote migrazioni. Sempre dai ritrovamenti archeologici, infatti, si apprende che: " ... l' economia neolitica diffondendosi verso occidente per mare , era naturale che raggiungesse la peni so la italiana subito dopo la Grecia. Tale previsione è giustificata da antichissimi stanziamenti in Puglia, in Sicilia e nelle adiacenti Isole Eolie, nonchè lungo le coste del Mare Tirreno ... " 05 ' Ed è significativo osservare che anche in quel remoti ss imo ambito cronologico, la frequentazione dei s iti che ritroveremo nella precoloniz zaz ion e micenea , sembra imputabile a motivazioni minerarie. Il caso delle Eolie è, forse , al riguardo il più emblematico , poichè mancandovi completamente la sia pur minima sorgente d 'acqua, potevano costituire per i primitivi sfruttatori un approdo giustificabile soltanto in virtù di risorse straordinariamente remunerative , quali 1'estrazione della richie s tis s ima ossidiana. In effetti: " ... il vetro vulcanico fu esportato estensivamente ed usato nei villaggi neolitici in tutta la penisola e in Sicilia ' 'i 161 •

Agli iniziali contatti subentrarono gli insediamenti stabili che proprio in Sicilia hanno lasciato significative tracce, al punto da costituire una precisa fase culturale, definita di Stentinello, dal nome del primo villaggio interessato. Tanto questo che gli altri due coevi: " ... s ono circondati da fosse scavate nella roccia e difese interne di ogni specie; a Matrensa il fossato è interrotto da frequenti passaggi selciati simili a quelli che s i trovano negli accampamenti neolitici inglesi e rena" i 17) Ili...

La constatazione porte rebbe a concludere che, a differenza di quanto esposto dalla leggenda, nella realtà i precoloni zza tori non navigarono a caso verso occidente, nè s barcarono sulla prima terra c he si parò loro innanzi, imbattendos i su essa in bellicose popolazioni se lvagge , assolutamente ignote ed aggressive. Seguirono , invece, rotte perfettamente note, approdan- do su terre abbas tanza evolute, la cui economia insisteva su di una discreta agricoltura ed una cosp icua pastorizia, attività e ntr ambe fortemente attraenti agli occhi di profughi bisognosi di pro cacciarsi tutto e n el minor tempo possibile, e detentori uni camente di una superiore c ultura militare. B en noti era no , pertanto, non so lo i punti migliori per lo s barco, ma la capacità di re s is tenza della popolazione locale e l a sua consistenza d e mo grafica, connotazione quest'ultima basilare in vista dell'impianto di una colonia. I primordiali stanziame nti , in conclus ione , rappresentarono l 'es it o di sce lt e attentamente vag liate e ponderate, riponendosi proprio n ell'assoggettamento degli indi gen i e nella presa di possesso delle loro risorse la contropartita ottimale d e ll e enormi difficoltà d' i n se diamento. Si co mprende così la confl it t u alità con i nativi , nonostante la loro in s i gn i ficante opposizione iniziale , che, qualora imm ediata , non avrebbe co n se ntito la costruzione di alcuna fortificazione. Si compr ende pure la necessità di ' liberare' il teITitorio militarmente, evita n do però , curiosamente, le tant i ssime altre fasce costiere assolutamente deserte. Una s i gnificati va reminiscenza di qu e ll a v io l en ta prassi, è possibile recep irl a, seco li dopo, n e lle insormontabili diffidenza ed astiosi t à che i di scendenti d ei protocolonizzatori, divenuti ormai indi ge ni a t utti gli effetti , nutriv ano nei confronti di chiunque g iun gesse dal mare e, sopratt utto, nel timore che il liquido elemento ispirava, in asse nza di poderose dife se, te1Te stri e navali. Ness una meravig lia , quindi, che intorno al 1200 a.e. in Sicilia il collasso della civiltà micenea produces se vistose alte razion e in t anti in se diamenti litoranei, fra cui:" ... il ripiegamento delle popolazioni costiere verso i siti dell'entrote1Ta, meno numero s i ma più vasti e ora anche più s icuri , che costituiscono le prime formazioni a ca rattere urbano in quest'area. Un ese mpi o sig nific ativo è P a ntalica... " <•~i

Da quanto s uccintam e nte esposto risulta innegabile che la Peni so la , intorno alla metà del II millennio, era costellata di piccoli v illag g i di indi geni, mentre lungo le sue coste cominciavano a moltipli carsi gli stanziamenti precoloniali. Tutti, in una maniera o nel1' altra, appari vano discreta mente fortificati, se bben e con concezion i e ste reotipi altrettanto nettamente distinti. Roz zi e passivi i primi , complessi ed articolati i secondi.

Le protofortifica zioni italich e

Secondo la so lita ampia schematizzazione le fortificazioni pre senti in Italia a ridosso d ella metà del II millennio, in pratica quelle c h e sostennero l'urto dei precoloni zzatori pos so no raggrupparsi in poche tipolog ie. L a prima, senza dubbio la più rudimentale ed arcaica, appare ben rappre sen tata in Sardegna, in Sicilia, in Puglia, nel Lazio e nella Toscana. Non ostenta peculi arità s pecifiche fornendo la ri spos ta difensiva più ovvia e spontanea, quella eminentemente pass i va, affidata esclusivamente a li ' ostaco l o verticale. Consistette, infatti, in fossati anulari, spesso concentrici di rilevante amp iezza e di discreta profondità, la cui te1Ta di risulta , riportata lungo il ciglio in terno dello scavo, andava a formare un massiccio e ripidi ssimo aggere-da l latino ad gerere: a rg inare ammassando. L'a ltezza di que st' ultimo, sommandos i con la profondità dell'anti stante scavo, creava una cortina in so rmont abile per g li assalti dell'epoca. Forse p er gl'immancabili smottamenti dell 'agge re, forse per incrementarne la vertica1 it à, in brev e volgere la connotazione ostativa fu accresci uta inserendo , tra il s uo piede e d il ciglio del fossato , una aguzza pali zzata continua, contro c u i se ne cost ip ò l ' in coerente ma ssa . Un unico acce sso, ric avato con una s trettissima cesura d e l terrapieno ed una altrettanto modesta colmata del fossato, in seg uito sos ti tu ita da una passerella di tron c hi facilmente asportab ili, consentiva l'ingre sso all'abi tato, cos tituito da una mi ri ade di capa nn e di dimens ioni variabiliss im e . Ines i s tente qualsia s i espediente stru tturale di fianc h egg iam ento ed appena ipotiz- zabili vaghi accenni a difese piombanti. Rappresentando tali rudimentali cerchie l'archetipo della fortificazione in Italia, e il punto di partenza della sua successiva travolgente evoluzione, meritano una più dettagliata esemplificazione e descrizione, peraltro funzionale alla comprensione delle fasi immediatamente posteriori.

T villaggi trincerati della Daunia

La scoperta di numerosi recinti anulari, altrettanti fossati con aggeri, disseminati in numero impressionante sulla pianura pugliese, è abbastanza recente. Per la loro identificazione ha giocato un ruolo fondamentale la foto aerean 91, originariamente eseguita per fini militari connessi con le operazioni alleate nel corso del secondo conflitto mondiale120) Nulla, infatti, sulla superficie del terreno ne poteva far lontanamente presumere la conservazione, essendo ormai totalmente ablasi gli aggeri e colmati i fossati dal livellamento del suolo per la sua messa a coltura. Il diverso grado di imbibizione, imputabile alla disomegenea densità della terra , e la conseguente dissimile compattezza della sovrastante cotica erbacea, stanno alle spalle del]' incredibile fenomeno, manifestatosi con la presenza di enigmatiche ombre circolari su])e istantanee dei campi raccolte dai ricognitori anglo-americani. Dopo una prolungata incomprensione della natura di quei tanti approssimati cerchi scuri, alla fine se ne individuò la esatta spiegazione, che fu verificata appena possibile, attraverso gli scavi i ntrapresi pochi mesi dopo la fine della guerra.

In breve da quelle invisibili permanenze si è desunto che la: " .. . fase del Medio Neolitico in Puglia era già iniziata con l'avvento o lo sviluppo di una distinta cultura che chiameremo di Molfetta fotografie aeree hanno 1ilevato la presenza di numerosi recinti segnati da fossati, ma soltanto pochi sono stati esplorati per mezzo di scavi. Trecinti solo dalla pianta possono esse- re classificati in villaggi o fattorie. I primi coprono aree molto vaste, spesso suddivisi con recinzione più interna, contenenti entro il fossato recinti più piccoli e circolari che rappresentano la parte abitata e uno spazio esterno più ampio , probabilmente adibito a campi o pascoli. Le ripartizioni interne che possono raggiungere il numero di cento in un solo villaggio, variano da quindici a diciotto metri di larghezza e dovevano essere fattorie del tipo di quelle irlandesi , abitate ognuna da una famiglia. Anche le fattorie possono essere divise in un campo interno o cortile di circa un acro di superficie e in una più vasta proprietà esterna.

Il Bradford soltanto mediante la fotografia aerea ha identificato più di duecento villaggi e fattorie in un'area di meno di 4.085 chilometri quadrati ... " < 2 11 •

Sotto l'aspetto concettuale. come accennato, possono reputarsi il tipo più elementare di fortificazione di pianura, significativamente tutt'oggi impiegato dalle ultime popopolazioni preistoriche del pianeta<221 • Nel caso in questione , tuttavia, la singolarità è insita nelle dimen s ioni dei recinti appena più recenti , assolutamente abnorn1e per l ' epoca. In dettaglio: " ... sono ormai identificati e saggiati archeologicamente i maggiori centri della Daunia fioriti all'inizio del primo millennio a.C. , cioè in epoca parallela e talvolta anteriore alla colonizzazione greca.

I principali sono Arpi, con il suo porto naturale Siponto, e Selapia: ma notevoli appaiono anche Tiati, Luceria, Aecae (l'attuale Troia), Herdonia, Ausculum (l'attuale Ascoli Satriano), Canosa. Notevole anzitutto appare l'ampiezza delle cinte fortificate che raggi ungono ad esempio i 13 km ad Arpie gli 11 a Tiati. Se si pensa che l'attuale Foggia ha un perimetro di 7 km si vede quanto straordinario sia il fenomeno " 1231 •

Originariamente il varco d ' accesso era se1nto con un rudimentale cancello: sempre per ragioni di stabilità, venivano anche costrniti aggeri che conservano al loro interno rozzi sostegni murari, una sorta di spina longitudinale di grosse pietre a maceria, su cui si com-

-- pattava il ten-eno. Il rinvenimento di sporadici manufatti di bronzo, nei pochi saggi di s cavo effettuati, ha confermato il supposto contatto miceneo ed indirettamente la datazione dei villaggi.

Come accennato, siffatte fortificazioni non furono una peculiarità della Daunia, trovando innumerevoli riproposizioni nel resto del1' Italia , in particolare nel Lazio. Nei pressi di Roma, infatti: " ... una forma di oppido caratte1istico in tal senso era là dove un poggio si poneva alla confluenza di due fossi, così da avere in una forma grosso modo triangolare o rettangolare a due o tre lati naturalmente protetti , mentre solo l'ultimo lato , dove la collina continuava il rilievo vers o monte, veniva ad avere necessità di difesa. Qui, spesso ancora usando condizioni favorevoli del terreno, come una balza dominante o il convergere di vallecole laterali, la collina veniva isolata mediante uno sbarramento, generalmente costituito da un muro e da una fossa. Di oppida così formati ne conosciamo moltissimi ed il sistema era ancora usato in piena età repubblicana Questi antichi oppida occupavano posizioni che in media distavano l'uno dall'altro dai quattro ai sei chilometri Ciò presuppone per ogni oppido uno spazio territoriale medio di 25-30.000 metri quadrati , che possono naturalmente essersi estesi in condizioni di terreno sfavorevole ali ' agricoltura , come per la presenza di paludi o di montagne " ' 241 •

Villaggi, quindi. solo parzialmente racchiusi da fossati ed aggeri di r iporto, dovunque fosse praticabi le uno sfruttamento difensivo dell ' orogenesi. Negli altr i contesti, invece, in cui la pianura non offriva prominenze . r espediente del fossa lo continuo risulta sistematicamente adottato, tanto da trovarne esplicita menzione ancora negli autori classici. É emblemat ico che: " ... Varrone ricorda come fos s e caratteristica del Lazio più antico la costruzione per la difesa di un semplice fossato, mentre la ten-a ed il pietrame di risulta dello scavo veni va rovesciato sul lato interno del la fossa e ben battuto, così da costituire terrapieno ... " < 2 ' 1

Ma, forse , l'insondabile arcaicità di siffatte fortificazioni trapela esplicitamente dalla loro trasfigurazione in cerirnonjaJe religioso, con la completa alienazione delle remotissime motivazioni e valenze tecnico-militari. Fu questa, per esemplificare, la celeben-ima prassi adottata da Romolo al momento di fondare la sua mitica Città Stando agli storici romani: " ... il rito è ricordato come etrusco, ma trova certamente le sue origini nello spazio magico di consacrazione che dai primordi cingeva la capanna ed il campo coltivato così come l'abitato e il suo agro, quindi la città e il suo tenitorio. É probabile invece che il rito si sia istituzionalizzato come altre forme legislative e sacrali al formarsi dei grandi agglomerati protourbani e delle città " <261 •

I n pratica, il giorno stabilito dagli au s pici , nel sito prescelto , dopo aver aggiogato ad un aratro dal vomere di bronzo un toro ed una vacca, rispettivamente all'esterno ed all'interno del solco anulare, il fondatore conduceva la pariglia, a capo velato ed in abito cerimoniale, per meglio sottolineare la sacralità dell'evento. La terra, divaricata dalla prua del vomere, veniva accortamente deposta dal suo versatoio s ul s olo bordo interno. In corrisponden z a dei programmati acce s si urbani, l'officiante, sollevato l ' aratro, lo portava oltre: da cui il termine di 'porta', specifico per ogni accesso u r bico, dizione nettamente distinta da quella di ianua, designante, invece, la porta di un'abitazione, e derivata dalla voce verbale portare dal sign ificato inequivocabile di trasportare sulle spalle! É facile, allora, ravvisare nel solco il preisto r ico fossato, nelle terra accatastata sul suo ciglio interno l' aggere. nel vomere di bronzo l'indicatore cronologico e ne ll a rigida posizione del toro e della vacca i ruoli dell'uomo e della donna , il primo a ll ' esterno della cerchia in funzione difensiva e la seconda al suo interno in funzione domes tica. Ma è, s enza dubbio , nella tassativa interdizione scaramantica a scavalcare quel solco, empietà prefigurante l'espugnazione della fortificazione, e quindi tale da giustificare, pienamente e ad imperitura memo- ria, persino l'uccisione di Remo, che si ravvisa la più pregnante reminiscenza difensiva. Il circuito difensivo, infatti, conserverà una fascia di rispetto, il pomerio, reputata sacra ed in quanto tale vietata a tutti pena la vita.

Quanto all'arco di fruizione di quell'ingenuo dispositivo, più o meno perfezionato, va rilevato che la: " ... rozza fortificazione in pietrame, completata da palizzate o da opere in legno , era già in uso presso gli antichi oppida dell 'e tà del bronzo, ma non ne conosciamo nel Lazio di esempi così antichi, archeologicamente documentati. Anche quando l 'a bitato può risalire ad epoche così remote, la costruzione è attestata con sicmezza solo con monumenti che per ora non rimontano più in su dell'VIII sec. a.C., a parte i fossati difensivi :'m>. li che dimostra, se non altro, la sua sopravvivenza ultramillenatria persino in aree fortemente contese ed abitate come il Lazio primitivo.

I castellieri alpini

Concettualmente affini ai fossati possono ritenersi i castellieri, od anche ricetti, alpini ed appennicini e, per estensione, anche quelli delle pianure pedemontane. Si tratta, pure in questo caso, di costruzioni estremamente semplici ed elementari, in genere a forma di recinto sub-circolare, innalzate accatastando a secco le pietre di dimensioni maggiori disponibili all'intorno, senza però giungere al megalitismo. Al pali dei fossati racchiudevano, abitualmente, diverse capanne ma, non di rado , soltanto mandrie di animali in precisi periodi dell'anno, e per tale impiego ancora se ne incontrano in quasi tutta l'Italia e sempre utilizzate dai pastori. Non a caso per la loro rozzezza riesce opinabile non solo l'individuazione di un qualsiasi criterio informatore ma finanche l'appartenenza all'ambito dell'architettura difensiva. Pertanto si detennina: " ... il problema di quante opere di questo genere possano essere effet- tivamente classifica te come fortificazioni. Come, per esempio, sarebbe stato possibile presidiarle o difenderle? ... Senza dubbio alcune ... furono progettate come opere difensive; altrettanto certamente altre non avevano que sta caratteristica, e non erano verosimilmente niente di più che recinti per il bestiame della tribù, costruiti in modo tale che un paio di pastori disposti agli ingre ssi potessero impedire agli animali di disperder si durante le ore notturne. Quale s ia poi l'esatta proporzione tra ques ti due tipi di struttura apparentemente simili ma funzionalmente divers i può essere stabilita solo da appositi , approfonditi scav i di tipo archeologico .. .''(28J _ intuitivo e naturale che di fronte ad un pericolo cornu- ne le singole tribù trovassero un'improvvisa coesione, e che in quei frangenti s i s iano potuti addirittura erigere nuovi punti fortificati di difesa. Ma da questo a soste nere l'e s igenza di una pr ecedente federazione fra tribù totalmente eterogenee il s alto logico è eccessivo.

A far pendere il giudizio verso l ' interpretazione difen siva contribuisce, curiosamente , proprio la loro rilevante densità territoriale, perfettamente analoga a quella dei fossati con capanne ed, in epoca più recente, dei nuraghi strutture certamente non destinate al concentramento del bestiame, ma verosimilmente pertinenze territoriali per la prote zio ne dalla endemica conflittualità intertribale ed endotribale.

Per tornare ai castellieri, appaiono particolarmente interessanti quelli della fascia alpina alto atesina, la cui prestazione si protrasse eccezionalmente a lungo , fino alla conquista romana. Tradizionalm ente vengono fatti risalire ad un capo etrusco di nome Reto, da cui per estensione tutti i gruppi etnici limitrofi acquisirono la definizione di ' retici'. Ad ogni buon conto ai Reti: " va ascritta la polverizzazione del territorio in una miriade di castellieri. 1 quali non erano solamente un fatto difensivo: ve n'erano infatti di diverso tipo, e solo i più elevati e di difficile accesso godevano di attributi fortificatori. La caratteristica principale è una costante di scelta orografica e di orientamento ... Presupporre, come taluno ha proposto , una interdipendenza tra castelliere e castelliere, un sistema insomma che rispondesse ad un di seg no , e di conseguenza ad una possibilità operativa, unitario è giocare di fantasia ...

Per evitare comunque di dare un ' impressione errata del sistema sociale vigente prima dell'invasione romana (e si noti che nelle brevissime note si n qui esposte si è abbracciato un arco di tempo assommante ad alcuni millenni) va chiarito che accanto agli in se diamenti semplicemente abitativi , vi erano i recinti più o meno provvisori per la raccolta e la custodia del bestiame ed altri spesso ad altezze incredibili, in zone innevate per la maggior parte dell ' anno , che fanno supporre ricorren ze periodiche determinate da cicli astronomici . Solo quelli di carattere difensivo hanno però il diritto di chiamarsi castellieri nel vero senso della parola. E corrispondendo a situa z ioni tipiche di dife sa naturale-prominen ze collinose o dorsali montag no se accessibili da un lato , generalmente a nord -non è raro che in ess i s i trovi il primo germe delle successive fortificazioni arrivate poi s ino a noi nelle vesti delle ricostruzioni medievali " •'.!9 ,

Il fenomeno nuragico

Pur senza originare la minima ambiguità valutativa anche i nuraghi, per il loro enorme num ero e per la caotica di s tribu z ione territoriale , rappresentano fortificazioni in attesa di ulteriori chiarimenti. Nell ' idioma sardo nurra è chiamato un mucchio di pietre, come pure una cavità, ovvero tanto una costruzione senza possibilità di fruizione, quanto un volume senza alcuna forma esterna. Paradossalmente entrambi i s ignificati sembrano attagliarsi contemporaneamente ai nuraghi , mucchi colossali di pietre, ma anche caverne artificiali, rifugio di trogloditi.

Per inciso i maestosi torrioni megalitici tronco-conici sono tra le rari ss ime s trntture rimaste se mpre a vista, dalla preistoria ai no s tri giorni. Sotto il profilo cronologico siamo ancora una volta di fronte alla riproposizione di un tipo di concezione difensiva pressocchè invatiante , per oltre un migliaio di anni , caratteristica che accentua le difficoltà di comprensione. I nuraghi , infatti , furono eretti tra il 1800 ed il 500 a.C., per cui se la loro comparsa coincise con le antesignane ricognizioni anatolico-micenee la loro dismissione corrispose all'avvio della colonizzazione greca. In tale luogo intervallo , in merito a]la loro evoluzione architettonica, sono s tate individuate almeno c inqu e fasi salienti, c o sì riassunte: r fase-dal 1800 al 1500 , corrispondente al Bron zo antico nafase-dal 1500 al 1200, corrispondente al Bronzo medio

Entrambe que ste fasi, protrattesi complessivamente per circa 600 anni vedono lo s viluppo della cosiddetta c ultura di Bonnànnaro ed il s uo evo lver si nell a facies Subbonnànnaro.

.1 1la fase-dal 1200 al 900, co1Tispondentc al Bronzo recente e finale

Ne l corso dei suoi 300 anni s i dip a na la cosi ddetta

'bella età dei nuraghi', intervallo che ne vide la massima produzione. É in questo lasso storico che si sviluppa distintimente il 'borgo nuragico ', includente oltre alla fortificazione, anche il tempio ed i sepolcri, tutti sempre in opera megalitica. In questo medesimo intervallo quasi un terzo dei nuraghi già esistenti viene potenziato mediante un incremento dello spessore delle pareti ed addossandogliene altri di minori dimensioni. L'insieme risultante è la struttura definita polilobata.

Iva fase-dal 900 al 500, corrispondente al Ferro antico ya fase-dal 500 al 238, corrispondente al Ferro recente

In quei quattro secoli si svilupparono le aristocrazie feudali in una sorta di antesignano medioevo, ed i nuraghi conobbero le realizzazioni più elaborate e variegate.

Nel suo relativamente breve dipanarsi si regi s tra soltanto la pura sopravvivenza e conservazione, peraltro limitate alle aeree più interne dei nmaghi, mentre sotto la pressione della colonizzazione cartaginese la loro cultura è ormai in rapida estinzione.

Da quanto schematicamente esposto risulta evidente che il cuore dell'età nuragica è la fase compres a tra il 1200 ed il 900, tanto da guadagnarsene l'identificazione per antonomasia. Significativamente risulta sincrona al: " ... grande rimescolio di popoli del Xlll-Xll secolo avanti Cristo, quando Achei e «popoli del mare » raggiunsero il lontano occidente, [e] probabilmente qualche gruppo toccò anche la grande is ola e s ulle più antiche influenze si depose una più progredita esperienza militare, organizzativa ed architettonica... "t 3o) _

Indubbiamente la fitta trama di nuraghi si originò a partire dall'età del Bronzo antico, per attingere so ltanto nel Bronzo medio, con il moltiplicarsi di quelli cosiddetti 'monotorri'. ed in particolare neu-'età del Bronzo recente. con l'evoluzione delle arcaiche costruzioni in meno rozze dimore feudali, una connotazione residenziale ed una logica difensiva più credibili. In dettaglio , di: " ... pseudo e proto nuraghi se ne conoscono almeno 185, seco ndo una ricerca in corso, con densità che decresce dal nord al sud dell'isola ...

Rapportati ai nuraghi a tholos, che s i calcolano tra sette e ottomila, costituiscono una ben povera cosa nell'incidenza territoriale , mentre è eccezionale il loro interesse quale documento dei passaggi nello sviluppo del! ' architettura nuragica funzionale alla vita e alla difesa nei limiti del controllo di beni economici (terre e bestiame). Si tratta di costruzioni civili di aspetto bas so e mas s iccio, a forte inclinazio ne di profilo e con pianta in prevalen za ellittica ... talvolta con anqamento pe1imetrale s inuo so ma anche s ubcircolare ... Più raro lo schema quadrangolare ... e rettangolare. .. La struttura è fatta di grosse pietre poliedriche, appena sgrossate, con collocazione ad accumulo piuttosto che a filari, tranne che negli ingressi architravati e talora allegeriti da spiragli di scarico, dove la muratura, non di rado tendente a perdere il filo rettilineo , appare realizzata con una qualche diligenza.

Gli edifizi si elevano in due piani con ambienti vari in ciascuno, di rado constano d'un solo ripiano a terrazzo nel quale sta l ' abitazione accessibile da scala frontale in muratura subito dietro l'ingresso ... A piano terreno l'interno è percorso in longitudine ... e più spesso di traverso ... da uno o (eccezionalmente) due coJTidoi quando è presente un solo accesso, o da una o due gallerie ... nel caso di due ingres si opposti ... Di solito su uno dei lati di meno s ul fondo del corridoio cieco la parete si apre per far luogo alla scala intermuraria che svolta ad angolo o in curva seguendo a rampe il profilo rettilineo o tondengiante del perimetro dell'edifizio e sbocca nel piano superiore dove so no allogati i vani di dimora, essendo quelli del piano terra se mplici passaggi o spaz i di deposito. Ques to sch ema ... è carateristico degli pse udonurag hi.

I protonuraghi invece contengono a livello di s uolo una camera fornita di due cel1ette laterali o più camere ... di pianta subrettangolare nel primo ( m. 6,5x3 , l) ed ellittica nel seco ndo (due vani di m. 6,52x4,056 ,00x4,05), tutte coperte a falsa volta P seudo nuraghi e protonuraghi fanno vedere al piano s uperiore uno o più ambienti d'abitazione, di pianta rettangolare ... o circolare ... i vani constano di una base in muratura su cui si impo stava no i tetti lignei a doppio spioven te o a pinnacolo ...

Qu es ta sov rappo s i zione di nuraghe a pseudo - nuraghe, realizzata presumibilmente a poca distanza di tempo e certo durante il Bronzo antico, sta a dimostare che le due forme sono st re ttamente connesse e dipendenti l ' una dall'altra. Pertanto non è necessario pensare, come s i fa di so lito per il nuraghe a tholos, all 'influenza del modello miceneo che, peraltro , se effettivamente applicato nell ' iso l a, ne avrebbe voluto l'impiego nell 'edili z ia funeraria e non in quella civile quale si esplica nelle strutture in esame ... " 1311 •

Ma, prescindendo dal dettaglio che difficilmente i nuraghi possono ritener si una, s ia pur abeITante, forma di 'edilizia civile', non è affatto sco ntata l 'adoz ione di una tecnica tanto complessa e mas sacrante per scopi puramente funerari , di gran lunga meno pressant i di quelli difensivi. Gli innumerevoli nuraghi , e non solo quelli sardi, restano perciò un ulteriore enigma nella s toria delle fortificazioni, paradossa lmente , con un unico elemento di chiarezza: Ja loro affinità costruttiva con le opere micenee. Di s icuro con il sopraggiungere della conclusione dell 'età del Bronzo antico. sull ' isol a spiccavano già moltissimi nuraghi tronco-conici con camera interna coperta a tholos. Un vistoso sa lto di qualità si coglie con il sopraggiungere del Bron zo medio, allorquando migliaia di nuraghi semplici vennero erelli in serrata scansione. Infatti, tanto i: ·'.. . monotorri ... Lcome] i nuclei dei nuraghi polilobati .. . elevati da uno a tre piani, non furono costruiti tutti contemporaneamente, ma dato il grande numero, la loro età marca momenti successivi di realizzazione. Indicatore di sequenza cronologica è l'inclinazione del muro perimetrale della torre che subisce una lenta e lieve trasformazione, dando luogo a profilì di volumi tronco-conici a forte scarpa ... a media pendenza ... sino a forme subcilindriche appiattite ... Anche il rapporto tra l'altezza e il diametro di base varia col tempo, nel quale si susseguono a sagome strette e svelte, longilinee ... coni tronchi proporzionati dall'ampia impostazione del piede murario L'indice, poi, del rapporto massa struttiva-vuoto segnala la progressiva tendenza ad ampliare lo spazio senza che. però, in nessun caso, il vuoto (ossia la camera pscudocupolata deJla torre) riesca a diminuire e a togliere valore preponderante al senso e all'effetto ma::;siccio cbe è lo specifico del monumento, pure in verso funzionale

Le torri di plurimi piani. nei quali le tholoi si sovrappongono decrescendo in diametro e in altezza dal basso alla sommità a te1rnzzo, muovono da un archetipo ad unico vano terreno, col terrazzo accessibile, se ve ne fosse stato bisogno, per mezzo di una scala esterna, di legno o di corda. Il sistema di scale incassate e nascoste dentro la muratura sarà venuto in seguito: prima la scala di camera, che si interrompe ai diversi piani, dopo la scala d'anelito, per lo più sulla sinistra di chi entra, che percoJTe 1' intero elevato senza soluzione di continuità.

L'edificio a torre del nuraghe nacque da esigenze di d ifesa e di abitazione. Dal terrazzo circondato da parapetto in muratura o da un recinto in legno sporgente a ba l latoio su mensoloni di pietra... era possibile osservare movimenti di nemici, spostamenti di bestiame, offese al territorio coltivato, onde provvedere alla necessaria tutela e repressione con i mezzi e le regole di allora.

L'abitazione si affidava allo spazio ottenuto sovrapponendo le camere dei nuraghi a più piani. i supcrio1i asciutti e illuminati. per il riposo, quello ten-eno esposto all'umidità, usato per magazzeno e per le faccende nel brutto tempo ... " 1.12i

Dal punto di vista costruttivo è possibile ravvisare nitidamente due distinte tecniche. La prima consisteva nel po1Te in opera, per edificare le murature nuragiche, grosse pietre di forma irTegolare, poliedrica, cercando di farle combaciare, per quanto possibile, almeno nei giunti di contatto, magari tramite l'inserimento di schegge e scaglie lapidee. Il piano di posa non appare orizzontale ma inclinato, formante nel suo sviluppo complessivo una sorta di spirale cingente 1' intero tronco di cono. Tale espediente, non solo facilitava l'ascesa dei grossi conci. ma incrementava, per gravità. la stabilità di ciascuno di essi in tutte e tre le dimensioni: verso il basso innanzitutto. come in ogni costruzione, verso le spalle per la scarpatura dell'estradosso e verso il fianco per la pendenza dell'allettamento. Intuibile la saldezza complessiva rispello a qualsiasi sollecitazione.

La seconda tecnica edificatoria, più evoluta e ricercata, consisteva nel disporre i conci, sempre di enormi dimensioni ma discretamente squadrati in forma parallelepipeda, lungo filari orizzontali. 11 paramento risultante è di accurata definizione con i blocchi progressivamente più piccoli con l'aumentare dell'altezza e con i giunti abbastanza stretti. Pur essendo senza dubbio esatto che la seconda maniera fu messa in opera in epoca più recente . non è affatto vero il contrario: la corrispondenza, quindi, va intesa esclusivamente per univoca, in quanto spesso, per motivi contingenti, si impiegò, anche in opere relativamente moderne, la tecnica più rozza. Un identico fenomeno si osserverà pure nella tecnica poligonale.

Circa la configurazione architettonica è possibile ancora individuare durante il Bronzo recente e finale un progressivo raccordai-si e coordinarsi dei nuraghi,

,5 'Broch ' tramite: " altri corpi di fabbrica, pur essi in forma di torre , di vario disegno e di articolazione più o meno complessa.

Queste moli di grande architettura le chiamiamo nuraghi plurimi o composti a causa della quantità di elementi turriti s uss idiari (da uno si no a sei) e ne contiamo oltre J .000 che fanno il 15 % sul numero complessivo Se ne dà una s uccinta esemplificazione in riferimento ai modi diversi di addizione delle nuove parti architettoniche al nucleo originario: frontale, laterale e concentrico ...

Le forme più elaborate e vistose di nuraghi plurimi s i realizzarono con l'addizione concentrica. La to1Te principale funge da elemento centrale, o quasi, di un bastione di vario disegno che agli angoli del perimetro si articola in toITi minori collegate per mezzo di raccordi murari (c01tine) rettilinee o curvilinee. Tali coslruzioni so no denominate nuraghi polilobati perchè ciascuna torre angolare costituisce un lobo della massa interna dominata dalla torre maggiore che fu nge, in questo caso. da mastio Il s iste ma di massima sicurezza dei nuraghi a più lobi consisteva nel chiuderli dentro antemurali, o cinte avanzate, di pianta quadrilatera pentagonale eptagonale con torri numericamente corrispondenti agli apici dei poligoni ... Queste fabbriche monumentali, con grandi spalti ten-azzati e con ballatoi piombatoi sostenuti da men so loni per l'intero perimetro , in forma di maestosi e so lidi ss imi castel] i, aJtro non possono essere s tati se non residenza di principi, protette da fedelissime guarnigioni militari, attrezzate per sos tenere, all'occasione lunghi ed estenuanti assedi di nemici interni (sopratt utto) ed esterni ''m >

Occorre tuttavia non indugiare eccessivamente sulle acute disquisizioni tipologiche dei nuraghi poichè si rischia di perdere di vista la finalità sociale ad essi sottesa. Dall ' equiparazione degli ultimi e più complessi nuraghi con i castelli medievali, emerge, per logica correlazione, per la Sardegna un as setto demografico di scarsissima coesione, premessa di una in significante evoluzione culturale. In dettaglio: " . la popolazione dell ' isola non viveva in villaggi, ma doveva essere dispersa in piccole unità, forse in tribù , organizzate secondo un sistema che è stato definito «cantonale» , spesso in lotta con i gruppi vicini. Un quadro, come si vede, non dissimile da quello offerto nel tardo Medio Evo dalle torri fortificate e indubbiamente in entrambi i siti la razzia di bestiame doveva essere praticata ampiamente. I nuraghi, quindi, che dominavano i piccoli aggregati di fragili costruzioni, fungevano da rifugio contro gli attacchi nemici, ma anche da basi fortificate dalle quali organizzare le proprie incursioni. Un simile modo di vita offriva scarse possibilità di sviluppo culturale, eccetto che negli ambiti dell'architettura militare , della s trategia e, forse, della letteratura epica orale ... " c 34 >

E, soprattutto, della produzione metallurgica in quanto connes sa con la fabbricazione delle armi , magari , per usare una terminologia contemporanea, 'su licenza ' . Non può e ss ere infatti: " ... e s clusa l'ipotesi che artefatti metallici di lus so fossero foggiati da corporazioni di ramai indigeni, anche se i primi s timoli e insegnamenti bisogna supporli venuti dall ' esterno (Cipro, Siria) tra la prima metà del XII e i primi cinquant'anni dell ' X l secolo a.C. .. Le relazioni di pari grado col mondo tardo-miceneo sono le più trasparanti; il livello del suo apporto è tutt'altro che 'coloniale'.

Dopo la caduta di Micene (1100 a.C.) lo scambio si sviluppò con Cipro e con la S iria , prima dell'approdo commerciale fenicio .. . D ' altra parte, le evidenti somiglianze costruttive di nuraghi, talaios e 'torri ' denunziano incontri tra la Sardegna, le Baleari e I.a Corsica, mentre oggetti di bronzo dei ripostigli isolani hanno riscontro ... in depositi della Francia atlantica e della 36 Ustica , planim e tria villagg io Penisola iberica ...

Finiva la civiltà micenea, dissolta dall'invasione dorica, era cancellato l'impero hittita, si frantumava l'unità del Paese egizio. Una caduta degli dei! La

37 Ustica, veduta del promontorio del villaggio dei Faraglioni civiltà nuragica, invece , non subisce crisi, marca una fertile continuità culturale... " < 3 5 , _

É singolare osservare in proposito che allorquando . intorno al 500 a.C., la costruzione dei nuraghi cessò definitivamente in Sardegna, la concezione della singolare fortificazione non sco mparve affatto ma riemerse, proprio negli s te ss i anni, appunto lungo le coste della Bretagna, dove del re s to non mancano , se bbene controverse, tracce mi ce nee . Anche in Scozia il torrione tronco conico avrà in quel mede s imo scorc io storico una vivace ripropo s izione, originando una tipologia praticamente identica. denominata broch. Consi s te in: " ... rec inti di pietra di non grande diametro, ma in com- penso di altezza relativamente elevata, c he può anivare a 12-15 m, consentendo la sovrapposizione di cinque o se i livelli abitativi. Infatti i muri interni e d esterni di que sti recinti erano costruiti in modo tale da la sc iare, al loro interno, uno s pazio vuoto, che veniva poi coperto con lastre di pietra e con impalcati lignei; scale retrattili co llegavano poi un piano all'altro ... In alcuni broch so no rima ste tracce di maga zz ini ricavati , all'interno dei mu1i, al livello del s uolo ... i broch so no costruzioni realizzate con muratura a secco , se nza alcun g iunto di malta che ne connetteva i vari conci so no databili , a ppro ss imati vamente, intorno al 500 a.e ... "< 36)

Il 'castello' di Ustica

L'ossidiana, come accennato in precedenza, sembrerebbe la ragione della rinomanza e della frequentazione delle splendide quanto inospitali isole Eolie. Tra queste, sebbene notevolmente distaccata, anche quella di Us tica , di appena 8,09 kmq, che a quelle vicende storiche : " non rimase nè poteva rimanere estranea [sebbene] vediamo nel vi llaggio usticese le testimonianze di un momento successivo alla fin e per violenta distruzione... alla quale i villaggi eoliani soggiacquero per sempre ed a c ui invece il nostro pur subendo incursioni e sacc heggi , riuscì a sopravvivere per breve tempo ancora " 1 37), intorno a lla fine del XIII sec a.e.

Tenendo conto degli sp rofondamenti dovuti ali' erosione dell'alta costa, s i suppose per quell'insediamento, fatto rimontare alla Età del bronzo medio, una superficie originaria complessiva di oltre un ettaro, capace di sopportare circa 300 capanne. Ulteriori campagne di scavo, accertando che gran parte di tale area non fu mai coperta da costrnzioni, hanno ridimensionato di molto la suggestiva ipotesi, riducendo l'abitato ad un massimo di una ventina di case. Niente di straordinario, quindi, in quel brevissimo duplice filare di umili capanne spartite da una stradina di appena un metro di larghezza, simile in sostanza ad innumerevoli altri coevi stanziame nti mediterranei di miserabili pescatori, la cui: " piccola necropoli, s ituata immediatamente fuori dalle mura di cinta verso Est... non avrebbe potuto mai sodd isfare nemmeno i bisogni di un villaggio modes to ... " <3&> .

Niente di strao rdinario, tranne la fortificazione, assolutamente sproporzionata a tanta inconsistenza, e per giunta posteriore, sebbe ne di poco, alle capanne che in parte dovettero addirittura essere abbattute per consentirne l'edificazione. Difesa poderosa per un abitato striminzito: impossibile scan dagliare la moti vazio ne del timore , tale, comunque, da giustificare l'improba fatica che assunse l'antesignana configurazione di un preistorico ' castello '. Le sue mura: " ... verso terra sono rimaste in uno splendido stato di conservazione. Lunghe m 250 esse lasciano il dirupo sopra il mare all'estremità nord del sito e alla fine del loro percorso tornano di nuovo al ciglio del dirupo. I1 muro è una struttura a cumulo di pietre eretta s u una base larga m. 5. La parte superiore di esso appoggia su una base costruita con larghi massi. I1 muro così fatto si divide in tre e lem enti ben distinti: le fondazioni, il muro a faccia verticale e sopra di essi un parapetto legge1mente inclinato. In totale il muro avrebbe ra ggiunto m 4 di altezza. Strutturalmente indipendenti dal muro ... ma possibilmente e lementi del progetto originale, so no le torri semicfrcolari poste lungo l'esterno del muro ... " <39 ' · Più in dettaglio la muragli a appare: " ... formata da due cortine, entrambe a scarpa, di bombe vulcaniche rese lenticolari dal grossolano sp ianamento, per la posa, di due facce contrapposte, distanziate e riempite da pietre e rifiuti di lavorazione. I massi sono posti in opera leggermente inc1inati verso l ' interno il che, se ppure rafforza co nsiderevolmente la statica, diminuisce l'efficienza dell'opera già le sa dalla scarpa ...

Dalla cortina es terna, nel versante meridional e, a tratti regolari di una ventina di metri, s i aggettano torrioncini di qualche metro che sembrano avere una funzione statica come quella dei pilastri di oggidì nei muri di confine. Alla fortificazione originaria sono state aggiunte opere di rinforzo. Alcuni torrioncini semicircolari del diametro di circa 5 metri costituiti da un muro esterno a st ruttura pseudo-megalitica e da un muro mediano di pietre di modeste dimensioni, riempiti, se mbra, a mano a mano , con terra battuta. Un muro a strutt ura pseudo-megalitica discosto circa un metro dalla fortificazione , del quale sono visibili tratti con due o tre filari. Un corpo quadrangolare , di cui s i conse rva so lo il basamento, di circa 5 metri di lato , costituiti da grosse pietre, che s i addossa contemporaneamente ad un torrioncino e a l muro appena accennati. Nell'interno del villaggio, ai piedi e parallelalmente alla muraglia, si scoprono due allineamenti di pietre che sembrano due successive cortine poste a consolidamento della precedente e più possente difesa.

L'opera originaria si conserva per tutto il suo sviluppo per una altezza mediamente di circa due metri ... "140 )

Nonostante la estrema arretratezza del villaggio, testimoniata dalle sue approssimate capanne a contorni curvilinei, è innegabile che quelle strutture semicilindriche, di circa 5 m di diametro ed interamente aggettanti rispetto al filo esterno della muraglia, fossero finalizzate al suo fiancheggiamento e non al semplice rinforzo, funzione che sarebbe stata più efficacemente svolta da contrafforti interni. Il dettaglio, pertanto, contribuisce a far presumere una logica d' impianto di gran lunga più evoluta dell'insediamento stesso ed una sua preminenza impositiva, determinata dal ruolo assegnato alla fortificazione. Non sembrano, infatti, mancare esplicite tracce di investimenti ossidionali quali la: " breccia, poi chiusa, fra le torri nn.

1 e 2. In seguito a questa sventura si è proceduto ad una ristrutturazione delle difese alzando un nuovo paramento del muro che corre da un punto immediatamente a Nord della torre n. 7 ad un punto oltre la torre n.

1 " l4 1l Nè i potenziamenti finirono, ma coinvolsero quasi per intero il fronte a terra, a conferma della sua imprescindibile funzione ed, indirettamente, del minaccioso incombere di aggressori ignoti , abbastanza evoluti da poterne aver ragione.

Quanto al fronte a mare, le sue mura sebbene: " ... rase al suolo già durante la media età del bronzo ... non erano meno imponenti della cinta verso terra. In questo settore le indagini archeologiche... hanno rivelato, quasi in superficie, a partire dallo spigolo nord delle fortificazioni, il piano di posa, largo m 5, di un robusto muro di difesa. Lo scavo ha pure documentato la linea difensiva scoprendo i resti di una porta che dava accesso all'interno del sito ad un sentiero che si può ipotizzare lungo il ciglio del dirupo. L'apertura, delle stesse dimensioni delle strade del sito e della porta già descritta, ha una larghezza di m 1. Il corridoio di accesso, che si piega leggermente nel suo percorso , è lungo m 11 e per tutta questa distanza viene fiancheggiato a destra e a sinistra dall'imponente massa del muro resa più forte da due bastioni interni , realizzati a modo di torri, a destra e a sinistra del corridoio ... Non c'è nessuna circostanza che permette di dubitare che ques ta imponente opera difensiva sia stata demolita già durante l'età del bronzo ... Sembra perciò evidente che le mura di cinta verso mare siano state intenzionalmente smantellate quando non servivano più ...

La pianta del castello di Ustica ... a losanga , ha qualcosa in comune con le grandi fortezze micenee. La sua forma... [è funzione anche l del bisogno di lasciare spazi aperti dentro le mura ... per ospitare le industrie, soprattutto metallurgiche La posizione del complesso ai piedi dell'altura dove si può ipotizzare il sito della dimora del capo ha una stretta analogia a Micene Per tutti Lquesti] motivi si deve considerare il sito dei Faraglioni di Ustica castello e per di più un castello del tipo miceneo in un contesto siciliano ... " < 42 •

Conclusioni

In tutti gli esempi di fortificazioni fin qui sommariamente descritti appare innegabile l'apporto , od anche l'influsso estrinsecatosi nella prima metà del II millennio a. C., di una cultura proveniente dall'area orientale del Mediterraneo, specie per le opere più complesse. Furono, per quanto accennato , forse gli stessi nuclei di immigrati a farsene portatori, forse soltanto i mercanti ed i cercatori di metalli; di certo furono proprio quelle fortificazioni , appena più elaborate, che oltre mezzo millennio dopo i colonizzatori provenienti dalla Grecia si trovarono di fronte. In quel cruciale snodo storico: " ... i popoli della Penisola sembrano, a noi che li vediamo confusamente così di lontano, uniformati da una certa omogeneità culturale, che apparentemente li livella al disopra delle molteplici e profonde differenziazioni di stirpi e di parlate con cui è invece frazionato il territorio e, nel corso di tanti secoli, man mano trasformato dalle stesse componenti etniche per il muoversi ed il sovrapporsi anche di popoli e di genti nuove. Così, sulla base profonda dei sostrati mediterranei preindoeuropei, complessamente legati a razze, popoli, ambienti culturali e linguaggi del tutto diversi , nel corso di tutto l'arco dell'età del bronzo (e poi ancora in maggiore o minor misura durante l'età del ferro) affluiscono e s i incontrano, si compenetrano altri apporti di civiltà ed altri gruppi etnici differenti dai primi ed a loro volta diversi tra loro.

Questo processo, che si evolve in un arco cronologico lunghissimo , elabora esperienze, travagli, pause assai lunghe, affermazioni e rigetti , rielaborazioni estremamente complesse e variate non solo nei tempi , ma negli stessi luoghi in cui man mano vengono a manifestarsi. É, tutta questa, una grandiosa epopea che noi possiamo so lo assai vagamente intuire, non certo conoscere: al tennine però di questo lungo processo possiamo vedere come le regioni della Penisola si caratterizzino in forme culturali proprie , ben definite, e s i s iano formati interi gruppi etnici. L'età del bronzo medio e recente è il tempo di quegli abitatori primitivi della Penisola, che gli antichi s tessi ricordano confusamente come i progenitori dei popoli di età storica, i Siculi, gli Enotri, gli Aborigeni, i Pelasgi , gli Umbri , che lo stesso svilupparsi del fenomeno di acculturamento regionale porterà alla formazione di quelle civiltà che chiamiamo villanoviana, laziale, sabina, e in Campania delle tombe a fossa." (431

Senza voler assolutamente affrontare l'improbo tentativo di delineare , anche per sommi capi, la situazione etnica vigente in Italia al profilarsi della colonizzazione greca, compito peraltro esulante dalla finalità della ricerca, è certo, per quanto appena accennato, che quei remoti ssim i sbarchi trovarono un territorio ormai discretamente popolato e dotato di una sua connota- zione culturale precisa sebbene vistosamente frammentata e diversificata. Una sorta di arcipelago di stirpi e di tradizioni, non fortemente dissimili fra loro ma sufficientemente variegate da non consentirne l'ulteriore assimilazione, limite che ne permise il più facile assoggettamento, almeno fin dove conveniente.

In ogni caso una dettagliata ed incontrovertibile mappatura dei popoli dell'Italia antica è ancora ben lungi dall'essere tracciata distintamente, tanto più che: " . .. una precisa concoscenza... si ha solta nto dal momento in cui essi entrarono in contatto co n i Greci, nell'VIII-VII sec. a. C., da quando cioè la tradizione sc ritta ne ha tramandato il ricordo e s' incontrano i loro primi documenti epigrafici.

I Greci determinarono il progresso d'incivilimento delle popolazioni della penisola, ma Etruschi e poi Latini, Campania, Sanniti, rappresentano le stirpi più progredite dell'Italia antica; essi ebbero maggiore coesione e coscienza nazionale ed esercitarono influssi più o meno estesi sulle altre genti ... " <44 i

Inizia così a configurarsi, allo scade re del seco ndo millennio ed agli albori dell'Età del ferro, convenzionalmente fissata intorno al 900 a.C. , e massimamente dopo !'VIII sec. a.C., una basilare biparti zione della genti che risiedono stabilmente nella Peni so la. Da una parte il g ruppo degli indigeni, definizione che in effetti comprende tutte le etnie presenti da almeno mezzo mìllennio , e dall'altra i nuovi colonizzatori provenienti dalla Grecia: definiti genericamente Italici i primi ed Italioti i seco ndi. Da un punto di vista storico, tuttavia , nonostante la contemporaneità delle rispettive vicende, mentre conosciamo abbastanza dettagliatamente gli Italioti , la cui colonizzazione (come quella degli Etruschi (451 per ragioni sos tanzialmente analoghe) è stata approfonditamente studiata e vagliata, disponiamo di informazioni decisamente più scarse sugli Italici dell'entroterra.

Tale divario di conoscenze è imputabile eminentemente al più modesto livello culturale di questi ultimi: in assenza o quasi di produzioni letterarie le principali infonnazioni su di essi sono di natura archeologica. Per la solita ampia schematizzazione, a parte: " ... gli Etruschi, il gruppo etnico e linguistico più considerevole dell'Italia antica è costituito dalle popolazioni distribuite nelle vallate della catena appenninica dall'Umbria alla Lucania per le quali suole adoperarsi dai moderni la designazione complessiva di Italici orientali, o più brevemente, per antonomasia, di 'Italici ' Esse non ebbero mai coscienza della loro unità, se non forse e solo parzialmente e confusamente ai tempi delle lotte contro Roma... La storia degli Italici è, invero, essenzialmente quella della loro espansione, che noi vediamo in atto specialmente fra il VI e il IV secolo a.C. e che la tradizione antica riconnetteva al rito della 'primavera sacra', e cioè alla migrazione in massa di una intera generazione, votata al sacrificio in cerca di una nuova patria. Questo movimento si manifesta dapprima dalle sedi appenniniche verso le coste del Mar Tirreno, con la pressione dei Sabini e dei Volsci sul Lazio in età arcaica , e poi con la conquista della Campania da parte dei Sanniti che ivi assunsero l'antico nome etnico di Osci; culmina tra la fine del V ed il IV secolo con il dilagare del popolo sannitico degli Hirpini o Lucani nel! 'Italia meridionale... L'espansione italica fu arrestata so ltanto dalle guerre con Roma. In questo momento vediamo formate le seguenti compagini etnico-territoriali: gli Umbri a nord i Sabini e i Volsci stanziati nel Lazio e nel suo entroterra (Anzio, Velletri, Norma, Fregellae, Arpino, ecc. ) ... i popoli 'centrali' degli Hernici ... i Sanniti veri e propri nel Samnium... i Sanniti di Campania, o Campani, o Osci, con centro principale a Capua ... infine gli Hir pini o Lucani in Lucania... " < 461 •

Più in dettaglio: " ... per la critica moderna, Opici e Oschi sono due popoli diversi: l'uno apparterrebbe alla prima ondata dei popoli italici, i proto-latini; l'altro sopraggiunto con la migrazione più recente, degli Osco-sabelli, avrebbe assunto al momento della pene- trazione in Campania il nome degli Opici adattandolo alla propria lingua "H 7 J _ In vece gli: " Ausoni sono i resti di una retroguardia che alla fine del secondo millennio non ha seguito i Protolatini nel loro spostamento progressivo verso la regione dei Colli Albani ... " < 4 x, . A loro volta i Sidicini, che compaiono sulla scena storica in coincidenza con la prima guerra sannitica, occupavano, almeno in età protostorica, una regione che: " confinava con gli Ausones di Cales ad est, gli Aurunci cli Suessa ad ovest, i Sanniti a nord ed a sud il mare di Sinuessa (Mondragone) e l'ager Stella tra il Savone e il Volturno ... " (49 > _ Circa i Volsci s i sa che costituivano una popolazione di stirpe osco-umbra, più affine agli Umbri che agli Oschi. Risultano insediati tra Velletri e Formia, tra il mare ed il fiume Sacco espandendosi a ventaglio lungo la costa pontina. Quanto ai Sanniti, stando a Strabone, provenivano dai Sabini, e si erano ulteriormente frazionati in tribù nettamente differenziate, tra cui quella degli Irpini, dei Pentri, dei Caudini, dei Frentani e dei Lucani. Per immaginare quale fosse l'entità territoriale che ciascuna di esse si era ritagliata basta rievocare i confini della Lucania che: " estendevasi propriamente dal Sele [Salerno] e dalla Puglia fino allo stretto di Sicilia, ma senza comprendere le contrade poste sul Tirreno dal Sele fino al Lao e quelle poste sul Jonio dallo stretto di Sicilia fino al Bradano, le quali obbedivano ai Greci ... " '50)

Gli Etruschi, infine, sebbene la loro estrazione etnica sia fortemente controversa, si distinsero dagli altri Italici soltanto per preminenza culturale e vastità territoriale, avviando in perfetta sincronia con gli stessi il loro espansionismo coloniale. Al di là della diatriba circa la loro più probabile origine, sia: " ... gli antichi che i moderni hanno riconosciuto che gli Etruschi hanno il merito cli aver avviato l'incivilimento cli tutta l'Italia centrale tra i limiti estremi della zona sottoposta al diretto controllo politico o ali' influsso delle colonie greche dell'Italia meridionale e il confine settentrionale dell'Italia antica , tradizionalmente fissato tra

Ingegno E Paura Trenta Secoli 01 Fortificazioni In Italia

la Magra e il Rubicone. Le sedi storiche degli Etruschi sono, secondo la partizione augustea dell'Italia antica, quelle dell'Etruria, corrispondente all'attuale Toscana, alla parte occidentale dell'Umbria e settentrio na le del Lazio, il ten-itorio cioè compreso tra l 'Arno a nord , gl i Appennini e il corso del Tevere a est e a sud. Tuttavia non so l o !'Etruria, terra di 'orig ine ' di quel popolo, era so ttopo sta al controlllo politico etrusco, ma , almeno per l 'età arcaica, probabilmente dalla fase protostorica, certamente dal VII secolo a.C., fino agli ultimi decenni del V sec. a.C. in un caso e del IV seco lo a.C. in un a ltro, la parte centrale della Campania e una larga porzione della pianura padana furo no sedi di 'co lon ie' etfUSChe ... " eSI I

Pur essendo le accennate distinzioni etniche sostanz ia lm ente scolastiche, e limitate alle principali etnie, es e valgono tuttavia a fornire una pallida immagine del menzionato arcipelago, nel quale peraltro si inserì la colo nizzazio ne g reca, ed, in alcu ni contesti, quella fenicia e punica. E va lgono soprattutto a spiegare la necessità, ai fini della presente ri cerca, di ridurre quella pletora in s tabile, e co ntinuam ente fluida, a lle sue due componenti principali, quella italica da una parte e quella itali ota dall'altra, entrambe travagliate da ulteriori suddivis ioni interne ma en tramb e abbastanza omogenee per cultura e tradizioni. Non a caso la produzione delle rispettive architetture militari ostenterà, nitidi ssima, una identica bipartizione.

Note Capitolo Secondo

' Da D H. TR UMP, La preistoria del Mediterraneo, Vicenza 1983, pp. 233-236. Precisa ancora lo stesso autore circa il ruo lo dei Dori, p. 178:" ... ment re per spiegare i l crollo della brillante civiltà minoica possiamo far ri fe rim ento a un intervento d ivino (l'eruz ione del Santorino) , per il declino della civi ltà micenea. invece, possiamo pensare che il medesimo ruolo sia stato giocato dall'attacco dei Greci - Dori; ma le d iffico lt à che questa tesi presenta sono evidenti, prima fra tutte quella pos t a dalle cifre: la Grecia, densamente popolata verso il 1300, lo era molto meno intorno a l I I 00, Come avrebbero potuto piccole bande di Dori prevalere su una popolazio ne così ricca e numerosa e be n difesa? L a documentazione archeologica è, a questo proposito, sorprend entemente scarsa Sembrerebbe forse pi ù veros i mile affermare che i Micenei abbia no dovuto soccombere sotto qualche altra min accia. precedente all'invasio ne dei Dori.... Anche i livelli di distruzione di molte c i ttà micenee potrebbe ro essere antecedenti, piuttosto che conseguenti, all'immigrazione dorica. Difficoltà anche magg ior i si oppongono alla tes i che la Grecia sia stata attaccata da una fo rza navale proveniente da oriente L'interruzione dei traffici commerc iali con l'oriente avrebbe potuto ave re gravi ripercussioni sull'econo mi a greca, specie se avesse impedito i rifornim enti di bronzo; ma difficilmente ta li effetti avrebbero potuto essere così disastrosi. Alcuni studiosi hanno ipotizzato a nc he mutame nti climatici o il diffondersi di una pestilenza. É più probable che si sia verificata una comb inaz i o ne di tutti questi fat~ori .. .. I Dor i non gi un sero come invasori, ma furono risucchiati ne l vuoto che seg uì questa crisi... ".

2 Da L. V AGNETI' I, I Micenei in It al ia: la documentazione archeologica , in La Parola del Passato, XXV, pp. 359- 80.

3 Al riguardo è interessante ricordare il ritrovamento ci t ato da D H TRUMP, La preistoria , cit., p. 163, d i:" una nave naufragata al largo di Capo Gelidonya, su ll a costa me ridi onale della T urchia. Proveniva, forse , da un porto siriano (Uga rit?) , ed è affondata poco dopo il l.200 a.C. TI suo carico, disseminato sul fo nd o del mare, comprendeva un a quarantina di li ngotti di rame a forma di pelli di bue conc i ate, del peso di 24 kg ciascuno, alcuni lingotti più p icco li cli bronzo e stagno e una notevole quantità di minuscoli pezzi di bronzo da fondere. Si d iscute accan it amente su ll a provenienza dello stagno, ma poichè il rame e i frammenti di bro nzo erano stati certamen te stivato a ovest di Cipro. questo ritrovamento in d uce a ritenere che anche lo stagno seguisse il medesimo itinerario ". In ogni caso s i tratta sempre di metalli g i à purificati e mai di m in erali allo stato grezzo.

• La presenza dell'ossidiana è stretta m e nt e connessa con ratt ività vulcanica, poichè la stessa:" è ge nerata da raffreddamento rap ido di lave esse nzialmente acide in cui l 'a lta vi scosi t à impedisce la degasazionc:meno comuni sono qui ndi le ossidiane basaltiche, t ipic he invece q ue ll e riolitiche dette anche liparitiche ", da Dizionario d' Ingegneria, fondato da E. PERUCCA , To rin o 1976, voi. Ylll, al la voce.

i Cfr. M. GRA1'T, Le città e i metalli. Società e cultura degli Etruschi, Bolog na 1982, p.25.

6 Precisa G. LILLIU, Le origin i della storia sarda, in Storia dei Sardi e della Sardegna, Milano l 988. vo i. I, p. 44: "L'oss idi ana, una pietra vulcanica nera e lucente, da ll a quale si estraevano, co n varie tecniche di lavoro, diversi oggetti domestici no nc hè s trumenti per cacc i a e armi, con i ricc hi depositi del Monte Arei ( Ori sta no) cost itui va una materia preziosa, un a so rt a di oro nero, da tutti apprezzato in quella remotissima età e a nco r dopo l'oro nero sa rd o, es tratt o dai minatori del Mont e Arei e imbarcato dai mercanti locali nei porticcioli nat urali tra Marceddì e Cabras , vi aggiava anc he o ltre i ce ntri di richiesta della Val Pada na , de ll a Liguria, del Mezzogiorno della Fran cia e della Catalogna C iò, ovviamente, poneva le comunità della Sardegna (alme no q ue ll e ri vierasche) a contatto con genti e culture d ifferen t i dell'Occidente rned ite mtn eo... ". Circa le moda lità d i la vorazione dell'ossidiana cfr. G. B ENEVELLI, Dalla pietra afl'ago, M il ano 198 3, pp . 43 -4 8.

' Il min era le appare di lucentezza meta lli ca viva, con co lorazione gia ll as tra , non di rado iridescente, di ril evante peso specifico. Circa le giac iture ri corda E. ARTINI, I minerali, Mil a no 1941, pp. 344-345:"Da no i i c ri s talli sono rari: abbasta nza abbondante, per lo più in masse compatte, o disseminata, o mi sta, la calco pirite si tro va specia lm e nte in Li g uria , nel t errito ri o di Casarza e di Sestri Levante, e in Toscana, in prov. di Pi sa (Montecatini) e di Grosseto nel territorio di Mas sa Mar ittim a e di Mont ie ri (Boccheggiano). J giac im enti di queste reg io ni so no in stretta relaz ion e gene ti ca co n rocce erutt iv e ba s ic he ... e ntro le quali il min erale forma vene o mosche; più s pesso s i trova co ncen trato a l co ntat to con le rocce incassanti, in noduli , p icco li ammassi, o veri filoni, a matrice q uarzosa E ' questo il più diffuso e d importante min e ral e del rame ".

8 Da G. LILLIU, La bella età del bronza, in Storia dei Sardi , cit., voi. I , p. 108.

9 La citazione è tratta da R. P ERON I, Enotri, Ausoni, Itali e altre popolazioni dell'estremo sud d'Italia, in Italia omnium terrarum parens, Milano 1989 , p. 137.

10 D a M. GRANT, Le città , c it. , p. 22.

11 D a P. G. G uzzo, Le città scompa rse d ella Magna Grecia, Perugia 1982, p. 20 u Da L. ZEPPEGNO, C. F1Nz1, Alla scoperta della antiche civiltà in Sardegna. Roma I 978. pp. 18 - 19.

11 Cfr. R. M ARTIN, L'architettura della Cre ta minoica e del mondo miceneo, in Storia universa le dell'architet1ura-Archite1tura mediterranea preromana, Venezia I 972, pp. 193 -223.

14 Cfr. B. RUDOFSKY. Le meraviglie de/l'architettura spontanea, Bari 1979, pp. 242-249.

15 Da V. G. CHILDE, L'alba della civiltà europea, Milano 1972, p. 265 zs Da I. HOGG, Storia delle fortificazioni, Novara 1982, p. J I. n Da G. MANNINO, Il villaggio dei Faraglioni di Ustica, in Studi in onore di Ferrante Rittatore Vonwiller , Como 1982, parte prima, voi. I, p. 296.

16 Da V. G. CHILDE, L'alba , cit., p. 266.

17 Da V. G. CHlLDE, L'alba , cit., p. 266.

1 ~ Da D. H. TRUMP, u, preistoria , cit. , p. 200.

19 Cfr. G. ScHMIEDT, Atlante aen!o_fotografìco delle sedi umane in Italia. parte prima. L'wi/iz:a zione delle fotogrqfìe aeree nello studio degli insediamenti, Firenze 1964, p. 13.

2° Cfr. F. Russo, La d(fesa delegata, Roma 1995, pp. J2-14.

21 Da V. G. CHlLDE, L'alba ... , cit., p. 267.

22 Precisa al riguardo V. L. GRO'ITANEI.LI, Il diritto e la.forza, in Etnologica, l'uomo e la civiltà, Milano 1966, voi. IIT, p. 272:''Con la fine o almeno l'affievolimento dello stato di guerra interlribale o endotribale, i veri e propri villaggi fortificati sono spariti ormai da quasi ogni parte del mondo; ma essi erano frequenti ancora nel secolo scorso, dal Congo alla Melanesia, dalla Nuova Zelanda all'Amazzonia; le relazioni dei viaggiatori e conquistatori fra il Cinque e il Seicento ci descrivono vaste zone degli attuali Stati Uniti di sseminate di vere e proprie fortezze indigene. I vi llaggi dei Guarani, fra Paranà e il Paraguay, erano protetli da una duplice o triplice palizzata concentrica, e da fosse che gli assalitori dovevano per forza attraversare, e il cui fondo era irto di punte aguzze ben confitte nella tena e dissi mula te sotto la melma e le foglie. La stessa descrizione si applica ai vi I Iaggi fortificali della Melanesia. Quel I i dei Mafolu (Nuova Guinea orientale interna) visti oltre mezzo seco lo fa da Williamson avevano anch'essi palizzate di tronchi, alte da 5 a 8 metri e disposte a file successive, profondi fossati, e piattaforme s ug li alberi circostant i da cui gli ab i tani potevano saettare e precipitare sassi sui nemici che cercassero di salire verso il villagg io ".

23 Da S. MOSCATI, La civiltà mediterranea dalle origini della storia a/l'avvento dell'ellenis1110, Milano 1980, pp. 344-345 Cfr. E. M. DE J u u ,s, Civiltà preistoriche e protostoriche della Daunia, AA. Yv., Firenze 1975. p. 287. Cfr. A. DoNVJTO. Città.fortificate della Puglia preistorica. in Città. torri e opere fortifirnte di Puglia, a cura di R. De Vita, Bari 1982. pp. 298-303.

24 Da L. Qu1uc1, Roma primitiva e le origini della civiltà la ziale, Roma 1979, p. 148.

25 Da L. Qrnuc1, Roma , ci L. , p. 150.

2 • Da L. Qu1uc1, Roma ciL., p. 150.

27 Da L. Q u1uc1 , Roma , cil., p. 151.

9 Da G. M. TABARELLI, Castelli dell'Alto Adige, Milano J974, p. 10.

30 Da L. ZAPPEGNO, C. FINZI, Alla scoperta delle antiche civiltà in Sardegna, Roma 1978, p. 20.

31 Da G. LILU U, Nuova riccheu,a e nuovo potere: l'età del rame (eneo/otico), in Storia dei Sardi e della Sardegna, Mi Iano 1988, voi. I, p. 86.

32 Da G. LTLLIU, u, bella età del bronzo, in Storia , ci t., voi. T, pp. 94 -96.

33 Da G. LILLJU, La bella , c il. , p. I 02.

34 Da D. H. TR UMP, La preistoria ... , cit., p. 203.

15 Da G. LILLI U, La bella , cit., p. 110.

1 '' Da 1. HOGG, Storia ... , ci l. , pp. 14-15.

18 Da R. Ross, S S. LUKE.SH, Ustica, lo calità Faraglioni: perchè castello?, in Archeologia e territorio, [?] 1995. p. 457. Sempre degli stess i autori cfr. Ustica I. Excavations of 1990 and 1991, Luovain La Neuve, 1995 , pp. 5- 12.

,.~Da R. Ross., S. S. LUKESH, Usrica , cit., p. 458.

40 Da G. M ANNlNO, li villaggio , cil., p. 282

4

1 Da R. Ross, S. S. LUK ESH, Ustica , cit.. p. 458.

4

2 Da R. Ross, S. S. LUKESH, Ustica , c it. , pp. 459-460.

4

3 Da L. Q uruc,. Roma , cit., pp. 38-39

44 Da L. SANTORO, Fortificazioni della Campania antica , Sa lerno 1979 , p. 23.

45 Cfr. M. PALLffrrINO, Etruscologia. Milano 1968, pp. 146-149.

46 Da M. PALL01T IN0 , Centri e tradi zioni etrusco -italici: gli Umbro -Sabelli e la cultura «italica » , in Enciclopedia Universale

Le Prime Fortihcazionj In Italia

dell'Arte, V, I 958. c. 145.

41 Da B. D' AGOSTI o, Il mondo periferico della Magna Grecia, in Popoli e civiltà dell'Italia antica, Roma 1974, voi. Jl, p. 183.

,;< Da G. DEVOTO, Per la storia linguistica della regione, in La Ciociaria, Storia arte e costume, Roma 1972, p. 4.

4 9 Da P. MlNGAZZ T , Sidicini, in Enciclopedia Italiana, I 936, XXXI, p. 705.

l-0 Da B. D ' AGOSTL"lO, li mondo periferico , cit., p. 183.

1 ' Da M. TORELLI. Le città etrusche, a c ura di F. Boitani, M. Cataldi, M. P asq uinucci , Verona 1973. p. 11.

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