38 minute read

ITALIOTE

Next Article
TTAI.ICIIE

TTAI.ICIIE

pe sconfitte disponevano di un accampamento intatto a breve distanza... [per cui] questa osservazione può essere valida In questo modo, l'accampamento univa i vantaggi tattici di un bivacco alla comodità offerta dagli alloggiamenti, oltre al fatto di possedere un recinto custodito, che all'occorrenza ... poteva trasformarsi in una vera e propria fortificazione ... " 123 ) zione perimetrale greca, almeno fino allo scadere del V secolo, con curiose peculiarità. In particolare, ogni cerchia civica non appare subordinata a criteri rigidamente militari, come sarà per quelle romane, o religiosi esoterici come per quelle etrusche, ma piuttosto concretizza la massima espansione residenziale prevista. Il suo tracciato, pertanto, non scaturisce da una stretta aderenza alle esigenze del momento, che avrebbero finito per condizionare ogni possibile sviluppo futuro dell'abitato, ma mantiene nei suoi riguardi una sostanziale autonomia. Del resto già l'adozione dell'impianto urbanistico a scacchiera, di tipo ippodameo, costuisce una decurtazione della sicurezza complessiva a vantaggio del benessere cittadino. Si tratta di una opzione squisitamente filosofica, che lascia, comunque, intuire la reputazione di ampia sufficienza per le fortificazioni adottate. Stando ad Aristotele:

Ma al di là di queste potenzialità, più o meno tattiche, il caposaldo in questione ne forniva un altra di natura psicologica, la più destabilizzante per gli assediati: incentivare gli schiavi, presenti sempre in discreto numero nelle città greche, alla fuga od alla ribellione. I disgraziati, infatti, vedevano in quella fortificazione, a brevissima distanza dal luogo della loro pena, l'immediata libertà e nella sua guarnigione gli unici amici. Ovviamente quest'ultima si prodigava per avvalorare tali allettamenti ostentando calorose accoglienze ad ogni fuggiasco, dispensandogli inoltre generosi riconoscimenti. Le conseguenze, anche non prendendo in esame la paventatissima rivolta generale, si dimostravano gravissime. Dopo una permanenza più o meno lunga nella città, infatti, i miserabili evasi ne conoscevano perfettamente ogni dettaglio ed ogni punto debole, come pure l'esatta entità delle sue truppe nonchè lo stato d'animo dominante nella popolazione, tutte informazioni preziose per gli assedianti. Senza contare, infine, che persino il semplice venir meno della mano più docile e disponibile ai massimi rischi, creava, nella criticità della circostanza, insormontabili difficoltà. Fu questo, per quanto ci è dato conoscere, l'unico caso di funzione sovversiva sostenuto da una fortificazione, al di là di quella canonica eminentemente difensiva e della sporadica repressiva!

Advertisement

·' lppodamo di Eurifonte nativo di Mileto fu il primo che senza aver mai avuto pratica nei pubblici affari ardì formulare una teoria sul la migliore forma di governo. Egli immagina una città di diecimila cittadini, divisa in tre classi, l'una composta di artigiani l'altra di agricoltori, la terza di armati, difensori della patria: il territorio di essa dovrebbe essere, secondo lui , diviso in tre parti, una consacrata alla divinità, l'altra pubblica, la terza riservata alle proprietà individuali .''< 2 ,,

Ciò premesso, il grande pensatore non può evitare di affrontare l'aspetto difensivo, ribadendo che:

Implicanze filosofiche ed urbanistiche

Da quanto precisato emerge ben delineata l'evidenziata marginalità dell'apporto difensivo della fortifica-

" ... la disposizione delle case private è più gradevole e più funzionale sotto qualsiasi aspetto allorquando è regolare e conforme allo st ile moderno , quello dj lppodamo , ma , per assicurare protezione in tempo di guerra, si deve preferire lo stile contrario, impiegato nei tempi antichi, che rende dif'ficile alle truppe straniere di penetrare nella città, come pure agli assalitori di trovarvi un loro percorso. Pertanto è bene combinare le due maniere ed evitare di assoggettare l' intera c ittà ad un piano regolare , limitandolo soltanto a certi sellori ed a certi quartieri ... "<25>

Significativo che in epoca appena posteriore Filone di Bisanzio<26> , uno dei massimi trattatisti dell'architettura militare, assegni alla fortificazione dei principali ed ifi ci della città un ruolo difensivo complementare , ma affatto marginale contro le aggressioni nemiche. Suggerisce perciò che:

Occidente prima della seconda metà del VT secolo, e si è persino dubitato dell'esistenza di cerchie urbane prima di questa data. Una siffatta fortificazione è perfettamente ricordata dalle fonti per Gela nel VII secolo , ma sembra limitata all'acropoli , e non è stata ritrovata archeologicamente. Le datazioni proposte per Himera e per Casménai non hanno fino ad oggi molto fondamento archeologico.

" è necessario coronare di merli le case private pros picienti la cerchia [e quelle] siruate ai margini degli s pazi liberi , ed anche quelle lungo le strade principali, dovranno essere munite alla s tessa maniera ... " <21 >

La prescrizione, che non rigetta l'impianto ippodameo, lascia però intuire la definitiva conclusione dell ' inibizione ad espugnare con qualsiasi mezzo le città o, più verosimilmente l'irruzione sul teatro ellenico di 'barbari' interessati a farlo. In Grecia i prodromi della mutazione, consistenti nel non limitare la fortificazione alla sola acropoli , sembrano potersi ascrivere agli inizi del V secolo a.C., con il manifestarsi della minaccia persiana. NeJle colonie, invece, a costante contatto con i 'barbari' sin dalla fondazione, tale adeguamento, alla stessa epoca, risulta già avvenuto. Disgraziatamente, anche in questo caso, non è possibile risalire con ce rtezza oltre il VII secolo a.C. Tuttavia, per molti riscontri, è c redibil e che nelle più a nti che realizzazioni difensive, in particolare nelle colonie della Magna Grecia, non fosse affatto disdegnato un tracciato irregolare ade rente al ciglio delle alture, con le conseguent i tortuosità della trama viaria interna. Soltanto in un secondo momento, maturatosi un contesto ambientale meno precario subentrò l 'imp ianto urbano ortogonale e la murazione lineare, aggiornamento che, nella s tra grande maggioranza dei casi, ha cancellato le originarie fortificazioni. Pertanto: " ... conosciamo pochissimo la tecnica di fortificazione impiegata dai Greci in

La fortificazione in mattoni crudi rinvenuta sulla collina di Policoro potrebbe trattarsi dell'antica Siris è stata datata con notevole attendibilità intorno alla metà del VII secolo, e si è equiparata tale tecnica di costruzione con quella dell'antica Smirne e di Roselle.

Ben diversa è la cerchia in pietra da taglio di Leontini di cui la prima fase limitata all a collina della città (Colle S. Mauro) è stata datata alla prima metà del VII secolo e di cui la seconda fase, che circonda ugualmente la collina orientale (Metapiccola) sarà stata costrui.ta verso il 600... " <28 > . Curiosamente nonostante il concretizzarsi della minaccia persiana, in Grecia l'adozione di cerchie del tipo di quelle ormai canoniche intorno alle città italiote sollevò aspre diatribe, precipue della sua esasperata dialettica democratica. Per Platone rappresentavano una minaccia grav issima all'onore della gioventù che , rintanandosi dietro tali robuste muraglie si sarebbe effemminata, coprendosi di ridicolo. Senza contare che le stesse, e l'accusa considerando la già deprecabile igiene pubblica non appare assurda, avrebbero compromesso ulteriormente la salubrità dell'aria. Di pari avviso anche Senofonte, che però non misconoscendone la necessità, le considerò un rimedio odioso ma legittimo. Intorno alla seconda metà del IV seco lo un giudizio meno ideologico e più pragmatico inizia ad affermarsi , compl ice certamente il precipitare degli event i e la netta percezione dei rischi incombenti Ed è proprio Aristotele a farsene interprete ribadendo che:

" quanti affermano che le città aventi aspirazioni al valore non debbano es sere fortificat e s ostengono una opi-

I Taliote

nione ben strana, specie constatando che quelle che di ciò si vantano ricevono delle smentite dai fatti. Sicuramente contro un nemico di valore uguale e leggermente superiore per numero, non è bello far dipendere la propria salvezza dalla protezione delle muraglie; ma siccome è parimenti possibile c he, per superio rità numerica, gli aggressori abbiano ragione di difensori valorosi ma scarsi, se è necessario che la città garantisca la propria salvezza senza subire nè danni nè oltraggi, si è costretti a pensare che le fortificazioni capaci di fornire la maggiore protezione siano le migliori dal punto di vista militare, soprattutto ai nostri giorn i quando l'invenzione delle artiglierie e delle macchine d'assedio ha raggiunto tanta precisione

Ritenere gi usto non innalzare delle cerchie intorno alle città corrisponde in pratica ad evitare di ed ific a re muri intorno all e abitazioni private, per paura che i loro proprietari ne rimangano detenuti Vi è un dettaglio che non si deve perdere di vista: quelli che dispongono di cerchie urbiche hanno la possibilità d'utilizzare le loro città in due maniere, sia come città fortificate, sia come città non fortificate, facoltà che manca a quelli che ne sono privi Se c iò è gi usto vuol dire che non so lo bisogna innalzare delle fortificazioni perimetrali urbane, ma anche preoccuparsi di renderle capaci di abbellire le citta stesse .. . " <29 • implicitamente evidenziato, non deriva da una autonoma esigenza, costituendo in defintiva la risposta neutralizzativa della simmetrica evoluzione della poliorcetica. Indispensabile, pertanto, per vagliare la prima, approfondire la seco nda.

Si può pertanto concludere che, tanto sotto il profilo etico che sotto quello estetico, entrambi fortemente sentiti dai Greci , oltrecchè ovviamente militare, la fortificazione urbana più evoluta a partire dal JV secolo guadagnò anche in patria il pieno riconoscimento e la generalizzata adozione, avviando un ulteriore processo evolutivo di cui si avvantaggeranno in breve pure le colonie italiote.

Nel 546 a.C. il sovrano lidio Creso fu detronizzato , mentre la sua capitale cadeva sotto l'assalto dei Persiani, comandati da Ciro, erede della potenza assira e creatore di un vastissimo regno in minaccio sa espansione. La scomparsa della Lidia, prezioso stato cuscinetto, pose da quel momento , improvvisamente, e per la prima volta nella loro storia, i Greci di fronte ad un nemico bellicoso ed aggressivo, ben determinato al loro assoggettamento. Comprensibile, perciò che nei: " ... duecento anni che seguirono, il pericolo persiano fu il fattore dominante della politica greca... [Come se non bastasse] mentre si veniva svolgendo in oriente il dramma della guerra persiana, i greci di Sicilia si trovarono di fronte una potenza orientale da gran tempo dedita al traffico e al commercio e volta ora a una politica d 'es pansione. I fenici di Cartagine avanzavano a grandi passi nel Mediterraneo occidentale. Dalla loro sede su lla costa di Spagna dominavano la Sardegna, ed erano contemporaneamente alleati dei pirati d'Etruria e strettamente legati alla corte persiana. Non fu dunque un semplice caso che un attacco cartaginese ai greci di Sicilia coincidesse con un ' invasione persia na in Grecia (480 a. C.). L'anno glorioso in oriente per le battaglie delle Termopili e di Salamina vide anche in Sicilia la sconfitta dei cartaginesi sul campo di !mera ... Tuttavia, benchè dopo la vittoria .. la Grecia non doves se più subire alcuna occupazione persiana , e la Sicilia non fosse più incontrastato possesso dei Cartaginesi, non s'ebbe mai più una vera pace ... finchè la Persia non fu conquistata da Alessandro Magno [330 a. C.]" <30>

Evoluzione dellafort(ficazione greca

L'ev oluzione dell'architettura militare, come fin quì

Un secolo e mezzo separa i due grandiosi avvenimenti, e proprio in tale movimentatissimo intervallo si registrano i maggiori perfezionamenti della fortificazione greco-italiota conseguenza, senza dubbio , degli innumerevoli investimenti ossidionali che costellarono le guerre avviate dai Persiani. Ma in cosa consisteva all'epoca l'investimento ossidionale?

In linea di massima , almeno inizialmente, definiva l'azione di forza mirante a scavalcare, brecciare o comunque violare le mura di una città con una pressione continua, poderosa e prolungata. In realtà, però, per il prevalere della resistenza passiva delle fortificazioni si trasformò, rapidamente, in una procedura complessa di blocco, teso ad isolare rigidamente gli assediati, provocandone così la resa per fame. In altre parole si trattava proprio dell 'a pplicazione sistematica di quel criterio che ripugnava ai Greci nella belligeranza fratricida, ma perfettamente legittimo contro i barbari , od i loro alleati. Allo scopo fu elaborato un particolare tipo di fortificazione, che sarebbe più esatto definire 'controfortificazione', o 'controvallazione', ovvero un'opera campale continua intorno alla citta assediata. Per molti aspetti può ravvisarsi nella controvallazione la otti mi zzazione del già ricordato caposaldo d'assedio, amplificandosene le funzioni destabilizzatrici , quelle di difesa degli assedianti dai contrattacchi degli assediati e quelle di cesura delle comunicazioni.

In pratica tale fortificazione quasi mai ebbe una perimetro chiuso poichè, ritrovandosi molte città impiantate all'estremità di sottili istmi, bastava condurla da una sponda all'altra per conseguire il loro isolamento. Quando, invece , si imponeva anulare correva circoncentrica alle mura urbiche, dalle quali si discostava poco più della gittata delle armi da lancio , individuali o collettive. Negli investimenti maggiori la controvallazione veniva dotata di un fossato volto verso la città, e di un doppio coronamento merlato sulla sommità, precauzione quest'ultima destinata non solo a proteggere gli assedianti dalle immancabili sortite degli assediati, ma anche dai più rari contrattacchi di possibili alleati esterni. In qualche caso lungo il suo perimetro si eressero persino numerose torri, che finivano col rendere la controfortificazione una sorta di sec onda cerchia, con l'unica ma significativa differenza che l'agge tto d elle torri sporgeva verso interno(3 1 • Trattandosi, come precisato di opere eminentemente campali, e quindi rapidamente deperibili, non disponiamo di precisi riscontri archeologici ma solo di numerose menzioni degli autori classici. E sem pre dagli stess i apprendiamo di contravallazioni conquistate dagli assediati o vanificate da ingegno s i stratagemmi. Nessuna meraviglia , pertanto , che la conclusione di un in vestimento per fame richiedesse , in media , alcuni anni di blocco , impegno destinato a protrarsi ulteriormente quando l'aggressore di una città marittima era una potenza esclusivamente terrestre, incapace, pertanto di recidere i s uoi rifornimenti navli Un s ignificativo esempio del genere, s tando a Tucide<32 > , lo realizzarono gli Ateniesi nel 414 contro Siracusa. In dettaglio:

" ... gli Ateniesi co minciarono un muro a s ud, dal forte circolare fino allo sprone s ulla palude , il quale da questa parte dell'Epipole dà s ul Porto Grande, e s uperando il quale era più breve , dopo la discesa, attravers o il piano e la palude , la c inta fino al porto. T Siracus ani allora, uscendo. ri costruirono anch'essi un a palizzata cominciando dalla città per il mezzo della palude, scava ndoc i anche a fianco una fossa, perchè agli Ateniesi non riuscisse lo sba rramento fino al mare. Gli Ateniesi te rminato il muro fino allo sprone, attaccarono, come prima, la palizzata e la fossa dei Siracusani " <33 > ,

Ben evidente nel brano citato il criterio seguito dagli Ateniesi e le contromosse siracusane per impedirlo. Ma ciò che più stupisce, ed al contempo illumina, è la progres s iva inversione di ruoli che si produsse in quell'investimento mediante un'altra opera di controvallazione, eretta però dai Sircusani dopo un vittorioso contrattacco dei loro alleati, compiuto immediatamente prima dell ' ultimazione del blocco. Sconsolatamente lo stretega ateniese nel suo rapporto in patria così la rievocava:

CAZ IONI ITALIOTE

" ... Ora dunque, mentre noi, smesso il lavoro di accerchiamento per la superiorità numerica del nemico, restiamo inattivi ( nè infatti potremmo impegnare tutto l'esercito assorbendo il presidio della cinta ma soltanto parte degli opliti), i Siracusani ci hanno tagliata la strada con un muro semplice, sì da toglierci ogni possibilità di bloccarli, se non c'impadroniamo di questo contrafforte, assalendolo con forti truppe. La conclusione è che, mentre cred iamo di assediare gli altri, gli assediati, almeno per parte di terra, siamo piuttosto noi ... " '34 )

Alternativo all'investimento, per molti autori, era la procedura dell 'ass alto, rapida, improvvisa e violentissima. Ma richiedendo un gran numero di circostanze favorevoli concomitanti, dalla scarsa tenuta delle fortificazioni alla deficitaria vigilanza sugli spalti, restò sempre una even ienza occasionale, sporadica e non preventivabile. Forse proprio per tale estemporaneità in essa iniziarono a giocare un ruolo determinante le artiglierie neurobalistiche, provocando un conseguenziale adeguamento delle fortificazioni sia per neutralizzarne le offese sia, soprattutto, per favorirne l 'ista llaz ion e. ln generale, per: " ... valutare l'importanza relativa di queste armi da lancio, bisogna tener conto della loro precisione e della loro portata, ma anche d ella loro abbondanza. Ciò perchè, piuttosto che dei giavellotti, dei quali i magazzini dovevano rapidamente svuotarsi e la cui gittata, al pari della precisione, era relativamente ridotta si faceva senza dubbio un vasto impiego di archi <35 l e di fionde 0 <>> , l a cui gittata massima attingeva i 175 ed i 200 m (ma quella efficace era considerevolmente inferiore). Pertanto ci si guarderà dal ritenere nel lancio di pietre, frequentemente menzionato dai poeti tragici, una semp lice notazione artistica destinata a colorire di reminiscenze arcaiche gli scontri dei loro eroi. Questi proiettili, di cui è tanto ricco il s uolo greco, potevano, soprattutto quando erano scag liati da una posizione dominante, produrre delle ferite mortali ... " <31> .

Quanto alla macchine d ' assedio , in origine eminentemente da urto ed incendiarie, è abbastanza certo che comparvero, o meglio si perfezionarono ulteriormente , durante la guerra del Peloponneso. Si sa pure , sempre dalle fonti, che nel corso dell 'asse dio di Platea nel 429, i difensori, per neutralizzare gli arieti ateniesi, escogitarono un 'efficace contromisura consistente in una pesante trave, sospesa alle due estremità con grandi catene di ferro ad una coppia di mensole infisse nelle mura. Al momento dell'urto, mollate le catene, piombava sul 'collo ' dell'ariete schiantandolo. Sebbene alquanto rudimentale il congegno dimostra la petfetta conoscenza e della macchina e della relativa modalità d'impiego , conferma implicita della sua ben più remota 01igine. Discorso diverso, invece, per un'altra macchina concettualmente riconducibile all'aggregazione di una grossa forgia con un gigantesco cannello ferruminatoio. La si costruiva svuotando longitudinalmente un lungo tronco, ricavandone così una sorta di tubo. Rivestitolo in gran parte con lamine di ferro, vi si sospendeva ad una estremità un braciere. Un becco angolato, sempre di fe rro , fuoriuscente dal tubo penetrava nel braciere in cui ardeva una consistente massa di carbone, zolfo e pece. Avvicinato l'ordigno, tramite un carrello, alla sezione delle mura dove risultavano più abbondanti le strutture lignee, mediante un grosso mantice si insulfava aria compressa nel braciere. Quasi istantaneame nte dallo stesso si sprigionava un violentissimo dardo fiammeggiante capace di appiccare in pochi attimi il fuoco agli elementi presi di mira, mentre la densa coltre di fumo tossico, prodotto dalla combustione dello zolfo e della pece, costrin geva i difensori ad allontanarsene, con immaginabili conseguenze. Sempre in questo scorcio storico vanno collocate le rampe d'assalto, necessarie per accostare le menzionate macchine alle mura, e l e gallerie da mina mediante il c ui c rollo , provocato incendiando i puntelli che ne sorreggevano il soffitto al di sotto della fortificazione, si determinavano improvvi se ed ìrreparibili brecce.

La fortificazione italiota

Nell'Italia meridionale ed insulare, tra l'VIIJ ed il V sec. a.C., le colonie greche si moltiplicarono punteggiando dapprima te rive del mare e poi , gradatamente, spingendosi nelle pianure interne in prossimità dei fiumi , contesti geografici all'epoca entrambi scarsamente o affatto popolati. Il che lascerebbe presumere una insignificante ostilità da parte indigena nei confronti dei nuovi venuti, se non addirittura una completa indifferenza. Ed è estremamente probabile che in diverse località tale fu effettivamente la situazione, almeno inizialmente, magari agevolata persino da scambi commerciali. Ma anche in quelle condizioni ideali ben presto i rapporti fre le due comunità si deteriorarono ed alla tolleranza subentrò la conflittualità. Forse dipese dalla crescente pressione espansiva dei coloni, forse dalla loro ostentata superiorità materiale, forse dal s istematico accaparramento dei migliori terreni: di cer1o s i innescò una contrapposizione violenta ed irriducibile che finì per esasperare anche i già critici rapporti fra te s tesse colonie. Quanto sc hematizzato trova precisa conferma nella prudenza e circospezione con cui si insediarono le più antiche colonie cercando di trarre partito dalle impervietà naturali.

Pertanto: " ... le piccole iso le litoranee del golfo di Napoli , come già dal II millennio l'arcipelago delle Eolie, permisero uno stanziamento s icuro ed una fase di esplorazione, prima che i Greci occupassero stabilmente la ten-aferma. Anche se gli abitanti indigeni erano da tempo abituati a contatti, pur se sa ltuari, con l'es terno, era chiara, ed evidentemente incuteva prudenza , la netta disproporzione numerica: ma , come se mpre avviene, alla logica dei numeri s i sovrapposero la violenza tecnologica, quella politica, ed il fascino, sottile ed avvelenatore, di una cultura «superiore».

A queste favorevoli risorse primarie si aggiungevano quelle sfruttabili dalla tecnologia dell'epoca: cave di. rame, già da tempo note ; vicinanza a quelle etrusche di ferro; probabile sfruttamento di vene d'argento; abbondanza di alberi d 'alto fusto.

Era, dunque , l' Italia meridionale un paradiso per i coloni greci dell'VIII secolo? Sapp iamo di battaglie contro le popolazioni preesistenti, di peregrinazioni alla ricerca di s tanziamenti favorevoli: non tutto deve essere stato facile per gli emigranti ... " (381 •

Inizia da questo s nodo cronologico a fornire, finalmente, un impresc indibil e apporto la documentazione scritta, pur con le intuibili approssimazioni ed inesattezze , in netta antitesi all'esasperante silenzio degli Italici. Ed iniziano pure a dimostrarsi di eccezionale valenza conoscitiva le pem1anenze archeo logiciche delle colonie, in particolare delle loro grandiose fortificazioni perimetrali. Perfettamente leggib ili ed interpretabili nei criteri informatori e nelle soluzioni tec nico-militari adottate, consentono, alla luce delle fonti , di accertare il contesto storico vigente. E la prima basilare .osse rvazione è relativa al probabile perchè del loro massiccio potenziarsi immediatamente dopo l' iniziale relativa semplicità.

La spiegazione più logica in ogni circostanza analoga, per tutte l'improv viso evolversi delle fortificazioni di confine romane del III secolo d.C. , consiste nel supporre un co ntestuale repentino perfe zio narsi delle procedure oss idionali nemic he. 11 che nel nostro caso s ignificherebbe un bmsco incremento delle capacità poliorcetiche indig ene: ma nemmeno il più insignificante riscontro avvalora tale ipotesi , come, del resto, non se ne scorgerà traccia neppure a carico dei barbari del III s ecolo. É probabile, pertanto, che la causa sia diametralmente opposta. Infatti, per restare al!' esempio, poichè: " .. . le testimonianze a noi giunte

86 E lea , detta g lio di una torre quadrata dimostrano che il progresso della tecnologia barbarica di ass edio ebbe un ruolo s olo marginale nel periodo fra il I ed il VI secolo ... que ste spiega zioni 'tattiche ' dei rivoluzionari cambiamenti avvenuti nell ' architettma militare romana sono poco plau s ibili , [al contrario] e sis te invece una chiara interpreta z ione s trategica, che può es sere applicata ... Le basi romane furono trasformate in roccheforti non tanto perchè i barbari ave s sero ormai imparato a demolire dell e semplici mura (cos a che devono essere stati sempre capaci di fare), ma proprio per il fatto che non avevano s viluppato delle notevoli capacità di ass edio ... " 139> !

Probabile, pertanto, che anche le fortificazioni delle colonie grech e si potenziarono perchè gli a ss alti degli indigeni avevano ampiamente mo s trato la loro incapacità ad averne ragione , giu s tificando così gli oneri di strutture più elaborate, massicce e , soprattutto , durature. E' fuor di dubbio , infatti , come più volte accennato, lo s tato di belligeranza tra Italici ed Ttalio ti, di g ran lun ga più es as perato ed irriducibile, ovviamente, di quello fra colonie , nonchè la rilevante sproporz ione numerica fra le due etnie. Ciò pre me s so , ass odata la press ante es igenza difens iva e la contiguità con il mare , le cerchje delle Magna Grecia sembrano ri s pondere preliminarmente a due precis e condizioni. Innanzitutto alla compatibilità con 1' impianto in pianura , ovvero al s uperamento dello sfruttamento degli apporti tattici delle alture. Secondariamente a11a praticabilità di veloci edificazioni, conseguenza di una razionale suddivi s ione del lavoro, s ia per l ' approvvi ggionamento dei materiali , sia per la pos a in opera, sia, infine, per il criterio di ottimizzazione progress i v a.

Tra le più as s illanti incombenze da s oddisfare allorquando si doveva innalzare una fortificazione perimetrale, quella del reperimento dei materiali era senza dubbio la più stringente e co ndizionante. Per i mattoni, co me già precisato , la soluzione abitualmente adottata consisteva nell'impastare la terra di risulta dello scavo dei fossati: significativame nte in molte opere s i potrebbe ancora facilmente verificare che le cubature di sbanco co inc idono con quelle murarie Per la pietra, però, la questione s i dimostrò immediatamente di incomparabile difficoltà, tanto più che raramente ubicazione costiera e fonnazioni rocciose coincidevano. Mentre, infatti, le murazi oni poligonali italiche coeve, erette sui rilievi calcarei appenninci, si avvalsero della comoda stratificazione degli stessi per estrarne, senza alcun limite e senza insormontabili difficoltà, i grezzi blocchi necessari, le fotificazioni itali ote furono lontanissi me dal giovarsi di una equivalente opportunità. Per giunta la precarietà di un insediamento costiero, minacciato al contempo da terra e da mare , e la rilevanza dei perimetri da recingere costrinsero i coloni ad escogitare modalità di estrazione, trasporto ed assemblaggio idonee ad assorbire tutte le forze disponibili , indipendentemente dalle capacità individuali: torme di manovali coordinate da pochissimi tecnici. Occorreva, pertanto, disporre di notevoli quantità di pietre in tempi brevissimi e di facile posa in opera. Senza contare che in mancanza di un saldo cementante la coesione della struttura finita era pur sempre funzione della dimensione delle stesse: pezzature modeste avrebbero prodotto stabilità precarie, sinonimo di muraglie inutili. La mentalità razionale dei Greci , aveva già da tempo individuato l'ottimale so luzione del problema, concettualmente simile a quella dei mattoni, e ad essa s . i rifecero, ovviamente i coloni, elaborandola ulteriormente. In pratica consisteva nel dimensionamento standardizzato dei grandi blocchi di pietra da impiegare nella fortificazione, in particolare del loro spessore e della loro altezza. Si realizzavano in tal modo degli el ementi accuratamente parallelepipedi, quasi dei giganteschi mattoni lapidei, semplici da disporre in corsi regolari a secco con a11ettamenti orizzontali: la loro ingente massa forniva la ricercata saldezza strutturale.

La tecnica muraria, definita 'isodomica'( 4m, per l'identità geometrica dei conci, permetteva non so lo la loro prefabbricazione seriale ma soprattutto la messa in opera continua degli stessi, limitata in definiti va alla sovrapposizione ed all'accostame nto lineare con i precenti, operazioni semplici e rapide, al di là dello sforzo fisico richiesto, peraltro agevolemente superato con ingegnosi paranchi. L'avanzamento dei lavori veniva così a dipendere, tanto in cava, quanto in cant iere dalla manovalanza disponibile. Nessuna eccezionale competenza per squadrare blocchi sempre uguali, nessun peso s up erfluo da trasportare, nessuna anomalia di sagoma, nessuna incertezza di collocazione.

88 Elea, panoramica

La vistosa contrazione dei tempi di edificazione grazie ali' increm e nto parossis ti co del numero degli operai , dal punto di vista meramente eco nomico l ascia supporre una cospicua pros perità delle colonie già dall'i s tante s tesso dj fondazione, o di quello appena success iv o, dell'ampliamento. Pur ammettendo un ampio ricorso alla mano d ' opera servil e, o coatta, era comunque indi spensabile provvedere al nutrimento di tante bocche in un contesto di assoluta improduttività agricola, senza contare che una rilevante aliquota di co loni doveva vegliare in armi per l'intera durata dei lavori (4 11. Ad ogni buon conto , l'espedien te d e ll a standar- dizzaz ion e d ei blocchi s i dovette dimo s trare estremamente conveniente poichè fu in seguito coop tato sia dagli Etru sc hi c he dai Romani , e ntrambi già padroni del poligonale più evoluto<42l

In linea di mass ima i blocchi utiliz za ti s i atte s tano s u dimen s ioni oscillanti , mediamente, intorno a m l.50x0.6x0.4 , non di rado co n valori multipli fra loro. N e i casi di estrema difficoltà di reperimento limitrofo di idonee forma z ioni lapidee sufficientemente compatte s i toll erava no pezza ture m inori. Quando , invece, tornava possibile un a scelta fra diverse dure zze di roccia sem bra ricorre nte nelle fortificazio ni più arcaiche la prefere nza per quelle più tenere , quali tufi o trachiti .

Per la ri levanza delle cerchie, in ge nere ampiamente eccedenti l'effettiva esigenza residenziale del momento, è immaginabile la straordinaria complessità dei re lati v i cantieri con una puntigliosa predeterminaz ione non s olo delle dimensioni dei: " componenti, altez z a delle assise, lun ghezza dei blocchi , spessore delle co rtin e e dei muri delle torri , ma anche [del] l a sce lta dei valori ripetitivi per i fianchi significativi quali il diametro p e r le torri rotonde o del lato per quelle quadrate "( 431 • Il che , ovviamente, implicava innan z itutto lavori di estrazione in cava altrettanto grandiosi e complessi, dei quali una pallidiss ima testimonianza indiretta può ravvi sarsi negli sv ariati marchi incisi s u c ia sc un blocco. Loro tramite , in fatt i , s i verificavano gli esatti quantitativi prodotti da]]e s ingo l e squadre di scalpellini, come pure il preciso impiego nelle diverse tratte della muraz ione , evitando ogni co nfu sione (44 >

P oichè la larg hez za dei co nci, per intuibili difficoltà connesse so prattutto con il tra sporto a piè d 'o pera, non potè mai eccedere il metro , risultò su bito evidente che la cortina otte nuta dalla loro sovrapposizione, sostanzialmente sirnile ad un muro di pari s pess ore con un intradosso ed un estradosso , all ' incrementarsi dell'altezza, se bbene staticamen te stabile , non avrebbe in alcun caso fornito resistenze trasversali considerevoli.

Ingenuo perciò supporre che fortificazioni siffatte avrebbero vanificato gli urti degli arieti, anche ammettendo una loro immunità ai terremoti. In breve , pertanto, si raddoppiarono, l asciando tra le due, ad andamento rigidamente parallelo , un ampio intercapedine, oscillante fra i 3 e gli oltre l O m delle cerchie più poderose. Per incrementare la solidità comples~iva si raccordarono le due muraglie con altre trasversali di identica fattura, ri cavandone delle ce llu le quadrilatere, che s i costiparono di scheggioni di pietra, re si dui della sgrezzatura dei conci, e terreno di riporto ricavato dallo scavo delle fondazioni e dei fossati.

É probabile ancora che per fornire una prima protezione le due cortine non si innalzassero contemporanemente, rinviandosi la seconda a dopo l ' ultimazione della prima.

Al tennine dei lavori la struttura risultante garantiva, al contempo, una straordinaria sa ld ezza ed una incredibile elasticità. I conci, infatti, per l'allettamento orizzontale conservavano una discreta possibilità di scorrere fra loro , scaricando su l retrostante riempimento le sollecitazioni eccessive impresse dalle macch ine ossidionali. Pur confermandosi la deformazione irreversibile, la praticabilità di brecce per impatti consecutivi ne risultava drasticamente neutralizzata, poichè, da un ce1to momento in poi, le te s te degli arieti sarebbero penetrate nell'incoerente riempimento senza alcuna cons eguenza, come un moderno proiettile in un sacchetto di sabb ia. La ragguardevole larghezza della muraglia in tal modo realizzata, d ' altro canto, consentiva altezze cospicue che, non solo frustravano quals iasi tentativo di sc alata , ma permettevano alla difesa piombante esiti letali inediti.

Con il tempo si escogitarono molteplici accorgimenti per incrementare ulteriormente la resistenza di s iffatte cerchie, quali l'ammo r samento sull'i ntrado sso, ad intervalli regolari , di speroni e contrafforti nonchè l'adozione di più elaborate modalità di allettamento dei blocchi. L'opera isodomica, pertanto, si diversificò secondo che i conci fossero disposti di lato , od alternativamente di la to e di testa, od ancora nelle più disparate combinazioni, ferma restando l'altezza dei corsi , dettaglio che valse a conferire ad ogni fortificazione italiota la s ua più precipua ed inconfondibile connotazione.

E sempre con la medesima tecnica sì eressero anche le torri che in numero variabilissimo, ma in genere abbastanza esiguo, sca ndivano ciascuna cerchia. Le si preferì, prevalentemente , di pianta quadrilatera, più facilmente compatibile con conci parallelepipedi, seb- bene non ne manchino di cilindriche. Le rispettive djmensioni , al contrario degli interassi eccessivamente estesi, specie neJle fortificazioni più antiche, appaiono alquanto modeste, inadeguatezza che , al pari della precedente, va ascritta non certo alla sottovalutazione del fiancheggiamento quanto agli insostenibili costi derivanti dall'elaborata concezione delle stesse. Non dissimili da un autonomo caposaldo, di cui peraltro ostentavano tutte le caratteristiche strutturali e funzionali, poste a cavallo delle cortine ne dominavano il camminamento di ronda sovrastandolo in altezza. In molti casi la loro compartimentazione era spinta al punto di eliminarne ogni accesso indiretto, munendo l'unico ingresso , alle spalle, di un robusto dispositivo di chiusura, a volte persino doppio come quello delle porte urbiche. Sono ancora facilmente osservabili, infatti, nei ruderi di alcune torri le guide di scorrimento delle saracische che in caso di emergenza, con una rapidissima manovra , le isolavano completamente.

Tanto la sommità delle torri, come delle cortine venivano munite di merlature regolari , con un retro s ta nte ampio terrazzo le prime ed un hu-go camminamento di ronda le s econde. Su entrambi si schieravano i difensori, per lo più arcieri s ulle piazze delle toni e soldati , e cittadini , lungo il circuito. A partire dal III secolo a.C. vi saranno postate anche le artiglierie neurobalistiche. efficacissime per il fiancheggiamento. Quasi certamente proprio ali' evvento delle stesse si deve attribuire la copertura spiovente verso l ' esterno che in numerosis s ime fortificazioni fu collocata sulle torri e sull ' intero comminamento di ronda. Lo scopo di tali tettoie non contemplava, ovviamente, la protezione dei difensori dalle intemperie ma dai colpi a traiettoria molto arcuata delle macchine da lancio assedianti <451, tiri destinati ad eliminarli prima di un a s salto. É anche probabile che le stesse tettoie riparassero le artiglierie difensive dalla pioggia che, alterando la tensione delle matasse elastiche , le rendeva rapidamente inutili zzabili.

Sempre al crescente ruolo delle macchine ossidional i va ricondotto l'ampliamento delle strutture antemurali , in particolare dei fossati. Co nsiderando che quasi certamente i prodromi della loro successiva ge nerali zzata diffusione si ebbero nelle città della Sicilia ed in quelle più meridion al i della Magna Grecia è s ignificati vo che propri o in esse 1'adozione dei fossa ti risulti s iste matica e la loro di mensione notevole : così a M égara H y blea così a Taranto<46)

Sebbene di ri sco ntro più sporadico è possibile a ncora cogliere nella fortificazione italiota concezioni interdittive molto più avanzate e so fi sticate, miranti non so lo ad impedire l'accostamento del nemico alle mura ma addirittura il suo avvicinamento alla città. É tale il caso dei caposaldi di s taccati, opere autonome di ragguardevole grandezza, poste a corona sulle alture limitrofe. Si tratta di una so lu zione difensiva talmente avveniristica c he di verrà in Europa prass i corrente soltanto ver s o la fine del XVII secolo<47 > _

Un s ig nificativo esem p io del gene re si attuò ad Elea, nei press i d e ll 'att ual e Ascea, in provincia di Salerno, patria del celebre filosofo. In base a ll e recenti campagne di scavo è accertato c h e il suo: " sistema difensivo s ia stato molto articolato e si sia es teso su un 'area molto ampia. Infatti , lo stesso Napoli, che condusse g li scav i, individuò già anni addietro, sui co lli c he circo ndano la città verso l'inte rno montuoso della regione, fortili z i (dominanti le vie di pe ne trazione) c he so rgevano oltre le opere fortificat e urbane; uno di ta li impianti è stato locali zzato su l co ll e di Mojo della Civitell a .. . "<48 > Non si trattava di un es pediente sporadico nè di un sol itario caposaldo distaccato poi c hè altri: " centri fortificati ... sui co nfini d e l territorio di Elea, sono s tati individuati a Perdifumo, Torric e lli , Castelluccio presso Pisc iotta. «Si tratta di co llin e situate in posizioni strateg iche, press o corsi d 'acqu a o valichi na tu rali di accesso al territorio eleate; si so no in genere rinv en ute tracce di cinte murarie con grossi blo cc hi sq ua drati di arenaria , se nza costruzioni all'interno e situa te in posizioni diffi- ciii per lo svi luppo di una comu nità stab il e, seg no evidente c he il loro uso doveva essere limitato a momenti di attrito, per ospitare guarnigio ni militari. Fa eccezione solo Moio, do ve si è a nche compiuto un o scavo rego lare; qui, alla prima fase, legata alla sola funz ione militare, seg ue un'occupazione s tab ile con case in muratura che sfruttano i terrazzamenti e le fort ificazioni interne . In base ag li elementi cro no logici finora reperiti... s i può ritener e c h e le fortificazioni furono ere tte tra la fine del V sec e gli inizi del IV, quando minacciosa s i faceva la pression e dei Luc ani, c h e que lli di Elea riuscirono a re s pingere; la cura e lo scrupolo con cu i il terri torio era difeso con quest i veri e propri castelli di confi ne mo strano ch e, oltre alla necessità di tenere il peri co lo lontano da lla ci ttà , che pure era saldamente fortificata, s i se ntiva il bisogno di difendere il territorio in quanto tale " <49 > _

Un'ultima annotazione riguardo ad Elea deve riferirsi nec essaria mente alla sua celebre Porta Rosa, c h e conferma, se non a ltro , la notevole evoluzio ne raggiunta dalle fortificazioni italiote già nel IV secolo, a l punt o da utilizzare con incredib il e maestria persino l 'arco a tutto sesto, con conc i perfettamente cuneiformi, e sovras tante arco di scarico!50> .

Fiancheggiamento e difesa attiva

Dove però l ' architettura difensiva italiot a seg na dec isamente un vis to so sal to di q ualità ris petto alla coeva italica è nella raz io na le s ubordina zion e d el tracciato delle mura alla difesa di fiancheggiamento. Anche in que sto caso si trattò di una scelta obbhgata poichè l' impianto di pianura riduceva co ns idere vo lmente l 'efficacia del tiro piombante, es ponendo per g iunta l'intero perimetro a d una id ent ica p oten zia le press ione o ssi dionale.

In pratica per co nseguire un efficace fiancheggiame nto le soluzioni escog it ate furono molteplici e non limitate alla semplice interposizione delle torri. Fra le più frequenti l'adozione di perimetri spezzati, meglio definiti a 'cremagliera' o a 'de nti di sega', entrambi caratterizzati da un succedersi ininterrotto di segmenti, ciascuno inferiore alla gittata di un arco, sporgenti sui successivi tramite una risega di pochi metri dotata di feritoie per il tiro radente il loro estradosso . Da un punto di vista funzionale il fiancheggiamento effettuato da un tracciato a 'cremagliera' o a ' denti di sega' risulta persino più efficace di quello di una cerchia turrita, poichè non è inficiato da nessun, sia pur minimo , settore defilato che, invece, in misura variabile è insopprimibile dinanzi alle torri. Non si trattava , in verità, di novità assolute, in quanto siffatte soluzioni difensive ostentavano già all'epoca secoli di anzianità fruitiva.

Cronologicamente:" è in effetti dall'epoca di Filippo di Macedonia che sembra rimontare la comparsa di due tipi di tracciato in grado di consentire artificialmente .. . il fiancheggiamento reciproco delle cortine.

11 primo , quello che s i defini sce a ' denti di sega', fu, stando a Filone di Bi sanzio, inventato da Polyeidos. Teoricame nte , tale espressione non designa se non uno zig-zag i cui denti hanno la forma di triangoli isosceli. Ma, ritrovandosi che questa soluzione era particolarmente raccomandata allorquando il terreno da recingere si caratterizzava per l'irregolarità dei suoi contorni, è poco probabile che nella realtà si siano consegui te pienamente le simmetrie del modello geometrico: tuttavia c iò è osservabile, con o senza l'adozione delle torri e malgrado i molteplici adattamenti ai dettagli del contorno naturale, nella sezione nord della cerchia siracusana, presso la porta dell'Epipole, databile al terzo quarto del IV secolo. .. Benchè abbiano in comune diversi elementi di somig li anza, dal tracciato «a denti di sega» si distinguerà nettamente l ' altro, secondo cui, stando a Filone di Bisanzio, «s i costruirono le co11 in e oblique », e che, per precisione definiamo «a cremagliera», a causa della forte dissimetria dei denti dello zig-zag ... A differenza delle «false» cremagliere , prodotte tramite un ampliamento de lla murag lia, e delle cremagliere «naturali » ri s ult a nti da una pura e semplice aderenza alla direttrice del rilievo che paiono entrambe dimostra zioni di una precisa cronologia le «vere» cremagliere se mbrano non essere state impiegate, in forme diverse , se non in epoche relativamente ben determinate: a partire dal regno di Filippo II, quando queste non fanno , come a Filippi o ad Eraclea di Latmos, che sostituirsi, in maniera discontinua ed occasionale, alle torri di fiancheggiamento, s ulle quali , peraltro, la capacità difensiva della cerchia, non cessa, fondamentalmente, di fare affidamento. Più esattamente tra il 340 ed il 260, quando queste vengono a formare serie autonome ed omogene, specialmente sui settori scoscesi... come lun go il fronte meridionale di Preine ... A partire dall 'u ltimo quarto del IV secolo per l'adozione di torri al centro od all'estremità delle cortine , come ad Apollonia di Cirenaica s i realizza un tipo di cremagliere, ancora più ela borato delle precedenti, che si so no potute definire «bastioni ».

É questa cronologia del tracciato «a cremagliera», come la sua distribuzione geografica abbastanza rare nel Peloponneso... più frequenti nella Grecia del nord , molto diffuse nelle città dell ' Asia Minore che consentono secondo R. Ma11in: «d'attribuirne l'invenzione, o almeno il perfezionamento , ai principi della Macedonia ed ai loro successori».

Entramb i i tracciati, comunque, offrono il grande vantaggio d'assicurare con poca spesa il fiancheggiamento reciproco delle cortine (a condizione che fossero di estensione limitata); ma presentano anche l 'inconveniente, via via più grave con il perfezionarsi del1' artiglieria [neurobalistica], di non prestarsi al l 'istallazione delle batterie pesanti: è questa probabilmente la ragione per la quale, ad esempio, il tipo «puro» di tracciato a cremagliera, prima di scomparire verso la metà del III secolo, diede origine, dall'ultimo vente nnio del IV, al tipo «bastionato» più idoneo del precedente alle nuove esigenze della difesa.

É altresì probabile che, proprio da quest'epoca, si comincino a sperimentare, volta per volta, gli altri disegni (a «semicerchi», a «mean dri», a «tracc iato doppio» descritti da Filone di Bisanzio alla fine del III secolo ... " ' 51 '

Va osservato che fra i motivi che non favorirono il diffondersi del tracciato spezzato, oltre alla inidoneità all'istallazione delle artiglierie , ne sussistevano di ulteriori forse anche più gravi. Tra questi, in particolare, quello della unidirezionalità del tiro di fiancheggiamento. Ogni segmento, infatti, poteva essere battuto lateralmente da una singola direzione, deficienza che non solo impediva il tiro incrociato, ma rendeva troppo precaria la difesa stessa, bastando tacitare quell'unica postazione per annientare la difesa di un 'intera tratta di cortina. Ed ancora il non poter disporre di piattaforme sovrastanti il circuito murario , analoghe cioè alle piazze delle torri, impediva il dominio dello stesso, fondamentale per respingere gli scavalcamenti nemici.

Quanto all' elaborazioni alternative di fiancheggiamento proposte da Filone di Bisanzio , di una almeno, di tali sofisticate ipotesi progettuali, quella della cortina a 'semicerchi' o più propriamente a ' mesopirgi ', avremo occasione, nel prossimo capitolo, di esaminarne un rarissimo esempio pervenutoci per adozione romana. In conclusione, comunque, è lecito affermare che tutte queste soluzioni tendevano a contenere i costi delle fortificazioni perimetrali eliminando le torri , senza 1inunciare completamente alla loro funzione. Di certo il fiancheggiamento costituì una esigenza imperativa della fortificazione italiota, una coerente scelta di razionalizzazione difensiva, indispensabile in nuclei che potevano contare esclusivamente sulle proprie forze contro nemici preponderanti ed irriducibili, per i quali solo la letalità della reazione fungeva da deterrente. Ma come si giunse ad individuare in tale metodica il più efficace apporto difensivo di una cerchia?

In realtà, proprio negli assalti ossidionali condotti da torme di aggressori fu presto evidente che il rispetto imposto da una fortificazione dipendeva, più anco- ra che dallo spessore e dall 'al tezza dell e mura, dal1' intensità dei dardi da esse scagliati. Ma richiese una più accorta e ponderata riflessione ottimizzarne il tiro ed esaltarne gli effetti. In particolare la vulnerabilità nemica sa rebbe risultata tanto superiore quanto meno conseguente all'abilità dei tiratori '52>. In maniera più esplicita, se ogni freccia scoccata, dopo attenta mira, aveva discrete probabilità di colpire un preciso attaccante, l'esito della dife sa sarebbe stato infinitamente più favorevole se comunque ogni dardo , a presc indere dall'accuratezza della mira e dalla bravura dell 'arciere, avesse colpito qualcuno ne 11a massa degli attaccanti. Il risultato complessivo, in tal caso, avrebbe beneficiato di tempi di punteria enormemente minori e, quindi , di cadenze e centraggi incomparabilmente maggiori.

A prima vista l'idea di poter aumentare i centri tirando a casaccio sembrerebbe un paradosso , ma fu proprio quell'apparentemente assurda intuizione ad incrementare l'adozione del fiancheggiamento, vuoi tramite le torri vuoi tramite il tracciato spezzato, ed a regolarizzarne la sca nsione.

É noto che sotto il profilo antropometrico il corpo umano può , in prima approssimazione, equipararsi ad un parallepipedo le cui facce laterali più ampie so no il torace e le s palle , mentre le restanti due , i fianchi, risultano molto più s trette . Tradotto in termini balistici, significa che la massima esposjzione di un soldato è il torace, non a caso protetto dalla corazza, e, non a caso, protetto oggi dai giubbotti antiproiettile. Ne discende che tirare ai fianchi non costituisce una scelta sensata, senza contare che correndo o camminando , il corpo esce continuamente, e rapidamente, dalla linea di mira. Il ragionamento , però, è ineccepibile soltanto quando riferito ad un unico individuo , osservandosi per intere schiere e sattamente l 'o pposto. Se molti soldati, infatti, avanzano a breve intervallo, su file più o meno regolari , tirando a casaccio, da una delle estremità di tali file cioè ai loro fianchi parallelamente al terreno e ad un'altezza inferiore ad un paio di metri (tiro radente) le probabilità di colpirne almeno uno, sono enormemente maggiori che tirando frontalmente dall'alto ad un singolo (tiro ficcante) proprio per la ridondanza di bersagli equivalenti lungo l ' intera traiettoria della freccia. La procedura, in termini militari, è definita 'sfruttamento dell'errore battuto ', poichè il proiettile, pur mancando il primo potenziale bersaglio, non esaurisce la sua letalità affondando inerte nel terreno, ma, proseguendo la corsa, è in grado, per un centinaio di metri ancora, di abbattere chiunque l'intersechi casualmente. Ora, assodato che l'assalto alle mura avveniva con un accostamento in massa al loro piede, sarebbe bastato far sporgere dalla faccia esterna delle cortine alcune torri, o alcuni seg menti murari, dalla cui base, protetti dalle strette feritoie, si facessero sae ttare, in rapida successione, fasci di dardi radenti alle mura, e diretti ai fianchi degli attaccanti , per infliggere terribili perdite.

Da allora, mentre nel linguaggio comune 'mostrare il fianco' diveniva premessa di annientamento, l'adozione delle torri, o dei similari dispositivi menzionati, si confermò indispensabile, a patto che il loro interasse non eccedesse la gittata degli archi, quindi delle balestre e successivamente delle artiglierie, elastiche prima ed a polvere poi. Considerando che nel nostro contesto storico il loro tiro efficace raggiungeva la cinquantina di metri, ne conseguiva che la scansione delle torri lungo le cortine, o la lunghezza dei segmenti delle 'c remagliere' e 'dei denti di sega', per fornire le menzionate prestazioni, non dovesse superare tale limite. Secoli dopo Vitruvio, riferendosi esclusivamente alle torri, le sole ormai destinate al fiancheggiamento, ne avrebbe ribadito ancora quel valore. Così la sua precisa prescrizione, nella traduzione di Marco Fabio Calvo destinata a Raffaello:

" ... Anchora le torre se debbano fare spo rge re in fora, aciochè quando lo inimico vorà fare impeto verso le mura et apropinquarvisi, dalla to1Te, e da man dritta e dalla si nistra ha ve ndo scoperti li lati , con le saette et altre armi possa esser ferito ... Lo interva llo delle torre è da fare così, che le torre non s ien o più lontane l'una da l'altra c he una missione over trar di saetta "•~ 1>

Cronologicamente l'adozione del fiancheggiamento pu ò individuarsi a partire dalle cerchie coloniali più arcaiche in cui non appare nè di basilare importanza nè imprensci ndibile, riservato perciò ai soli settori critici, quali le porte e gli sp igoli. Le torri generalmente risultano a corpo pieno fino al camminamento di ronda, so lu zione costruttiva di gran lunga più facile ed economica. Ben evidente, con il trascorrere dei secoli, il loro irreversibile incrementarsi di numero, esplicita conferma della già pienamente accertata validità difen s iva ed, al contempo , della prosperità delle rispettive città. Si spiega così perchè , a partire, dal III secolo compaiano sign ifica tive innovazioni a carico delle torri, non in contrasto però con il tradizionale impiego. In particolare: "... l'autonomia architettonica delle opere di fiancheggiamento può ormai conseguirsi in una inedita maniera: non più sol tanto congiungendole al tracciato delle mura, ma concependole come insiemi autonomi, dai cui fianchi venivano battute le contigue cortine. Come pure adottandosi planimetrie diversificate ed originali: sia a forma di ferro di cavallo ... espediente che permette di ovviare alla debolezza del tiro di quelle semicircolari e circolari, s ia a forma di pentagono ... di esagono ... soluzione che a confronto con le torri quadrilatere , permetteva ad un tempo di in c rementare la resistenza degli spigoli esterni ai colpi nemici e di ridurre l 'am piezza del triangolo defilato ad esse antistante, se nza dover ricorrere a tracciati curvilinei che nuocevano al concentramento del tiro su di un punto strategico.

Ma le torri dell'avvento del periodo e lleni stico iniziano anche a tradire le nuove preoccupazioni determinate dalle minacce dei tiri piombanti che potevano scagliare gli assalitori dall 'alto delle torri d 'assedio o per mezzo di c atapul te, c ome pure per la messa in b a tteria sulle s tesse in fun zione difensiva, delle più pesanti artigli e ri e [neuro bali st iche].

Infatti, per co ntinu are a conse ntire a ll e torri de ll e cerc hie di svo lgere la loro fun zio ne tradizionale, c he co nsis teva ne l po rre g li assediati in p os iz ion e do minante rispetto agli assedianti , era norm a le c he s i ricercass e di in c re mentarn e l'alt ezza, nella mi sura almeno c he no n ne venisse co mprom essa la so lidità .. . M a è piuttosto l' impianto di tetti a tego le s ulle pittaforme so mmitali c he ci co nse nte di va lu tare l'aggravarsi de lla press ion e ne mi ca, alla quale no n s i potè, o non si volle, so ttrar si incrementando sempli cement e l'altezza delle to rri

I più g ross i pe zz i d'artiglieria erano inoltre trop po pesanti e trop po ingombranti perchè si potessero i ntrodurre n on importa in quale tipo di torre e no n importa in qual e e poca ; il ca mpo di tiro che occorreva al loro brandeggio se si vo levano co n segu ire i mi gli ori rendimenti, era ugual me nt e di ve rso da que ll o delle tradi z iona li armi da lancio. Da qui la necessità di concepire deg li inn ovativi modelli di o pe re di fiancheggiamento , i nteramente o parzialmente de s tinati all'artiglieria ... Ma occorre rib ad ire che, quando abbiamo a c he fare, caso più frequ e nte , con torri «di me dia grandezza» (aventi, pe r dire , 8 m c irca di lato o di diametro) , no n es is te per il mom ento a lcun argomento, o ltre alla pura ve ri s imiglianza, p e r es prim e rs i s ull a loro destin az io ne ... " <54> to de ll e mura ri s ulta per lo più indipendente dalle compartiture de ll a maglia in terna s trad a le, radiale , ortogon a le, segme ntata c he s ia. Nato esclus i vame nte d al la es ige nza fun z io na le della di fesa e dalle necessi tà di sfruttare ai s uo i fini ogni ri sorsa del terren o, il muro corona di sol ito le lin ee di costa più a lte e tutt 'al più s i p rol un ga ad accaparrare le posizioni dominanti più vicine tanto pe r utili zza rle , quanto per so ttrarle a l nemico, an c he se nza c he l' ampi ezza del tes s uto urb ano che si svi luppa, si collega e si appoggia alla fortificazione dell'A c ropoli, lo richi eda. Raram e nte... le mu ra urbiche c irco ndav ano l'Acropo li . Le cara tt e ri s tiche tattic he delle Acropoli so no d i 'c arattere esterno'. Esse funzionano co me funzionerà il dongionc o la ci ttad e ll a nei periodi me di eva li ...

Sintesi conclusiva

D a quanto s in o ad ora es posto si può ricavare una se rie di co nnotazioni precipu e della fortificazione greca e d italiota, così articol ate:

" 1 - Ta nto s e s i tratta di un a dattamen to progress ivo ad un nucl eo prees is te nt e come c apita spesso quanto se s i tratta di un impi anto urbani stico ex-novo, il trac c ia-

2 - Gli svil uppi planimetric i eccezio nali di taluni di que s ti trac c iati perimetrali difesi no n debbon o però far pres umere la es is tenza di nuclei abitati compless i, accentrati e s traripanti. Il più de ll e volte infatti la es ig ua c ittadin a nza non poteva nem me no forn ire i tre turni di di fe n sor i c he in s tato d'assedio vengo no no rma lm e nte di st ribuiti: a) s ull e mur a; b) a bi vacco per rinforzo; c) a riposo pe r recupero e ne rgie. P o ic hè però per ragioni tattiche la c in ta dilatata non poteva ve nire sacrificata, s i usava diaframmarla ult eriormente con mura di ripartizione interne (diateic hi s ma ). A l momento s i sg ombrava un ' an sa o 'e rni a' e s i con traevano e s i se rravano le fil e, neg li sv iluppi de ll a dife sa così r accorcia ta Bisogna ril eva re c h e fo rtifi care in mi s ur a giusta una c ittà è sempre s tata impre sa diffi c ile, s pecie ... [quand o] i ce ntri abitati so no molto picco li e lontani tra loro, s icchè in co nd izio ni di eme rge nza la città fortificata ospita molti a bitanti de l co ntado , s fruttando in ca mbi o le risorse e le braccia in reg im e dilatato di sovraffollam e nt o

3 - Meno freq uente è la di s pos i zio ne murata ottenuta da ll e pare ti d e ll e case pri va te co nti g ue se rrate in

This article is from: