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ITALICHE

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CAZION I ROMAN E

CAZION I ROMAN E

cie accidentata d'impianto. Le porte la Maggiore o Grande, la Ninfina, l'Occidentale, la Signina, sebbene in numero pari, non obbediscono, però, ad alcuna s immetiia ubicativa. In merito alla prima va rilevato che il suo vano, largo circa m 6, è fiancheggiato da due pareti di enormi blocchi poligonali, ascrivibili alla terza maniera, una delle quali, quella a destra, assume la forme di un possente sperone carenato di sbalorditiva accuratezza esecutiva. Un'altra struttura difensiva particolam1ente interessante è la cosiddetta 'Loggia', una sorta di torre quadrata, alta ancora quasi m 13, fortemente scarpata, posta a difesa del lato orientale della città, quello sulla pendice meno ripida (5 4 1 • La cerchia poligonale della città ribadisce la menzionata compresenza di più 'maniere' neJJa medesima struttura, in funzione delle relati ve vulnerabilità. Nel caso in questione le sez ioni più possenti sono formate con blocchi perfettamente sagomati e giuntati, di ragguardevole mole, ciascuno del peso di alcune tonnellate , in ottimo stato di conservazione.

ROS ELLE

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La sua fondazione potrebbe risalire al VII sec. a.C., allorquando gli Etruschi l' impiantarono su di un rilievo, a quota m 80, non lontano da Grosseto , in modo a da poter controllare l'antico lago di Prile. Una conferma di tanta antichità è fornita dai mattoni crudi con cui si eressero alcune sue sezioni e la parte sommitale della cerchia. Tuttavia il rinvenimento limitrofo di tombe a pozzetto e di un insediamento ancora più arcaico sulla sommità di quota 317, Poggio di Moscona, fanno motivatamente propendere per una preesistenza di nuclei abitati. Circa la fortificazione, va osservato che quella attualmente visibile, formata da una cinta in opera poligonale ad andamento irregolare, sostanzialmente concorda nte con l'isoipsa di m 130, ed in buona parte conservata , non è l'originale, ma un suo rifacimento più recente. In alcune tratte , infatti, insiste su segmenti, quelli appunto del VII secolo, realizzati con l'impiego di mattoni crudi.

L'altezza massima dei segmenti meno devastati raggiunge i m 7 con uno spessore oscillante intorno ai 2 m. Non si riscontra la presenza di torri, mentre la posizione delle porte, probabilmente in numero di quattro, è deducibile unicamente dalle rientranze della murazione. Al suo interno risultano inglobate due ci me, rispettivamente a quota 170 la inferiore ed a quota 190 la superiore: sulla prima, posta a settentrione, s i trovava un piccolo anfiteatro eretto in età augustea demolendo più antiche abitazioni. Scarse le tracce dell' assetto urbanistico e delle trama viaria, risalenti comunque all ' epoca romanac55 > .

La città, sopravvissuta a lungo ai suoi fondatori, fu abbandonata soltanto nel XII secolo.

s 1 m area etrusca, le s ue mura, in opera poligonale vis tosamente evoluta e di notevole precisione, risalgono al massimo al III sec. a.e., epoca coincidente con la deduzione della colonia romana nel 273 a.C. ' 56> Pertanto, questa fortificazione perimetrale, ancor più delle precedenti, deve considerarsi uno dei più rilevanti esempi di realizzazione romana. Non a caso, infatti, pur adeguandosi a] tipico andamento irregolare delle cerchie italiche, quella di Cosa se ne differenzia per l'alto numero dì torri di cui era munita: ben 18 lungo l'intero sv iluppo , circa 1,5 km, di s locate in sequenza con un interasse di una trentina di metri , perfettamente congruo alla gittata degli archi, in stretta osservanza dei canoni vitruvianj <57J.

La loro pianta è quadrata, con un aggetto pari alla metà del corpo, dettaglio che ne certifica la derivazione ellenistica. Le porte urbiche sono tre, abbastanza complesse ed articolate, oltre ad una posterla. Ancora

Fu fondata sulla sommità spianata di un promonto- una volta l'interno della cerchia include due distinte rio calcareo , a soli km 7 da Orbetello. Pur ritrovando- alture, entrambe fortificate autonomamente e secondo una precisa logica: la superiore assolveva a lla funzione di acropoli , mentre l'inferiore, ad essa simmetrica, quella di caposaldo a cui era delegata la resistenza della parte orientale della città<5sl Una ulteriore testimonianza della matrice romana si coglie nella rete viaria dell 'abitato che, ad onta della tormentata a ltim etria dell 'area cintata, appare sca ndita ortogonalmente con una definizione minuziosa delle insulae rettangolari , sulle quali sorgevano le abitazioni anch'esse risalenti a1 III e II sec. a.C.

T Erracina

Fondata dai Volsci , probabilmente intorno al V sec . a.C., nell 'area più inaccessibile fra il promontorio del Circeo e la penisola di Gaeta, con il nome di Anxur, rappresentò una ennesima cittadella finalizzata alla interdizione dell ' itinerario costiero fra il Lazio e l a Campania. Stando a Livio nel 406 a.C. fu co nqui stata dai Romani e divenne pochi ann i dopo, nel 392 a.C., una l oro colonia marittima , chiamata appunto Colonia Anxurnas in riferimento al s uo antico toponimo' 59 '. A voler essere pignoli, in realtà , di toponimi antichi a carico di Te rra c in a, e dei suoi immediati paraggi, se ne rintrac c ia un a ltro, più e ni gmatico: Arnie/e , da cui per estensione anche il golfo di Gaeta prese il nome di sinus Amiclanus. L a ragione dovrebbe ri cercarsi nella prese nza, remotissima, di un a colonia spartana che commemorava così una piccola città della Laconia, dagli s tess i Spa11ani di strutta e poi asso rbita: del resto sembra che proprio a loro debba attribuirsi il cu lt o di Fero nia'òO> , tanto celebre in segu it o nel basso Lazio. La cittadella impiantata dai Volsci seguiva un pe ri metro quadrilatero irregolare, a lqu anto allungato , con una a cropo li interna, s ull a quale nel medioevo i Frangipane eressero un mod esto cas te ll o'6 11 • Le mura in opera poligo nale s ubirono . già a ll 'indo mani della conquista romana, un primo amp li amento con ! ' inglobamento di un 'altra acropoli, il colle di S. Francesco. Tn età sillana un nuovo in creme nto del ci rcuito fu supportato da una riqualificazione s trutturale della cerc hi a. Non costituì l'ultimo , poichè, il venir meno dei vinco l i difensivi sotto l'impero , ed il concomitante sv ilupp o commerciale innescato dal potenziamento del suo porto voluto da Traiano e dalla rettifica de l tra cciato dell'Appia con il taglio del Pesco Montano(621 , de termin arono l'esigenza di ulteriori espansioni. Nonostante c i ò, l e poderose fortificazioni volsco-romane non finirono in-eversibilmente di s messe , poichè, in epoca bizantina, B elisario se ne avvalse per riqualificare l'assetto difensivo de ll a cittadina nel co rso della guen-a go ti ca.

Le fortificazioni dei Sanniti

Un ulteriore approfondimento su lle fortificazioni italiche è consentito dall 'anali s i, quand ' anc he sintet ica, di quelle s annite , come accennato, e sopra ttu tto dalla loro originale interdipendenza operativa. Pur confermandosi tra le più rozze ed elementari , stupiscono per l'eccezionale numero'631 e per alcune soluzioni strutturali, caratteristiche entrambe finalizzate alla impenetrabilità di vasti territoti, spesso interi altipiani, e non già di piccoli agglomerati residenziali, come finora osservato per lutte le coeve opere. La concezione, di per sè tipica delle società pastorali, alle quali non interessa il possesso dei pascoli ma la loro esclusiva disponibilità in determinati periodi dell'anno, non è in assoluto inedita, riscontrandosi anche alle spalle di molti centri italici. Diviene però vistosamente innovativa presso i Sanniti per l'ampiezza delle aree difese, per la sistematicità del Ia prassi e per I' organizzazione tattica che implicava, prive di qualsiasi confronto. Necessario, allora, ravvisare in tante loro fortificazioni chiaramente interdipendenti, precisi sistemi difensivi eretti a protezione di un distinto ambito geografico , perfetta anticipazione delle regioni fortificate ottocentesche di cui il famoso quad1ilatero costituisce la più immediata reminiscenza scolastica(M• .

In pratica un sistema difensivo su scala regionale presuppone non tanto Ja cooperazione fra i suoi diversi caposaldi, ovvia e scontata, ma la realizzazione di articolate e variegate strutture militari accessorie tese aJ totale controllo del territorio. Postazioni periferiche di vigilanza e segnalazione ottica, centri di coordinamento tattico, percorsi interni coperti per le forze di contrasto, sbarramenti fissi delle possibili vie di penetrazione nemica , ponti asportabili ed ostruzioni itinerarie prontamente attivabili e, non ultimi, ampi ricetti per farvi convergere gli abitanti di diversi villaggi nei momenti critici con le rispettive masse armentizie. Dal punto di vista della pura definzione architettonico-militare siamo di fronte ad opere comunque 'campali', ovvero fortificazioni realizzate esclusivamente in funzione di un imminente e localizzato scon tro: strutture effime re, per lo più in terra di riporto e legno. Dim ostratasi la paventata co nflittu alità un 'incessante reiterazione di assalti analoghi e non risolutivi, co nfermatisi immutabili gli ambi ti es trin seca ti vi, sempre le pendici esterne d elle medesime alture, le s udde tte opere campali ac quisiro no valenza fruiti va permanente ed, ovvia me nt e, co nnotazion i non d eperi bili. Fortificazioni co nce ttu almente campali, quindi, ma struttu ralm e nte pe1manenti. Facile, a dis tan za di millenni, sca mbi arle per le vuote corazze di altre ttante c ittadin e di cui, ne l frattempo, è svanita la sia pur minima traccia. Sicuramente non mancarono anche agglomerati abitativi o approssimati villaggi, ma della loro e dili zia residenz ia le quasi nulla ci è p e rvenuto , tiprova non già delle di stru zioni conseg uenti a ll a sco nfitta finale, quanto piuttosto della es trema p overt à dei materiali impiegati.

Em erge, pertanto un a singo lare in congruenza con la sto ri a ufficiale tramandataci da Livio . Se, infatti, le fortificaz io ni sannite non racchi ud evano abitua lm ente si ti abitati, grandi o piccoli c h e fossero, e se questi a lo ro volta, quand o esistenti si confermavano tanto miserab ili , do ve le legioni eb bero modo di prodursi nelle tante glo rio se espug n az ion i dallo stesso rievocate e, so prattutto, do ve raz ziarono gli a ltr ettan to mitici bottini ?

L'indole lib e ra e se lva ggia dei Sanniti, la l oro incompatibilità con qu a ls ia si coercizione o di sc iplin a ist itu z ionali zza ta propria delle popolazioni pas torali se minomadi e le connotazionj geomorfologiche delle aree di loro appartenza costituivano altrettante co mponenti di una unica ri s ultante militare: la naturale prop ens ione e disposizione alla difesa mano vrata ad oltranza, sos tenuta autonomamente da mode s ti ss imi co ntin genti. La g uerra da ess i condotta, in altre parole, sare bbe s tata un continuo s tillicid io di p icco le azioni improvvise lanciat e contro trupp e nemiche io pro ss imità di se ttori di attraversamento critici, o comunque non idonei allo schieramento abituale di combattimento, di tipo falangistico <651 • Imboscate , quindi, assalti alle retroguardie , od alle avanguardie , rapide e violente cariche di cava ll eria, azioni terrifiche e spietate : l'intero repertorio di combattimento che attualmente definiamo 'guerrig li a' . Leggendarja ed e mbl ematica, al riguardo, la notissima vicenda delle 'Forche Caudine', da cui si originò la meschina den ig ra zione, ribadita e propagandata da tutti gli annalisti, c he segnò i combattenti sanniti col marchio di innate codardia e viltà , nonchè di connaturale slea l tà militare: pregiudizi innumerevoli volte smentiti, nel corso d ell'intermi nabile conflitto, da episodi di strenuo ard imento ed eroismo. Ad una i n terpre tazione meno parz iale, la tattica dei montanari appare analoga a quella delle bellicose, e fiere , tribù del deserto che appunto nella guerriglia estrin secano la loro tipicità combattiva . l Sanniti, però , a differenza dei nomadi tuareg nordafricani disponevano di centinaia di fortificazioni: e furo n o proprio q uelle che valsero ad avvalorare la leggenda di tremebondi pecorai ranicchiati perennemente dietro le lo ro mura, in attesa di una propizia imboscata. Il colmo dello scherno fu attinto bardando una categoria di g ladiatori del tradizionale armamentario sannitico, vistosame nte esagerato!

Ma , come acce nn ato in precedenza, raramente tali massicce muraglie poligonali proteggevano un in sediamento od a ncora una guarni gione: nella s tragrande maggioranza dei cas i , infatti, il loro impiego risulta talmente diverso da quello squ isi tamente difensivo da i n generare fraintendimenti persino negli s to rici class ici.

Molte di qu e 11e fortificaz ioni tramandano, e lo abb iamo in precedenza ricordato, un singo lare impianto grado n ato. In particolare si tratta d i una artico lazione: " a doppia ci nta, organica me nte concepita, con terrazza intermedia, come nei casi di Monte S. Croce e ... di Saepinum. Tale s is tema sembra tipico dell'area ca mpana e san niti ca: a tale sc hem a sono state adeg uate, sia pure limitatamente al se ttore più esposto, anche

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