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ITALICHE

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CAZION I ROMAN E

CAZION I ROMAN E

ittita, a suo tempo descritta, sebbene nella versione più elementare e grezza.

L'altra ampia tipologia di fortificazioni è quella di pendice, ottenuta mediante l'erezione di una o più muraglie lineari aperte, correnti sempre lungo la medesima curva di livello, non di rado per oltre un chilometro. Anche questa soluzione, equiparabile ad un ostacolo multiplo interposto per rallentare i potenziali assalti nemici lungo le pendici meno ripide, trova una vasta riproposizione nelle opere sannite<21J , per motivi, senza dubbio anche in questo caso, connessi con l'ipotizzata tattica difensiva. Un notevole esempio di fortificazioni del genere, addirittura ben tre muraglie di cui le due inferiori duplici, è possibile riscontrarlo sulle pendici del Monte Cila che sovrasta l'abitato di Piedimente Matese. Stando alle memorie di Amedeo Maiuri del l 926 , infatti, quelle strutture sono: " ... cinque, così disposte: 2 in basso, 2 al centro, l in alto. Questi cinque semicircuiti del Cila sono lunghi in tutto 7.000 metri. Il primo, alla base del monte è assai rovinato, ed è composto da due muri quasi paralleli alla distanza di m. 7-15. La seconda cinta, duplice, è molto meglio conservata, e raggiunge in qualche punto 7-8 m. di altezza. La terza ad un solo muro , è presso l'attuale cabina S. M. E., ed è più bassa delle precedenti ... Il Majuri conclude dicendo che «questi grandiosi resti di difesa sul monte Cila ... non possono non riferirsi a quello che dev'essere il centro più importante di tutta questa regione montana , e cioè l' Alife sanniti.ca, di cui l 'A life romana, posta a 3 km dai piedi del Cila , in aperta pianura, non fu che la naturale continuazione ... "(221 • Sempre in linea di larga massima le fortificazioni italiche si ubicarono di preferenza s ui contrafforti della catena appenninica, in prossimità delle caratteristiche terrazze geologiche, residuo dell ' ultimo sollevamento tettonico. Sebbene sottostanti alla sommità della montagna, formavano a loro volta un ben distinto cocuzzolo, mai però nettamente isolato dall'intera formazione. Non a caso l'opera costruttiva tendeva prioritariamente ad accentuare l'arroccamento e l'inacce ssi bilità delle predette terrazze, stornandone anzitutto l'investimento da monte, peraltro di improba attuazione, presupponendo il dominio integrale della vetta, e quindi quello, più impervio, secondo la direttrice da fondovalle.

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In pratica le mura in opera poligonale venivano erette in corrispondenza del bordo estremo delle terrazze, più esattamente pochi metri al di sotto della sua massima altezza, ovvero lungo il contorno militarmente definito 'ciglio tattico'.

Per la loro verticalità, esse bloccavano la risalita della pendice, impedendo agli attaccanti di guadagnarne la sommità. Si trattava pertanto, come accennato, di una fortificazione eminentemente passiva, priva di ingegnose articolazioni ostative, ma non per questo , nelle sue più accurate impostazioni, scevra di efficacia. Poichè la pendenza delle falde sottostanti al perimetro murato non era uniforme, variando fra vertiginosi strapiombi e dolci declivi, l'accuratezza della fortificazione risultava inversamente proporziale alla loro impervietà: massi approssimativamente accatastati in c01rispondenza dei precipizi, ma giuntati con cura al termine delle facili ascese. É comunque da rimarcare, che, in entrambi i casi, non rappresentavano per gli attaccanti un ostacolo insormontabile in assoluto, specie in assenza di una energica azione difensiva, sia per gli appigli offerti dalla loro trama muraria sia per la non rilevante altezza: è probabile, però, che quella fin troppo evidente deficienza costituisse una ulteriore scaltra componente della tattica interditti va, in ciò antitetica a tutte le altre fortificazioni , coeve e successive, con cui si sono spesso ravvisate analogie.

Giustamente è stato stigmatizzato per le fortificazioni sannite, ma il discorso è pienamente valido più in generale per tutte quelle italiche, che per siffatte opere si: " ... devono registrare ben tre li velli di confusione: uno già presso le fonti; uno moderno dovuto all'uso improprio di una terminologia antica, già confusa in origine; il terzo recente , ove evidentemente per superare . [quest'ultimoJ impaccio si è utilizzato 'fortifi caz ion e di altura', con una marcata connotazione difensiva, accanto a termini più generici di 'abitato di altura', dove però l 'elemento in sediativo sembra far scomparire o comunque prevalere sull'evidente fenom eno difensivo... Pr eoccupazione della chiarezza sema ntica... che s i ritro va anche, per indicare il fenomeno insediati vo fortificato montano, nell'uso de i termini pres i in prestito dal lessico latino, quando però nell'uso di castellum e oppidum è trasparente la volontà di esprime re quel carattere difensivo/fortificatorio, che si voleva riconoscere prevalente od esclusivo ne gli insediamenti fortificati: cosa che in effetti i dati in nostro possesso non dimostrano.

Senza contare che nel lessico latino i termini che le fonti indifferentemente usano urbs, oppidum e vicus, pagus hanno precisi riferimeni giuridico-istituzionali ed il confuso uso di questi già negli Autori antichi dovrebbe esser segnale non inefficace della difficoltà p er i Romani , nel venire in contatto con la realtà organizzativa teITitoriale 'ital ica', di trovare equivalenti se manti ci di una qualche cosa che essi non riuscivano a comprendere, g i acchè nascente da una esperienza diversa ... " ì 23 l alcun legante c24 > Gli antichi usarono pure gli aggettivi di 'saturnia', 'tirinzia' e 'lesbica'. Tutte queste qualifiche e specificazioni, di volta in volta, sembrano voler sottolineare il carattere geometrico dei conci, la loro incredibile mole o la supposta origine etnica d ' irradiazione, sempre sottintende ndo , però, lo stupore e la meraviglia di fronte all'improba fatica necessaria all'assemblaggio. Proprio tale stato d'animo fu alla base di diciture più fantasiose e suggestive che, disconoscendo la paternità umana dei manufatti li attribuirono all'intervento di entità sovran naturali; quindi, mura delle fate, del diavolo o delle streghe, in ogni caso manifestazioni di potenze magiche, le uniche supposte capaci di s imili ottuse grandiosità. In vece per i Romani , che conobbero benissimo siffatta modalità costruttiva, avendola peraltro adottata agli albori de!Ja loro epopea , essa non meritò una distinta definizione, al di là di quella abusata di 'opus incertum' mai come in questo caso assolutamente incongrua e fuorviante.

Criteri costrutti vi

La t ecn ica edificatoria con la quale furono innalzà te le fortificazioni italiche, a lm e no nel corso dei primi quattro seco li , è nota, sebbene con alquante varianti, come opera poli gona le, megalitica, pelasgica, micenea, t anto per citarne l e principali definizioni. In prima approssimazione s i tratta , in ogni caso, di muraglie erette met tendo in sieme massi di no tevoli dimen s ioni , di forma irregolare e cercando di fa rli combaciare tra loro il più poss ibi le se n za l'imp iego di

Del resto l ' opera poligonale, in specie nella maniera più raffinata e precisa, g iu stame nte reputata il vertice evolutivo di tale tecnica, e quindi, cronologicamente, la più recente , non è appannaggio esclusivo dei popoli mediteITanei, ma anzi si ritrova in strutture innalzate, con identiche connotazioni geometriche, anche in Giappone, in Asia, in Africa, in Britannia, e pe r sino nel Perù e sulle Ande, fra il II millennio a. C ed il XV sec . d. C. Non a caso per tentare di superare, in qualche modo , tanta incertezza si è voluto: " cercare nella loro forma e nella loro struttura indizi cronologici, etnografici, storici, ma ce ne sono in tutte le epoche, p resso tutti i popoli ed in tutti i paesi... " <25 , _ Tuttavia, agli inizi del nostro secolo, fu introdotta da parte dell' Ashby una basilare distinzione tra opera poligonale e ciclopica, sta ndo a ll a quale: " si dovrebbe adottare il termine poligonale solo per le costruzioni dove questa intenzione è manifesta applicando a tutte le altre dove i blocchi sono irregolari il nome di ciclopico ... " <26>

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