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Bollettini di guerra »
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Alle 17 .35 gli Inglesi percepirono che la manovra italiana tendeva ad aggirare il convoglio, passando a ponente della cortina di nebbia, e perciò - oltre a continuare a sparare intensamente insistettero per far continuare il convoglio verso sud, mentre il capo convoglio (che era sul Breconshire) tendeva invece a guadagnare cammino verso Malta.
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Infatti alle 17 .20 il Breconshire aveva fatto accostare il convoglio per ponente, ma alle 17.30 per ordine dell'Amm. Vian aveva ripreso a dirigere per sud; alle 17.45 il capo convoglio accostava per sudovest; nuovo intervento dell' Amm. Vian, con conseguente ripresa della rotta sud alle _ 18.00.
Durante tutto questo intervallo di tempo, continuarono le scaramucce - se così è consentito chiamarle - tra le navi contrapposte. All~ 17.40, dopo avere serrato le distanze coll'accostata per rotta 200" delle 17 .31, la F. N. italiana riaprl il tiro da 14 mila metri sugli incrociatori avversari che apparivano a tratti attraverso la nebbia, mentre il tiro di questi ultimi continuava intenso. Alle 17.44 da bordo della Littorio si ebbe l'impressione di vedere un colpo su un incroòatore inglese, ma dalla relazione dell' Amm. Vian non risulta che ciò sia avvenuto.
Fino alle 17.40 il 4°, il 2° e ìl 3° gruppo (in totale 4 Inc e 2 Ct) avevano continuato a governare alternativamente per ponente e per levante, occultando il convoglio colla nebbia artificiale, e lo Zulu (del 3° gruppo) aveva segnalato ad un certo momento uscendo per un momento dalla cortina nebbiogena - la presenza di 1 Nb e di 1 Ct verso N\V e di 2 Inc tipo « Trento » e .3 Ct spostati verso NE, ma l'Amm. Vian ritenne, come sempte, che Cr non ce ne fossero e ohe si trattasse di tutti incrociatori. Durante questo periodo di tempo numerosi attacchi aerei si erano verificati contro il convoglio e qualche velivolo isolato aveva ancl~e attaccato la forza d'urto: ma nessuna nave era stata colpita, sebbene gli aviatori riferissero ai loro Comandi di avere affondati 2 piroscafi e colpiti altri 2.
Alle 17.48 il Trento ritenne di avere messo un colpo da 203 sulla poppa di un incrociatore. Secondo gli Inglesi, invece, il tiro fu intorno a quell'ora ben centrato sul Sikh che - pur senza essere colpito - ritenne prudente, per non rischiare di essere affondato con tutti i siluri a bordo, di lanciarne due senza poterne osservare l'esito (non ne furono nemmeno vedute le scie dalle no-
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stre unità): ricordiamo, a questo proposito, che nella mezz'ora tra le 17.30 e le 18.00 fu il 5° gruppo a sostenere il combattimento, in attesa che il 4° gruppo col Cleopatra ritornasse in linea.
Sebbene la distanza fosse intanto scesa a 13 mila metri, alle 17 .52 le navi italiane sospesero il tiro, reso impossibile dalla pessima visibilità, mentre intorno a loro continuavano a cadere numerose le salve dell'avversario, che poteva ovviamente continuare a far fuoco coll'uso del Radar. Subito dopo, alle 17 .5 3, esse accostarono per 220°. Il mare andava aumentando di violenza ed, essendo circa al traverso a sinistra, provocava un rollio di ampiezza media di 10° - 12° per lato sul Gorizia e sul Trento e di 24° - 27° sul Bande Nere (1). Allora, alle 17.56 la F.N. accostò a un tempo per 250° (così da mantenere inalterato l'orientamento dello schieramento rispetto all'avversario, che era rilevato per 160° a circa 13 mila metri di distanza).
Alle 17 .59 i' Amm. Vian segnalò a tutti i Ct: « preparatevi a lanciare sotto la copertura della cortina », e alle 18.00 altri aerosiluranti defilarono in prossimità della nostra formazione dirigendo verso le navi nemiche. Poco dopo, le nostre unità osservarono ancora una volta il fuoco e.a. inglese al di sopra della nebbia e continuarono a vedere salve cadere intorno a loro, senza tuttavia poter distinguere le navi che sparavano.
Infine, alle 18 .1 O, il Gruppo « Littorio-Gorizia » assunse ad un tempo rotta 280°, allontanandosi così dall'avversario che sospese .il fuoco.
Nei dieci minuti compresi tra le 18 e le 18.10, mentre il convoglio alle 18.00 riassumeva - come si è detto - rotta sud, la situazione inglese evolvette come segue. « Al ritorno del Cleopatra in linea (18.00) la situazione apparve critica ». L' Amm. Vian fu informato dell'invio di un gruppo di velivoli da combattimento; ma essi non raggiunsero le navi perché il loro raggio d'azione non lo consentì. A.lle 18.02 il Cleopatra, emergendo dalla nebbia, aprì il fuoco contro la Littorio che vide per 310° a circa 12 mila metri. Alle 18.06 il Cleopatra lanciò anche tre siluri accostando a sinistra e perdendo nuovamente di vista la Littorio di là dalla nebbia.
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(1) Questi Il, moito meni rispetto alla lunghezza (L = 169 m. I = 15,5 m.), alti di bordo e con cospicue sovrastrutture erano le navi meno atte a reggere il mare di fianco che noi possedessimo.
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Un tentativo di lanciare siluri, fatto dal 2° e dal 3° gruppo nello stesso torno di tempo, non riuscì a cagione della estesa zona nebbiosa, <lella visibilità decrescente, del vento e del mare in aumento, della crescente distanza dalle unità italiane.
Tuttavia l'Amm. Vian credette di poter giudicare che dalle successive posizioni della nostra F.N., questa doveva avere percepito l'attacco, allontanandosi e alleggerendo così la pressione sul 5° gruppo (intorno al quale stavano cadendo proietti da 381) e minacciando meno da vicino il convoglio. Invece le successive accostate fatte eseguire dall'Amm. Iachino erano state indipendenti da questo tentativo di attacco, nemmeno percepito sulla Littorio.
e) Il quarto tempo. (18.11 - 19.00) ,
Fu questo l'ultimo tempo dello sconrro, interrotto per la sopravvenuta oscurità.
Dopo il lancio del Cleopatra e il tentativo di lancio di alcuni Ct., tutti i gruppi inglesi continuarono per levante (direttrice di alJontanamento dopo la manovra di attacco) per vedere chiaramente la situazione all'estremo orientale (e cioè sopravvento) della cortina di nebbia e per coprire da nordest, se necessario, il convoglio. « Mentre era evidente - scrisse l'Amm. Vian - che la corazzata ed alcuni incrociatori stavano cercando di passare sottovento alla cortina [ cioè aggirandola da ponente], era del pari evidente che la miglior manovra per il nemico sarebbe stata quella di passare da sopravvento [ a levante] di essa e che tutta la forza navale avversari a non era colla nave da battaglia, per cui poteva darsi che alcuni incrociatori stessero manovrando in tal senso. « Fra le 18.16 e le 18.18, quando si poté chiaramente osservare l'orizzonte verso nord e verso nordest, nessuna unità nemica fu veduta in tale direzione. Si può ora ritenere per certo che per quell'ora due o tre incrociatori nemici armati coi 152 dovevano essersi ritirati dalla battaglia ».
Tutte ipotesi, queste, plausibili ma lontane dal vero, perché tra le 18.10 e le 18.20 ]a F.N. italiana, coi due Gruppi a breve interval1o tra loro, continuò a marciare per rotta 280°, venendo per 220° alle 18.20 e per 180° alle 18.27, allo scopo di serrare nuovamente sull'avversario e costringerlo ad allontanarsi sempre più da Malta.
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Il porto di Alessandria dopo l'attacco dei « m11iali »
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"N 8
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·o.
e:
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Nel frattempo i gruppi inglesi andavano riunendosi con direttrice di movimento per ovest e nordovest per concentrare l'offesa contro la F.N. italiana, mentre alle 18.25 il convoglio riprendeva la rotta per ponente ritornando poi per sud alle 18.40. Alle 18.31, sulla rotta per sud, le navi italiane disposte ora in linea di fila colla Littorio in testa ripresero a sparare da una .distanza iniziale media di 15 mila metri in una direzione poco a proravia del loro traverso a sinistra, mentre gli Inglesi facevano fuoco prendendo particolarmente di mira la Littorio e il Gorizia. L' Amm. Parona apprezzò, da bordo del Gorizia, di aver colpito con una salva perfettamente centrata un incrociatore, sulla prora del quale credette di vedere una :fiammata e una colonna di fumo bianco; pochi istanti dopo l'incrociatore sparve nella nebbia, ma non risulta dalla relazione inglese che fosse stato colpito. Intorno alla stessa ora, 18 ,31, ebbe inizio da parte inglese il tentativo di portare a fondo l'attacco silurante predisposto alle 17.59, facendo convergere tutti i gruppi verso un punto 15 miglia ·a sudest della Littorio, importantissimo (all important point) pereehé situato tra la testa della F.N. italiana e il convoglio, il quale -si trovava circa 23 miglia dalla Littorio verso sudest. Il 1° gruppo (Jervis colla 14" fl. Ct), che stava andando ·all'attacco dalle 18.27 con rotta per nordovest, avvistò alle 18.34 - appena accostato per ovest a 28 nodi - la nostra formazione -che identificò esattamente (1 Nb e 3 Inc su rotta 180°) a 6 miglia <li distanza in direzione 292°. Avanzò fino a 5500 metri, sparando intensamente e stimando (erroneamente) di aver messo due colpi ·sulla Littorio; quindi lanciò numerosi siluri, dopo aver accostato ·sulla dritta alle 18 .41, e si disimpegnò. Le navi italiane reagirono con tutti i calibri e il Ct Legion { che era l'unità di coda e quindi più verso sud) accostò invece a -sinistra e fu perduto di vista dalle altre unità britanniche, nascosto da una salva d'a 381. Poi emerse dalle colonne d'acqua con velocità inalterata e visibilmente indenne. Intanto alle 18.41 era stato colpito in pieno il Ct Kingston \ del 1 ° gruppo) con sviluppo di un incendio in uno dei locali delle -caldaie e in macchina. Dovette arrestarsi per domare l'incendio, :assistito dal Kelvin che gli rimase accanto. L'attacco del 1 ° gruppo ebbe l'appoggio del tiro del Cleopatra, unica nave di tutte quelle che costituivano il 4°, il 2° e
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il 3° gruppo in condizioni di vedere chiaramente la nostra formazione: essa sparò alternativamente sulla Littorio e sul Gorizia, a secondo della variabile visibilità e verso le 18 .46 osservò due colpi a bordo della Littorio con un notevole incendio a poppa (l )_ Un minuto dopo il Cleopatra era giunto a soli 9000 metri dalla Littorio, continuando il tiro, alle 18.50 il Sikh (capofila del 5° gruppo) credette di vedere la corazzata colpita da un siluro e subito dopo le nostre navi furono vedute accostare per nordovest.
Il 5° gruppo, che condotto dal Sikh continuò dopo le 18.50 a correre verso nordovest per raggiungere una posizione favorevole al lancio, si preparò a lanciare alle 18.55 nei quartieri poppieri delle nostre unità che si stavano ormai allontanando; ma, a cagione della nebbia, soltanto il Lively riuscl a poter eseguire la punteria dei tubi di' lancio e a dar fuori tutti i suoi otto siluri, sebbene· alle 18.52 un colpo da 381 gli fosse caduto così vicino da provocare colle schegge del proietto l'allagamento di uno dei locali inferiori, destinato ad alloggio di una parte dell'equipaggio, ed a bloccare i tubi di lancio. La nostra F.N., aperto il fuoco alle 18.31 come si è detto, aveva percepito subito dopo l'inizio della manovra di attacco dei Ct avverari che avanzavano sparando intensamente, ma aveva continuato sulla rotta 180° marciando a 22 nodi.
Il combattimento, visto da bordo delle nostre navi, assunse un ritmo serrato: alle 18.43 il Trento stimò di aver colpito con un proietto da 203 un Ct provocandogli un incendio (era il Kingston), mentre i Ct avversari furono veduti lanciare i siluri da non più di 7 500 metri. Tutti i calibri italiani erano in azione, compresi i pezzi da 100 mm degli incrociatori. Alle 18.45 la F.N. accostò ad' un tempo per 290° (riducendo poi a 20 nodi) evitando così i siluri, di cui uno passò poco di prora alla Littorio mentre altre 5 o 6 scie furono osservate in mezzo alle navi. Un altro Ct centrato da una salva della torre da 3 81 poppiera della Littorio ( che avendo accostato per 290° non poteva più impiegare le due torri prodiere) fu creduto colpito in pieno scomparendo nella nebbia (era il Lively). La vampata dei tre pezzi da 381 della torre incendiò il secondo ve-
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nornri (I) dal Dalla relazione inglese 1 ° gruppo, oppure di non colpi appare chi,uo se si dello stesso Cleopat tratti d ra. Ma egli dal stessi tesro colpi della già nostra esposizione apparirà fra breve di che cosa si trattò.
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livolo che era sulla catapulta. Fu questo incendio che, osservato dal Cleopatra, diede all'Amm. Vian l'impressione di aver colpito la corazzata italiana.
Alle 18.51 l'Amm. Iachino (che dieci minuti prima aveva ordinato alla sezione Geniere-Scirocco, che - come si ricorderà - era partita con ritardo da Taranto, d'invertire la rotta governando verso nord essendo ormai escluso che facesse in tempo ad intervenire nello scontro) ordinò a tutti di accostare per 3 30° aumentando a 26 nodi per allontanarsi rapidamente dalla zona infestata da siluri ed estremamente fosca per la nebbia avanzante, sospinta dal forte vento di scirocco. Proprio mentre stava accostando per 330° la Littorio fu colpita da un colpo da 120 mm di uno dei Ct attaccanti nel barcarizzo (scala) di dritta, che era rizzato alla battagliola (specie di parapetto, costituito da aste verticali tra le quali corrono orizzontalmente cavetti di acciaio); il colpo scoppiò sul ponte, vicino alla murata, provocando colle sue schegge lievi danni. Gli Inglesi però non rilevarono questo unico loro proietto andato a segno. Fra le 18.56 e le 18.58 il tiro cessò da ambo le parti. Gli Inglesi rimasero coll'impressione di avere quasi certamente colpita la Littorio con un siluro e con vari colpi degli incrociatori, il ohe era del tutto inesatto. Gli Italiani furono certi di avere danneggiato in quest'ultimo tempo due Ct, il che era esatto.
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In questo quarto tempo dell'azione navale intervennero 12 velivoli siluranti tipo S. 79 partiti da Catania, oltre ad alcuni bombardieri tedeschi.
Oltre a questi 12 apparecchi avrebbero dovuto attaccare le navi britanniche altri velivoli. Ma quattro S. 79, partiti da Bengasi, rientrarono senza aver trovato il bersaglio per le pessime condizioni atmosferiche; 27 aerei, di cui 9 siluranti e 18 bombardieri, dislocati a Sciacca, non poterono decoJlare per sopravvenute condizioni meteorologiche proibitive nella zona di Sciacca; per lo stesso motivo dovettero rinunciare all'azione quatro S. 79 siluranti dislocati a Iraklion (Creta). I 12 che poterono intervenire apprezzarono di avere ottenuti risultati - come al solito - eccezionalmente favorevoli: affondati I Inc e 2 P.fì; colpiti 2 Inc (o 1 Inc e 1 Ct) e 2 P.:fì; probabilmente colpito 1 Ct.
Tre apparecchi non tornarono alla base.
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Gli attacchi si svolsero superando serie difficoltà per la violenta reazione contraerea, per la scarsa visibilità dovuta a1le cortine nebbiogene, per le condizioni cicloniche d'ella zona.
La relazione inglese non segnala alcun colpo dei velivoli andato a segno. Durante tutta l'azione il convoglio avrebbe subìto 28 attacchi.
27° La rottura del contatto
Cessato il tiro, le Forze britanniohe continuarono a far nebbia fino alle 19 .13, quando apparve assai improbabile che la F. N. italiana, perduta di vista alle 19.00 con rotta verso NW, tornasse all'attacco ,data l'oscurità imminente.
Alle 19.00 l'Amm. Vian emanò l'ordine convenuto « Esecuzione Operazione B », che autorizzava il convoglio a proseguire per Malta in formazione diradata allo scopo di non offrire un bersaglio compatto ad attacchi aerei che non sarebbero mancati il mattino dopo nelle vicinanze di Malta. Il Breconshire (capo convoglio) diede subito le disposizioni del caso. A protezione indiretta e diretta dei piroscafi furono destinati: Il Penelope e Carlisle - Ct Havock, Legion, Southwold, Beaufort, Dulverton, Hurworth, Avon Vale, Bridge.
Al Kingston, che alle 19 .09 era riuscito a domare l'incendio e a poter navigare a 16 nodi con una sola caldaia, fu data libertà di manovra per andare anch'esso a Malta insieme col convoglio.
Alle 19.40 l'Amm. Vian, non essendo più in vista il convoglio e avendo certezza che le forze italiane non sarebbero più tornate verso il convoglio tanto più che la Littorio - secondo lui era danneggiata eia un siluro, decise di rientrare colla Forza B ad Alessandria. Il tempo era ormai pessimo, con burrasca forte da scirocco, col moto ondoso del mare in aumento. e la nafta residua dei Ct non avrebbe consentito di rimanere ancora una giornata nel Mediterraneo Centrale a ponente di Bengasi, per cui era necessario per la Forza B trovarsi di giorno il più possibile a levante nelle acque del « viale delle bombe » ( cosl chiamavano gli Inglesi la zona di mare compresa fra Creta e la Cirenaica).
Perciò alle 19 .40 la Forza B accostò per 50° e alle 20.40 per 80° con velocità di 22 nodi, riducendo a 18 nodi alle 21.30 per ridurre il tormento dato dal mare agli scafi.
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Dal canto suo, la F. N. italiana, che dalle 18.51 stava marciando a 26 nodi per 330°, accostò per nord alle 19.06 e poco dopo l' Amm. Iachino ordinò a tutte le navi maggiori la formazione in linea di fila unica, coi Ct in scorta laterale ravvicinata. Alle 19 .20 la velocità fu ridotta a 24 nodi e dalle 19 .48, ad oscurità completa ormai sopraggiunta, le due squadriglie Ct furono messe in doppia colonna di poppa alle navi: l'lla sq. Ct a sinistra e la lY sq. Ct a dritta.
28° Il rientro ad Alessandria della Forza B e il movimentato arrivo a
Malta del convoglio
a) La Forza B.
Alle 03.25 del 23 la Forza B ridusse a 15 nodi e alle 06.30 gli incrociatori dovettero invertire la rotta per riunirsi coi Ct, che erano rimasti indietro a cagione del mare grosso. Avvenuta la riunione alle 07 .00, la Forza B riprese a navigare verso Alessandria a 14 nodi.
Dalle ore 8 in poi ebbe sempre una pattuglia di aerei « Beaufighter » nel suo cielo.
Durante la giornata del 23 la velocità fu gradatamente aumentata col migliorare del tempo. Alle 13 .00 erano stati raggiunti 20 nodi ma alle 15 .3 5 la Forza B dovette ridurre per un'ora ad una velocità moderata per permettere al Ct Lively di riparare le avarie dovute alla tempesta e quelle subite in combattimento, rimettendo a 20 nodi alle 16.35.
Nella mattinata fu avvistato qualche velivolo avversario, che non poté essere facilmente allontanato perché le comunicazioni coi cacciatori non funzionarono bene. Alle 16.10 si manifestò il primo attacco di otto Ju.88, sei dei quali concentrarono le loro offese contro il Lively che era isolato, di poppa agli incrociatori. Nessuna unità sofferse danni.
Alle 13.42 la Forza B fu sentita verso sud cogli idrofoni dal Sm Onice. Il Sm mise in moto regolandosi cogli idrofoni e alle 14.15 vide una formazione, che giudicò composta di 3 o 4 incrociatori con alcuni Ct di prua e di fianco. Il mare grosso gli impediva la visione chiara e completa. Alle 14.33 il Sm lanciò da circa 3000 metri due siluri, che non colpirono, sebbene esso sentisse tre minuti dopo una doppia esplosione, seguita da quattro violenti scoppi di
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bombe antisom. Di questo episodio non vi è traccia nella relazione inglese; al momento dell'attacco la Forza B era circa 70 miglia a nord di Derna.
Alle 22.00 la velocità poté essere portata a 22 nodi, ma verso le 23 il Lively fu avviato a Tobruk per riparare le avarie, non essendo in grado di marciare a più di 17 nodi.
La Forza B fu nuovamente attaccata da velivoli siluranti dell'Egeo alle 19,10 del 23 e alle 07 .55 del 24 marzo; essi colpirono in totale - secondo il loro apprezzamento - 3 incrociatori oppure 2 incrociatori e 1 Ct. Ma in realtà tutti i siluri andarono a vuoto.
La Forza B entrò, indenne, ad Alessandria alle 12.30 del 24 marzo.
b) Il convoglio.
Il convoglio, diradatosi subito dopo le ore 19 del 22 mar7o, diresse per Malta colla protezione delle unità citate nel precedente paragrafo.
Durante il giorno 23, dall'alba :fino alle ore 17,45 bombardieri Ju.88 e 7 bombardieri Me.109 si avvicendarono nell'esecuzione di ricognizioni offensive su Malta e sulla zona a sud dell'isola. Non fu possibile, per la persistente impraticabilità dell'aeroporto di Sciacca l'impiego di bombardieri italiani; né furono potuti impiegare gli aerei siluranti per l'altezza delle onde, che rendeva pericoloso il volo a quota minima e precarie le condizioni del lancio e della presa d'acqua dei siluri.
A cagione delle condizioni atmosferiche sempre avverse e alla dispersione delle navi avversarie non fu possibile allora agli Alti Comandi italiani farsi un'idea dell'entità delle forze e dei piroscafi in rotta per Malta, ché se fossero stati veri i risultati degli attacchi aerei apprezzati il giorno prima sarebbero stati, distrutti 3 piroscafi, sarebbero stati danneggiati da tre siluri e da bombe gli altri 4 piroscafi del convoglio (fu sempre stimato che i piroscafi fossero 7), sarebbe stato affondato 1 Inc e danneggiati con bombe o siluri 6 Inc ( di cui 2 con due siluri ciascuno) e altre 3 unità non precisate se Inc o Ct. Perciò a Malta non avrebbe dovuto arrivare che qualche unità sperduta.
Il 23 invece gli aerei ottennero concreti risultati, ed altri ancora il giorno 24 attaccando i bastimenti all'ormeggio a Malta.
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Ecco quali furono le vicissitudini del convoglio secondo la relazione inglese.
Tutte le navi britanniche furono sottoposte a violenti attacchi aerei a cominciare da poco dopo l'alba del 23 marzo, pure es·sendo esse sotto la protezione degli « Spitfìres » e degli « Hurricanes » di Malta. Vari apparecchi tedeschi vennero distrutti o danneggiati dai cacciatori (furono 4 i velivoli non rientrati alle basi), che costrinsero altri velivoli a sbarazzarsi del carico di bombe prima di rientrare non avendo potuto sganciarle nei tentativi di attacco.
I piroscafi T alabot e P am pas, ohe avevano marciato bene, passarono la diga del porto di Malta rispettivamente alle 09 .15 e alle 09 .30 del 23. Il Breconshire, quando gli restavano soltanto da per·correre le ultime 8 miglia della sua fortunosa traversata, fu colpito e immobilizzato. Il Carlisle e il Penelope fecero vani tentativi per prenderlo a rimorchio e alla fine esso dovette dar fondo al largo della meda di Zonkor.
Il piroscafo Clan Campbell, che durante tutta la traversata aveva sviluppato una velocità inferiore agli altri piroscafi tanto da dover rinunciare a zigzagare durante il loro zigzagamento, si trovò allo spuntar del giorno circa 50 miglia a sud di Malta, scortato dal Ct Bridge. Fu presto attaccato e alle 10.30 fu colpito da bombe: affondò rapidamente col locale dell'apparato motore invaso dall'acqua. Il Ct Bridge raccolse 112 naufraghi con una difficile operazione di salvataggio, compiuta in due ore e mezza col mare tempestoso. Il Ct Legion, che aveva avuto ordini di unirsi ail'Eridge e al Clan Campbell, avariato da una bomba cadutagli vicino, fu portato ad arenare a I'v'larsa Xlokk. Nella notte fra il 24 e il 25 il rimorchiatore militare Ancient, con una brillante operazione di rimorchio eseguita in circostanze difficili sotto la direzione del C. V. A. D. Nicholl (comandante del Penelope) coll'assistenza del Capo Pilota Murphy, portò il Breconshire a Marsa Xlokk. Sfortunatamente durante le operazioni inte.se a proteggere il Brenconshire, mentre era ancora alla fonda, era andato su una mina il Ct Southwold: il maltempo aveva frustrato i tentativi fatti per porlo in salvo e il Ct era colato a picco. Il piroscafo, attaccato nuovamente a Marsa-Xlokk, affondò a sua volta poco lontano dal Southwold. Così dei quattro bastimenti componenti il convoglio, soltanto due avevano raggiunto il Grand Harbour di Malta.
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Ma l'odissea dei piroscafi non era finita: sotto i continui at-· tacchi aerei su Malta anche il T alabot e il Pampas finirono per essere affonda ti in porto ( 1).
In definitiva, soltanto 5000 delle 25000 tonnellate di carico~ partite da Alessandria e trasportate con tanto rischio e a così grave prezzo, poterono essere scaricate e poste in salvo.
L'insistenza degli attacchi aerei impose di far sfollare da Malta le unità militari che già vi si trovavano e quelle giunte in più col convoglio. Perciò esse furono fatte partire nella seguente success10ne: 25 marzo: Carlisle, Hurworth, Du _ lverton, Bridge e Beaufort per Alessandria; 29 ma,.rzo: Aurora e Avon Vale per Gibilterra; 5 aprile: Havock per Gibilterra; 8 aprile: Penelope per Gjbilterra.
La partenza di queste navi, effettuata sotto il continuo imperversare degli attacchi aerei, rappresentò un'impresa in cui fu impegnata tutta l'abilità dei Comandi di bordo e di terra. Tutte le unità raggiunsero i porti di destinazione, eccetto l'Havock che - per errore di navigazione - incagliò ad alta velocità presso Kelibia a sud di Capo Bon. Fu reso inutilizzabile dal suo equipaggio, che fu internato dalle Autorità francesi.
Il Ct Kingston non poté essere riparato in tempo dei danni riportati il 22 marzo e fu distrutto dalle bombe aeree in bacino a La Valletta.
Finì così l'attività della Forza K che da quasi sei mesi era dislocata a Malta, creando serie preoccupazioni e arrecando non lievi danni alla nostra Marina.
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29° Il rientro a Taranto della F. N. italiana
La F. N. aveva appena assunta la formazione di marcia notturna sulla rotta nord, ordinata dall' Amm. Iachino alle 19 .48, quando il Bande Nere comunicò che rollava in modo tale da correre
(1) Nelle opetazioni dei giorni 23-24-25-26 marzo il Il CAT eseguì in successive riprese circa 800 missioni-velivolo, perdendo 9 apparecchi.
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pericolo d'ingavonamento e chiedeva libertà di manovra per seguire la rotta 60° ( 1).
Immediatamente, cioè alle 20.00, l'Ammiraglio, ordinò di accostare per 25° e di ridurre la velocità a 20 nodi; alle 20.26 mocfificò la rotta in 10° e due minuti dopo autorizzò il Bande Nere a seguire la rotta da esso proposta, finché avesse creduto necessario in relazione collo stato del mare, e poi a rientrare a Messina. Il comandante de] Bande Nere era il C.V. Lodovico Sitta.
Alle 20.34 giunse all'Amm. Iachino l'ordine di Supermarina di rientrare alle basi.
Gli effetti del mare si fecero sentire ben presto su vari Ct, particolarmente logorati dai pesanti servizi di scorta ai convogli colla Libia, cui erano spesso destinati per difetto di torpediniere e di unità da scorta: alle 20 .30 il Lanciere, non potendo mantenere la velocità, era rimasto indietro con rotta 20°; alle 20 .4 5 lo Scirocco, per avarie sopraggiunte, fu costretto a ridurre a 14 nodi proseguendo con la sola motrice di dritta in moto; alle 20.45 I'Oriani chiese all'Ascari di assumere una rotta non inferiore a 3 5°, a causa dell'asportazione di un portello del locale macchine; alle 20 .54 anche il Geniere ( che era il capo della sezione
« Geniere-Scirocco ») ridusse a 14 nodi e alle 21. 3 O i due Ct diressero per nord; alle 21.1 O anche l'Aviere era scaduto per impossibilità di mantenere la velocità; ma poi riuscì a riaumentare gradatamente; alle 22.4 5 il Lanciere si arrestò per riparare avarie all' apparato motore; alle 23 .00 la sezione « Geniere-Scirocco » poté riprendere la velocità di 20 nodi;
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( 1) Quando si marcia a velocità elevata con mare grosso in poppa o, peggio, all'anca (o giardinetto, che dir si voglia) come nel caso della forza navale italiana, si rolla generalmente in modo molto accentuato e le navi con speciali caratteristiche di stabilità come i tipi « Bande Nere» possono raggiungere oscillazioni di ampiezza pericolosa. Quando si possa scegliere la velocità, come accade in tempo di pace, bisogna andare adag:o.