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STATO SOLIDO

L'ACCAMPAMENTO LEGIONARIO

FRA TPRTMJ ESEMPI Dl ACCAMPAMENTO VI È QUELLO IMPIANTATO A TROLA, PRESSO LE NAVI DEGLI ACHEI TIRATE IN SECCO. LE VELE NE FURONO LE TENDE ED I PENNONI I SUPPORTI. RESTÒ IN FUNZIONE PER OLTRE DIECI ANNI FORNENDO cost UNA PJENA VERJFICA DELLA VAUDJTÀ DELLA SUA CONCEZ IONE CHE

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SARÀ RIPROPOSTA FINO Al GIOR.J\11 NOSTRJ, SIA PER US I MILITARI CHE crvru.

Fra le realizzazioni più impo1tanti dei Romani, non fosse altro che per le implicazioni tattiche garantite e le conseguenze urbanistiche, spicca l'accampamento legionario. Per gli studjosi dell'arte militare fu una sorta di fortificazione mobile, una base ambulante ed un originale impianto residenziale.' >Per gli studiosi di urbanistica la sua ripartizione, ù1fatti, che si riscontra al centro di molte città europee, ne fu l 'incliscutibile premessa. 2l Nonostante ciò, sene ignora non solo l'origine ma anche la collocazione cronologica della sua adozione: forse avvenne nel IV secolo a.C. nel contesto delle guerre italiche.3 l Plausibile reputarlo una reminiscenza d'età preistorica, ad esempio, dei villaggi trincerati dauni. 4>

Dal punto di vista geometrico ostentava un perimetro rettangolare a spigoli smussati: ve ne erano, tuttavia, di varie tipologie che, in prima approssimazione, si possono distinguere in:

CAMPI DA OPERAZIONI - castra aestiva

QUARTIER! D'JNVERNO - hiberna

CAMPI DI TAPPA - stationes

CAMPI STRATEGICI - presidia

CAMPl FRONTALIERI - stativo

La capacità ricettiva cli un campo legionario oscillava tra un minimo di alcune migliaia di uomini e un massimo cli alcune decine di migliaia, con i relativi animali, ossia cavalli, muli e bovini da macello. Igino ce ne ha tramandato le dimensioni di uno destinato a un esercito cli 42.000 soldati, pari a m 687 x 480. 51 Le difficoltà insite neUa formazione cli tm accampamento, quale che fosse, scaturivano dai molti condizionamenti ambientali che doveva soddisfare, primo fra tutti l 'adiacenza d 'lm corso d'acqua. Anche quando lo si costruiva ogni sera il metator, che precedeva la truppa, doveva trovare un sito adeguato e il librator curarne lo spianamento; solo allora il mensor, poteva delimitarne gli spaz i rettangolari riservati alle tende. 61

· 'amp i le- . dei diversa e, . 74-75- 76. Resu , l'assedio rotilizzati durank gionan u Gernsalemme. ., 1a no da Masada, d. 'poca arcaica. n' mpo I e d 77 Schema d1 ca mano secon o · · mpo ro 78. Schema d1 ca Polibio 77

RETt:NTlJRA - LATERA PR,\ETORll - PRAETENTl

LE TE'.'I DE DEI LEGIONARI

Per restare ancora all ·accampamento romano, ques te per grandi linee , le caratteristiche della tenda di pelle simile alla odierna canadese, detta papi/io. sotto cui i legionari si riparavano 7l : era formata da due spioventi sonetti da un apposito cavalletto di legno e veniva fissata al suolo, tramite corde, da picchetti , di circa 40 cm, e sempre di legno. A pianta quadrata , ingombrava circa 3.5 m per lato, di cui 3 interni e 0.5 estemj, per l'ancoraggio; in pratica copriva 9 mq ed era alta al colmo circa m 1.80 e all ' imposta solo m I. Vi si accedeva attraverso due teli frontali mobili e vi dimoravano otto uomini, con i loro effetti personali e 1e anni, in stretta promiscuità. 1 teli derivavano da pelli bovine, per Io più cuoio di rilevante spessore , ideale per resistere alle intemperie. Per ciascuna tenda ne occorrevano almeno 25 che, con i tiranti e i picchetti, facevano ascenderne il peso complessivo a circa 30 kg. Considerando che ogni legione doveva dispoJTe di 500 tende del genere, più molte altre maggiori, il loro peso complessivo da trasportare sui caniaggi superava le 20 t: in pratica a lmeno una cinquantina di cani! 8l

79. Dìsposizionc per il riposo <lei soldati sotto la tenda (XVIII scc.) analoga a quella <l.:i romani.

80. Roma. Colonna Traiana, sullo sfondo alcune tende.

81-82. Ricostruzione di tende romane e loro dettagli.

83. Stampe del XVII sec. raffiguranti legionari intenti all'impianto del campo.

83 MILITES LIGNATORES ad i11jlr1H11da caflrd. - - -·--

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Nel brano prec e dente si percepisce implicitamente l ' uso di uno squadro e d'una livella: solo loro tramite si poteva ottenere un campo rettangolare con lie ve pendenza Furono questi due umili s trumenti che rese ro pre c i s a e rapida la forma z ione del! ' accampamento. Ad essi , col passar del tempo, se ne aggiunsero molti altri sempre più precisi e sempre più complessi, fino a ricordare l ' ultima strumentazione ottica appena dismes s a. Ma prima di passare alla loro sommaria descrizione, giova fornire una tabella di compara z ione d e lle principali unità di misura lineari vigenti: 9 >

D ITO

P ALMO

S PANN A

C UB ITO lTI 185 (62 5 PI)) ffi [ 482 (5000 PD1 fil 7500 (7500 PD)

Ar C Hip En D O Lo

Questo elementare strumento si crede di remota origin e egiziana, forse delle prime dinastie De1ivò dall' unione del filo a piombo con la squadra: l'etimologia risulta a s ua volta composta dai tennini archi= superiore e pendolo= filo a piombo, quindi un qualcos a di più del semplice filo a piombo, defini z ione che pur s i attaglia pe1fettamente, fungendo anche da livella. Constava di una squadra a fom1a di A , con l'ango lo al vertice di 90°, esatta metà d ' un telaio quadrato. Proprio dal vertice s cendeva il filo a piombo che, quando coincideva con la tacca centrale della traversa , indicava la giacitura orizzontale del piano sul quale insistevano i due bracci. Riprodotto su innumerevoli bassorilievi e persino su alc u ni mosaici , lo s tnunento è rimasto in us o fmo al secolo scorso, scomparendo in segu ito al diffondersi della livella a bol la 10>

8~. Archipendolo in ]con , d1bronzod'"'0t:Onnntorzi 1 epoca 1m · raftiourato i11 penaleromana 8 - "' un mosaico di p . ' ,. Bassodlievo ro ompe1. un archipcndol L' ma1~0 raffigurante zionale. o Aq uila. Museo Na -

86. Arch ipendo lo , 87 i.:gJLJal10 Bassori lievo romanstrumentid1'lo ratli,gurante oli avo ro di o maestro d ' asc ia 1 .u? carpentiere 0 . ra cu, ] ·arch ipendolo.

Odometro

Il metodo più semplice per misurare le distanze fu, a lungo, quello di contare i passi, per percorsi relativamente brevi, e le giornate di marcia negli altri casi. Mille passi divennero il miglio, scandito lungo le strade romane da una apposito cippo: la pietra miliare. Sui restanti itinerari, computare le distanze risultava di gran lungo più complesso, soprattutto quando si viaggiava sui carri. Si spiega forse così la molteplicità degli archetipi di odometro, il primo strumento automatico di misurazione, attualmente noto con la banale definizione di contachilometri.

Vitruvio ne tramanda. dettagliatamente il modello più semplice, in due versioni, una terrestre e l'altra navale, entrambe idoDee a contare il numero di miglia percorse, ma non le frazioni intermedie.

11 congegno, azionato da una lama eccentrica solidale al mozzo d'una ruota, il cui diametro doveva essere di 4 piedi di modo che due giri equivalessero a 5 passi, constava d'una serie di ruote ciascuna munita di 400 denti. Avanzando il cano, ad ogni giro della ruota il mozzo spostava di un dente l'ingranaggio del congegno Occonevano 1000 passi per una sua intera rotazione; questa, a sua volta, provocava lo scatto di un solo dente della ruota successiva, sempre di 400 denti ma collocata orizzontalmente, sopra una piastra dotata di un buco. Lungo la sua corona, simile ai dischi dei vecchi combinatori telefonici, in una teoria equidistante di fori stavano collocate altrettante pietruzze: il coincidere del foro superiore col buco della piastra, le faceva cadere una per volta in una apposita campana di bronzo. Il suono indicava il miglio percorso e il numero complessivo delle pietruzze l'intera distanza. 11 1

Sostanzialmente simile l'odometro navale, fatta salva l'adozione di ruote a palette ai fianchi della nave al posto di quelle a cerchione ai fianchi del carro. La disposizione, che deve supporsi desunta dai mulini galleggianti, è la più antica enunciazione del battello a ruote laterali. 121

Odometro Di Erone

Del tutto uguale ai moderni contachilometri, tranne che per la grandezza, l'odometro realizzato dal celebre Erone di Alessand1ia. Di lui ben poco sappiamo, nonostante l'immensa reputazione e le innumerevoli opere attribuitegli 13> , delle quali alcune ci sono fortunosamente pervenute. Solo da pochi anni si è dimostrato che visse in Egitto nel I secolo d.C.. dirigendo a lungo la mitica biblioteca alessandrina suo odometro forniva misurazioni con stima analogica continua, tramite una serie di quadranti circolari sui quali giravano apposite lancette. 141 Il meccanismo era contenuto in una scatola di legno, dal fondo della quale una piccola ruota a pioli, simile ad un timone in miniatura, la sc iava sporgere uno dei suoi otto corti perni. La solita lama eccentrica, solidale al mozzo della ruota, spostava un perno per volta: otto giri della ruota per un gi ro del timone. Questo a sua vo lt a, tramite un asse, terminante a vi te senza fine, provocava con una decina di giri un'unica rotazione di una ruota dentata , la quale, solidale a una seconda vite, dopo un'alu·a decina di giri, imprimeva un'unica rotazione alla ruota dentata successiva, che si comportava nella medesima maniera con l ' ultima. TI rapporto numerico fra i denti delle ruote e le spire dei vemu delle viti, va supposto come puramente indicativo: in linea di massima si può pensare ad una riduzione di 1/ l O, per cui una ruota con trenta denti avrebbe dovuto compiere un rotazione completa ogni dieci di una vite a tre spire. La stima della distanza percorsa avveniva per lettura: ali' estremità quadrata di ogni asse era fissata una lancetta , che ruotando su di un quadrante graduato, forniva l'indicazione sulla rispettiva scala di misura. come, ad esempio, avviene nei moderni contatori dell'acqua. Occorre aggiungere che la trasmissione a vite-mota dentata , rispettivamente elemento movente ed elemento condotto con alberi sempre ortogonali fra loro, non è reversibile li che, evitando qualsiasi regressione, frustra eventuali enori di misura, ma richiede che l'eccentrico sul mozzo possa piegarsi se sollecitato alla rovescia, qualora accidentalmente s'inverta la rotazione. ln caso contrario , infatti, sarebbe stato reciso ogni volta che la rnota, fosse tornata indietro, anche di un solo passo .

88. Odometro disegnato da Leonardo da Vinci, f. I retro, Codice A!la111ico, secondo le indica7ioni di Vitruvio.

89. Dispositivo degli ingranaggi dell"odometro. dettaglio dello stesso foglio. 90. Attuale odometro concettualmente identico a quello disegnato nel Codice Atla111ico.

91. Ricostruzione virtuale dell'odometro navale. secondo le indicazioni di Vitruvio.

Baculo

Quando non riusciva possibile misurare di.rettamente una distanza, interponendosi una profonda gola, un largo fiwne o un braccio di mare , si ricorreva a un rudimentale telemetro: il bastone di Giacobbe, detto anche baculo o balestriglia o ancora radio. La precisione dello strnmento dipendeva molto dall'esperienza del suo operatore ma, in ogni caso, restava sempre scarsa. Storicamente il baculo risulta usato dapprima dagli Egizi, poi dagli Ebrei e quindi dagli Arabi. ln Europa giunse nel Medioevo 15}, portato forse dal matematico Levi ben Gerson ( 12881344). TI modello più arcaico, constava di una semplice asta graduata sulla quale poteva scorrere una più piccola

92. Ricostruzione virtuale del l' odometro di Ero ne.

93. Il sistema di trasmi~s ione a vi te senza fi n e.

94 Una ricostruz io ne m oderna di balestr igl ia e la ricostruz ione sc hemat ica del baculo d i epoca romana.

95 L'utilizzo de l bacu lo in una s tampa medievale. 93 95 a croce: la stima si basava sulla similitudine dei triangoli rettangoli. La rozzezza dello sm1mento, però, la rendeva estremamente approssimata. pur essendo i I relativo criterio informatore alla base degli attuali telemetri ottici. li che non impedì il protrarsi del suo impiego, fin quasi all'età moderna. Secondo alcuni studiosi dal baculo derivò il radio latino, un petfezionamento del radio greco, detto appunto bastone di Giacobbe.

GROVIA

Improbo stabilire dove e quando la groma fu inventata: forse ebbe origine in Mesopotamia, da dove intorno al IV secolo a.C. l'avrebbero cooptata i Greci, ribattezzandola gnomona o stelletta. Quindi tramite gli Etrnschi pervenne ai Romani, che la definirono gruma oferramentum. In dettaglìo consisteva in una croce di fcJTo o di bronzo dai cui bracci scendevano quattro fi li a piombo. Traguardandone le opposte coppie, l'agrimensore individuava due direttrici a squadro fra loro, che g li consentivano di suddividere il terreno in allineamenti ortogonali. 16>

Che lo strumento, nonostante la sua arcaicità, fosse di impiego corrente e diffuso anche secoli dopo, lo dimostra il rinvenimento di un esemplare a Pompei e la raffigurazione in alcune steli funebri. Per quanto se ne può desumere, l'asta di un paio di metri, soJTeggeva la croce ben al di sopra degli occhi dell'operatore, che poteva perciò liberamente traguardare i fili a piombo. li vero limite dello stmmento si rivelava quando anche un debole vento, facendo oscillare i fili, impediva la col l imazione.

S Qua Dr O A G Ri Mens Orio

Il superamento della banale deficienza si conseguì con lo squadro agrirnensorio, a tamburo o a bossolo. La funzione dei fili. infatti, era affidata a sottili fessure, praticate ad intervalli regolari, sulla superficie laterale di un tamburo cilindrico. Nei modelli usuali l'intervallo era di 90° che scendeva a 45° in quelli più accurati. Per impieghi di maggiore importanza, ecomunque diversi dalla semplice squadratura, si riduceva addirittura a 22°30'. Traguardando attraverso una fessura quella opposta corrispondente veniva individuata una direttrice; quindi, tenendo saldamente fisso lo strumento, traguardando nuovamente dalla fessura a 90°, s'individuava la direttrice ortogonale alla precedente. Infine. traguardando dalla fessura a 45° si determinava la diagonale e la sua bisettrice da

96. Ricostruzione virtuale della groma quella a 22°30' 171 : si potevano perciò tracciare figure geometriche a 8 o a I 6 lati. con notevole precisione.

97. Puntale di groma. Ercolano.

98. Bassorilievo di epoca imperiale raffigurante una groma.

99. Legionario intento all'utilizzo della groma .

Per la messa in stazione dello squadro lo si innestava nell'estremità superiore rastremata di un'asta di legno, munita inferiormente d'una cuspide ferrata per l'inserimento nel teJTeno. P1ima di procedere alla collimazione occorreva verificare la perfetta verticalità dell'asta, con un filo a piombo. In merito all'origine dello squadro agrimensorio, se ne ignora sia l'epoca che il luogo e ovviamente l'ideatore. Il rinvenimento di un esemplare, sostanzialmente integro, a Coblenza fogò ogni riserva: nella fattispecie si trattava d'un bossolo a p1isma ottagonale, con una fessura su ogni faccia a 45 °. 18) Perso a iidosso dell'ultimo conflitto, fu rimpiazzato nel 1997 da un secondo esemplare affiorato in Spagna, durante gli scavi dei rnderi di una villa romana del III sec. d.C.

Il reperto, costituito da un tamburo cilindrico di bronzo, ha una altezza di circa 19 cm per 8 di diametro ed é scandito da sedici fessure, disposte verticalmente ogni 22°30', larghe mezzo millimetro. Perfettamente identico ai modelli ottocenteschi, sottoposto a verifiche pratiche, ha dimostrato che a 50 m di distanza, il campo visivo d'una sua fessura, non eccede i 40 cm. con un errore angolare massimo di 30'.

100 l 00. Piamc, prospcrti e sezioni di due modelli di squadro agrimensorio dì epoca romana.

IO I, Ricostruzione virtuale degli stessi.

I 02 Reperto di epoca romana di squadro agromensorio ed esemplare del XIX sec. 102

Corobate

L'esigenza di contenere la pendenza massima delle sh·ade nel 3% e nello 0.1 / 1000 degli acquedotti, stimolò la realizzazione di efficienti strumenti per livellazioni di precisione, in seguito propriamente detti livelli. Questi, a differenza di quelli impiegati nei lavori di carpenteria e nell'edilizia, dovevano consentire levate altimetriche lungo tracciati di ragguardevole estensione, spesso dell'ordine di centinaia di km. Erano, perciò, strumenti indispensabili, idonei alla stima per traguardo a discreta distanza, capaci cioè di valutare l'orizzontalità non di una lastra ma di una direttrice di alcune decine di metri. Si ricorse quindi alla capacità dell'acqua di mantenere la sua superficie sempre perfettamente piana, quale che fosse il contenitore e la sua inclinazione. Lo strumento più noto e affidabile derivatone fu il corobare romano, ancora in uso in età rinascimentale.

Stando a Vitruvio 19\ il corobate va immaginato come una sorta di panca di legno, alta poco meno di un metro e lunga circa sei. Sull'asse superiore correva una scanalatura longitudinale lunga, a sua volta, circa un metro e mezzo, profonda e larga un paio di centimetri, che poco prima dell'impiego si riempiva completamente di acqua. Quando il corobate poggiava perfettamente in piano, l'acqua lambiva il bordo della scanalatura; in caso contrario tracimava da una parte. Si ponevano allora, a l di sotto de lla corrispondente estremità, degli spessori fino a quando l'acqua non fosse tornata a lambire tutto il bordo. A quel punto, traguardando direttamente lungo la superficie dell'acqua, posto lo scopo a notevole distanza e magari avvalendosi anche di adeguate mire, si definiva la direttrice orizzontale.

Diot Tr A Di E Rone

Ovviamente, uno strumento topografico lungo sei metri, ancorché preciso era troppo ingombrante in campagna Senza contare che il vento e soprattutto la pioggia ne impedivano l'uso li vero salto di qualità si ebbe quando Erone riuscì a costruire la diottra che, montando un apposito accessorio, al posto dell'alidada 20>, si trasformava in un livello di grande precisione. Per molti versi va considerato l'antenato del teodolite. Dal punto di vista etimologico, diottra in greco è composta dai vocaboli dià = attraverso e opteuo = osservo: osservo attraverso, definizione calzante a ogni strumento, munito di traguardi di mira attraverso i quali si individua una direttrice; tali traguardi saranno sostituiti da un cannocchiale subito dopo la sua invenzione.

103. Giovanni Branca, Macchine Roma 1629. tav. XXXIX: sistema per livellar..: a \asi comunicanti di vetro e tubi flessibili di raccordo.

I 04. Ricostru z ione virtuale del li vello di Erone a vasi comunicanti e traguardi ottici.

I 05. Ricostruzione di corobatc romano secondo la descrizione di Vitntv io.

Erone ce ne ha lac;ciato una meticolosa descrizione nel suo Trattato della Diottrica, tradotto dal greco da Giambattista Venturi nel 1804. 21 ' Lo stmmento fu studiato per effettuare misure angolari mediante un'alidada, in grado cl.i girare orizzontalmente e ve1ticalmente. Due mote sernidentate, poste in rotazione tramite due viti senza fine munite di manopole. consentivano l'w1a la rotazione nel piano 01izzontale e l'altra in quello verticale. Si p01tava così a collimare la linea di mira con gli scop i. ricavandone l'azimut e l 'e le vazione. Grazie all'adozione d'una sorta di crocifila applicato ai traguardi dell'alidada, la precisione del rilevamento era esaltata e, verosimilmente. si spingeva fino a 30'. Una colonnina a tripode, antesignano cavalletto, sosteneva lo strumento e un filo a piombo disposto al suo fianco ne garantiva la verticalità.

li Venturi suppose che, oltre al piatto goniometrico per la misura degli azimut. vi fosse un semidisco verticale per la misura delle elevazioni. In pratica un dispositivo simile ad un inclinometro: dal momento, però, che di ciò non vi è alcuna menzione né alcuna allusione nel testo, si è preferito s uppo1Te che la rotazione verticale fosse del solo traguardo e avvenisse nella sua forcella di brandeggio sul piatto goniometrico. Collocazione che, potendosi equiparare dal punto di vista funzionale al cannocchiale, rende anche più moderna la diottra.

Quanto poi alla trasfonnazione in livello, si otteneva sostituendo al traguardo un regolo di legno, recante al suo interno un tubicino di rame, le cui teste fuoriuscivano fonnando una U.221 Ad esse stavano fissati due terminali di vetro trasparenti , perciò, impiegandosi un liquido opaco, come il vino rosso, si potevano far coincidere con assoluta precisione due cursori con i livelli del liquido. In pratica due vasi comunicanti con un indice!

I suddet1i cursori, erano in pratica due cravatte di metallo, collocate all'esterno dei tubetti di vetro e in grado di sconervi sopra, ciascuno munito di una linea di mira. Tramite queste una volta che il liquido s i fosse stabi li zzato era possibile effettuare la collimazione. li regolo contenente il tubo è descritto lungo 12 dita, circa 25 cm, misura perfettamente congrua alla funzione .

L'accessorio più interessante, e meno noto, è la coppia di stadie che completavano la diottra e il livello, come nei tacheometri. Tuttavia, dal momento che senza il cannocchiale non era possibi le leggere a distanza la gradazione della stadia, fu escogitata una soluzione per consentirne direttamente la lettura . In pratica, traguardando le mire del livello , si portava a collimare con la loro direttrice un indice mobile lungo la gradazione della stadia. Essendo costituito da un ampio disco metà bianco e metà nero la collimazione non era particolar- l 06. Ricostrnzionc \'Ìllualc di una stadia di epoca romana secondo la descrizione di Eronc. mente di fficilc: infatti, dopo aver ordinato ali' assistente di bloccare il disco una volta allineato, si poteva leggere la misura su lla stadia, registrata dall'indice larerale. 23 > Nel 1907, a largo di Mahadia, venne rivenuto il relitto di una nave romana. Quando molti decenni dopo, il suo carico potette finalmente essere recuperato, fra le numerose opere d'arte di rilevante pregio, furono rinvenute alcune flangie di bronzo, tra cui due semidentate.24> Si trattava di una coppia simmetrica, verosimilmente destinata a provocare la rotazione nel piano verticale e nel piano orizzontale di una diottra.

107. Stampa del xvrr sec., raflìgurante l'utilizzo della diottra di Eronc.

I08. Ruote semidentate rinvenute a Mahadia. a largo della costa di Tunisi.

109. Ricosrruzionevirtualedella diottra di Eronc.

Strumenti Calcolatori

L'ALFABETO FU INVENTATO DAI FENlCI PER AGEVOL.,ARE I LORO COMMERCI LUNGO LE COSTE DEL MEDITERRANEO. PER LA MEDESIMA RAGIONE INVENTARONO O PERFEZIONARONO IL PRIMO STRUMENTO PER IL CALCOLO CHE CONOBBE POI AMPIO IMPIEGO NELL' AMMrNlSTRAZIONE ROMANA.

La capillare organizzazione che per alcuni secoli resse l'istituzione militare romana ebbe, come presupposto e come corollario, un'attenta gestione economica. Il controllo di quegli enormi flussi monetari richiedeva constanti calcoli che, per ovvie ragioni, non potevano effettuarsi solo sul le dita.

Uno strumento capace di sopperire a quel particolare bisogno fu senza dubbio l'abaco. Utilizzava del le pietruzze, non a caso denominate calcoli, per eseguire le addizioni e le sottrazioni, operazioni alle quali venivano Iicondotte anche le moltiplicazioni e le divisioni.

La validità e la rapidità consentita dalla strumento, a chi sa usarlo correttamente è tale che ancora negli anni settanta in molti supermarket sovietici le casse utilizzavano abachi in luogo delle calcolatrici elettroniche!

Abaco Romano

L'origine dell'abaco, al pari della maggior parte delle invenzioni, si colloca verosimilmente intorno al V-lY secolo a.C., presso i Babilonesi. ln età ellenistica l'ingegnoso strumento, razionalizzato e miniaturizzato talmente da stare in una mano, si diffuse nell'area mediterranea. Precisamente s i sa di una tavoletta di legno usata per eseguire calcoli che i Fenici chiamavano abak, gli Ebrei avak, i Greci abac, gli Etruschi apcar e, infine, ahacus i Romani. ln lingua fenicia quel termine significava polvere, riferendosi allo strato di povere, deposto o spalmato su di una tavo- letta. su cui con uno stiletto venivano tracciati i simboli per il computo. 25 )

In epoca romana l'abaco subì un·ulteriore evoluzione divenendo quello che poi resterà uno ai nostri giorni: un esemplare riaffiorato nel 1853 ne consente la dettagliata descrizione. Si tratta di una piastrina di bronzo, lunga cm 11.5, larga 9.4, con nove scanalature parallele al lato minore. divise da una striscia centrale in due parti, in cui scorrono i bottoni, muniti di slargo posteriore che ne impedisce la fuoriuscita. Ogni scanalatura contiene cinque bottoni, tranne la p1ima che ne ha se i, disposti quattro nel segmento cli sinistra ed uno in quello di destra. Quattro unità ed una cinquina per comporre uno dei primi nove numeri: il decimo sarebbe stato il solo bottone di destra della fila seguente. Per indicare il numero 7, si spostavano nella scanalatura delle unità due bottoni di sinistra ed uno di destra (2-5) Le prime due scana lature, partendo da destra, sono riservate alle frazioni, relative soprattutto alla monetazione. La terza scanalatura è delle unità, la quarta delle decine, seguita poi da quella delle centinaia, delle migliaia. delle decine di migliaia, delle centinaia di migliaia e infine dei milioni.

Mesolabio

Sempre alle costruzioni tecnologicamente avanzate, tipo le navi da guerra e le artiglierie elastiche, va ascritto un singolare regolo per l ' estrazione della radice cubica. La necessità di tale operazione scaturiva dal criterio che solo mantenendo costanti le proporzioni d'un congegno, rivelatosi estremamente efficace, non se ne decurtavano le prestazioni. Una nave o una balista, potevano essere ingrandite o ridotte a patto che tutte le componenti mantenessero fra loro le medesime proporzione che avevano quelle originali. Il che detenninava una domanda , apparentemente oziosa: quale misura avrebbe dovuto avere il lato di un cubo perché il suo volume fosse stato il doppio di quello noto di un altro cubo? Da tale domanda, in1plicitamente equivalente, alla estrazione di una radice cubica derivò una ricerca che divenne presto celebre come Problema di De/o. 26 >

Fra le soluzioni proposte, moltissime erano onime per precisione, ma del tutto inapplicabili per quanti a digiuno di cultura geometrica. Ippocrate di Chio, vissuto tra il 460 ed il 380 a.e., nonché discepolo di Pitagora, inventò allora uno strumento per la soluzione meccanica del problema: definito mesolabio e simile ad un moderno calibro a due becchi, fisso il terminale e scorrevole l'altro su una scala graduata, può essere considerato un antenato dei calcolatori analogici 27 l ln pratica, portando a coincidere il becco mobile con due punti precisi su due rette ortogonali - le coordinate cartesiane erano ancora lontanissime da venire- il punto di intersezione dell'altro becco con la retta forniva il valore cercato La soluzione insisteva sulle corrispondenze fra tre triangoli rettangoli simili: il risultato va considerato una approssimazione, ottima per la riproduzione in scala.281

C ALCOLATORE D ' AN TIKYTHE R A

TI quadrante a scale multiple concent1iche sulle quali la rotazione di un indice definisce la grandezza in gioco, sistema ancora impiegato nei tester elettronici analogici, per quanto siamo in grado di stabilire a tutt'oggi, debuttò intorno al I sec. a C. Così almeno testimonia un enigmatico reperto bronzeo recuperato sui fondali dell'Egeo. Si tratta di un corroso frammento del rotismo di un complesso meccanismo, rinvenuto agli inizi del '900 presso l'isola di Antikythera, a ridosso di Cipro. Per oltre mezzo secolo il cime lio fu considerato quel che restava di una sveglia, affondata nel mare chissà perché e chissà quando!

Agli inizi degli anni cinquanta, il professor Prince, dopo un accmatissimo esame condotto con le più avanzate e sofisticate metodiche di indagine, pervenne a conclusioni sbalorditive. Il meccanismo, anche in base alle iscrizioni in greco ancora parzialmente visibili, rimontava al I secolo d.C. e doveva reputarsi un singolare strumento astronomico. Una sorta di calen -

114. li prof. Pnnce mostra una ricostruzione del calcolatore di Antikythcra.

115. Un raffronro fra una radiografia cd una ripresa fotografica d i un gruppo di in granaggi, risultato delle ricerche condoue finora dall'A111iky1hera Mechanism Research Projec/.

116. Confronto fra ruote dentate moderne e i denti degli ingranaggi del reperto. 11 7. Ricostruzione v irtuale del calcolatore l 19. Ricostruzione realizzata in Giappone del ca lco latore di Anrikythera. dario perpetuo meccanico che permetteva, agendo su complicati rotismi, di calcolare le fasi lunari. passate e future, e le relative maree. A questo scopo, una serie di ingranaggi trasferivano il movimento da una ruota, che rappresentava il ciclo solare, a un 'altra. che indicava le rivoluzioni siderali della Luna, secondo il rapporto di 254 rivoluzioni lunari ogni 19 anni solari. 291

118. interp retaz ione de ll e scritte incise su di una piastra del reperto.

Dal punto di vista strettamente tecnologico due sono le caratteristiche più rilevanti del meccanismo. La prima è la complessità degli ù1granaggi, almeno una trentina di ruote dentate di varia foggia e diametro, identificate nitidamente grazie alle numerose radiografie eseguite sul reperto. La seconda, persino più stupefacente, concerne la presenza di un rotismo diflèrenziale 301 , cioè di un dispositivo che pem,ette di produrre una velocità di rotazione pari alla sonu11a o alla differenza di due velocità di rotazione date. Nel caso in questione la sua funzione sarebbe stata di fornire, oltre ai mesi lunari . anche le lunazioni. ricavate per sottrazione, dal moto lunare siderale, del moto solare.

Quale che fosse l'effettiva destinazione del congegno, appare inoppugnabile la modernità del sistema escogitato per la lettura dei dati fornita su quadranti concentrici. Quanto al rotismo differenziale che, sia pure mma niera confusa, sembrerebbe preconizzato anche negli schizzi di Leonardo, troverà una corretta formulazione soltanto nel XVIll sec., quando verrà brevettato. Per trovare, tuttavia, un suo concreto impiego si dovrà attendere la diffusione degli autoveicoli all'inizio del '900. In ciascuno, infatti, si trova almeno un rotismo differenziale tra le ruote motrici, due o tre nei fuoristrada, per compensare le relative diverse velocità angolari in curva.

S Trume Nti Cron Ometric I

IL CRONOMETRO È LO STRUMENTO CHE NEL 1759

PERMISE FINALMENTE LA DETERMJNAZIONE DELLA

ESATIA POSIZ IONE IN MARE. ALLE SUE SPALLE UNA

GESTAZIONE DI QUASl DUE MlLLENNJ AVVIATASI CON

I PRIMJ ESEMPLARI DI CRONOMETRI AD ACQUA, DETII CLESSIDRE l Romani dividevano la giornata, ovvero l'intervallo che separa due albe o due tramonti consecutivi, in 24 ore di cui dodici di giorno e dodici di notte, esattamente come ancora facciamo noi. Diversamente da noi, però, ritenevano che il giorno, fosse l'intervallo fra l'alba ed il tramonto e, per ovvia simmetria, la notte quello fra il tramonto e l'alba, eventi variabili nel corso dell'anno. li giorno infatti attinge la sua durata minima al solstizio d'inverno, il 21 dicembre, e la massima al solstizio d'estate il 21 giugno: la notte esattamente il contrario. Fatti i debiti calcoli, computando l'ora con i minuti attuali quella diurna romana passava da un minimo di 45 minuti il 2J dicembre, ad un massimo di 75 il 21 giugno e viceversa per la durata di quel la notturna.

120.Ricostruzione virtuale del sistema di lettura con lancetta su scala graduata. riscontrato sul calcolaton:: di Antikythera.

12 l. Alcune straordinarie immagini <lei reperto di Antikythera realizzate da ll".-l111i~T1hera 1\,Jechanism Research Projec1. Ben evidenti le scale graduate.

Un 'escursione di circa il 50%, 30 minuti nell'arco di sei mesi, che coincide con la nostra durata soltanto in due giorni dell'anno: il 21 marzo, equinozio di primavera, e il 21 settembre, equinozio d'autunno. Pe1tanto, in dettaglio, al solstizio d'inverno in questo modo le ore diurne si succedevano:

Al solstizio d'estate la stessa scansione così mutava:

10.44 - mezzogiorno VII

- 13.15

Fra il 10 e il 6 a.C. Augusto , fece erigere a Roma una meridiana gigantesca con l'obelisco di Montecitorio come gnomone, la cui ombra indicava le ore su delle apposite tacche di bronzo incastrate nella pavimentazione stradale. L'evento dimostra il crescente interesse per la conoscenza dell'ora, esito di un evo !- ve rs i dei comportamenti sociali. La prestazione degli orologi so lari divenne, perciò, se mpre più utile. face ndo pesare la sua mancanza quando. per le nuvole, il sole non compariva. Più ancora occo1Teva la misurazione del tempo nel corso della notte, negli accampamenti e nelle città per il cambio delle sentine lle e de lle ronde. Dal momento che la clessidra a sabbia forniva soltanto la certezza di uguali intervalli, come un odierno cronometro sportivo che segna i tempi ma non il tempo. occorreva un vero misuratore del tempo, un cronometro indipendente dalla luce solare.

La sua costruzione, tuttavia, risultava proprio per la variabile durata del! 'ora di gran lunga più complessa degli attuali cronometri meccanici. Alcuni tecnici intravidero nel deflusso del! 'acqua da un serbatoio la soluzione: variandone la quantità si sarebbe potuto far coinc idere lo svuotamento con la durata del giomo. 31 1

A confenna l'etimologia del termine clessidra che non rievoca uno strumento funzionante a sabb ia ma, uno ad acqua: deri va infatti, dal greco clepto=sottraggo, rubo e idros=acqua e a llu de a qualcosa che funziona sottraendo acqua! Già intorno al I secolo a.C. di orologi siffatti ne dovevano esistere diversi, tanto da innescare al tempo di Augusto una competizione fra i rispettivi costruttori, basata da un lato sulla precisione, dall'altro sulla complessità dei loro congegni. Ve ne erano diversi , muniti di suoneria, di contatori a campana, di indicatori a fischio, ecc.

Ne l giro di alcuni decenni la moda degli orologi ad acqua s i trasformò in una ostentazione di agiatezza e distinzione, senza tuttavia determinare un andazzo di vita frenetico simile al nostro. Una moda che , paradossalmente , rese difficile conoscere l'ora poiché risultava più facile mettere d'accordo fra loro più filosofi che accordare tra loro più orologi 32 > : horam non possum certam tibi dicere: facilius inter philosophos quam inter horologia convenit. L'ora romana restò sempre approssimativa.

Nessuna meraviglia che persino il geniale Ctesibio, uno dei vertici della scienza ellenistica nonché direttore della Biblioteca di Alessandria, si cimentò nella fabbricazione di un cronometro ad acqua di straordinaria complessità, di cui Vitruvio ci ha lasciato la solita confusa descrizione. 33 l

La Clessidra Di Ctesibio

L'orologio ad acqua fu una delle macchine automatiche antiche concettualmente più semplici e, al contempo, fra le più complesse dal punto di v ista meccanico. Constava, in ultima analisi, di un recipiente colmo d ' acqua che si svuotava tramite un piccolo foro, impiegando per farlo sempre il medesimo tempo. Facendo cadere l'acqua in un recipiente graduato, si poteva stabilire una corrispondenza diretta fra la sua quantità e i I tempo trascorso. A patto, però, di non mutare il flusso d'uscita del] 'acqua, condizione che fu soddi s fatta da un serbatoio mantenuto costantemente pieno e da un galleggiante nel recipiente inferiore. Innal zandosi il livello dell'acqua un indice del galleggiante evidenziava l'ora su di una apposita scala: raggiunta la mezzanotte un sifone, evacuando l'acqua, avviava un nuovo ciclo. Ovviamente per la lettura l'ora risultava s empre uguale! Ad un congegno del genere, ad esempio , viene ascritta la famosa torre dei Venti di Atene; più tardi a Roma fu Agrippa a farne collocare uno al centro del foro. E si deve necessariamente supporre che, a intervalli ravvicinati, la portata dell'acqua venisse ridotta o incrementata per compensare la diversa durata dell'ora.

Anche la clessidra di Ctesibio funzionava sul tempo di deflusso dell'acqua da un serbatoio sovralimentato , ma era se non la prima di certo la più sofisticata a compensare automaticamente tale variazione. Stando a Vitruvio, la vera novità fu un sistema d'alimentazione costituito da una sorta di chiave d'arresto in miniatura, ottenuta come tutte le più grandi con due piccoli tubi coassiali , muniti d'un foro coincidente. L'interno si collegò al serbatoio e l'esterno al recipiente di raccolta. Fatto motare per un semestre il primo, il foro si chiudeva con estrema lentezza e, per conseguenza, si riduceva la fuoriuscita dell'acqua dal secondo; continuando a girare nel semestre successivo , il foro si riapriva altrettanto lentamente, incrementando la portata dell'acqua. Equiparando empiricamente il deflusso dell'acqua alla durata della giornata, nel semestre aperto dal solstizio estivo 1·ora si sarebbe gradatamente accorciata per poi allungarsi gradatamente nel successivo.

Ma tale soluzione non può funzionare poiché non esiste una corrispondenza linea.re tra la variazione del foro e la fuoriuscita dell'acqua. Probabile, invece , che la velocità di deflusso fosse sempre rigorosamente costante, servendo i due tubicini solo alla taratura dell ' orologio. In pratica, quando si istallava, si portavano a coincidere due inneschi successivi del sifone con due albe o due tramonti successivi agendo proprio sulla rotazione del tubicino esterno, dopo di che il meccanismo procedeva automaticamente alle quotidiane compensazioni, che avvenivano come segue. Il ciclo si reiterava ogni nostre 24 ore esatte e , ogni giorno, un arpione azionato dal galleggiante spostava uno dei 365 denti di una grande ruota. La sua rotazione completa, che avveniva in un a1mo, provocava con una camma l'accentuarsi e il contrarsi dell'eccentricità del quadrante su cui un disco-indice, spostato di un giro ogni 24 ore, dallo stesso ciclo. scandiva l'ora. Pertanto, pur essendo costante la velocità angolare del disco indice, mutava, mutando l'eccentricità del quadrante, l'arco coJTispondente ad un'ora e quindi la sua durata, con un'escursione del 50% a semestre. I valori massimi e minimi coincidevano con i due solstizi; i medi con i due equinozi, allorquando disco indicatore e quadrante circolare risultavano geometricamente concentrici. Per favorire la lettw-a, intorno alla corona vi erano sei anelli concentrici. uno per ogni mese del semestre, scanditi da 12 raggi nel la metà superiore, uno per ogni ora del giorno. e 4 in quella inferiore, uno per ogni 3 ore della notte, pari a un turno di guardia delle sentinelle.

122. Antica meridiana portati le egiziana.

123-125. Merid iane rinvenute a Pompei ed a E rcolano.

124. Calendario romano d i epoca imper iale. l sec. d.C. Su ogni faccia una stagione con i tre rispcu ivi segni zodiacali.

Infine, compiendo la grande rnota dentata un solo giro l'anno, un indice ad essa solidale indicava sulla corona il giorno, il mese e il relativo segno zodiacale artisticamente incisi. Nonostante l'alto costo, la difficile manutenzione e la scarsa utilità, clessidre siffatte si diffusero anche negli strati sociali inferiori: tant'è vero che le prestazioni della cortigiana Metica, erano scandite da un orologio ad acqua. 34)

126. Atene, Ton-e dei Vemi. All'interno era collocato un orologio ad acqua

127. Un modernissimo orologio ad acqua a Bonn.

128. Ricostrwione virtuale dell'orologio ad acqua dì Ctesibio, propriamente detto clessidra: il disco ind icatore è stato portato avanti per consentire la vis ione del mecca11is1110 posieriore.

129. Illustrazione da un codice medievale arabo raffigurante un orologio ad acqua

126. Athens Wi nd Tower. A water clock was locatcd inside.

127. Modem wate r clock in Bonn

128 Virt ual reconstruction of the water clock ofCtesibius. correctly ca ll ed clcpsydra: the indicator disc was brought forward to pennil viewing of thc rcar mechanism.

129. lllustration from a medievalArabic code showing a water clock.

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