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STATO DEL PLASMA
Dal Fuoco Al Plasma
La temperatura che può considerarsi anche il livello d'agitazione delle molecole costituenti la materia. ha come minimo la loro stasi completa, definita per convenzione zero assoluto, ma non ba un massimo. Pertanto, se intorno ai I 000 C 0 si ha l'emissione di luce, intorno ai 5000 C 0 la materia è ormai un aeriforme luminoso. Superati i 6000 C 0 tutti gli atomi hanno perso i loro elettroni per cui, oltre a emettere luce , sono anche fortemente ionizzati: tale condizione fu definita, a partire dal 1923, del plasma. In sostanza inizia con la rossa fiamma per giungere alla azzurra luce dei fulmini, corrispondente a circa 30.000 C 0 1 l
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Dal punto di vista fisico l'uso sistematico del fuoco e la sua padronanza nelle varie applicazioni costituisce la presa di possesso della prima fonna di energia naturale disponibile. Grazie ad essa tornava possibile intervenire su molteplici processi produttivi, in precedenza magmi noti parzialmente ma non per questo discrezionali. E tornava possibile anche mitigare il rigore del clima, 1iscaldando il piccolo ambito esistenziale, e le tenebre della notte.2i
Anche in questa elementare schematizzazione gli effetti immediatamente percepibili del fuoco sono due, la luce e il calore. In quanto tali conobbero adozione fin dalla più remota preistoria, al punto che il loro utilizzo consapevole definisce il passaggio fondamentale della specie umana dalla condizione di mero animale a quella di essere intelligente. Appresi i rudimenti del suo impiego si susseguirono pure le esperienze per tentare di esaltarne quei due esiti, in modo di poter così allargare vi1tualmente lo spazio e il tempo vivibili, sconfiggendo il freddo e le tenebre.
Nel corso dei millenni successivi alla padronanza del fuoco seguì quasi come owia conseguenza la scoperta e la lavorazione dei metalli, prodromica a sua volta di una serie clj potenzialità tecnologiche straordinarie. Innumerevoli le applicazioni pratiche alcune delle quali persino casalinghe. Tal i furono ad esempio i sistemi di 1iscaldamento domestici, i sistemi di illuminazione privata e pubblica, i sistemi di segnalazione a distanza e di teletrasmissione. Molti di essi hanno lasciato una esplicita traccia ed una chiara menzione archeologica, come ad esempio i primi e i secondi, di alni invece non disponiamo di sufficienti riscontri diretti e di indubbie indicazioni letterarie. Fonti oscure, certamente, ma non per questo mute e del tutto prive di attendibilità.
Quale che fu l'evoluzione dell'impiego del fuoco le sue potenzialità, presero presto a diversificarsi in molteplici aspetti, dapprima connessi con l'alimentazione, poi con la coltivazione, infine con la produzione dei metalli. Ma già in precedenza si era avuto modo, magari incidentalmente e poi volutamente, di verificare la capacità distrnttiva del fuoco. Significativamente quando il ferro assurse a metallo della gue1rn per antonomasia il fuoco ne divenne il suo inseparabile complemento!
Accensione Del Fuoco
SPESSO ED A GIUSTA RAGIONE VIENE CELEBRATA LA SCOPERTA DEL FUOCO COME LA TAPPA BASILARE DELL'EVOLUZIONE UMANA. IN REALTÀ PIÙ CHE LASCOPERTA FU LA SUA PADRONANZA A SANClRE TALE AVVTO, QUANDO ClOÈ SI RIUSCÌ AD ACCENDERLO E A GOVERNARLO. PER SECOLI, FORSE ADD[RJTIURA PER MJLLENNl, ST SARÀ SEMPLICEMENTE UTILIZZATO QUELLO
DNAMPATO SPONTANEAMENTE, PRTh,fA DI FARLO SCATURfRE CON LE SCINTILLE, CON L'ATTRITO E CON IL SOLE. ARCHIMEDE SI DEDICÒ ALLO STIJDlO DELLA CONCEN1RAZJONE DEI RAGGI IN UN PUNTO, NON A CASO
DETTO FUOCO, IN CUI LA TEMPERATURA ATTINGEVA VA -
LORI ALTISS1Ml. f ORSE INCENDIÒ LE '-'AVI ROMANE SOTTO SIRACUSA CON DEGLI SPECCHI COMPOSID. DI CERTO ALCUNI SECOLl DOPO l ROMANI ACCENDEVANO lL FUOCO E CAUTERIZZAVANO LE FERITE CONCENTRANDO I RAGGI DEL SOLE CON DELLE LENTI SFERICHE.
Acciarini Ottici
Che la forte percussione di pietre silicee generasse scintille fu subito evidente, dmante la loro lavorazione tesa a ricavarne lame; che le stesse potessero accendere un'esca molto secca, fu in breve risaputo. Alquanto più recente la constatazione che le scintille, scaturite dalla percussione di un oggetto di ferro sulla medesime pietre, erano più idonee per grandezza e densità, alla accensione dell'esca. Ma solo in un contesto storico notevolmente più avanzato si inventò un metodo completamente diverso per conseguire quel risultato, basato sull'impiego di sfere di vetro. Forse fu la constatazione degli effetti dei raggi del sole attraverso un recipiente di vetro, o di una sfera di cristallo di rocca.
Tornando per un momento alla produzione del vetro, già esaminata per vari aspetti inerenti la ricerca, oltre alle produzioni di tipo industriale per l'edilizia, di tipo civile per i vari contenitori di uso quotidiano e di tipo artistico per oggetti di ragguardevole pregio, se ne conosce pure una di nicchia, che non sarebbe esagerato definire di tipo scientifico. Ovviamente fu di entità modestissima, ma ancora una volta, per quanto già precisato, appare per noi importantissima in quanto premessa di attuali produzioni di massa. 3 > Fra queste, ad esempio, i prismi di c1;stallo , di straordinaria precisione e regolarità, usati per scomporre la luce nei colori dello spettro: per l'epoca una variante a domicilio dell'arcobaleno!
420-422. Un lluido ad a ltissima temperatura. sia prodotto da una scarica elettTicu che da una v iolenta ossidazione ha delle caratteristiche fisiche del rutto particolari. a cui è s ta to dato i l nome di stato del plasma. In pratica il quarto stato di aggrcgazi{mc della materia.
421. Percussori e sc hegge silicee utiliz/,a tì per produ1Te scinti ll e per accendere i l lì.loco.
423. Lente d'ingrandimento rinvenuta a Pompei. Con sfere di cristallo e con lenti simil i i Romani sapevano accende re il fuoco.
Sono affiorati ancora dei piccoli vetri di più curiosi, rotondi leggermente convessi, capaci di fornire una immagine ingrandita: in breve vere e proprie lenti d ' ingrandimento, nelle pienezza del significato. I medici militari solevano cauterizzare le ferite con una spessa lente o una sfera di cristallo di rocca, concentrandovi sopra i raggi solari. La conferma la si trova in Plinio che scrivcva:"invenlo apud medicos, quae s in! urenda co;porum, non a/iter utilius uri putari quam cristallina pila adversis apposita solis radiis ". 4l Ovvero: " ho scoperto che, tra i medici si crede non esistere miglior sistema di cauterizzare le parti del corpo [ferite] che impiegando una sfera di cristallo posta in maniera da essere attraversata dai raggi del sole ."
Lenti del genere sono state ritrovate in varie regioni dell'Impero ed anche a Pompei. Le più spesse, servivano senza dubbio per uso medico, ma quelle più sottili furono necessariamente impiegate proprio come lenti da vista , per consentire la visione ai soggetti anziani e, soprattutto, agli incisori. Assurdo, infatti, immaginare l'esecuzione dei microscopici castoni e cammei, tanto ammirati dai Romani e frequenti fra i reperti pompeiani , non disponendo di tale sussidio! Senza contare, inoltre, che l'abilità artistica si conseguiva con l'incrementarsi dell'età , esattamente al contrario dell'acutezza visiva!
Del resto è abbastanza noto l'impiego di qualche filtro di smeraldo, classico quello usato da Nerone, per riposare gli occhi o forse per coJTeggere qualche difetto visivo. Forse, e si entra nell'ambito delle ipotesi meno suffragate, lenti del genere vennero applicate anche ad alcune diottre, rendendole molto più precise, grazie all'avvicinamento vi1tuale di quanto traguardato. In alcuni manoscritti di epoca medievale, sono raffigurati astronomi che scrutano il cielo attraverso un tubo, che:"si è deciso che dovesse tratta,:çi di tubi vuoti. Ruggero Bacone nel V libro de11 '0pus Majus parla con entusiasmo della capacità degli 'Antichi· di ingrandire gli oggetti piccoli e di avvicinare quelli lontani con opportune comhinazioni di lenti Prima [di lui] la possibilità di usare i.fenomeni di rtfrazione per costruire microscopi e can-
11occhiali era stata lucidamente esposta da Roberto Grossatesta.'>5) Per l'esattezza, come in precedenza già citato, aveva scritto che era possibile far sembrare vicini oggetti lontani e, a discrezione, grandi oggetti piccoli. Era una precognizione paranormale del cannocchiale e del microscopio con quasi quattro secoli di anticipo, o non piuttosto 1'estre ma rimembranza con quasi quattordici secoli di ritardo, di quanto effettivamente realizzato! Per tornare a Pompei tra le altre singo larità è stato, inoltre, ritrovato un esemplare di lente assolutamente eccezionale, sebbene cti minuscole dimensioni. Si tratta di w1 perfetto ellisse con l'asse maggiore di cm 2.3 e quello minore di 2, montato su di un supporto di bronzo al quale è fissato con due perni filettati di pochi millimetri. Già queste due insignificanti viti, costituiscono un sofisticato prodotto della tecnologia dell'epoca, non essendosene ritrovate altre simili. Ma lo stupore maggiore, deriva dal constatare che sul vetro ellittico e convesso, vi è dipinto da un lato un ritratto di ottima fattura e ragguardevole fedeltà. Ora, ponendovi dietro la fiamma di una candela o di una lanterna, sarebbe stato possibile proiettarlo su di una parete bianca, realizzando una mdimentale lanterna magica! 6l
Sensato concludere che si trattasse appunto di una so11a di antesignana diapositiva o di un sistema per rendere visibile, perché ben ingrandita dalla convessità del vetro e dall'illuminazione posteriore, l'anacronistica diapositiva.
Fuoco Marino
l BIZANTINT CHIAMARONO COSÌ UNA LORO MISCELA PIROFORACAPACEDIBRUCIAREANCHE SOTTO ACQUA O, ADDIRITTURA, ACCESA DALL'ACQUA. P ER TALE TERRIFICANTEPROPRIETÀLAIMPIEGARONONELLA
GUERRA NAVALE, DA CUT LA DEFINIZIONE. Q UALCOSA DELGENERE, TUlTAV!A, CONOBBERO GlÀ MOLTI SECOLI PRIMA ANCHE I ROMANI, OWERO DELLE CANDELECHEIMMERSENELTEVEREO NON SI SPEGNEVANO O, APPUNTO, SI ACCENDEVANO!
La Candela Roma Na
La definizione di candela romana è relativa ad un particolare fuoco di artifizio, di largo impiego per la sua semplicità, che produce scie luminose capaci di innalzarsi ad alcune decine di metri. Nel passato sembra che siano stati i Tartari i primi ad impiegarle. come ordigno bellico. ricavandole da canne di bambù svuotate e riempite a strati alterni di polvere pirica e di materiale incendiario, per lo più palle di stoffa impregnate di nafta. L'effetto era appunto una emissione continua, simile al getto di fuoco di un piccolo lanciafiamme. Tuttavia l'attribuzione di tale ordigno ai Romani, o più genericamente a Roma. potrebbe non essere del tutto gratuita e, forse, nascondere una diversa origi ne , almeno come archetipo o criterio inf01matore.
Non vi è, infatti, alcun dubbio che l'esercito romano avesse anni, o per lo meno proietti di tipo incendiario, e che ne facesse sistematico impiego sia ne gli investimenti ossidionali, sia in scontri campali, sia soprattutto nella guerra navale. Miscele incendiarie di varia potenzialità e violenza ne esistevano quindi numerose; molto meno noti , invece, i metodi usati per il loro innesco e per evitarne un troppo facile spegnimento. 11 che indurrebbe a una più ampia ricerca, relativa ai probabili catalizzatori della reazione di ossidazione.
In parole povere, estendere l'indagine agli esaltatori della combustione, capaci non solo di velocizzarla ma anche di consentirla negli ambiti fisici altrimenti ostativi. Tra questi, in particolare, suU 'acqua o sott'acqua: fiamme perciò capaci di bruciare anche se abbondantemente cosparse di acqua o addirittura immerse! Di queste ultime, si sa di un curioso esempio tramandatoci da Livio, che lo accenna, senza la benché minima meraviglia, in un rito orgiastico del 186 a.C. Così il brano:" matronas Bac harum habitu crinibus sparsis cum ardentis.facibus dec urre ad nherim , demissasque i11 aquam Jètces , quia uiuum sulpurcum calce insit, integraflamma efferre ... ". 7l gavc origin to a senale consult on the Bacchanals and consequent severe monitoring of the Bacchic mysterics. al ready widcspread by the priestess Annia Pacula in Campania and in Etruria - took piace as fol lows. ln the middle of the night, numerous matrons who were more or less possessed, or more likcly drunk, went to the shores of the Tiber and therein immerged special torchcs impregnateci with lime and sulphur, retrieving them aflame. Either the torches were already ignited prior to the immersion or lhey became so as a consequence of the imme r sion, with the water acting as the ignition factor promoting oxidation, as will later be said of Greekfire!
Dunque stando alla citazione. l'episodio-che per inciso diede 01igine ad un senatoconsulto sui Baccanali dal quale scaturì un severissimo contro l lo de i misteri bacchici, già ampiamente diffusi ad opera della sacerdotessa Annia Pacu la in Campania ed in Etruria - aveva questo svolg imento . Nel cuore della notte, numerose matrone più o meno invasate. o molto più probabilmente ubriache, raggiunta la riva del Tevere immergevano nel la sua acqua delle singolari lorcc impregnate di calce e zolfo, e le ritraevano fiammanti. Dal che delle due l'una: o le torce erano già accese prima dell'immersione o lo divenivano in conseguenza della stessa, agendo l'acqua da innesco della reazione di ossidazione, come più tardi si dirà del.fuoco greco!
In entrambi i casi il fenomeno non può ascriversi alla semplice presenza di zolfo e calce viva ma implica reagenti più sofisticati, g l i stessi che andranno a far parte appun to del fuoco greco e, verosimilmente, ancora prima di giochi pirotecnici del tipo della candela romana. Sensato supporre che alcuni decenni dopo i Romani disponessero di l iquidi pirofori per uso bellico di notevole efficacia.
In both cases the phe nomenon cannot be anributed to the simple presence of sulphur and quicklime, but imp l ies more sophisticated reagents, the same that wiJI later be used in Greek fire and, even before that, for the pyrotechnical effects of the Roman candle. Logica! to suppose that a few decades later the Romans would bave highly effective pyrophoric liquids to use in warfare.