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I MOTORI DEL LO

Stato Ae Ri Forme

COME PIÙ VOLTE EVIDE!\'ZIATO IL PRIMO MOTORE fN ASSOLUTO FU LA VELA O, PER MEGLIO DIRE, QUELLO CHE VENIVA USATO COME TALE NELLA FATTISPECIE UN RAMO CON FOGLLE, PELLI O STUOIE. IN SEGUITO Sl PERFEZIONARONO E DIVERSIFICARONO, FORNENDO cosi UNA SERIE Dl SPUNTI PER TRARRE ANCHE A TERRA UN UTILE LAVORO DAL VENTO. fORSE FURONO LE RUOTE TIBETANE PER LE PREGHIERE I PROBABILI ARCHETIPI DEI MULINl AFGANI, CHE COSTITUISCONO IL DEBUTIO DEL MOTORE ROTANTE.

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Con notevoli probabilità le rozze ruote per preghiere tibetane mosse dalla mano, furono l'ancestrale prodromo del motore primario. 35 l Seguì, con discreto ritardo, il mulino afgano che ne costituì il debutto, perfezionando sotto molti aspetti la medesima idea, fino a fornire un sia pm modesto lavoro. li loro awento si deve supporre immediatamente successivo alla corretta percezione della forza dinamica del vento, che in quelle regioni è facilmente ve1ificabile. Tuttavia affinché dalla mera sensazione di strattonamento, si passasse a un impiego prati- co mediante un adeguato organo di presa. occorse un tempo lunghissin10, la cui estrema conclusione coincise con il dissolversi della preis toria.

Nel sanscrito si rintraccia l'aggettivo tur-as ed il verbo tur-ami, col significato rispettivo di veloce e di affettarsi. Implicito il senso dinamico della radice tur, recuperata dal latino prima e dall'italiano poi, acquisendo un significato più stringente di moto veloce e vorticoso, di spostamento rotatorio, precipuo dei cicloni e dei gorghi: turbine, tornado tormenta, perturbazione e, per analogia figurata, turbamento sinonimo di una irnprowisa e radicale inversione dello stato d'animo. La stessa radice si rawisa anche in rurbante, co l riferimento all'awolginlento intorno a l capo di una striscia di tessuto!

La turbina, che ben concretizza in meccanica quanto delineato etin1ologicamente, prima di chiamarsi così fu a lungo semplicemente definita ruota a pale o, in relazione al suo impiego prioritario, mulino. In quest'ultima accezione. da intendersi precisamente come il motore di una macchina destinata a macinare, si dovette ben p resto specificare se a vento o ad acqua, per restare alle due con-enti naturali Solo in epoca recent issima saranno sostituite da fluidi liquidi o gassosi, estrema filiazione della origi naria bipartizione, obbligando perciò ad una migliore definizione.

Per restare all'arcaica ruota ad asse verticale e pale verticali può cons iderarsi una macchina abbastanza comp lessa atta ad intercettare r energia cinetica del vento e, in seguito. del l'acqua. Un albero azionato da tante leve: alle spalle del congegno l'equiparazione di quelle crnTenti ad una spinta mate1iale, prodotta nell'aria da invisibili ed instancabili mani. capaci di fomire un propizio aiuto. A lungo, infatti. lo si sfruttò soltanto per attizzare il fuoco, per asciugare i panni, per cernere i cereali o per seccare i cibi.

M OTORJ PRIM A RI: LA G IRANTE AFGA~A

Forse fu proprio osservando il moto delle foglie turbinanti nell'aiia che si comprese la potenzialità dinamica del vento, p1ima ancora dell'acqua . Quasi certamente, infatti, tra le prime applicazioni vi fu una rozza stuoia utilizzata per spingere le piroghe su tranquille lacune, evento avvenuto secondo complessi calcoli intorno al IV millen1ùo a.C. se non prima ancora. Nel giro di circa un millennio quel medesimo criterio infonnatore trovò impiego anche in terra, appunto nel mu lino a vento afgano o persiano. Ma, solo dopo una lunga trafi la di nùglioric , dal primitivo congegno si passò ad un mul ino, certamente ancora molto rndimentale, ma funzionante in man iera efficace. Que l fo ndamentale salto tecnologico dovette compiersi all'alba del li millennio a.C. in Mesopotanùa, come alcune allusioni del codice del grande Harnmurabi 36 l, sembrano suggerire.

Sulla sua celebre stele di basalto nero, infarti, si menzionerebbero delle mote a vento impiegate per in-igare i campi. Improbo tentare di appurare la coru1otazione tecnica d i quelle remotissin1e macclùne. plausibi le però, che non differissero sens ibilmente dai primitivi mulini a vento ad asse verticale tipici dell' Afganistan, della Mesopotanùa e della Persia. Di essi, sebbene 1'01igine si perda nella notte dei tempi, abbiamo perfetta conoscenza dal momento che molti esemp lari continuano ancora oggi a macinare il grano e sempre negli stessi siti. Come accennato, l'archetipo della nutrita tipologia ad asse vertica le, constava di un albero, con l'estremità inferiore fissata in una macina orizzontale di pietra e munito nella parte opposta di alquante stuoie, disposte a raggiera e fungenti da pale.

Tale primitiva girante veniva collocata in un apposito edificio, sulla cui sommità due travi ravvicinate, formando un approssimato ceppo per l 'estremità superiore dell'albero, ne permettevano la rotazione. Una antichissima fonte così descriveva quei mulini: " .. hanno otto ali e stanno dietro due pilastri tra i quali il vento deve spingere un cuneo. Le ali sono montate veriicalmente su un palo verticale la cui estremità inferiore muove una macina che ruota sopra un 'altra sottostante". 371 l due pilastri for mavano, in realtà, una fessura larga poco meno del raggio della girante, attraverso la quale penetrava iI vento, costante per gran parte del l'anno. Gra- zie a quella so11a di convogliatore, soltanto una pala per volta era spinta dalla coJTcntc, unica condizione per provocare la rotazione den ·albero.Nei mulini più esposti al vento si appl ieò alla feritoia una robusta persiana a listelli mobili, fungente da saracinesca di regolazione. Dalla pa11e opposta, la fuoriuscita del vento avveniva attraverso un vano svasato, che per la sua pa11icolare conformazione evitava il fonnarsi di dannose turbolenze. Ovviamente né allora né in seguito gli ingegnosi costrnttori del sofisticato sfogo ne compresero la ragione, limitandosi a utilizzarne i vantaggi sulla rotazione.

Dal punto di vista funzionale lo schema di siffatti mulini risulta identico a quelli manuali, nei quali il grano era tritmato tra due dischi di pietra, fisso l'inferiore e rotante il superiore. Tramandava un'altra fonte più recente che:"nell 'Afganistan tutti i mulini a vento sono mossi dal vento del nord e quindi orientati in questa direzione. Tale vento è molto costante in quel paese e sojfìa con maggior costanza e più.forza durante l'estate. Applicate ai mulini a vento vi sono delle.fìle di persiane che vengono chiuse o aperte per trattenere o immetrere il vento. infatti se questo è troppo.forte la farina bmcia e diventa nera e la stessa macina può sun-isca/darsi e guastarsr·.38)

Il desc1itto mulino eolico ad orientamento fisso, non si avvaleva di alcun cinematismo né di alcun riduttore dentato, peculiarità che nonostante l'infimo rendimento, ne spiega la longevità, forse la maggiore nell'ambito della storia della tecnologia.

Si conosce un secondo tipo di mulino a vento ad asse verticale reputato più del precedente di stretta derivazione dalle ruote delle preghiere azionate dal vento, tipiche dell' Asia centrale. TI suo debutto, pe11anto, rimonterebbe alla metà del I millennio a.C. Grazie alla collocazione invertita della girante, fissata sotto la macina, non solo risultava più razionale dell'altro ma non richiedeva neppure supporti per l'albero e triturava con maggiore pressione.

Il vetusto modello afgano, che in modo imprecisabile raggiunse l'Europa nell'età antica, non vi scomparve del tutto neanche in età moderna. Lo si 1itrova, infatti, in un disegno redatto da Girolamo Veranzio del 1595, peraltro puramente teorico. La sua vera novità, e forse il suo maggior apporto, consiste in alquante pale fisse, della stessa altezza di quelle rotanti. Disposte con un preciso angolo, avrebbero dovuto convogliare sulle seconde il flusso d'aria, sempre con la medesima incidenza indipendentemente dalla direzione del vento.

L'idea, che non conobbe nei secoli successivi alcun impiego, 1icomparve però nella turbina Francis, dove una corona di pale fisse dirigono altrettrmti, violentissimi, getti d'acqua sulle pale della girante. esaltandone il rendimento.

413. Batteria d i ruote tibetane per preg h iera az io nate a mano.

414. Ruota tibetana portati le per preghi era.

415. Tu rb ante.

416-4 17-4 18 Ricostn1zione virn1ale, ruderi e ri li evi planimetrici o rtogonali del m ulin o afgano . 417

Note

1-Cfr R.J. FORBES. L'uomo.fa il mondo, Torino 1970, pp 47-48.

2 -Cfr. P LODTGTANI, Barche tradizionali italiane, Milano 1992, pp. 13 - 26.

3-Cfr. A.MONDTNI. Storia della tecnica, vol. I Dalla preisroria , ci t. , pp. 154- 173.

4-Cfr. U.TRT PTCCHIO, Arte e tecnica nal'Gle. Napoli 1975, pp. 169- 194.

5 -Cfr. V.FOLEY, W.SOEDEL. Antiche nm·i da guerra a remi. in Le Scien::.e n° 154, 1981, pp. 95-106.

6- La citazione è tratta da A. CHERlN l , Archeologia della vela dalla quadra alla latina, versione elettronica http: //www w e bali c e .it/che rin/Nasci ta del la ve la. Al rigua rdo cfr. P.DE LL'ORCO, Remote origini della vela latina. in Rivista Marittima, gennaio 1978 .

7 -Da L. R USSO, La rivoluzione cit., pp. 153 - 154.

8-Cfr. VG.CIULDE, L'alba della civiltà europea, ristampa Torino 1973, pp.20-4 1.

9-Sulla figu r a di Archita, cfr. B G I LLe Storia delle tecniche , cit., pp. 172-174.

10-Cfr. R.MARTTN, Architeflura greca. in S!Oria universale dell'architettura. Architettura mediterranea preromana, Venezia 1972, pp. 193-214 .

11-Cfr.F.RUSSO, 79d.C. rotta su Pompei c it.,pp. 126- 152.

12-Cfr. PLINTO Tl, 234, 7, che tradotto:'' il mare .in generale. viene ca lmato ragion per cui i sommozzatori ne espeL!ono con la bocca. per cui atlenua l'agitazione e restituisce la visibililà . .. .._ La prat ica di gettar e o li o sul mare per attenuarne il moto ondoso s i r iscontr a a ncora nel secolo scorso; quanto alla visibilità magg iore così ottenuta deve supporsi una conseguenza del lo smo r zars i del mo to ondoso.

13-Sulla figura e l'opera di Konrad Kyeser cfr. B GILL E, Leonardo e gli ingegneri del Rinascimento, Varese 1972, pp. 63- 77.

14-Cfr. M.LSALVAD0Rl (a cura di), La Storia. La Grecia e il mondo ellenistico, Novara 2007, voi. II, pp. 44 4-453

15-La citazione del brano di ARISTOTELE, Problemara. è tratta da h ttp://www.abo u tus .Org/Po rtal :subacquea

16-Da V.L.GROTTARELLL I trasporti e gli sca mbi, in Ethnologica cit., voi.li, pp 647-652

17-Da SENOFONTE, A11abasi, traduzione F.FERRARl, Milano l 995, lib. 111, 5 , pp 209- 211.

18-DaANONIMO, De rebus hel/icis. Expositio asrngejj,ri. cit.. pp. 28 - 30.

19-Cfr. POLIBIO, Historiae, XXI, 28. 15.

20-Cfr. V.L.GROTTARELLl. Le armi , in Eth11ologica , c:it.. voi. II. pp. 196-204

21-Cfr. E.BRAVETTA. L ·artiglieria e le sue meraviglie. dalle origi11i.fìno ai 11os1ri giorni, Milano 1919, pp . 51-60.

22 -La BELOPOEJCA di filone è stata tradotta in inglese e pubblicata da E W.MARSDEN, Greek and roman artillery. Technical ireatises, New York 1971, pp. I 06- 182.

23- Cfr. V.L.GROT TARELLI, La produzione del jùoco, in Ethnologica ... ,cit., voi. II , pp. 391-392.

24- Cfr.F. R USSO, Tormenta navalia , c i t., pp. 106-117.

25- Cfr. AA. VV., Le trasmissioni del/ ·esercito , cit., p. 8.

26- AA.VV., Le trasmissioni de/l'esercito ... .. cit., pp. 6-7. La notizia riportata da Omero v iene dettagliata da Eschilo nella sua tragedia Agamennone.

27- AA.VV., le trasmissioni de/l 'esercito cit , p. 12

28- Cfr. G.PLINIO SECONDO, Storia naturale , lib . lll, 73.

29 -Cfr. F.R U SSO, 79 A .D. , Coursefor cil., parte seconda.

30-Da F.R.VEGEZIO, L 'arte militare, lib. lll , 5.

31-Cfr. C.SVETONIO TRANQUILLO, Le vite dei dodici cesari, traduzione di A. Vìgevano, Milano 1972, p. I 07, lib. lll, 63.

3 2 -Cfr. F.RUSSO 79 A. D. Coursefo,: , cit., pp. 86-89.

33-Cfr. F.RUSSO, la d[/'esa costiera del Regno di Sicilia da l XVI al XIX secolo. Roma 1994, voi.I, pp.87-94.

34-Cfr. M.PAGANO (a cura di), Gli scavi di Ercolano, P om pei 2003, p 67.

35-Cfr. L.WHlTE jr, Tecn ica , cit., p. 15 l.

36-Cfr. P.JAMES, N.THORPE, li libro delle , ci t.. pp. 400-402.

37-R.J. FORBES, L ·uomo , cit., p 107.

38-R.J. FORBES, L uomo , cit , p. 107

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