15 minute read
IMBALLAGGI R UOTAT I
IL TRASPORTO DEI GRANDI CARICHI AVVENIVA PREFERIBILMENTE SULL'ACQUA O CON DELLE INGEGNOSE SOLUZIONI, TIPICHE DEI CANTIERI NAVALI CHE OGNT GIORNO DOVEVANO CIMENTARSI CON GRANDI PESI IN MOTO. TRA QUESTE LA PIÙ rNTER.ESSANTE FU QUELLA DEI BINARI INCISI NELLA ROCCIA. UNA SOLUZIONE DEL GENERE FU ADOTTATA PER TRASFERIRE LE NAVI DALL'EGEO ALLO IONIO, SULL'ISTMO DI CORINTO. NELL'VIl SEC.A.C. DETTA DIOLKOS.
Per molti studiosi alle spalle dell'evoluzione delle piste di terra battuta in vere strade basolate, si ravvisa la necessità di sopportare i carichi concentrati dalle ruote. Non può escludersi che la medesima esigenza suggerisse anche una soluzione alternativa, ideale per grandi carichi: solchi paralleli idonei a contenere il bordo delle ruote, incisi direttamente nella roccia o in adeguati basoli. Questa forse la spiegazione degli enigmaticì binari primitivi, numerosi e ben conservati sull'isola di Malta, i cosiddetti cart-ruts, propriamente detti dispositivi incisi per ruote guidate. In pratica, solchi distanziati di circa m 1.40 e profondi una decina di centimetri, con uno sviluppo complessivo di oltre un centinaio di chilometri. Probabile ino ltre che tra gli stimoli della preistorica invenzione vi sia stato anche il megalitismo, che proprio a Ma lta tramanda estrinsecazioni straordinarie. In tal caso è sensato immaginare che i mezzi utilizzati per il traspo1to degli enonni blocchi fossero in sostanza simi li a quelli asc1itti all'architetto E leusi, ed ai suoi collegh i C hersifrone e Mutagene, per la costruzione dei templi del VI secolo a C. L'idea sarebbe sopravvissuta per oltre un millennio, confem1a implicita della sua ottima validità! 42 )
Advertisement
Con calzanti definizioni si distinguono in imballaggi ruotati e in assali posticci, entrambi per ingenti carichi e sempre di rilevante d iametro e basso baricentro. Anche ad un sommario approccio appaiono il comp lemento ideale dei solch i guida - ruote. Scendendo in dettaglio, gli imballaggi ruotati consistevano in due robusti cerchioni metallici incastrati, mediante cunei di legno, intorno al blocco, con un diametro che superava di almeno un palmo la sua larghezza massima . li che permetteva al l'aggregato di avanzare nei solchi senza il rischio di blocca r si.
Riservato a carichi più lunghi il sistema ad assali posticci, che in seguito diverrà il carro pesante di Eleusi. Cons isteva, in sintesi, in due spessi assali di legno muniti di asse di ferro, recanti alle estremità enom1i ruote piene, debitamente cerchiate. Sopra ogni assale un ceppo di quercia sollevava la trave longitudinale alla quale stava avvinto, con numerose corde, il monolito da trasportare. Sebbene gli assali fossero fra loro indipendenti, una volta fissato il carico. divenivano un vero carro, del tutto idoneo ai solchi guida-ruot e. So luzion e che permarrà immutata, fino al secolo scorso.
152. Solchi parallelj incisi nella roccia a Malta con fun7ione probabile di guidaruote per grandi carichi.
153. Ricostruzione del sistema escogitato da Eleusi per il trasporto di grandi carich i secondo la descrizione di Vitruvio.
I solchi guida ruote si ritrovano anche in altre parti del mondo classico, come a Dclfo. dove resta un singo lar e esempio di scambio. I Romani ovviamente li conobbero, ma se ne servirono sporadicamente. e non solo per un 'eccessiva pendenza delle strade, in nessun modo riducibile: c'è infatti una seconda e più stringente ragione. l'esempio senza dubbio più grandioso fu quello realizzato prima del taglio dell'istmo di Corinto, detto Diolkos che significa etimologicamente dia= lato e olkos= trasporto.
In pratica si trnttava di una pista, una sorta di piano di alaggio lungo 6.5 km, che correva lungo la costa occidentale dell'istmo. Suo munite le navi, caricate su appositi carrelli, potevano pa,;sare dal mare ionio ali' Egeo. La costruzione originaria del Diolkos. viene fatta risalire intorno al 600 a.C. e, restò in servi7io per oltre mille anni.-01
154. Assali posticci impiegati fino al XIX sec. per trasportare i blocchi di marmo. 155-156-157. Stralcio cartografico e vedute dei resti del Diolkos. 158-159. Ricostruzione vi.rtualc c rilievi planimetrici di imballaggio ruotato. descritto anch'esso da Yitrnvio.
I CARRI ROMA~[
PER I Er>;TARC DI EMULARL lt\ QUALCHE. ~10DO I TRASPORTI NAVALI ANCHE LADDOVE NON Vl ERA NÉ IL MAR.è 1',É U1'A VlA D'ACQUA, VC1'NERO fNVl:NTATI I GRANDI CARRI A QUATTRO RUOTF. DI QUEST I ALCUNI PRESERO SPU1'TO DALLE CUCCETTE DI BORDO PER DIVENI RE DEI VAGONI LETTO. ALTRI DALLA STRUTTURA STESSA DEGLI SCAFI PER ESSERE DEI CARRI BOTTE.
I carri romani a quattro ruote. fossero adibiti al trasporto passeggeri. agricolo o mercantile, sia solido che liquido, montavano sistematicamente J"avantreno fisso. Le ruote anteriori e posteriori, infatti, ostentano in tutte le fonti iconografiche, il medesimo diametro e, per giunta, risultano comunque più alte del cassone, per cui il loro assale non poteva girarvi sotto. Un ulteriore dettaglio lo conferma: i cavalli appaiono attaccati quasi a contatto con il cocchiere. collocazione inconciliab i lc con un timone che, per agevola re la sterzata, avrebbe dovuto invece mantenerli distanti. Senza contare che in qualche raffigurazione si distingue un freno a martellina. del tipo di quelli ancora in uso sui carri merci ferroviari. Funzionando tra la ruota e il cassone. con l'avantreno sterzante la sua collocazione sarebbe risultata impossibile: non a caso i suddetti vagoni merci hanno gli assali fissi!
Una apparente anomalia. per lo più stranamente ignorata nelle ricostruzioni museali che derivava non dall'incapacità a concepire un avantreno sterzante. che in alcuni casi dovette certamente esistere. ma dalla sua inidoneità a soppo11are i carichi! Un assale attraversato da un perno era comunque debole e l'unico supporto che lo sorreggeva nelle curve strette rischiava di spcz1arsi. Non è un caso che quando si costruirono degli autocarri per grandi carichi se ne raddoppiò l'a vantreno e si adottarono quattro ruote sterzanti.
In generale i Romani non furono grandi costruttori di carri. Li copiarono dalle etnie nordiche e li adattarono alle loro ottime strade e ai loro molli bisogni. Per restare ai carri a quattro ruote, ne ricavarono una ga mm a talmente ampia da ricordare quella degli odierni autocarri e autobus. Vi furono. infatti, carri ag,·;coli trainati da pariglie di buo i, carri merci per il trasporto di oggetti pesanti, carri botte per olio e vino, carri contenitori con alte sponde per tc1Ticcio o sabbia. Ed ancora carri diligen=e per il servizio pubblico, con sed ili pure su ll 'imperiale, veloci c:arro==e private con copertura a mantice, carro==e letto con padiglione di pelle, a quattro o a sei cucccue. 44 l
Di,cr:,c rapprescnta1ioni di \'arie tipologie di carri romani a quanro ruorc. In particolare:
160. Carro per trasporto privaio , clocc. 161. Carrozza per trnsporro pubblico di funzionari cd autorità.
162. Carron.a-leuo J)l!r lunghi , iaggi notturni. É il primo e,cmpio di adoLiom: di sospensioni.
I63-164. Carri-honc rispetti, amen te a due ed una bo11c. per il tra~pono nel primo caso di vin o. bianco e rosso. nel secondo di olio o di acqua.
Ricoslru.tione , irruale e rilie, 1 planimetrici di carro per 1rasp orto pri vato ve loce. Da nota re la rapp rese nt az io ne del sistema frenante e l'accenno al mantice di copertura.
Ricostrnlionc virtuale e rilievi planimetrici di carrozza per trasporto pubb lico di fun..:ionari e segui to. Da notare i posti ricavati sull'imperiale come nelle diligen,c.
Ricostruzione virtua le e rilievi planimetrici di carrozzalctto. Al suo in te rno erano collocate da quattro a sei cuccette. Montava sospe nsione a doppia cingbia.
Ricostruzione virtuale e rilievi planimetrici di carro - botte. Nella fattispecie è relativo al trasporto di due varietà di vino. forse bianco e rosso.
Di queste ultime sono stati ritrovati dei supporti di bronzo, alcuni di notevole pregio artistico, relativi agli ancoraggi di robuste cinghi e binate di cuoio. 45 l Cinghie che fungendo da sospensioni, isolavano il cassone dagli assali attenuando le maggiori sollecitazioni verticali e , ancor di più, i tremendi scuotimenti orizzontali, così da consentire se non un tranquillo sonno, un viaggiare meno penoso. Quanto al criterio specifico della sospensione a cinghia, se ne trova un larvato precedente nei carri da guerra egizi , muniti a volte di cinghie di sospensione, a volte di archi di vimini tipo balestra e a volte pure di ruote elastiche a quattro raggi, criterio quest ' ultimo che potrebbe definirsi della ruota - ammortizzatore e che fu riscoperto in alcuni locomotori degli anni trenta.
Grazie alle s ospensioni e all'ottima connessione dei basoli l'avanzamento dei carri sulle strade avveniva in modo relativamente confortevole e senza difficoltà, nonostante la rigidità del! ' avantreno.
165. Fregio raffigurante cortei di carri.
166 Resti di canozza letto.
167- 168. Dettaglio freni a martcllina in bassorilievo ed in un carro ferroviario.
169. Supporti per cinghil' di sospensione di carrozze letto romane. ben evidenti nel primo reperto.
170-171. Ricostrnzione virtuale e rilievo planimetrico del sistema di sospensione a c inghi e.
I Binari D I Pompei
lL D!OLKOS FU IL PRIMO SJSTEMAA RUOTA GUIDATA PER GRANDI CARICHI A LUNGA DISTANZA PREMESSA DELLE FERROVIE. Suo TRAMITE LE NAVI ABBREVIAVANO DI ALCUNI GIORNI LA NAVIGAZIONE TRA
L'EGEO E LO IONIO. TN PRATICA CONSISTEVA lN LUNGl-USSIMO PIANO DI ALAGGIO, CON CARRELLI A RUOTE PARALLELE ED EQUIDISTANTI, CAPACI DI SOPPORTARE IL PESO Dl UNA INTERA NAVE. DA ALLORA DI SISTEMI ANALOGHJ NE VENNERO REALIZZATI NUMEROSI, ALCUNI ANCHE NELLE STRADE or POMPEI.
Ma quella rigidità, che per l'ampio raggio di curvatura delle strade basolate extraurbane non creava alcun problema, come, del resto neppure sulle piste per la scarsa coerenza del ten-eno, diventava problematica, invece, nella viabilità cittadina, rigidamente ortogonale. Una passeggiata per le strade di Pompei lo conferma : non a caso gli unici resti di veicoli identificati sono d'un carro a due ruote . Per quelli a quattro ruote, invece, risultava del tutto impossibile lo svoltare: fisso l'assale strettissimo l'incrocio. Occo1Teva. pertanto, imboccare direttamente la strada di destinazione, il che spiega il rilevante numero di posterle alle cerchie urbiche greco romane. Un caITo, quindi. entrato in città avanzava senza mai svoltare: dal momento però che la sede stradale oltre ad essere stretta era pure scabra e con alte banchine laterali ed attraversamenti persino più alti, il rischio di sbattervi contro le ruote con gravi danni, non era affatto remoto.
Per 1isolvere quel grave problema ci si ricordò dei solchi guida-ruote, che proprio a Pompei vantano eloquenti esempi, a volte in asse con la strada per centinaia di metri, a volte appena adiacenti agli attraversamenti. Non era un scelta inazionale, poiché i veicoli a ruota guidata odierna, tramvai e treni, sono preferiti proprio perché il binario favo1isee il transito in ambiti appena più larghi del veicolo, senza eccessive oscillazion i owiamente oltre a IidU1Te considerevolmente la resistenza al rotolamento.
Dal punto di vista tecnico va osservato che l'adozione dei solchi guida ruote suppone I'lmiformazione della distanza fra le ruote dei veicoli, equivalente antico della distanza fra i binari attualmente definita scartamento. Gli ingegneri romani, portarono quella casuale dei greci a coincidere con il passo doppio ovvero a l .480, in sostanza coincide nte con il cosiddetto scartamento Stephenson pari a m L.435. Ancora oggi è lo scartamento ferroviario dei binari dei più avanzati paesi del mondo e dell'Alta Velocità 46j, sui quali sfrecciano convogli ad oltre 500 km/h!
172- 173 - 174. Carri ad avantreno lisso nell'avanzamento su strade s trette con alte banchine laterali, avrebbero finito per urtarvi le mote. li rischio fu eliminato con J'adoziont' dei solchi guidaruote. appositamente incisi con notevole precisione. Il loro degrado li ha fatti ritenere provocati dall'usura. Va, per inciso, osservato che l'adozione dei solchi presuppone la standardizzazione della distanza fra le ruote in tutti i carri.
175. Per superare fo11i pendenze i solchi gui da-ruoLc consentivano l'impiego di paranchi o il collegamento con funi era ca1Ti che sal ivano e carri che scendevano.
175 172- 173-174. Fixed forecarriagcs advancing alo ng narrow roads risked bumping into its ta li lateral shou lders. This risk was eliminated by guide - wheel ruts, cu L with great precision. Their deteriorated conditilm was probably causcd by lhc frequent passage ofwhee ls. The use of ru ts presupposes a standardiscd distance between wheels in ali carts.
175. In o rder to overcome high grad ients, the wbeel-guide ruts were made to allow fo r use of pu llcy block.s or connection with ropes between carts going up and those going down.
La C Om Par Sa D El S Em Ov Ente
lL MOTORE OVVIAMENTE NON ESISTEVA ANCORA MA UN CONGEGNO CAPACE DI TRASFORMARE GLI SFORZJ DI MOLT I IN UNA ROTAZIONE SÌ. ERA IL CABESTANO O SALPANCORE E CON QUELLO SI REALIZZÒ IL PRTMO
SE MOVENTE DELLA STORIA.
Che movendo un carro girassero le sue ruote, è un dato acquisito già nella preistoria; non altrettanto il contrario cioè che facendo girare le ruote, un carro si sarebbe mosso da solo deduzione realizzata non prima del IV secolo a C., allorché si cercò la maniera di evitare le stragi dei quanti spingevano le t01Ti d'assedio sotto le mura nemiche Per Bitone fu il macedone Posidonio 47 ), che, al servizio di Alessandro , costruì una torre di circa 15 m munendola di un meccanismo capace di renderla se movente . Per gli storici, invece, l'invenzione della torre semovente deve ascriversi a Epimaco l'Ateniese -18>, ingegnere di Demetrio Poliorcete, a sua volta nipote di Alessandro, durante l'assedio di Rodi. E questa torre era alta 40 m e pesava più di 100 tonnellate!
Circa i meccanismi escogitati per la movimentazione di quei giganti le fonti non si dilungano Scrive ad esempio Vegezio Flavio che alle toni d'assedio:"con un meccanismo sofisticato, si applicano molte ruote, con il cui moto si può spostare una macchina tanto grande". 49 > Quale che ne sia stata la concezione motrice, resta certo che l'energia di alimentazione proveniva da i muscoli umani, con un corollario di leve e paranc h i.
Premesso ciò, si può supporre il ricorso a w1 cabestano o mulinello salpane-ore, come confusamente sembra cog l iersi in laconici accenni, congegno, peraltro, ben noto al l'epoca. Alla manovra anche un centinaio di uomini, suddivisi fra le sue tante e massicce stanghe. Quanto alla trasmissione del moto, ovviamente da supporsi integrale, il sistema più elementare consisteva in una coppia di grosse gomene avvolte con numerose spire intorno a ciascun asse e, con l'opposta estremità, vincolata all'albero del cabestano. Fatto girare questo, le gomene gli s'avvolgevano sopra e, srotolandosi dagli assi, ne provocavano la rotazione insieme con le rispe ttive ruote.
Che ton-i del genere fossero ancora d'impiego corrente intorno al Tsecolo a C., lo confcnna un interessante, e per molti aspetti divertente, episodio così rievocato da Cesare:
'
'[g l i Aduatuci] si erano chiusi in città. Quando videro che i Romani ... avevano avviato la costruzione di una torre a considerevole distanza. iniziarono a schernirli dagli :.pa!ti ed a domandargli strillando perché montare una macchina tanto grande così lontano: con quali mani l'avrebbero spinw e con quali forze uomini così piccoli potevano sperare di muovere una torre cosi pesante? lvfa quando si accorsero che la torre si muoveva e si avvicinava alle mura, atterriti dalla cosa ignota e incredibile inviarono ambasciatori a Cesare per trattare la pace. Questi dissero che non credevano possibile che i Romanifacessero la guerra senza l'aiuto divino dal momento che potevano jàr avanzare macchine tanto alte con tanta velocità!". 50 >
176. Ricostru7ione virtuale della g r ande elepo li di Demetrio Poliercete, alta oltre 40 m. capace di avanzare con il suo apparato motore. e di modificare la direz ione di ava nza mento.
177. Ricostruzione virtuale dell'elepoli di Posidonio. anc h ·essa semoven te.
178. Ricostruzione virtuale di motore a doppia ruota calcatoia con trasmissione a corda ~ui dul! assi. É una delle due ipotes i d i m otor ina7ione delle e lepoli.
I Motori D El Lo Stato S Olido
PER I GRECI OGNI CONGEGNO CHE PROVOCAVA lL
MOTO DI UN OGGETTO ERA UN MOTORE: PRIM1 FRA
TUTTI TL VENTO CHE SPINGEVA LE VELE E L'ACQUA CHE TRASCJNAVA l TRONCHI. lN SEGUITO SE NE REALIZZARONO A CONTRAPPESO, CON LL MEDESIMO SISTEMA USATO PER ISSARE LE VELE: NELLA FATTISPECCE FU UN S!PARJO TEATRALE. DALLA OSSERVAZIONE DEL COMPORTAMENTO DELLE GOMENE E DELLE VELE IN TENSIONE DERIVARONO ALTRI MOTORI AZIONATI DALL'ENERGIA POTENZIALE ELASTICA DI FLESSIONE E Dl TORSIONE.
Come accennato nella premessa, in età ellenistica il termine motore definiva la ragione di un evento cinematico. Il moto di un qualsiasi oggetto andava imputato a un motore, interno o esterno allo stesso. li criterio fu, ovviamente, cooptato dai Greci prima e dai Romani poi senza alterazioni di sorta, ampliandosi nel frattempo la gamma di ta li motori. In particolare, nell'ambito dello stato solido, spiccano i sistemi motori a molla e a gravità. Se l'identificazione dei secondi riesce immediata pensando al secchio che scendendo nel pozzo, trascina la corda e fa girare il verricello, dei primi, di impiego molto più ampio, basta ricordare i vecchi orologi a cui si caricava la molla. Ovviamente quelli a gravità furono di gran lunga più potenti: i montacarichi che nel Colosseo sollevavano le gabbie delle bestie erano in grado di esercitare forze di diverse tonnellate.
M Oto Ri A G Rav It
Fra i motori azionati dalla forza di gravità ve ne era un tipo molto diffuso impiegato per issare o abbassare la tenda del sipario. Nei teatri romani, infatti, il sipario non poteva scon-ere dai lati, né scendere dall'alto poi- ché la scena manca\a della struttura ori77ontak superiore. Per conseguen7a. quine.li, veniva fallo sollevare da un apposito alloggiamento longitudina le praticato inunediatamente davanti al palco. restandovi ripiegato durame la rappresentazione. elio stesso alloggiamento stavano collocati. ad intervalli regolari. pure gli clementi telescopici che ne determinavano il sollevamento. Questi. realinati interamente in legno. erano costituiti da un astuccio esterno e da tu1 murale interno: agendo su delle corde venivano fatti innalzare, nella stessa maniera di una attuale antenna a stilo. 511
J 79 - 180. Cabestano per motorizzazione di elepoli con trasmissione a fune, di cui il dettag l io sopra a sinistra.
I R1. Moderni cabes tani con le stanghe sfilate. per impiego navale.
A dete11niname il sollc, amento prowedeva una complessa macchina. che solo in estrema sintesi si può ridune a w1 paranco e a un contrappeso di pani di piombo. Dato che il sipario con la relativa trave orizwntale di sostegno, pesava oltre una decina di quintali. il contrappeso doveva pesarne ancora di più. Ingegnosamente, però, era stato suddiviso in due parti, che singolarmente prese pesavano meno del sipario: quando connesse, invece, pesando di più abbassandosi lo sollevavano. Per la manovra opposta bastava separarle, per cui il peso del sipario tornava a prevalere e si rialzava. Il moto. pertanto a,-veniva sempre in maniera unifonne e precisa ed i serventi si limitavano, in pratica. soltanto a sollevare con il paranco una sola me tà de l contrappeso.
Circa il motore a molla va osservato che. dal punto di vista cronologico, l'invenzione della stessa si perde nella notte dei tempi: infatti la trappola più arcaica implica una molla, per lo più un fusto piegato. che tornava di scatto nella sua naturale configurazione. 521 Nessuno, in quel primordiale contesto comprese le ragioni de l fenomeno, ma tutti ne divennero in breve padroni. Realizzarono. pure. altrettanto rapidamente. che dopo alcuni cicli la maggior parte delle piante non recuperava la configurazione eretta originale. Poche conservavano a lungo quella proprietà: altre, invece. speznndosi dimostrarono di non possederla affatto.
Con la consueta astrazione della fisica, è definito elastico il primo comportamento cd anelastico o plastico, il secondo. ln realtà tutti i corpi tendono progressivamente a perdere la loro elasticità, per cui la qualifica riguarda, piuttosto, la sua persistenza, peculiarità fondamentale per anni funzionanti con cicli di deformazione e restituzione. Un arco per le frecce ne è un esempio: quando è sottoposto a sollecitazione si flette, comportandosi come un accumulatore che immagazzina l'energia spesa per defom1arlo: quando si raddrizza si comporta come un motore che restituisce, sotto forma di lavoro. l'energia i1nmagazzinata.!-31 Senza entrare nei perché di tale compo1tamento, è fondamentale ribadire
182. Vedu ta dei sotterrane i de l Colosseo nei quali erano insta ll at i g li elevator i.
183. Ricostruzione virtua le del s is te ma di so ll eva me nt o del sipa ri o di un teatro romano.
I 84- I85. Resti della scena di teatri roma ni ad Altilia. Campo basso -Italia, e Xanten- Germania che le proprietà clastiche natw·ali furono abbastanza rapidamente comprese, tanto da essere impiegate forse già 40-30.000 anni or sono. Ne derivarono, oltre alle più sofisticate n·appole ed ai più potenti archi, una vasta gamma di applicazioni. L'esperienza così acquisita valse a far individuare altre manifestazioni elastiche, forse persino più vantaggiose per i sistemi mor01i reversibili. Per impiegarle concretamente, però, sarebbero occorsi ancora numerosi millenni!
La defom1azione elastica di un solido si manifesta, infatti. in quattro distinte modalità, esito di altrettante sollecitazioni. La prima è la già ricordata flessione, precipua di oggetti a prevalente lunghezza, come l'asse del trampolino per tuffi. La seconda è la compressione, che si verifica quando un corpo si trova tra due forze contrapposte che tendono a schiacciarlo: tipico il caso dell'imbottitura della poltrona su cui sediamo. La terza è la trazione, che si origina quando un corpo é teso da due forze uguali e contrapposte: ne sono W1 comW1issimo esempio le bretelle. La quarta è la torsione che scaturisce dalla rotazione contrapposta di entrambe le estremità di un corpo: ben nota la strizzatura dei panni bagnati.
Motori E Lastici A Flessione
Stando ai tanti geroglifici, le quattro moda! ità appena accennate trovarono, tutte, già nel secondo millennio a.C., utilizzo corrente in utensili ed anni. Plausibile, quindi, che a partire dal V-IV secolo a.C., l'esperienza maturata fosse messa a profitto nella costruzione di più potenti armi da lancio. Benché tutte le defomrnzioni elastiche si fossero dimostrate potenzialmente idonee all'impiego, solo flessione e torsione potettero immediatamente utilizzarsi. Solo in un secondo momento vennero impiegati, o per lo meno esplorati, gruppi motori a compressione e a trazione, generando alcuni archetipi, miranti ad ottenere prestazioni meno effimere. Del resto, già il passaggio dai gruppi motori a flessione a quelli a torsione nonché a flessione di lamine metalliche testimonia un'esigenza di affidabilità e di costanza delle prestazioni. 54 l
A partire dal II secolo a.C., la richiesta si concentrò proprio intorno ad una molla che non fosse più un aggregato di legno, corni e tendini, ma una sottile lamina di metallo forgiato e temperato, capace di reagire a ogni deformazione, ideale motore di modesto ingombro ma di grande potenza e longevità. Da lì alla molla a bale stra il passo era breve, s ia che fosse d'acciaio che di bronzo.
186. Arco :,cmplicc e compos ito. ed in dettaglio struttura intema del composito. costituita da: tend ini kgno e piastre cornee il tulio strettamente fasc iato
187. GastraCctc degli ini;:i del IV sec. a.C., fallo approntare dal tiranno di Siracusa Dioni:,iO i l Vecchio. Ricorda per molti aspetti una balestra.
188. Gasirafcle binato costruito da Zopiro di Taranro nel IV sec. a.C.
189 Grande balista di Isodoro d "Abido, prima metà del IV scc. a.C