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TELECOMUNICAZIONI

Q UANDO PIÙ IMB ARCAZ ION I NAV IGAVANO JNSIEME

DOVEVANO IN QUALCHE MODO POT ER COMUNICARE

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FRA LORO E, DAL MOMENTO CHE NON ERA POSSIBl LE

TNVlARE QUALCUNO DALL'UNA ALL' ALTRA CON LA

NECESSAR IA FREQUENZA, FU GIOCOFORZA fNVENTARE UN SISTEMA CONVE:-.IZ JONALE DI MESSAGGl. E DEI CONGEGNI PER INVIARLI : NE VENNE RO ESCOGITATI DJ VAR I TrPI , ACUSTICI ED OTTICI, PER BREVI DISTANZE E PER GRANDI DISTANZE. ACQ UISITA UNA

PIEN A PADRONANZA QUELL E CA PACITÀ FTNfRONO

ADOTTATE ANCHE A T ERRA PER COMUNICARE TRA

LUOGHI LONTANI IN TEMPI BREVISSIMI.

TELEGRAFO AD ACQUA

Un settore della tecnologia romana quasi completamente ignorato è quello delle telecomunicazioni: essendo per noi oggi sinon imo di trasmissioni radio , tramite oscillazioni elettromagnetiche ad altissima frequenza, ci sembra logico concludere che, non essendo state ancora scoperte, mancavano neces sa riamente le applicazioni. Ma , a ben riflettere , la realtà era diversa , sop rattutto in un Impero esteso, sia pure solo parzialmente , su tre continenti con eserciti stanziati lungo frontiere di migliaia di chilometri e in costante attesa cli ordini e disposizioni, nonché con diverse flotte in navigazione sia nel Mediterraneo che nel Baltico, nel mar Rosso ed anche negli oceani A tlant ico e Indiano!

Da tempo immemorabile la segna la zione ottica con il fuoco dj notte e il fumo di giorno aveva in qualche modo consentito se non la trasmissione dei messaggi 3~l, almeno la comunicazione degli eventi concordati. Uno specchio al sole, propriamente definito e liografo , poteva inviare anche a decine di chilometri di distanza lampi codificati, ma erano comunque es iti di convenz ioni, in particolari contesti e orari.

Qualche problema. infatti, derivava dall'angolo degli specchi rispetto alla posizione del sole, per cui la trasmissione e l'eventuale ri s posta potevano avvenire so ltanto secondo alcune direttrici, e in alcune precise ore della giornata. Senza contare l 'irrisolto problema della estrema irrilevanza della quantità di informazioni così trasferibili. Verosimilmente dopo alquanti tentativi si ottennero degli eliografi anche notturn i, simili ai fari e, non di rado. s i adibirono gli stessi fari ad eliografi notturni.

I fari romani funzionanti a combustibile liquido si prestavano ottimamente all'imp iego , poiché bastava munirli di lamiere posteriori girevoli fungenti dariflettore. Essendo la loro fiamma verticale, con la rotazione del riflettore si poteva deviare in qualsiasi direzione il fascio luminoso. Il sistema attinse così una rilevante funzionalità, ma non per questo riuscì a trasmettere qualcosa in più dei soliti semplici segnali binari. Fornì però il presupposto per rendere fo1almente utile il trasmettitore a dispaccio fisso o telegrafo ad acqua, propriamente definibile telescrittore sincrono, inventato già da alcuni secoli da tecnici greci e descritto da Enea il Tattico. 36 >

3 I6. Ricostruzione virtuale di tclcscritto re sincrono di Enea il Tartìco. 317. Pannello moderno relativo al fun1..ionamento del celescrittore. Atene, Museo delle Tclcco111unìcazioni.

In dettaglio l'apparecchio appare semplicissimo, senza alcuna distinzione fra quello trasmittente e ricevente per cui lo stesso assolveva a fasi alterne entrambe le funzioni. Volendo poteva anche servire come ripetitore intermedio, in modo da consentire trasmissioni di gran lunga maggiori del raggio d'azione dell'eliografo, o dei singoli fari. lo larga massima consisteva in un contenitore cilindrico, con alla base un rubinetto e, all'interno, un galleggiante graduato. Così per esempio, una sequenza di solo quattro dispacci:

Ad ogni tacca, contraddistinta da un preciso numero corrispondeva un diverso messaggio prestabilito. Costruiti meticolosamente identici, per volume e per rubinetto, erano collocati uno per ogni stazione riempiti d'acqua fino al livello massimo, in attesa di utilizzo Per iniziare la trasmissione si lanciava al ricevente un lampo di luce, mediante uno specchio metallico. Ottenuta la conferma con un secondo lampo di risposta, con un terzo si ordinava la contemporanea apertura dei rubinetti. L'acqua iniziava così a defluire dai contenitori, provocando in entrambi una sincrona discesa del galleggiante graduato, tacca dopo tacca. Allorquando nel trasmittente la tacca numerata, coITispondente al dispaccio prescelto, giungeva a sfiorare il bordo superiore del cilindro, un ultimo lampo ordinava la chiusura dei rubinetti, consentendo di leggere sul ricevente il medesimo numero del trasmittente, ovvero il messaggio. Volendone sca ndire la sequenza operativa, supponiamo un contenùore di 30 cm di diametro per circa un metro di altezza, suddiviso in 10 tacche, una ogni 10 cm. Se munito di un rubinetto da 1Olitri al minuto, l'avvicendamento di ogni tacca richiede circa 80 secondi, che portano a quasi 12 minuti il tempo neces- sario per trasmettere l'ultima. Sicché, per trasmettere il messaggio HI-M lLITES DEFICllJNT del nostro tabulato, ovvero che mancano i soldati, trascoITono tra il secondo e il terzo lampo soltanto 4 minuti!

Da un p u nto di vista strettamente tecnico si trattava di un antesignano sistema a trasmissione sincrona, simile per concetto ad un odierno telefax. li dispaccio, infatti, non veniva trasmesso tramite una variazione analogica, quale che fosse, ma ricostruito per contemporaneità d' interventi tra la stazione trasmittente ericevente. Da l momento che erano trasmessi esclusi vamente i comandi di apertma e chiusura relativi ad un preciso apparecchio, qualora fossero stati intercettati, non se ne ricavava alcun messaggio.

L'apparecchio appena delineato si dimostrò affidabile e semplice da costruire a da impiegare. E' probabile che con leggere mod ifiche de l galleggiante. magari trasformato in un cilindro graduato appena più piccolo del contenitore, u na sorta di gigantesca silinga per uso medico, si sia ottenuto un apparecchio capace di funzionare anche su supe rfici instabili, quali le navi. Circa la sua po1iata massima, dipendeva, come accennato, soltanto dal!' eliografo, ovvero dalla visibilità del suo segnale luminoso. Se questo, ad esempio, fosse stato lanciato dal faro di A lessa ndria il raggio di trasmissione avrebbe potuto raggiungere i 60 km, una quarantina per quello di Miseno. E' pres u mibi le, però, che abitua lmente non si superassero tratte di una trentina di km, riCO!Tendo per le maggiori a r

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I Motori Dello Stato Liquido

RIFACENDOCI SEMPRE AL CONCETTO GRECO DI MOTORE È FUOR DI DUBBlO CHE TRA I PRIMI DELLO STATO LIQUIDO VI FURONO DEI GALLEGGIAffll TRASPORTATI

DALLA CORRENTE DEI FIUMl O DALLE ONDE DEL MARE.

1'1 SEGUITO SI IMfTARONO QUELLE MACGITNE SPONTANEE E CASUALI TRASFORMANDOLE IN RUOTE A PALE E IN TURBINE. QUESTE A LORO VOLTA SI DIMOSTRARONO BEN PRESTO REVERSIBILI, OVVERO CAPACI DI GJRARE QUANDO IMMERSE NELL'ACQUA IN MOVIMENTO E Dl MUOVERSI QUANDO FATIE GIRARE NELL'ACQUA IMMOBILE. IL PRIMO BATTELLO A RUOTE DISEGNATO CON CHIARA COMPETE ZA E SENZA ERRORI MECCANICI È DEL IV SECOLO D.C.: UNA NAVE DA GUERRA.

L'acqua, che richiede una discreta quantità di energia per essere innalzata, può a sua volta fornire una discreta quantità di energia quando cade sopra una ruota a palette o anche quando semplicemente la trascina. Tanto della prima evenienza quanto della seconda abbiamo dalle fonti sicure testimonianze letterarie e chiare descrizioni nei trattati, nonché alcuni significativi reperti, il più famoso dei quali è senza d ubbio la cosiddetta ruota di Vena.fra.

Va inoltre osservato che esistevano impianti con più rnote, collocate a varie quote, in modo da poter sfruttare il medesimo flusso d'acqua suddividendolo in più cadute, poiché la forza di un unico grande dislivello eccedeva la resistenza meccanica della ruote. 37 l

Girante Ad A Sse Ve Rticale E P Ale D Ritt E

La stretta somiglianza fra il mulino a vento ad asse ve1ticale con girante sovrapposta alle macine e quello ad acqua di arcaica concezione e di similare configurazione, meglio noto come mulino scandinavo, o greco, ha indotto alcuni studiosi a ritenerlo una sua derivazione. Dal momento che non si ha alcuna ce1tezza circa la località in cui la prima ruota idraulica iniziò a girare, nessun riscontro suffraga tale priori t à, meno che mai la suddetta somiglianza che potrebbe dimostrare pure il contrario. Di questo avviso sono infatti altri studiosi, per i quali la girante idraulica ad asse verticale rappresentò un adattamento dell'eolica ai piccoli e vorticosi corsi d ' acqua, tipici della Scandinavia e della Grecia. Quale che sia stata l'origine di tale ruota è fuor di dubbio cbe, dove e quando comparve . si dimostrò di scarsa po tenza ma ideale per i regimi torrentizi. 38 l

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320. Maci na in pietra pe r g iran1e ad a~~e ,ert icale

321. Ricoslruzione virtuale di girante ad asse e pale vert icali con k relat ive sovrastanti m acine di m ulino accoppiate e denag li o.

In linea di larga massima consta va di un albero munito intorno alla parte inferiore di tozze patene. disposte come i raggi di una ruota. Si trattava di otto o dodici tavole. solide e spesse. lunghe non più di mezzo metro e larghe poco meno. Un buco nella roccia. sul fondo del torrente , fungeva da boccola per la base dell'albero , la cui estremità opposta stav a incastrata nella macina. a sua volta adagiata sopra la l ' altra identica ma fissa. Questa rozza girante immersa ve1ticalmente opponeva una forte resi s te nza alla corrente: essendo però identica sia della pala di destra che di sinistra. non poteva girare se non schermandone una . In pratica il corso della co1Tente si doveva restringere alla metà del diametro della ruota, strozzatura ottenuta ostruendo in parte l'alveo di adduzione , mediante una embrionale paratoia. Plausibile immaginarla costituita da un setto v erticale, di pietre o di tavoloni, saldamenti ammorzati alla sponda adiacente. Questo tipo di ruota conobbe ampia diffusione per la notevole semplicità costruttiva e d'impianto anche nei più piccoli torrenti.

GIRANTE AD AsSE VERT I CALE

Forse fu la difficoltà di modificare in modo duraturo l'alveo di un torrente per adeguarlo alla girante a pale dritte , a suggerire di innestare le pale sul mozzo con un leggero angolo rispetto al suo asse longitudinale; o forse lo stimolo provenne dagli impennaggi obliqui dei dardi o da qualche conchiglia rotta. Sta di fatto che montando le palette inclinate la girante ottenuta ricordava a grandi linee un moderno ventilatore assiale multipale , e più ancora un ingranaggio elicoidale. Curiosa e al contempo emb lematica la somiglianza con un tipo di stele funebre maschile di ambiente islamico, che, in teoria, voITebbe ricordare un turbante stilizzato. In realtà il cippo se ne discosta vistosamente, per la sua stretta simmetiia, e finisce piuttosto per rievocare proprio la ruota a pale oblique inventata in quella stessa regione del vicino oriente, alcuni millenni prima , tanto da costituire una implicita reminiscenza: emblematica, del resto , la comune etimologia d.i turbante e turbina.

Assodata la connotazione di quella singolare girante, è abbastan za agevole comprenderne i vantaggi , ora come allora. Nessuna esigenza stringente di schermatura o di stroz zaturn dell ' alveo , dal momento che un qualsiasi salto dell'acqua, o persino un corso più veloce, bastava a porla in rotazione. In definitiva qualsiasi piccolo torrente, a forte pendenza e debole portata, poteva così trasformarsi proficuamente in una comoda fonte energetic a , immergendovi con l ' asse appena inclinato la girante a pale oblique. Jn tal modo infatti, la corrente in vestiva conte mporaneamente tutte le sue pale. con la medesima intensità provocandone la rota z ione per la loro angolazione. TI che legarantiva rendimenti maggiori di quella a pale perpendicolari a parità di diametro e d'impeto della co1Tente.

322-325. Ricostruzione virtuale di girante idraulica ad asse verricale e pale oblique e dcnaglio.

323.Turbina Kaplan a pas o fisso. 324.Tomba isla1uicadi epoca medievale: il tmbantc stilizzato ricorda in maniera stringenteunagirnntc a paleoblique.

322-325. Virtualreconstructionofvertical axis and oblique blades hydraulic rotor and detail.

323. Fixed pitch Kaplan turbine 324.Islamic tomb from the medieval era: thesiylised turban calls 10mind the vertical axis and oblique blades rotor.

Fu questa, forse, la ragione della sua ampia diffusione nonostante la maggiore complessità costrnttiva. Non a caso viene considerata più che un'arcaica mota idraulica la vera antenata delle turbine. Per l'esattezza la capostipite di una tipologia tutt'oggi impiegata, propriamente definita di Kap!an , molto somigliante ad un'elica marina, ottimale per piccoli dislivelli.

Gi Rante A D Asse O Rizz O Ntale

Sotto il profilo meramente strntturale, sia la girante a pale parallele che quella a pale oblique non 1isultavano suscettibili di incrementare la potenza erogata al di là di un ben modesto valore. Le pale, che ne costituivano l'organo di presa dinamica, per l'intrinseca debolezza del materiale non dovevano, infatti, eccedere il metro di lunghezza per non finire spezzate dalla corrente. Impossibile, pertanto, costrufre giranti più grandi e quindi impianti maggiori: la pm1icolare tipologia di motore primario restava rigidamente limitata , sopravvivendo relegata a impieghi sempre modesti e margina li. Solo un diverso criterio informatore avrebbe consentito di superare lo stai lo favorendo la costmzione di ruote con coppie motrici di gran lunga maggiori, anche a scapito del già scarso rendimento complessivo. Nel giro di alcuni secolì giranti siffatte comparvero, fornendo potenzialità fino ad a ll ora inimma- ginabili. Alle spalle dell'evento è plausibile supporre la casuale constatazione che una ruota a palette dritte sospesa con l'asse orizzontale e fatta lambire dalla corrente, girava liberamente e, soprattutto. sviluppava una incredibile forza quando l'acqua invece vi cadeva sopra. In tal caso , infatti, a porla in rotazione non era più soltanto la velocità dell'acqua ma soprattutto il suo peso, azione dinamica accentuata dalla superficie e dalla Lunghezza delle pale.

Volendo anche schematicamente quantizzare i rendimenti relativi ai tre tipi di giranti, abbiamo il 75 % per quella a l imentata dall'alto , il 60% per quella spinta lateralmente ed il 25% per quella trascinata dal basso. Senza contare che mentre per le ultime due le palette non si potevano in alcun modo ingrandire, per quella ad asse orizzontale non vi erano difficoltà ad allargarle e ad allungarle , tramite semplici rinforzi.

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