17 minute read

Ruon: IDRAULICHE PER CADUTA E PER TRASCINA.:VIE!\"TO

Il processo così avviato dctem1inò ulteriori modifiche: fu presto chiaro che una girante verticale, appl icata ad un albero orizzontale, avrebbe potuto erogare una forza motrice tanto maggiore quanto maggiore fosse stata la corsa di caduta dell'acqua. U na adeguata canalizzazione munita di una saracinesca per la regolazione della sua quantità avrebbe pennesso di variare persino la ve locità di rotazione Per avere pale più lunghe, queste furono serrate lateralmente fra due cerchioni metallici, desunti forse dalle norie dalle quali si cooptò pure un 'a ltra caratteristica: la foggia a casetta delle stesse pale. La Iievc modifica, in pratica una sponda di legno di una trentina di centimetri per una ventina di altezza, trattenendo l'acqua più a lungo sulla pala dopo il suo impatto, ne sfmttava meglio la forza peso, esaltandone il rendimento.

Dal p un to di vista dinamico un albero orizzontale non solo risultava più comodo da sostenere ma, anche, molto più facile da lubrificare persino in rudimentali boccole. Facile pure adattarvi un riduttore dentato del numero dei giri, avendo da tempo l'esperienza dimostrato che una eccessiva velocità di rotazione de ll e macine bruciava il grano. 11 che rendendo compatibile pure la lenta coITente dei grandi fiumi contribuì a concentrare canalizzazioni, giranti, riduttori e macine in un unico impianto, costruito a ridosso della spo nda e delle aree coltivate. Sebbene si collochi la diffusione del mulino a acqua, quando non pure l'inven zione, in età medievale 39l, fu in realtà quella classica ad assicurarsene pienamente tu tti i benefici e con notevole ridondanza . Nel primo secolo, infatti, scriveva. al riguardo Antipatro di Tessalonica:

Advertisement

"Smettete di macinare o donne che lavorate al mulino; dormitefìno tardi. anche se il canto del gallo annuncia I ·alba. Poiché Demetra ha ordinato alle Ninfe di fare il lavoro che facevano le vostre mani. ed esse, saltando della ruota,fànno girare il suo asse che, con i suoi raggi rotanti. fa girare le pesami macine concave del mulino ". 40 l

Antipatro, magari con qualche lieve imprecisione, aveva colto perfettamente l'utilità della macchina e, soprattutto, la sua connotazione saliente: una ruota alimentata dall'alto per caduta. E questa restò per quasi due millenni il miglior motore idraulico primario, adattandosi in breve tempo a svariati impieghi, dalle seghe per i mam,i ai tomi per le colonne, dai mantici delle fuc ine alle pompe di sollevamento de ll 'acqua

328. Schemi planimetrici ortogonali di un mul in o a%io nato da g ira nte ad asse orizzontale.

329. Ricos tru7ione virtua le di m ul ino aL iona to da giraotc ad asse or izzontale più nota come ru ota idrau lica

Scriveva nel IV secolo Ausonio Stazio nella sua Mosella:

Praecipiti torquens cerea/ia saxa rotatu

Stridentesque rrahens per lel'ia mannora serras Audit pe,petuos ripa ex 11traque wmult11s ~1)

Esplicito il riferimento alle macine dei mulini ed allo sttidio incessante delle seghe per marmi_ fatte girare dalle ruote idrauliche lungo la Mosella. Disgraziatamente, essendo costrnite in gran parte di legno e di ièn-o, ben poco è scampato alla dissoluzione. Nonostante ciò 1·archeologia ne ha ritrovato e riconosciuto alquanti frammenti: fra tutti il più consistente è quello di una ruota costruita dai veterani della colonia di Venafro nel Molise, destinata al locale mulino. Per molti aspetti coincìde con la descrizione del mulino fattane da Vitt-uvio. 42 )

La Ruota Di Venafro

L'eccezionalità del reperto, finora l'unico del genere, giustifica una breve digressione sulla sua scoperta avvenuta nel 1914 , nel corso della sistemazione dell'alveo del mulino di Laurenziana, a breve distanza dalle sorgenti del torrente Tuliverno presso S.Maria dell'Oliveto. Nella circostanza, a circa 3 m di profondità vennero alla luce due grosse pietre di natura vulcanica, una intera del diametro di cm 83 per uno spessore di 26 con foro centrale, l'altra rotta a metà. Fin qui nulla di eccezionale: vicino ad esse vi era però, in una fonnazione calcarea, una straordinaria impronta, lunga circa 40 cm e larga 12 con una profondità di una quindicina. In particolarc:"nel letto del torrente Tuliverno, nel 1914.fu scoperto un masso di.fango, solidificato, con deijòri e delle striature cararrerisriche.

Assicurati dal Prof Aurigemma al Museo Na::.ionale di Napoli, fu constatato trattarsi di un 'antica ruota idraulica in legno, che, una volta annegata ne/la mota, vi aveva, dissolvendosi, lasciata completamente la impronta. Con mezzi ingegnosi e con pazienza infinita, senza alterare in nu!!a quello stampo.formatosi per un caso strano e originale, I' fng. Jacono poté riprendere il rilievo e ricostruire la ruota nella sua perfètta integrità, pe,jìno nel numero dei hulLoni ''.H J

Dal punto di vista meramente energetico quella girante, alimentata per caduta, poteva erogare una potenza di circa 2.5 kw, poco più di 3 hp: nulla, se paragonata agli oltre 100.000 hp delle nostre attuali turbine idrauliche. ma tanto se s i considera che corrispondeva al lavoro incessante d'una mezza dozzina di schiavi! E dal momento che la mano d'opera. libera o servile che fosse. iniziava già ad incidere fortemente sui costi dei prodotti, ruote del genere si moltiplicarono, collegandosi a volte in cascata in modo da sfruttare a pieno l 'energia cinetica de li 'acqua. A Barbegal. ad esempio. nel sud della Francia, già nel II secolo d.C. esisteva un grandioso complesso di molatura dotato di ben 16 mulini idraulici, collegati a coppie ed in serie. alimentati per caduta grazie all'apporto di un acquedotto preesistente. La sua potenzialità molaria è stata stimata in circa 4 tonnellate di grano macinato al giorno, entità sufficiente al fabbisogno di almeno I 0.000 persone. 44 l Secondo alcuni studiosi l'impianto sarebbe da ascrivere ad un ingegnere locale. un certo Candido Benigno, ritenuto il più abile tra i costruttori di macchine idrauliche e condotte per l'acqua.

330. Rilic\'O planimetrico ortogonale della cosiddctla Ruota di Venafi·o, del diametro di ca. m 2.20.

331. Ricostruzione "inuale esplosa del mozzo centrale e del sistema di incastro delle palette della Ruota di VenaJi-o.

332. R icostru7ionc vinualc della Ruow di Vena/i·o.

1.mpianti similari, sempre a ruote multiple, venivano impiegati nelle miniere per evacuare l'acqua. Si conoscono, ad esempio, le ruote di Tharsis, in Spagna, che, collocate su diversi livelli, si devono immaginare non mo lto diverse da q uella di Yenafro.

Il Mulino G Alle Ggian Te

DA UN PUNTO Dl VISTA STRETTAMENTE FORMALE

NON ESISTE ALCUNA DIFFERENZA TRA UN MULINO

GALLEGGIANTE ED UN BATTELLO A RUOTA: DfVERSO

IL COMPORTAMENTO CINEMATICO DAL MOMENTO

CHE IL PRIMO È IMMOBILE ED lL SECONDO NAVIGA!

MA FORSE FU PROPRIO QUELLO LO SPUNTO PER lL

BATTELLO A RUOTA CHE CI SARÀ TRAMANDATO DAL-

L'ETÀ DEL TARDO lMPERO

Forse fu proprio la necessità di contenere i cost i che portò alla realizzazio ne di un singolare mulino idraulico, la cui esistenza è testimoniata, in quegli stessi anni, lungo il Tevere a Roma: il mulino ga l leggiante. Il vantaggio che garantiva dipendeva dall'onerosità dei coevi trasporti: numerosi cmTi di grano costretti a percon-ere anche pochi chilometri per raggiungere il mulino, determinavano un tale incremento di costo della farina da vanificare il vantaggio della macchina. Un mu l ino capace di spostarsi, scendendo o risalendo la con-ente, o raggiungibile facilmente con barche e razionalmente utilizzato, avrebbe se non altro ridotto al minimo que lle distanze e quei costi, ovviamente dilazionando i tempi di lavorazione.

E' certamente significativo che, fra i tanti disegni degli ingegneri medievali, si ritrovi abbastanza spesso una barca munita di mota a pale. utilizzata per alare una fune

,,, _1_)..)

,,,., Mulino galleggiante raffigurato da .).)_). -Francesco di Giorgio Martmi. 334, Rudimentale mulino galleggiante in modo di poter risalire la co1Tente grazie alla stessa. E in misura persino maggiore ci sono giunte inm1agini di mulini galleggianti di varie fogge e tipologie. l mulini galleggianti, confermatisi rispondenti alle aspettative, si diffusero in breve tempo, restando da allora in funzione fino ai nostri giorni. A tale tipologia, ad esempio, apparteneva il famoso Mulino del Po, del romanzo di Riccardo Bacchelli.

La connotazione essenziale di un mulino galleggiante consiste in tmo scafo munito di una mota a palette: fissato il primo alla sponda con funi o catene, la seconda sempre parzialmente immersa è fatta ruotare dalla corrente. Tuttavia per effetto della asimmetria della resistenza idrodinamica, un mulino siffatto tende a girare fino a neutralizzare la spinta, obbligando perciò ad ancoraggi multipli. Per evitare l'anomala sollecitazione, ben presto si preferì optare per due scafi adiacenti e solidali, montando fra loro la ruota: in pratica una specie di catamarano, con un unico ponte destinato alle macine. Una idea di tale impianto la si può ricavare dalla draga disegnata da Francesco di Giorgio e ripetuta da Leonardo.

Come innanzi evidenziato, il rendimento di una ruota trascinata dal basso risulta sensibi lmente inferiore della stessa alimentata dall'alto. Per contro, però, la deficienza era compensata dal non dovere sopportare sull'asse oltre al peso della ruota anche quello dell'acqua, per cui era possibile costmirne di molto più larghe. li che consentiva non solo di compensare la carenza ma di ottenere potenze di gran lunga maggiori.

A titolo di raffronto, una ruota di 3 m di diametro ma Larga 1.5 rn- dimensione compatibile con lo spazio fra i due scafi, e installazione concettualmente identica a quella dei battelli a ruote fluviali- forniva il doppio della potenza di una alimentata per caduta, dello stesso diametro ma larga soltanto 111 0.3.

Il Battello A Ruote

É facile constatare che l'idea del battello a ruote prima ancora che nel mulino galleggiante era insita nel progetto dell'odometro navale di Vitruvio, in precedenza delineato. Al di là del suo fw1Zionamento, interessa la sua connotazione formale: uno scafo con ai fianchi due mote a pale che girano durante la navigazione.

Sebbene per noi sia un'osservazione lapalissiana che le ruote di un carro girino quando questo si sposta, e che il carro si sposti quando queste girano, non lo fu altrettanto per gli antichi. Ancor meno lo fu supporre che, se il moto dell'acqua faceva girare una ruota fissata a uno scafo fermo, facendo girare nell'acqua inunobile la stessa ruota, sarebbe stato lo scafo a muoversi! L'osservazione nella sua evidente semp licità dovette trovare conforto pure in qualche verifica sperimentale: probabile che nelle acque mo1te d'una gora i mugnai facendo girare con delle leve la ruota, riuscissero a spostare I'intero mulino, sia pure di poco e lentamente.

335. Illustrazione del codice De Rebus Bellicis. raffigurante una liburna con propulsione a rnote a rrazione animale. IV sec. d.C.

336. 11 Clermont di Robert Fulton parte I' 11 aprile I 807 da New York per iJ suo primo viaggio.

337. La Ferdinando I del 1814. la prima nave a vapore nel Mediterraneo.

Di certo, quale che ne sia stato lo stimolo inventivo, i primi progetti di un battello a ruote devono collocarsi intorno al TII-IV secolo d.C.: di uno possediamo anche in dettaglio le connotazioni, tramandateci dal disegno e dalla descrizione dell'anonimo autore nel suo De Rebus Bel!icis. E particolare persino più importante, per la prima volta nella storia della tecnologia compare un veicolo con l'esatta indicazione dell'apparato motore. Si tratta di una liburna a ruote, per l'esattezza tre coppie, poste in rotazione da tre alberi verticali. ciascuno azionato da una pariglia di buoi. Dal punto di vista cinematico è indubbia la derivazione dalle batterie di macine asinarie, come quelle dei panifici di Pompei. Così la sua descrizione: "Lajòrza animale , sostenuta dall'azione di un congegno, muove con facilità, dovunque sia necessario, la liburna, adatta alle guerre navali, ma che per le sue grandi dimensioni a causa, per dir cosi, della debolezza umana. non avrebbe potuto esser govemata dalle mani dell 'equipaggio. Nel suo scafo o stiva, coppie di buoi attaccati alfe macchine, fanno girare le ruote applicate alle fiancate della nave: raggi sporgenti sopra il cerchione o convessità delle ruote, per il movimento di queste ultime fendono l'acqua vigorosamente. come remi: operano con un effètto mirabile e ingegnoso e il loro impeto produce il movimento.

Questa liburna, per la sua imponenza e per le macchine che vi operano dentro, affronta la battaglia con tanto.fremito di.fòrze da.fare a pezzi, con facile attrito, tutte le libarne nemiche che le si accostino". 45)

Non sappiamo se da tale progetto scaturì effettivamente qualche applicazione concreta, magari di grandezza ridotta. L'ipotesi, sebbene non vi sia alcuna menzione nelle fonti sc ritte e iconiche, appare plausibile non fosse altro per la persistenza anomala del1' idea. Dissoltosi l'Impero, infatti, riaffiorò nel Medioevo ricomparendo sistematicamente fra le elucubrazioni di ogni tecnico. Ritroviamo perciò il battello a ruote laterali in quasi tutti i disegni degli ingegne1i medievali e rinascimentali.

OSSERVAZIONI MECCANICHE

La ruota ad asse orizzontale, alimentata dall'alto o dal basso, costituì paradossalmente un vistoso aJTetramento tecnologico rispetto alla più arcaica a pale oblique. Ma, essendo l'unica macchina di indubbia sempl icità costruttiva in grado di erogare ragguardevoli potenze, attraversò l'età antica, giungendo praticamen te immutata ai nostri giorni: la si ritrova, infatti, nella rurbina Pelton. La ruota a pale ebbe la sua apoteosi nel Medioevo, allorquando fu adottata in ogni ambito produttivo.

Ruote a pale, o a cassette, azionavano le pompe per il drenaggio delle miniere, trascinavano le grandi norie per il sollevamento del l'acqua, azionavano i montacarichi dei pozzi, muovevano le seghe che tag liavano i blocchi di pietra, alzavano ritmicamente i magl i sulle incudini Altre ruote ancora movimentavano i grandi mantici che attizzavano i crogioli: si ha conosce nza di tali impianti, meglio definiti soffierie idrauliche, intorno al XV seco lo, grazie ai taccuini di molti ingegneri italiani. Proprio in virtù della massiccia immissione di aria compressa così garant ita , quei forni fusori determinarono un vistoso miglioramento dei prodotti s iderurgici , suppo11ando quella che non a caso è definita l'età del feITo.

Note

1-Cfr. F.RUGE, la guerra sul mare 1939-45. Milano 1970. pp. 14-16; ed anche cfr. A.T.MAHAN, L 'ù~fluenza del potere marittimo sulla storia (I 660-1783), Roma 1994, pp. 37 e sgg.

2- Cfr. V.L.GROTTARELU, Ethonologica , cit., voi. II, pp. 647 - 652 t 7- Cfr. A.UCCELLI, Enòclopedia storica delle scienze e de lle loro applica:ioni. Milano 1942, voi. II, p 618. Circa i mulini a mano. ancora correntemente usati dalle popolaz ioni nomadi senza sostanziali mod i tìchc rispetto a quelli di epoca c lass ic a. cfr G.CHIAUZZL Africa settentrionale Novara 1982. p. 60 foto di Gebès.

3 - Fra le opere irrigue più spettacolari spiccano quelle rcali7.zatc nella penisola araba nel primo millennio a.C. Di esse la maggiore è la diga di Marib. Al riguardo cfr. G.W.VAN BEEK, Ascesa e caduta dell'Arabia Felix, in Letwre da LE SCIENZE, Milano 1973, pp. 122-133. La diga è rimasta in funz ione fino al Vl secolo della nostra era, in pratica per oltre un millennio.

4-Tra i sistemi di captazione dell'acqua in aree desertiche, o comunque aride, la più originale e diffusa è quelle dei cosiddetti qanat tipici dell'Iran. Per approfondimenti cfr. H.E. WULFF, 1 qanat dell'Iran, in Letture , cit. , pp. 114-121.

5-ll preistorico bilanciere per pozzi, meglio noto come shaduf. ancora ampiamente utilizzato nel Vicino Oriente, è in sostanza concettualmente simile ai moderni bilancieri usati per l'estrazione del greggio. Su li 'a rgom ento cfr. D. YERGIN. l/ premio. l'epica corsa al petrolio al potere e al denaro, Firenze 1991.

6- Cfr. P.E. CHEVEDDEN, L. EIGENBROD, V. FOLEY. W. SOEDEL, La più potente macchina da guerra del Medioevo, in Le scienze 11°325. settembre 1995.

7- Cfr. F.RUSSO, L ·artiglieria delle Legioni romane, Roma 2004, pp. 292-303.

8-Cfr. Y.GARLAN, Guerra , cit., p. 152. Il nome greco dell'arma è kestrosphendonè.

9 -Cfr. FILONE di BISANZIO, La sintassi meccanica, lib. V, 10, in Recherc/1es de poliorcétique grecque, a cura di Y.GARLAN, Paris 1974 , pp 279 e sgg.

10-Cfr. B.GILLE, Storia delle tecniche cit., pp. 216 -217.

11-Cfr. T.K.DERRY, T.l.W ILLIA MS, Tecnologia e civilzà , cit., pp.291-292.

12- Cfr. C.PAVOLTNL La vita quotidiana a Ostia. Bari l 986, pp 2 I9 e sgg.

13-Da S.G.FRONTINO. De aquis urhis Romae: la citaz ione è tratta da A.LANCIANl, Topografia di Roma ant ica i Commentari di Frontino. 1881, p. 218.

14-Cfr. M..A. RTCCIARDI. La ci,·i/tà dell'acqua a Ostia antica. Roma 1996. v ol. l, pp. 13 - 14.

15-Circa la pompa a bindolo cfr. P.DELL'AMICO, Navi e archeologia Le ancore. i rostri. le sentine e i limoni. ~upplemento della Rivista Marittima febbraio 1999, pp. 107-134.

16-Cfr. L. WH !TE jr, Tec:nica e società nel Medioern, terza e di7ione Milano 1976. pp. 175.

18-La pompa a doppio effetto è descritta da VITRUVIO De architecTUra. lib. X, l2.

19-L'organo ad acqua di Ctesibio è descritto da YITRUVlO, De architect11ra, lib. X, 13.

20 -La coc lea di Archimede è descritta VITRUVJO De architectura, lib. X, 1l.

21-Cfr. B.MlCCIO. V.POTENZA, Gli acquedotti di Napoli. Napo li 1994, pp. 8-20

22-Circa le condotte fo rzate di epoca romana cfr AA.VV., TRA!ANUS Corpus artium munitorwn romanorum, ultimo aggiornamento 24 aprile 2007. versione elettronica http: //traianus.redris .es, Aquae. Di estremo interesse il sifone di Patara, ancora in ottimo stato di conservazione.

23-Cfr S.G.FRONTINO, De aquis 11rbis Romae. La va lutazione della po1tata è sempre fatta sol tan to in base all a sezione della canalizzazione o dei tubi.

24-Cfr S.QULLICI GlGLl, Roma ji10ri le mura. Roma 1980 pp. 97 - 105

25-Cfr. F.RUSSO, 79 d.C. roffa su Pompei, indagine sulla scomparsa di un ammiraglio, ristampa Napoli 2006, pp. 62-66.

26-Cfr. S.DE CARO. A.GRECO. Campania, Bari 1981. pp. 71-72.

27- Cfr. B.MICCTO, V. POTENZA, Gli acquedot1i , cil.. pp. 21-52.

13 - From S.G.FRO>-JTINO, Dcaquis urbis R.omae: the quotation is from A.Li\NCli\Nl, Topogn(/ìa di Roma antica: i Commentari di Frontino. 188 1. pg. 2 I8.

14-Cf. M.A. IUCCIARDL La civil!à del/ ·acqua a Os1ia cmtiw, Rome 1996, v ol.I, pg. 13 -1 4.

15- Re the chain-pump cf. P.DELL'AM[CO. Navi e archeolugia le ancore. i rostri , le sentine e i rimoni, supplcment to Rivista Marittima Fcbruary 1999. pg. 107-134.

16-Cf. L. WHITE jr, Tecnica e società nel Middle Ages. th ird ed ition Milano 1976, pg. 17 5.

17-Cf. A.UCCELLI, Enciclopedia storica delle scienze e delle loro applicazioni, \1ilano 1942, voi. Il, pg. 6 I 8. Re rnanual grinders, stili uscd by nomads wilhoul any special modifications vis a vis those ofthe classica! era, cf. G.CHlAUZZl. Ajì-ica settentrionale. Novara 1982, pg. 60, pholo by Gebès.

18-Tbe double-acting pump is described by VITRUVIUS, De architectu.ra, bk. X, 12.

19 -Ctesibius · water organ is dcscribed by VTTRUVI US, De architectura. bk. X. 13.

20 -A.rchimedes' cochlea is deseribed by VTTRUV!US, De architectura, bk. X, 11

21 -Cf. B.MlCCIO, V.POTENZA, Gli acquedolli di Napoli, Naples 1994 , pg. 8-20.

22 -0n pressure wate r pipes of th e Roman era cf AA. VY., TRAJANUS. Corpus urtium munitorum romanorum. most recent revision 24 Aprii 2007, clccrronie vers ion http: //traianu s.redris.es , Aquae. Al so interesting is Patara 's siphon. stili in excellcm condilion

23 -Cf S.G.FRONTlNO, De aquis urbis Romae. Assessment of capacity is bascd on lhc sect ion ofthe conduits or pipes

24 -Cf. S.QUILICI GIGLI. Roma .fi1ori le mura, Rome I 980, pg. 97- I05

25 -Cf. F.RUSSO, 79 A.D. Rotta su Pompeii. inchiesta sulla scomparsa di un ammiraglio. rcprint Naples 2006, pg. 62 -66.

26 -Cf. S .D E CARO , A.GREEK, Campania. Bar i 198 1, pg. 71 - 72.

27- Cf. B.MICC IO. U.POTENZA, Gli acquedotti ... , cit., pg. 2 1-52.

28-Cfr. D.RUOCCO, Campania, Torino 1976, pp. 153-154.

29-L'impianro del tripartitore idrico è desc ritto oltre che da Frontino anche da VLTRUYLO. De Architect11rc1, lib. VTJI. 7. La presenza di saracinesche, testimoniate dalle relative guide di scorrimento, fa però ipot izzare per quello di Pompei una destinazione di smistamento e rego lazione dei flussi nelle varie zone della città.

30-Cfr. L.GARClA y GARCIA, Danni di guerra a Pompei. Una dolorosa vicenda quasi dimenticata, Roma 2006 . pp. 44-45. foto n° 37, 38 e 41: il cassone di piombo su ll a torretta, ben visibile ed in ottime condizione nelle fo to 37 e 38, non compare più nella 4 l.

31 -Cfr. E.e f. FASSITELLI, Roma in Europa Tubi e valvole dell'antica Roma, Milano, edito da PETROLIERI D'ITALIA, mensile fondato nel 1954.

32-Scriveva VITRUVIO, De Architecrura lib. VTTT. 7:" 1'acqua condotta nei tubi di terracotta è più sana di quella condolla nei tubi di piombo : la ragione sembra che sia da attribuini alla tossicità della biacca, prodotta dal piombo. la quale si ritiene molto nociva per il corpo umano Di ciò se ne può avere una conferma dagli operai e dagli artigiani che lavorano il piombo che hanno vempre un colorito malato, poiché quando si fonde il piombo penetra negli organi il suo vapore. che giorno dopo giorno accumulandosi. asporta dalle loro membra i benefìci del sangue: e per queslO non è hene co11d11n·e l'acqua nei tubi di piombo. volendola avere salubre.

33-Cfr. E. e F. FASSTTELLT, Roma in Europa Tuhi e valvole , cit. , pp. 6- 16.

34-Cfr. E. e F. FASSTTELLT, Roma in Europa. Tubi e valvole , cit., p.15.

35-Cfr. AA.VV. Le trasmissioni nel tempo. Roma 1995. pp. 5- 14.

36-Cfr. ENEA il TATTICO, Poliorketika, lib X, 4 4.

37-Cfr. B.GILLE, Storia delle , cit.. pp. 216 -220.

38 -Cfr. T.K.DERRY. T.l. WILUAMS Tecnologia e civiltà , cit., pp. 290-294.

39 -Cfr. L.WHITEjr, Tecnica , cit., pp. 146-l50.

40 -11 celebre epigramma del poeta greco Anlipatro di Tessalon ica, vissuto a l tempo di Augusto. è contenuto nella sua An1hologia Palatina.

41-1 1brano è tratto da ll a Mo.sella di Decimo Magno Ausonio, vissuto fra il 31 O ed il 395, poeta latino cristiano, già prefetto della Gallia e poi console nel 3 79 li poema Mosella è considerato il suo capo lavoro.

42-Cfr. VJTRUVJO , De A rchi1ectura, hb. X, IO.

43 - Jl brano è tralto da un articolo di M.FRANZE T TT , Trih un a , 22.3.1933.

44- C irca il mulino di Barbegal. s ituato nel comune di Fontvi elle. nei pre ss i dell ' abbazia di Montmajor va precisato che è ritenuto il maggiore finora conoscillto dell'età c lassic a Fu scoperto tra il I 93 7 ed il 1939 e datalo agli inizi de l IV secolo d .C. Ne facevano parte due serie parallele di otto ruote tutte alimentate dall'a lto, tramite due canali deriva ti da ll ' acquedolto di AJles. Ciascuna ruota aveva il diamet ro di circa 3 m, alquanto maggiore quindi di quella d i Venafro, e c omunicava la sua rotazione mediante ingranaggi d i le gno. Tra le due linee di edifici gradinati che ospitavano le ruote correva una sca la centrale di servizio. Un apposito ca rrello consentiva la movimentazione del grano e della farina, per circa 4 tonnellate a l giomo, sufficiente per una popolazione di I0.000 ab itant i

45 -Da ANONIMO, De rebus bellicis . Expositio liburnae, in Le cose della guerra a cura di A GIARDINA. Milano 1989 , p. 30.

Se I ·acqua copre i due terzi del pianeta l'aria lo circonda interamente ed essendo un fluido leggerissimo si sposta molto più velocemente della prima:fàcile percep irlo nei suoi effetti dinamici e, per ovvia conseguenza, facile imparare a servirsene come utile.forza motrice. La vela, in.fattiJu sicuramente il primo motore dell'umanità, consentendo con la navigazione i contatti e gli scambi. Ma.fu anche il criterio informatore che si scorge dietro i più antichi impianti meccanici, i mulini eolici, sia che fossero mossi da una girante a stuoie verticali di tipo afgano, sia a vele di tipo cretese. Non è un caso che proprio a Creta, la maggiore talassocrazia dell'antichitàJu ambientata la leggenda di Icaro e del su.o tragico volo:forse nonfu una/avola.

Annegare è sinonimo di privazione d'aria, condi::;ione che sin dall 'antichità si è cercato di ovviare portandosene appresso una piccola riserva quando, per una ragione o l'altra si scendeva sotto la superficie del liquido elemento. Dapprima furono gli incursori subacquei assiri con un otre ed un boccaglio a nuotare sott'acqua, poiforse lo stesso Alessandro Magno che per immergersi si servì di una campana pneumatica descritta da Aristotele.

Nella marina romana si istitui addirittura un apposito corpo di sommozzatori, destinandoli ai recuperi e alle incursioni, munendoli di apposite maschere con tubi e snorkel per il prelievo dell'aria.

Ma anche per superare un corso d'acqua o uno stretto braccio di mare, ci si avvalse dell'aria e della sua rilevante spinta dì galleggiamento, quando costretta in otri e botti: ponti così composti e zattere di identica concezione. Ideali per Le operazioni militari a patto di scongiurarne in qualche modo la fin troppo evidente vulnerabilità: non potendosi blindare li si tenne sempre collegati ai mantici per compensare le fughe d'aria prodotte dai dardi . Mantici che non di rado furono un 'ulteriore derivazione della pompa di Ctes ibio.

Fra le navi, poi, sin dall'epoca, della guerra di Troia si rese indispensabile ricorrere ad opportuni segnali, in genere dei ves'silli sventolati in maniera convenzionale:fa quello l 'awio delle telecomunicazioni nel! 'aria..

Ancora alla impermeabilità degli scafi ci si riferi quando si iniziarono in epoca imperiale a dotare lefinestre delle abitazioni di vetri ai serramenti, impedendo così l'ingresso dell'acqua e del vento.

This article is from: