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GESÙ, AIUTAMI A VIVERE L’ATTENZIONE A DIO

Un maestro di vita spirituale chiudeva un suo libro, indirizzato a chi vuol impegnarsi a vivere seriamente un cammino di perfezione, con un invito semplice e concreto: All’inizio della vita spirituale – scriveva – è opportuno impegnarsi a “vivere l’attenzione a Dio”.

Non si tratta, quindi, soltanto di pensare a Dio, col proposito un domani di seguirlo. È questione di vita quotidiana, direi “feriale”. Mi spiego: Ciascuno di noi ha una sua vita da vivere, una sua vocazione a cui rispondere. Siccome è sempre difficile pensare e realizzare la vita come vocazione, è sufficiente – dice lui – che si incominci a vivere da buoni cittadini, giorno per giorno, ma con il cuore e la mente sempre rivolti a Dio, perché Lui è il fine ultimo di tutto.

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Sembra una invocazione troppo facile da mettere in pratica, quasi superficiale; invece il verbo “attendere” è composto da: “ad-”, che significa “muoversi verso una meta”; qui la meta è Dio!

Il verbo “tendere” in latino esprimeva il compito del nocchiero di una imbarcazione: costui doveva conoscere chiaramente la meta, il porto in cui voleva far giungere l’imbarcazione, e toccava a lui comandare ai marinai i movimenti da compiere: più a destra o più a sinistra; più veloce o più allentata la corsa…, per giungere con sicurezza in porto. Quindi – afferma il nostro autore – ciascuno di noi deve vivere secondo il proprio stato di vita, seguendo le regole della sua professione: deve impegnarsi per realizzare i suoi progetti prefissati, ma… la mente e il cuore sempre e in tutto tesi alla meta finale, cioè al raggiungimento della gloria di Dio, che è il fine ultimo di tutta la realtà.

Allora, è in gioco la mia libertà, ma in tutto finalizzata al Sommo Bene. Letta e vissuta così, la nostra invocazione è tutt’altro che superficiale.

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