7 minute read

L’impresa impossibile

L’EDIZIONE DEL 1977 DAI MILLE COLPI DI SCENA L’IMPRESA IMPOSSIBILE

di Max Gagliano

Advertisement

La Renault quell’anno aveva un compito irrinunciabile, vincere. E i mezzi per farlo comodamente. Ma nessuna gara va sempre come dovrebbe andare, sopratutto Le Mans. E gli spettatori assistettero ad uno spettacolo unico.

Che cos’ha di così affascinante la 24 ore di Le Mans?

I motivi sono tantissimi, ma ciò che rende unica questa meravigliosa gara d’altri tempi è la sua propensione a lasciare sempre la porta aperta al sogno e soprattutto all’impresa.

Ciò che accadde nell’edizione rocambolesca del 1977 si può ergere a manifesto simbolico di una corsa sfuggente o premiante come sa essere, per esempio, solo una donna affascinante.

Questo è un film che inizia l’11 giugno 1977. Le grandi protagoniste sono Porsche, con le sfolgoranti 936 in livrea Martini Racing e Renault, con le Alpine A442.

Quest’ultimi in particolare hanno una sola e ossessiva missione da svolgere: sfatare il tabù Le Mans davanti alla propria nazione e al proprio pubblico. Lo spiegamento di uomini e mezzi della Régie è da terza guerra mondiale. Non è ammessa l’ipotesi della sconfitta per il semplice motivo che Renault ha fretta. Presto il budget sarà esclusivamente dirottato nell’operazione turbo F1, cosa che getta gli uomini dell’operazione Le Mans nell’ansia assoluta da prestazione. Ben 4 sono i prototipi approntati dalla casa francese contro i soli 2 dei tedeschi. Renault schiera la seguente formazione: Jabouille-Bell, Depailler-Laffite, Jaussad-Tambay e Pironi-Arnoux-Frequelin. Porsche è al via con: Ickx-Pescarolo e Barth-Haywood.

Vi fu anche una modifica regolamentare non trascurabile. Fu concessa massima libertà nelle riparazioni ad esclusione di blocco motore, telaio e carrozzeria. Le qualifiche vedono le giallo-nere occupare 4 delle prime 5 posizioni in griglia. Alle ore 16 di sabato 11 Giugno tutta la Francia appassionata di motori assiste o ascolta dalla radio a ciò che per loro sarà solo una formalità: la partenza di una gara che non dovrà avere storia. Ma già al primo giro avviene un presagio sinistro. La vettura di Pironi prende fuoco a

causa di un difetto del circuito di lubrificazione, venendo distrutta dall’incendio. Frequelin e Arnoux rimangono attoniti ai box. Per loro non ci sarà neanche il tempo di partecipare alla corsa. In ogni caso, dopo un ora, è Jabouille a tenere la testa davanti alle due Porsche e alle altre due Renault. Guai anche in casa Porsche. L’equipaggio Barth-Haywood sosta per 9 giri ai box per un guasto alla pompa di iniezione e riparte 41esimo. Pescarolo e Ickx intanto braccano la Renault di Jabouille, ma il ritmo di quest’ultimo è talmente elevato da mettere k.o. la Porsche n.3, che torna mestamente ai box con il motore in fumo. A questo punto alla Porsche giocano a carte e decidono di mettere Ickx sulla vettura numero 4 di Barth e Haywood, lontanissimi ormai da ogni velleità di vittoria. Il conte Rossi, patron dello sponsor Martini, sale sul suo elicottero e torna a casa. Dopo tre ore la Renault è già in odore di tripletta e non c’è nulla che sembra poter fermare l’entusiasmo della folla. Alle 20 di sera i tedeschi fanno salire Ickx sulla vettura superstite, la quale naviga in 17esima posizione a

In alto: un momento della competizione, con la Renault Alpine A442 di Tambay-Jassoud intenta a inseguire la Porsche 936/77.

In basso: pubblicità della Porsche,W che sfrutta il successo nella gara del 1977.

ben 6 giri dalle Renault. Il belga va letteralmente in trance agonistica e, approfittando della velocità di crociera dei francesi, si mette a girare 6 secondi sotto al tempo del leader. Intanto la Renault più lenta di Tambay-Jaussaud sta ferma per 13 minuti ai box cercando di raffreddare le temperature.

Alle 4 di notte i francesi piombano nell’angoscia. La numero 8 di Depailler-Laffite perde 8 giri nel tentativo di riparare gli ingranaggi del cambio, mentre poco dopo l’equipaggio Tambay-Jaussaud si arrende definitivamente con il motore esploso. Intanto Ickx ne approfitta e continua la sua personale sfida col destino. È ora secondo, seppur a sette giri da Jabouille. Alle nove del mattino la Renault precipita nel baratro. La vettura di Jabouille ammutolisce come migliaia di francesi, a causa di un pistone forato. Ora tutte le speranze erano rivolte a Depailler-Laffite, distaccati di 2 giri dalla Porsche di Ickx. Ma alle 11:50 cedette anche il propulsore dell’ultima Renault. L’enorme lavoro di Ickx diede i suoi frutti. Egli sfiancò letteralmente gli equipaggi dei francesi, solo con la pressione psicologica dei riscontri cronometrici, e dopo aver guidato tutta la notte a ritmi indicibili, gli venne concesso il meritato riposo. Il dottore ufficiale Porsche dichiarerà che lo sforzo di Ickx, in 11 ore totali di guida, farà perdere al belga la bellezza di 8 chili.

Barth prese quindi il testimone. I francesi, incazzati, abbandonarono le tribune, ma quelli che decisero di restare, nel nome del buon Dio delle corse, stavano per assistere ad una impresa da antologia. Una Porsche era sul punto di vincere la 24 ore dopo essere risalita dall’inferno della quarantunesima posizione. Alla 23esima ora è Haywood ad avere l’onore di portare la 936 verso l’incredibile trionfo. Dispone di ben 19 giri di vantaggio sul più immediato inseguitore e non c’è nulla che può impensierirlo. Ma all’improvviso qualcosa non va. Il pilota statunitense nota del fumo uscire da uno scarico. Un pistone si è rotto costringendolo a rientrare ai box. In quel momento mancano solo 20 minuti e tentare una riparazione è impossibile in quanto durerebbe

La Reanult Alpine A442 numero 7 di Patrick Tambay eJean-Pierre Jaussaud, ritirata nella notte con il motore a pezzi.

ben oltre il tempo rimanente. Viene deciso di far risalire il tedesco Barth e qui va raccontato un misfatto clamoroso. Sì, perché Jurgen Barth non è solo un valido pilota di endurance ma è anche uno dei tecnici che hanno curato il progetto della 936; un progetto che sta tentando di salvare dall’onta del naufragio. La Porsche azzoppata venne trattenuta ai box cercando di escogitare un modo per condurla ad ogni costo e lentamente al traguardo delle ore 16.

Venne rimossa una candela ma c’era da affrontare una tegola regolamentare. Il regolamento imponeva di far segnare un tempo sul giro non superiore di 3 volte a quello della pole position, pena l’esclusione dalla classifica. I meccanici, a quel punto fissarono, con del nastro adesivo, un assurdo grande orologio sul cruscotto di Barth, per permettergli di calcolare esattamente il tempo necessario per non incappare nell’eliminazione. A 10 minuti dal termine Jurgen Barth fu fatto ripartire. La sua missione era solo una: riuscire a compiere gli ultimi 2 maledetti giri. Barth ora è solo con la sua

La Porsche 936/77 condotta da Jurgen Barth e Jacky Icxk, vincitrice con fatica della 24 Ore 1977.

macchina e ha alle spalle il lavoro di centinaia di persone che non possono fare più niente per lui. Il tedesco completa il primo giro in 6 minuti. Manca solo un giro allo scoccare delle 16 e il fumo che si leva dallo scarico della Martini Porsche è sempre più assillante. Barth vive una lotta tra sé stesso e la creatura che ha contribuito a progettare. Attraversa per l’ultima volta i lunghissimi tratti circondati dai boschi, inseguito dalla paura del fallimento totale. La sua sensibilità tecnica gli da un angolo di speranza nel quale rifugiarsi da un catastrofico ritiro. Pochi km alla bandiera, l’adrenalina è a duemila, ma il pensiero e la paura sottraggono. La 936 rantola, goffa e sofferente come una balena che sta per morire, ma ora si presenta agli occhi dei francesi della gradinata centrale, per entrare per sempre nel libro di antologia delle corse, mentre la bandiera a scacchi pone fine a una 24 ore da delirio automobilistico, un delirio che non ha bandiere, perché quel gior

no ha vinto l’uomo e ha vinto un prototipo da corsa.

Franco Lini scriverà per Autosprint: “Il grande scontro c’è stato ed è stato anche molto bello. Ha vinto la Porsche, ancora una volta, e la Renault è stata sconfitta. È stata una bella gara, una gara che ha riportato queste corse all’onore del grande interesse da parte del pubblico, e questo è ancora più importante dei fatti contingenti. Ickx ha compiuto una delle sue prodezze abituali, guidando con tanta velocità ma anche con tanta saggia intelligenza come ci ha abituati a fare.”

Col tempo ickx realizzerà la portata di tale impresa: “Sperimentai uno stato d’animo che non avevo mai assaporato prima. Avevo dato tutto. Provai una sensazione strana, quasi fantascientifica. Guidai tutta la notte provando sensazioni mai più possibili e anche i miei compagni Barth e Haywood superarono i loro stessi limiti.”

Fu la prima vittoria di un equipaggio composto da 3 piloti. Tre uomini che hanno scritto una pagina indimenticabile della storia di questa meravigliosa e folle corsa.

I momenti successivi alla partenza, con le Renault Alpine A442 che precedono le Porsche. Sembra avviata una facile calvalcata verso la vittoria per le auto della Régie, ma a Le Mans non va mai tutto come si prevede.

This article is from: