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La bandiera a scacchi

OGNI AVVENTURA HA UNA FINE LA BANDIERA A SCACCHI

di Sandro Pescara

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Per chi corre Le Mans la bandiera a scacchi non rappresenta soltanto la fine della gara. Riuscire a tagliare il traguardo è una vittoria, qualsiasi sia la posizione in cui si è giunti, perché la vera sfida non è contro gli altri, ma contro se stessi.

Non sono sembrate 24 ore, ma forse 24 mesi. O 24 anni, o una vita. 24 ore, 1.440 minuti, 86.400 secondi, passati a percorrere sempre lo stesso tratto di strada. Con il sole, pioggia, crepuscolo, buio, aurora, non importa. La strada è sempre la stessa: le stesse curve ripetute centinaia e centinaia di volte, il cuore a mille per lo scarto improvviso di quell’auto che sfila accanto, la calma apparente nella guida lungo quel rettifilo ondulato come un mare bizzoso, che si percorre in meno di quanto si vorrebbe per riposare un po’ di più. Che poi non si riposa, perché intanto si trattiene il fiato per ascoltare quello che dice l’auto. E i cambi gomme, le assistenze, le tensioni, il riposo che non ti fa riposare mai... 24 ore di gara durante le quali ci si pongono mille domande, che restano tutte senza risposta. Mille e mille volte in cui non si vede l’ora che tutto finisca, che arrivi quella bandiera a scacchi, che ci si possa finalmente riposare, cogliere il sapore del trionfo, o pensare ai motivi della sconfitta. Ma per tutti vedere quella bandiera è già un trionfo, la fine di uno sforzo sovrumano.

E poi, dopo 24 ore, quasi inaspettata, eccola. Le si passa accanto mentre sventola, si capisce di avercela fatta. Che le sofferenze sono al termine, che tutto è andato al posto giusto, che finalmente è finita.

E si inizia a pensare a far passare un anno, per tornare a vivere quelle 24 ore, quei 1.440 minuti, quegli 86.400 secondi.

Ancora una volta. Fin quando sarà possibile.

“La vita è correre. Il resto è solo attesa” Steve McQueen

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