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L’OLIO AL CENTRO

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PIZZERIE

PIZZERIE

Luigi Caricato oleologo

Voce del verbo abbinare

Quante volte abbiamo sentito parlare di abbinamento vino-cibo? Tantissime. Eppure, non tutti - sbagliando! - prestano la medesima attenzione al corretto abbinamento olio-cibo, quando invece, a differenza del vino, l’olio proprio perché non è una bevanda, si combina in maniera più diretta e profonda con gli altri alimenti, determinando mutamenti di gusto a volte anche significativi. Prendete l’esempio dei latticini, dove la caseina riesce a interferire sulle molecole dell’olio smorzandone la nota amara e con ciò cambiando sensibilmente la percezione sensoriale di una preparazione. È il classico esempio degli extra vergini ottenuti da olive Coratina, molto amari, al punto da non essere graditi da alcuni proprio per la loro peculiarità, nonostante la bontà dell’olio in sé. Ebbene, in abbinamento con la ricotta, si percepirà tutta la freschezza e l’aromaticità dell’olio, senza che si provi alcun disturbo per l’amaro e il piccante. Conoscere gli oli, e saperli abbinare, aiuta moltissimo nella preparazione di un piatto. Ogni ingrediente ha le sue peculiarità e occorre tenerne conto di tutte le possibili combinazioni. A volte si agisce di istinto, intuendo gli abbinamenti più efficaci. A volte occorre sperimentare, scoprendo che non tutte le combinazioni funzionano o rispondono alle abitudini alimentari dei vari soggetti. L’abbinamento, tuttavia, è qualcosa che va al di là delle semplici intuizioni, lo si può e si deve studiare, sperimentando. Nel caso delle mense collettive, o quando si preparano ‘piatti pronti’ destinati a un pubblico indefinito, scegliere l’olio giusto significa interpretare alla perfezione sia l’olio in sé, sia il resto degli ingredienti. Cosa occorre fare per non scivolare nella banalità, come spesso accade? I più pigri optano per oli non problematici, semplicissimi, segnatamente dolci, senza fruttato e senza traccia di piccantezza. Ma il rischio di optare per scelte facili è incorrere in oli di scarsa qualità. Per questo è sempre consigliabile affrontare la questione in modo serio. L’abbinamento risponde sempre a regole ben precise e non è mai frutto del caso. Si richieda una conoscenza delle materie prime. L’olio va inquadrato per l’intensità delle note olfattive (fruttato leggero-delicato, medio, intenso), ma anche per le note amare e piccanti che si percepiscono in bocca, o per la presenza di una percezione dolce (soprattutto al primo impatto), così come conta molto la stessa persistenza delle percezioni. Tutto ciò va confrontarsi con altri aspetti, tra cui la sapidità di ciascun ingrediente, il livello di speziatura, grassezza, dolcezza, aromaticità… L’obiettivo è l’armonia. Un olio non deve mai prevaricare. Si può abbinare per ‘contrasto’, in modo che le varie caratteristiche sensoriali siano bilanciate, e il classico esempio è la zuppa di legumi condita con oli dall’amaro e piccante netti. Poi c’è l’abbinamento per ‘concordanza’, cercando l’armonia tra l’olio e gli altri ingredienti. Un esempio paradigmatico: pesce dalle carni delicate condito con olio dal fruttato leggero e dal gusto delicato e dolce. Fin qui le conoscenze fondate su aspetti empirici. Uno studio dell’Università di Bologna ha messo a punto nel 2007 un metodo scientifico per l’abbinamento. Per saperne di più, con esempi pratici, sappiate che se ne parlerà alla quinta edizione del Forum Olio & Ristorazione il prossimo 30 maggio a Milano, presso il palazzo delle Stelline. Servirà quanto meno a capire che l’olio non lo si può utilizzare a caso.

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