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Parliamo con… Amodo, la rete dei ristoranti etici, che raggruppa, sotto l’egida di sala&cucina, quei ristoranti che danno valore a parole come rispetto, sostenibilità, produzioni locali, digitalizzazione, racconto.

Amodo

LA RETE DEI RISTORANTI ETICI

Un’iniziativa di sala&cucina per dare valore agli aspetti meno noti della ristorazione italiana

Autore: Luigi Franchi www.amodo.salaecucina.it

Dovremmo essere tutti di genio pronto, vivaci, cortesi nel tratto, candidi nelle maniere, amici delle virtù, nemici dei vizi, cercando di dare la salute ai nostri ospiti, dando buoni cibi secondo le stagioni. Essere affabili con tutti i nostri collaboratori, riflettendo che l’asprezza nel comandare partorisce odio e fabbrica ruina. Per la gloria della nostra condotta e il decoro del nostro Paese. Antonio Latini, Scalco alla Moderna, 1692

Con questa definizione di un grande uomo di cucina vissuto nel XVII secolo, regalataci da Davide Rampello, non servirebbero altre presentazioni di questa rete di ristoranti etici, ma corre l’obbligo di spiegare i valori che stanno alla base di questo progetto lanciato dalla redazione di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristorazione. Sono valori che vengono racchiusi nel decalogo che i ristoratori aderenti ad Amodo, la rete dei ristoranti etici sottoscrivono di proprio pugno; un decalogo dove parole come rispetto, sostenibilità, produzioni locali, digitalizzazione, racconto, ne costituiscono l’essenza. Il periodo che stiamo attraversando ha cambiato il mondo, anche se le regole del cambiamento non sono ancora state scritte, e anche la ristorazione deve adeguarsi a questa trasformazione. Gli ospiti di un ristorante non sceglieranno più un locale solo in base a quanto si mangia e si beve bene ma anche, e soprattutto, sui criteri che abbiamo racchiuso nel decalogo di modo. Non è un caso neppure il nome di questa rete, Amodo significa fare ogni cosa con onestà intellettuale e pratica.

Come nasce il progetto

Noi di sala&cucina siamo convinti della necessità di differenziare le modalità di approccio a un ristorante. Una convinzione che ha preso forza proprio durante i mesi scorsi, quelli della pandemia, del lockdown, quando la ristorazione subiva contraccolpi che avrebbero messo in ginocchio qualsiasi attività non ritenuta fondamentale. In quei mesi abbiamo assistito a molte proteste, a ristoratori che scendevano in piazza, a persone che non capivano questo genere di proteste, ad altri ristoratori che, in silenzio, tenevano duro, garantivano gli stipendi ai dipendenti, anticipavano i soldi della cassa integrazione, facevano progetti per il futuro, un futuro che avrebbe cambiato ogni cosa, anche il modo di frequentare, di scegliere, un ristorante. C’erano diversità evidenti: chi si lamentava dei pochi rimborsi e chi ne vedeva un aiuto impensato; la differenza la facevano le denunce dei redditi, prendeva poco o niente chi dichiarava poco o niente, cioè il falso. C’erano differenze evidenti e il sentire comune non era di solidarietà verso la categoria. Un giorno un amico mi disse: “Da quei ristoratori di Genova che bloccano le strade, che impediscono ad altri di lavorare, io non andrò mai più”. Era un giudizio molto tagliente, soprattutto perché veniva da uno che aveva svolto quella professione per anni. Ma quella era l’opinione: di un comparto che non aveva motivo di lamentarsi visto tutto il nero che aveva fatto negli anni, visto che non pagava compensi adeguati a chi lavorava per loro e non rispettava i pagamenti dei fornitori.

Non sono tutti così, ci dicevamo, dobbiamo distinguere se voglia-

mo che la categoria venga apprezzata per i valori che reca in sé.

Dobbiamo far uscire questi valori che non riguardano solo il mangiar bene. Nei ristoranti italiani il mangiar bene è un aspetto generalizzato ormai. Le persone vogliono che i propri soldi vadano, anche in occasioni di piacere come quelle offerte dal ristorante, a chi ha rispetto degli altri, a chi svolge il proprio lavoro in modo trasparente e onesto. Sentivamo che quello sarebbe stato il cambiamento successivo al periodo della pandemia. Per questo abbiamo deciso di dar vita a questa rete! Un’iniziativa che non vuole diventare una frattura della categoria; vuole semplicemente fare chiarezza, dire che sono molti i ristoratori che hanno un’attenzione a parole come rispetto, sostenibilità, produzioni locali, digitalizzazione, racconto. E lo vogliono far sapere. Le adesioni ad Amodo, la rete dei ristoranti etici sono autocertificate, ogni ristorante può aderire se rispetta il decalogo di adesione. Inizialmente l’adesione è dettata da una voglia di far parte di “una bellissima iniziativa! Grazie per aver pensato a noi e a presto!” come ci ha scritto Sergio Circella de La Brinca di Ne (GE), oppure di dare il proprio contributo a un modo diverso di intendere la professione come dice Alfio Ghezzi da Rovereto, “ci fa sempre piacere accogliere queste richieste soprattutto se si tratta di ristoranti etici, un tema che ci sta molto a cuore e un valore che cerchiamo di perseguire quotidianamente”. Amodo però vuole, con il tempo, far incontrare gli aderenti, per un confronto sull’etica, sui valori che si danno a questo termine, far diventare appieno etica tutta la categoria, applicando il rispetto innanzitutto. Ad Amodo possono aderire tutti i ristoranti, siano essi stellati o semplici trattorie, non si daranno premi, non si faranno classifiche, si darà semplicemente la parola ai clienti che potranno usare questi suggerimenti, dandoci, un feedback per restare sempre sulla strada giusta.

Il decalogo

1. Non ci può essere lavoro ben fatto senza dignità di chi lo compie, quindi non ci può essere lavoro nero nei ristoranti 2. Ogni fornitore è pagato secondo le regole previste dall’art. 62 della legge 27/2012. Questo termine è fissato in 30 giorni per i prodotti alimentari deperibili, che diventano 60 giorni per i non-deperibili. 3. Il ristorante predilige l’uso di materie prime alimentari secondo la stagione 4. Il ristorante non usa prodotti alimentari esotici per puro diletto ma perché ogni scelta culinaria è frutto di studio e ricerca 5. Il gestore, o il proprietario, si impegna ad avere cura del locale, sia dal punto di vista estetico sia sostenibile; ad esempio, adottando un sistema di insonorizzazione che limiti l’inquinamento acustico 6. Nel ristorante tutti i lavoratori si impegneranno con serietà e rispetto, perché solo un grande lavoro di squadra porta alla qualità del risultato 7. I giovani, siano essi dipendenti sia stagisti, che entreranno in sala o in cucina saranno seguiti con attenzione e cura, nel rispetto della loro condizione di apprendimento 8. Il personale di sala ha la predisposizione al racconto, nel rispetto dei tempi e dei desideri dell’ospite 9. La sostenibilità del ristorante è affrontata seriamente, senza il facile ricorso a pratiche di greenwashing 10. La digitalizzazione come elemento anche di sostenibilità è una pratica naturale del ristorante; ad esempio la possibilità di prenotare online o il menu pubblicato sul sito

Dieci regole semplici, che fanno però una differenza enorme! Innanzitutto perché non raccontano come si mangia, descrivono il dietro le quinte di un locale, ne spiegano le scelte anche verso gli ospiti, con un comportamento virtuoso. È un progetto aperto a cui si potrà aderire in qualsiasi momento aggregandosi a chi è partito per primo!

Le testimonianze

Sono una sessantina i primi ristoranti che trovate sul sito di Amodo, la rete dei ristoranti etici. L’obiettivo è arrivare a cento entro il 2022, superare quel numero e crescere di anno in anno. Qui riportiamo alcune testimonianze di chi ha aderito subito. Michil Costa, il proprietario de La Stua de Michil, Corvara Val badia (BZ) racconta: “È fondamentale ripensare agli schemi lavorativi e questo significa: avere a

disposizione una psicologa che ascolta i bisogni dei collaboratori e si occupa del loro benessere; dare loro degli alloggi consoni e adeguati alle loro esigenze; limitare le ore di lavoro; pensare a un sistema di welfare e di assistenza sanitaria, con aiuti economici alle persone che avranno bisogno, che so, del dentista o di altre pratiche medico-sanitarie. L’altra riflessione, leggendo Aristotele che parla di praxis, di comportamento, deriva dal fatto che la mia felicità dipende molto da come mi comporto nei confronti delle persone che mi fanno star bene, i miei collaboratori”.

Caterina Ceraudo del ristorante Dattilo a Strongoli

(KR): “Etica nella ristorazione, per me, significa tre cose racchiuse in una parola: rispetto. Rispetto per gli ingredienti, per la loro stagionalità, per quello che esprimono se trattati nella giusta maniera. Rispetto per chi lavora con noi, per il tempo che dedicano al lavoro, per come riescono a dare voce ad una ristorazione di qualità in un luogo abbastanza difficile come questa parte d’Italia. Rispetto per chi ci viene a trovare perché si affida completamente a noi e, di conseguenza, dobbiamo dare loro cose giuste al giusto prezzo e questo diventa possibile quando puoi contare su una terra coltivata con amore, con la cura che merita. Tutto questo, per me, è l’etica”. Oggi Sora Maria e Arcangelo di Olevano Romano (RM) è definita, da più parti, la migliore trattoria italiana ma non è per questo che entra nella rete dei ristoranti etici: è per l’onestà intellettuale e pratica di Giovanni Milana, per il rapporto che lui stesso ha con le persone, con i fornitori, con il territorio. Qui sembra che il mondo si sia fermato ma in realtà è questo il mondo che oggi molti desiderano: un’ambiente dove i rapporti umani contano, dove il gusto delle pietanze sa di verità, dove i muri raccontano, con i quadri appesi alle pareti di pittori che nell’800 ritraevano Olevano Romano per la particolare luce che c’è ancora oggi in questo luogo, cent’anni di storia. Qui i cannelloni, il piatto simbolo di Sora Maria e Arcangelo, si ripetono uguali e senza tempo da un secolo, e Giovanni Milana li racconta così: ““Dopo quattro giorni dalla nascita stavo qui, nella carrozzina, a fianco al forno dei cannelloni. Il mio legame con questo posto è ancestrale”. Per Paolo Reina dell’Antica Trattoria del Gallo di Gaggiano (MI) la professione di ristoratore vuol dire che “Quello che oggi chiamiamo comfort food era già allora la forza della trattoria, anche se si facevano quattro piatti in croce. Però non c’era bisogno di tutta la prosopopea su quante ore, a che temperatura, cuoce la carne, che tipologia di cottura viene adottata, quante verdure ci sono nel minestrone. Quello di allora era l’assoluto del minestrone, punto e basta! L’ho ancora in mente adesso, dopo 35 anni, il minestrone che qui faceva la signora Rina. Questo è ciò che ho imparato: il cliente felice! E a chi fa la strada per noi dobbiamo dare qualcosa di autentico, raccontare sempre qualcosa di vero. E avere e saper mantenere una reputazione”. Il Pomiroeu a Seregno ha quattro piccole sale che sono un gioiello di accoglienza che si accompagna “a una cucina che non si dimentica delle origini come forma di rispetto a chi ci ha insegnato” racconta Giancarlo Morelli che conclude: “Oggi è indispensabile gestire un ristorante con la consapevolezza di giocare un ruolo fondamentale nella vita delle persone: quello del benessere”.

Andrea Rossetti e la sua brigata all’Osteria V di

Trebaseleghe (PD) riducono ai minimi termini gli sprechi di materiale (per dirne uno, la carta) e di tutte le materie prime. Quelli che solitamente vengono definiti scarti di cucina - lische di pesce, ossi, bucce - diventano risorse da cui estrarre polveri, brodi, succhi, kombuche, preparazioni che oltre ad avere un valore di non-spreco esaltano ulteriormente i piatti. Anche le eccedenze vengono sfruttate al meglio. L’avanzo diventa opportunità, ed elementi impensabili, come alcune specie di fiori, vengono raccolti nel periodo di fioritura, conservati in zucchero e poi impiegati a distanza di qualche mese in cucina, come ingrediente. La tecnica è funzionale a tutto questo: fermentazioni, essiccazioni, tagli precisi e applicazioni attinte da altre culture culinarie consentono una via innovativa quanto sostenibile. Federico e Filippo Pojana, i titolari, radicati nel territorio e nelle tradizioni venete, adottano gli stessi principi nella gestione della sala e nella cura dell’intera struttura, giardino compreso.

Sala del ristorante Dattilo

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