Sala&Cucina magazine_ Settembre 2022

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Agosto/settembre 2022 3,50eurocopiacosto-I.P.contiene-(BO)RenodiCasalecchio40033–8Margotti,Via–srlCateringEdizioni-CN/BO-SpaItalianePoste-2022agosto/settembre62n.sala&cucina Antonia Klugmann Sono fatta per 22 coperti Osterie senz’oste ristorantilaAmodo,retedeieticiNicolaFabbri:congliocchisulmondo

LA REDAZIONE

Giulia Zampieri Redazione Ricorda con esattezza il profumo del primo pane preparato all’età di sette Forseanni. il suo primo traguardo e, soprat tutto, l’inizio di una grande passione: per le cose semplici, per la genuinità, per gli alimenti che crescono e prendono forma. Dopo la Laurea in Scienze Gastronomiche, la specializzazione in comunicazione enogastronomica, e un perio do di alternanza nelle cucine, ha chiara la missione: scrivere per comunicare. Come? Utilizzando gli strumenti di oggi e la curiosità di sempre. Gionalista pubblicista, collabora anche con le guide del Gambero Rosso e Identità Golose. giuliazampieri@salaecucina.it

Mario Benhur Tondini presidente Edizioni Catering srl Imprenditore nel settore della distri buzione alimentare, gestisce con il fratello Oscar l’azienda di famiglia a Cavriana (MN), dove ha svolto anche l’incarico di sindaco. Le competenze maturate sul piano professionale e su quello am ministrativo lo hanno portato alla convinzione che il principio della condivisione sia la miglior modalità di crescita. Molte sue iniziative, anche all’interno del gruppo Cateringross (che detiene la titolarità della casa editrice), di cui è consigliere d’amministrazione, vanno in questa direzione. A questo affianca una forte sensibilità per ogni azione che dia valore al suo territorio. benhurtondini@salaecucina.it Marina Caccialanza Redazione Milanese, un passato come traduttri ce, da diversi anni giornalista e redat trice per riviste del settore alimentare rivolte al mondo dell’artigianato e all’industria, in particolare nel campo della ristorazione, del dettaglio specializzato e della ricerca. Con tribuisce alla realizzazione di importanti libri di comunicazione gastronomica in Italia e all’estero diretti ai professionisti e ai con sumatori. Collabora con le redazioni di sala&cucina, Ecod e Trenta Editore. marina.caccialanza@gmail.com

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Luigi Franchi Direttore responsabile Prima fotografo di cibo e territori, poi comunicatore, autore di numerosi libri di enogastronomia e di turismo enogastro nomico. e infine giornalista di enogastro nomia. Tra le sue principali pubblicazioni, scritte e/o coordinate: La prima edizione della Guida al turismo del vino in Italia, per conto del Movimento Turismo del Vino, (1997), I parchi e il turismo enogastronomico (2004), Il marketing delle Strade del Vino edi zioni Agra – Rai Eri (2005), Atlante Alimentare Piacentino, con Valentina Bernardelli (2007), “cuo chi, due anime in cucina”, con Alessandra Loca telli, GL.Editore (2009), Dalle Terre Traverse al Po, GL.Editore (2010), ide atore e coautore dei Maestri del lievito madre, Edizioni Catering (2014), coautore della guida online dedicata alla ristorazione Meglio Prenotare, Edizioni Catering, Le interviste (2018) editore Mediavalue. Co-direttore di Food & Book, festival nazionale di editoria enogastronomica luigifranchi@salaecucina.it Simona Vitali Redazione Laureata in filosofia, ha lavorato nella comunicazione e organizzazione di grandi eventi a Parma. Ha ricevuto una prima inconsapevole educazione al gusto per il cibo grazie all’ indimenticato oste dell’Osteria di Felino (PR), il nonno materno Massimino. Con gli studi umanistici è poi arrivata seconda, consa pevole, educazione al gusto per l’utilizzo delle parole secondo il loro significato. La usa a piene mani anche per chi di parole non ne riceve mai troppe. La sua amorevole attenzione va alla linfa della ristorazione, il mondo delle scuole alberghiere, e in generale alle storie intrise di valori e buoni esempi. s.vitali@salaecucina.it Gabriele Adani Grafico Modenese, appassionato di arte figura tiva, fotografia e linguaggi di comunica zione visiva. Nel 1992 inizia il suo percorso professio nale presso una casa editrice. Lavora poi in uno studio grafico e fonda una piccola agenzia di comunicazione in cui ricopre il ruolo di direttore creativo per 18 anni. Viaggiatore, utilizza i frequenti viaggi a Londra e nel Sud Est asia tico per arricchire il suo bagaglio culturale e placare la sua innata curiosità per le altre culture. Dal 2019 lavora in proprio, occupandosi di fotografia, grafica e con sulenze nel campo della comunicazione. grafica@salaecucina.it

SOMMARIO Agosto/settembre 2022 3,50eurocopiacostoI.P.contiene(BO)RenoCasalecchio40033Margotti,ViasrlCateringEdizioniCN/BOSpaItalianePoste2022agosto/settembresala&cucina Antonia Klugmann Sono fatta per 22 coperti Osterie ristorantilaAmodo,senz’osteretedeieticiNicolaFabbri:congliocchisulmondo N° 62 agosto/settembre 2022 Foto di copertina: Mattia Mionetto EDITORE Edizioni Catering srl Via Margotti, 8 40033 Casalecchio di Reno (BO) Tel. 051 751087 – Fax 051 751011 info@salaecucina.it - www.salaecucina.it PRESIDENTE Benhur Mario benhurtondini@salaecucina.itTondini DIRETTORE RESPONSABILE Luigi luigifranchi@salaecucina.itFranchi COLLABORATORI ESTERNI Paolo Baracchino, Luigi Caricato, Bruno Damini, Lorenzo Dornetti, Oscar Galeazzi, Elena Monte verdi, Guido Parri FOTOGRAFIE Archivio sala&cucina, Antonia Klugmann, Mattia Mionetto, Archivio Pastificio Gentile, Paolo Gonzato * L’editore è a disposizione per eventuali crediti fotografici di cui si ignora la fonte RIVISTA PARTNER dell’Associazione PUBBLICITÀ Tel. 331 www.salaecucina.itmarketing@salaecucina.it6872138 PROGETTO GRAFICO Gabriele Adani - www.gabrieleadani.it STAMPA EDIPRIMA s.r.l. – www.ediprimacataloghi.com TIRATURA E DISTRIBUZIONE – 28.900 copie Ristoranti, trattorie e pizzerie 20.700 – Bar, pub e birrerie 4.000 – Hotel 3.100 – Grossisti e distributori f&b 1.100 Costo copia mensile: 3,50 euro abbonamento annuo 30,00 euro Per abbonarsi: info@salaecucina.it 7 LETTERA APERTA Cambiare! È ora di cambiare | Luigi Franchi 9 EDITORIALE Ragionare e agire tutti insieme | Benhur Tondini 10 PARLIAMO CON Antonia Klugmann | Luigi Franchi 15 VENDI CON SUCCESSO Manca il personale, tutta colpa di Masterchef | Lorenzo Dornetti 17 OSPITALITÀ Questione di feeling | Martina Manescalchi 19 L’OLIO AL CENTRO Quando l’extra vergine si spilla come la birra | Luigi Caricato 21 LAVOROTURISMO.IT Progetto GOETHE: supportare gli studenti per ridurre la carenza di personale specializzato | Oscar Galeazzi 22 FARE RISTORAZIONE Osterie senz’oste | Giulia Zampieri 28 FORMAZIONE Nicola Fabbri: con gli occhi sul mondo | Simona Vitali 32 IN SALA Gaetano Petta, detto Tonno | Luigi Franchi 36 FARE RISTORAZIONE Magica Verona, città di cultura e amore | Marina Caccialanza 40 FARE RISTORAZIONE Pescaria, un sistema logistico a misura di locale | Giulia Zampieri 44 FORMAZIONE Riflettori puntati su Senigallia | Simona Vitali 46 EVENTI Cronaca del Premio Memory Giovanni Caramia | Guido Parri 50 AMODO Osteria da Oreste, Due Mori, Octavin, Rifugio Maranza| Giulia Zampieri 54 PRODUZIONE Pastificio Gentile, una garanzia di assoluta qualità | Luigi Franchi 58 PRODUZIONE Distillerie Berta, 75 anni di artigianato familiare | Bruno Damini 62 PRODUZIONE Surgital e la ristorazione | Guido Parri 64 PRODUZIONE Generali Fruit, sempre più alleato del barman | Elena Monteverdi 65 EVENTI Dal 16 ottobre al 31 dicembre torna Ristoranti contro la fame | Guido Parri 67 PRODOTTI A MARCHIO La burrata Delizie di latte | Elena Monteverdi 68 RISTORANTI I Ghizzoni: un vivaio di famiglia | Simona Vitali 72 RISTORANTI Quattro Passi: la bellezza a portata di mano | Luigi Franchi 74 PIZZERIE Approdo a Il nuovo Campo Base | Giulia Zampieri 76 PIZZERIE La bottega di Gragnano | Marina Caccialanza 78 EVENTI Festivaletteratura Mantova 26ª edizione | Guido Parri 81 NOVITÀ Punta di sottofesa grassa Unika®, detta anche picanha | Guido Parri 5| agosto/settembre 2022

Tutta la buona cucina gira intorno a un grande olio.

Un olio che sa legarsi a ogni ingrediente e che sa legare insieme gli ingredienti di ogni piatto. Che sa legare esperienza e creatività, passione e professionalità. Un olio che ha una storia familiare che unisce insieme tradizione e innovazione, vecchie abitudini e nuove tendenze. Nasce dalle materie prime migliori ed è frutto della ricerca e dell’esperienza. Un grande olio è un olio che fa parte di una grande famiglia, quella di Olitalia. Una famiglia affidabile, sempre presente nelle migliori cucine di tutto il mondo. E da oggi anche nella tua.

olitalia.com

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LETTERA APERTA

È stata un’estate (non ancora terminata) di grandis simo lavoro per i ristoranti italiani. Presi d’assalto in ogni luogo, anche nelle grandi città turistiche che sta vano scontando i danni più grandi provocati dal Co vid. Un flusso di persone tale che, a volte, l’offerta non risultava adeguata alla richiesta: in testa i problemi del personale, poi le difficoltà logistiche nel reperi re materie prime che rendevano necessari cambi di menu all’ultimo momento. In ogni caso una stagione, pur con queste difficoltà che hanno portato malessere a quei ristoratori abituati a un servizio sempre eccel lente, Degnaottima!diun’Italia capace di reagire, di risorgere, sem pre, ad ogni difficoltà. Sta in questo la forza del Paese, anche in una situazione dove la politica sta dando il peggio di sé. In questo contesto, pensando a quanta mole di lavoro hanno avuto le persone che lavorano in un ristoran te e in qualsiasi altro locale pubblico, che si tratti di titolari o di dipendenti poco importa, mi vengono in mente le loro famiglie. Questo è un mestiere che lascia poco, troppo poco, spazio alla vita, agli affetti, a gesti quotidiani come cenare insieme la sera, con la propria Hofamiglia.pensato spesso a questa cosa mentre mi trovavo a cena in uno dei tanti ristoranti frequentati quest’e state nelle diverse parti d’Italia. Pensavo alle mogli, ai mariti, ai figli che vivevano quella mancanza tutte le sere e, di fronte a questo, mi chiedevo che senso aves se subire la lamentela del vicino di tavolo per l’inezia di cinque minuti di ritardo nel prendere la comanda o nel portare il piatto. Stiamo davvero precipitando verso una società dell’e goismo, dell’individualità fine a sé stessa. Non abbia mo più neppure la pazienza di portare pazienza per delle inezie rispetto alla vita. Ma questo pensiero mi portava a riflettere anche sulla necessità di dare nuove regole a questa professione, se vogliamo che continui ad esistere per dare a tutti noi un momento di gioia inconfutabile. E le nuove regole significano almeno due giorni di riposo per chi lavo ra in un ristorante, un solo turno di lavoro e non due in una giornata, cambiare il modo di accogliere nelle chiese laiche in cui si sono trasformati certi ristoranti che, al posto della gioia, mettono a dura prova la no stra resistenza intellettuale, favorire il ruolo dell’oste di cui si parla in questo numero della rivista, trattare i dipendenti come il più importante patrimonio dell’a Sonozienda.solo alcuni suggerimenti per fare in modo che parlare di qualità della vita non sia più un tabù nella Inristorazione.questomodo la prossima estate anche gli ospiti va luteranno nel migliore dei modi il loro bisogno di vive re quell’esperienza che solo la cucina e l’accoglienza italiana sanno trasmettere. Non sprechiamo tempo, facciamo le formiche e non le cicale nei prossimi mesi; il fieno in cascina c’è grazie ad una stagione fertile, ora mettiamoci tutti a pensare al meglio per questo settore. La ristorazione è importante per l’Italia, facciamo in modo che gli venga riconosciuto questo ruolo da par te di tutti: istituzioni politiche ed economiche, turisti, persone comuni. Solo così avremo anche famiglie più felici!

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Luigi Franchi direttore responsabile cambiareÈCambiare!oradi clicca e leggi l’articolo sul web agosto/settembre

luigifranchi@salaecucina.it

SCOPRI IL GUSTO DELLA LENTEZZA

Da oggi anche in formato vaschetta: affettata e posizionata a mano, mantiene intatto gusto e sapore. Scopri le ricette Lenta dello chef Buffo sui nostri social.

La linea di salumi “Lenta Cottura” ispira la creatività di Mauro Buffo, chef stellato del ristorante 12 Apostoli.

Una ricetta dello chef SALUMIFICIOCOATI.IT

Tondini presidente sala&cucina

A fare questa dichiarazione è Renzo Bel landi, presidente della Fiepet-Confesercenti di Prato, ma potrebbe essere uno qualsiasi dei centomila risto ratori italiani, delle migliaia di imprese produttrici dell’agroalimentare o dei più di 4.000 distributori di food-service che hanno gli stessi identici problemi. Siamo in una situazione di drammatica emergenza, la seconda dopo i due anni di Covid per un mondo, quello dei consumi fuoricasa, che deve obbligatoria mente ripensare a sé stesso ma in termini complessivi di Maifiliera.come ora è necessario ragionare tutti insieme, dai produttori ai distributori ai ristoratori per trova re forza contrattuale verso quei soggetti, pubblici e privati, che determinano le regole del mercato, e per definire, il meglio possibile, il valore che questo settore ha sull’economia e sullo sviluppo del Paese.

Benhur benhurtondini@salaecucina.it insiemeeRagionareagiretutti clicca e leggi l’articolo

sul web 9| agosto/settembre 2022

“Le bollette energetiche alle stelle ci impediscono di cogliere pienamente la ripresa. I nostri margini si stanno velocemente assottigliando: incassiamo di più e guadagniamo di meno, o addirittura rischiamo di essere in perdita, perché non possiamo traslare per intero sui consumatori gli aumenti che subiamo. Le medie degli aumenti dell’energia già altissime sono, appunto, medie e non riescono a dar conto dei folli incrementi che si sono abbattuti sulle aziende della ristorazione”.

E dietro ai ristoranti pieni c’è un mondo di imprese che lavorano per la ristorazione, dai piccoli produttori alle aziende dell’industria agroalimentare e a chi svol ge un lavoro quotidiano importantissimo per il risto rante: il distributore. Una filiera di cui, però, fino ad oggi non si è mai parla to veramente. Ora è il momento di farlo: i costi dell’e nergia riguardano tutti e, senza una categoria forte e organizzata, ci passeranno sulle nostre teste e dovre mo solo pagarne le conseguenze. Tra poche settimane avremo un nuovo governo che, ci auguriamo, saprà mantenere alta l’immagine che il Paese si è conquistato in questi ultimi anni. Al gover no, qualunque esso sia, chiediamo di mettere un freno immediato ai rincari energetici, soprattutto ora che ar riveranno i mesi più bui, di considerare il mondo della ristorazione nel suo complesso un comparto strategico per il turismo in Italia, di adeguare il costo del lavoro e la fiscalità per permettere alla ristorazione di poter au mentare gli stipendi dei dipendenti o di fare due turni se parati di lavoro per far fronte alla carenza di personale. Richieste che nascono da un’analisi seria di questo settore e che vogliono fare il bene di un comparto tra i più dinamici ma che, per come è strutturato, sparso tra mille sigle, non è stato, finora, in grado di far sen tire una voce univoca e degna del rispetto che, invece, deve avere. Solo così daremo un futuro certo alla ristorazione ita liana!

EDITORIALE

Troppo spesso, ad esempio, ci dimentichiamo di quan to peso ha la ristorazione sul turismo e questo è un er rore a cui porre subito rimedio, anche alla luce di una stagione come quella appena trascorsa che ha visto i ristoranti pienissimi, ovunque, grazie proprio a quel turismo che è il motore vero di questo Paese.

Sono fatta per 22 coperti PARLIAMO CON Parliamo con… Antonia Klugmann, chef autodidatta che, da lavapiatti, è diventata una delle cuoche più amate del nostro Paese. Le sue azioni, le sue riflessioni, i suoi piatti raccontano il futuro della cucina; un futuro fatto di etica, buon senso, cuore. Il suo ristorante, L’Argine, è a Vencò, una stella Michelin. Autore: Luigi Franchi www.largineavenco.it Antonia Klugmann DI CUORE E DI CORAGGIO clicca e leggi l’articolo sul web 10 | agosto/settembre 2022

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“Sono partita da un’analisi della realtà che è quasi odierna, anche se la sensibilità degli ospiti di un ristorante o di colleghi non sia ancora così definita. A me fa effetto vedere cassette di gamberi ros si, tonno, caviale o foie gras, prodotti di cui conosco ormai la rarità gettate lì, consumati senza cause e senza effetti e analizzo come oggi mi faccia effetto, mentre cinque anni fa no! Vuol dire che sono cambiata, ho una maggiore sensibilità, sto più attenta, ho una mia consapevolezza pratica dettata dalla cucina, e sono convinta che, prima o poi, ci arriveremo tutti a pensare al bene del pianeta, a non sprecare, a proteggere anziché distruggere. Alcune cose che oggi appaiono apparentemente belle diventeranno volgari, anche nel cibo, perché fuori tempo. Io sono appassionata di molluschi ma da quando ho capito che dal mare arrivano sempre meno pesci e molluschi mi appare decadente vederli mangiare con ingordi gia. Ecco, non vorrei mai che i miei ragazzi e i miei clienti mi vedessero come una Maria Antonietta che si occupa del lusso non curante del fatto che tutto il resto crolla. Non vorrei mai che l’alta 11agosto/settembre 2022

Ha iniziato a lavorare in cucina dopo aver fatto il liceo classico, essere andata all’università a Milano e aver capito che, nonostante amasse molto lo studio, la felicità riusciva a provarla stando in cucina. Le ore migliori erano quelle in cui pensava cosa avrebbe cucinato la sera per sé e per i suoi amici. È così che si determinano le scelte: ascoltando il cuore! Quando decise di fare la cuoca non era così di moda, anzi. I cuochi erano ancora persone rinchiuse in cucine senza troppi agi, non avevano una vita sociale e il concet to di cucina professionale doveva ancora venire alla luce. Ma ad Antonia non importava questo, non le importa neppure ora che è una cuoca conosciuta e premiata. A lei interessa cucinare bene! La sua carriera è iniziata come lavapiatti, poi diventando commis di un giovane cuoco friulano, Raffaello Mazzolini, con sempre maggiori responsabilità. Stage vari tra cui quello al Dolada, dalla famiglia Dal Prà, dove ha capito quanto il territorio può fare per la cucina. A venticinque anni un bruttissimo incidente in auto ha fermato la sua vita professionale ma non le ha impedito di pen sare, fare progetti per il futuro, imparare ad apprezzare il mondo vegetale grazie alle lunghe passeggiate e a sognare il suo primo ri storante che aprì a ventisei anni, con il suo compagno di una vita, Romano, a Pavia di Udine. Ed è stata proprio di quegli anni la de cisione di avere un ristorante in una struttura di proprietà. Mentre andavano avanti i lavori a Vencò, nel Collio, durati quattro anni, Antonia lavorava a Venissa, sull’isola di Mazzorbo, nella laguna veneziana, dove la conobbi per la prima volta. Quello è stato uno dei pranzi che ricordo di più, a distanza di quasi dieci anni, tanto era particolare la sua cucina. Infine a Vencò, nella sua dimensione ideale, aperto senza squilli di tromba il 21 dicembre 2014. Pae saggio, pace, natura, confine e contaminazione: questi sono gli elementi in cui Antonia offre la sua cucina. Certi ingredienti diventeranno volgari, come è successo con le pellicce anni fa. Questa tua dichiarazione dimostra una chiara visione della cucina e della ristorazione futura: cosa intendi con precisione?

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“Nel mio primo ristorante mi pesava molto pagare un affitto. Io investivo nella mia capacità professionale, nel mio rapporto con i clienti, nel farmi conoscere andando in giro per l’Italia. Parliamo di sedici anni fa, ero una giovane imprenditrice e volevo un posto in cui investire in termini di decenni, con potenziali tà turistiche, coerente con il mio pensiero, con me. Il Collio stava diventando un progetto interessante per il vino, grazie alla capacità dei produttori di raccontare il territorio, poi qui c’erano ristoranti come la Subida, Hiša Franko e altri che lavoravano e lavorano tuttora molto bene. Non volevo niente di brutto attorno e quin di, quando ho visto questo mulino del 1700, mi sono innamorata subito di questa struttura, mi sono imma ginata la parte nuova e ho deciso che sarebbe stato qui il mio ristorante. Lavoravo a Venezia per guadagnare abbastanza da poter pagare tutta la creazione dell’Ar gine, dove la stella Michelin è arrivata nel primo anno e ci ha aiutato molto. Volevo però che la mia struttura non mi creasse gli incubi notturni, non sono adatta per avere un rapporto ansioso con i soldi. Sono come Virginia Wolf che sosteneva che non si può essere cre ativi se si vive solo per i soldi. Quindi ogni scelta che faccio è proporzionata a dare forza alla mia voglia di cucinare, al dettaglio, ma senza pensare a guadagna re di più del necessario. Sono fatta per 22 coperti! Questa è la mia idea di vita. Abbiamo ingrandito la sala ma non per aumentare i coperti bensì per far star bene gli ospiti. Questa cosa è possibile grazie all’aiuto di mia sorella Vittoria che è un’economista e che si Ravioli al pomodoro, ravioli ripieni di pomodoro arrostito, acqua pomodoro e sambuco Panzanella in estate nel Nord Est agosto/settembre

ristorazione fosse così. L’alta cucina, come l’alta moda, ha il potere di influenzare il gusto, forse per pochi ini zialmente, ma poi, a ricaduta, finiscono, per la moda, da Zara, da HM; per la cucina non siamo ancora con sapevoli che certe scelte condizioneranno il consumo quotidiano, gli acquisti al supermercato, le gastrono mie di vicinato ma ci arriveremo. E sono contenta che l’alta ristorazione riesca a creare consapevolezza della qualità. Il lusso cos’è oggi? Mangiare ciò che è raro e costa tanto? O mangiare qualcosa di sublime e non per forza di cose raro e che ha a che fare con tutta un’altra scala di valori? Noi italiani siamo profondamente age volati in questo perché abbiamo ingredienti che sono radicati sul territorio, sostenibili e sensati sul piano della stagionalità. Il compito di noi cuochi consiste nel mettere insieme tutto questo. Quando ho iniziato tut to questo era patrimonio di pochi che ne erano gelosi possessori, l’unica rivista che divulgava queste rifles sioni era Grand Gourmet, una rivista meravigliosa ma che costava comunque tanto. Ora si viaggia, si prova, ci si confronta molto di più, anche tra noi professioni sti. Io sono per l’onestà intellettuale e mi piace, nella creazione di un piatto, raccontare chi mi ha stimolato in quella direzione, quale dialogo con un collega mi ha generato quell’idea. Lo racconto senza problemi per ché lo trovo giusto”. La scelta dove costruire L’Argine ha tutto fuorché la casualità: come lo hai voluto, perché proprio qui, come lo hai pensato in termini di durata nel tempo?

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Che ruolo attribuisci alla memoria? “Molto importante, soprattutto per me che non mi occupo della rivisitazione della tradizione in cucina dove ti confronti sempre con ieri, con la storia. Io non sono mai malinconica grazie proprio al cibo che mi procura gioia, non ho rimandi di nostalgia rispetto a quel cibo assaggiato ieri, sono proiettata avanti pro prio perché cucinare è uno stimolo a creare all’infi nito. Ci sono persone che cercano di cucinare le cose che hanno avuto per rimetterle sempre in campo, per dare un senso di infinito ma è una cosa fittizia. Nella mia famiglia non c’è mai stato un rapporto di obbligo con il cibo. Mia madre cucinava bene ma non dava al cibo altre interpretazioni che andassero oltre al cibo è cibo. E questo mi ha fatto un gran bene perché non mi ha reso schiava di nulla. Se penso alla pasta e fagioli e origano che va in carta oggi, questa è solo pasta e fagioli e origano, e questo è chiaro di per sé. Punto!”

La tua cucina come puoi definirla con un solo ag gettivo? “Può apparire banale ma il termine è: personale! La mia cucina è sempre un tentativo, accetto l’approssi mazione in cucina perché l’ingrediente è una cosa che si trasforma ogni volta, per anni. Se tu cambi nel corso del tempo anche l’ingrediente, pur essendo sempre un pomodoro o una melanzana, cambiano con te. Non è un caso che il mio menu degustazione più importante si chiami Territorio: Vita in movimento. Io non torno mai indietro, non ho un menu dei classici, e questo è un rischio enorme. Chi ti garantisce che ciò che fai oggi sia meglio del prima. Il cliente che torna perché vuole riassaggiare un piatto che lo ha colpito prova una delusione all’inizio. Quindi i problemi possono essere tanti, ma la sincerità in cucina è la mia regola principale perché corrisponde al mio oggi, non è rou tine ma chi sono io. Non ci devono mai essere scuse!

Gli interni de L’Argine a Vencò Pera

occupa di tutto il resto rispetto alla cucina! Aver trova to il modo di stare in piedi con le nostre forze e restare piccoli è una cosa che mi riempie di orgoglio!”

Questo dipende molto dalla mia educazione familiare, dei miei genitori, dei miei nonni che vivevano il lavoro come qualcosa di importantissimo per le loro vite, l’e spressione più alta di sé stessi”.

Il tuo sostegno alla campagna del WWF – Food4Fu ture – in cosa consiste e, più in generale cosa ne pensi della sostenibilità? “La consapevolezza che, in qualche modo, noi cuochi siamo responsabili dei cambiamenti del gusto nelle persone, del raccontare quello che c’è dietro affinché le scelte siano sempre più coscienti, è un elemento che deve sempre essere chiaro in noi. Le persone fanno altri lavori, se tu fai un lavoro che ti occupa tutto il tuo tempo quando vai a fare la spesa probabilmente non hai voglia di pensare troppo a come acquisti, non hai forse neppure la volontà di farlo. E questo lo capi sco. Invece il compito mio è farmi delle domande, se vado in pescheria e mi accorgo che di pesce non ce n’è più, devo capirne il motivo, devo sapere che la pesca deve diventare davvero sostenibile. Noi cuochi dobbia

“Il mio ristorante è in campagna e il 90% dei ragazzi non sono di qui. Questo implica difficoltà che impon gono di creare modelli di lavoro che spingano i ragazzi a restare con te. Due anni fa ho scelto di chiudere un giorno in più, ora siamo chiusi due giorni e mezzo, una grande cosa per questi ragazzi. Bisognerebbe raccon tare anche quanto sia diverso il mondo dell’eccellen za, prima di tutto per sé stessi e non per i premi. Noi siamo in formula uno, però ti deve piacere la formula uno e, quindi, dobbiamo raccontare bene, noi ristora tori, cosa significa questo. Dobbiamo dire ai ragazzi che bisogna essere felici per cucinare, essere migliori ogni giorno di più, e se non lo sei non è obbligatorio che tu lo faccia. È molto importante dire ai giovani che devono crearsi un modello di lavoro ed economico per essere felici nel fare questo lavoro. Diventare bravi non significa fare mille stage o stare in mille cucine, bisogna stare vicino allo chef per capirne le scelte e le motivazioni. E gli chef devono aiutare i ragazzi a rag giungere obiettivi che, non per forza, devono essere i nostri”. Spaghetti fragola e aglio orsino agosto/settembre 2022

Le erbe sono una parte importante della tua cucina: come hai imparato a riconoscerle? ”È stata la cucina che mi ha fatto questa cortesia. Prima mi occupavo di cose che non c’entravano con il giardi no, mi piaceva fotografare, interessarmi del cinema, fare vela. La fortuna ha voluto che, al Dolada, stavo con il signor Enzo che mi ha fatto percepire che la cucina e la natura erano una cosa sola. Mi è tornata questa cosa quando per un anno sono stata bloccata da un incidente.

Essere moderna significa avere possibilità di scel ta. Una tua frase che ti chiedo di spiegare… “Essere d’avanguardia significa occuparsi dell’ingre diente con uno studio che cambia il lavoro di tutti gli altri. Non è il mio caso, io sono semplicemente moder na, contemporanea perché riesco a dire qualcosa di personale. Prima ero concentrata su piatti che fossero belli, ora invece credo che, in cucina, sia importante fare piatti interessanti, che provochino in chi assaggia non solo un piacere di pancia, questo è facile, ma qual cosa che ti modifica, che sia coinvolgente nell’emozio ne. Rispetto alla modernità la sfida qui è non essere provinciali, nel senso brutto del termine. Decidere a quale luogo appartieni, trovare il modo di stare lì ed essere connesso sempre, alla Salgari per intenderci. Essere moderni per me vuole dire questo: che le mie caratteristiche diventino i miei limiti è una cosa che non voglio mai!”

L’ultima domanda riguarda i giovani che approc ciano a questa professione: quali consigli ti senti di dare?

In quel periodo mi sono creata il mio primo orto, ho co minciato a studiarlo, a capirne gli effetti nella mia cucina di casa, per poi trasferire questa conoscenza nel ristoran te. Non mi occupo di erbe rare, voglio utilizzare le cose comuni, raccolte in un giardino sano dove selvatico e or tolano si intreccino. La sfida sta nel trovare qualcosa di interessante in cucina utilizzando le erbe comuni”.

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mo essere pienamente coscienti che esistono moltis simi altri ingredienti che si possono usare rispetto a quelli che si stanno utilizzando senza riflettere. Il mio compito è quello di dire che noi siamo così evoluti da avere tutti gli strumenti per godere appieno del cibo, semplicemente spostando l’attenzione e utilizzando delle tecniche semplicissime che magari non usiamo per pigrizia. È questo che sto facendo con il WWF. Lo scorso anno, quando mi hanno contattato, nel periodo di Natale, ero felicissima di cominciare con loro, prima sugli insetti, ora sul mare. È scandaloso che esistano ancora metodi di pesca che distruggono il mare!”

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VENDI CON SUCCESSO

Lorenzo Dornetti ceo Neurovendita

La difficoltà nell’assumere personale qualificato rim balza sui media da mesi. L’osservatorio InfoJobs, uno dei portali on line più utilizzati nella ricerca di perso nale, registra un totale di 5.500 annunci. Il persona le Ho.Re.Ca. è il più ricercato d’Italia. La FIPE ha certificato la mancanza di oltre 200.000 lavoratori all’appello tra cui: personale di sala, assistenti alla cucina e cuochi. Il problema è quantitativo e quali tativo. Da un lato c’è una carenza nel reperire le fi gure professionali necessarie, numeri preoccupanti da mettere in difficoltà la continuità di molte attivi tà. Dall’altro si evidenzia una carenza di competenze e specializzazioni, chiamando in causa una crisi de cennale della scuola italiana. Molti esperti nei mesi precedenti hanno rievocato uno scontro, da secolo scorso, tra datori di lavoro e potenziali collaboratori. Un fenomeno così straordinario è multifattoriale, di pende da molte concause che interagiscono tra loro. È una semplificazione attribuire ad un singolo motivo la responsabilità del ‘mismatch’ tra domanda ed of ferta. I datori di lavoro attribuiscono la causa a: red dito di cittadinanza, poca disponibilità a lavorare nei week end, poca propensione ad accettare lavori che hanno picchi in alcuni mesi. Tra i potenziali lavoratori si evidenzia poco interesse verso queste professioni per: stipendi ritenuti bassi, numero di ore eccessivo, opacità nei contratti proposti ed instabilità professio nale. Queste poche righe mostrano la complessità del fenomeno. Da psicologo che studia le decisioni umane mi stupisce che non si citi mai ‘l’effetto MasterChef’. Cosa intendo? Anni ed anni di diseducazione televi siva possono essere un’ulteriore concausa. Il pro gramma televisivo in tutte le sue versioni è stato ed è uno dei programmi più di successo nel palinsesto televisivo. Il format veicola implicitamente tre mes saggi. Lavorare in ristorazione è pura creatività. Si realizzano servizi da un’ora in grandi occasioni. Il punto d’arrivo è la visibilità da star. È qualcosa di molto diverso dalla realtà, anche dall’esperienza realmente vissuta dalle chefstar. Ritengo che questo elemento abbia un grande impatto sulle decisioni del le persone di non intraprendere le professioni dell’Ho. re.ca. I giovani sono cresciuti con MasterChef. Gli es seri umani sono molto emotivi ed influenzabili nelle scelte lavorative. Cosa fare? Molte azioni occorrono per risolvere un problema complesso. Ne cito tre. A livello media serve un ‘MasterMaitre’, una serie tele visiva che mostri la specializzazione richiesta per chi è in relazione con il cliente. A livello familiare, sareb be interessante mostrare ai genitori che la principale ‘soft skills’ richiesta in ogni professione, anche quelle che prevedono un lungo percorso universitario, è rela zionarsi nella fatica. Il 96% delle persone di successo ha lavorato durante gli studi, superiori ed universi tari, in mestieri di relazione. Hanno allenato questa competenza che poi hanno esercitato in altri contesti. Una terza azione è legata alla ‘vendita’ della proposta lavorativa. Occorre motivare i potenziali collaboratori ad iniziare. Aiuta nel colloquio mostrare il valore del lavoro di sala: la possibilità di imparare ad entrare in relazione con persone diverse, la costruzione di un iter formativo definito sui cibi e sui vini, la stabilità conferita dall’acquisire una professione spendibile in tutto il mondo. Insomma, serve trasformare il collo quio di lavoro in momento motivazionale, che riduca l’effetto negativo di “MasterChef” sui pregiudizi delle nuove leve. La tv fa molti danni, alcuni li vedi subito, altri in là nel tempo.

web 15| agosto/settembre 2022

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Martina Manescalchi Consulente e formatore Teamwork Hospitality

Che cosa si intende, esattamente, con il concetto di at mosfera riferito a un ristorante? È l’aria che si respira, è il mood nel quale ci si immerge dal momento dell’in gresso fino a oltre il tempo che vi abbiamo trascorso. È un insieme di dettagli che devono parlare del risto rante. Della cucina, della filosofia, della vocazione. È il modo in cui vogliamo che l’ospite si senta una volta accomodato, è il motivo per cui vogliamo essere scel ti. Per costruire un’atmosfera è fondamentale farsi delle domande. Perché è nato il locale? A chi vuole rivolgersi? Quali emozioni deve suscitare l’ambiente? Non c’è niente di peggio, sia per l’ospite che per la re putazione del locale stesso, di una promessa non man tenuta. Se con il mio nome, la mia insegna e la mia co municazione suggerisco al potenziale cliente un certo tipo di esperienza, ho il dovere di non disattenderla in ogni singolo dettaglio. Questo metterà gli avventori a proprio agio e i gestori al riparo da pessime recensio ni, almeno in una prima fase. Quando entro per la prima volta a casa di un cono scente, volgo lo sguardo alle pareti, agli oggetti, alle suppellettili alla ricerca di un qualche elemento di ri conoscimento, qualche particolare che mi faccia pen sare ecco, questa è casa sua! Allo stesso modo, chi en trerà nel ristorante si aspetterà di trovare elementi di coerenza con l’immagine che del ristorante si era fatto – cioè l’immagine che la vostra comunicazione ha co struito – e prima li troverà, prima si sentirà a proprio agio. Pensiamo a una coppietta al primo appuntamen to. Chi fra i due ha organizzato la serata, lo avrà fatto spinto da una qualche promozione o immagine legata all’intimità e al romanticismo. Non volendo sfigurare, sarà molto attento a ricercare questi elementi prima ancora di sedersi al tavolo. Se al suo ingresso troverà – per esempio - una luce forte, una musica poco con sona a una serata romantica e tavoli molto vicini gli uni agli altri, l’impressione che avrà non sarà positiva e la serata non comincerà certo nel migliore dei modi. La prima impressione è importantissima, sia per la re putazione del locale che per il benessere degli ospiti, che sentiranno immediatamente di aver fatto la scelta giusta e si rilasseranno, per le gioia loro e del perso nale di Manteneresala.le promesse, sempre. Questa è una fonda mentale chiave del successo per un locale. Che sia impossibile piacere a tutti ed essere adatti a ogni tipologia di clientela, è cosa nota. A fronte della sempre maggiore diffusione di locali tematici, è pur vero che non tutti i ristoranti basano la propria im magine su una caratterizzazione forte. Per questi è certamente più difficile trovare elementi di coerenza.

OSPITALITÀ giustacosaQuantodiQuestionefeelingcontaediparlaunaatmosferacliccaeleggil’articolosulweb 17| agosto/settembre 2022

Eppure tutti, anche i ristoranti che si rivolgono a un pubblico più generico, hanno delle particolarità che meritano di essere valorizzate. La tipologia di edifi cio, la località, la proposta gastronomica, la fascia di prezzo. Tutto può diventare un marchio distintivo, un punto di forza. E se non lo avete ancora trovato, siete sempre in tempo a farlo. Dire che in un ristorante si mangia bene non basta più. Il cliente si informa, cerca, guarda, sceglie, cerca l’esperienza. La comunicazione ad hoc per il proprio target è importante a tutti i livelli. Non solo aiuta a vendere di più, ma anche a evitare di attirare una clientela difforme da quella a cui si rivol ge la nostra proposta. Nemmeno gli autogrill sono tutti uguali, e chi viaggia molto lo sa e sceglie con attenzione la destinazione delle proprie soste.

19| agosto/settembre 2022

Spillare olio extra vergine di oliva conservato sotto azoto nel proprio ristorante. Ecco una novità che mi sento di segnalare. Certo, non è una novità in senso assoluto, sia ben chiaro, visto che già si spilla la birra, ma questo approccio segna comunque una significati va svolta per un prodotto così poco sperimentato qual è appunto l’olio. Poco esplorato anche perché è diffi cile da gestire, essendo un grasso. Ci vuole audacia e senso pratico per intuire un’alternativa al solito modo di utilizzare e servire l’olio. D’altra parte, innovare significa trovare il coraggio di accettare nuove sfide, individuando tutte le soluzioni inedite nell’utilizzo di una materia prima complessa e facile a degradarsi, esposta com’è alle ossidazioni. Trovare altri modi di presentare l’olio al cliente è sempre una buona idea, soprattutto se si presta la massima attenzione a quali tà e sostenibilità, due fattori chiave da cui non si può prescindere. Così, in occasione del Forum Olio & Ri storazione 2022, evento organizzato a Milano da Olio Officina, ho avuto modo di accogliere sul palco il giova ne e dinamico imprenditore Marco Bonsignore, che ha presentato e proposto il progetto LongEvo, di olio alla spina. Si tratta del primo impianto di spillatura dell’olio sotto azoto destinato al mondo della ristora zione. Anche se il sistema è il medesimo della birra, LongEvo nasce da un percorso di ricerca e sviluppo concepito allo scopo di garantire un prodotto pronto per l’uso e perfettamente fragrante, conservando in tegralmente la qualità di partenza anche a distanza di mesi dalla molitura delle olive. La conservazione sotto azoto consente di preservare integralmente il profilo sensoriale dell’olio, con tutta la freschezza e gli aro mi con cui si caratterizza. L’olio viene semplicemente spillato nella quantità desiderata. Può piacere o meno l’idea, ma è di fatto un’innovazione. Qualche anno fa lanciai l’idea dell’olio di intrattenimento, da presentare all’ospite al momento del suo arrivo, quale saluto di benvenuto, in attesa della lettura del menu e dell’ac coglimento delle richieste. Tra l’altro, ci sono oggi ap posite creazioni di design adatte a presentare l’olio, in modo da proporre a ogni singolo ospite un modo originale per degustarlo: si va da Oliena, l’esaltatore del gusto ideato dal designer Mauro Olivieri, a Iride, a firma Blueside, che propone un bicchiere in vetro tra sparente attraverso il quale si può apprezzare il colo re dell’olio, annusarlo e assaggiarlo, servendosi di un versatore a doppio senso, adatto anche ai mancini; ma vi sono molte altre soluzioni di design che si possono vantaggiosamente introdurre sui tavoli, intrattenendo l’ospite in attesa di essere servito. Da ormai dieci anni a questa parte mi sono attivato nel sensibilizzare i de signer nel tentativo di cercare soluzioni diverse e più congeniali al presente, considerando anche la difficol tà concreta nel gestire una materia prima grassa che sporca facilmente e che richiede una attenzione spe cifica. Chissà se vi sarà mai la necessaria sensibilità rispetto a un prodotto che rappresenta in sé un grande valore e merita la giusta cura nel presentarlo a tavo la con adeguata diligenza e meticolosità. Siamo oggi sulla buona strada. Non sono pochi gli esempi di risto ranti attenti all’olio; e non può essere diversamente, se si ha davvero a cuore la qualità di un’offerta Amodo

Luigi Caricato oleologo L’OLIO AL CENTRO

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L’estate 2022 è stata caratterizzata dalla maggiore carenza di personale degli ultimi decenni. Non è un fenomeno transitorio, anzi, è previsto che continui, e determinerà cambiamenti nelle persone, ma anche nelle aziende e negli imprenditori. Seppure la crisi abbia determinato non marginali effetti negativi, in particolare in termini di qualità dei servizi offerti ai turisti, nel breve periodo gli effetti non potranno che essere positivi: le persone avranno migliori condizio ni di lavoro ed economiche, le aziende si organizzeran no e lavoreranno meglio, aumentando la produttività. Siamo tutti consapevoli che i più importanti protago nisti dell’ospitalità e del turismo di domani sono i giovani. I neo-diplomati delle scuole alberghiere e tu ristiche garantiranno un nuovo flusso di personale in un settore che si è notevolmente impoverito a seguito della pandemia. Come conseguenza del calo di lavo ro dovuto ai diversi lockdown, molti professionisti si sono spostati in altri settori, quali la grande distribu zione organizzata e la logistica.

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Una delle criticità di scuole alberghiere e turistiche è l’alto tasso di abbandono del settore al termine del percorso scolastico; giovani che studiano e si specia lizzano per cinque anni, poi dopo breve lo abbandona no. Alcuni esperti calcolano una percentuale addirit tura del 90%.

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sul web 21| agosto/settembre 2022

Con queste consapevolezze, LavoroTurismo e Forma zioneTurismo hanno attivato il progetto GOETHE, un percorso di tre giornate online per fornire agli studenti gli strumenti necessari ad individuare il proprio per corso formativo e professionale post-diploma all’in terno del turismo, un settore in continua evoluzione. Attraverso seminari online, i ragazzi incontreranno i top player della formazione e dell’imprenditoria di settore, in modo da scoprire l’offerta formativa dispo nibile e le diverse opzioni di carriera. L’obiettivo è rendere gli studenti consapevoli sulle pos sibili strade da intraprendere alla fine del loro percor so scolastico; la scelta più adatta al singolo studente sarà la migliore garanzia di carriera professionale nel GOETHEsettore. rientra nei Percorsi per le Competenze Tra sversali e l’Orientamento ed è dedicato ai ragazzi del quarto e quinto anno degli Istituti che operano nell’ambito alberghiero, turistico e linguistico. È fon damentale avere cura di ogni singolo studente, aiutan dolo a scoprire le proprie attitudini e predisposizioni per consentirgli di individuare il percorso che meglio si adatta al proprio profilo. Ora più che mai, è importante creare dei ponti tra le aziende e le scuole, in quanto questi ultimi rappre senteranno il più importante canale di approvvigio namento di personale turistico per i prossimi anni. Il progetto GOETHE mira a creare una stretta sinergia tra istituzioni scolastiche e imprese, incentivando an che queste ultime ad interessarsi e ad investire sem pre di più in attività di employer branding. Questo sarà un tema sempre più centrale nel prossimo futuro, che sarà caratterizzato da un marcato spostamento di potere contrattuale nella ricerca di personale. Saranno infatti proprio le aziende a doversi rendere appetibili agli occhi dei candidati (sia in un’ottica di talent acqui sition che di talent retention), attraverso erogazione di benefit, storytelling dei valori e dell’identità azienda le, salari competitivi e molto altro. Il lavoro nel turismo e nell’ospitalità offre opportunità e soddisfazioni troppo importanti per vedere tanti gio vani cambiare settore lavorativo. Dobbiamo ripartire da loro. Oscar Galeazzi amministratore Lavoroturismo.it

22 | agosto/settembre 2022

FARE RISTORAZIONE

Autrice: Giulia Zampieri

Mentre ragionavo sul modo migliore per scrive re questo articolo è improvvisamente compar sa. Lì, in verticale, rossa, stampata su un muro scrostato di un paesino di montagna: la scrit ta Osteria, per giunta in stampatello, carattere anni ’50. Che gioia. Che sollievo per l’umore quel bran dello di lettere. Dentro quell’edificio fatiscente però non c’era nessuno. Era chiuso, vuoto, sbarrato. La sensa zione di calore nell’aver trovato una sosta felice, a una manciata di minuti dall’ora di cena, pri ma dell’amara scoperta, ricordo bene, non era mancata. Mi aveva percorso per pochi secondi la schiena e solleticato il palato. Stavo già pen sando a un buonissimo piatto fumante, a un bicchiere, forse due. E anche a un’inaspettata conver sazione con il padrone di casa. Sarebbe stata la svolta del mio viaggio, quell’osteria. Una cartolina che diventava libro una volta messi i piedi dentro. Le persone fanno i luoghi Cosa mi ha lasciato oltre all’amaro in bocca? Un principio pulito, che troverà sostegno nelle righe che seguono: sono le persone che animano i luoghi.

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Una figura solida, poliedrica, sensibile La risposta è ancora lì: mancavano le persone che san no dare un’anima ai luoghi. E l’osteria è, per definizione, il luogo, la casa, dell’oste. “Una figura inconfondibile e vigile, onnipresente” scrive Alberto Capatti nel libro L’Osteria nuova; una sago ma che non ha un volto definito, delle skills universal mente conosciute, ma è riconoscibile tra mille sguardi nel tumulto dell’osteria. Anche senza il grembiule o una divisa da chef, come va di questi tempi, che la con L’ostesacranopuò essere giovane o anziano, secchissimo o abbondante, burbero o cordiale. Può esserci nato in quelle vesti, oppure averle conquistate, come accade va in passato: da commerciante di vino a improbabile chimico (perché il vino lo ‘aggiustava’ in cantina) sino

Leggete questo passaggio tratto Da Leccarsi i baffi, che racconta l’approdo di Soldati a Roverano, in pro vincia della Spezia: “Appare una donna grigia, magra, scarmigliata, ridente, che dopo aver chiesto scusa per il suo abito con civilissimo garbo dice: da mangiare? Se si contentano”. A quel punto la signora, la vice-regi na, apre le porte dell’osteria e li accoglie con autentica semplicità. Porge un paio di piatti essenziali, l’insalata appena colta dall’orto, le uova all’olio. Regala loro una bella conversazione condita da aneddoti e timori per il futuro. Li omaggia con una formaggetta. In poche righe c’è tutto quello a cui ci hanno abitua to gli osti che amiamo ricordare: accortezze, parole

a ristoratore primordiale, con salumi, formaggi e al tre pietanze portate tra le mani o messe in mostra al Spessobancone.svolgeva anche due lavori - l’oste e il barbiere, o il sarto - e quand’era in osteria aveva l’arduo compito di tenere a bada situazioni accese, governare discus sioni, riscuotere l’incasso prima che gli ospiti cades sero in letargo. Quando serviva si improvvisava pure buttafuori. D’altronde le osterie erano spazi goliardici, teatro della vita popolare, in cui si beveva molto, mol to, molto; ci si incontrava e si discuteva, si esagerava. L’oste, che era solito riempire due bicchieri - quello dell’avventore e il suo - doveva governare questi equi libri e marcare il confine tra sé e chi aveva davanti, concedere crediti gestibili, soddisfare i clienti senza impicciarsi, chiudere bottega al momento giusto, acco gliere senza pregiudizio.

Sono loro che dipingono le soste con gesti e attenzio ni; che riempiono le stanze di cose buone, di pensieri, ilarità, tensioni. Di memorie, di suoni. Quel luogo ab bandonato avrebbe tutt’altro volto se dentro vi fosse rimasto qualcuno. Magari non avrebbe avuto il banco ne e le sedie di design, le luci al neon, i muri perfetta mente tinti, come va di moda oggigiorno, ma l’oste che lo abitava avrebbe sicuramente ristorato degnamente chiunque vi fosse entrato. M’è capitato anche il contrario, recentemente: trovare un’insegna aperta, con la scritta osteria bella illumina ta, i profili impeccabili, gli spazi puliti, organizzati, le tovagliette in carta riciclata con grafiche originali, le caricature, le lavagnette scritte con il righello, i piat ti dalle porzioni misurate, le persone vestite di tutto punto… ma non avvertire alcun piacere. Cosa mancava, invece, in quest’altro posto?

A proposito di accogliere: Mario Soldati nei suoi stra ordinari racconti di viaggio in Italia tra vino, cibo, osterie e cantine, dà un’immagine romantica, ma più che condivisibile, di questa figura simil-leggendaria: l’oste è… un abbraccio.

che rimangono, un dono da portare in viaggio, uno spunto su cui riflettere. Cose che avremmo ignorato se non ci fossimo fermati proprio in quel luogo lì, vivo grazie ad una signora. Cosa ci manca oggi Torniamo ad oggi però, perché rintracciare queste figure quasi mitologiche è un po’ più raro… ma non impossibile! È indispensabile ripartire dalle loro espe rienze per evitare di perdere la sostanza.

Enzo Manias de Al Cjasal è oste da una vita. Chissà quanti volti ha incontrato e quanti calici - e goti, in ori gine - ha soddisfatto. Potremmo riempire un libro con le espressioni o gli episodi che concede ma è meglio che lo faccia lui, quando vi accoglierà nel locale ora condotto dai figli Mattia e Stefano, a San Michele al Tagliamento. Qui dice molto altro.

“Questo lavoro è amore per il prossimo, per il cibo e il vino. Se mancano tali requisiti è un atto di compravendi ta, puro commercio senz’anima. Essere osti e ristoratori significa cercare il buono, consegnare piaceri, dare un senso al lavoro altrui. Essere anche democratici, perché si accoglie chiunque decida di varcare la soglia. Quando avevamo l’osteria entravano contadini e avvo cati: tutti erano alla pari, sullo stesso piano, avevano un bicchiere davanti e tante cose da dirsi e le ore scorre vano. L’osteria è un luogo d’inclusione, di socialità, uno spazio senza tempo… che a un certo punto chiude le porte ma il giorno dopo le riapre per tutti!”. Ma è anche un contenitore di buoni propositi e con quiste. “Nell’osteria per come la intendevo e intendo io - conti nua - dev’esserci il senso di appartenenza al territorio. Si deve dialogare con le economie della zona, con chi produce, con chi abita. Chi la gestisce dev’essere intelli gente e scaltro, far tornare i conti con piccole, innocen ti, strategie; non significa fregare l’ospite ma far girare l’economia garantendo a tutti quello che si aspettano. Bisogna poi essere insaziabili di relazioni, di scoperte. Ho incontrato tantissime persone ma le cerco ancora, a distanza di anni. Ho sempre amato stringere la mano al produttore, cercare le informazioni da fonti serie per capire cosa accade intorno al locale. Per capire la terra su cui poggio di che natura è”. Immancabilmente, senza avvisare, Enzo si defila per rimediare una bottiglia che ci tiene a farmi assaggia re. Ritorna, la apre, e racconta per filo e per segno la storia di quel vino dorato di Aquileia sorprendendosi dei profumi e delle sfumature che trapelano dal vetro del bicchiere. “Abbiamo sviluppato una tendenza sbagliata oggi - con tinua mentre lo assaggia - premiare e stilare classifiche. Credo che questo mondo non abbia bisogno di primi del la classe ma di persone che sappiano valorizzare. Sono Enzo Manias, foto di Paolo Gonzato 24 | agosto/settembre 2022

volta, era inverno, e già mi sentivo avvol ta da quelle pareti a due colori piene di quadri, botti glie, carta paglia disegnata dai bambini. Si era stati bene. Silvia Tolin, l’ostessa, a fine cena si avvicinò al tavolo chiedendomi una cortesia. Lo fece con un garbo e una spontaneità che raramente ho rintracciato. La cortesia era semplice: dirle se volevo trattenermi mol to una volta preso il caffè. Mi voltai e c’erano diverse persone fuori che desideravano sedersi per mangia re. Le dissi che avevo abbondantemente finito e che avrei lasciato loro il posto. Tornò con un sorriso lungo, aperto, e due fette di torta (per altro buonissime) per ringraziarmi. Mi rimase dentro il modo con cui lo fece, libero, sincero. Dietro c’era sicuramente qualcosa da indagare. Eccola. Silvia è qui da otto anni. Nasce da una famiglia lega ta al mondo della ristorazione, alle carni, al cibo. Ha un percorso di tutt’altra portata però, scandito da arte e pedagogia, che le è comunque servito ad arrivare dov’è oggi. Ha voluto un posto che fosse davvero un’o steria, vista la carica storica di questo ambiente che ospita persone da più o meno settant’anni. Formaggi e salumi belli in vista, cibi pronti per chi vuole goderseli a casa, un menu lineare, di pancia, piccoli dettagli che fanno intendere che questo locale è stato desiderato e amato da subito. Dietro a tutto però, ci sono anche tanti pensieri che confermano la mia teoria iniziale.

“Volevo un’osteria vera. Ho scelto di chiamarla Osta ria Nova, sì con la “a”, per rafforzare il legame con il dialetto locale. Purtroppo stiamo denigrando la nostra lingua, le nostre origini. Si utilizza l’inglese al posto dell’italiano per abbreviare e sempre meno il dialetto. Ma la nostra cultura, il nostro tesoretto, non ha bisogno Silvia Tolin, foto di Davide Mantovanelli 25| agosto/settembre 2022

i ricordi, le parole, i gesti, le cose che rimangono davve ro. Anche la condivisione di un vino come questo”. E ce l’hai appena dimostrato, Enzo. Ritrovare le parole, il significato Ripartiamo dai gesti per raccontarvi un’altra storia, un altro luogo in cui l’oste c’è e fa la differenza. Era la prima volta che mi recavo all’Osteria Nova di Este. Un piccolo locale, sotto di qualche gradino rispetto alla strada, a una breve passeggiata dalle mura del castello Eraestense.laprima

“Ci abbiamo messo dentro tutto ciò che per noi dovreb be avere un’osteria. Alcuni ci avanzano una critica: non abbiamo il vino sfuso. Per me la risposta è immediata: dobbiamo rispettare chi produce, dare un nome e un co gnome a ciò che serviamo. Non travolgiamo i clienti con tante nozioni, ma alcune informazioni sul vino o sul cibo sì. Come è prodotto, dove e da chi. In questo territorio, come in tanti altri in Italia, c’è un gruppo di persone che collabora con una visione comune. Siamo solidali, abbia mo a cuore la consapevolezza di chi ignora.

di sintesi, deve preservare le sue sfumature. La parola osteria è stata mal interpretata negli ultimi anni. Si è perso il significato primo, l’etimologia e in alcuni posti lo si vede chiaramente”. Continua, alzandosi di tanto in tanto per controllare che tutti siano sereni al tavolo.

Le osterie con l’oste.

L’unico modo per costruire il futuro è questo: ritro vare e raccontare le identità correggendo dove è ne cessario”. E la risposta, sulle presunte osterie senz’oste, arriva dritta, come a volte sa essere Silvia. “Quando sono entrata qui i muri mi parlavano. Credo parlino ancora anche grazie alle mie, alle nostre, scelte, e grazie alle persone che l’hanno frequentata. Le osterie intese come locali sterili, privi di significato, uguali uno all’altro nell’aspetto e nel contenuto non possono resi stere. Per me sono dei non-luoghi e non crescono con il passare delle stagioni”. Dei luoghi fatti di carta, destinati a svanire nel tempo, a rimanere in auge per un battito d’ali. Tutt’altra cosa sono, e spero siate d’accordo, le osterie piene e vive.

Osteria Nova 26 | agosto/settembre 2022

Nicola Fabbri: con gli occhi sul FORMAZIONEmondo Autrice: Simona Vitali Uno sguardo illuminato sulla scuola alberghiera Nicola Fabbri, foto di Daniele Guidetti clicca e leggi l’articolo sul web

Dal suo punto di vista qual è l’attuale stato di salute delle scuole alberghiere in Italia? “Ritengo che le scuole alberghiere siano confrontabili con tutte le altre scuole per cui parlerei di scuola, in senso più ampio, e del momento di debolezza che in generale sta vivendo in tutto lo stivale, non solo per la mancanza di finanziamenti ma anche per la qualità dell’educazione di chi la frequenta. Sono convinto che questo sia il ruolo di obbligo a cui sono chiamati i genitori, i parenti, quelli che allevano figli nelle prime fasi della loro vita. Certo, ci deve essere una collaborazione con la scuola perché non tutti i genitori hanno gli stessi standard. La scuola potrebbe es sere il luogo in cui si capisce che c’è uno standard medio nella vita di una persona. Penso quindi che il compito del legislatore e del ministero preposto dovrebbe essere di valorizzazione degli insegnanti e dei dirigenti scolastici, in particolare nella scuola alberghiera perché, oltre all’in grato compito di preparare culturalmente i ragazzi che la frequentano, ha pure quello di insegnare loro un mestie re, cosa che in altre scuole non è richiesto. Questo doppio sforzo dovrebbe prevedere la partecipazione dei privati. Quante aziende del nostro settore potrebbero sostenere le scuole, ad esempio, fornendo impianti o prodotti a un prezzo calmierato ma anche mettendo a disposizione tecnici, brand ambassador... Perché non creare un pro gramma in cui un’azienda che fa cucine, refrigerazione, prodotti agroalimentari non possa avere un’ora di lezione per raccontare il perché delle sue scelte e di come queste possano migliorare la vita del professionista dell’ospita lità... In questo senso la partecipazione dei privati alla scuola pubblica professionale potrebbe aiutare moltis simo, però dev’essere facilitata dal ministero e poi deve essere istituito un controllo e una gratificazione circa il merito e la bravura degli insegnanti e dei dirigenti. Ne co nosco diversi che hanno dedicato una vita con immensa soddisfazione alla gestione non solo amministrativa ma anche umana della propria scuola. C’è un’altra questione che non va dimenticata: le scuole alberghiere sono diven tate il punto di raccolta di nuovi italiani. Questo da una parte è uno stimolo e un’opportunità per loro e dall’altra aggiunge un peso immenso alla struttura perché questi ragazzi non conoscono una parola di italiano. Devono cercare prima di tutto di poter comunicare e capire al trimenti la loro permanenza in questa struttura diventa un appoggio per non farli andare per strada. Il ministero dovrebbe quindi intervenire con insegnanti di supporto, mediatori culturali che stiano dentro le scuole”.

Torniamo al supporto che i privati potrebbero dare alle scuole alberghiere. Quali sarebbero le figure più adeguate per incidere sulla motivazione dei ragazzi, a suo avviso? “Non è solo un produttore della filiera alimentare che potrebbe portare il suo contributo ma tanti ristoratori do vrebbero entrare in contatto con questi studenti. Ce ne sono molti che hanno addirittura più ristoranti di succes so, gestiti da ottimi manager, che sarebbero un faro per questi ragazzi. Come accade con le Università. Chi va a scuola deve avere dei miti perché altrimenti non ha una grande motivazione per studiare. Non è più gratificante per uno studente fare un progetto di gruppo per un’azien 29| agosto/settembre 2022

Guardare all’Italia, il proprio Paese, con gli occhi sul Èmondo.unesercizio che a un imprenditore cosmopolita ed eclettico come Nicola Fabbri, amministratore della no tissima azienda Fabbri 1905, riesce molto bene. Ci interessa il suo pensiero, meglio, la sua visione sulla scuola alberghiera in particolare, che - come è solito dire - gli sta molto a cuore. C’è bisogno di allargare lo sguardo. E gli orizzonti. Più che mai su un argomento bistrattato come questo. Conoscere il mondo delle scuole alberghiere signifi ca frequentarlo, viverlo e condividerne le dinamiche. Solo così se ne può parlare a ragion veduta. Lei, la sua famiglia, l’azienda siete convinti sostenitori del ruolo di queste scuole. Ce ne parli. “Noi siamo nati, cresciuti, nel mondo della ristorazio ne, del fuori casa e dell’horeca e sempre, come famiglia e come azienda, che in questo caso sono la stessa cosa, siamo stati vicini ossia abbiamo frequentato (e frequen tiamo) come sostenitori queste scuole, in particolare gli indirizzi inerenti il mondo bar e la pasticceria. Questo perché riteniamo che far crescere i ragazzi e far imparare loro il mestiere utilizzando i nostri prodotti faccia sì che quelli che continuano se ne ricordino. Il tempo ci ha dato ragione. Molti di questi studenti, negli anni, sono diven tati grandi professionisti e parte attiva di associazioni. E in quei contesti li ho ritrovati. Altri sono diventati docenti e anche loro ho ritrovato. E questo vale anche per l’estero, dove ho visitato diverse scuole pubbliche soprattutto in Oriente, a Singapore, in Cina, in Indonesia, in Tailandia... Ho constatato che questi istituti, rispetto ai nostri, con più efficacia da una parte e più difficoltà dall’altra, cre ano una classe di professionisti nuova che segue questa repentina crescita del turismo, dell’apertura delle fron tiere e del corrispondente innalzamento della qualità dell’ospitalità di quegli stati. E proprio in queste scuole ho ritrovato molto spesso insegnanti italiani. Questo mi conferma la convinzione che il nostro stile viene preso da esempio in tutto il mondo per l’altissima qualità dell’o spitalità. Negli hotel cinque stelle, negli stellati Michelin c’è spesso un italiano nell’alta direzione o come cuoco, come pasticcere, come primo cameriere ... Una parte di italianità c’è sempre perché lo standard che abbiamo fis sato è talmente alto, raffinato, che da sempre si parte per insegnarlo in tutto il mondo”.

da o ascoltare un ristoratore, un manager che non deve essere il loro mentore ma uno che arriva e dice “tu ce la puoi fare”?...Io che produco tanti ingredienti per ristoran ti posso dare la motivazione del perché bisogna usarli, perché bisogna creare la qualità per il cliente finale, per ché bisogna utilizzare prodotti naturali ma un ristoratore può dare il miraggio di entrare in una organizzazione di successo e farne parte e pure sfatare certe credenze. Er roneamente, ad esempio, si pensa che il cameriere sia l’ultima ruota del carro invece è il ruolo più importante perché è quello che vende ciò che viene fatto in cucina, anche nella cucina più altisonante o nel cocktail bar più lussuoso. È la persona con cui ti intrattieni di più nel tem po che rimani a tavola. Quindi il rapporto più importante che ha il cliente al ristorante è quello con il cameriere. Se non ci fosse questa figura sarebbe difficile scegliere o farsi ispirare. Negli Stati Uniti la mancia al camerie re è d’obbligo, non si può uscire senza dare una mancia ma bisogna scegliere quanto dare. Dietro questo gesto ci sono due messaggi fondamentali:

1. Io cliente riconosco il ruolo fondamentale del tuo lavo ro e do la mancia a te, non al ristorante, perché tu sei il ruolo chiave di questo ristorante.

2. Se sei stato bravo ti do il massimo. Do a te un messag gio. Ti faccio capire che con il tuo comportamento, la tua bravura, hai portato a casa di più. Quindi il cameriere viene gratificato per l’importanza che ha come motore di quel locale e poi gratificato per la performance di quel giorno. Nessuno degli sbocchi della scuola professionale è di minore importanza per la riu scita della professione”. Come può rispondere un’azienda a una chiamata per portare il proprio contributo alla scuola? “Sfido chiunque a dirmi che a chiamata un imprenditore non risponderebbe: ‘Fissiamo una data che le mando il mio brand ambassador’. Il fatto è che questo non acca de, o meglio, nella maggior parte dei casi non accade. Gli esempi virtuosi ci sono ma sostanzialmente sussiste una divisione fra scuola e impresa che è stupida, soprattutto a questo proposito. Perché nelle Università e negli istituti dove si fanno corsi privati c’è la fila per andare a parlare ai ragazzi? La scuola alberghiera potrebbe fare assumere tutti questi studenti perché le nostre aziende hanno biso gno di tecnici, venditori, dimostratori... Sono vuoti questi, opportunità immediatamente sfruttabili che invece non vengono colte”. Qual è l’impegno della sua azienda, Fabbri 1905, in questa direzione? “Noi siamo a disposizione per mandare i nostri tecnici, i nostri brand ambassador, a volte vado anch’io per rac contare la nostra storia, la mia esperienza nel mondo. De vono sapere che la scelta che loro hanno fatto è un lavoro altamente gratificante e apprezzato anche all’estero, dove pure si cerca personale uscito dalle nostre scuole. Anni fa ho cominciato a sostenere la ricerca AIL (Associazione italiana contro leucemie, linfomi e mielomi) e ho inven tato Cockt-AIL, concorso benefico che ha visto sfidarsi barman e barladies a suon di cocktail in un tour attra verso l’Italia. L’anno successivo ho pensato a Cockt-AIL junior, dedicato agli studenti delle scuole alberghiere, per sensibilizzare i giovani sull’incidenza dei tumori del sangue e dei linfomi, che colpiscono soprattutto questa fascia d’età, e portare alla luce l’opera di AIL. Ho poi ide ato il concorso internazionale ‘Lady Amarena’, dedica to esclusivamente alle donne, e quest’anno per il primo anno abbiamo pure organizzato Lady Amarena junior Mostra fotografica 13 anni e un secolo 30 | agosto/settembre 2022

Concorso Lady Amarena Mondo, foto Giacomo Maestri Concorso Lady Amarena Junior | agosto/settembre 2022

Qual è il suo pensiero in merito all’alternanza scuola lavoro, ossia l’opportunità degli studenti di lavorare in azienda Si tratta di un’esperienza importante che deve insegnare com’è la vita professionale, fatta di impegno ma anche di gratificazione. Per questo faccio appello a chi prende questi ragazzi in azienda e invito a fare come noi che dia mo un piccolo stipendio. L’Italia è rimasta l’unico Paese in cui esiste il praticantato gratuito. La storiella poteva avere senso 50 anni fa, quando andare a bottega signifi cava avere l’opportunità per la vita. Oggi è un’altra cosa. In tutte le sue considerazioni è emersa la visione otti mistica tipica di un imprenditore vero. Abbiamo bisogno di un’iniezione sulla bontà di ciò che abbiamo: l’ospitalità italiana. Ci dica il suo pensiero. “L’ospitalità è la nostra miniera d’oro. Noi potremmo comprare tutto il petrolio e il gas del mondo se solo sfrut tassimo al massimo il ritorno che ci dà il nostro turismo. Lo vediamo in questi giorni: i dati del Pil italiano sono in crescita nonostante le previsioni funeree. Appena si è aperta la porta dell’Italia immediatamente sono tornati i turisti. L’Italia è il Paese che le persone vogliono vedere almeno una volta nella vita. E noi dobbiamo puntare al massimo su questo!” Ci sono interviste che aprono squarci di cielo. Grazie, Nicola Fabbri!

– per volontà ferrea della dirigente scolastica dell’istituto alberghiero K. Wojtyla di Catania, Daniela Di Piazza - con la partecipazione di tutte le scuole siciliane. Il prossimo anno vogliamo estendere questo concorso a tutta Ita lia, per chi lo volesse organizzare a livello regionale. La vincitrice sarà presente alla finale internazionale di Lady Amarena. Abbiamo poi supportato il distretto Rotary 2072 Emilia Romagna - San Marino nell’organizzazione di un piccolo concorso dedicato alle scuole alberghiere della regione con finale ad Alma. Recentemente abbia mo supportato la scuola alberghiera di Cervia, portando il nostro contributo nel concorso di bartending e pren dendo spunto proprio dall’esperienza passata. Il nostro brand ambassador, Michael Limoni, è un operatore del luogo conosciuto, persona che attira l’attenzione dei ra gazzi, poi se è bravo è un valore aggiunto. Ha raccontato le novità del mercato, dando consigli su come utilizzarle, anche in funzione della gara che si stava per disputare. Una cosa è certa: se in futuro dovessimo dar vita a nuovi concorsi, continueremo a cercare un modo per dedicare uno spazio, una sezione, ai ragazzi delle scuole alber ghiere”.

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Gaetano Petta, detto Tonno, direttore di sala de L’Incontro di Salsomaggiore Terme

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Gaetano Petta, detto Tonno SALA Autore: Luigi Franchi

“Mi chiamo Gaetano Petta, detto Tonno per tutti, da bam bino mi chiamavano Gaetanino, poi Tonnino, infine Tonno. Ho 49 anni e, dall’età di 14 anni, svolgo la professione in sala; ho cominciato dando una mano nell’hotel ristorante di mia sorella, mi piaceva perché mi dava una piccola indi pendenza economica, per il motorino, le serate con gli ami ci. Nel frattempo andavo a scuola ma non all’alberghiero, ho fatto liceo classico e qualche anno di università che non ho terminato perché quello che era un lavoro per necessità, ovvero il cameriere, è diventato la mia ragione di vita. Ora sono, da quindici anni, direttore di sala al ristorante pizze ria L’incontro di Salsomaggiore Terme”. Questa è una delle mille e mille storie di come ci si ritrova a svolgere un’attività, quella del servizio di sala, che ti coin volge per passione, indipendentemente dagli studi. C’è, però, un motivo particolare che ci spinge a raccon tare proprio questa storia. Il ristorante pizzeria L’incon tro di Salsomaggiore Terme è una vera e propria istituzio ne sul territorio perché oggi è l’unico locale dove si può gustare la pizza alta al trancio cotta nel forno a legna, pre parata secondo una ricetta segreta conosciuta solo dal pro prietario Luca Cattani e dai suoi pizzaioli: è la pizza che si trova solo a Salsomaggiore e questo ha smosso migliaia di persone nel corso di questi anni. Alla pizza si aggiun ge una cucina di qualità dove le materie prime vengono scelte senza guardare il centesimo. Tutto questo significa una struttura che, in estate, vanta 380 posti a sedere che, molte spesso, girano due volte a sera. clicca e leggi l’articolo sul web

Direttore di una sala con 380 coperti: ci racconta come gestirla nel modo migliore

Però, siete anche vocati all’onestà intellettuale… “È così che si fidelizzano gli ospiti, dando loro consigli, non spremendoli come sardine, cercando di far trascor rere una serata che si possa ricordare piacevolmente”.

“Io penso ad una serie di fattori. Si viene qui perché, sia per la pizza sia per la ristorazione, si sta davvero molto bene ma questo non è l’unico motivo. La scelta del tito lare, Luca Cattani, che condivido pienamente e che tra smettiamo a tutti quelli che lavorano qui, è quella di far sentire bene gli ospiti, non solo per il cibo. Qui entra in gioco la professionalità della sala che dirigo; sentirsi bene vuol dire essere accolto bene, risolvere le problema tiche che una struttura di queste dimensioni a volte può avere in un battito d’ali, essere accanto ai bisogni degli ospiti, quali essi siano”. Come riesci a gestire tutto questo? “Innanzitutto con una squadra giovane. I giovani hanno delle energie e una mentalità più accogliente, entrano in sintonia velocemente con l’ospite. Quando il cliente arri va in un luogo dove il personale è empatico e dinamico tende a tornarci, nonostante i nostri prezzi non siano bas sissimi, ma se si cerca qualità la si deve pagare, a tutti i livelli, a cominciare proprio dalla struttura. Questa è una scelta precisa che Luca ha fatto quando ha ristrutturato nel 2016; materie prime di alta qualità ma anche forma zione, molta formazione del personale, oltre ad aderire a al progetto Ristorazione Sostenibile 360 dell’Università del Sacro Cuore di Piacenza che contempla, tra le altre cose, Ricibi-amo, contro lo spreco alimentare”.

Un proprietario molto aperto e dinamico quindi… E come fate a ridurre lo spreco? “Il progetto dell’università prevede la consegna di dog gy-bag ma noi di sala adottiamo anche altri criteri come, ad esempio, consigliare a un tavolo che ha ordinato otto porzioni della nostra paella (un piatto che sposta gente da centinaia di chilometri) di prenderne sette viste le di mensioni della porzione”.

E Gaetano governa questi flussi con grande abilità professionale. Non è facile e, in questa intervista, ci met te a conoscenza della sua visione e del suo metodo per affrontare, ogni giorno, questa straordinaria avventura.

Il cliente sceglie di più la pizza o la ristorazione da voi? “Non c’è una preferenza ben definita. Non vogliamo essere solo una pizzeria particolare per il tipo di pizza, La sala del ristorante L’Incontro di Salsomaggiore agosto/settembre 2022

Terme 33|

“In estate con la zona della piscina, arriviamo a 380 co perti che, nei weekend, girano almeno un paio di volte”. A cosa è dovuto il successo di questo locale?

“Possiamo definirlo come direttore di sala che si deve occupare della selezione del personale, formazione e organizzatore dello stesso, creatore motivazionale, cura dell’ospite, accoglienza e problem solving”.

Quanti sono i coperti?

Qual è il tuo ruolo in questa struttura?

Con il personale condividete le strategie del locale? “Si, ognuno di noi sa che il suo contributo vale un deter minato L’intervistarisultato”.termina qui ma le cose che si possono impa rare da questa esperienza sono davvero tante e per que sto ringraziamo Gaetano.

Quante persone hai sotto la tua direzione? “In sala trenta persone” Cosa ti piace di più della tua professione?

qui si sta bene anche mangiando pesce o piatti tipici del territorio. Il mio lavoro consiste anche in questo; pensa alla difficoltà di un tavolo dove si sceglie una pizza, un antipasto e un primo o un secondo e, da tre punti di pre parazione diversi, devono arrivare al tavolo tutti insieme per non scontentare nessuno. Qui entra in gioco davvero la formazione del personale, la capacità di indirizzare l’o spite, di non lasciare che a quel tavolo uno degli ospiti rimanga a guardare”.

È cambiata molto la clientela o le richieste della clientela dopo il Covid? “Si, molto. L’attenzione del cliente si è alzata, non solo per le misure di sicurezza che resisteranno ancora per molto. Ho notato che le difficoltà di relazione sono anco ra molto elevate, anche con il personale di sala. Inoltre i clienti sono diventati molto più esperti e critici”. Come fai a scegliere il personale di sala? “Questa è una domanda a cui può essere difficile dare una risposta, visti i problemi di reperibilità che ha tutto il settore. Qui adottiamo il criterio che chi ha la vorato con noi come stagionale ha la precedenza, na turalmente se ha fatto bene il suo lavoro; poi abbiamo fatto campagne sui social, nel sito c’è la sezione vuoi lavorare con noi, abbiamo cercato, con difficoltà, un rapporto con l’alberghiero; a ognuno facciamo un col loquio dove non cerchiamo l’esperienza come priorità ma l’empatia, l’attitudine al lavoro, il desiderio di im parare”.

“La problematica. Non è un lavoro sempre uguale, a ogni servizio cambia e risolvere le problematiche prima che l’ospite inizi la sua serata e vederne il sorriso negli occhi mi dà ancora tanta gioia e forza, anche dopo tutti questi anni”. Come riesci a organizzare una sera con settecento/ ottocento persone? “Abbiamo la piattaforma di Pienissimo che ci aiuta tan to. Da lì passano tutte le prenotazioni, l’orario di arrivo, il numero di commensali, se vogliono la pizza o il risto rante, le disdette dell’ultimo minuto e questo mi per mette di organizzare i tavoli in maniera precisa. L’altra cosa che ci aiuta è prestare attenzione agli eventi della città: in quei casi ci organizziamo anche stringendo il menu per poter soddisfare tutte le esigenze in termini anche di velocità di servizio. Da ultimo ma non ultimo la formazione che facciamo periodicamente grazie alla disponibilità, anche economica, del nostro titolare, che ci porta a fare corsi ed esperienze che migliorano la qualità del servizio. Ogni responsabile di reparto, inol tre, lavora con la radiolina per restare costantemente in contatto tra noi e risolvere ogni piccolo o grande pro blema che si può creare. Esistono poi alcune regole a cui il personale si attiene come nel caso di famiglie con bambini piccoli, si chiede cosa mangia il bambino e, per dargli subito felicità, lo si serve per primo, in questo modo si crea tranquillità in quel tavolo e viene apprez zata questa attenzione”.

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Un’atmosfera quasi magica aleggia per Ve rona, una città che nasconde nei suoi vicoli un retaggio storico e culturale immenso e un patrimonio gastronomico da gustare con discrezione. Con le sue maniere eleganti ac coglie tutti ma i suoi pregi vanno cercati in profondità, assaporati lentamente, apprezza ti con la consapevolezza che appartengono a un mondo antico da preservare con cura. La ristorazione è solida, radicata nelle tra dizioni ma aperta alle novità; il panorama sociale è in costante mutamento, la città si adegua e guarda al futuro.

“La tradizione non consiste nel conserva re le ceneri, ma nel tramandare la fiamma viva” (Jean Léon Jaurès, Filosofo e politico francese 1859 - 1914) “Verona è una città straordinariamente bella ma molto fragile. Sarebbe necessario trattar la con più dolcezza, con più delicatezza, non vorrei mai che, un giorno, si possa rompere”. Esordisce così Antonio Gioco, patron del ristorante 12 Apostoli, un lungo percorso di ristorazione familiare che dal 1921 ha ac compagnato la storia della città. La sua ri flessione è un’analisi lucida e profonda, esprime amore per la sua città e sprona all’equilibrio, alla fiducia e alla tenacia.

FARE RISTORAZIONE

“Oggi – afferma Antonio Gioco – passeggiando per Verona, emerge il profilo di una città all’arrem baggio gastronomico. Non è un’accusa, è la constatazione che le recenti vicende che hanno coin volto tutti, dai primi mesi del 2020, hanno avuto ripercussioni tali da generare una sorta di con fusione, nella struttura delle attività e nell’animo della gente. Ovunque si mangia, tavolini in ogni

Magica Verona, città di cultura e amore La ricordiamo per Romeo e Giulietta, per le scenografiche opere liriche e teatrali all’Arena. Le altrettantogastronomichetradizionisonoimportanti e costituiscono una potenzialità da conservare e sviluppare, con coerenza e stile clicca e leggi l’articolo sul web

Autrice: Marina Caccialanza

una ristorazione che da tempo non è più affidata a quelle famiglie che, rimboccandosi le maniche, hanno soddisfatto le esigenze gastronomiche dei visitatori, ma è frutto di strategie imprenditoria li che vedono in Verona una potenzialità economica, spiega Antonio Gioco, con un pizzico di disappunto: “La ristorazione veronese, tranne alcune eccezioni, di cui noi facciamo parte, è nelle mani di gruppi solidi, strutturati, che rispondono a dinamiche aziendali, bu siness plan e strategie di mercato. Paroloni che fanno paura a chi fa l’oste per ricaduta generazionale. E i turisti prendono d’assalto locali che nulla hanno di ve ronese, trascurando quelli dove tutto, o quasi, parla veronese: il turista invade la città e la divora distrat tamente, senza attenzione e preparazione. Il rischio è l’omologazione, una deriva pericolosa”. Un mondo difficile, quello della ristorazione, che pochi sono in grado di comprendere. I ristoranti, poi, non sono tutti uguali: “Non basta una stagione per rimar ginare le ferite – afferma Gioco - tutte le dinamiche legate alla nostra professione sono saltate, c’è molto da ricostruire e non sarà più come prima perché tutto deve essere adattato a soluzioni sconosciute. La storia del nostro locale e della nostra famiglia parte da molto lontano e ho avuto modo di vivere molti cambiamenti, con le difficoltà e i successi, poi ancora difficoltà e poi ancora successi. Nulla è facile e dato per scontato, ma ciò rende la storia più umana e forse più appassionan te. Nel 2018 mio figlio Filippo capì che dovevamo decidere da che parte stare e diede il via a una vera e propria rivoluzione strutturale e, soprattutto, grazie alle capacità e all’esperienza dello chef Mauro Buffo, a un cambio di visione in cucina, senza mai rinnegare assolutamente il passato.  “La tradizione non consiste nel conservare le ceneri, ma nel tramandare la fiamma viva”:  questa frase ha accompagnato il nostro cambia mento e la riconquista di ciò che avevamo perso: la Stella Michelin e la visibilità. Gli scenari cambiano e anche noi, inevitabilmente, cambiamo. La famiglia è sempre il perno di questa attività ma l’approccio è di verso. Ora, noi proponiamo un solo menù e il cliente cerca un’esperienza particolare, dal profumo profon damente veronese, anche se non più legata ai piatti tipici che servivamo negli anni 60,70, 80… La nostra identità è data dalla sinergia tra sala, cucina e un gruppo di persone che credono in questa nuova avven tura, Mauro Buffo e la sous chef Martina Zuanazzi, il direttore di sala Luciano Palmieri. Il cliente che entra al 12 Apostoli, si fida e vive un momento, spero, indimenticabile. Il futuro della ristorazione veronese? Non so proprio azzardare una risposta. Voi sapevate a gennaio 2020 che sequenza di disavventure sarebbero accadute?”. Italiana in inverno, internazionale in estate: i due volti di Verona Il Desco a Verona è da 40 anni un punto di riferimen to per chi ama la buona tavola. Mura rinascimentali Antonio Gioco Lo chef Mauro Buffo e la sous chef Martina Zaunassi

angolo, ogni gestore si comporta come meglio crede: non sempre per il bene della città, anche se in buona fede. Molti fanno del loro meglio affinché il turista por ti con sé un ricordo piacevole di questa città così bella, ma il panorama è, inevitabilmente e assolutamente, complesso e fuori controllo”.

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L’evoluzione dei costumi, della cultura e della società affiorano e disorientano: forse il cambiamento è ar rivato troppo in fretta, forse ce ne siamo resi conto Èall’improvviso.lospecchiodi

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che trasudano storia e tecnica contemporanea che ne innalza il valore gastronomico, traghettando la cultura culinaria ai giorni nostri. Matteo Rizzo, erede di Elia, fondatore e guida de Il Desco, oggi, ne conserva le tradizioni rinnovandole e arricchendole: “Durante la stagione invernale la nostra clientela è prettamente veronese ma Verona vive anche di turismo e, in estate, ci sono molti stranieri, con un forte approccio alla sco perta, a lasciarsi andare. Per questo, il nostro menù è impostato in maniera da soddisfare sia il cliente tradizionale che cerca un tocco creativo, sia chi non conosce la nostra cucina e vuole scoprirla per la prima volta. Chi mangia a Il Desco sa di essere in Italia, a Verona, ma trova anche piccoli twist che danno un’i dea di cucina fresca e creativa, italiana ma con stimoli meno convenzionali”. La storia del luogo e della sua gente è un elemento che la ristorazione veronese non trascura, c’è tanto da trasmettere. Al tempo stesso, l’evoluzione dei costumi e della cultura esige un’apertura verso esperienze più ampie e Matteo Rizzo ne è consapevole: “Manteniamo i costumi e seguiamo il nostro modo di essere ma ab biamo avuto contatti col mondo e portiamo il nostro vissuto. È inevitabile che ci sia una revisione rispetto a 20 anni fa ma, al tempo stesso, manteniamo le no stre radici. Stiamo riproponendo i piatti storici di mio padre, quelli di 40 anni fa, con un menù dedicato, ed è evidente che alcuni sono diversi da come li facciamo oggi; però si scopre che molti sono ancora attuali. L’ap proccio è lo stesso, cerchiamo un equilibrio tra identi tà storica e cucina contemporanea, per valorizzarla e non per cambiarla”. Si assiste, dunque, a un adeguamento dei metodi per andare incontro ai mutamenti della società: “Le perso ne in generale sono cambiate - afferma Matteo Rizzo - di conseguenza, il cliente è cambiato. È più libero nel modo di scegliere, nell’approccio al locale, ma vuole essere guidato, si affida alla nostra esperienza e si lascia consigliare. Abbiamo eliminato la carta nel senso di lista di piatti, e abbiamo dato libertà di scelta formulando un menù da 3, da 5, da 9 portate, così possono scegliere e provare, scoprire la nostra cucina liberamente. Alcuni piatti sono rimasti in ver sione storica, penso agli scampi fritti con insalatina aromatica all’aceto di lamponi; altri sono più innova tivi come il Verona-Singapore, guancia brasata con un tocco asiatico al sesamo per dare profumo, senza snaturare. Oggi abbiamo di fronte un cliente prepara to, viaggia, si informa, quando entra sa cosa vuole. La sfida che la ristorazione deve affrontare, ogni modello Una sala del ristorante Il Desco Lo chef Matteo Rizzo agosto/settembre

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Lo chef Simone Lugoboni

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di ristorazione, è offrire qualità, non in senso assoluto ma ognuno secondo il proprio livello di proposta. È il motore che ha dato vita a Generations, il movimento che sancisce il nuovo approccio dei cuochi alla cucina: avvicinarsi alla gente per invogliarla a uscire offrendo professionalità e coerenza”. Verona, meta di passaggio o destinazione? Un ristorante di pesce di mare a Verona. Oste Scuro, fondato da Simone Lugoboni nel 1998, ha colmato un vuoto in città. “A quell’epoca – spiega lo chef Lugo boni – non c’era niente di simile, intendo un ristorante di cucina di pesce di alto livello. All’inizio la cucina era semplice, simile ai bistrot parigini, poi ha assunto un aspetto più complesso e articolato. Oste Scuro ha incontrato una clientela, prettamente veronese, che ha accolto con entusiasmo la nostra proposta”. La qualità della materia prima è alla base, l’esperien za dello chef fa la differenza. Una cucina raffinata, di pregio, che incontra il favore di un cliente esigente, racconta Simone Lugoboni: “Verona è una città dove si vive bene e noi lavoriamo con clienti veronesi che se ne intendono, hanno girato il mondo, si aspettano un servizio all’altezza. Per questo, la nostra proposta e il nostro servizio sono molto elevati. Il locale è cresciuto in questo contesto, e noi ci siamo adeguati. Se fai solo pesce in un ambiente così, ti devi specializzare, devi avere il top della conoscenza per essere in grado di trasmetterla al cliente; e noi, abbiamo clienti che ci seguono da moltissimo tempo; sono cresciuti con noi e se, oggi, faccio un piatto come lo facevo una volta, si accorgono della differenza. Il fatto è che il verone se è colto, consapevole e ricettivo: vuole imparare, e Pochiimpara”.turisti all’Oste Scuro, il turista che passa per Verona cerca altro, spiega Lugoboni: “A parte il fatto che ci troviamo in un vicolo lontano dai percorsi turi stici, il prezzo elevato è certamente un deterrente. Il fatto è che Verona, città bellissima con ottimi alberghi, manca di fatto di un’ospitalità di lusso destinata a una clientela straniera di altissimo livello. Questo fa sì che il turista altospendente passi per Verona ma non sosti più di un giorno. Risiedono sul lago di Garda, sul lago di Como, zone più ricettive, e Verona rimane una meta di passaggio”. La proposta di Oste Scuro punta su una qualità di prodotto di primissima scelta, a partire dalle materie prime, per incontrare l’espressività del cuoco: “Tra i nostri piatti più apprezzati, uno spaghetto mantecato a freddo e condito con lupini, cozze, tartufi di mare e vongole: il sapore iodato viene amplificato dalla coper tura di caviale siberiano e il risultato ricorda l’acqua di mare. In estate poi, non può mancare il fritto misto di crostacei in pappa di pomodoro con salsa all’aglio nero, crema di burrata, origano di Pantelleria. Verona ha molto da offrire sia al residente sia al visitatore; come patrimonio artistico e storico e come cultura ga stronomica, avrebbe enormi potenzialità che, secondo me, non vengono sfruttate in pieno”.

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Una sala dell’Oste Scuro agosto/settembre

In un anno e mezzo hanno inaugurato altri tre indirizzi - per un totale di 11 - collocati nelle principali città ita liane e nei centri minori. Ciò che stimola interesse non è solo il successo che ciascuna insegna riesce ad ottenere nella rispettiva città, al punto da incentivare i fondatori a volerne aprirne altri, ma anche il sistema logistico che è stato messo a punto per garantire la stessa qualità per ogni punto vendita. Ce lo racconta Bartolo d’Abbate che si occupa proprio di questo. “Lo sviluppo di un sistema logistico performante e rodato è stato a un certo punto necessario, o si rischiava di venir meno ai principi qualitativi di Pescaria. Non ce lo poteva mo e volevamo proprio permettere” - anticipa subito Barto

Nell’Aprile 2021 vi abbiamo raccontato Pescaria, il for mat ideato nel 2015 da Bartolo L’Abbate e Domingo Iu dice e affermatosi in lungo e in largo in Italia per il suo panino con il pesce. E non solo per il panino, visto che dalle origini, cioè da Polignano a Mare dove si è insediato il primo, l’offerta si è progressivamente ampliata proponendo tanti piatti a base di pesce, crudi, cotti e tipicità pugliesi.

FARE RISTORAZIONE

Autrice: Giulia Zampieri

Pescaria, un sistema logistico a misura di locale clicca e leggi l’articolo sul web 40 | agosto/settembre 2022

Anche il food cost, dicevamo, trae beneficio da questo metodo di lavoro: il personale di Pescaria è formato ad hoc ma il margine d’errore umano c’è sempre in una cucina. Invece così, centralizzando le operazioni prelimi nari, si è ai massimi livelli di efficienza. Ogni proposta presente in carta viene elaborata dallo chef Miele, quindi processata e consegnata al team di ciascun locale. Ogni quindici giorni viene introdotto anche un panino nuovo per fornire un’alternativa ai clienti abituali.

“Per principi qualitativi intendo la freschezza, la sicurezza e la ‘territorialità’ dei prodotti, aspetti cruciali per il nostro format. Abbiamo allestito un laboratorio logistico di 500 metri quadri in cui lavoriamo i prodotti ittici per tutti i nostri locali. Lì ci occupiamo della pulizia del pescato e delle porzionature, quindi della messa in sicurezza in con tenitori idonei per le spedizioni”.

Oltre al centro di lavorazione del pesce, Pescaria si avvale di un laboratorio di trasformazione degli altri prodot ti, quali salse e preparati utili alla composizione dei piatti e dei panini. Questo consente di presiedere con logica di prossimità tutta la ricettazione, acquistando ingre dienti pugliesi e non dovendo variare le materia prime in base alla zona (cosa che accadrebbe se non ci fosse un punto di lavorazione unico e ogni Pescaria acquistasse i prodotti disponibili nella propria Regione).

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Lavorando con un numero elevato di materie prime (in media ogni Pescaria soddisfa 500 comande al giorno e riceve 4/5 pedane di ingredienti a settimana, non solo ittici) il rischio alimentare è davvero elevato ma viene ab battuto drasticamente grazie a questo sistema di super controllo di cui vanno orgogliosi.

La Puglia, d’altronde, è sempre stata il cuore di questo progetto, e non solo per il panino con il polpo, una delle specialità più conosciute fuori dai confini regionali. Tra le voci del menu, se guardiamo le tipicità, oltre ai noti panzerotti (farciti anche il pesce) e ai capi saldi della cu cina tipica come il riso, patate e cozze, compaiono anche delle vere e proprie chicche: le cozze pelose, gli allevi, le noci. Un modo per far brillare gli occhi ai tanti pugliesi che vivono nelle città italiane, ma senz’altro anche l’op portunità di far conoscere alcune specialità a chi non ha confidenza con questa straordinaria cucina italiana. Tartare di tonno Gamberoni

“Le tartare e tante altre preparazioni arrivano già pesate nei vari Pescaria allocati in tutta Italia. Far arrivare ai nostri ragazzi il prodotto pressoché già pronto, senza con segnare loro il filone di pesce intero, per esempio, è un van taggio sia in termini di sicurezza, sia in termini di food cost. Il pesce parte dalla Puglia e arriva in cassoni ricoperti di ghiaccio gestiti a temperatura controllata; le quantità per ciascun locale sono stabilite del venduto settimanale (cioè dalle richieste della settimana precedente). A chi sta in cu cina non resta che ultimare il piatto o il panino rispettando la ricetta che abbiamo studiato internamente avvalendoci della consulenza dello chef Lucio Miele, che da anni col labora con noi e ci ha seguito in tutta la fase di sviluppo gastronomica”.

lo, che prima di lanciarsi in questa avventura ha matura to per anni esperienza nel commercio ittico.

Considerate che anche la voce crudo è significativa per Pescaria, ed è molto gettonata soprattutto tra i più gio vani; gestire una quantità ingenti di ittico destinato al consumo crudo è molto complesso, ma questo tipo di mo nitoraggio è preciso, chirurgico.

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(AQ) TEL. 0863 448052 (AR) TEL. 0575 984186 (MN) TEL. 0376 804071 (MI) TEL. 02 99010606 (GR) TEL. 0564 467005 (SO) TEL. 0342 996640 (TR) TEL. 0744 989765 (AN) TEL. 0731 60142 (BG) TEL. 035 670405 (FC) TEL. 0547 671511 (CA) TEL. 070 9165293 (MB) TEL. 0362 302620 (RC) TEL. 0965 636587 (FI) TEL. 055 8825914 (BR) TEL. 0831 332045 (IM) TEL. 0183 650433 (RN) TEL. 0541 968196 (CE) Tel. 0823 918122 (BA) TEL. 080 6901781 (RM) TEL. 06 658661 (TN) TEL. 0462 761211 (CZ) TEL. 0968 93068 TASTE SUPPORTER (BZ) Tel. 0471 820095 (SO) TEL. 0342 354055 (PT) TEL. 0572 636682 (TN) TEL. 0465 501569 (SA) TEL. 089 461693 (NA) TEL. 081 909380 RESTAURANT / BAR / PUB / PIZZERIA / HOTEL (PN) TEL. 0434 91373 (VI) TEL. 0424 8188 (SS) TEL. 079 361750 (MO) TEL. 059 284736 (RM) TEL. 06 9060510 (RG) TEL. 0932 456176 (VB) TEL. 0324 243885 (LE) TEL. 0832 611439 (NA) TEL. 081 5630620 RZ Service È Ristorazione (BS) TEL. 030 9826391 (AL) TEL. 0143 896216 La prima rete distributiva italiana nel foodservice www.cateringross.net

FORMAZIONE

dal 17 al 22 ottobre quando l’Isti tuto d’Istruzione superiore ‘Alfredo Panzini’ di Seni gallia, ospiterà in veste di organizzatore e in collabora zione con Provincia di Ancona, Comune di Senigallia e Camera di Commercio delle Marche, il più importante incontro annuale per le scuole e università turistico-al berghiere di tutta Europa: la 35a edizione dell’Annual Conference AEHT (Association Européenne des Eco le d’Hôtellerie et de Tourisme), che riunisce ben 40 Paesi Europei Un appuntamento che ogni anno viene ospitato in una città europea diversa e che, è il caso di dirlo, rappresenta un’autentica opportunità, in questo caso non solo per la regione Marche, che dispiegherà tutte le proprie forze, ma per l’Italia intera, che presenzierà alla manifestazio ne con la più alta rappresentanza di turismo, cultura ed enogastronomia.

Accanto alle competizioni, ben 11, che vedranno gli al lievi più meritevoli d’Italia e d’Europa sfidarsi in squa dre di due studenti (miste per scuola e provenienza) in gare professionali, affrontando prove a tema che vanno dal Front office al Restaurant service, dal Wine service all’Hospitality Management, ci saranno altre importanti iniziative quali l’allestimento di una vera e propria Fiera delle eccellenze marchigiane ad accesso libero per tutti i tipi di utenza e di un Polo congressuale sull’enoga stronomia, turismo e scuola che ospiterà: Open, il Fo rum dell’innovazione, della biodiversità e della ripartenza Sul palco dell’evento si alterneranno chef stellati, asso ciazioni autorevoli, opinion leader che si confronteran no sui temi di attualità e della ristorazione che verrà.

Succede che la scuola riesca a chiamare a raccolta un intero Succedesistema.esuccederà

L’intera cittadina di Senigallia sarà coinvolta, mettendo a disposizione la storica Rotonda sul mare, il teatro La Fenice e la chiesa di San Rocco, per ospitare ulteriori eventi e cerimonie del Forum.

Il programma

Sala&cucina ha scelto di essere media-partner di que sto evento straordinario per la vicinanza che nutre nei confronti delle scuole alberghiere, per quello scambio culturale che avverrà in quei giorni e che fa tanto Europa e per l’orgoglio di vedere il nostro Belpaese protagonista!

Autrice: Simona Vitali Il più importante incontro annuale per scuole e università turistico-alberghiere d’Europa e un’occasione per il sistema Italia

Non mancheranno nemmeno seminari diretti a opera tori e personale scolastico e universitario, studenti e cit tadinanza, inerenti i temi dell’educazione permanente, innovazione didattica e organizzativa scolastica, ad opera dei massimi esponenti del settore.

Riflettori puntati su Senigallia

Le aziende interessate ad esserci per gli stessi motivi e a sostenere, a vario titolo, questa iniziativa possono scri vere a: openaeht@iispanzini.com

Delegati dei Paesi europei alla presentazione dell’evento clicca e leggi l’articolo sul web 44 | agosto/settembre 2022

OFF I C I AL SPO N SO R 2022/23

Memory Giovanni Caramia

A fine luglio, presso l’Hotel Relais Il Palmento di Locorotondo, si è svolta la 9° edizione del Premio Memory Giovanni Caramia, un evento che intende celebrare la vita, dedicata alla promozione del territorio della valle d’Itria attraverso i suoi prodotti, di Giovanni Caramia, enogastronomo. Il premio, negli anni, è andato a personaggi della ristorazione del calibro di Vincenzo Donatiello, Giuseppe Palmieri, Martino Ruggeri. In questa edizione i premiati sono stati: Antonello Maietta, presidente AIS e Luigi Franchi, direttore responsabile i sala&cucina L’intervista ad Antonello Maietta Il presidente AIS è stato intervistato, nel corso della serata, da Simona Vitali. Antonello Maietta vanta una serie di primati: sommelier professionista in giovanissima età, a 19 anni; presidente dell’AIS per tre mandati, dal 2010; in questo periodo ha portato l’as sociazione da 28.000 a oltre 40.000 iscritti; ha consegnato 108.000 diplomi di sommelier; soprattutto, ha portato, con grande sensibilità, le giovani generazioni verso una conoscenza originale del mondo del vino. In questi dodici anni il mondo del vino è cresciuto tantissimo, puntando sul concetto di territorialità. Il sommelier che ruolo ha avuto in tutto questo?

sala&cucinaclicca e leggi l’articolo sul web

Quest’anno i vincitori del Premio sono stati Antonello Maietta, presidente AIS, e Luigi Franchi, direttore responsabile di

Cronaca del Premio

PREMIO Autore: Guido Parri

“Grazie di questa sintesi del mio lavoro, perfetta, che mi fa subito venire in mente una cosa: che è stato possibile fare tutto questo perché ho scelto collaboratori più bravi di me, che mi hanno fatto crescere. Il mondo del vino, è vero, si è sviluppato puntando, oltre alla qualità ormai indiscussa del vino italiano, ai luoghi di produzione, alla bellezza del paesaggio che la vite crea. Il sommelier ha avuto un ruolo importante nel momento in cui ha dato voce a tutto questo, si è formato anche sulla conoscenza dei luoghi, sulla loro storia gastronomica, per poter parlare anche di abbinamento cibo e

“Questo è un aspetto interessante; le persone vanno a visitare le aziende e ci siamo accorti che mancava un professionista addetto all’accoglienza che usasse parole semplici, adatte al coinvolgimento. Allora ci siamo detti che se i nostri sommelier riescono a rendere piacevole una serata al ristorante perché non provare a formarli an che per gestire l’accoglienza nelle aziende, ad esempio al posto dell’enologo che ha, per sua natura, un linguaggio più tecnico. Abbiamo quindi creato una figura professio nale in grado di soddisfare questo bisogno. I produtto ri, all’inizio, erano un po’ scettici all’idea di pagare una persona solo per fare questo, anche di fronte al fatto che non era così naturale che i turisti arrivassero; invece il ritorno c’è stato, alcune aziende arrivano a vendere l’80% della produzione direttamente in cantina, anche grazie alla figura che abbiamo messo a disposizione, e hanno decine di ambasciatori, i turisti, del loro vino in giro per il mondo a raccontare l’accoglienza in quelle aziende”.

Simona Vitali e Antonello Maietta 47| agosto/settembre 2022

Dalla prima edizione di Cantine Aperte è cambiato anche quel modo di fare turismo del vino, oltre alla cantina oggi le persone vogliono partire dal vigneto per capire tutto di quei vini. In questo l’AIS che ruo lo ha avuto e avrà?

Un piccolo consiglio: qual è la strada per appassio nare le persone al mondo del vino anche se non rie scono a cogliere quel determinato sentore? “A me capita quotidianamente di sentire un profumo e non riuscire a collocarlo, non c’è da preoccuparsi. Vivere il mondo del vino significa una cosa essenzia le: ci piace o non ci piace, se ci piace significa che il produttore è riuscito a trovare l’elemento giusto per renderlo appetibile per noi”.

vino con cognizione di causa. Da parte mia ho cercato di modificare la visione del sommelier in giacca scura, che nei ristoranti importanti ci sta alle spalle mettendo ci anche un po’ in soggezione. Un sommelier dal volto umano è quello che ho voluto: un professionista che non dice che si fa solo così, ma un personaggio che con tribuisce a rendere piacevole una cena, con indicazioni di abbinamento ma anche con la capacità di soddisfare il desiderio delle persone. I clienti dei ristoranti hanno apprezzato questi cambiamenti: sommelier che divul gano cultura senza presunzione! Un esempio di quel lo che ho detto è proprio qui, in Puglia, dove l’AIS ha dato vita a un progetto pilota che si chiama ‘Sommelier astemio’; legato a ragazzi di abilità diverse che, per una serie di problematiche, non possono bere vino, ma lo possono annusare, osservare, raccontare e questi gio vani possono trovare opportunità di inserimento in un ambito lavorativo legato all’enogastronomia”.

L’intervista a Luigi Franchi Poi è stata la volta di Luigi Franchi, direttore respon sabile di sala&cucina, intervistato da Giuseppe Cara mia. Mi dicono che sei un autentico divoratore di libri. Contestualizzando la ristorazione che penso sia per te croce e delizia da quello che scrivi, quali sono le tue letture preferite, i libri più particolari che hai letto? “Che sia un cultore di libri è vero, in casa la mia biblio teca arriva a più di 5.000 libri che, ovviamente, non ho letto tutti, ma chi pratica questa passione sa che, di fron te a una libreria, non si passa senza comprare qualcosa. I libri servono per avere una visione ampia del mondo, per conoscere abitudini, culture di moltissimi luoghi, per non restare chiusi nella propria professione come se la ristorazione fosse il centro del mondo. Questo è l’errore più comune del giornalismo enogastronomico, pensare che scrivere della pizza di Briatore cambi i de stini delle persone. Non è così, per fortuna! I libri che mi hanno colpito di più? In giovanissima età Cent’anni di solitudine di Gabriel Garcia Marquez e Festa mobile di Ernest Hemingway, ricordo ancora la luce che c’era in quel pomeriggio d’estate mentre li leggevo. Mi piace la letteratura ma adoro anche la storia e la saggistica; dell’alimentazione ho letto quasi tutto. Ora ho appena finito la biografia di Adriano Olivetti, che con il cibo non c’entra nulla ma è proprio questo che mi fa affrontare il mio mestiere con un occhio disincantato. Di quel libro, ad esempio, mi ha colpito un’affermazione che la dice lunga su noi italiani di adesso: nel libro si evidenzia come, dell’antica Roma, conosciamo i nomi di tutti gli imperatori e condottieri di guerra ma non conosciamo nemmeno un nome di chi ha creato quella civiltà con la scultura, gli acquedotti, le strade. Cioè il ricordo di chi ha fatto grande l’Italia con il suo sapere artigiano che è durato nei secoli. Non sappiamo nulla delle migliaia di artigiani che hanno realizzato opere bellissime, come gli scalpellini che hanno ornato le chiese barocche della Puglia, ad esempio”. Che posto occupa la ristorazione nella tua personale visione del mondo e perché, secondo te, altri paesi, gli scandinavi, per esempio, sono sempre ai primi posti di prestigiosi concorsi di cucina o di classifiche internazionali quando, invece, si scrive e le statisti che lo dimostrano, che la cucina italiana è la secon da, dopo quella locale, in molti paesi del mondo?

Giuseppe Caramia e Luigi Franchi 48 | agosto/settembre 2022

La premiazione Prima di procedere alla premiazione Francesco Le noci, docente di direzione ed economia aziendale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha letto due laudatio dedicate ad Antonello Maietta e a Luigi Franchi. In queste due laudatio il professor Lenoci ha raccolto le carriere dei due professionisti esaltandone le qualità e regalando a entrambi versi di poeti della valle d’Itria che raccontano le storie di vita dei contadini di questa parte d’Italia: gli autori sono Sante Ancona e Giovanni Nardelli. Poi è passato alla proclamazione con queste parole: “Sia lode e gloria al comunicatore del vino, dell’olio e dell’autenticità agroalimentare italiana Antonello Maietta, vincitore del Premio “Memory Vincenzo Caramia” e “Sia lode e gloria al comunicatore di accoglienza e competen za, di etica e benessere nel pianeta ristorazione Luigi Franchi, vincitore del Premio “Memory Vincenzo Ca Nelramia”.corso della cena preparata dallo chef Palmisano dell’Hotel Relais Il Palmento, sono stati assegnati i premi: due ceramiche fatte e dipinte a mano dai cera misti dell’azienda Nuova Colì di Cutrofiano, un pumo portafortuna a Luigi Franchi e una capasa per Anto nello Maietta.

Da sinistra Antonello Maietta, Luigi Franchi e Giuseppe Caramia Da sinistra Luigi Franchi, Francesco Lenoci e Antonello Maietta agosto/settembre

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“Il posto che occupa la ristorazione nella mia vita è im portante, altrimenti non farei questa professione, ma non è tutto il mio mondo, altrimenti farei male questa professione. Sul fatto che concorsi e premi vanno ad altri la risposta è complessa: prioritariamente giocano fattori legati ai regolamenti. Ad esempio al Bocuse d’or l’olio extravergine non è previsto, un ingrediente fon damentale per la cucina italiana è escluso. Poi contano anche fattori di sostegno istituzionale ed economico: gli altri stati sostengono le squadre partecipanti, le finanziano nella ricerca e nel tempo dedicato al con corso. In Italia se chiedi a un qualsiasi ministro se sa cosa significa partecipare al Bocuse d’or il suo viso di venta un enorme punto interrogativo. Sulle classifiche preferisco non considerarle! Mentre è vero il successo della cucina italiana nel mondo, dovuto alla sua sem plicità, cosa che in Italia stiamo demolendo. Come vedi il mondo della ristorazione ha grosse contraddizioni interne!” Come sei arrivato a pensare ad Amodo, la rete dei ristoranti etici? “Con un lavoro di squadra della mia redazione, per ché da soli non si va molto lontano. È una risposta all’omologazione che spesso, nell’immaginario collettivo, riguarda la ristorazione. Aderire ad Amodo non significa solo saper fare da mangiare bene. Quello è un dato di fatto; significa un’etica del lavoro, signifi ca non considerare i giovani che approcciano a questa professione non come un peso ma come una risorsa; avere rapporti corretti con i fornitori e non usarli come banca; avere un locale sicuro, pulito, bello, insonorizza to e tante altre cose. Quando abbiamo lanciato la rete un signore, che non conosco, mi ha scritto: finalmente ora so dove spendere bene i miei soldi. Quel messaggio ci ha fatto capire che eravamo sulla strada giusta!”

2022

5) Il gestore, o il proprietario, si impegna ad avere cura del locale, sia dal punto di vista estetico sia sostenibile; ad esempio, adottando un sistema di insonorizzazione che limiti l’inquinamento acustic

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Dovremmo essere tutti di genio pronto, vivaci, cortesi nel tratto, candidi nelle maniere, amici delle virtù, nemici dei vizi, cercando di dare la salute ai nostri ospiti, dando buo ni cibi secondo le stagioni. Essere affabili con tutti i nostri collaboratori, riflettendo che l’asprezza nel comandare partorisce odio e fabbrica ruina. Per la gloria della nostra condotta e il decoro del nostro Paese. Antonio Latini, Scalco alla Moderna, 1692 Con questa definizione di un grande uomo di cucina vissuto nel XVII secolo, regalataci da Davide Rampello, non servirebbero altre presentazioni di questa rete di ri storanti etici, ma corre l’obbligo di spiegare i valori che stanno alla base di questo progetto lanciato dalla redazio ne di sala&cucina, magazine di accoglienza e ristora zione. Sono valori che vengono racchiusi nel decalogo che i ristoratori aderenti ad Amodo, la rete dei ristoran ti etici sottoscrivono di proprio pugno; un decalogo dove parole come rispetto, sostenibilità, produzioni locali, digi talizzazione, racconto, ne costituiscono l’essenza. Il periodo che stiamo attraversando ha cambiato il mon do, anche se le regole del cambiamento non sono anco ra state scritte, e anche la ristorazione deve adeguarsi a questa trasformazione. Gli ospiti di un ristorante non sceglieranno più un locale solo in base a quanto si man gia e si beve bene ma anche, e soprattutto, sui criteri che abbiamo racchiuso nel decalogo di modo. Non è un caso neppure il nome di questa rete, Amodo significa fare ogni cosa con onestà intellettuale e pratica.

1) Non ci può essere lavoro ben fatto senza dignità di chi lo compie, quindi non ci può essere lavoro nero nei ri 2)storantiOgni fornitore è pagato secondo le regole previste dall’art. 62 della legge 27/2012. Questo termine è fissato in 30 giorni per i prodotti alimentari deperibili, che di ventano 60 giorni per i non-deperibili.

3) Il ristorante predilige l’uso di materie prime alimenta ri secondo la stagione

10) La digitalizzazione come elemento anche di sosteni bilità è una pratica naturale del ristorante; ad esempio la possibilità di prenotare online o il menu pubblicato sul Persito visionare il progetto e i ristoranti aderenti amodo.salaecucina.it

Il decalogo

8) Il personale di sala ha la predisposizione al racconto, nel rispetto dei tempi e dei desideri dell’ospite 9) La sostenibilità del ristorante è affrontata seriamente, senza il facile ricorso a pratiche di greenwashing

4) Il ristorante non usa prodotti alimentari esotici per puro diletto ma perché ogni scelta culinaria è frutto di studio e ricerca

6) Nel ristorante tutti i lavoratori si impegneranno con serietà e rispetto, perché solo un grande lavoro di squa dra porta alla qualità del risultato

7) I giovani, siano essi dipendenti sia stagisti, che entre ranno in sala o in cucina saranno seguiti con attenzione e cura, nel rispetto della loro condizione di apprendimento

Un’iniziativa di sala&cucina per dare valore agli aspetti meno noti della ristorazione italiana LA RETE DEI RISTORANTI ETICI clicca e leggi l’articolo sul web | agosto/settembre 2022

(RN)

www.osteriadaoreste.it207990 51| agosto/settembre 2022

Via

Chiedere loro di elencare i produttori è staccare il bi glietto per un viaggio nella Romagna del piccolo e del buono, tra More Romagnole, animali da cortile, tartufi neri, ortaggi e altre selezioni dalle Regioni limitrofe. Da Oreste circola un volgo legato all’etica e alle buone abi tudini e si sente la voglia di preservare la mitologica figura dell’oste italiano capace di muoversi con piedi fermi tra i toni - mai troppo semplici - del territorio e dell’ospitalità. Oggi la gente vuole questo, perché è con creto, vero. Da Oreste Pio Massani 14, di Romagna Tel. 0541

L’Osteria Da Oreste - per come l’hanno pensata Nicola, Lucia, Giorgio e Alessandro - è un locale che si allinea ai gusti di tutte le generazioni. Poche formalità ma grande cura del servizio, degli ambienti e della cucina. Si avverte dal mo mento in cui si prende posto: lo stile è per tutti, scandito da sedie e panche in legno, appendiabiti a tutta parete, luci calde che scendono dove si mangia. Nei pochi centimetri del tavolo c’è tutto ciò di cui si ha bisogno per vivere un bel momento, compreso un fiore o un elemento verde che suona come un pensiero a chi siede.

E poi lo si capisce dal menu, discreto e concreto, ripar tito in tre (Per condividere, Per proseguire, Per finire), in cui non si temono parole come bruschetta, insalata, fiori di zucca farciti.

DaOsteriaAMODOOreste Osteria

Santarcangelo

Cuociono tutte le pietanze lì, con pazienza, sensibilità, rispetto per il dono del fuoco e per le materie prime acquistate dai fornitori della zona. Il menu è pensato per far conoscere - o riconoscere - la tradizione, con i giusti alleggerimenti e Vieneaccorgimenti.scrittoin dialetto, ma con traduzione, perché ogni cosa al Due Mori dev’essere comprensibile a tutti, anche quando non la si conosce, anche se si è stranieri. E l’aria mite e lieve di Asolo come entra qui dentro? Con i dettagli, la mise en place, e poi ancora con la vista me ravigliosa sulle colline pensata, voluta, incorniciata dalla grande vetrata o totalmente dilatata quando ci si accomo da sulla terrazza panoramica. Un luogo che si affranca, pur legandosi intelligentemente al contorno.

AMODO

Intellighenzia. Significa rappresentare la cultura di un paese, una città, una regione. Luca Fracassi, chef e proprietario di Octavin, intona con delicatezza le note degli usi aretini e delle tradizioni tosco-emiliane predisponendo - con intellighenzia sì, molta - un percorso di cucina, di narrazione e, senza esa gerare, di vita, composto di assaggi e riflessioni evocative. È già predisposto nei dettagli, con unico menu per tutto il tavolo, basta sedersi e goderne appieno. Come luogo ha scelto uno scantinato vicino al centro di Arezzo ben riadattato, con volte tinte di bianco, arredi di design, oggetti e mise en place dal forte impatto materico funzionali all’esperienza. Venti coperti o poco più dentro, altrettanti all’esterno. La cucina parla di territorio e con il territorio servendosi di prodotti per lo più locali, cotture precise, estratti pungenti, frollature e incontri inattesi.

Due parole sintetizzano la cucina di Stefano De Lorenzi: onestà e impegno. Basta scivolare poco oltre l’ingresso del Due Mori, nel centro storico di Asolo, per capire che qui non c’è abuso dei termini ma un pensiero buono e concreto, rivolto anche a valorizzare questo straordinario borgo visitato da migliaia di persone ogni anno. La cucina a legna è il punto focale del ristorante e la si può ammirare tutta con gli occhi, come dovrebbe essere, prima di giungere a tavola.

Due OctavinMori Due PiazzaMoriG.D’Annunzio, 5 Asolo (TV) Tel. 0423 www.2mori.it950953 Stefano De Lorenzi La sala del ristorante Dattilo Autrice: Giulia Zampieri 52 | agosto/settembre 2022

Anche sul vino - che è al pari protagonista, come af ferma il nome, Octavin, omonimo a una piccola pro duttrice dello Jura - vale quanto detto: le bottiglie, tutte da produzioni naturali, sono scelte con cura secondo i gusti personali, a patto che diano voce al viticoltore e risalto all’uva.

Basta stringere la mano a Paolo Betti per capirlo: è un cuoco di solidi principi, fautore dei fatti, meno delle parole. Pao lo non crede nella lista anticipata della spesa per un semplice motivo “si cucina ciò che il produttore può consegnare”. E qui - basta guardare il menu - sono tanti i fornitori. Piccoli, scelti e raccontati con cura, consegnano formaggi e latti cini, carne, ortaggi, vino. Dietro ad ogni ingrediente c’è un nome e un cognome, un’azienda a cui portare rispetto. Le materie prime non locali e non italiane arrivano da commercio certificato Fairtrade; una presa di consapevolezza sul mondo globalizzato che può puntare all’equità e all’equilibrio.

Rifugio Maranza

Maranza, situato a 1075 metri d’altezza, nei pressi di Trento, non è solo un punto di partenza per chi vuole godere appieno della bellezza della montagna. È una meta che svolta il pensiero, un punto di arrivo ideale per chi crede nel cibo buono e giusto.

Che sia un assaggio del futuro della ristorazione ita liana?Ilrifugio

ScalinataOctavinCamillo

Si cucina senza scarti e in sala si lavora con il medesimo prin cipio garantendo un contenitore al cliente che non ha terminato il Noncibo.èda meno l’impegno sul fronte educativo: al Maranza si fan no corsi su lievitati, erbe spontanee per coinvolgere gli ospiti, mentre Paolo collabora anche con gli istituti alberghieri locali per avvicinare i ragazzi a questi atteggiamenti positivi.

Rifugio Maranza

Berneri, 2 Tel.Arezzo0575 www.octavin.it343521

Strada per Maranza, 23 Tel.Trento328 www.rifugiomaranza.it4811438

Una sala giovane, in vestiti informali, accompagna e racconta tutto questo senza mai sovrastare, senza mai scomparire, senza mai nominare l’etica ma con segnandone validi esempi.

Luca Fracassi

2022

Autore: Luigi Franchi

In questo periodo parlare di pasta potrebbe significare scrivere di guerre che impediscono al grano di arrivare, oppure di glifosato cancerogeno nel prodotto, o ancora di un alimento che non fa bene alle diete, insomma di cose tutte negative sul prodotto italiano per eccellenza. Invece non si deve seguire questa tendenza pessimistica, non lo si deve fare a maggior ragione incontrando una persona come Alberto Zampino che con la pasta ci la vora, ne fa una ragione di vita improntata alla qualità estrema, alla cura del prodotto, all’esaltazione di questo alimento ritenendolo indispensabile a una dieta equili brata ma soprattutto alla felicità delle persone Alberto Zampino è il direttore commerciale del Pastificio Gentile di Gragnano, un’azienda dai molti primati che racconteremo tra cui quello di essere tornata con lo stabilimento, gli uffici e gli spazi per l’accoglienza degli ospiti nel luogo che alla pasta deve molto: la Valle dei Mulini a Gragnano Questa scelta, complicata sotto il piano logistico, è lode vole dal punto di vista storico: la valle era abbandonata dall’inizio del Novecento dopo aver sviluppato tutto il necessario, dal punto di vista ambientale, per favorire l’affermazione di Gragnano come capitale della pasta nel mondo! Ora ritorna ad avere una funzione, non tanto per

PRODUZIONE

Pastificio Gentile e la magia della Valle dei Mulini Alberto Zampino clicca e leggi l’articolo sul agosto/settembre

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“Dal 2008 abbiamo sviluppato il progetto di avere un gruppo di imprese sotto il brand Gentile che mio padre acquistò negli anni ’80. Oggi la nostra è una realtà uni ca in Italia, a cominciare proprio dalla collocazione nel la valle dei mulini. Altre aziende alimentari hanno fatto acquisizioni di altri marchi mettendoli sotto al proprio cappello per distribuire, mentre noi abbiamo creato da zero le aziende che oggi sono sotto il nostro brand. In questo modo, dopo la pasta, sono nate le conserve di po modoro Gentile, poi il forno Gentile, l’Agricola Gentile con la produzione casearia ad Agerola, un bistrot sempre ad Agerola dove proponiamo tutto questo pacchetto e sta iniziando un’attività a Sorrento dove apriremo un caffè Gentile. Noi saremo in sala in questi luoghi per far cono scere direttamente la nostra filosofia produttiva”. Da dove nasce la scelta di tuo padre di acquisire il marchio del pastificio? Un marchio con una storia an tica che risale, come scritto in etichetta, al 1876. “La storia di papà è unica e noi, io e mio fratello, ci van tiamo di essere imprenditori pastai solo da due genera zioni. Mio padre era un concessionario di automobili, aveva una società con Omar Sivori a Viterbo. Vedendo, con lungimiranza, il declino di questo mercato torna a Gragnano per cambiare vita. Erano gli anni Ottanta del secolo scorso, il periodo in cui principalmente Slow Food stava riportando l’interesse attorno al cibo, ai territori, alla qualità. Alfonso Iaccarino era un cuoco che por tava in alto questo territorio. A un certo punto lui vide il ritorno della pasta di Gragnano, acquistò il marchio Gentile, un brand storico di una produzione difficilissi ma di pasta: i fusilli fatti a mano con il ferretto. Ma la cosa più affascinante era che lui divenne artigiano della pasta, non aveva comprato il brand e faceva fare agli al tri. Volle farla lui la sua pasta. In un’azienda che, tra le altre cose, essiccava a bassa temperatura con l’antico La sede dell’azienda nella Valle dei Mulini | agosto/settembre 2022

“Questo è vero e conferma quello che ho appena detto” Verso la ristorazione quali sono le vostre politiche di mercato?

gli aspetti ambientali (umidità e ventilazione il Pastificio Gentile li ha ricreati in fabbrica) quanto per i valori sim bolici che tale scelta mette in luce! Parliamone di pasta, è importante farlo, soprattutto in questo momento, che ne dici Alberto? “Sono d’accordo, soprattutto oggi che della pasta si han no spesso solo informazioni sbagliate. Cominciamo dal grano: in questo momento subiamo quelle che sono le oscillazioni del mercato che, ogni settimana, vede la bor sa internazionale del grano decidere di aumentarne il prezzo. Dal punto di vista gestionale non possiamo far ricadere questi aumenti solo sul consumatore finale o sul ristorante ma questo è un vero problema. I ristoratori non possono aumentare i listini ogni mese e, per restare all’interno di un food-cost contenuto vanno verso prodotti buoni ma molto più commerciali. In questo disastro in ternazionale la cosa buona per noi, e per altri colleghi, è stata la scelta, tempo addietro, di puntare molto sul brand aziendale che ha significato creare una forte fide lizzazione e quindi oggi rinunciare al brand Gentile nella sua filosofia è più difficile, chi invece ha puntato ad una politica commerciale classica oggi viene facilmente sosti tuito, in tutte le fasce di mercato”.

Oggi il cliente del ristorante è molto più evoluto, sa riconoscere le differenze e se il ristoratore cambia pro dotto e scende di qualità perde quel cliente…

“In Italia noi abbiamo sempre avuto una distribuzione molto riservata, abbiamo sempre scelto gli agenti, valo rizzandone il lavoro. Sapere che ogni giorno ci sono pro fessionisti che parlano di te, grazie ai processi formativi che abbiamo attivato, è un valore insostituibile. Solo in alcune aree dove non abbiamo trovato agenti che aves sero questo profilo ben definito ci rivolgiamo ai distribu tori con patti a monte dove noi sappiamo come la nostra pasta viene posizionata. Questo aspetto, per noi, è fon damentale perché, in questo modo, possiamo sviluppare azioni di sostegno mirate verso quei professionisti della ristorazione. All’estero il rapporto devi tenerlo con un solo importatore e la mia funzione è quella di visitare pe riodicamente gli importatori nel mondo per capire come la nostra pasta viene accolta. Tutto questo ci permette di mantenere accesa l’attenzione sul progetto di ritornare nella Valle dei Mulini a produrre”.

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Da quando siete venuti nella valle dei mulini e cosa ha significato per voi?

Nella ristorazione si sta riducendo l’uso della pasta secca, cosa ne pensi? E l’innovazione nella pasta tu come la intendi, se c’è? “Non al sud d’Italia, per fortuna! E non all’estero per come sono fatti i grandi alberghi di catena che han no molti chef executive italiani; questi hanno creato la ricchezza della cucina italiana nel mondo! Ritengo che tutti coloro che hanno voluto forzare un prodotto tradizionale sono stati fuochi fatui che fanno parlare di quello chef ma per il tempo breve necessario alla notizia. Credimi, oggi l’innovazione è uno spaghetto al pomodoro fatto bene, molto bene!” Natale Zampino

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metodo Cirillo, di cui oggi siamo rimasti gli unici ese cutori al mondo. All’inizio fu drammatico, non c’erano le competenze, si trattava di studiare e lavorare, i fusilli erano complicatissimi. Io non avrei mai pensato di finire a lavorare in questo settore! Solo la sua tenacia portò al risultato attuale, con mio papà Natale e Pasquale, mio fratello, che oggi sono gli unici possessori di questa tec nica produttiva”.

Come fece tuo padre a creare la rete commerciale con questi problemi da risolvere? “Il mercato più grande dei fusilli, questa pasta difficilis sima, quaranta minuti di cottura, adatta a sughi inverna li, era la provincia di Avellino dove lui vendeva la pasta d’estate per accontentare gli emigranti che tornavano a fare le ferie. L’avvolgeva in un incarto blu che, oggi, è il colore del nostro brand e partiva ogni mattina per collo carla. Abbiamo tenuto il nome Gentile perché Zampino, il nostro cognome, non funzionava. E poi perché il nome Gentile è accogliente, oltre ad essere già famoso. L’ultima cosa da dire sulla nostra storia è il fatto che, nel 2008, co nosciamo Maurizio Marinella, l’esempio della moda na poletana nel mondo con le sue cravatte. Entra in società con noi, senza fare nulla di preciso in questa attività, e questo, per noi, è stata una scelta di prestigio assoluto. Il nostro blu delle confezioni di pasta è uguale al blu delle sue confezioni di cravatte!”

Il Pastaio

La scelta di complicarvi la vita venendo nella valle dei mulini da cosa è data? “Abbiamo cambiato la storia della pasta. Poter fare un pastificio in una struttura del 1600, di fronte a una mu lattiera e non una strada commerciale, è stata una scelta d’amore. Qui abbiamo più controlli della soprintenden za delle belle arti che in qualsiasi altra parte d’Italia. Da quando abbiamo investito qui chiediamo alle persone di venire a trovarci, a vedere come produciamo. Ora, a po che centinaia di metri, sempre nella valle, abbiamo fatto altri investimenti: abbiamo comprato un altro mulino storico per la sede dell’azienda conserviera, poi abbiamo acquisito un altro immobile per allargare il pastificio”.

Bruno Damini Distillerie Berta

Ho conosciuto le grappe Berta qualche decennio fa grazie a Umberto Trombetti, un signore d’altri tem pi che nelle sue rappresentanze aveva grandi vini e liquori di pregio. Alla fine degli anni Settanta il mercato dei liquori era ancora dominato dal brandy, con oltre 50 milioni di bottiglie vendute ogni anno.

Enrico Berta l’ho conosciuto solo recentemente quando Trombetti mi ha invitato all’annuale appunta 75 anni di artigianato familiare www.distillerieberta.it

PERSONE Autore:

Il whisky cominciava a imporsi grazie a suadenti campagne pubblicitarie in TV a base di chimeriche equazioni di status con case lussuose, belle macchine, coppie di successo. La grappa industriale si era affrancata dalla vecchia nomea di liquore dei poveri e, mentre Mike Bongiorno la portava ‘Sempre più in alto’, la GDO apriva le ampie prospettive dei propri scaffali all’italico prodotto.

Le Distillerie Berta, come altri produttori artigianali fra cui la precorritrice Gianola Nonino, andavano controcorrente per la strada distintiva della produzione artigianale.

58 | agosto/settembre 2022

La distilleria clicca e leggi l’articolo sul web

L’impianto di distillazione

Ma Enrico pensava di dedicargli anche un’istallazione permanente. Durante la ristrutturazione del salone da ricevimento gli venne in mente di creare una parete di bottiglie di grappa SoloPerGian. L’ingegnere gli diede del pazzo ma lui presi le misure calcolando quante bot tiglie avrebbero potuto riempire quella parete. Ognuna pesa 900 grammi, più 70 cl di grappa, facile calcolare il tonnellaggio di 1.612 bottiglie per progettare la struttura portante in travi d’acciaio. “Quella parete dedicata a mio fratello, coi suoi riflessi ambrati, è una delle cose che mi rende più orgoglioso nella vita”.

mento della Corporazione degli Acquavitieri Italiani (di cui fanno parte esponenti della cultura e dello spetta colo, dell’economia e dello sport) organizzato dalle Distil lerie Berta nelle cantine di invecchiamento a Casalotto di ConMombaruzzo.luihoripercorso la storia e la filosofia della distille ria di famiglia le cui attività hanno inizio settantacinque anni fa grazie all’intuizione di Paolo Berta che, appena diplomatosi enologo ad Alba, nel 1947 decise di inte grare l’azienda agricola di famiglia con la produzione di grappa a Nizza Monferrato. Ultimo di cinque figli ebbe l’opportunità di studiare tra difficoltà e sacrifici in piena seconda guerra mondiale. Ogni giorno raggiungeva la scuola ad Alba in bicicletta. Oggi si impiegano quaranta minuti in macchina; con le strade di allora i tanti sali scendi si trasformavano al ritorno in interminabili salite. Intorno alla metà degli anni ‘80 la forza lavoro dell’azien da è costituita da Paolo con la moglie Lidia affiancati dai figli Gianfranco ed Enrico, più giovane fra i due. Il primo si occupa della produzione, il secondo della com mercializzazione privilegiando il settore della ristorazio ne, delle enoteche e aprendo ai mercati esteri (oggi i loro prodotti arrivano in settantacinque paesi nel mondo). Rimanendo sempre orgogliosamente artigiani. “Eravamo simbiotici io e mio fratello. Quando è venuto a mancare non ero arrabbiato perché non c’era più, ma felice perché avevo avuto il piacere di conoscerlo. Non era solo mio fratello, il mio socio ma un amico. Sono stato molto fortunato”.

La famiglia 59| agosto/settembre 2022

La presenza di Gian è palpabile nell’azienda. A lui è stata dedicata SoloPerGian, una grappa che nasce dalla sa piente miscelazione delle tre Riserve di Nebbiolo, Mosca to e Barbera prodotte nel 2005, anno della sua prematu ra scomparsa, invecchiata 8 anni in botti da 1200 litri, quindi affinata in botti da 100 litri nella nuova cantina a lui intestata.

La Fondazione SoloperGian A lui è stata anche intitolata la Fondazione non pro fit SoloPerGian che nasce nel maggio del 2015 come supporto agli artigiani in difficoltà e “per investire nel futuro attraverso i giovani” che vorranno apprendere un mestiere seguendo corsi tenuti da importanti do centi su enogastronomia, mondo degli spirits, psicolo gia del marketing, in collaborazione di due importanti università italiane, la cattolica di Milano e lo IULM. La Fondazione si occupa anche di salvaguardia e tutela del patrimonio alimentare contadino e artigiano, valo rizzando i progetti di salvaguardia dei prodotti in via di estinzione e promuovendo lo sviluppo territoriale.

Nel rispetto delle colline premiate come patrimonio UNESCO tutte le loro costruzioni sono dissimulate in mezzo alla natura, con la consapevolezza che ogni ge nerazione ha il dovere di offrire un futuro sicuro ai propri figli e nipoti, lasciando intatta la dolcezza di quel territorio.

Con gli anni la famiglia ha esteso i rami di attività all’ospitalità con tre prestigiosi relais, ristoranti, sale di ricevimento e degustazione, il museo della grappa e una pasticceria specializzata nella produzione dell’a maretto di Mombaruzzo, la cui origine risale al Sette cento. Ma la grappa rimane sempre l’origine di tutto. La sua produzione è più o meno costante ogni anno. Nelle cantine d’invecchiamento ne maturano 1.580.000 litri che per le riserve, la stragrande quan

tità del prodotto, significa uno stazionamento in legni da 100 litri a 225, 500, 1000, 3.000, fino a 10.000 litri, per un minimo di otto fino a trent’anni. La distillazione rimane attività stagionale, la vinaccia c’è solo in quel periodo dell’anno, diversamente dall’or zo, o dal vino che si può distillare 365 giorni l’anno. Il tratto distintivo delle grappe Berta è determinato dalla complessità e dalla cura con cui avviene la lavorazione e dalla lunga maturazione nel legno. La distillazione avviene con impianto discontinuo a vapore con calda iette di rame e un innovativo sistema di conservazio ne della vinaccia con speciali contenitori ermetici che la mantengono sana e umida per tutto il periodo di lavorazione. Tutto il processo rispetta la compatibilità ambientale: dalle vinacce vengono ricavati mangime e mattonelle per riscaldamento, l’acqua viene riutilizzata a ciclo continuo: entra fredda nell’impianto e quella che esce viene utilizzata per il riscaldamento. Il posto del cuore Al termine del suo lungo racconto Enrico Berta mi saluta evocando un mio posto del cuore: “Chiedi a Umberto Trombetti quando da Sauro, all’Antica Dro gheria Calzolari di Bologna, con cui eravamo diventati amici, stavamo delle ore a discutere e lui mi prendeva in giro provocandomi col suo abituale sarcasmo: “Dai mo’ Berta, mi vieni a vendere quelle pugnette di grap pa?”, e io finivo per portarlo a cena. Ma parliamo della notte dei tempi, bei tempi! Andavo a trovarlo esclusi vamente per ascoltarlo, perché dall’Antica Drogheria Calzolari passava tutto il mondo, ci trovavi l’operaio, il chirurgo, il cantante, attori, pittori e Umberto Eco con tanti docenti dell’università di Bologna. Adesso che Sauro se n’è andato c’è suo fratello Stefano, grande appassionato di Barolo. Quella è stata la mia palestra, ho sempre venduto poco da Sauro ma mi divertivo un sacco!”

Berta ha assunto oggi proporzioni ragguardevoli, ci lavora tutta la famiglia, composta in maggioranza di donne, assieme a una cinquantina di dipendenti. In periodo pre-Covid ricevevano circa 35.000 visitato ri l’anno in una frazione che si chiama Casalotto che conta novanta anime. È per loro un motivo d’orgoglio avere contribuito a fare rivivere questo piccolo borgo dove – a detta di Enrico – «quando ti alzi al mattino, circondato da vigneti, ti senti già felice»

Enrico Berta con il ritratto del fratello GianFranco

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Un legame inscindibile per qualità e servizio Ne parliamo con Andrea Bino, responsabile marketing di Surgital. In base alla vostra esperienza, avete notato dei cam biamenti nelle abitudini di consumo dei professioni sti negli ultimi tempi?

Questo ha messo in nuova luce l’importanza del servizio come plusvalore dei prodotti impiegati in cucina. La no stra pasta fresca, il nostro riso, i nostri sughi assolvono esattamente al ruolo di alleati dei professionisti del cana le: lunga shelf life garantita dalla surgelazione che evita sprechi, così come la perfetta dosabilità, velocità nel rin venimento e praticità nella preparazione del piatto. Noi abbiamo fatto la scelta di proporre questa tipologia di prodotti 40 anni fa; oggi che costituiscono esattamente la risposta alle esigenze imposte dalla stretta attualità possiamo dire di essere stati avanguardisti. Questa rin novata attenzione al servizio non si esaurirà, sarà una discriminante sempre più importante anche in futuro”.

PRODUZIONESurgital e la ristorazione

“Uno dei problemi emersi nell’ultimo periodo a seguito della pandemia che ha duramente colpito il settore della ristorazione è certamente quello relativo al personale. Costituisce oggi una vera e propria urgenza la questione del reperimento di personale qualificato per ristoranti e locali, molti dei quali si trovano ad arrancare in cucina per garantire un servizio continuativo e di qualità. Come in altri settori professionali, la “pausa” imposta dai lock down e dalle chiusure ha portato a galla un aspetto che, fino a poco fa, non era adeguatamente considerato nel sentire comune: il lavoro nelle cucine professionali è usu rante, per l’impegno fisico che prevede, per gli orari in cui si svolge, per la necessità sacrificare la vita sociale e familiare. Molti hanno perciò rinunciato, magari anche venendo meno ad ambizioni o a carriere avviate, per tro vare un nuovo equilibrio nella propria sfera personale.

Autrice: Guido Parri

I vostri prodotti mantengono una posizione di favore, a quali ragioni la attribuite (praticità, qualità, inno vazione,costi ecc.) o deriva da una vostra strategia?

“C’è un aspetto che è fondamentale, ma che ci troviamo a non dover più sottolineare: la qualità dei prodotti Surgi tal. La fiducia che ci siamo guadagnati sul campo in oltre 40 anni di attività ci ha permesso di poter considerare questo fattore ormai scontato per chi guarda alla nostra proposta. È un patrimonio di cui andiamo particolarmen te fieri e che consideriamo davvero distintivo. Surgital non è un’azienda che fa del prezzo basso un asset com petitivo, verrebbe meno necessariamente il presupposto dell’eccellenza che invece è imprescindibile. Siamo in vece un’azienda che si propone come partner dei propri clienti al cui successo vogliamo contribuire non solo con ottimi prodotti, ma anche con una dose importante di servizio. Questo si concretizza in moltissime occasioni di formazione che proponiamo sia in appuntamenti itine ranti che all’interno di De Gusto, il nostro ateneo della pasta in sede a Lavezzola, molti dei quali promossi in collaborazione con le più importanti associazioni di ca tegoria. Siamo un’azienda profondamente radicata nella tradizione, che nasce nel cuore della Food Valley italiana dei cui valori, sapori, saperi si fa portavoce nel mondo. Tuttavia non rinunciamo mai a interpretare quest’anima tradizionale con tutti gli spunti che l’attualità ci offre: cogliamo i food trend e li trasformiamo in progetti, ma ci facciamo anche noi stessi promotori di nuove strade da percorrere per contribuire fattivamente a rendere il settore rispondente a gusti e abitudini che evolvono con tinuamente. È il caso del food trend mondiale del plant based che pur apparentemente lontano dal nostro DNA abbiamo saputo interpretare nella nuova proposta com pletamente veg (Linguine di verdura, piselli, lenticchie di Laboratorio Tortellini® Alta Tradizione), e del nostro progetto Confondente che tra le altre cose ha previsto il lancio della referenza Scrigni® con “Gorgonzola DOP” e cioccolato Ruby di Divine Creazioni® che è il primo espe rimento di uso del cioccolato Ruby in una pietanza sala ta. Qualità e innovazione dunque, ma anche strategia. La nostra è focalizzata sull’impegno di mantenere fede alla nostra anima tradizionale realizzando un prodotto indu clicca e leggi l’articolo sul web 62 | agosto/settembre 2022

Vince la tradizione nelle proposte oppure il mercato è in cerca di novità e originalità anche nei prodotti surgelati? “Ci sono molti stimoli interessanti nel mondo del food che se si vuole rimanere sul mercato è necessario sa per cogliere e interpretare. Tuttavia, per quello che ci concerne, resta vincente la nostra anima tradizionale, quella che ci contraddistingue anche come portabandie ra nel mondo del made in Italy. Tradizione e modernità (per aziende non di nicchia con proposte estremamente verticali) devono convivere. Noi lo facciamo attingendo continuamente al patrimonio della nostra cultura gastro nomica, ma non rinunciamo a recepire gli input del mer cato (come quello del plant based) nonché a elaborarne di nostri (come il progetto Confondente)”.

Secondo voi il prodotto surgelato è stato sdoganato o resta della ritrosia nei suoi confronti?  “I professionisti sono ormai certi dell’utilità di sceglie re prodotti surgelati che, oltre che comodi, sono anche sicuri igienicamente, di lunga shelf life e permettono di gestire meglio il monitoraggio del food cost e del food waste. Tuttavia rimane un pregiudizio difficile da scal fire circa l’impiego del surgelato che spesso ancora non si dichiara con leggerezza di usare. Quello che di errato c’è in questa visione, che oggettivamente non ha ragion d’essere, è proprio che c’è un retro pensiero per cui si collega il surgelato con qualcosa di dozzinale mentre la metodologia di conservazione (per altro la più sicura e la più naturale possibile) nulla a che vedere con la materia prima che è, questa sì, il fulcro di un’offerta di qualità.

striale di altissimo livello. Al professionista della cucina noi offriamo un prodotto con tutte le garanzie di durata, igiene, resa di una referenza industriale e surgelata che però dal suo cliente finale sia vissuta per gusto, texture, aspetto come un eccellente prodotto artigianale”.

Andrea Bino, Marketing Manager di Surgital 63| agosto/settembre

2022

Se la base è ottima, come nel nostro caso, la surgelazione non fa che mantenerla intatta: è quindi un plus, non un minus. Probabilmente a contribuire al mantenimento di questo pregiudizio è l’asterisco in menù che agli occhi del cliente continua a sembrare la messa in evidenza di un prodotto “non fresco”. Per paradosso letteralmente è così, perché si tratta di prodotti “freschissimi”, ma è uno step culturale che ancora dobbiamo compiere che le aziende che lavorano bene come noi hanno la responsa bilità di far compiere”.

sempre più alleato del barman

Autrice: Elena Monteverdi

La risposta firmata General Fruit a queste richieste dei professionisti ha un nome: Naturera Polot 1882. Si tratta di una linea premium dedicata all’area mixology e bartender composta da sciroppi, preparati per cocktail e una gamma completa di prodotti complementari. Questa linea si concentra sul bere miscelato e offre al barman ingredienti unici, ricercati, che consentono di dare vita a cocktail inediti, idonei per elaborare una drink list d’autore. Le gamme Naturera Polot 1882 sono sempre aggiornate e ricche di novità. Grazie alla loro qualità e versatilità permettono di soddi sfare in pieno tale domanda, sfruttando anche referen ze non pensate originariamente per la miscelazione. Come Pineapple Crush Del Monte, bevanda nata per esse re servita tal quale, ma che con il suo sapore di ananas fresco diventa un ingrediente eccezionale per il barten der. Combinando i nuovi preparati per cocktail Nature ra Polot 1882 Fruit&Shake, AX1 e Pineapple Crush è possibile creare con grande facilità, una drink list, che spazia dalla rivisitazione dei classici a nuove creazioni, senza trascurare drink analcolici o a bassa gradazio ne, un trend in forte ascesa soprattutto tra il pubblico giovane, ma non solo. General Fruit ha lanciato anche nuova linea di scirop pi innovativi alle erbe officinali, tutti a base di aromi naturali al fine di conferire alle preparazioni una tipica freschezza mediterranea e per avvicinarsi sempre di più alle esigenze dei baristi e dei loro clienti.

Mixology General Fruit allainfatti,(https://mixology.generalfruit.com/),ilprofessionistapuòaccederelandingpagecontenente le ricette realizzate dal bartender General Fruit, complete di ingredienti e istruzioni per la preparazione e il servizio e cor redate da video che mostrano passag gio per passaggio. Inoltre, sempre dal sito, il professionista può visionare le gamme complete con la descrizione e l’analisi di tutte le referenze e trovare tanti ulteriori suggerimenti. Un modo rapido e agile per allargare le proprie conoscenze e mantenersi aggiornati! clicca e leggi l’articolo sul web 64 | agosto/settembre 2022

Naturera Polot 1882

Fruit, azienda fondata nel 1988 a Credaro (BG) come evoluzione della Lochis Liquori e Sciroppi, ha di mostrato anche in questa occasione di essere al passo con i tempi seguendo la strada dell’innovazione e della qualità, fornendo ai professionisti soluzioni originali e ad alto contenuto di servizio.

General fruit è un vero partner

Per essere al fianco dei professionisti del settore in qualsiasi momento General Fruit ga rantisce anche una fitta attività di supporto, a cui si accompagna una altrettanto capillare presenza sui so cial

PRODUZIONEGeneral Fruit

Negli ultimi mesi il mondo del fuori casa ha eletto due nuovi grandi protagonisti: i cocktail e i caffè specia li. Chi lavora nei locali con questo genere di propostequali bar, caffetterie, ma anche ristoranti, chalet, hotel - si interfaccia con un pubblico sempre più esigente e consapevole, specie per quanto riguarda il consumo di cocktail e long drink. Ciò che è emerso dal confronto con gli addetti ai lavori è il desiderio crescente da parte dei clienti, sia italiani che stranieri, di sperimentare gusti e abbinamenti nuovi e di trovare nel bicchiere una be vanda equilibrata, di alto livello, non eccessivamente Generalalcolica.

Conebrandgarantirenamentointernetnaturerapolot1882/?hl=it(https://www.instagram.com/)eunsitodedicatoeincontinuoaggior(www.naturerapolot.it)pervisibilitàericonoscibilitàaldedicatoalsegmentomixologycaffetteria.illancio

“Il nostro è un brand a vocazione mixology e caffetteria, che fino ad ora ha registrato importanti risultati sui mercati esteri, ma che adesso si rivolge anche al mer cato italiano; un brand caratterizzato da crescente au torevolezza e precisa identità nel segmento mixology”, racconta Cristiano Lochis, export manager dell’azien da bergamasca. “Accanto alle erbe officinali novità assoluta, proponiamo una linea di oltre 100 referenze di sciroppi con gusti dai più tradizionali ai più particolari e innovativi, ideali per ri sparmiare tempo e denaro nella preparazione dei cocktail, compresi quelli più famosi come negroni o gin tonic”.

Autore: Guido Parri EVENTI famecontroRistorantilaDal16ottobreal31dicembretorna 65| agosto/settembre 2022

“Con un pianeta che è, in realtà, in grado di produrre cibo a sufficienza per tutti, cure contro la malnutrizione infan tile da tempo disponibili, efficaci e a basso costo, progetti di cooperazione in grado di realizzare l’autosufficienza delle comunità vulnerabili, siamo la prima generazione della storia che può eliminare la fame – ha dichiarato Simo ne Garroni, direttore generale di Azione contro la fame motivati dallo stesso nostro auspicio, anche i ristoranti e i partner dell’iniziativa sono pronti a lavorare al nostro fianco per dare cibo a chi non ce l’ha. Gli italiani, oggi, hanno un motivo in più per pranzare o cenare al ristorante o in pizzeria: la solidarietà”. Scopri di più su www.ristoranticontrolafame.it

Ristoranti contro la fame, la più grande Campagna nazionale che unisce buon cibo e solidarietà ripartirà il prossimo 16 ottobre e durerà fino al 31 dicembre L’edizione 2021 ha visto oltre 181 ristoranti aderenti; decine di eventi territoriali con i road trip promossi, in tutta Italia, da chef e ristoratori per sensibilizzare ulte riormente i propri clienti sul tema della lotta alla fame e della malnutrizione infantile nel mondo .

In questi anni il progetto ha trovato ospitalità in oltre 700 attività della ristorazione italiana e ha raggiunto, com plessivamente, oltre 500.000 persone. Nel corso della nuova edizione, che rientra nell’ambito dell’iniziativa di sensibilizzazione “Mai più Fame”, i clienti, all’interno dei ristoranti, potranno donare, fino al 31 dicembre, due euro con l’acquisto di un “piatto solidale”, 50 centesimi scegliendo una “pizza solidale” e altrettanti consumando una bottiglia d’acqua Sarà l’occasione per godere del piacere di un pranzo o di una cena contribuendo all’impegno per liberare il mondo dalla fame. Secondo il rapporto pubblicato dalla FAO (The State of Food Security and Nutrition), del resto, sono 828 milioni le persone che ne soffrono a causa di guerre, cambiamenti climatici e disuguaglianze. In questa edizione partecipa anche Amodo, la rete dei ristoranti etici di cui sala&cucina è promotrice Ristoranti contro la Fame contribuisce a finanziare i progetti della campagna “Mai più Fame”: in Sahel soster ranno ancora l’intelligenza artificiale per contrastare i cambiamenti climatici; in India daranno seguito alla re alizzazione degli “orti giardino”, dove il coinvolgimento diretto delle donne promuove la loro autonomia e il loro ruolo nella società; in Libano, a lungo flagellato dai con flitti, si occuperanno del sostentamento delle comunità di rifugiati. Infine, continueranno a sostenere il proprio progetto in Italia “Mai più Fame: dall’emergenza all’au Lanciatotonomia”.all’inizio del 2022, questo progetto mira a contrastare l’insicurezza alimentare nel nostro Paese. Nel corso della seconda edizione, nell’autunno 2022, coinvolgerà 50 famiglie vulnerabili della periferia di Milano, per un totale di 250 persone. L’obiettivo è quello di estendere l’iniziativa anche in altre città d’I talia. D’altra parte, anche nel nostro Paese, pur con forme diverse, molte persone vivono una condizione di insicurezza alimentare (5,6 milioni di persone in povertà assoluta, Istat 2022).

La burrata Delizie di Latte Autrice: Elena Monteverdi PRODUZIONE

Nei vostri ristoranti, nelle vostre osterie o botteghe, ave te la possibilità di comunicare con la clientela locale ma spesso anche con una sostanziosa fetta di stranieri. Non limitatevi a servire il prodotto, in questo caso la bur rata. Raccontatela, spiegatene le origini, la modalità di preparazione, le peculiarità organolettiche. Curatela nel la presentazione e se decidete di trasformarla non sna turatela: quando l’ingrediente è buono merita di essere riconoscibile da qualsiasi palato.

Parliamo di un prodotto caseario in netta ascesa negli ultimi anni, la burrata, ma lo facciamo in modo non con Ovverovenzionale.non decantandone subito le peculiarità, ma par lando di numeri. I dati parlano di una crescente richiesta dei nostri for maggi nel mondo e questo deve essere un motivo di van to, un punto su cui ragionare per impostare un’economia fiorente e solida. Inserirli nei vostri menu, preferendoli a prodotti di provenienza straniera, non è una scelta scon tata o banale ma è una scelta che aiuta il settore caseario italiano. Fare cultura di prodotto (anche sulla burrata) Molto potete fare anche voi, in qualità di ristoratori. Come? Torniamo anche questa volta ad una locuzione imprescindibile, cioè cultura di prodotto.

Le peculiarità della burrata La burrata è un formaggio delicato, morbido, avvolgente, cremoso, fresco. È costituita da una sacca di pasta filata che racchiude all’interno sfilacci di mozzarella arricchiti di panna (sì, la conoscete, la stracciatella). Presenta una super ficie liscia, un colore bianco madreperlaceo e una con sistenza in genere molto morbida. È un prodotto tipico della tradizione casearia pugliese, in particolare della provincia di Bari, ma la sua diffusione ormai ha varca to non solo i confini regionali. Rappresenta di per sé (anche senza subire trasformazio ni) un prodotto ad alto contenuto di servizio: accompa gnata a un buonissimo salume o a un’insalata di verdura o frutta può costituire un piatto unico, velocissimo da preparare, perfetto in qualsiasi stagione. Senza contare che oggi è utilizzata sempre di più anche sulla pizza o su altri prodotti da forno. Ricordate di conservarla e servirla a corretta temperatu ra e di abbinarla a prodotti che esaltino la sua delicatez za, non troppo aggressivi. Nell’abbinamento per contrap posizione – cioè con un prodotto secco e salato, come il prosciutto crudo – è perfetta.

La burrata Delizie di Latte Nella scelta di quale burrata offrire nel vostro risto rante vi suggeriamo la Burrata Delizie di Latte, tra le referenze a marchio del gruppo Cateringross. Si tratta di una burrata realizzata solo con latte pastorizzato, panna UHT 48%, fermenti lattici, sale, caglio. Il latte è di origine italiana (una caratteristica che va eviden ziata!!). La lavorazione di mani esperte dona a questa burrata tutti i connotati classici di questo buonissimo e versatile prodotto. clicca e leggi l’articolo sul web 66 | agosto/settembre 2022

Chiedila al tuo fornitore Cateringross Un prodotto indispensabile per la tua www.cateringross.netcucina BURRATA delizie di latte realizzata solo con latte italiano e lavorata da mani esperte

LafamigliaunGhizzoni:vivaiodifortunadelristorante La Torretta di Lugagnano (PC) clicca e leggi l’articolo sul web 68 | agosto/settembre 2022

RISTORANTI Autrice: Simona Vitali Abbiamo scoperto un vivaio, un autentico vivaio di quelle risorse umane così ricercate, di questi tem pi in particolare, nel mondo della ristorazione. In Val Chiavenna, località Torretta di Lugagnano (PC), c’è in fatti una famiglia, la famiglia Ghizzoni, che dagli anni ’80 ad oggi non ha fatto altro che sfornare, potrem mo dire autoprodurre, cuochi e camerieri che hanno trovato impiego nell’attività di famiglia ma non solo, come avremo modo di vedere. Seguite la trama di questa storia e ve ne renderete conto voi stessi. Era il 1981 quando Giovanni Ghizzoni, per tutti Mauro, stanco di fare l’autotrasportatore, “in una sera di baldoria” - come ama ricordare - ha fatto una trattativa per rilevare quella trattoria in val Chiaven na, zona che conosceva perché ci andava a caccia Alle ore 23 di quella stessa sera hanno svegliato il notaio per fare il compromesso. “Ho venduto - ricorda Giovanni - tutto il capitale per fare questo acquisto che avreb be richiesto anche il coinvolgimento di mia moglie Tina”. Annuisce e sorride la consorte, ora divertita, nel ricordare quel passaggio “Siamo entrati nell’avventura!” – commenta – ricordando che lei non era del mestiere, aveva sempre I

Il loro impegno quindi sta nel proporre i meglio chisoli ni possibili (rombi di pasta fritta) con la più curata delle giardiniere e il più fragrante dei salumi, il decidere di abbandonare le chicche della nonna - non più così richie ste - in favore dei pisarei, che iniziano a proporre anche in bianco ossia senza il pomodoro, come pare che fossero in“Inizialmenteorigine.

venire a mangiare fino qui – lo ripete come un mantra –passa da Carpaneto, San Giorgio, Vigolo, Castell’Arquato e deve avere un motivo per non fermarsi prima. Se noi ci standardizziamo non c’è motivo per cui quel cliente faccia 30 km”. Da qui la scelta di produrre salumi in proprio come pure il vino, avendo un’azienda agricola con viti e orto adia cente alla trattoria. E pure quella di non lesinare nella se lezione di prodotti di qualità e dalle stagionature impor tanti, come il Parmigiano Reggiano di 40 mesi per fare gli anolini, il Culatello di Zibello che viene fatto stagionare ad oltranza nella propria cantina, il riuscire a procurarsi funghi porcini freschissimi e sanissimi da fare in insala ta...accorgimenti che i clienti possano bene cogliere per dirsi che “ne vale la pena di arrivare sino lì”. Capire quando assecondare la cucina tradizionale Michele e Ivo crescono e portano nel mestiere gli inse gnamenti acquisiti a scuola e anche la smania di propor re piatti particolari, “perché - si dicono - non siano sem pre tortelli” peraltro gettonatissimi. Tuttavia non tardano a comprendere che in quel luogo va assecondato il filone della cucina tradizionale piacentina, in cui vi sono ricette che devono certamente essere adeguate ai tempi e altre che non si possono modificare più di tanto (i fagioli con le cotenne, per esempio, devono rimanere tali).

li abbiamo affiancati ai rossi – spiega Mi chele, il cuoco – per dare ai clienti la possibilità di scelta. Ben presto sono stati preferiti agli altri”. Ma a richiamare

fatto tutt’altro lavoro e, se appena poteva, non cucinava nemmeno, piuttosto mangiava un panino.

Un impegno non indifferente si prospettava all’orizzonte, solo la voglia di imparare e tanta buona volontà avrebbe ro potuto creare le condizioni per una base di partenza.

Partire da zero

In piedi da sinistra: Ivo Ghizzoni; Mara Periti; Roberto, Matteo, Michele Ghizzoni; Sandra Casarotti. Seduti, da sinistra: Gabriele, Claudio, Giovanni detto Mauro Ghizzoni; Innocenta Bertuzzi detta Tina; Deborah Ghizzoni

La gavetta di Tina inizia con l’affiancamento, nell’estate del ‘82, della signora Anna, la cuoca che gli avrebbe pas sato il testimone, nella realizzazione dei suoi piatti: nidi di rondine, lasagne, arrosti... Ma ben presto arriva il mo mento di fare il salto, da soli. Sarà grazie a zia Luisa, che lavora in un pastificio in val Trebbia, nel piacentino, e li raggiunge nel fine settimana per dare una mano a fare la pasta, che metteranno a punto quello che diventerà il piatto icona del ristorante la Torretta: i tortelli di ricotta e spinaci al burro, realizzati con una sfoglia trasparen te, tanto è sottile, e la particolarità della doppia coda. Una novità per quella valle in cui il tortello viene proposto rigorosamente in forma quadrata. In quel periodo Mauro e Tina non possono contare che su loro stessi. I due figli Michele e Ivo sono ragazzini, alle prese con la scuola dell’obbligo, ma Michele inizia già a manifestare la ferma volontà di frequentare la scuola alberghiera per diventare cuoco. Ivo invece viene espres samente caldeggiato in quella stessa direzione, indirizzo sala. Di lavoro ce n’è per tutti. Ancora non lo immagina no ma è in questi anni che vengono predisposte le basi di quel vivaio di famiglia destinato a produrre i suoi frutti più in là nel tempo. Come richiamare clienti nella valle Intanto l’attività prende sempre più piede con un ricam bio di clientela indotto dallo stesso Mauro, intransigente quanto a personaggi un po’ troppo vivaci e consapevole che per riuscire a richiamare clienti in quella valle occor ra fare qualcosa di più. “Uno che parte da Piacenza per

I clienti arrivano da tutto il piacentino ma anche dal mi lanese (in modo costante durante l’anno) e dal cremone se (per godersi la frescura estiva, che qui non manca mai).

i buoni palati sono anche le paste caserecce come i mal tagliati al ragù bianco di anatra, le pappardelle al ragù di cinghiale, la faraona ripiena al forno, la battuta con tartufo nero d’estate....complice una terrazza strepitosa, nel cuore della valle, che ti fa sentire in villeggiatura.

Il capitale umano de La Torretta: un vero vivaio di famiglia Un’attività, questa a conduzione familiare, che si è ali mentata negli anni, anche in termini di capitale umano Michele e Ivo hanno infatti sposato Sandra e Mara, all’e poca in forza nel servizio in sala ora rispettivamente in sala e in cucina. Dalla loro unione sono nati cinque figli Mentre discorriamo con la famiglia chiamata a raccolta per l’intervista nella zona bar del ristorante, transitano alcuni dei figli. “Lui è Roberto – raccontano con orgoglio papà Ivo e mamma Mara - frequenta il quarto anno di scuola alberghiera, indirizzo cucina”. Arriva Matteo che studia alla scuola agraria e si occupa insieme a suo non no della nostra azienda agricola. C’è poi Claudio che la vora nell’elettronica ma nei fine settimana dà una mano e bisogna vedere quanta passione ci mette! Gabriele, il più piccolo, frequenta ragioneria ma d’estate è anche lui in sala. Ne manca all’appello una: Deborah, la figlia mag giore di Michele e Sandra. Anche lei ha fatto la scuola al berghiera, indirizzo sala. Ha coronato poi il suo percorso con la frequentazione di Alma e ora lavora in sala presso Alajmo. Nei giorni di riposo torna in famiglia e insieme al fratello e ai cugini porta il suo contributo all’attività.

“ Anche nel servizio al tavolo – racconta Ivo, direttore di sala - qualcosa è cambiato, ai tempi di papà andavano i tris di primi per cui si portavano in tavola piatti ovali da condividere, ora si punta più sulle singole razioni e la cura nell’impiattamento”.

“I nostri figli - mi dicono Michele e Ivo - li abbiamo lascia ti più liberi di quanto non siamo stati noi. È chiaro che anche loro sono cresciuti dentro il ristorante e ne hanno assorbito l’atmosfera...”. Quando le famiglie sono unite succede questo e altro. Intanto, seppur molto avanti nel tempo, perché adesso vuole crescere professionalmente, Deborah coltiva il sogno di mettere mano al ristorante di famiglia. “Do vremo cambiare tante cose” dice a suo padre e lui in tutta risposta “Lasciami andare in pensione che mi ritiro su un’isola così vai avanti tu e non vedo niente!”. Lo zio Ivo con un sorriso sornione mi guarda e dice: “Ma lei ci cre de? Sarà il primo ad esserci!”. Ristorante La Torretta Loc. Chiavenna Rocchetta 29018 Lugagnano Val d’Arda (PC) Tel. 0523 www.ristorantetorretta.it891328

Deborah Ghizzoni durante l’esame al Corso superiore di Sala, Bar & Sommellerie di Alma 70 | agosto/settembre 2022

Scopri di più su ufs.com Fai la differenza nella tua cucina con Knorr Gusto naturale e raffinato, senza glutammato Piatti numerosi, veloci e a basso costo Sapore intenso, facili e veloci da usare LA BASE AUTENTICA DI KNORR LA TRADIZIONE MIGLIORATA, PER TUTTI PER CUCINE DAI GRANDI VOLUMI ManzoBrodo VegetaleBrodoSaporeBrodo Brodo ai Frutti di Mare Brodo MisePescedienPlacealloZafferano Brodo ai FunghiBrodoPorcinidelleFesteRecordBrodoBrodoElite dell’OrtoBrodo Brodo di Pesce Brodo Verduredi BrodoChiaroBrodo60cubetti

Quei piatti semplici allora e apparentemente semplici adesso hanno fatto la sua fortuna: una clien tela che arriva da ogni parte del mondo e che diventa testimonial della cucina italiana fa incetta dei sapori che, oggi, Fabrizio Mellino porta avanti con mano sicura e grandissimo cuore: fiore di calamaro, tartare di scampi e caviale Osietra, fusilli, ricci di mare e crudo di gamberi rossi, spigola servita con acetosa e salsa di limone di Amalfi, sono solamente alcune delle proposte. Fabrizio si è anche specializzato nei lievitati alla scuola di Ezio Marinato e Vincenzo Tiri e lavora con un lievito madre regalatogli da un’anziana signora di Massa Lubrense. Il consiglio che vi diamo è quello di prenotare non solo la cena al ristorante, completate il vostro soggiorno ai Quattro Passi in una delle suite del relais; vivrete un’esperienza magica! Il mare di sera da questa terrazza assume forme carezzevoli, il colore blu del mattino non ha nessun elemento di paragone, qui è Mediterraneo nel vero significa to del termine. Vi sembrerà di stare al suo centro grazie all’arte che si respi ra e al cibo, perfetto nel gusto e nella composizione. Andarvene sarà un’im presa dura!

RISTORANTI Autore: Luigi Franchi Antonio Mellino è orgoglioso! Di come ha reso importante la sua terrazza sul mare, aperta negli anni ’80 per far assaporare i piat ti tradizionali della costiera sotto un tetto di cannucce, in un ristorante due stelle Michelin affiancato a un piccolo relais con il mare dalla finestra e le camere più luminose che si pos sano incontrare; della cantina in pietra lavica, emozionante, scavata sotto al ristorante, dove riposano più di 1.500 etichette di tutto il mondo; dei suoi figli, Fabrizio in cucina e Raffaele in sala, che hanno scelto spontaneamente di dare conti nuità a questo luogo pieno di arte, ottima cucina e naturale bellezza.

le forme della bellezza

Quattro Passi Via Amerigo Vespucci, 13 Nerano di Massa Lubrense (NA) Tel. 081 www.ristorantequattropassi.it8081271 clicca e leggi l’articolo

sul web 72 | agosto/settembre 2022

Da cosa deriva tanta abbondanza? Sicuramente dagli straordinari prodotti della terra e del mare che qui hanno trovato cuochi che hanno saputo esaltarli, ma anche dalla qualità della vita che si vive in queste contrade: una qualità che arriva dalla bellezza mozzafiato che si scopre ad ognuno dei quattro passi che qui si percorrono.

Torniamo però ad Antonio Mellino. La sua è una storia che va conosciuta: nato in Argentina, all’età di sei anni torna a Nerano dove sono nati i suoi genitori. Il papà Raffaele era pescato re e accompagnava, con il suo gozzo, Eduardo De Filippo nell’isola di proprietà davanti a Ma rina del Cantone; la mamma, Flora, era una cuoca speciale che deliziava con le sue ricette le famiglie nobili in vacanza in penisola sorrentina. È da lei che Antonio ha preso la passione per la cucina: cose semplici ma gustosissime che lui proponeva sulla terrazza di fronte al mare.

Quattro Passi

Stiamo parlando dei Quattro Passi, a Nerano di Massa Lubrense, il piccolo comune della peniso la sorrentina che, insieme alla vicina Sant’Agata ai Due Golfi, offre uno spaccato della più assoluta qualità ristorativa: due due stelle Michelin, Quattro Passi e Don Alfonso 1890, due una stella Michelin, Taverna del Capitano e Relais Blu, una straordinaria chiocciola Slow Food, Lo Stuzzichino

73| agosto/settembre 2022

Capitando a Berzo Inferiore, un piccolo paesino nella bresciana Val Camonica, tutto si immaginerebbe tran ne di trovare un indirizzo famoso per la pizza napo letana Motivo. in più per capire cosa c’è dietro a Il Nuovo Campo Base, un locale situato in centro paese, capace di conquistare buona fama per la proposta varia e so prattutto per le sue pizze. Una conduzione originale Dietro a Il Nuovo Campo Base ci sono Alessandro Fanti e la madre Lucy Salvador; una coppia appas sionata, vivace, determinata. Assieme conducono l’at tività dal 2017. Prima del loro arrivo il locale si chiamava Campo Base; un nome scelto per avvalorare la sua funzione di luogo di ritrovo, di aggregazione, di atterraggio. Da quando la gestione è passata ad Alessandro e Lucy c’è stato però un cambio passo netto in quanto alla proposta. Uno dei cambiamenti più radicali è avvenu to tre anni fa con l’introduzione del braccio pizzeria, diventato vero punto cardine dell’insegna. “Quando abbiamo deciso di dedicarci al mondo pizza abbiamo studiato a lungo da autodidatti utilizzando tut te le fonti d’informazione a nostra disposizione. Aveva mo un’idea: portare in questo posto la pizza con impasto alla napoletana. Perché proprio questo impasto? Perché per noi la pizza napoletana va rispettata, fatta conosce re. È a Napoli che si è costituita la cultura della pizza”.

Giulia

Tutto in funzione della qualità Alessandro si occupa in prima persona delle prepa razioni e delle cotture. Lavora impasti a lunga lievita zione (almeno 48 ore) e ad alta idratazione, prestando molta attenzione ad ogni passaggio, anche oggi che il sistema è rodato: adatta costantemente la ricetta ap portando piccole modifiche per ottenere un impasto sempre migliore. Che la qualità sia il focus, comun que, lo si capisce anche da un’altra ragione: “Potrem mo servire molti più coperti se volessimo, il punto è che più coperti significherebbe trascurare alcuni elementi

Autrice: Zampieri

PIZZERIEApprodo a Il CampoNuovoBase clicca e leggi l’articolo sul web

Anche sulle farciture c’è - inevitabilmente - un richia mo alla tradizione partenopea. Il cornicione ripieno è più che un’opzione: loro lo consigliano, proponen do svariati formaggi come la provola, la mozzarella di bufala, la scamorza, il gorgonzola, la ricotta. Il cliente è libero di scegliere, ma per stupirsi conviene appro fittare dei suggerimenti indicati nel menu o proposti a voce. A fianco alle pizze classiche compaiono le Special, più creative e complesse. Una da citare è senz’altro La Tipica (base pomodoro, cornicione con mozzarella di bufala, rucola, scaglie di grana e cuore di Slinzega, un salume locale) oppure La Prestigiosa - una delle più richieste in assoluto - con mozzarella di bufala, Crudo di Parma, origano. Il bere costituisce un’altra voce molto rilevante per Il Nuovo Campo Base. Per accompagnare degnamente le pizze di Alessandro infatti, vengono proposte birre artigianali locali e anche una lista cocktail che non contempla solo i classici. Succhi, topping, fiori e spezie conferiscono un tocco originale al bere miscelato rivelandosi spesso un vali do abbinamento anche per la pizza. E non si può non parlare anche di dolci. Questo reparto è il regno di Lucy, famosa per le sue torte con la pasta di zucchero (disponibili su ordinazione) e per le altre numerosissime proposte, come la Sacher, la cheeseca ke (personalizzabile dal cliente), le varie interpreta zioni di tiramisù.

“Prima la nostra offerta era principalmente legata alla pasticceria, ai caffè, agli aperitivi. Volevamo rompere gli schemi, in un certo senso, e aprirci qualche canale in più. Non abbiamo strategie promozionali, ci siamo fatti conoscere attraverso i social e il passaparola… il risultato è che ora giungono in tanti anche da fuori per provare i nostri impasti. Molti sono stranieri e arrivano dal lago, ed è un traguardo che forse non ci saremmo mai aspettati!”

per noi importantissimi. Preferiamo rispettare i nostri impasti e garantire una cottura attenta” ci spiega.

Il Nuovo Campo Base Via Redentore, 4, 25040 Berzo Inferiore BS Tel. 392 153 1543 Alessandro Fanti e la madre Lucy Salvador 75| agosto/settembre 2022

Antonio e Taddeo Vanacore vogliono trasmettere i valori delle loro radici, quella cultura popolare

Antonio e Taddeo clicca e leggi l’articolo

PIZZERIELaBottegadiGragnanoUnformatgiovaneedinamicoperoffrireunoscorcioditerritorioelesuespecialità

La Bottega di Gragnano ha la sua casa madre a Salerno ma propone locali in altri luoghi e punta a diventare un format nazionale. Ci spiega tutto Antonio Vanacore che col fratello Taddeo dirige le attività della bottega. “Il nostro intento è quello di divulgare la cultura gastronomica del nostro territorio attraverso la diffusione di un format basato su prodotti rap presentativi come la pizza di Gragnano e tutte le specialità tipiche che la nostra zona offre; è un paniere molto vasto. Il concetto familiare che stia mo portando avanti è un progetto di bottega dove l’ospite possa trovare specialità locali, piatti della gastronomia tipica e quello che abbiamo chiamato ‘pane cafoncello’ ovvero una versione più aggraziata del tradizionale pane cafone e, soprattutto, il prodotto che maggiormente ci rappresenta, la pizza di Gragnano, il nostro core business. È una pizza diversa dalla classica napoletana, che noi serviamo al centro del tavolo; è la pizza antica dei forni gragnanesi, fatta con farine di tipo 1, e permette di riscopri re i sapori e gli aromi di un tempo: sviluppa un bouquet aromatico unico, quando la assaggi percepisci i sapori e le sensazioni della ‘pizza della nonna’, dal sapore deciso, dalla consistenza scrocchiarella. Una pizza robusta con una personalità ben decisa”.

Autrice: Marina Caccialanza

sul web 76 | agosto/settembre 2022

Non è un panificio e non è una pizzeria, non è nemmeno un negozio di alimentari o un risto rante. Eppure racchiude tutte queste tipologie di offerta gastronomica in una sola attività: è la Bot tega di Gragnano, format innovativo ideato e fondato da Antonio e Taddeo Vanacore.

La Bottega di Gragnano Via Trento 59/61 84129 Salerno Tel. 089 288 www.labottegadigragnano.it2501 77| agosto/settembre 2022

Una pizza di grande personalità, dunque, come la favo rita dal pubblico chiamata, non a caso, “Monti Lattari”: Provolone del Monaco dop, pancetta croccante e una ri duzione di vino di Gragnano cotto per completare la far Accantocitura.

Il prodotto che identifica il marchio è la pizza di Gragna no, preparata secondo lo stile antico con 5 tipologie di farine combinate con equilibrio e precisione con una tec nica che permette al panetto di lievitare in modo corretto. Sono farine di tipo 1, prodotte da 5 Stagioni e forni te alla nostra Bottega da Lamberti Food, che assicurano un’ottima resa e stabilità costante. “Abbiamo bisogno – spiega Vanacore – di farine che possano rispondere alle nostre esigenze senza variazioni, perché il prodotto finale deve essere sempre lo stesso, in ogni bottega. Le farine 5 Stagioni ci garantiscono il risultato e permettono la pratica efficiente del nostro metodo di impasto basato sulla lievitazione mista, ossia un primo start con pasta di riporto e un rinfresco con pasta con lievito di birra. Il risultato è una pizza bella grezza, croccante, profumata, come quella che facevano le nostre nonne”.

alla pizza, il pane, prodotto iconico del territorio: “Facciamo anche un pane antico, il pane di Gragnano, attraverso un metodo tradizionale che consiste nella dop pia cottura: la prima parte di cottura serve a sviluppare la parte interna, poi si lascia raffreddare, si farcisce il pane con salumi tipici dei Monti Lattari e si procede a una seconda fase di cottura per renderlo croccante. È molto gustoso e particolarmente apprezzato”.

La Bottega di Salerno della famiglia Vancore, dove è nato il progetto, è aperta tutto il giorno e offre 50 coperti in terni. Si lavora a pieno ritmo, qui, e Antonio conclude: “Salerno non ci ha mai traditi, nemmeno in questi tempi difficili, mantenendo fede alle nostre aspettative. Siamo fiduciosi che il nostro progetto possa trovare adesione in tutta Italia e all’estero perché rappresenta uno spaccato di grande interesse sull’originalità dei prodotti tipici del la penisola sorrentina. Artigianalità e contemporaneità possono convivere e noi offriamo replicabilità, velocità e innovazione per una bottega autentica e di successo”.

dei Monti Lattari che descrive un mondo di genuinità, di esperienza tramandata dalle tradizioni storiche, e lo fanno attraverso una narrazione moderna, che attinge al passato e lo riscrive in chiave contemporanea, con tec niche ispirate alla tradizione che si perfezionano grazie alle metodiche di lavoro di oggi.

Tutto questo si realizza nel format della Bottega di Gra gnano: “La Bottega di Gragnano – spiega Antonio – è un progetto a livello nazionale, formato di locali replicabili in franchising sparsi sul territorio, delle dimensioni di 40-50 mq, attraverso i quali facciamo conoscere il nostro prodotto. I nostri affiliati acquistano i prodotti da noi, in quanto casa madre, e noi provvediamo alla logistica, alla formazione del personale, al supporto nella gestione del marketing e della comunicazione”.

L’edizione 2022 segna il ritorno in presenza dei più prestigiosi interpreti della letteratura internazionale. Ed è proprio la grande narrativa straniera a farci affac ciare per prima sul vasto mondo a noi d’intorno, a farci cogliere – nell’appassionante intreccio che unisce le vicende di singoli e famiglie – antiche e nuove presen ze, aspirazioni e rancori di popoli e comunità, destini di intere nazioni, che vediamo riaffiorare confusamen te nelle cronache riportate ogni giorno dai media. Quest’anno anche sala&cucina è tra i media-partner del Festival. Il programma lo potete scaricare dal sito www.festivaletteratura.it

Autore: Guido Parri EVENTIFestivaletteraturaMantova26ªedizioneDopodueedizioniincuiharispostoall’emergenzasanitariaconcreativitàFestivaletteraturasiriprendelestradeelepiazzediMantova.cliccaeleggil’articolosul web 78 | agosto/settembre 2022

La ventiseiesima edizione di Festivaletteratura si terrà da mercoledì 7 a domenica 11 settembre 2022. Dopo due anni di contenimenti forzati ma anche di coraggio se invenzioni, il Festival prova a riprendere più spazio in città, in un momento in cui cresce d’intorno il biso gno di letteratura. La letteratura sa leggere il mondo, ne interpreta paure e speranze, vede distintamente ciò a cui ancora non sappiamo dare un nome, ricorda e guarda oltre. Smarriti di fronte alle tessere scomposte di un presente che non riusciamo a interpretare, è alla letteratura che chiediamo di tracciare un disegno, ten tare un senso, offrirci nuovi punti di osservazione. Fe stivaletteratura guarda a storie nazionali e tensioni globali, crisi identitarie e percorsi di emancipazione, diritti di base e paesaggi in trasformazione attraverso romanzi, raccolte poetiche, narrazioni giornalistiche, memoir, carteggi d’autore, albi a fumetti, testi teatrali, che avvertono spesso per primi e con più forte sentire quello che avviene (o sta per avvenire) accanto a noi o poco più lontano. Un’esplorazione quella del Festi val che certo non si isola nelle storie, ma che porta a continui e inevitabili sconfinamenti verso le altre arti, le scienze, i nuovi linguaggi espressivi, le più dispara te discipline: nascono così i confronti inediti – a volte audaci – tra scrittori, ricercatori, attivisti, donne e uo mini d’arte e d’ingegno che liberano la loro energia di pensiero nelle piazze di Mantova. Piazze che quest’an no il Festival vuole aprire più che in passato alla par tecipazione di lettrici e lettori: proposte di legge di iniziativa popolare, progetti per scuole possibili, censi menti delle altre specie viventi per un nuovo patto am bientale, costruzione di parchi giochi temporanei sono alcune delle iniziative in cui tutti i partecipanti ver ranno attivamente coinvolti, riprendendo finalmente possesso dello spazio pubblico a lungo impraticabile.

www.kochbz.it Pinsa&Pala Croccanti all’esterno, belli morbidi all’interno Pinsa Romana e Pizza Pala: le nostre novità! Convincenti non solo per il loro gusto delizioso e genuino, ma anche perchè sono particolarmente digeribili grazie alla lunga lievitazione. LONG LEAVENING

Di picanha se ne sente spesso parlare, specie negli ultimi anni, in cui questo taglio ha conosciuto una popolarità davvero interessante. Spesso la troviamo nei menù, dai più gourmet a quelli che esaltano il mondo strepitoso dello spiedo e del bar Mabecue.che cos’è la picanha e quali sono le sue caratteristi che peculiari? Perché piace così tanto? Altro non si tratta che della punta di sottofesa grassa, un taglio della coscia di per sé magro ma caratterizzato da una buona copertura di grasso che non solo la rende tale e riconoscibile ma le conferisce anche un gusto davvero Protagonistastraordinario.del churrasco, la tipica grigliata brasilia na, che l’ha resa celebre anche in altri continenti, e da cui prendere il nome “picanha”, è un taglio dalla tipica forma triangolare che pesa circa 1-1.5 kg e, nonostan te possa apparire semplice da cucinare, va invece posta moltissima attenzione e, soprattutto, oltre a far degustare il prodotto ai nostri commensali, sarebbe indispensabile fornire loro alcune informazioni di base su questo taglio, proprio per trasferire cultura e il miglior modo di man Pergiarla.evitare la durezza, è fondamentale effettuare il taglio perpendicolarmente rispetto alle fibre muscolari della carne: queste ultime infatti, di natura forti, devono es sere accorciate per non rovinare il taglio una volta cotto e pronto per essere degustato. Un’accortezza che però fa la Unika®differenza.infatti si pone anche questo obiettivo, non solo prodotto ma servizio verso i clienti e cultura verso i con sumatori. Raccontare la storia di un taglio, le sue origini e come meglio gustarlo crea una certa “consapevolezza del palato”, che contribuirà all’apprezzamento non solo della carne ma anche di tante altre pietanze. La picanha è un taglio tuttavia molto versatile: non solo bbq e churrasco, ma può essere rivisitata in una versio ne “fast” ma decisamente accattivante. Quelli di Centro Carni Company la propongono anche in versione fritta e impanata, accompagnate da chips fritte e salsa BBQ: buonissima per i più piccoli, must have per i più golosi, da provare per chi ama sperimentare nuove proposte.

Punta di sottofesa grassa Unika®, detta anche picanha Autore: Guido Parri NOVITÀ

Unwww.centrocarnicompany.comtaglioeunastoriada raccontare clicca e leggi l’articolo sul web 81| agosto/settembre 2022

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