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I PAPI E LO SPORT

Antonella Stelitano

Membro della Società Italiana di Storia dello Sport, dell'Accademia Olimpica Nazionale Italiana e Consigliere Nazionale del Comitato Italiano Fair Play

Quando, in occasione del 75° anniversario dalla fondazione, papa Francesco ha accolto una delegazione del CSI, ha descritto lo sport come un’attività connotata da immensa fantasia e al tempo stesso concreta al punto di essere una grande scuola che migliora le persone e può favorire una cultura del dialogo e dell’incontro rispettoso. Uno sport che accende un faro di speranza. È la sintesi perfetta di quello che lo sport è e può. Nella misura in cui lo sport, ispirato a un corredo di virtù e qualità che lo rendano degno di essere vissuto, è in grado di migliorare ogni singola persona, questo lo rende infatti idoneo a cambiare il mondo con quella immensa fantasia che ci introduce al tema della libertà, della mancanza di coercizione nel rispetto di regole condivise e accettate da tutti come necessarie. È lo sport che apre il suo sguardo oltre i confini, oltre i limiti come solo la fantasia può fare. È uno sport che si eleva a modello di convivenza civile. Ed è questo che sorregge l’ideale che possa essere uno strumento di pace, di inclusione, di non discriminazione. Un modello di convivenza basato sul riconoscimento della dignità della persona, di tutte le persone.

Rivolgere uno sguardo verso il mondo dello sport è una costante da Pio X in poi. Se andiamo a contare quanti messaggi, saluti, interventi, discorsi sono stati rivolti al mondo dello sport dai pontefici, scopriamo che essi superano ormai il migliaio. Ogni papa ha portato un suo contributo, sottolineando le virtù che lo sport aiuta a coltivare, definendone pericoli e limiti, esortando a buone pratiche. La Chiesa si è occupata di sport perché innanzitutto, tutto ciò che è umano non le è estraneo e, dunque, anche lo sport ha bisogno, come tutte le attività, di essere ben indirizzato affinché alla base vi sia un nucleo di valori forti, che rendano questa esperienza un’esperienza in grado di educare e innalzare la persona: un contenitore e un moltiplicatore di buone pratiche che insegni a mettere a frutto, lealmente, quei talenti che il Signore dispensa, spingendo a voler migliorare sempre. Uno sport che non si limita a prendersi cura del solo corpo, perché ciò che rende tale un campione è anche un corredo di buone qualità, un codice etico di comportamento che lo qualifica e che disciplina il suo stare insieme agli altri. Tale attività non ha a che fare solo con la dimensione del “Me”, ma anche del “Noi”, un luogo d’incontro che va oltre le nazioni e le differenze. Non è facile condensare in poche righe l’apporto che ogni pontefice ha portato alla pastorale sportiva, ma certamente ciascuno ha caratterizzato a suo modo lo sguardo verso lo sport.

Pio X, nel 1903, attua una vera e propria rivoluzione tra le mura Vaticane: spalanca le porte per accogliere i saggi ginnici dei ragazzi degli oratori romani e tra loro anche dei giovani con disabilità, sordi e ciechi, dando da subito un esempio di sport inclusivo. Uno sport che supera i confini vaticani, geografici ma non solo. Dai primi discorsi e incontri, rivolti ai gruppi sportivi cattolici, si è passati via via all’incontro con la comunità sportiva internazionale, allargando anche la lista degli argomenti che vengono toccati: educazione, salute, ambiente, medicina, fratellanza universale, pace. E si allargano anche i confini, perché dopo un secolo, si passa dal Cortile della Pigna e dal Cortile del Belvedere agli stadi: non è più lo sport che va dal papa, ma il papa che è accolto nei luoghi di sport. Una metafora del cambiamento.

Pio X fu straordinariamente intuitivo sulle potenzialità dello sport, che allora era un’attività ancora modestamente diffusa. Ne comprese subito, oltre alle potenzialità legate all’educazione del singolo, anche quelle funzionali al raggiungimento di obiettivi che avevano a che fare con una dimensione transnazionale, come Pierre de Coubertin, ricevuto in Vaticano nel febbraio 1905, auspicava. Una difesa dello sport senza eccessi e senza trasgressioni è quella portata avanti da Pio XI, il papa provetto alpinista, già direttore del CAI (Club Alpino Italiano) di Milano, che impiega sovente la metafora dell’ascensione morale e spirituale per esortare i giovani alla speranza negli anni delle limitazioni imposte dal regime fascista anche alle organizzazioni sportive cattoliche.

Con Pio XII lo sport gira pagina dopo la Seconda Guerra mondiale. Dopo le strumentalizzazioni dello sport a fini nazionalistici, a Pio XII va riconosciuto il merito di aver gettato le basi per una ricostruzione morale dello sport non disgiunta dal riconoscimento del prezioso contributo che può dare anche per la pacifica convivenza. Lo sport e quel senso di universalità fra differenti popoli che aiuta a promuovere sono importanti in questo momento storico.

La vocazione ad alimentare uno spirito di fratellanza universale trova terreno fertile anche in Giovanni XXIII. Il peggioramento delle relazioni internazionali di questi anni, legato al clima della Guerra Fredda, rende ancora più necessario attingere a ogni possibile forza per sollecitare iniziative che favoriscano un clima di distensione, fratellanza e pace. E Giovanni XXIII, nel 1960, ha l’occasione di rivolgersi a una platea internazionale davvero speciale, perché accoglie gli atleti di tutto il mondo che convergono a Roma per i Giochi Olimpici. E a loro si rivolge così: «Tutti voi, che pure appartenete a nazioni diverse, siate fraternamente legati secondo lo spirito dei Giochi», quello spirito che unisce e rende tutti fratelli.

Dopo di lui Paolo VI, nell’affrontare i temi dello sport, ci regala pagine bellissime. Sarà lui a riconoscere il ruolo importante del Comitato Olimpico Internazionale e, soprattutto, a sottolineare la necessità di diffondere i valori autentici dello sport come educazione fisica, come educazione morale e sociale, come educazione internazionale. Agli atleti che partecipano ai Giochi Olimpici di Città del Messico dice: «Provenite da tanti Paesi, rappresentate tanti ambienti e culture diverse, ma vi unisce un medesimo ideale: unire tutti gli uomini con l’amicizia, la comprensione e la stima reciproca. Questo dimostra che la vostra meta finale è qualcosa di più elevato: la Pace Universale». È uno sport che in questi anni si propone anche come strumento di solidarietà e catalizzatore di fondi da destinare a chi ne ha più bisogno. Uno sport che non si isola, non si gira dall’altra parte.

Con Giovanni Paolo II conosciamo “l’atleta di Dio”, il papa che chiede ai vescovi polacchi di ricordarlo anche come il papa che sciava e andava in canoa. Un papa “polisportivo”, che ci lascia oltre 300 tra discorsi, messaggi, saluti e interventi. La sua visione dello sport è di strumento messaggero di pace, tanto che le parole più ricorrenti nei suoi discorsi rivolti agli sportivi sono: pace, fratellanza, pacifica coesistenza, collaborazione senza frontiere. Le manifestazioni sportive sono per Giovanni Paolo II «una pedagogia che crea una cultura di pace» e, in qualche modo, anche la «vita cristiana appare dunque come uno sport assai impegnativo». I suoi messaggi toccano nel profondo il mondo dello sport, che non resta indifferente. Uno dei segnali dell’affetto chelo sport gli tributa è accoglierlo nei propri luoghi: il papa chiamato a celebrare le messe in tutti i più importanti stadi del mondo. I luoghi dello sport diventano nuove cattedrali in cui accogliere folle di giovani.

I valori dell’olimpismo, che mettono in risalto il rispetto della persona umana, il principio di non discriminazione e la promozione della pace, trovano anche in Benedetto XVI un sensibile sostenitore. Egli pone l’attenzione anche sui temi ecologici, sulla custodia del Creato sul rispetto dell’ambiente come valore da tenere sempre presente da chi pratica uno sport e da chi costruisce impianti. Gli stessi rischi di un uso-abuso riguardano anche il corpo umano. Benedetto XVI ci ricorda i pericoli del doping legati all’abuso o all’uso scorretto dei mezzi di cui la medicina moderna dispone ed esorta a non imboccare scorciatoie. Per questo papa lo sport è un evento di pace, è un mattone prezioso su cui edificare pace e amicizia fra popoli e nazioni, ed è anche un moderno cortile dei gentili, cioè un’opportunità di incontro aperta a tutti, credenti e non credenti, dove sperimentare la gioia e anche la fatica di confrontarsi con persone diverse per cultura, lingua e orientamento religioso.

E infine giungiamo a oggi. Papa Francesco si presenta come il papa tifoso, che vive lo sport e non disdegna anche nel suo linguaggio abituale l’uso frequente di metafore sportive. Ai giovani che affollano piazza S. Pietro, in occasione delle celebrazioni del 70° anniversario del CSI, dice che «lo sport è una strada educativa» come lo sono educazione e lavoro. Chiede loro di fare sempre del proprio meglio, di mettersi in gioco nella vita come nello sport, di perseguire il fine del proprio perfezionamento, di: «non accontentarsi di un “pareggio” mediocre, [di] dare il meglio di sé stessi, spendendo la vita per ciò che davvero vale e che dura per sempre». Per papa Francesco lo sport che «ha favorito un universalismo caratterizzato da fraternità e amicizia tra i popoli, concordia e pace tra le nazioni» riesce a essere «tramite di una forza ideale capace di aprire vie nuove, a volte insperate, nel superamento di conflitti causati dalla violazione dei diritti umani». Ecco dunque che lo sport, attività naturalmente umana, si eleva da attività che riguarda solo la sfera individuale per essere strumento di promozione e tutela di quei diritti che dal singolo si estendono a diritti dei popoli tutti.

Papa Pio XII

Pio XII, nel decennale del CSI, Roma 9 ottobre 1955.

Papa Paolo VI

Paolo VI, al Trentennio del CSI, 8 novembre 1975.

Papa Giovanni XXIII

Giovanni XXIII, ai partecipanti al VI Congresso nazionale CSI, 26 aprile 1959.

Papa Giovanni Paolo II

Giovanni Paolo II durante i festeggiamenti del 60° anniversario del CSI (2004) in Aula Paolo VI –Città del Vaticano.

Papa Francesco

Papa Francesco, in occasione del 70° anniversario del CSI, in piazza San Pietro (7 giugno 2014).

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