S&A 139 Gennaio-Febbraio 2020

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IL LIVELLO DI (IN)SICUREZZA DELLA NOSTRA RETE STRADALE L’attuale livello della sicurezza stradale mi obbliga a spingere su alcuni punti che sono, in assoluto, tra le priorità del Paese ma che, allo stato attuale, sembrano non esserlo. Per delineare sinteticamente il quadro della situazione, faccio riferimento alle quattro principali componenti che ritengo essere alla base di un sistema stradale: infrastruttura viaria, veicolo, conducente e controllo. Andando per punti, il primo riguarda la strada come infrastruttura cioè ponti, viadotti e gallerie. Gli accadimenti riguardanti la loro gestione parlano da soli. Il crollo del viadotto Polcevera ha destato chiunque per la tragedia che ha portato, creando una forte apprensione per lo stato di pericolosità e per il rischio sicurezza della nostra rete stradale, in particolare il degrado delle infrastrutture di scavalco. Da pochi mesi anche le nostre gallerie, che non sono tutte a norma rispetto alla Direttiva europea 54/2004 della rete TEN e quasi prive di ordinaria manutenzione, hanno cominciato a dare segni di cedimento. Da un report dell’Organo tecnico del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, si evidenzia una gestione scellerata a carico di alcune Concessionarie autostradali: quasi tutti i tunnel di oltre 500 metri, ad esempio, presentano pericoli di incidenti o crolli. Per quanto attiene invece al veicolo, da due anni la Struttura Tecnica del MIT sta predisponendo tutte le attività riguardanti la guida connessa e quella automatica delle automobili. Siamo però ancora al primo livello sperimentale: perché? La politica non segue: se non si modifica il Codice della Strada tutto rimane fermo e guadagnano solo gli altri Paesi, attualmente molto più avanti di noi. Oltre a ciò, vi è un’importante condizione al contorno: è dimostrato che con la guida connessa si possono ridurre sino a oltre l’80% degli incidenti! Ma anche questo sembra non essere rilevante… In merito al conducente, oltre il 90% delle infrazioni sono da attribuire al comportamento, e di conseguenza alla non osservanza delle regole della circolazione dettate dal Codice della Strada. La logica è sempre stata quella di intervenire aumentando le sanzioni, ma abbiamo visto che questa soluzione non serve, nonostante attualmente vi siano tecnologie già consolidate e poco costose che consentono di affrontare in modo efficace i fenomeni-causa (alcol, velocità, distrazioni, non osservanza delle Norme, ecc.).

Oggi è possibile limitare le stragi del sabato sera e bloccare il guidatore ubriaco: basta volerlo. Il sistema c’è e si chiama Alcolock: è un etilometro montato sull’auto. Finlandia e Svezia l’hanno reso obbligatorio su veicoli commerciali e scuolabus e altri 15 Paesi europei lo stanno testando. In Italia, invece, una Legge ne prevede l’installazione facoltativa con le Compagnie assicurative disposte a offrire robusti sconti. Peccato però manchino i Decreti attuativi che il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non ha emanato. Ricordo la recente tragedia della Valle Aurina costata la vita a sette persone travolte dall’auto di un operaio in stato di ebbrezza… L’ultimo punto concerne lo scarso controllo ambientale. Mancando una seria politica per lo sviluppo dei veicoli meno inquinanti, resteremo sempre fermi al solito punto; per potersi sviluppare l’auto elettrica costa ancora troppo. E questo è solo un caso, ma ve ne sono diversi altri… Non si tratta di essere disfattisti e/o di “fare di tutta l’erba un fascio”, ma la realtà è inequivocabile… Da questo quadro cosa si può concludere? O la politica si occupa di programmare ciò che è urgente creando le vere basi di partenza oppure saremo sempre bloccati e, di conseguenza, arretreremo. Sembra quasi che il voler ridurre il numero degli incidenti crei scontento in qualcuno… Tra l’altro, quasi tutti gli argomenti che ho citato riguardano unicamente gli inesistenti interventi della politica. Il nuovo anno si è aperto con troppi grandi problemi, irrisolti da una classe politica invece attentissima a fatti ben minori. Di una cosa sono certo: il Governo non farà niente. Piuttosto aspettiamoci interventi sui limiti di velocità, che poi servono solo per fare cassa o nuove proposte poco efficaci. Perciò occorre suggerire al mondo politico di seguire strade pratiche per fermare le stragi sull’asfalto, anche con verifiche attraverso monitoraggi puntuali dello stato di sicurezza delle infrastrutture e rapidi interventi di recupero e di adeguamento delle opere a rischio.

Claudio Capocelli

EDITORIALE


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