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VOLTA PAGINA
from N.237
Punto di (quasi) non ritorno
da giovedì 28 luglio 2022, il nostro Pianeta ha ufficialmente esaurito la propria bio-capacità, ossia le risorse naturali a disposizione per ciascuno dei suoi abitanti per quest’anno. Questo significa che l’umanità ha iniziato a utilizzare i beni destinati al 2023. La popolazione mondiale sta consumando l’equivalente di 1,6 pianeti all’anno, questa cifra dovrebbe salire a due pianeti entro il 2030, in base alle tendenze attuali. (ndr. il pianeta che abbiamo a disposizione, però, è soltanto uno.)
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L’indiscussa fiducia nel libero mercato e nella possibilità di sviluppo illimitato hanno considerato l’ambiente come una serie di risorse praticamente inesauribili che potevano essere sfruttate dall’uomo in maniera indiscriminata. Di fronte all’accelerazione repentina del progresso tecnologico l’industria si è sempre più concentrata nella produzione di massa e l’uomo nel migliorare il proprio benessere. Una credenza che è entrata in rotta di collisione, a partire dagli anni Sessanta, quando l’umanità ha iniziato a consumare più di quanto la Terra producesse. Da allora il giorno in cui viene superato il limite arriva sempre prima (nel 1975 era il 28 novembre), a causa della crescita della popolazione mondiale e dell’espansione dei consumi in tutto il mondo. Un’eccezione a questa situazione si è verificata nel 2020 quando, per effetto della pandemia, l’Overshoot Day slittò al 22 agosto. L’appuntamento viene definito dal Global Footprint Network; il centro studi valuta l’impronta ecologica dell’uomo e si occupa di sviluppare e promuovere strumenti volti ad accelerare la transizione verso un futuro più sostenibile, confrontando l’impronta ecologica dei cittadini, ovvero la quantità terrestre e acquatica che serve a ogni individuo per produrre tutte le risorse consumate, con la bio-capacità globale cioè la capacità della Terra di rigenerare le priore risorse.
Nel sesto rapporto (WGI) dell’IPCC 2021 si riporta una possibilità del 50% che venga superata la soglia del +1,5°C e dei +2°C in uno scenario ad alta emissione, mentre se l’umanità riuscirà ad azzerare le proprie emissioni entro il 2050 sarà possibile stabilizzare la temperatura entro quel grado e mezzo di rialzo che è l’impegno di Glasgow. Il documento dell’IPCC per la prima volta mette in correlazione inquinamento e riscaldamento globale, fatto questo che implica di integrare la battaglia per ridurre l’effetto serra con quella più ampia di ridurre l’impatto degli inquinanti sull’ambiente, lasciando finalmente intravvedere una visione ecologica, più completa e complessa del sistema Terra. Ne emerge chiaro il messaggio che una migliore qualità dell’ambiente è necessaria per contenere il riscaldamento globale, e allo stesso tempo riduce costi sociali ed economici. Il nuovo rapporto mostra che le attività umane hanno ancora il potenziale per determinare il corso del clima futuro e l’evidenza scientifica segnala in maniera indiscutibile che il biossido di carbonio (CO2) è il principale motore dei cambiamenti climatici, anche se altri gas serra e inquinanti atmosferici contribuiscono a influenzare il clima. Tutte le specie viventi che popolano il pianeta, animali e vegetali, vivono in stretta simbiosi con esso, non prendono più di quanto possa offrire e non lo danneggiano, d’altronde se lo facessero sarebbero le prime a risentirne. Tutte le specie, dicevamo, tranne una: l’uomo.
di Paolo Volta, giornalista, saggista e consulente di economia dei trasPorti