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COAST TO COAST

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Dopo la partenza ci aspettano otto giorni di viaggio, per un totale di quasi cinquemila chilometri, molti dei quali di deserto.

coast

Dalla California alla Florida con Robert, autista di una delle più grandi aziende di trasporto degli Stati Uniti.

Cinquemila chilometri

percorsi, otto stati attraversati, otto giorni di viaggi

di Fergus g. Flaherty FotograFie eamus Costello, marCo Perri, ViCtor KoChinsKi

Strade, strade e ancora strade. Poi camion, stazioni di servizio e camionisti. Odore di gasolio, caldo, freddo, cabine pulitissime o luride, rumore di motori. In mezzo tanti chilometri, su e giù per gli Stati Uniti, il Canada e il Messico. Chilometri su chilometri macinati sui camion o sul nostro vecchio pick-up, hamburger, bistecche, uova strapazzate e patatine buttate giù in posti incredibili. Questa vita comincia a pesare, sarà l’età, sarà il fatto che abbiamo girato dappertutto, sarà la voglia di pantofole, televisione e un pranzetto fatto in casa… Comunque… Una mattina di buon ora a Santa Monica, California, saliamo sul Volvo rosso che Robert guida per la U.S. Xpress e ci prepariamo a farci trasportare sino in Florida, dall’altra parte del Paese.

Robert, 42 anni, guida un Volvo per una delle più grandi imprese di trasporto degli Stati Uniti, la U.S. XPress. La base logistica della U.S. Xpress a Santa Monica, un via vai di camion tutti rigorosamente rossi.

SI PARTE DA SANTA MONICA

Un viaggio non da poco, Robert trasporta collettame e dovremo effettuare parecchie fermate. Lasceremo alle nostre spalle le spiagge del Pacifico e percorreremo la Interstate 10; attraverseremo otto Stati, scaricheremo merce in una decina di città, percorreremo, comprese tutte le deviazioni, circa 3mila miglia, più o meno 4.800 chilometri e, dopo otto giorni (se tutto andrà bene) arriveremo a Jacksonville, in Florida. Qui Robert avrà scaricato tutto il suo carico, si riposerà un paio di giorni; quindi, ripartirà per un altro viaggio che chissà dove lo porterà. Noi no, noi prenderemo un bell’aereo con destinazione, finalmente, Milano. Per noi sarà la fine di quattro mesi di cavalcate per gli Stati Uniti. Con il sottoscritto si sono alternati nove fotografi e dodici autisti, sono state “consumate” (rubate o distrutte) due macchine fotografiche, un obiettivo e un computer portatile. Ma, come diceva qualcuno, non ce lo ha ordinato il dottore e così via, si parte di nuovo.

La Interstate 10, quando parte da Santa Monica (in California), si chiama Santa Monica Freeway ed è davvero impressionante: un fiume di macchine e camion che viene continuamente ingrossato dagli enormi svincoli di cemento, che scorre tra capannoni industriali, insegne di motel a buon mercato e fast food. Solo quando si arriva a Palm Springs, città di ville miliardarie e campi da golf, il paesaggio cambia, la strada diventa a due corsie e Robert, finalmente, si rilassa. Si accende una Marlboro, si accomoda sul sedile e comincia a parlare. Robert ha 42 anni e da qualche tempo lavora per una delle più grandi imprese di trasporto del Paese, la U.S.XPress, con sede centrale a Chatanooga, in Tenessee, ma con basi su tutto il trerritorio, in Canada e in Messico. Dopo anni passati a fare il padroncino, ha deciso che uno stipendio fisso è importante. E non solo lo stipendio, ma anche una serie di agevolazioni che le aziende oggi offrono agli autisti con un buon curriculum.

La Interstate 10, quando parte da Santa Monica, si chiama Santa Monica Freeway ed è davvero impressionante: un fiume di macchine e camion che viene continuamente ingrossato dagli enormi svincoli di cemento.

UN MONDO CHE CAMBIA

“Da un paio d’anni a questa parte – racconta – le cose per noi autisti con un buon curriculum e soprattutto americani ‘girano’ decisamente bene. La nostra professione non attira più come una volta e le imprese che hanno bisogno di personale devono essere di bocca buona. Oggi molti colleghi sono immigrati dei Paesi dell’Est o sudamericani, brava gente, per carità, ma non

parlano bene l’inglese, non conoscono il territorio. Poi – continua – ci sono tantissimi messicani, soprattutto nel Sud. Ma di americani ‘veri’ siamo sempre di meno. Negli ultimi dieci anni molti autisti sono arrivati dall’esercito, veterani dell’Iraq o dell’Afghanistan, gente seria con una buona scuola alle spalle, ma non con un curriculum professionale specifi“Professional Truck Driver” sta co. E da quel punto di scritto sull’anello che Robert vista sono davvero porta fieramente all’anulare destro. un privilegiato, ho un ottimo contratto, che prevede anche l’assicurazione sanitaria, tutta una serie di bonus legati alla produttività e la scuola pagata per i figli, fino a 16 anni. Non male”. Anche Robert, dunque, è uno dei tanti autisti che ha smesso i panni del padroncino per vestire quelli, sicuramente più tranquilli, del dipendente. Negli Stati Uniti i padroncini ormai stanno scomparendo, modificando, di fatto il panorama del trasporto americano che si basava proprio su un grande numero di professionisti, liberi come l’aria che si respira nelle grandi pianure, che si spostavano continuamente, magari seguendo il corso delle stagioni, da uno stato all’altro.

percorreremo la Interstate 10, attraverseremo otto Stati, percorreremo circa 3mila miglia, più o meno 4.800 chilometri e, dopo otto giorni arriveremo a Jacksonville, in Florida.

“Comunque – riprende Robert – tutta questa gente nuova che arriva dall’altra parte del mondo ha cambiato l’ambiente non è più come una volta, manca quello spirito, quella solidarietà, quella voglia di fermarsi a scambiare due chiacchiere… manca il bisogno di essere liberi”. Di questi discorsi ne abbiamo sentiti a decine, e non solo negli Stati Uniti, ma anche a casa nostra; il fatto è che il mondo sta cambiando rapidamente e bisogna adeguarsi. Robert continua a chiacchierare, mentre il paesaggio cambia radicalmente. Ai lati della strada centinaia e centinaia di generatori eolici, enormi eliche bianche in lunghe file ordinate, trasformano il vento del deserto in energia pulita. Ci dirigiamo verso l’Arizona, attraversiamo il Colorado River ed ecco spuntare i cactus circondati da quella terra rossa che ci ricorda i film western di tanti anni fa; ci si aspetta da un momento all’altro di veder comparire John

Il paesaggio sembra non cambiare mai: autostrade, poche auto qualche camion e autobus, mentre la radio alterna musica country a notizie che riguardano i camionisti. Si va verso Tucson.

Un’impressionante sfilata di camion parcheggiati ordinatamente nel piazzale di un truckstop. Wayne da una delle tante formazioni rocciose… ma non è così, il paesaggio è sempre uguale nella sua maestosa monotonia.

SOSTA IN ARIZONA

È ora di fermarci per fare il pieno, mangiare e dormire. Un grande truck stop fa al caso nostro. Nel piazzale una ventina di camion disposti in bell’ordine. Il locale è stretto e lungo, uguale a centinaia di altri già visti in questo sterminato Paese. Al banco una bionda ossigenata, vicino ai “sessanta”, ci saluta chiamandoci “ragazzi miei”, la cosa è divertente ma ha un che di triste. “Si chiama Liz – dice Robert indicandomi la bionda – è qui da sempre, era la moglie di Jack, il padrone, è morto parecchi anni fa, lasciandole questo locale… non era male… certo ora l’età… tutti noi ci abbiamo fatto un pensierino qualche volta ma…”. Liz, senza chiederci nulla, ci porta un piatto con hamburger, salsiccia e uova strapazzate, coperte da una massa di patatine fritte e una brocca di una bevanda che, molto impropriamente, chiamano “caffè”. Al tavolo più lontano una decina di camionisti discute animatamente; Robert si avvicina e si abbraccia con uno di loro. È brutto, peloso e pieno di tatuaggi, ma ha la faccia simpatica. Me lo presenta, si chiama Lou ed è stato per molti anni socio di Robert. Ora anche lui è dipendente, ha “ceduto” un anno fa, racconta, quando ha avuto un incidente: camion distrutto, carico perduto, problemi di salute e debiti da pagare. Ora lavora per una piccola azienda a Tucson: non è una gran vita, ma lavora e guadagna a sufficienza per vivere. Dopo una bella dormita sulla comoda cuccetta (quasi un letto vero) si riparte. Il paesaggio non cambia: enormi autostrade, poche auto qualche camion e autobus, mentre la radio alterna musica country a notizie che riguardano i camionisti. Dalle offerte di lavoro al meteo al traffico, passando per qualche consiglio sulla sicurezza. Poco più di cento anni fa dove ora ci sono le autostrade galoppavano gli indiani. Qui il tempo è volato. I pensieri si interrompono bruscamente quando entriamo a Tucson, città modernissima dove Robert scarica velocemente un paio di pallet. œ Fine prima puntata

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