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LA SFIDA VERDE Cosa c’è per l’autotrasporto nel PNRR?

ZERO INCENTIVI PER ZERO EMISSIONI

LA RICHIESTA LAA RICH

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Bisogna assicurare con le B Bisogn risorse del Recovery Plan una dotazione finanziaria pluriennale adeguata a sostenere gli imponenti investimenti green delle imprese di autotrasporto impegnate a rinnovare i propri mezzi. Amedeo Genedani, presidente di Confartigiananato tigian

Se qualcuno pensava che dei 223 miliardi del Recovery fund qualche d spicciolo arrivasse all’autotrasporto per il rinnovo di un parco tra i più vecchi d’Europa, in nome del Green Deal lanciato da Bruxelles, il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, ha pensato bene, già a metà aprile, di sgombrare il campo da illusioni. Partecipando a un dibattito di Radio24, ha detto chiaro e tondo che dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR), quello cioè da finanziare con le risorse della Next Generation EU, l’autotrasporto «non può beneficiare di risorse per rinnovare, per esempio, il parco veicolare», anche se ha aggiunto che, però, «potrà appoggiarsi ad altri aiuti», senza peraltro specificare né quali, né quanti. Eppure, l’avevano chiesto in tanti: se l’Europa vuol togliere dalla circolazione i veicoli a carburanti fossili entro i prossimi trent’anni, quale migliore occasione della Next Generation UE (una settantina di miliardi per la transizione ecologica) per incentivare lo svecchiamento del parco di veicoli pesanti e la loro graduale sostituzione con mezzi a zero emissioni, inserendo la misura nel PNRR? Su questa linea si erano schierati, naturalmente, i costruttori di veicoli. Paolo Scudieri, presidente di Anfia, ha definito la rivoluzione della mobilità «una sfida per cui le aziende necessitano del sostegno di interventi da attuare tramite il Recovery Plan per mantenerne alta la competitività e rendere l’Italia attrattiva per nuovi investitori». Altrettanto naturalmente, il presidente di Unatras, Amedeo Genedani, aveva scritto al presidente del Consiglio, Mario Draghi, per chiedere «di assicurare con le risorse del Recovery Plan una dotazione finanziaria pluriennale adeguata a sostenere gli imponenti investimenti green delle imprese di autotrasporto impegnate a rinnovare i propri mezzi». Scontato anche che lo chiedessero le case produttrici di veicoli. Ma a favore degli incentivi ai camion si erano dichiarati anche i principali operatori della mobilità elettrica in Italia, attraverso la loro associazione, Motus-E, che in un promemoria per il governo preentato a gennaio, ha definito «centrae» il fatto «che la domanda di veicoli M, N (la categoria N è quella del trasporto merci, NdR) e L a zero e basse emissioni ) (sotto i 60 grammi di CO2 per km) venga sostenuta e che, in ottica di continuità e certezza degli strumenti, si mantenga la struttura attualmente prevista per l’ecobonus, prorogandone la validità sino al 2025 e mantenendo la forma dell’incentivo diretto all’acquisto». Più o meno quello che chiedeva Unatras. E il presidente dell’Albo degli autotrasportatori, Enrico Finocchi, ha fotografato la situazione con poche parole: «Capiamo che non ci sia spazio nel PNRR per i contributi al rinnovo del parco mezzi, ma – come sottolineato anche dal ministro – ci saranno fondi alternativi, altrimenti non sarà possibile alcuna transizione ecologica dell’autotrasporto che, ricordiamo, muove l’80% delle merci. Ma le imprese hanno bisogno di programmazione, di un sistem lità o anche di disincentivaz bia un orizzonte pluriennale

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LO SHIFT MODALE

E allora cosa c’è – per quan trasporti – nel Piano inviato il 30 aprile, dopo un lavo e silenzioso nelle stanze p inaccessibili del governo Dra non hanno partecipato i pi ressati? Quello che emerge fia, riassunta in poche par «Obiettivi strategici» del min vannini, al punto 13.2: «Svilu di trasporto in grado di ridu tivamente le esternalità n emissioni inquinanti, trasf quota del trasporto di me ad altre modalità di traspo mente sostenibili, anche a piena utilizzazione dei fond Tradotto in inglese:lo shift m E colpisce in un altro documento base

A RISPOSTALA RISPO

L’autotrasporto non può L’autotra beneficiare delle risorse b fi della Next Generation EU per rinnovare, per esempio, il parco veicolare … (ma) potrà appoggiarsi ad altri aiuti… Enrico Giovannini, ministro Infrastruttture

Il ministro Giovannini assicura che il sostegno ci sarà, ma non sarà finanziato dal Recovery fund. Il che vuol dire ricontrattare ogni anno gli stanziamenti. In più seguirebbero lo stesso itinerario anche Marebonus e Ferrobonus, nonostante siano essenziali per lo shift modale

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LA REPLICA LAA REP

Capiamo che non ci sia spazio Capiam nel PNRR per i contributi al rinnovo del parco mezzi, ma ci saranno fondi alternativi, altrimenti non sarà possibile alcuna transizione ecologica dell’autotrasporto che, ricordiamo, muove l’80% delle merci. Ma le imprese hanno bisogno di programmazione, di un sistema di premialità o anche di disincentivazione che abbia un orizzonte pluriennale. Enrico Finocchi, presidente dell’Albo o degli autotrasportatoatori

MAREBONUS E FERROBONUS

Sia chiaro, gli autotrasportatori non sono affatto contrari a misure come Marebonus e Ferrobonus. Solo, vorrebbero che l’incentivo fosse assegnato a loro – che spostano merci dalla strada al mare o alla ferrovia – anziché agli armatori e a chi organizza i treni. E, infatti, nella stessa lettera a Draghi, Genedani chiedeva anche di «incentivare lo sviluppo dell’intermodalità marittima e ferroviaria, prevedendo dei voucher diretti agli autotrasportatori che sono coloro che compiono la scelta intermodale, tolgono tir dalle strade e riducono notevolmente le emissioni inquinanti». Ma anche questi sono scomparsi dal Piano. Lo ha denunciato il segretario generale di FAI-Conftrasporto, Pasquale Russo, lamentandosene con Giovannini, nel segnalare come nel PNRR non vi sia traccia di politiche di incentivo al trasporto su strada, come il Ferrobonus («ottima iniziativa premiante per le imprese che decidevano di andare sul treno») o il Marebonus («che va riprogrammato come incentivo d’aiuto all’autotrasportatore che sceglie la nave»). Insomma, se anche per gli incentivi all’intermodalità bisognerà ricorrere al bilancio ordinario, sarà ogni volta una lotta dura per reperire i fondi in una fase economica che si preannuncia assai difficile. Una prospettiva che lascia gli autotrasportatori perplessi e con l’amaro in bocca. Come quella frase che Giovannini ha pronunciato a fine dibattito, in risposta all’ennesima richiesta di incentivare il rinnovo del parco: «Manca una filiera italiana per la produzione di mezzi pesanti elettrici o a idrogeno», ha osservato, aggiungendo: «Gli imprenditori sono interessati al cambiamento, ma il rinnovo delle flotte innescherà solo un boom di importazioni, faremo felici altri paesi». Una battuta di cui gli autotrasportatori italiani si stanno ancora chiedendo il significato.

di questa transizione green – il Piano nazionale integrato per l’energia e il clima (Pniec) – il diverso trattamento per le due strade indicate per l’autotrasporto: l’intermodalità e gli incentivi per il rinnovo del parco. Ma mentre per la prima, citando come strumenti Marebonus e Ferrobonus, il Piano li definisce «misure fondamentali» e afferma che «sarà importante rilanciarli per il periodo 2021-2030», per i secondi si limita a indicare le misure finora adottate senza far cenno né sulla loro utilità, né sulla loro prosecuzione. Ne esce fuori un quadro di prospettiva in cui il trasporto merci su strada si divide in due grandi segmenti: quello di corto raggio – la distribuzione – che sarà indirizzato a veicoli elettrici o a basso impatto ambientale (ma non sono previsti incentivi neppure per questi); quello di lungo raggio – il trasporto di linea – che in gran parte sarà dirottato verso modalità meno inquinanti. Una lettura colta con precisione da I-Com, istituto per la competitività – un think tank fondato nel 2005 da un gruppo di studiosi, professionisti e manager, presieduto dall’economista Stefano Da Empoli – che in un brief dello scorso febbraio («La mobilità si evolve. Quali strade per una più rapida transazione energetica?»), osserva a proposito del Pniec: «In generale, emerge come sia utile promuovere l'integrazione tra le distanze medie e lunghe che debbono essere effettuate su ferro e nave e la distribuzione locale verso imprese, centri distribuzione, aree commerciali e città che deve essere effettuata su gomma con mezzi puliti e a basso impatto ambientale».

L’INTERMODALITÀ PROMESSA

Neanche per l’intermodalità c’è spazio nel PNRR. Ed è strano perché, non essendoci fondi per il rinnovo del parco veicolare, sarebbe stato utile incrementare lo shift modale tramite il ferrobonus e il marebonus. In realtà, è molto probabile che queste misure saranno riproposte, ma all’interno del bilancio ordinario, quindi con modalità di reperimento delle risorse più complicato e anche in modo meno strutturale.

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