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LA TRANSIZIONE Biometano, biodiesel, bioetanolo, i combustibili rinnovabili

Bioibrido provenienza riduzione CO2 caratteristiche

combinazione di un biocarburante e di elettricità fi no al 92% zero emissioni e zero rumore in città

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Biometano liquami o rifi uti locali fi no al 90% produzione poco costosa

Bioetanolo canna da zucchero, grano, mais, zucchine fi no al 90% disponbile in grandi quantità

HVO olio vegetale idrotrattato, da oli usati e grassi animali fi no al 90% può essere usato su motori diesel

Biodiesel semi di colza, piante e olio di cucina usato fi no al 66% può essere usato su motori diesel

Che le emissioni zero non siano dietro l’angolo lo riconoscono pure – implicitamente – i corposi Piani nazionali per l’energia e il clima, quando prevedono un aumento delle stazioni di rifornimento per metano liquido o compresso e aprono ai biocarburanti anche per la trazione: la CO2 non sarà azzerata, ma almeno fortemente ridotta in attesa di elettrico e idrogeno. Ma dato che CNG e GNL sono di origine fossile e abbattono l’ anidride carbonica solo del 20%, sarà bene considerare i biocarburanti e lo stesso biodiesel, che la abbatte fino al 66% e che potrebbe diventare neutro, stando agli studi dell’università inglese di Exeter, con l’utilizzo di batteri geneticamente modificati. E addirittura è possibile accoppiare trazione elettrica con quella bio, per un bio-ibrido che abbatte ancor più le emissioni e le limita ai percorsi extraurbani. Insomma, per trovare risposte alla produzione di energia verde, il settore dei biocarburanti è diventato un immenso laboratorio.

BIOMETANO

Chi sta già alle prime applicazioni è il biometano, principale figlio dei biogas tratti dalla «digestione anaerobica» di rifiuti, scarti agricoli e liquami zootecnici, in cui le sostanze organiche sono elaborate da batteri e trasformate in combustibile volatile. Offre vantaggi non trascurabili, soprattutto per il trasporto pesante: è utilizzabile direttamente nei tanti motori a metano in circolazione, offre ampia autonomia, ce n’è grande disponibilità a basso costo e abbatte la CO2 del 90%. Per contro, ha meno contenuto energetico del gasolio, il che vuol dire che con un litro si fanno meno chilometri, ma la sua economicità compensa abbondantemente i maggiori consumi e anche, in tempi medi, il costo iniziale superiore di un 20-25% a quello di un diesel analogo. Il problema è il solito: una rete di distribuzione agli inizi e che soltanto negli ultimi mesi vede i primi impianti: a Rimini voluto da Vulcangas; a Torino, a ridosso della sede di CNH Industrial che l’ha voluto; all’autoporto di Sadobre sull’autostrada del Brennero. Altri sei sono stati annunciati dalla 2LNG, società controllata dal gruppo Holdim, e altri otto sono previsti dal progetto Bio-LNG4Italy (da 23,5 milioni) lanciato da Snam. A Sud di Melzo è prevista una stazione da 11.400 mq, a breve distanza dai siti di produzione.

BIOETANOLO

Alla vivacità della ricerca sul biogas, si aggiungono altri carburanti a bassissima produzione di CO2. Anche il bioetanolo, una specie di alcool prodotto dalla fermentazione di prodotti agricoli ricchi di zucchero, molto usato nei trasporti, ma non in Italia. In realtà la sua efficienza energetica è inferiore del 31% rispetto ai carburanti fossili, ma il progetto Bioethanol for Sustainable Transport (BEST), supportato dalla Commissione Ue e da altri sei paesi, sta cercando di dimostrare la fattibilità della sostituzione di benzina e diesel con il bioetanolo. In Italia il progetto ha come sede La Spezia dove è prevista la costruzione delle prime 3 stazioni di rifornimento.

HVO

La sigla sta per Hydrogenated Vegetable Oil, cioè olio vegetale idrotrattato, che può essere ricavato da olio usato, olio di semi di colza, olio di palma e grassi animali, per produrre una sorta di diesel rinnovabile (realizzato usando idrogeno come catalizzatore), utilizzabile nei motori a gasolio esistenti e con performance migliori di gasolio e biodiesel. Seppure riconosciuto dai costruttori, è in vendita solo in stazioni di rifornimento selezionate soprattutto in Scandinavia e negli Stati baltici.

Il settore bio è un laboratorio in fermento in tutto il mondo. In Italia il più avanzato è il biometano, nato da rifiuti e liquami, sostenuto da una norma di tre anni fa che ne ha incentivato la produzione e sta facendo sorgere i primi impianti di distribuzione

BIOCARBURANTI DI 2a GENERAZIONE

I biocarburanti sono accusati di ridurre la disponibilità di derrate alimentari e di aumentare la fame nel mondo. E la produzione di biodiesel è dispendiosa anche dal punto di vista idrico: per un litro di carburante servono 4 mila litri di acqua per irrigare le colture e per il processo chimico di trasformazione. Per questo stanno nascendo i cosiddetti «biocarburanti di seconda generazione», ottenuti con altri procedimenti, come la lavorazione di materiale lignocellulosico, attraverso la tecnica della pirolisi, la coltivazione del miscanto, chiamata anche erba elefantina, per le dimensioni dei suoi cespugli o delle alghe. Il laboratorio va avanti. Ma i motori sono ancora lontani.

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