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LA TRANSIZIONE Parla Mihai Daderlat, Iveco business director Mercato Italia

LA TERZA VIA DEL BIO-LNG

«Èun percorso a ostacoli molto intenso. Per raggiungere l’obiettivo bisogna giocare su tutti i fronti, in quanto non c’è una sola tecnologia capace di soddisfare tutti i requisiti richiesti e tutte le esigenze del settore dei trasporti che sono legati alla sua mission e anche alla sostenibilità economica». È una fotografia quella con cui, in poche parole, Mihai Daderlat, Iveco Business Director Mercato Italia, ritrae la complessità del doppio impegno assunto dall’Unione europea con il suo New Green Deal per raggiungere la carbon neutrality nel y 2050 e per ridurre di almeno il 55% illivello di emissioni di CO2 entro il 2030. E spiega: «Pertanto i nostri sforzi andranno in parallelo sullo sviluppo di veicoli elettrici – full electric o elettrici con fuel cell l a idrogeno – e nello stesso tempo sui veicoli con trazione a metano – CNG o LNG – il cui effetto positivo nella riduzione delle emissioni è già concreto e sarà potenziato ulteriormente dall’impiego di Bio-LNG». Qualche previsione in termini numerici? Guardando indietro, al2019, quando in Europa c’era solo un 2% di veicoli a trazione alternativa, credo che già nel 2025 potremo registrarne una presenza di circa il 16% sulle nuove immatricolazioni: un 1011% a metano e un 5-6% elettrici. Nel 2019 Iveco era già attiva sul mercato, con il 19% di trazioni alternative commercializzate in Europa contro l’81% di diesel. Nel 2025 prevediamo di vendere solo il 50-53% di veicoli pesanti diesel e, per il resto, un 40% di metano e un 7% di veicoli elettrici.

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Spingiamoci più avanti. Nel 2030? Vedremo sul mercato un numero sempre più importante di veicoli elettrici e a idrogeno che potranno rappresentare, nel 2030, circa il 20% delle nuove immatricolazioni, accanto a un altro 10% di veicoli a Bio-LNG, per cui il diesel al 2030 dovrebbe restare intorno al 70%. Il passo potrebbe essere anche più accelerato, certo è che lo sviluppo delle trazioni alternative dipenderà moltissimo non solo dai pro-

Per raggiungere la carbon neutrality bisogna giocare su tutti i fronti. I costruttori si muovono anche con partnership per risolvere i problemi tecnologici, ma i governi devono incentivare non solo l’acquisto dei nuovi veicoli, ma anche il lavoro e la sostenibilità delle imprese

20 progetti che vedranno la luce entro un anno potranno assicurare una produzione di circa 160 tonnellate al giorno e alimentare più di 2mila veicoli al 100% Bio-LNG. Quindi il 40-50% delle flotte di veicoli LNG oggi circolanti potranno raggiungere subito il traguardo europeo di neutralità del CO2 fissato per il 2030.

duttori, ma anche da tutti gli stakeholders e dai governi europei che dovranno agevolare lo sviluppo di tutto il sistema di produzione e delle infrastrutture per la distribuzione capillare di idrogeno, così come di energia elettrica. Non sarà facile, ma siamo sulla buona strada. L’ LNG però non sarebbe in grado di accompagnarci nei prossimi decenni, perché è di origine fossile. È corretto ricordare l’origine fossile dei carburanti CNG o LNG. Ma la sostenibilità ambientale della nuova tecnologia si è fatta apprezzare perché abbatte il 95% del particolato – uno dei componenti più dannosi delle emissioni dei nostri veicoli – e il 90% di diossido di azoto, oltre a ridurre tra il 5% e il 10% del CO2, che è la mission principale. Quindi, nonostante l’origine fossile, questi carburanti rappresentano una soluzione concreta per salvaguardare l’ambiente e la sostenibilità del trasporto. Ma la vera dimensione virtuosa nel futuro del metano sta nella possibilità di impiegare nei nostri mezzi il biometano che, a questo punto, diventerebbe una risorsa che arriva da una filiera circolare, e dunque non più di origine fossile. Questo rende il biometano e il Bio-LNG la soluzione più concreta per raggiungere la carbon neutrality, considerando chiaramente l’intero ciclo, dalla fonte di energia alla ruota, come una vera economia circolare che porta a una riduzione del CO2 del 90-95%. Ma a che punto siamo con il Bio-LNG? In Europa e in Italia oggi il 17% del metano utilizzato per il trasporto è già bio, in Italia siamo protagonisti di questa transizione. Sappiamo di almeno 20 progetti di produzione e di liquefazione del metano che vedranno la luce entro un anno e che potranno assicurare una produzione di circa 160 tonnellate al giorno. Ciò significa poter alimentare più di 2mila veicoli al 100% Bio-LNG, quindi il 40-50% delle flotte di veicoli LNG oggi circolanti potranno raggiungere subito il traguardo europeo di neutralità del CO2 fissato per il 2030. Dunque, il Bio-LNG è una risorsa molto preziosa per il trasporto sostenibile. Quali sono, invece, le prospettive dell’alimentazione elettrica? Bisogna vedere gli sviluppi della tecnologia dei veicoli elettrici per ottenere un risultato altrettanto vincente. Dobbiamo distinguere tra i veicoli leggeri elettrici, che già oggi sono una soluzione ideale per la distribuzione urbana – parcel delivery, e-commerce – e contribuiscono a raggiungere la carbon neutrality anche nelle grandi metropoli. Per quanto riguarda i veicoli pesanti, l’alimentazione elettrica avrà un ruolo molto importante, nell’ambito di un’autonomia che, ai livelli tecnologici attuali e futuri, si prospetta tra i 400-500 km, quindi idonei a mission di medio e corto raggio: distribuzione urbana e regionale. Ma poi ci sarà l’idrogeno… Veicoli con propulsione elettrica, ma con fuel cell a idrogeno, potranno andare fino a 1000km nei percorsi a medio e lungo raggio. La diffusione di questi veicoli è legata a un modello di business che possa rendere accessibile un prodotto che, per il contenuto altamente tecnologico, avrà dei costi considerati fuori scala rispetto alle esigenze di un trasporto che deve essere sostenibile anche dal punto di vista economico. Probabilmente, da oggi ai prossimi dieci anni, dovranno cambiare i paradigmi di calcolo. Non parleremo più di costo, ma solo di costo di esercizio, il TCO , ragioneremo sul costo per chilometro e noi costruttori dovremo offrire delle soluzioni pay-per-use che siano accessibili a tutti i trasportatori. E il governo? Come può intervenire per riequilibrare i costi nella fase di transizione? Bisognerebbe intervenire sugli incentivi sia sul piano nazionale sia sul piano europeo. Per esempio, Iveco è parte del consorzio H2 Accelerate, una partnership strategica con Daimler Truck, Volvo Blu e Shell, per lavorare in sinergia, sviluppando la rete infrastrutturale, la nascita di stabilimenti di produzione di idrogeno, le reti di distribuzione ad alta capacità per idrogeno liquido e gassoso. Ma tutto questo non basta senza un supporto fattivo degli enti di governo, che hanno il compito di attuare politiche coerenti con il Green New Deal. L’elettricità, il metano, l’idrogeno, le fonti rinnovabili sono soluzioni idonee per raggiungere l’obiettivo, ma la sostenibilità economica richiede un grande impegno di sinergia di tutta la filiera dalle istituzioni europee, nazionali, regionali per attuare politiche di incentivazione economica ma anche di semplificazione normativa. In questa situazione, se lei potesse gestire un pezzo del Recovery plan, da cosa comincerebbe? Il Recovery Plan è una misura molto attesa e necessaria per ripartire. Non sappiamo ancora esattamente tempi e modi in cui i fondi saranno impiegati. Ma dal momento che gli obiettivi sono stati già fissati dalla Green New Deal, bisogna allinearsi. Risulta necessario intervenire sul piano fiscale per sostenere gli investimenti degli operatori del traporto, per rinnovare il parco circolante, ma anche per promuovere i nuovi carburanti e le nuove tecnologie verso le alimentazioni alternative al fine di favorire l’abbandono di quelle convenzionali. Serve un’agevolazione immediata per l’accesso al prodotto, ma anche per il supporto all’utilizzo delle nuove tecnologie. Il problema non è soltanto acquistare il mezzo, ma anche consentire un equilibrio dei costi di gestione.

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