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CHI PAGA? Dietro la protesta, l’incertezza su un programma di incentivi al rinnovo
AUTOTRASPORTO VERSO L’AGITAZIONE
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er rimanere nel vocabolario traspor-Ptistico, è come se mancasse l’ultimo miglio. Come se un prodotto, uscito dalla fabbrica, venisse trasferito a una piattaforma logistica, di qui a un centro intermodale, poi a un deposito periferico, infine a un magazzino di zona. E qui si fermasse perché non c’è nessuno che copre l’ultimo tratto per raggiungere quello che in gergo –con una spolverata di fatalismo – si chiama «destino». Serve a poco, cioè, finanziare tutta la transizione green dell’intera rete a monte (ricerca tecnologica, produzione d’energia verde, rete di distribuzione) e poi far mancare all’autotrasporto gli incentivi – programmati e adeguati – per comprare i veicoli a emissioni zero, tratto finale e ineludibile per rendere il parco circolante dei camion pesanti – uno dei più obsoleti d’Europa: età media 13,5 anni secondo le stime Unrae – più giovane e meno inquinante. In due parole: senza sostegni appare assai difficile tagliare il traguardo della carbon neutrality nel 2050, soprattutto nell’autotrasporto.
14:46
È l’ora in cui, il 1° ottobre, si sono esaurite le risorse previste per l’acquisto di veicoli Euro 6 con relativa rottamazione, aperte esattamente lo stesso giorno. Quelle per i veicoli elettrici, ibridi e a metano si sono spalmante per molto più tempo LA LETTERA DI UNATRAS
La scomparsa degli incentivi dal Piano nazionale di ripresa e resilienza, preannunciata dallo stesso ministro per le Infrastrutture e la Mobilità sostenibili, Enrico Giovannini, del resto, è andata di traverso alle associazioni dell’autotrasporto che speravano di poter inserire il rinnovo del parco in un programma coerente e consistente che li accompagnasse nella transizione green. Ed è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Già indispettita dalla mancanza di un confronto reale (nei due incontri online con il ministro erano presenti interi comparti e gli interventi erano limitati a pochi minuti), Unatras ha delegato il suo presidente, Amedeo Genedani, a scrivere una lettera dalla forma garbata, ma dal tono palesemente irritato: le tematiche dell’autotrasporto «non possono essere affrontate in riunioni aperte a una pletora di soggetti e con uno spazio di intervento di tre minuti»: il settore «ha dimostrato di essere determinante e per questo ha necessità di avere la giusta attenzione»; alla lettera inviata al ministro il 22 marzo scorso «non è seguito nessun riscontro». E – qui casca l’asino – «nel frattempo è emerso che il PNRR non è lo strumento adatto per assicurare un’adeguata dotazione finanziaria costante e duratura per incentivare la transizione ecologica del settore». Visto che ci si trovava, Genedani ha ricordato anche altre questioni in sospeso: «È stata rigettata al mittente la richiesta, indirizzata anche a lei, con cui si chiedeva almeno una proroga dell’iniquo balzello che l’Autorità
La reazione delle associazioni all’assenza del settore nel Piano di rilancio è stata vibrata. Conftrasporto ha chiesto lo stato d’agitazione e non ha escluso il fermo. Unatras ha scritto al ministro Giovannini chiedendo un confronto serio per dare certezze al futuro del settore
230
Sono gli anni necessari per rinnovare l’intero parco veicolare sopra le 3,5 ton con veicoli elettrici, anche destinando tutti i 120 milioni all’acquisto di tali mezzi, che a conti fatti sarebbero stati sufficienti a rinnovarne 3 mila. Divisi per il circolante di 690 mila mezzi si arriva appunto a 230 anni.
di Regolazione dei Trasporti ha esteso anche al nostro settore»; l’autotrasporto ha bisogno di «garanzie per il futuro», sia per quanto riguarda i Sussidi ambientalmente dannosi (SAD) e cioè gli sconti sulle accise («ricordiamo che tale rimborso è erogato agli operatori del trasporto in ragione del costo più alto del gasolio» in Italia rispetto all’Europa a 27), sia per quanto riguarda «la riproposizione per il prossimo triennio del fondo per l’autotrasporto». E qui ricasca l’asino. Perché, per quanto Giovannini abbia fatto capire che lo sconto sull’accisa potrebbe essere sostituito da un alleggerimento dei contributi sul costo del lavoro (ma bisogna capirne l’entità, perché la misura comunque favorirebbe la distribuzione – che ha molto personale – e danneggerebbe l’autotrasporto di linea – che consuma molto gasolio) e abbia assicurato che incentivi per il rinnovo del parco verranno da altre voci di bilancio, ciò significa che, anziché avere un percorso privilegiato – sotto l’egida dell’Unione europea – per rinnovare gradualmente i veicoli a carburanti fossili, si continuerà nell’estenuante dialettica interministeriale, che ogni anno porta a uno stanziamento largamente insufficiente a sostenere gli ambiziosi programmi del Green Deal europeo.
GLI INCENTIVI IN CORSO
Per capire meglio, l’unico incentivo rimasto in vigore per quest’anno è la seconda tranche dei circa 120 milioni stanziati alla fine di un complesso itinerario contabile per il bilancio triennale 2019-2021. Ai 25 milioni annui destinati agli investimenti all’interno del pacchetto di risorse assegnate annualmente all’autotrasporto, infatti, nel corso del triennio è stata aggiunta un’ulteriore dotazione proprio per accelerare il rinnovo del parco. I finanziamenti sono stati concessi – fino a esaurimento dei fondi disponibili – per acquisto o locazione finanziaria di veicoli oltre le 3,5 ton ad alimentazione CNG, LNG, elettrica o ibrida (punto a del decreto attuativo) e (punto b) di veicoli Euro6 con relativa rottamazione, oltre che (punti c e d) per rimorchi e casse mobili. Le domande per la tranche dello scorso anno si erano aperte il 1° ottobre del 2020 ed è significativo rilevare – dal prospetto di Rete autostrade mediterranee (RAM), la società in house dell’ex ministero dei Trasporti che istruisce le pratiche – che le richieste per il punto a (elettrico, ibrido, metano) si sono spalmate per tutto il periodo, mentre quelle per il punto b (Euro 6) hanno esaurito le risorse previste alle 14:46 dello stesso 1° ottobre, nonostante l’incentivo (oltre le 16 ton) per le alimentazioni alternative arrivasse a 20 mila euro e si fermasse invece a 8 mila per i diesel di ultima generazione. Segno che il contributo pubblico a fondo perduto è ritenuto insufficiente a compensare le problematiche che ancora accompagnano la penetrazione di veicoli alternativi al diesel soprattutto tra i mezzi pesanti. Per la tranche 2021 è probabile che lo scenario si replichi. Ma la notizia offre il destro per capire che il vero problema è l’entità dello stanziamento. Se anche tutti i 120 milioni fossero andati all’acquisto di veicoli elettrici (peraltro al momento quasi inesistenti sul mercato e, comunque, gravati da una differenza di prezzo rispetto i diesel assai superiore a 20 mila euro), ne sarebbero stati sostituiti soltanto 6 mila nel biennio: 3 mila l’anno. A questo ritmo (ottimistico) con un parco di 690 mila mezzi oltre le 3,5 ton (stime Unrae), ci vorrebbero, non 30, ma 230 anni, per rinnovarlo completamente e far sparire dalla circolazione i veicoli pesanti a carburanti fossili.
VERSO LO STATO DI AGITAZIONE
In tale situazione, nell’incertezza sull’entità, sul consolidamento, sull’inserimento in un progetto comune e sulla stessa prosecuzione degli incentivi per il rinnovo del parco, a fronte di una pressione che nei prossimi anni rischia di mettere completamente fuori gioco i veicoli attuali, non stupisce che nell’autotrasporto si cominci a parlare di protesta. L’assemblea di FAI-Conftrasporto si è detta pronta «a proclamare lo stato di agitazione», per di più «senza escludere l’ipotesi del fermo», perché «il malcontento è forte». Il documento finale elenca, nell’ordine: «Non è previsto alcun tipo di finanziamento nel Piano nazionale di ripresa e resilienza; non c’è alcuna chiarezza sui trasferimenti per il settore, indispensabili alle imprese per stare sul mercato; non c’è stato un passo avanti sulla questione delle limitazioni ai Tir al Brennero, nonostante la violazione del principio di libera circolazione sancito dall’Unione Europea; non è stata risolta la drammatica inefficienza delle Motorizzazioni civili» e, invece, «si è alzato il livello di tassazione, con clamorose forzature e paradossi, come: l’introduzione del contributo aggiuntivo a favore dell’ART» e «la tassazione dei ristori riconosciuti agli autotrasportatori per i disagi conseguenti al crollo del ponte Morandi». E il presidente, Paolo Uggè, rincara la dose: «Senza un confronto, la protesta sarà inevitabile». E non sembra una vicenda solo italiana. In Francia, dove il governo ha annunciato una spolverata di incentivi in cambio della graduale eliminazione delle agevolazioni sulle accise, i sindacati sono già scesi sul piede di guerra. E lo schema del governo italiano sembra essere analogo a quello di Parigi. Viene da chiedersi che fine hanno fatto tutti quelli che soltanto un anno fa additavano gli autotrasportatori come «gli eroi della pandemia».
Serve a poco finanziare la Serrve a p transizione green dell’intera tra sizio rete a monte e poi far mancare all’autotrasporto gli incentivi per comprare veicoli a emissioni zero, tratto ineludibile per rendere meno inquinante uno dei parchi parchi circolanti più obsoleti d’Eururopaeti d’Eu