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LA TRANSIZIONE Gli ambiziosi programmi su elettrico, idrogeno e colonnine
I tre pilastri individuati dalla Commissione UE COME ARRIVARE ALLE EMISSIONI ZERO Rendere più sostenibili tutte le modalità di trasporto ovvero: promuovere anche i carburanti a basse emissioni di carbonio Ampliare il trasporto multimodale ovvero: favorire lo shift modale Adottare «i giusti incentivi» ovvero: far pagare di più chi inquina
iesel avrà ancora un Il di ruolo importante, poi lo ruol sostituiremo con combustibili alternativi, soprattutto nel trasporto a lunga distanza. L'elettrico lo vediamo in ottica di trasporto urbano, per gli Small Van da distribuzione. Per le lunghe tratte, infine, nel futuro ci sarà l'idrogeno. g Aldo Celasco senior managegermanag Technical Affairs dell’IRIRUs dell’I
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Dopo il bagno nel futuro, si scende con i piedi sulla terra. Al di là dei proclami altisonanti di chi si dice pronto (o quasi) a produrre veicoli a emissioni zero, dietro la serena fiducia di chi si affida a una tecnologia sempre più veloce, oltre gli imperativi categorici di chi sentenzia che nel 2040 i veicoli in vendita dovranno essere «tutti» elettrici o a idrogeno, c’è la consapevolezza che per arrivare alla decarbonizzazione del trasporto merci ci vorrà tempo e che prima di tagliare il traguardo si dovrà ricorrere a soluzioni alternative, a tappe di avvicinamento, a riduzioni dell’impatto ambientale con altri tipi di alimentazione che non siano l’elettrico e l’idrogeno. Il dibattito mandato in onda in tre puntate da K44 Risponde ha confermato e che su questo sono sostanzialmente d’accordo tutti gli operatori del settore, dai costruttori di veicoli alle associazioni di autotrasportatori, dai produttori di energie rinnovabili alle associazioni di ambientalisti. E tutti convengono su due punti: che l’elettrico è vicino, soprattutto per i veicoli più leggeri e per le brevi percorrenze (dunque la distribuzione urbana), ma la rete di rifornimento è ancora insufficiente e i costi d’acquisto sono ancora troppo elevati; che l’idrogeno è ancora lontano, ma solo quello potrà garantire autonomia s e rifornimenti veloci per i veicoli pesanti. e
INEVITABILE UN MIX
E, nel frattempo? «Sarà inevitabile un mix», è convinto Andrea Manfron, segretario generale di Fai. «Nella prima parte del prossimo ventennio i carburanti fossili saranno ancora utilizzati, ma avremo un graduale incremento dei veicoli elettrici, magari ibridi, e poi nella seconda fase l’idrogeno potrebbe prevalere». Più in dettaglio scende Paolo Starace, amministratore delegato di DAF VI. Anche per lui fino al 2030 il diesel «con tutte le sue declinazioni, biodiesel, biogas eccetera, insieme a soluzioni ibride» avrà ancora «un impiego rilevante per il medio e lungo raggio», mentre ci sarà «una componente sempre crescente dell’elettrico nel corto e nel medio raggio – e quindi nell’utilizzo urbano – per poi arrivare al 2040 con l’intera gamma convertita a emissioni zero, in cui l’idrogeno evidentemente si ritaglierà una quota parte». Parole quasi identiche quelle di Aldo Celasco senior manager Technical Affairs dell’IRU, l’associazione mondiale degli autotrasportatori: «Il diesel avrà ancora un ruolo importante, poi lo sostituiremo con i combustibili alternativi, soprattutto nel trasporto a lunga distanza. L’elettrico lo vediamo in ottica di trasporto urbano, con gli Small Van addetti alla distribuzione. La nostra road map, infine, indica l’idrogeno come soluzione per il futuro per il trasporto a lunga percorrenza». Anche Alessio Torelli, Chief Mobility di Snam
INTANTO UN MIX MENO INQUINANTE
In attesa che la tecnologia fornisca soluzioni competitive per la carbon neutrality e che la rete di rifornimento si irrobustisca, il diesel resisterà (almeno all’inizio), poi – soprattutto sui pesanti – si faranno strada gli ibridi, i carburanti alternativi e quelli biologici, a cominciare dal biometano
autoveicoli full electric (BEV) autoveicoli plug-in (PHEV)
La Road-map verso il green
2020 2030 2040 2050
48.000 4 milioni
35.000 2 milioni
punti di ricarica elettrici 19.324 110.000
stazioni di rifornimento GNC stazioni di rifornimento GNL autocarri oltre le 6 tonn. a idrogeno 1.451 2.400
82 800
0 40.000 160.000
Stima Unrae Giugno 2020 Previsioni PNIEC Previsioni PNIRE Previsioni Strategia nazionale idrogeno Modus-E
è convinto che «nel corso del prossimo ventennio gradualmente la quantità di motori diesel e benzina calerà e verranno sostituiti da veicoli elettrici alimentati da batterie PSL (litio-ferro-fosfato) o applicazioni per Heavy Duty/Long Haul (pesanti a lungo raggio) alimentate a idrogeno». Chi traccia, invece, una progressione percentuale è Veronica Aneris, direttrice per l’Italia di Transport&Environment: «Ci attendiamo che il 100% dei veicoli venduti al 2040 sia a emissioni zero, per la maggior parte elettrico, con forse una nicchia di camion a idrogeno. Ma sarà una transizione progressiva. Per arrivare al target, secondo noi è necessario almeno un 10% di penetrazione di mercato di camion elettrici al 2025, per arrivare almeno al 30% nel 2030». Che è un po’ il calendario tracciato dalla stessa Commissione europea che nella sua Sustainable and Smart Mobility Strategy prevede che nel 2030, almeno 30 milioni di veicoli a emissioni zero circolino sulle strade dell’Unione e che 100 città europee (dove evidentemente l’elettrico dovrebbe trovare rapido impiego) siano a impatto climatico zero, per far sì che entro il 2050 quasi tutte le automobili, i furgoni, gli autobus e i veicoli pesanti nuovi siano a emissioni zero. E indica, per sostenere questa strategia, tre «pilastri di azione»: rendere più sostenibili tutte le modalità di trasporto, ampliare il trasporto multimodale e adottare «i giusti incentivi». Più in concreto: promuovere anche i carburanti a basse emissioni di carbonio, favorire lo shift modale, far pagare di più chi inquina. E installare 3 milioni di punti di ricarica entro il 2030.
IL PROGRAMMA ITALIANO AL 2030
La declinazione italiana di questo programma è una sommatoria di piani dalle sigle astruse: Pniec, Pnire, Snilgp, che stanno rispettivamente per Piano nazionale integrato per l’Energia e il Clima (2019), Piano nazionale infrastrutturale per la ricarica dei veicoli alimentati ad energia elettrica 2012, aggiornato nel 2016), Strategia Nazionale Idrogeno - Linee Guida Preliminari (2020), in gran
200mila
È il numero di van elettrici leggeri da immatricolare ogni anno per sostituire entro il 2040 in Italia tutto il circolante (4,2 milioni, per il 99% alimentati da combustibili fossili)
tendiamo che il 100% dei Ci atttendia veicoli venduti al 2040 sia a ve coli v emissioni zero, per la maggior parte elettrico, con forse una nicchia di camion a idrogeno. Ma sarà una transizione progressiva. Per arrivare al target, è necessario almeno un 10% di penetrazione di mercato di camion elettrici al 2025, per arrivare almeno al 30% nel 2030 Veronica Aneris, direttrice per l’Italia di a dil’Italia Transport&Environmeentronme
parte consistenti nella raccolta della normativa emanata in materia. Su queste basi, il Pniec prevede che nel 2030 circolino in Italia sei milioni di veicoli ad alimentazione elettrica, di cui quattro full electric (BEV) e due plug-in (PHEV), traguardo da raggiungere da una parte attraverso incentivi economici per la rottamazione e la sostituzione dei mezzi di trasporto climalternati, dall’altra con la revisione delle imposizioni fiscali sul trasporto (tassa immatricolazione, tassa di possesso, imposte sui carburanti, ecc.) in modo da favorire i veicoli alimentati da combustibili alternativi. Quanto ai punti di ricarica, secondo l’analisi (piuttosto critica) di Motus-E, il Pnire (che si basa sul Pniec) stima il fabbisogno al 2030 di quasi 180 mila punti di ricarica elettrica, ma al massimo da 50kWh e distribuiti prevalentemente lungo le autostrade, con procedure di finanziamento piuttosto farraginose e senza indicare le realizzazioni previste. Previsioni che invece ci sono per le stazioni di rifornimento di GNC (2.400) e di GNL (800), traguardo da cui siamo ancora lontani.
UN QUADRO OTTIMISTICO
Ma il quadro sembra abbastanza ottimistico. Immettere in circolazione entro la fine del decennio sei milioni di automobili elettriche o plug-in, significa immatricolarne in media 600 mila l’anno, decuplicando, cioè, ogni anno le 60 mila registrate nel 2020 (32.487 BEV e 27.407 PHEV). Un balzo iperuranico, soprattutto se si considerano i quattro milioni di autovetture full electric ipotizzate per il 2030, che significa una media di 396 mila BEV nuove per ogni ogni anno del decennio. Ed è significativo che anche nel gennaio 2021 con incentivi rilevanti alla rottamazione (Decreto Ristori) e un’offerta di modelli più ampia, le auto elettriche sono state ancora quelle con la minor quota di mercato. E parliamo di automobili. Ancor più pesante il quadro per i veicoli commerciali (che nei Piani governativi vengono citati quasi di sfuggita). In Europa solo lo 0,3% dei mezzi sotto le 3,5 ton è elettrico a batteria e lo 0,03 è ibrido; i pesanti sono addirittura rispettivamente lo 0,04% e lo 0,03%. Considerando che l’elettrico (costo a parte) è ormai praticabile per i veicoli più leggeri, sostituire in Italia tutti i furgoni sotto le 3,5 ton in circolazione (che sono 4.209.037 al 3 dicembre 2019 e al 99% 4 sono alimentati da combustibili fossili) s significa – se vogliamo rispettare la scadenza Acea del 2040 – immatricolare più di 200 mila furgoni elettrici l’anno e potenziare la rete di ricarica pubblica soprattutto nelle città, prima che lungo le autostrade, come è stato imposto ai gestori dalla legge di bilancio di quest’anno. Quanto ai veicoli più pesanti, la Strategia nazionale sull’idrogeno pubblicata dal ministero per lo Sviluppo economico nel novembre 2020 prevede entro il 2030 la presenza sulle strade italiane di un 2% di camion a idrogeno, che dovrebbero raggiungere l’80% entro il 2050. Vale a dire 40 mila pesanti su un parco intorno ai 200 mila autocarri (senza considerare gli speciali) al di sopra delle 6 ton di portata massima nei prossimi dieci anni.
PASSANDO PER I BIOCARBURANTI
È evidente che prima di arrivare alla carbon neutrality bisognerà passare, soprattutto per i camion pesanti, attraverso tappe intermedie, come gli ibridi (che però nel trasporto merci sono ancora quasi inesistenti) con i carburanti alternativi come il metano e, soprattutto, con i biocarburanti. Il Pniec attribuisce loro «una parte fondamentale nella transizione verde del settore», puntando soprattutto sul biometano e sui biocarburanti di seconda generazione (come il bioetanolo). Attraverso l’incentivazione della produzione di questi carburanti biologici, il governo punta entro il 2030 a ridurre al 3% la quota di biocarburanti di prima generazione e portare all’8% quella dei biocarburanti avanzati (75% biometano) per coprire l’intera domanda (attuale) per i trasporti, pari a 1,1 miliardi di m3 l’anno. Una strada imboccata dal governo già nel marzo del 2018 con un decreto per promuovere la produzione del biogas destinato ai trasporti, stanziando 4,7 miliardi di euro per nuove installazioni e per un contributo di produzione che è stato subito raccolto dall’industria del settore già del resto molto vivace, al punto che l’Italia – secondo produttore europeo e quarto mondiale – che dispone già quasi 1900 impianti di produzione di biogas, ne ha avviato l’apertura di altri 20 mirati al biometano. Ma anche in questo caso, il problema è il rifornimento. I distributori hanno cominciato ad apparire solo negli ultimi mesi, anche se sembrano voler crescere rapidamente. Può essere, anche questa, una soluzione transitoria per abbattere i climalteranti, soprattutto nel segmento dei pesanti, in quanto richiederebbe ai trasportatori investimenti più contenuti (ma pur sempre importanti), in attesa dell’appuntamento del 2040 con i veicoli a zero emissioni. Per i quali, però – quando la tecnologia avrà spremuto tutte le sue risorse e le stazioni di rifornimento cominceranno a essere sufficienti – sarà comunque necessario un intervento pubblico consistente per avvicinarne il costo a quello dei veicoli tradizionali. Perché, per portare a compimento la transizione ambientale, non basta segnare le date su un calendario.