43 minute read
“Björk é Björk é Björk” di Sauro Zani pag
La cifra della musica del nostro tempo non credo stia nel “mainstream”, bensì nel “multi-stream”, una moltitudine di flussi che si snodano lungo il fiume del tempo, di cui noi oggi abbiamo raggiunto il delta e forse ci siamo avventurati oltre, verso un oceano aperto che sta tornando ai cieli. (John Cage)
THAI POP Siamese Soul, Volume 2 (Sublime Frequencies) STEVE REICH Tehillim; Steve Reich and Musicians (ECM) MAHLER Symphony No. 10; Simon Rattle conducting the Berlin Philharmonic (EMI) BERG Lulu; Pierre Boulez conducting the Paris Opera Orchesta (DG) ALIM QASIMOV Azerbaijan: The Art of the Mugham (Ocora) JONI MITCHELL Don Juan's Reckless Daughter (Asylum) KATE BUSH The Dreaming (EMI) NICO Desertshore (Reprise) PUBLIC ENEMY It Takes a Nation of Millions to Hold Us Back (Def Jam) APHEX TWIN Drukqs (Warp) PANASONIC, Panasonic EP (Sähkö) BLACK DOG PRODUCTIONS Bytes (Warp) JAMES BLAKE James Blake (Atlas)
Advertisement
(Lista degli album preferiti di Björk, da un’intervista di T. Mann del New Yorker)
Introduzione: l’inclassificabile Björk
La pop star islandese Björk ha trascorso la sua carriera abbattendo i confini, scombinando le carte, intrecciando i dualismi tra opposti così come vengono rappresentati e percepiti dal senso comune. Björk sfida e rifiuta il dualismo binario tra cultura “alta” e “bassa”, tra musica d’arte e pop, tra natura e tecnologia, tra femminismo e femminilità, proponendo un ideale post-moderno come approccio possibile ad una società in evoluzione. Probabilmente Björk rappresenta più di tutto cosa sarebbe possibile se gli umani smettessero di ergere barriere e confini per definire, comprendere e dominare il mondo - dai generi musicali ai confini nazionali - un modello e un’ esortazione a concentrarci su ciò che ci accomuna, nel rispetto delle libertà d’espressione individuale. Sembra retorica, mentre è sostanza nel nostro mondo di “magnifiche sorti e progressive” in cui nonostante le sue infinite potenzialità per l’affermazione del pluralismo, del multiculturalismo e della collaborazione, si affermano altrettante (o forse più) divisioni e discriminazioni basate su razza, classe, sesso e religione e anche in un ambito puramente estetico (se non addirittura ludico) come quello musicale facciamo ancora troppa fatica a concepire ed accettare il superamento dei preconcetti di genere. Björk è Björk è Björk. Come la famosa frase di Gertrude Stein su una rosa, è davvero meglio saltare gli aggettivi e gli avverbi, le metafore e le similitudini, se si vuole veramente parlare di Björk. Dal momento in cui Stein ha postulato che "una rosa è una rosa è una rosa", la frase è stata spesso letta come un rifiuto modernista alle descrizioni fiorite dell'era romantica e un tentativo di liberare finalmente la parola dalle sue gabbie semantiche e dai simbolismi ereditati e accumulati nei secoli. Tuttavia, la frase indica anche la concezione postmoderna dell'ambiguità del significato in generale. Ad esempio, una rosa può essere descritta come qualcosa di diverso dalla semplice rosa, considerando gli infiniti significati possibili della parola per persone diverse in situazioni diverse. Questo ragionamento ci porta a mettere in dubbio la capacità del linguaggio descrittivo per spiegare qualcosa che è essenzialmente soggettiva e quindi sfida in primo luogo ogni categorizzazione. La sfiducia modernista della rappresentazione, cioè "la rosa è rossa", è chiaramente portata al livello successivo dalla sfiducia postmoderna della parola "rosa" stessa. Detta male, col modernismo mettiamo in discussione gli aggettivi, col post-modernismo mettiamo in discussione anche i sostantivi. Fino ad arrivare alla pipa di Magritte (“Questa pipa non è una pipa”) dove il significante (l’immagine) viene definitivamente scisso dal significato (l’oggetto). Allo stesso modo, tentare di classificare e definire l'arte e la filosofia di Björk ingabbiandola in categorie tradizionali e condivise può risultare alquanto sfuggente e complicato: quando si dice "Björk", non ci si riferisce a qualcosa di singolare, ma a una miriade di molteplicità e ambiguità: cantante, musicista, compositrice, ballerina, fashionista, artista, madre, attrice, opinion-maker, eccentrica, celebrità, vichinga, inuit, sex-symbol, folletto, ragazza, donna, guerriero, amante, pagana, mistica, innovatrice tecnologica, femminista, casalinga,… e potremmo andare avanti. La sua arte è stata descritta come qualsiasi cosa, dal mainstream all'underground, dal pop all'avanguardia, dall'elettronica al post-rock, dal celestiale all'abrasivo, dal progressivo al decadente, dal politico all'apatico, dal sim-
patico al sexy, e spesso semplicemente come una cosa strana, bizzarra o ridicola. Quindi, come con la "rosa" della Stein, probabilmente la cosa più facile è quella di dire semplicemente "Björk". Volendo scendere un po’ più verso il pianeta terra e tentare un approccio analitico “classico” al fenomeno, si potrebbe iniziare col dire che Björk, come artista, rappresenta così tante identità e stili apparentemente contrastanti, che, parafrasando la giornalista musicale Evelyn McDonnell, si può affermare che Björk è la "prima star post-rock al mondo". Il termine "post-rock" coniato dal giornalista musicale inglese Simon Reynolds per descrivere opere pop / rock che sono influenzate più dagli stili elettronici, dalla musica dance, dal jazz e dalla musica classica rispetto al vecchio rock 'n' roll basato sugli stilemi del blues - sembra, anche qui, implicare una certa postmodernità che probabilmente è la cifra di questa artista. Del resto, un aspetto importante del postmodernismo è proprio la sua attitudine a rimuovere e travalicare le distinzioni tra gerarchie culturali prestabilite e comunemente accettate. In questa luce, Björk rappresenta sicuramente un fulgido esempio di figura postmoderna.
1965 - 1982: Infanzia e Adolescenza
Da “Sound of Music (Tutti Assieme Appassionatamente)” a “Rokk I Reykjavik”
Ora, per comprendere appieno questa artista così multiforme e poliedrica, è importante definirne il background e conoscere meglio qualche dettaglio sulla vita e la carriera di Björk, in tutte le sue molteplicità. Partiamo allora dal cognome: Björk nasce Björk Gudmundsdóttir il 12 novembre 1965 figlia di Hildur Rúna Hauksdottir (madre) e Guðmundur Gunnarsson (padre). Il suo cognome è, di fatto, un patronimico e significa letteralmente "figlia di Guðmund". Nonostante le molte illazioni sui media , Björk non è né un elfo, né un "Inuit", né tantomeno cinese, nonostante i sui tratti mongolidi. I suoi genitori sono di origine europea, e le sue caratteristiche Inuit derivano da un
gene Inuit proveniente da incontri passati tra islandesi e popolazioni artiche come i groenlandesi, risalenti ai tempi di Erik il Rosso. Contrariamente a quanto si dice, non viene dallo spazio: è cresciuta e vive ancora parte del suo tempo a Reykjavik, capitale dell’Islanda, un luogo remoto e interessante sotto molti punti di vista e, come vedremo più avanti, un elemento chiave in ciò che rende Björk "Björk". E’ bene considerare che Reykjavik ospita più della metà dei circa 300 mila abitanti dell'Islanda, che insieme trascorrono sei mesi dell'anno in una luce diurna pressoché costante e gli altri sei in un'oscurità costante. L’Islanda è un paese giovane sotto molti aspetti. Dal punto di vista storico-politico, quest’isola fu colonizzata da norvegesi e celti (questi ultimi provenienti dalle attuali Irlanda e Scozia) che vi si stabilirono alla fine del IX e X secolo dell’era moderna e non divenne una nazione indipendente fino al 1944, al termine dell'occupazione danese. Da un punto di vista geologico si tratta di una terra emersa di recente (si fa per dire, parliamo di 15-20 milioni di anni) dalla dorsale medio-atlantica, da cui deriva la sua instabilità tellurica e la sua diffusa e imponente attività vulcanica e geotermica: tutto questo, unito alla sua latitudine settentrionale (oltre il 64° parallelo Nord) la rende un luogo estremo, caratterizzato da paesaggi aridi dominati da ghiacciai sterminati, dolci colline verdi, tundra incrinata, lava ribollente e fango. Björk, quindi, non solo cresce in un contesto geografico unico, ma anche in una casa e un contesto famigliare decisamente singolari. I suoi genitori - sua madre una hippie stravagante e suo padre un elettricista un po’ pedante – rappresentano un’alchimia che non funziona e si separano poco dopo la sua nascita. Hildur si trasferisce allora con la figlia in una comune contro-culturale, dove si innamora rapidamente di Sævar Árnason un chitarrista noto come il "Jimi Hendrix d'Islanda" (!) con cui si risposa poco dopo. Artisti e musicisti si riuniscono regolarmente nella casa di famiglia per suonare musica , scambiarsi storie e farsi qualche... drink, in un’atmosfera bohémien che sicuramente contribuisce a plasmare il suo carattere e la sua visione del mondo. A quanto pare, mamma / papà è stato il primo dualismo che interviene a complicare la vita della piccola Björk: infatti mentre vive principalmente nella comune di adulti con sua madre e il suo patrigno, trascorre però anche molto tempo col padre biologico e i nonni, assorbendo e integrando così una varietà di stili di vita e di gusti tra i più disparati fin dalla più tenera età. Il principale tra questi gusti disparati è la musica. La comune è piena di rock 'n' roll a tutte le ore, sia allo stereo che dal vivo, suo padre è invece appassionato di jazz mentre i nonni (anche il padre si risposa e quindi aumentano…) sono il veicolo per il folk tradizionale islandese e il musical. Essendo esposta a così tanti stimoli musicali fin da piccola, per Björk è naturale diventare una cantante e una musicista. Pare che fin da bambina esprima doti da fenomeno in campo musicale: è in grado di riprodurre al pianoforte canzoni appena ascoltate, semplicemente e naturalmente, “a orecchio”, memorizzando le melodie in maniera sorprendente: sa cantare l'intera colonna sonora di “Sound of Music (Tutti Assieme Appassionatamente)” all'età di tre anni e ancora in tenera età inizia un percorso formale presso una scuola di musica di Reykjavik, inserendo così nella sua tavolozza musicale oltre agli ingredienti “domestici” fatti di rock, musical e jazz anche la musica classica che studia a scuola dall'età di sei anni fino
all'età di quattordici. Si verifica quella che in altri contesti viene definita “una tempesta perfetta”, dove considerevoli doti naturali sono inserite in un milieu favorevolissimo, in grado di favorire al massimo grado lo sviluppo del suo innato talento multiforme. Anche se inizialmente non è così interessata al canto (i suoi strumenti preferiti pare siano il pianoforte e il flauto), è subito evidente che ha del talento con la voce. In effetti, è la sua voce a portarla alle sue prime registrazioni all’età di undici anni. Dopo una registrazione scolastica del classico “I Love to Love” di Tina Charles del 1976, il suo insegnante di musica è così entusiasta che ne invia una copia all’emittente islandese Radio One. Anche alla stazione radio se ne innamorano e, grazie ai contatti del suo patrigno nel mondo della musica, Björk ottiene il suo primo contratto discografico con l'etichetta islandese Falkkin. Alla fine del 1977, entra in studio con un gruppo di musicisti e incide il suo primo album completo: semplicemente intitolato Björk, la copertina era disegnata da sua madre Hilda ed è composto principalmente da cover di brani folk islandesi, brani disco americani (Stevie Wonder) e pezzi pop (Beatles), ma anche un paio di originali. L'album diventa rapidamente disco di platino in Islanda, vendendo oltre settemila copie e facendo di Björk una celebrità per i bambini dell'isola. Nonostante questo promettente avvio della sua carriera musicale, Björk, mostrando una maturità eccezionale per una ragazza così giovane, rifiuta di fare un secondo album sulla scia del primo. Non solo non le piace l'attenzione generata dal fatto di essere una star bambina, ma trova anche degradante il fatto che l’etichetta Falkkin voglia farle cantare musica per bambini, mentre lei si è sempre considerata una musicista impegnata, alla pari degli adulti: del resto, l'unico originale scritto da Björk al suo debutto nel 1977, “Jóhannes Kjarval”, è un pezzo per flauto dedicato a un pittore islandese che lei ammirava molto. Alla fine si annoia della scuola di musica (dove si suona "musica vecchia " per tutto il tempo) e, dopo essersi diplomata all'età di quattordici anni, lascia la casa/comune dove viveva con la madre per intraprendere una propria strada come batterista per un gruppo punk di sole ragazze chiamato Spit and Snot. Sfruttando l’eterogeneità musicale del suo background e mostrando un eclettismo innato, continua nei due anni successivi a esibirsi in un paio di band molto diverse tra loro: Exodus, un gruppo sperimentale jazzistico, e Jam 80, una bizzarra cover band da discoteca. Nel 1981, i Jam 80 iniziano a scrivere canzoni proprie in uno stile pop-punk e cambiano il loro nome in Tappi Tikarrass. Non manca certo il carattere a questa ragazzina inquieta di 15 anni. Sebbene secondo la maggior parte dei riscontri sia una band abbastanza mediocre e derivativa rispetto ai modelli post-punk anglo-americani (anche se gli va riconosciuta una certa “preveggenza” post-punk, tra Pixies e Gang of Four), i Tappi Tikarrass diventeranno un gruppo cardine per gli sviluppi della carriera musicale di Björk. Infatti, come membro di Tappi, Björk è immortalata sul poster del documentario locale sulla scena punk in erba di Reykjavik, “Rokk I Reykjavik”. La sua immagine appare così su tutti i poster promozionali del film, sulla copertina della colonna sonora e anche sulla copertina del film omonimo del regista Por Fridriksson che documenta l’evento. L'aumento dell'esposizione si rivela foriero di nuove opportunità musicali per Björk anche per le sue doti musicali evidentemente superiori alla media degli altri protagonisti di quella scena. Tappi permette poi a Björk di entrare in contatto con altri artisti, come la Medusa Clique, un gruppo di scrittori e filosofi adolescenti dove incontra due figure chiave per i successivi sviluppi artistici e personali: Sjón Sigurðsson, il suo primo collaboratore alla scrittura dei futuri brani, e Þór (Thor) Eldon, il suo primo amore…
Tappi Tikarrass
1983 – 1992: Oltre l’Islanda
Dalla Crass Records agli Sugarcubes
Nel 1983 l’entusiasmo e il fervore (post) punk hanno ormai esaurito la loro spinta propulsiva sulla scena di Reykjavik e dalle ceneri delle band che avevano animato quella scena ormai in declino, emerge come una fenice un super gruppo di talenti musicali locali che si fa chiamare Kukl ("Stregoni"), composto da Björk ed Einar Örn alla voce, Sigtryggur “Siggi” Baldursson alla batteria, Gudlaugur Ottarson alla chitarra, Birgir Mogenson al basso e Einar
Melax alle tastiere. Il suono sperimentale, intellettuale e oscuro dei Kukl attira l'attenzione dei media e Örn riesce a rimediare alla band un accordo con l'etichetta inglese Crass Records - braccio operativo dell’omonimo collettivo anarcopunk, primi teorizzatori e promotori dell’approccio DIY che tanta parte avrà nel plasmare, non senza qualche ingenuità, l’etica indipendente più radicale degli anni ’80 - che avrebbe supportato il gruppo in un paio di tour europei e due album. Il contesto anarco-intellettualoide, l’eclettismo strumentale (organi, fisarmoniche, ottoni e vibrafoni) e il miscuglio di generi (dalle ruvidezze post-punk al funk fino alle pretenziose raffinatezze prog del sound di Canterbury), fanno dei Kukl una band di culto in Europa. Intanto, come se tutto questo non bastasse, durante la sua militanza coi Kukl, Björk trova il tempo per suonare la batteria coi Rokha Rokha Drum e soprattutto per impegnarsi con Siggi e il chitarrista Hilmar Hilmarsson nel progetto Elgar Sisters, le cui trasognate ninnenanne minimaliste lasciano stupefatti gli ascoltatori: due brani in particolare composti sotto questa denominazione vennero registrati e utilizzati nel 1993 come bside di “Big Time Sensuality” e “Venus As A Boy” di Björk. Nel 1986, anche l’avventura Kukl arriva al capolinea, anche se il profondo legame tra i suoi membri li porta a continuare a esibirsi dal vivo assieme. Örn, Björk e Eldon creano un nuovo progetto, il collettivo Smekkleysa (“Cattivo Gusto”) con l’obiettivo dichiarato di promuovere espressioni di "gusto discutibile" (cioè l’underground) combattendo tutti i principi del "buon gusto" imperante (cioè il "mainstream"). Questo progetto sopravviverà fino ad oggi come etichetta discografica senza scopo di lucro e diversi gruppi islandesi contemporanei come i Múm e i Sigur Rós, per citarne alcuni dei più noti, hanno pubblicato i primi lavori proprio con Smekkleysa. Nel frattempo, i Kukl si riuniscono per un paio di "reunion show", il più famoso dei quali è uno spettacolo televisivo (Rokk Arnir on Ríkis út varpíð) in cui Björk, all’epoca incinta del figlio di Eldon, esibendosi “a pancia scoperta” si attira gli strali della comunità conservatrice islandese. Il loro figlio Sindri nasce nel giugno 1986 e quasi contemporaneamente vede la luce la nuova “house band” dell’etichetta Smekkleysa che porterà entrambi i giovani genitori (ora marito e moglie) alla ribalta internazionale: i Sycurmolnarnir ovvero gli Sugarcubes. Gli Sugarcubes prendono vita originariamente come uno scherzo, un divertissement, concepito dalla Smekkleysa per irridere e parodiare la musica pop del periodo. La band include Örn e Björk dei Kukl alla voce, ma rispetto alla band d’origine, qui i due cantano testi più articolati e soprattutto melodie più ruffiane e orecchiabili. La band include anche il batterista dei Kukl, Siggi Baldursson, il marito di Björk Eldon alla chitarra, Bragi Olafsson al basso e Einar Melax, sempre ex-Kukl, alle tastiere. Nonostante l’iniziale atteggiamento ironico e satirico, si innesca una sorta di corto circuito che li porta a scrivere diversi brani wave-pop molto validi e finendo per diventare un gruppo da classifica, talmente determinato che Örn inizia a prendere contatti con l’industria discografica per alcuni demo che li condurranno ad un contratto in Inghilterra . Nonostante il divorzio tra Björk ed Eldon nel 1987, gli Sugarcubes continuano la loro avventura come band e a scrivere nuova musica. Proprio quell’anno, il 22 agosto 1987, dopo una prima edizione in lingua islandese, esce il loro singolo “Birthday” accolto da recensioni entusiastiche in Inghilterra e dal favore di John Peel che trasmetterà ripetutamente il brano nel suo famoso programma sulla BBC: il gruppo ha infatti firmato un contratto discografico con la One Little Indian, un'etichetta indipendente con sede a Londra guidata da Derek Birkett e Tim Kelly, rispettivamente bassista e chitarrista degli anarcho-punk Flux Of Pink Indians e si appresta ad invadere l’Inghilterra, prima, e l’Europa poi. Presto, la band firmerà un contratto con la major Elektra per la distribuzione negli Stati Uniti e nel 1988 l’album di debutto “Life’s Too Good“ sarebbe diventato un successo internazionale, facendo registrare ben oltre un milione di copie vendute in tutto il mondo. Il successo degli Sugarcubes si rivela però fugace quando dagli anni '80 si passa ai '90. Uno dei problemi maggiori è la tensione nella band riguardo al ruolo della voce nell’economia compositiva della band. Nonostante si considerassero un gruppo democratico senza predominanza di ruoli, è chiaro che è Björk il beniamino dei media ed è sempre Björk a essere identificata come il leader della band da parte della stampa. Il suo aspetto Inuit, la voce ferocemente unica, la bellezza sbalorditiva e l'atteggiamento giovanile portano rapidamente i media britannici a idealizzarla come una sorta di meraviglia pop "elfofolletto-eschimese-donna-bambina". Al contrario, la bizzarra voce di Örn è sempre stata aspramente criticata dai media, il che, combinato con la grande popolarità e l’appeal di Björk, finisce per generare sempre più malumori ad Örn e agli altri membri del gruppo. Nel 1989 viene poi licenziato il secondo album della band, “Here Today, Tomorrow Next Week!” , che viene accolto da critiche poco entusiastiche e da uno scarso successo commerciale, mentre la maggior parte dei media e molti fan chiedono che Örn sia espulso dal gruppo per far posto a Björk come frontwoman. A quel punto, siamo nel 1990, è chiaro che la band ha bisogno di una pausa di riflessione. Invece che risolvere e attenuare i conflitti, la pausa porta però alla luce un'altra tensione chiave tra Björk e il resto del gruppo: la sua diversa visione musicale e il rifiuto di vedere e soprattutto praticare i confini del genere.
Sugarcubes
Durante il 1990, mentre Björk lavora in un negozio di dischi di Reykjavik – lei che ormai è una star internazionale - si interessa sempre di più alla nuova musica dance elettronica proveniente dall'Inghilterra dell'epoca, conosciuta in modo intercambiabile come techno, acid house o musica rave e dallo sperimentalismo della Warp (Autechre, Up, Speedy J). Nello stesso anno, Björk si unisce al principale trio jazz islandese, Tríó Guðmundar Ingólfssonar, per eseguire e registrare una raccolta di standard islandesi che viene pubblicata con il titolo “Gling-Glo”. L'album diventa rapidamente disco di platino in Islanda. Nel frattempo, inizia a lavorare a del nuovo materiale che riflette il suo lavoro in ambito jazz, l'educazione classica e, soprattutto, il suo crescente interesse per la musica dance elettronica. Quando tutti gli Sugarcubes tranne Baldursson esprimono la loro avversione per la deriva elettronica, diventa chiaro a Björk come sia giunto il momento di cercare altrove i suoi futuri collaboratori e compagni di viaggio. La nuova meta sarà l’Inghilterra, ovviamente, ma non si rivela un passaggio facile. Inizialmente nessun produttore locale di techno o house è disposto a investire su di lei, fino a quando nel 1990 riesce a mettersi in contatto con uno dei suoi gruppi elettronici preferiti, gli 808 State e le cose prendono un’altra piega: composto da Graham Massey e Martin Price, il duo di Manchester è uno dei gruppi di punta della scena dance elettronica e offre a Björk la possibilità di cantare su un paio di brani (Ooops e Q-mart) del loro nuovo album, “Ex:El”. Massey è particolarmente colpito dalla vocalità di Björk e la sua collaborazione si estese così al materiale solista di Björk. Nel 1991, nonostante le crescenti tensioni all'interno del gruppo, gli Sugarcubes si riuniscono per registrare un nuovo album, il terzo e l’ultimo previsto dal contratto con la Elektra. Björk è evidentemente già oltre l’esperienza con quella band e lei e il produttore di quelle sessioni, l'americano Paul Fox ingaggiato dalla Elektra a garanzia della qualità del prodotto, iniziano a discutere le sue idee per un disco solista. Il terzo album degli Sugarcubes, “Stick Around for Joy” del 1992, viene effettivamente accolto con reazioni positive sia dai fan che dalla critica, ma il destino di Björk con gli Sugarcubes è ormai scritto: il suo crescente interesse per la musica dance elettronica, la popolarità di un film in cui ha recitato nel 1987 (“The Juniper Tree” della regista statunitense Nietzchka Keene) e le sue collaborazioni con gli 808 State marcano la crescente distanza creativa nel gruppo e diffondono la gelosia degli altri membri della band nei confronti di Björk, la cui stella continua a brillare con un’intensità crescente, al di là e indipendentemente dal gruppo. La goccia che fa traboccare il vaso è l’esibizione dal vivo con gli 808 State di fronte a 10.000 fan al G-Mex Stadium di Manchester nel 1991: sebbene relativamente sconosciuta nella scena rave hardcore di cui fa parte la maggior parte del pubblico, i suoi compagni di band disapprovano completamente quel genere di musica in quanto inautentica e vede questa collaborazione come un vero e proprio affronto alla band e alle convinzioni ideali dei suoi membri. Siamo al punto di rottura, Björk non vede l'ora di smettere, ma accetta di rimanere con gli Sugarcubes per uno slot di apertura di tre settimane per il tour Zooropa degli U2 del 1992. E’ questo il suo ultimo atto di buona volontà nei confronti dei suoi ormai ex-compagni di band e, dopo tre estenuanti settimane ad alta tensione, diventa finalmente un’artista solista.
1993 – 2001: Il Successo Internazionale
Da “Debut” a “Vespertine”, da Dom T a Matthew Barney (via Tricky, Goldie e Howie B). Nasce Ísadóra.
Nel 1993, Björk si trasferisce a Londra con il figlio Sindri. Vive in un appartamento con il DJ house Dom T, che Björk ha incontrato a Los Angeles durante le registrazioni con Paul Fox per l’album “Stick Around For Joy”, ultimo atto degli Sugarcubes. I due sono sempre più coinvolti sentimentalmente, nonostante la separazione geografica, e quindi il trasferimento di Björk a Londra è anche una sorta di coronamento della loro relazione. Londra si rivela un ambiente fertile per la nascita del primo disco solista di Björk: non solo vi ha scritto le prime versioni di “Army Of Me” e “The Modern Things” con Massey, ma è qui che entra in contatto, sempre grazie a Paul Fox, con due musicisti jazz che risulteranno decisivi negli sviluppi musicali a venire: l'ex arpista di Frank Sinatra Corky Hale e il leader del World Saxophone Quartet Oliver Lake, che sarebbero apparsi entrambi nella sua imminente opera prima solista. Tuttavia, l'album rimane ancora solo un idea fino a quando non incontra il produttore Nellee Hooper – già produttore di Soul II Soul e Massive Attack e successivamen-
te di Madonna e U2, tra gli altri. Presentatole da Dom T, Hooper diventa il produttore del progetto solista di Björk. La coppia lavora così intensamente e proficuamente assieme che in seguito Björk descriverà questo periodo come "una storia d'amore musicale tra me e Nellee": Fox e Massey si erano gentilmente fatti da parte (“ubi major…”) mentre Björk e Hooper realizzano quello che sarebbe diventato in Europa uno degli album più importanti dei primi anni '90: “Debut” . Pubblicato alla fine del 1993 su One Little Indian (nel Regno Unito) ed Elektra (negli Stati Uniti), “Debut” ha un immediato successo in Gran Bretagna, Islanda e Europa continentale. Il disco è il prodotto dell’ampia tavolozza musicale a disposizione di Björk e Hooper, dove troviamo un amalgama di ritmi techno dance, i fiati della tradizione swing, classici arrangiamenti orchestrali di archi, timpani e tabla indiani, piegando o infrangendo ogni regola di genere. Con singoli che raggiungono la posizione # 17 nel Regno Unito, l'album ha funzionato sia come un disco pop, sia come album dance destinato al dancefloor dei club più alla moda, conquistando ascoltatori al di fuori di entrambi questi generi. Le vendite di “Debut” vanno un po’ meno bene negli Stati Uniti, ma i video musicali innovativi di artisti del calibro di Michel Gondry contribuiscono a rendere rapidamente Björk un’icona di MTV. Alla fine del 1994, Björk vince i Brit Awards come Miglior Artista Esordiente e Migliore Artista Femminile internazionale – memorabile la cover di “Satisfaction” degli Stones eseguita in duetto con PJ Harvey durante la cerimonia di premiazione, che plasticamente riunisce le due artiste tanto diverse quanto complementari, probabilmente le più significative degli anni ’90. Sindri si stabiliscono a Londra in modo permanente, ma per conto loro: il tour ha messo a dura prova la relazione con Dom T e i due si sono lasciati alla fine del 1994. A questo punto Björk inizia a lavorare con Nellee Hooper al suo secondo lavoro, collaborando con i produttori di elettronica Massey, Howie B, Marius DeVries e Tricky per completare l’album “Post” che uscirà nel 1995. L'album si rivela un successo ancora maggiore di “Debut”, annullando ulteriormente le barriere di genere e aprendosi a nuovi orizzonti sperimentali. Inizia anche a prendere lei stessa sempre più il ruolo di produttrice della sua propria arte: accanto al suo cast di co-produttori esperti in musica elettronica, Björk lavora direttamente alla produzione dell'album, in particolare sui singoli che vedevano la partecipazione di artisti provenienti dalla tradizione classica come Eumir Deodato, The Brodsky Quartet e la percussionista scozzese Evelyn Glennie. Anche il jazz fa la sua apparizione, attraverso la cover di un vecchio brano interpretato da Betty Hutton nel 1951, intitolato “It’s Oh So Quiet”, a sua volta cover di “Und Jetzt Ist Es Still” scritto da Hans Lang ed Erich Meder nel 1948: grazie soprattutto al video di accompagnamento di Spike Jonze che catapulta Bjork in un musical stradaiolo, rivelandola un po’ Mary Poppins e un po’ folletto da fiaba, questo brano diventa sorprendentemente il più grande successo di Björk fino ad oggi spalancandole finalmente le porte della popolarità anche negli Stati Uniti. Nel 1996, Björk è ormai una superstar di caratura internazionale e, come un copione che spesso si ripete nello star system, inizia a sperimentare anche i lati oscuri della celebrità. Nel febbraio del 1996, esaurita per i ripetuti jet lag, le continue apparizioni in pubblico e il tour internazionale, si rende protagonista di un episodio di reazione violenta ai danni di un’insistente giornalista televisivo (Julie Kaufmann) all'aeroporto di Bangkok che apparentemente si era rifiutata di interrompere le riprese e di farle domande. Sebbene la giornalista non abbia sporto denuncia e Björk si sia poi scusata pubblicamente per l'incidente, il video del violento attacco si diffonde rapidamente tra i tabloid, rendendo un cattivo servizio all’immagine pubblica dell’artista. Nel frattempo, la sua rocambolesca vita amorosa attira sempre più la morbosità media, particolarmente interessati alle sue complesse vicende sentimentali e ai suoi famosi fidanzati. A questo punto anche i paparazzi si avventano sulla vita privata di Björk in caccia di pettegolezzi da spiattellare al grande pubblico dei tabloid: l’episodio più noto è probabilmente il resoconto molto dettagliato di una scazzottata fra l'ex fidanzato Tricky e il nuovo fidanzato Goldie in un night club di New York: la lotta, condotta proprio di fronte alla stessa Björk, diventa fonte di ulteriore imbarazzo e stress, innestandosi in una sfera privata già duramente provata. Sfortunatamente, le cose sono destinate a peggiorare ulteriormente . Nel settembre 1996, proprio nel periodo in cui si sta interrompendo la relazione di coppia con Goldie, Björk si trova suo malgrado coinvolta in un terribile atto di autolesionismo da parte di un fan ossessionato e mentalmente instabile: Ricardo Lopez, ventunenne disadattato di Miami, ossessionato da Björk (che non aveva mai incontrato) e incollerito con lei per la sua relazione con Goldie, inizia col filmare per intero la sua lenta discesa nella pazzia nel corso del 1996: solo, nel suo appartamento, Lopez sprofonda pro-
Björk e P.J. Harvey
Sempre nel 1994, Björk appare nuovamente in un film, un cameo in “Ready To Wear” (Prêt-à-Porter) di Robert Altman, rinunciando a numerose altre proposte cinematografiche che iniziano a fioccarle addosso. Nel frattempo assurge a icona della moda, mentre il suo marchio di abbigliamento usato e i riccioli “alla Principessa Leia” diventano la tendenza più “hype” sia in Europa che negli Stati Uniti. Dopo un tour mondiale di supporto a “Debut”, Björk e il figlio
gressivamente nell’abisso della follia e inizia a escogitare un modo per uccidere Björk fabbricando una bomba acida da porre all'interno di un libro vuoto. Registrandosi in video per tutto il tempo, trasforma lentamente il piano in realtà e il 12 settembre 1996 spedisce il pacco mortale all'indirizzo dell’abitazione londinese di Björk. Dopodiché addenta la canna di una 38 Special e preme il grilletto, sempre filmando tutto. Fortunatamente per Björk, il pacchetto viene inoltrato alla One Little Indian Records, verso cui veniva normalmente dirottata la posta dei fan e dove rimane per alcuni giorni senza essere aperto. Nel frattempo, la polizia di Miami scopre il corpo di Lopez e dopo aver visionato la videocassetta con le registrazioni informa rapidamente la stupefatta casa discografica del suo contenuto, evitando così a questa vicenda di approdare ad esiti ancor più drammatici. Dopo l'incidente di Lopez e lo scioglimento straziante della sua relazione con Goldie, Björk ne ha abbastanza della celebrità e di Londra. Con l’imprevedibilità che la contraddistingue da sempre, trova una sua via d'uscita componendo una canzone di flamenco con cui riesce a elaborare e a superare la tensione derivante dall’episodio: quando Björk racconta a Trevor Morais, batterista del tour di “Post”, di aver scritto una canzone e di come sperava di registrarla con un chitarrista di flamenco, si scopre che Morais non solo possedeva uno studio a Malaga, città costiera nel sud della Spagna, ma conosceva anche un eccellente chitarrista di flamenco, Raimundo Amador, con il quale registrare. Detto-fatto: non solo Björk registra la canzone, intitolata “So Broken”, ma rapita dal clima e dall’atmosfera dell’Andalusia, decide di fermarsi a Malaga per registrare il suo album successivo. Descritto da Björk come un modo per "tornare alle mie origini", “Homogenic” diventa il suo album più oscuro ma anche, per molti versi, il più interessante. Uscito nell'autunno 1997, presenta ampi arrangiamenti d'archi composti da Deodato ed eseguiti dall'Islanda Octet, sovrapposti a ritmi elettronici stridenti opera di Björk e del produttore Mark Bell (dei rivoluzionari LFO, siamo sempre in ambito house), modellati sui suoni “concreti” del paesaggio islandese, del magma ribollente, al vento sibilante fino al crepitio di quell’instabile terra. Sebbene sia probabilmente il suo album meno radiofonico, è un enorme successo in Europa, arrivando al quarto posto nel Regno Unito. Nel frattempo, trascinato dal successo americano del suo album di remix tratti da “Post” del 1996, “Homogenic” si classifica al 28 ° posto negli Stati Uniti, il suo traguardo migliore di sempre in USA. Nel 1998 Björk ritorna quindi nella natia Islanda, lasciando definitivamente Londra. A questo punto della sua carriera decise di allontanarsi dalle pressioni della grande città e dallo star system. In un certo senso, la natura sempre più d’avanguardia della sua musica nel corso dei suoi cinque anni di carriera ha reso questa transizione più facile e quasi obbligata: pur avendo perso alcuni vecchi fan con le asprezze e le complessità di “Homogenic”, ne ha contemporaneamente e per le stesse ragioni guadagnati anche di nuovi. Il bilancio è sicuramente a suo favore e il considerevole culto che ruota attorno al suo personaggio è sicuramente in grado di garantirle adeguato sostegno economico. Björk è a questo punto venerata presso diverse tribù musicali, sia nei media che tra i fan, tra cui quella del pop, della dance elettronica e ora anche presso le scene di musica colta e d'avanguardia. E sebbene abbia negato qualsiasi connessione con il movimento femminista, la sua difesa lirica del "femminile" e il suo ruolo come una delle principali produttrici femminili di musica elettronica le fanno guadagnare, agli occhi dei più, la posizione di icona femminista. Alla fine degli anni '90, quindi, Björk si è chiaramente ritagliata uno spazio in più sfere e ha guadagnato abbastanza credibilità e rispetto da permetterle di ritirarsi dalle luci della ribalta, mantenendo comunque un seguito fedele e numeroso. Anche in ambito sentimentale le cose sembrano assestarsi, merito soprattutto della relazione con Howie B, nata e sviluppata durante le registrazioni di “Homogenic” e che si dimostra decisamente più tranquilla delle precedenti liasons. Le luci della ribalta, però, finiscono per ritornare su di lei. Nel 1999 – complici gli straordinari videoclip a supporto di “Homogenic”, tra cui quello di “Bachelorette” diretto da Michael Gondry e “All Is Full of Love” di Chris Cunnigham - è contattata dal regista danese Lars von Trier per la colonna sonora del suo nuovo musical, nonché per la possibilità di interpretare il ruolo principale nel film. Björk inizialmente accetta l'offerta della sola colonna sonora, rifiutando il ruolo di attrice; Von Trier deve insistere e alla fine riesce ad averla
Björk “Selma”
nel cast del suo progetto. Inizia così una drammatica collaborazione tra i due, sfociata in “Dancer In The Dark” e nella sua colonna sonora, “Selmasongs”, nel 2000. Nonostante il conflitto tra von Trier e Björk, e tra Zentropa Films e Björk: tra il profeta del Dogma 99 e Björk si alternano momenti di intesa e laceranti conflitti, che sfociano in minacce da parte di Björk di lasciare il set e addirittura di abbandonare l’intero progetto, fino al culmine delle presunte molestie sessuali da parte del regista, rivelate dalla stessa Björk nel 2017 in seguito allo scandalo Weinstein. Ad ogni modo, il lavoro viene completato e il film si rivela un successo di critica e la stessa Björk è al centro degli elogi: non solo il film vince la Palma d'Oro al Festival di Cannes, ma Björk riceve il premio come migliore attrice e viene nomi-
nata per due Golden Globe, uno per la migliore colonna sonora e uno per la migliore interpretazione femminile, a cui si aggiunge anche la nomination agli Oscar dell’Academy Awards per la migliore canzone. “Dancer In The Dark” finisce così per allargare ancor di più la sua fama, mettendola in contatto diretto con il mondo di Hollywood e dei suoi fan, un mondo che in larga parte non aveva mai sentito parlare di lei o della sua musica. Nonostante il suo assoluto disgusto per l'intera esperienza - ha giurato di non recitare mai più! - e nonostante il suo difficile rapporto con la più tradizionale scena di Hollywood - che alla fine non le riconosce né il Golden Globe né l’Oscar, e l’ha ferocemente stroncata, non senza ragioni, per il suo bizzarro abito da cigno indossato alla cerimonia di premiazione - Björk ha sicuramente colpito l’attenzione di milioni di spettatori come la "ragazza pazza con l'abito da cigno" agli Academy Awards del 2000. In qualche modo, proprio mentre la sua musica stava diventando sempre più sperimentale e la sua figura si è sostanzialmente ritirata dalla scena pubblica, Björk finisce per diventare ancora più popolare. La fama e il successo sono per lei un destino, quasi una condanna. Il suo quinto album in studio come artista solista, “Vespertine” del 2001, è stato un netto punto di transizione nella carriera dell’artista, un passaggio che metaforicamente potremmo definire dall'oscurità alla luce: durante l'estate del 2000, durante le sessioni di registrazione del nuovo disco con l'arpista Zeena Parkins, incontrò a New York il performer Matthew Barney. Fu un colpo di fulmine e “Vespertine” è un'ode a quell'amore e una controforza rispetto all'oscurità opprimente di “Dancer In The Dark” e alla drammatica esperienza vissuta lavorando con Lars von Trier. Registrato quasi interamente sul suo laptop, “Vespertine” presenta un suono celestiale, risultato dell'intenzione di Björk di realizzare un album che suonasse bene attraverso altoparlanti piccoli tipici dei computer portatili (laptop), un album "domestico" da suonare tra le mura di casa, folk elettronico da salotto. Parzialmente ispirata da Thomas Knak (Opiate) e Matmos, per ottenere questo risultato, ha incluso suoni e timbri molto specifici: per la parte ritmica, ad esempio, anziché batteria e percussioni, utilizza una serie di "microbeats" mutuando lo stile dalle sonorità glitch di ambito elettronico, per cadenzare il ritmo attraverso graffi, clic e segnali acustici; per la parte melodica e armonica utilizza invece solo archi, celesta, arpa, coro e carillon. Ne risulta un disco dal suono paradisiaco, allo stesso tempo di facile ascolto e immensamente seducente, in grado di conquistare così fan e critici di estrazione molto diversa. Dopo un breve tour per promuovere “Vespertine” nel 2001/2002, in cui si limita a suonare in teatri, chiese e teatri d'opera (in Italia è ospite al Teatro Regio di Parma), Björk si trasferisce definitivamente a New York con Barney, dove dà alla luce la loro figlia Ísadóra, il 3 ottobre 2002 e per Björk inizia così una nuova vita con una nuova famiglia: nel frattempo, infatti, il primo figlio di Björk, Sindri si trasferisce a Reykjavik dal padre, Þor Eldon.
Da “Medúlla” a “Utopia”
Il suo crescente disgusto per la risposta dell'amministrazione Bush agli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 contro gli Stati Uniti, la portano all'idea di sviluppare un lavoro interamente vocale, come metafora ed esortazione ad un ritorno agli albori dell’uL.A. Oscar 2001 manità, ad un tempo non ancora gravato delle complessità della vita moderna e dalle sovrastrutture e dall’ipocrisia della religione. Il risultato, nel 2004, è stato “Medúlla”, uno dei suoi album più apprezzati dalla critica, anche per il suo spiccato sperimentalismo. A parte un po’ di pianoforte, l'intero album è realizzato con voci umane che, dopo essere state trattate con pesanti effetti digitali e interventi di post-produzione, sono spesso difficilmente riconoscibili come tali: le eccellenze in ambito vocale spaziano dal “Godfather Of Noyze” Rahzel – beatboxer capace di riprodurre praticamente qualsiasi parte percussiva e di basso con la sola voce- spalleggiato dall’omologo giapponese Dokaka, fino alla cantante “di gola” canadese Tanya Tagaq e, udite udite, Mike Patton dei Faith No More. “Medúlla” consolida Björk come una delle forze musicali più originali nel settore, in grado di lavorare con cantanti di mondi apparentemente disparati come il rap e la musica corale per escogitare un prodotto senza soluzione di continuità tra generi e stili, che ha ridefinito le potenzialità della voce come strumento musicale, spezzando le catene che imprigionano i concetti di natura (voce) e tecnologia (elettronica).
Nel 2006, Björk infrange la sua regola personale di non recitare mai più per il grande schermo e si concede per il film “Drawing Restraint 9”, un progetto del suo partner Matthew Barney. Si tratta di un film sperimentale ambientato in Giappone e che ambirebbe a mostrare il lato più autentico e profondo della cultura nipponica, sconosciuto ai più. Il film è stato distribuito solo nei cinema d'arte e di proposito non è mai stato pubblicato su DVD . Per la colonna sonora la cantante islandese presta la voce in tre brani (“Bath”, “Storm” e “Cetacea”), mentre in veste di produttrice interviene su tutte le canzoni, addirittura scrivendo lei stessa la musica per lo strumento caratteristico dell'album, lo Sho - particolarissimo strumento dalle sole tre note, suonato da Mayumi Miyata –e per un coro di cantanti Hoh giapponesi. Un’opera bizzarra e difficilmente fruibile, sicuramente la più impersonale della discografia di Björk.
Nella primavera del 2007, Björk pubblica il suo successivo album in studio, “Volta”. L'album funziona come un microcosmo perfetto, una sintesi di ciò che ha reso Björk unica nel corso della sua carriera di artista solista. C'è il disprezzo dei confini di genere, con collaborazioni che abbracciano continenti e stili musicali tra i più disparati. C'è un forte sentimento neo-pagano, animista, di chiara matrice islandese e un sapore quasi tribale mescolato perfettamente con l’aura tecnologica che promana della musica elettronica più d'avanguardia. C'è la difesa e l’affermazione dell’elemento femminile nonostante la mancanza di un esplicito programma femminista nei testi. E, riprendendo da dove “Medúlla” si era interrotto (e andando oltre), c'è un intento politico in “Volta”, un appello per una nuova società in cui recuperare la saggezza dei tempi antichi e l’essenzialità della nostra natura corporea e fisica, con un particolare richiamo al corpo femminile e al culto ancestrale della Dea Madre.
Pagina 13
Dopo un estenuante tour mondiale di oltre 70 date, Björk sembra prendersi una pausa di riflessione e sparisce dalla scena fino al 2010, quando riappare con l’EP “Mount Wittenberg Orca”, realizzato con la collaborazione dei Dirty
Projectors.
Nel frattempo, a partire dal 2008 l’Islanda va incontro alla più pesante crisi politica ed economica della sua storia, col crollo dell’intero fragile sistema finanziario dell’isola che getta il paese in una profonda prostrazione economica da cui inizierà (timidamente) a riprendersi solo a partire dal 2011. In questo drammatico contesto sociale vede la luce “Biophilia”, ufficialmente considerata la settima uscita da solista di Björk e il suo primo "concept album" che esplora le relazioni tra natura e tecnologia, cercando una convergenza tra teorie cosmiche/biologiche e teoria musicale. Dimostrando ancora una volta la sua profonda attitudine avanguardista e innovatrice, Björk decide di pubblicare l'album attraverso una serie di app, sfruttando non solo le potenzialità della distribuzione della musica in streaming digitale ma creando delle vere estensioni transmediali che aggiungono valore intrinseco all’opera d’arte. In concomitanza con l'uscita del suo album “Biophilia”, viene infatti sviluppata e distribuita un'applicazione per telefono, successivamente adattata al programma educativo Biophilia: si tratta di uno strumento destinato a stimolare la creatività dei bambini attraverso l’interazione tra scienza, musica e nuove tecnologie informatiche. Dopo l'uscita del suo album, la cantante si impegna in laboratori didattici nei quattro continenti per la promozione del progetto, affidandosi ad ingegneri e tecnici per gli aspetti tecnologici e al suo estro d’artista per coordinare la sperimentazione. Il progetto ha un tale successo che molte scuole in tutta la Scandinavia lo inseriscono nel loro piano didattico.
“Biophilia” è il risultato della crescente convergenza tra arte e tecnologia grazie alla quale gli artisti musicali oggi dispongono di una gamma sempre più ampia di strumenti digitali per esprimere le proprie idee su una varietà di piattaforme multimediali. Quando queste idee appartengono allo stesso universo narrativo e questi nuovi media estendono l'estetica dell'artista diffondendo la sua poetica a un nuovo pubblico, allora ci troviamo di fronte a quello che Henry Jenkins definisce narrazione transmediale (H.Jenkins – Cultura Convergente – Apogeo 2014). “Biophilia” è in questo senso un album paradigmatico, un fulgido esempio di narrazione transmediale e Björk, ancora una volta, indica la via. L'album è stato un grande successo; nominato Album of the Year da numerose pubblicazioni musicali, ha vinto il Best Recording Package al 55 ° Grammy Awards e ha debuttato nella top 40 di quasi tutte le classifiche internazionali, seguito anche da ben due album remix. Si apre a questo punto un altro periodo interlocutorio per Björk, che metterà ancora una volta alla prova la sua sfera privata ed emotiva: dopo un intervento alle corde vocali per rimuovere un polipo nel novembre 2012, la fine della relazione con Matthew Barney (e la conseguente battaglia legale per la custodia della figlia) sarà un colpo violentissimo che andrà a costituire il centro tematico del suo ottavo album in studio, “Vulnicura”. In uscita a tre anni dal suo lavoro precedente, l'album è molto atteso sia dalla casa discografica e sia dai fan, con NME che alimenta le aspettative, annunciando che il 2015 sarebbe stato l'anno del grande ritorno di Björk: finisce così che viene immesso sul mercato già a gennaio per contrastare la diffusione del leak, praticamente due giorni dopo l’annuncio a sorpresa della sua uscita programmata a marzo L'album, prodotto dalla venezuelana Arca (Alejandra Ghersi, nata Alejandro), incorpora elementi di elettronica sperimentale e musica ambient e molti critici l’hanno accomunato a “Homogenic” del 1997. La profusione di composizioni per archi è stata una sorta di elaborazione emotiva per Björk: "L'unico modo in cui potevo affrontare la cosa era iniziare a scrivere per archi; ho deciso di diventare un nerd del violino e arrangiare tutto per 15 archi, provando così a fare un altro passo avanti". Passano solo due anni e, ritrovata la serenità, arriva quello che ad oggi risulta l’ultimo album di Björk, “Utopia” (One Little Indian, 2017), prodotto ancora una volta da Arca. L’album riceve commenti unanimemente positivi da parte della critica e viene promosso attraverso un tour di 11 date in grande stile, che trova la sua apoteosi nella data finale alle Terme di Caracalla a Roma il 30 luglio 2018. Segue un altro tour in pompa magna (“Cornucopia Tour”), dove solo l’esposizione della strumentazione è uno spettacolo che vale di per se stesso. Oltre alla presenza di un settetto di flauti, coro e percussioni, vengono infatti impiegati strumenti musicali assolutamente singolari: un flauto circolare per quattro suonatori, una "camera di riverbero" che riproduce l'eco della voce, un Calabash ad acqua (percussione dell’Africa occidentale, tecnicamente un idiofono), un Dhol (un membranofono proveniente dall’India settentrionale), due canne d'organo di otto metri dalla forma di cannoni, uno Xylosynth (xilofono a percussioni elettriche), un violino piezoelettrico, un Aulofono (insieme di campane) e la Segulharp (un'arpa elettromagnetica). A inizio 2020 viene annunciata una nuova tournée (Björk Orchestral), successivamente sospesa e ripianificata: al momento, sono programmate solo 5 date tra Agosto e Settembre 2021, disponibili anche per la fruizione in streaming. In generale, si può affermare che gli anni ’10 hanno progressivamente visto sfumare la centralità di Björk come figura di riferimento nel panorama pop internazionale, anche se l’artista continua a godere di una indiscussa autorevolezza e i suoi prodotti rivelino, oltre ad una innegabile valore concettuale, anche una progettualità profonda e un livello qualitativo sempre eccellente, il tutto aggraziato da un’adeguata fruibilità. Conclusione: Poetica e Filosofia dell’Artista
Dalla disamina biografica emergono i modi specifici che rendono l'approccio di Björk alla musica (e alla vita) così speciale: il suo rifiuto di conformarsi ai confini stabiliti socialmente e la sua creazione di uno spazio in cui qualcosa di nuovo e meraviglioso può essere creato in loro assenza è forse la cifra più importante della sua poetica e della sua filosofia d’artista. In particolare, tale rifiuto si esprime attraverso la capacità di trascendere la dualità tra arte "alta" e "bassa" e di sfumare i confini tra "mainstream" e "underground". In campo musicale, nonostante il suo enorme potenziale aggregativo, questi elementi di divisione e settarismo invece tendono a separare piuttosto che unire. Ad esempio, il tradizionale concetto modernista di "arte di qualità" generalmente sostiene che le "belle arti" siano preferibili all'arte popolare in quanto ciò che è popolare è inevitabilmente controllato, compromesso e omogeneizzato in quanto prodotto economico destinato al consumo e ostaggio del capitale. In ambito musicale questa visione porta ad anteporre la complessità virtuosistica e il "difficile ascolto" simboleggiati dalla moderna musica sinfonica rispetto a generi più accessibili e commerciabili come il rock'n'roll o la musica dance. All’estremo opposto, assistiamo alla celebrazione di sottoculture musicali popolari come il punk o la musica dance elettronica, spesso con un una conno-
tazione populista in senso stretto, cioè come esaltazione demagogica delle qualità e capacità delle classi popolari, in aperta contrapposizione allo snobismo delle belle arti dell'alta borghesia: in sostanza, si afferma un ulteriore dualismo all’interno della cultura popolare, dove accanto a un (preponderante) ambito "mainstream" di qualità inferiore che minaccia la purezza della musica "autentica" attraverso il dominio aziendale e la sua insistenza sulle vendite rispetto ai contenuti, esistono ambiti di sottocultura "underground" che rappresentano la musica veramente “autentica” e “innovativa”, in contrapposizione (di nuovo) al mondo della musica colta o d’arte, appannaggio dei parrucconi. In realtà, nel 2020 post-moderno che viviamo, questa visione populista delle subculture "underground" è tanto divisiva quanto il mondo delle belle arti che ripudia ed è altrettanto frustrante e limitante quanto il "mainstream" contro cui si scaglia. In questo senso, Björk si rifiuta come artista di vedere questi confini tra "alto" e "basso" o "mainstream" e "underground", aspirando ad una espressione musicale finalmente libera da tale retorica, per evidenziare e valorizzare i punti di contatto, le sovrapposizioni e contrapposizioni virtuose tra stili e grammatiche musicali: il suo modo unico di mescolare i concetti di "naturale" e "tecnologico" evidenzia come i due abbiano molto più in comune di quanto la retorica binaria che li circonda indicherebbe. Che si tratti dell'idea umanista che la natura debba essere dominata dall’Uomo o dell'idea eco-centrica e pseudo-luddista che tutta la tecnologia sia intrinsecamente distruttiva e innaturale, gli esseri umani e le loro tecnologie sono troppo spesso rimossi dal mondo naturale per giustificare l'uso illimitato delle risorse naturali o, al contrario, per creare una concezione romantica e irrealistica della natura. Björk, nella sua combinazione di strumentazione "organica" tradizionale con la tecnologia musicale elettronica, la sua confusione di immagini naturali e tecnologiche e il suo senso pagano della interconnessione tra spiritualità e scienza, afferma in modo perentorio come natura e tecnologia siano fusi uno nell’altra, senza soluzione di continuità. In quanto tale, è un antidoto all'arroganza, al riduzionismo e alla miopia delle filosofie che collocano gli esseri umani e la loro tecnologia al di fuori della Natura, addirittura in contrapposizione con essa. Degno di nota poi il rapporto di Björk con il femminismo e i concetti tradizionali di femminilità, trascendendo le definizioni e i limiti di entrambi, ritagliandosi così la sua femminilità "Björkish". In questo ambito, Björk ha forgiato una femminilità al di fuori degli schemi, che è allo stesso tempo maschile e femminile, sessuale e asessuale, ragazza e donna. È stata fermamente a favore delle donne evitando allo stesso tempo l'etichetta femminista e nel corso della sua carriera ha messo in dubbio i dualismi creati dalla politica dell'identità di genere in primo luogo, il che la allinea più strettamente con gli ideali postfemministi che sfidano le nozioni di sesso fisso e Genere. Dimostra che il femminismo radicale e il femminismo "tradizionale" non devono essere in conflitto e che la donna che si definisce al di fuori di questo dualismo alla fine sarà una vera icona femminista: una donna guerriera indipendente, forte, che sostiene gli ideali tradizionali femminili di istinto, intuizione, emozione e amore. Questa poetica della rimozione delle barriere e dei confini che abbiamo appena analizzato si è espressa inizialmente nell’ambito musicale e artistico, per poi estendersi ai temi umanitari e politici con la stessa sensibilità postmoderna con cui si avvicina agli altri ambiti della sua vita. L'ideale postmoderno di distruggere i confini intellettuali e culturali viene così portato al livello successivo: quello di distruggere i confini nazionali, politici, economici, spirituali e di genere. Alla fine, la lezione di Björk che vale per ognuno di noi è che aprendoci oltre i confini preconcetti, possiamo essere tanto complessi quanto semplici (come implica la parola "Björk") e elevarci al di sopra di tutte le categorizzazioni, senza cadere nella trappola del pensiero binario che ci impedisce di renderci conto che, alla fine, "un essere umano è un essere umano è un essere umano". sa.za.
Photo by Santiago Felipe