Apinforma 10/2020

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notiziario dell’ASSOCIAZIONE piccole e medie industrie

APINFORMA numero 10 31 maggio 2020

IN PRIMO PIANO SPOSTAMENTI DA E PER L’ESTERO

ApiNFORMA - Quindicinale di informazione dell’Associazione Piccole e Medie Industrie

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA

EXPORT MARKETING

ORGANIZZAZIONE


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notiziario dell’ASSOCIAZIONE PIccole e medie industrie

APINFORMA

numero 10 31 maggio 2020

Sommario Le lavorazioni intracomunitarie

FISCALE TRIBUTARIO ECONOMICO

LAVORO

SICUREZZA E AMBIENTE

EDILIZIA

8

I ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali

12

Sanificazione ambienti di lavoro

14

Split payment

17

Cessione crediti d’imposta

18

Restituzione contributi

21

Contributi agli investimenti Impresa 4.0

22

INAIL. Incentivi alle imprese

25

Indice mensile rivalutazione t.f.r. giugno 2020

26

Prevenzione incendi: autorimesse

27

Trasporto rifiuti. Albo gestori ambientali

28

SOA: rinnovo per la Solari di Udine con incremento della OS9

30

Modifiche alle norme in FVG su edilizia e urbanistica (1a parte)

31


SISTEMI DI PESATURA PESA A PONTE METALLICA


ORGANIZZAZIONE

Spostamenti da e per l’estero

34

CCIAA PN-UD. Sportello etichettatura e sicurezza alimentare

36

Cronotachigrafo e brevi interruzioni di guida

37

Autotrasporto. Uso del tachigrafo digitale

38

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Le lavorazioni intracomunitarie Gli adempimenti

pratica consolidata soprattutto con i paesi confinanti Premessa L’invio di beni in altro paese comunitario per eseguire una lavorazione è considerato una cessione intracomunitaria assimilata se i beni non rientrano in Italia. In assenza di rientro si rende obbligatoria l’identificazione o la nomina di un rappresentante fiscale Iva nel paese in cui viene eseguita la lavorazione. È quanto prevedono gli art. 38 e 41 del D.L. 331/93 che hanno dovuto uniformarsi a giurisprudenza della Corte Europea che nel 2015, aveva rilevato l’illegittimità della precedente normativa interna. Prima di entrare nel merito della modifica è opportuno ricordare brevemente i profili dell’operazione interessata.

La lavorazione Per lavorazione s’intendono tutte le tipologie di lavori eseguiti su beni mobili materiali quali: trasformazioni, manipolazioni, esami qualitativi, taratura di strumenti, miglioramenti e perfezionamenti. Vi rientrano anche i servizi nei quali il prestatore nazionale, utilizzando in tutto o in parte beni forniti dal committente, soggetto passivo di altro stato membro, esegue per conto di quest’ultimo lavorazioni dirette a produrre un nuovo bene o ad apportare modifiche al bene ricevuto. Sono considerate lavorazioni anche le manipolazioni usuali, volte alla conservazione dei beni, al miglioramento della qualità commerciale, alla loro preparazione per la successiva distribuzione e vendita. Dal punto di vista Iva le lavorazioni su beni mobili rientrano nelle prestazioni di servizi generiche di cui all’art. 7-ter del DPR 633/72. In altri termini nelle operazioni B2B trova applicazione l’ordinario criterio di tassazione nel paese di destinazione.

Il prestatore che esegue a titolo oneroso lavorazioni su beni ricevuti dall’estero deve: - prenderli in carico sul registro di cui all’art. 50 comma 5 del D.L. 331/93; - presentare l’elenco Intrastat 2-bis ai soli fini statistici compilando le colonne 1 e da 6 a 15 e in ogni caso la colonna 10 (valore statistico) anche se abitualmente non viene compilata in quanto i volumi di operazioni comunitarie sono inferiori ai 20 milioni di euro. Una volta terminata la lavorazione il prestatore spedisce il prodotto finito al committente o a soggetto di altro stato membro o fuori dalla comunità e provvede a: - annotare lo scarico del bene ottenuto nel registro di cui all’art. 50 comma 5 del D.L. 331/93; - emettere fattura senza addebito dell’Iva ai sensi dell’art. 7-ter del DPR 633/72 nei confronti del committente soggetto passivo, il quale provvede alla liquidazione dell’imposta nel proprio paese con l’inversione contabile; - presenta l’elenco Intrastat 1-quater dei servizi resi; - presenta l’elenco Intrastat 1-bis nella sola parte statistica, indicando il codice 5 quale natura della transazione e come valore statistico il valore globale, vale a dire il costo della materia prima più la lavorazione. Questo adempimento ricade solo sui soggetti mensili ricordando che devono sempre compilare la colonna valore statistico anche se normalmente non lo fanno in quanto al di sotto dei limiti previsti per la sua compilazione. Sottolineiamo che in ogni caso la segnalazione statistica, vale a dire la presentazione degli Intrastat 2-bis e Intrastat 1-bis riguarda esclusivamente i soggetti con periodicità mensile, mentre sono esonerati i soggetti trimestrali i quali saranno pertanto tenuti alla presentazione del solo modello Intrastat-1 quater dei servizi. L’operazione va gestita in maniera simmetrica nelle ipotesi in cui sia un operatore economico italiano a commissionare la lavorazione ad un soggetto comunitario.

Manutenzioni escluse

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dal monitoraggio statistico È importante evidenziare che gli interventi di manutenzione e riparazione sono esclusi dall’obbligo di compilazione e presentazione dei modelli Intrastat ai fini statistici. Per interventi di riparazione s’intende il ripristino di un bene nella funzione originaria, senza modificarne in alcun modo la natura, anche se questo comporta lavori di ricostruzione o di miglioria. Per questi interventi si rende obbligatorio l’invio del solo modello Intrastat servizi.

La restituzione dei beni lavorati Per i beni lavorati per conto di un soggetto comunitario è necessario rispediti a quest’ultimo e non ad altri operatori comunitari o extracomunitari. Se il bene non viene restituito al committente da cui è partito, infatti, l’operazione viene considerata acquisto intracomunitario nel momento in cui la restituzione nel paese di origine non viene soddisfatta. L’art. 38 comma 5 lett. a) del D.L. 331/93 richiede che i beni a lavorazione subita, siano rispediti esclusivamente nello stato membro di provenienza per beneficiare del regime di non imponibilità.

Beni lavorati in Italia per conto di soggetto comunitario Lo stesso art. 38 analizza il caso in cui i beni siano trasportati nel nostro paese per subire una lavorazione. Anche in questa fattispecie per beneficiare del regime di sospensione impositiva, al termine della lavorazione i beni dovranno essere trasportati esclusivamente nel paese di provenienza. In pratica se un operatore economico austriaco invia dei beni in Italia per assoggettarli ad una lavorazione, e al termine della stessa i beni vengono rispediti all’operatore austriaco, l’invio dei beni in Italia non è considerato acquisto intracomunitario e l’operatore italiano dovrà: - annotare i beni ricevuti nel registro di cui all’art. 50 comma 5) del D.L. 331/93; - emettere la fattura senza Iva ai sensi dell’art. 7-ter del DPR 633/72 per la lavorazione eseguita; - presentare l’Intrastat 1-quater dei servizi e, se mensile, l’Intrastat 2-bis e 1-bis per la sola parte statistica. Se invece i beni al termine della lavorazione non vengono rispediti nel paese di provenienza, vale a dire l’Austria, ma vengono spediti in altro paese comunitario o extracomunitario (ad esempio Slovenia o Svizzera), non opera più il regime di so-

spensione impositiva e l’introduzione dei beni nel nostro paese viene considerato acquisto comunitario, con obbligo per l’operatore austriaco di dotarsi di una posizione Iva in Italia. Non ricade, infatti, sull’operatore italiano il carico dell’acquisto comunitario in quanto giuridicamente quest’ultimo ha posto in essere un contratto di appalto per la sola lavorazione e quindi a lui non può essere addossato l’onere della liquidazione dell’imposta conseguente alla riqualificazione dell’operazione quale acquisto Ue. Il successivo trasporto dei beni lavorati in altro paese comunitario o extracomunitario (Slovenia o Svizzera) configurerà rispettivamente una cessione comunitaria o un’esportazione con assunzione, da parte della posizione Iva italiana dell’operatore austriaco, dei conseguenti obblighi amministrativi e fiscali (emissione di fattura in art. 41 o art. 8).

La modifica normativa per i beni in uscita L’art. 41 comma 3 del D.L. 331/93 analizza in maniera simmetrica il caso dei beni che vengono spediti dal nostro paese in altro paese comunitario per subire una lavorazione. Anche in questa ipotesi la norma interna riconosce il regime sospensivo solo se i beni vengono rispediti in Italia, al termine della lavorazione, al committente soggetto passivo.

Beni trasferiti in ambito comunitario per lavorazioni Volendo anche in questo caso fare un esempio, si pensi ad un’impresa italiana che invia in Francia un macchinario per una lavorazione, al termine della quale il bene viene rispedito nel nostro paese. L’invio dei beni in Francia non è considerata cessione comunitaria e l’operatore Italiano sarà tenuto ai seguenti adempimenti: - annotare i beni spediti nel registro di cui all’art. 50 comma 5) del D.L. 331/93; - integrare la fattura estera relativa alla lavorazione con l’indicazione dell’imposta e registrarla sia nel registro degli acquisti e delle vendite; - presentare l’Intrastat 2-quater dei servizi e, se mensile, l’Intrastat 1-bis e 2-bis per la sola parte statistica. Se il macchinario al termine della lavorazione in Francia invece di essere rispedito in Italia viene consegnati in altro paese comunitario o extracomunitario (Austria o Svizzera), per il committente Italiano l’invio dei beni in Francia si configura come una cessione intracomunitaria con l’onere di identificarsi e acquisire una partita Iva francese.

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Il successivo trasporto dei beni lavorati in altro paese comunitario o extracomunitario (Austria o Svizzera) configurerà rispettivamente una cessione comunitaria o un’esportazione con assunzione, da parte della posizione Iva assunta in Francia, dei conseguenti obblighi amministrativi e fiscali previsti in tale paese.

Considerazioni conclusive È di tutta evidenza l’attenzione che deve essere riservata a queste operazioni, impostandole correttamente fin dalla fase di invio o ricevimento dei beni e la stessa attenzione deve essere presa anche nei casi in cui le lavorazioni siano eseguite nel paese di destinazione finale. Si pensi al caso

in cui prima di consegnare i beni al cliente finale comunitario, si facciano eseguire per conto proprio e a proprie spese, determinate lavorazioni da parte di un terzista nello stesso stato del cliente, ad esempio austriaco. Poiché i beni non rientreranno nel nostro paese, il fornitore Italiano deve considerarli come trasferiti a sé stesso nello stato di lavorazione (Austria), con conseguente obbligo di assumere una posizione Iva o nominare un rappresentante fiscale in quel paese. Con tale partita Iva deve regolarizzare l’acquisto nello stato estero così come previsto dall’art. 17, paragrafo 2, lettera f) della Direttiva 2006/112 e la successiva cessione al cliente finale austriaco dovrà essere fatta nel rispetto delle regole vigenti in tale stato. (PZ)

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I ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali gli interessi di mora decorrono in maniera automatica a prescindere dalle pattuizioni Premessa Il D.Lgs. 231/2002 disciplina il contrasto ai ritardati pagamenti nelle transazioni commerciali. Situazione che con l’attuale mancanza di liquidità può essere particolarmente penalizzante per le imprese che non riescono ad onorare puntualmente le proprie obbligazioni commerciali. È comunque importante conoscere le conseguenze e gli automatismi previsti in questi casi dal legislatore.

Le previsioni normative Le regole contenute nel D.Lgs. 231/2002 prevedendo, innanzi tutto, che la disciplina sugli interessi moratori si applica a tutti i pagamenti relativi alle transazioni commerciali. Per transazione commerciale si devono intendere i contratti stipulati tra imprese, tra imprese e pubblica amministrazione aventi ad oggetto le cessioni di beni o prestazioni di servizi. Il concetto d’impresa deve essere considerato in un’accezione molto amplia, arrivando a comprendere anche le attività di tipo professionale. Anche per quanto riguarda la pubblica amministrazione si deve adottare una definizione ampia, comprendendo gli enti pubblici territoriali, gli organismi di diritto pubblico, e tutte le diramazioni periferiche di natura statale. Le regole del decreto non sono invece applicabili alla presenza di procedure concorsuali o di ristrutturazione del debito o nei casi di risarcimento danni, proprio perché assimilabili a dazioni di pagamento e non a transazioni commerciali.

I termini di pagamento Il decreto legislativo n. 231/2002 regola la decorrenza degli interessi di mora nelle transazioni commerciali intervenute tra imprenditori, preve-

dendo che i pagamenti delle fatture debbano essere eseguiti entro 30 giorni dal ricevimento della fattura o delle merci, elevato a 60 giorni quando il debitore è una pubblica amministrazione. Gli interessi moratori decorrono automaticamente dal giorno successivo alla data di scadenza o alla fine del periodo di pagamento stabilito dal contratto. Nelle transazioni commerciali tra imprese quindi, il termine di pagamento a partire dal quale scattano gli interessi di mora, è di 30 giorni, che decorrono dalla data: - di ricevimento della fattura o di una richiesta di pagamento di contenuto equivalente; - di ricevimento delle merci o di prestazione dei servizi, quando non è certa la data di ricevimento della fattura o della richiesta equivalente di pagamento ovvero quando tale data è anteriore a quella di ricevimento delle merci o della prestazione dei servizi; - dall’accettazione o della verifica eventualmente prevista dalla legge o dal contratto di fini dell’accertamento della conformità della merce o dei servizi, qualora il debitore riceva la fattura o la richiesta di pagamento in epoca non successiva a tale data. Alle parti è riconosciuta la possibilità di pattuire anche un termine maggiore, in ogni caso fino ad un massimo di 60 giorni, mentre scadenze più elevate possono essere concordate purché siano espressamente pattuite per iscritto e non siano gravemente inique per il creditore. Con riferimento alle transazioni commerciali nelle quali la pubblica amministrazione è debitrice, il termine legale è di 30 giorni, derogabile fino ad un limite massimo di 60 giorni quando tale deroga sia giustificata dalla natura o dall’oggetto del contratto o dalle circostanze esistenti al momento della sua conclusione. Per le imprese pubbliche tenute al rispetto dei requisiti di trasparenza di cui al D.Lgs. 333/2003 e per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e che siano stati debitamente riconosciuti a tal fine, il termine legale è raddoppiato e, pertanto, è di 60 giorni. I prodotti agricoli sono regolamentati da una disciplina speciale la quale prevede un termine di

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pagamento di 30 giorni per i prodotti deperibili e di 60 giorni negli altri casi.

Gli interessi di mora Il Ministero dell’Economia e delle Finanze pubblica semestralmente sulla Gazzetta Ufficiale un provvedimento nel quale viene fissato il tasso d’interesse di mora applicabile per il semestre successivo. Il saggio d’interesse da applicare ai ritardati pagamenti, è parametrato sulla base del tasso applicato dalla Banca Centrale Europea, al quale vanno aggiunti 8 punti. Nelle transazioni commerciali tra imprese è consentito alle parti concordare un tasso d’interesse diverso da quello legale a condizione che non risulti gravemente iniquo per il creditore.

Profili contabili Gli interessi sono generalmente disciplinati dall’art. 109 del TUIR il quale prevede che la loro contabilizzazione sia effettuata nel rispetto del

principio della competenza economica. In definitiva quindi gli interessi devono essere contabilizzati in base al periodo di maturazione. Per gli interessi di mora tuttavia è prevista una deroga al principio di competenza. Essi, infatti, concorrono alla formazione del reddito nell’esercizio in cui sono percepiti o corrisposti.

Rimborsi spese Nei casi in cui il creditore abbia diritto alla corresponsione degli interessi moratori, matura anche il diritto al rimborso dei costi sostenuti per il recupero delle somme non tempestivamente corrisposte. Al creditore spetta inoltre, senza che sia necessaria la costituzione in mora, un importo forfettario di 40 euro a titolo di risarcimento del danno, fatta salva la possibilità di provare il danno maggiore, che può ricomprendere i costi di assistenza legale per il recupero del credito.

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(PZ)


Sanificazione ambienti di lavoro approvato il provvedimento attuativo delle entrate

Lo scorso 10 luglio, l’Agenzia delle Entrate ha emanato il provvedimento direttoriale n. 259854 e la circolare n.20, che danno attuazione ai crediti d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro e per la sanificazione/acquisto dei dispositivi di protezione (Dpi), previsti dagli articoli 120 e 125 del decreto legge 34/2020 (cd decreto Rilancio). Ricordiamo infatti che i predetti artt. 120 e 125 del decreto Rilancio, hanno introdotto rispettivamente i seguenti crediti d’imposta: - per gli interventi e gli investimenti necessari a far rispettare le prescrizioni sanitarie e le misure di contenimento contro la diffusione del virus Covid-19 (articolo 120 del decreto Rilancio, di seguito, “credito d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro”); - per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati, nonché per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti (articolo 125 del decreto Rilancio, di seguito “Credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione”). Questi crediti, peraltro, rientrano nel novero di quelli cedibili mediante il meccanismo stabilito dall’art. 122 del decreto Rilancio che consente, in alternativa all’utilizzo diretto, la cessione anche parziale ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari che si stanno attrezzando al riguardo. - Il credito di imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro opera in riferimento alle spese necessarie alla riapertura in sicurezza delle attività, ed i beneficiari sono stati individuati negli operatori con attività aperte al pubblico, tipicamente bar, ristoranti, alberghi, teatri e cinema (vedi elenco dei codici Ateco,

riportati nell’allegato 1 all’articolo 120 del Dl 34/2020), e nelle associazioni, fondazioni e altri enti privati, compresi gli enti del Terzo settore. Per questi ultimi soggetti, la circolare precisa che il legislatore ha voluto estendere il beneficio a tutti gli enti diversi da quelli che esercitano, in via prevalente o esclusiva, un’attività in regime di impresa in base ai criteri stabiliti dall’articolo 55 del TUIR; pertanto, gli stessi devono ritenersi inclusi anche quando non svolgano una delle attività individuate all’allegato 1 aperte al pubblico. Quanto agli interventi e agli investimenti agevolabili, sono quelli necessari al rispetto delle prescrizioni sanitarie e delle misure finalizzate al contenimento della diffusione del virus SARS-Co V-2: es, gli interventi edilizi funzionali alla riapertura, l’acquisto di arredi di sicurezza e – in ordine agli investimenti agevolabili - quelli relativi allo sviluppo o l’acquisto di strumenti e tecnologie necessarie allo svolgimento dell’attività lavorativa e per l’acquisto di apparecchiature per il controllo della temperatura (c.d. termoscanner) dei dipendenti e degli utenti, ed i programmi software, i sistemi di videoconferenza, quelli per la sicurezza della connessione, nonché gli investimenti necessari per consentire lo svolgimento dell’attività lavorativa in smart working L’ammontare del credito d’imposta è pari al 60% delle spese ammissibili sostenute nel 2020 per un massimo di 80.000 euro di spese, per un credito d’imposta massimo di 48.000 euro. Nel caso in cui le spese agevolabili superino tale importo, il credito spettante sarà sempre pari al limite massimo consentito di 48.000 euro. Sono agevolabili le spese sostenute nel 2020 anche se prima del 19 maggio 2020, data di entrata in vigore del Dl 34/2020. L’utilizzo deve avvenire esclusivamente in compensazione con il modello F24 di versamento o, in alternativa, può essere ceduto entro il 31 dicembre 2021, anche parzialmente, ad altri soggetti, ivi compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con facoltà di successiva cessione del credito.

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- Il credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dispositivi di protezione spetta nella misura del 60 per cento delle spese per la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati e per l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti. Tra i soggetti beneficiari rientrano le imprese in generale (senza distinzione di Codice ATECO, a differenza dell’altra misura) e gli enti non commerciali, compresi quelli del Terzo settore. Il credito spetta in relazione alle spese sostenute nel 2020 per: * la sanificazione degli ambienti e degli strumenti utilizzati per l’attività. A questo proposito, le Entrate hanno chiarito che deve trattarsi di attività finalizzate ad eliminare o ridurre a quantità non significative la presenza del virus che ha determinato l’emergenza epidemiologica Covid-19. Tale condizione risulta soddisfatta qualora sia presente apposita certificazione redatta da operatori professionisti sulla base dei Protocolli di regolamentazione vigenti. * l’acquisto di dispositivi di protezione individuale e di altri dispositivi atti a garantire la salute dei lavoratori e degli utenti. Trattasi quindi: ° di mascherine, guanti, visiere e occhiali protettivi, tute di protezione e calzari, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea; ° prodotti detergenti e disinfettanti; ° dispositivi di sicurezza diversi da quelli precedenti, quali termometri, termoscanner, tappeti e vaschette decontaminanti e igienizzanti, che siano conformi ai requisiti essenziali di sicurezza previsti dalla normativa europea, ivi incluse le eventuali spese di installazione ° dispostivi atti a garantire la distanza di sicurezza interpersonale, quali bar-

riere e pannelli protettivi, ivi incluse le eventuali spese di installazione. Come già scritto, l’importo del credito d’imposta è pari al 60 per cento delle spese ammissibili (che sono quelle sostenute nell’anno solare 2020 – 1° gennaio/31 dicembre), con limite massimo di 60.000 euro per beneficiario (riferito anch’esso all’importo del credito d’imposta e non a quello delle spese ammissibili). Per importi di spesa superiori a 100.000 euro, il beneficio ammonterà sempre al limite massimo di 60.000 euro. Poiché la disposizione fa riferimento alle spese sostenute nel 2020, l’agevolazione spetta anche per le spese sostenute prima del 19 maggio 2020, data di entrata in vigore del decreto Rilancio. L’utilizzo del credito può avvenire: ° in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241 (modello F24). A tale proposito, l’Agenzia ha preannunciato l’istituzione a breve di un codice tributo; ° nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta di sostenimento della spesa; ° o, in alternativa entro il 31 dicembre 2021, può essere ceduto, anche parzialmente, ad altri soggetti, ivi compresi istituti di credito e altri intermediari finanziari, con facoltà di successiva cessione del credito. Infine, la circolare 20/E evidenzia che, per espressa previsione del comma 3, art. 125 del decreto Rilancio, il credito d’imposta per la sanificazione e l’acquisto di dpi non concorre alla formazione del reddito e della base imponibile Irap; diversamente, ciò non accade per quello per l’adeguamento degli ambienti di lavoro, per cui nel silenzio della norma lo stesso deve ritenersi assoggettato ad entrambe le imposte.

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(C)


Split payment

prorogato fino al 30 giugno 2023

Con il Comunicato stampa del 3 luglio 2020, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha reso noto che la Commissione Europea, lo scorso 22 giugno, ha adottato la proposta del Consiglio che estende,

fino al 30 giugno 2023, l’autorizzazione concessa all’Italia per l’applicazione del meccanismo dello “split payment”, come misura speciale di deroga a quanto previsto dalla Direttiva 2006/112/CE in materia di IVA. Pertanto, fino alla nuova scadenza il meccanismo dello “split payment” continuerà ad applicarsi in Italia, alle operazioni effettuate nei confronti delle pubbliche amministrazioni e degli altri enti e società, a norma dell’articolo 17-ter del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

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(C)


Cessione crediti d’imposta le entrate forniscono i primi chiarimenti

Al fine di fronteggiare l’emergenza epidemiologica da COVID-19, come già noto, i decreti “Cura Italia” e “Rilancio” riconoscono alcuni crediti d’imposta per: - botteghe e negozi (art. 65 decreto “Cura Italia”); - canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda (art. 28 del decreto “Rilancio”); - l’adeguamento degli ambienti di lavoro (art. 120 del decreto “Rilancio”); - la sanificazione e l’acquisto dei dispositivi di protezione (art. 125 del decreto “Rilancio”). A tale proposito, l’articolo 122 del citato decreto “Rilancio” prevede che, fino al 31 dicembre 2021, i soggetti beneficiari dei suindicati crediti d’imposta possano, in luogo dell’utilizzo diretto, optare per la cessione, anche parziale, degli stessi crediti ad altri soggetti, ivi inclusi istituti di credito e altri intermediari finanziari. Il Provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle Entrate, del 1° luglio 2020, definisce le modalità attuative della misura, comprese quelle relative all’esercizio dell’opzione, per i canoni di locazione degli immobili a uso non abitativo e affitto d’azienda (art. 28 del decreto “Rilancio”). La comunicazione dell’avvenuta cessione può essere effettuata dal 13 luglio 2020 al 31 dicembre 2021, direttamente dai soggetti cedenti che hanno maturato i crediti stessi, avvalendosi delle funzionalità presenti nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle entrate (www.agenziaentrate. gov.it), ed avvalendosi del modello all’uopo predisposto completo dei dati che vanno riportati a pena d’inammissibilità della richiesta. Con successivo provvedimento, l’Agenzia definirà le modalità per l’invio della comunicazione anche tramite intermediario.

I cessionari devono utilizzare i crediti d’imposta con le stesse modalità di cui si sarebbe avvalso il soggetto cedente. Nel caso in cui i cessionari intendano utilizzare i crediti in compensazione, il provvedimento stabilisce che: a) il modello F24 deve essere presentato esclusivamente tramite i servizi telematici resi disponibili dall’Agenzia delle entrate, pena il rifiuto dell’operazione di versamento; b) nel caso in cui l’importo del credito utilizzato in compensazione risulti superiore all’ammontare disponibile, anche tenendo conto di precedenti fruizioni del credito stesso, il relativo modello F24 è scartato; c) non si applica il limite massimo di 700 mila euro, previsto per la compensazione dei crediti di imposta e dei contributi, e quello di 250 mila euro, previsto per l’utilizzo dei crediti d’imposta da indicare nel quadro RU della dichiarazione dei redditi, pro tempore vigenti. I crediti d’imposta ceduti possono essere utilizzati in compensazione tramite modello F24 a decorrere dal giorno lavorativo successivo alla comunicazione della cessione, previa accettazione da comunicare esclusivamente a cura dello stesso cessionario, attraverso le funzionalità rese disponibili nell’area riservata del sito internet dell’Agenzia delle Entrate. In linea con il dettato normativo, il Provvedimento in esame stabilisce che la quota dei crediti d’imposta ceduti non utilizzata entro il 31 dicembre dell’anno in cui è stata comunicata la cessione, non può essere utilizzata negli anni successivi né può essere richiesta a rimborso ovvero ulteriormente ceduta. In alternativa all’utilizzo diretto, entro il 31 dicembre dell’anno di comunicazione della prima cessione, i cessionari possono ulteriormente cedere i crediti d’imposta ad altri soggetti ma, in questo caso, la comunicazione della cessione all’Agenzia delle Entrate va fatta esclusivamente a cura del soggetto cedente, a pena d’inammissibilità. A sua volta, il successivo cessionario utilizzerà i crediti d’imposta secondo gli stessi termini, modalità e condizioni applicabili al cedente, dopo l’accettazione della cessione da comunicare esclusivamente a cura dello stesso cessionario.

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Il Provvedimento precisa che restano fermi i poteri dell’amministrazione finanziaria relativi al controllo della spettanza dei crediti e all’accertamento e irrogazione delle sanzioni nei confronti dei beneficiari originari che hanno comunicato la cessione. In particolare, verrà verificato: - in capo al beneficiario originario, l’esistenza dei presupposti, delle condizioni previste dalla legge per usufruire dell’agevolazione, la corretta determinazione dell’ammontare del credito e il suo esatto utilizzo. Nel caso in cui venga riscontrata la mancata sussistenza dei

requisiti, si procederà al recupero del credito nei confronti del beneficiario originario; - in capo ai cessionari, l’utilizzo del credito in modo irregolare o in misura maggiore rispetto all’ammontare ricevuto in sede di cessione. Infine, l’Agenzia delle Entrate rende noto che, con successivi provvedimenti, saranno definite le modalità per la comunicazione delle cessioni dei crediti d’imposta per l’adeguamento degli ambienti di lavoro e per la sanificazione e l’acquisto dei dispositivi di protezione. (C)

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Restituzione contributi istituiti i relativi codici tributo

Come noto, l’art. 25 del decreto “rilancio” prevede un contributo a fondo perduto per chi ha registrato ricavi o compensi non superiori a 5 milioni di euro nel periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di entrata in vigore del decreto, ed ha subito una riduzione di due terzi dell’ammontare del fatturato e dei corrispettivi del mese di aprile 2020 rispetto al fatturato e ai corrispettivi del mese di aprile 2019. Il contributo è pari al 20% della perdita in caso di ricavi/ compensi non superiori a 400 mila euro; al 15% della perdita in caso di ricavi/compensi superiori a 400 mila euro e inferiori o uguali a 1 milione di euro; al 10% della perdita in caso di ricavi/compensi superiori a 1 milione di euro e fino a 5 milioni di euro. Nel caso di percezione di un contributo non spettante in tutto o in parte, è prevista la possibilità per il beneficiario, anche a seguito di rinuncia, di regolarizzare l’indebita percezione, restituendo spontaneamente il contributo ed i relativi interessi, con il contestuale versamento delle relative sanzioni. Per consentire il versamento spontaneo delle suddette somme indebitamente percepite tramite il modello “F24 Versamenti con elementi identificativi” (c.d. F24 ELIDE), con la Risoluzio-

ne n. 37 del 26 giugno 2020, l’Agenzia delle Entrate ha istituito i seguenti codici tributo: - “8077” denominato “Contributo a fondo perduto – Restituzione spontanea - CAPITALE – art. 25 decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34”; - “8078” denominato “Contributo a fondo perduto – Restituzione spontanea - INTERESSI – art. 25 decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34”; - “8079” denominato “Contributo a fondo perduto – Restituzione spontanea - SANZIONE – art. 25 decreto-legge 19 maggio 2020, n. 34”. In sede di compilazione del modello “F24 ELIDE”, i suddetti codici tributo devono essere valorizzati in corrispondenza delle somme indicate nella colonna “importi a debito versati”, indicando: - nella sezione “CONTRIBUENTE”, nei campi “codice fiscale” e “dati anagrafici”, il codice fiscale e i dati anagrafici del soggetto tenuto al versamento; - nella sezione “ERARIO ED ALTRO”, i seguenti dati: * nel campo “tipo”, la lettera “R”; * nessun valore nel campo “elementi identificativi”; * nel campo “codice”, uno dei codici tributo indicati sopra; * nel campo “anno di riferimento”, l’anno in cui è stato percepito il contributo; * nel campo “importi a debito versati”, l’importo del contributo a fondo perduto da restituire, ovvero l’importo della sanzione e degli interessi, in base al codice tributo indicato.

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(C)


Contributi agli investimenti Impresa 4.0 trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi delle micro, piccole e medie imprese. primo decreto attuativo Si fa seguito alla circolare associativa prot. n. 297/ AdT del 7 luglio 2020 per ricordare che con decreto del Direttore generale per gli incentivi alle imprese del Ministero dello sviluppo economico 9 giugno 2020, pubblicato sulla G.U. n. 164 del 1° luglio 2020, è data attuazione all’intervento agevolativo sulla c.d. digital transformation di cui al decreto legge 19 maggio 2019, n. 34 (c.d. Decreto Crescita), convertito in legge 28 giugno 2019, n. 58. Si tratta, dunque, di strumenti agevolativi antecedenti alla produzione normativa derivante dall’emergenza Covid-19. Il decreto definisce i criteri, le condizioni e le modalità per la concessione ed erogazione delle agevolazioni a sostegno di progetti di innovazione di processo, di innovazione dell’organizzazione, ovvero di progetti di investimento basati sulle tecnologie abilitanti individuate nel Piano nazionale Impresa 4.0, nonché sulle tecnologie relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera. Le risorse stanziate ammontano a 100 milioni di euro, con una riserva del 25% per i progetti presentati da micro e piccole imprese e per i progetti congiunti e del 5% per le piccole e medie imprese che alla data di presentazione della domanda sono in possesso del rating di legalità. Il d.d. 9 giugno 2020 è il primo dei due decreti attuativi dello strumento agevolativo in oggetto. Manca ancora il decreto direttoriale con i termini di apertura e le modalità di presentazione e valutazione delle domande, che dovrebbe seguire a breve.

Soggetti beneficiari Possono beneficiare delle agevolazioni le piccole e medie imprese che, alla data di presentazione della domanda: a) risultino iscritte come attive nel Registro delle imprese;

b) siano operanti in via prevalente o primaria nel settore manifatturiero, in quello dei servizi diretti alle imprese manifatturiere, nel settore turistico, nel settore del commercio; c) abbiano conseguito, nell’esercizio cui si riferisce l’ultimo bilancio approvato e depositato, un importo dei ricavi delle vendite e delle prestazioni pari almeno a euro 100.000,00; d) dispongano di almeno due bilanci approvati e depositati al Registro delle imprese; e) non siano sottoposte a procedura concorsuale, né si trovino in stato di fallimento, di liquidazione anche volontaria, di amministrazione controllata, di concordato preventivo o in qualsiasi altra situazione equivalente secondo la normativa vigente. L’elenco dettagliato delle attività ammissibili secondo il codice Ateco 2007 è riportato all’all. 1 al d.d. 9 giugno 2020. Qui si evidenzia solo che vi sono compresi l’intero settore manifatturiero (sezione C) e il settore dei servizi diretti alle imprese manifatturiere (divisioni 37.00.0, 38.1, 38.2, 38.3, 52, 53, 56.29, 58.12, 58.2, 61, 62, 63.1, 69, 70, 71, 72, 73, 74, 82.20, 82.92 95.1, 96.01.01). Le piccole e medie imprese possono presentare anche progetti congiunti, purché in numero non superiore a 10, attraverso l’adesione ad un contratto di rete o ad altre forme contrattuali di collaborazione come consorzi e accordi di partnership. In caso di progetto congiunto, il requisito dei 100.000 euro di ricavi dovrà essere calcolato sommando i ricavi delle vendite e delle prestazioni realizzati da tutti i soggetti partecipanti. Inoltre, le imprese partecipanti all’aggregazione devono obbligatoriamente prevedere quale soggetto promotore capofila un DIH-digital innovation hub (DIH) o un ecosistema digitale per l’innovazione (electronic data interchange EDI) di cui al Piano nazionale Impresa 4.0, che assume il ruolo di referente e rappresentante nei confronti del Ministero dello sviluppo economico, sia per la corretta esecuzione del progetto, sia per l’erogazione delle agevolazioni.

Progetti ammissibili I progetti ammissibili devono essere rivolti alla trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi, mediante l’implementazione di:

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1. tecnologie abilitanti individuate dal Piano nazionale impresa 4.0 (advanced manufacturing solutions, additive manufacturing, realtà aumentata, simulation, integrazione orizzontale e verticale, industrial internet, cloud, cybersecurity, big data e analytics); le precise definizioni sono riportate nell’allegato n. 2, lett. a) del d.d. 9 giugno 2020; 2. tecnologie relative a soluzioni tecnologiche digitali di filiera (per il dettaglio v. all. 2, lett. b del d.d. 9 giugno 2020), finalizzate: - all’ottimizzazione della gestione della catena di distribuzione e della gestione delle relazioni con i diversi attori; - al software; - alle piattaforme e applicazioni digitali per la gestione e il coordinamento della logistica con elevate caratteristiche di integrazione delle attività di servizio; - ad altre tecnologie, quali sistemi di ecommerce, sistemi di pagamento mobile e via internet, fintech, sistemi elettronici per lo scambio di dati (EDI), geolocalizzazione, tecnologie per l’in-store customer experience, system integration applicata all’automazione dei processi, blockchain, intelligenza artificiale, internet of things. I progetti devono rientrare in una delle seguenti tipologie. a) Innovazione di processo: applicazione di un metodo di produzione o di distribuzione nuovo o sensibilmente migliorato (inclusi cambiamenti significativi nelle tecniche, nelle attrezzature o nel software); sono esclusi i cambiamenti o i miglioramenti minori, l’utilizzo di sistemi molto simili a quelli già in uso, la cessazione dell’utilizzazione di un processo, la mera sostituzione o estensione dei beni strumentali, la produzione personalizzata, l’adattamento ai mercati locali, le periodiche modifiche stagionali; b) innovazione nell’organizzazione: applicazione di nuovi metodi organizzativi nelle pratiche commerciali, nell’organizzazione del luogo di lavoro o nelle relazioni esterne di un’impresa; sono esclusi i cambiamenti che si basano su metodi organizzativi già utilizzati nell’impresa, i cambiamenti nella strategia di gestione, le fusioni e le acquisizioni, la cessazione dell’utilizzo di un processo, la mera sostituzione o estensione dei beni strumentali, la produzione personalizzata, l’adattamento ai mercati locali, le periodiche modifiche stagionali; c) investimento: il progetto basato sull’acquisto di immobilizzazioni materiali e immateriali

o di servizi funzionali a consentire la trasformazione tecnologica e digitale dell’impresa tramite l’implementazione delle tecnologie abilitanti come previste dal Piano impresa 4.0 e di tecnologie digitali di filiera finalizzate all’ottimizzazione della gestione della catena di distribuzione e della gestione delle relazioni con i diversi attori. I progetti devono, inoltre: - avere un importo di spesa non inferiore a 50.000 euro e non superiore a 500.000 euro; - essere avviati successivamente alla data di presentazione della domanda di agevolazione; - essere ultimati entro 18 mesi dalla data del decreto di concessione delle agevolazioni. In caso di progetti congiunti, ciascuna impresa deve sostenere almeno il 10% dei costi complessivi ammissibili.

Spese ammissibili Per quanto riguarda i progetti di innovazione di processo (lett. a) e di innovazione nell’organizzazione (lett. b), sono ammissibili: 1. i costi del personale dipendente del soggetto proponente o in rapporto di collaborazione o di somministrazione lavoro, ovvero titolare di specifico assegno di ricerca; sono escluse le spese del personale con mansioni amministrative, contabili e commerciali; 2. le spese per strumenti e attrezzature di nuova fabbricazione; 3. le spese per servizi di consulenza e altri servizi utilizzati per la realizzazione del progetto, inclusa l’acquisizione o l’ottenimento in licenza dei risultati di ricerca, dei brevetti e del knowhow; 4. le spese generali supplementari e altri costi di esercizio, compresi i costi dei materiali, delle forniture e di prodotti analoghi direttamente imputabili al progetto. Il calcolo delle spese ammissibili avviene sulla base della “opzione semplificata”; i costi di cui ai punti 2,3,4, sono ammessi sulla base di un tasso forfettario pari al 40% dei costi diretti ammissibili per il personale di cui al punto 1. I costi per il personale dipendente sono ammessi secondo la metodologia di calcolo e le tabelle dei costi standard unitari per le spese del personale di cui al decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca di concerto con il Ministro dello sviluppo economico 24 gennaio 2018. Relativamente ai progetti d’investimento (lett. c) sono ammissibili le spese per: - immobilizzazioni materiali, quali macchinari,

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impianti e attrezzature tecnologicamente avanzate ovvero tecnico-scientifiche, purché coerenti con le finalità di trasformazione tecnologica e digitale dei processi produttivi dell’impresa; - immobilizzazioni immateriali necessarie alle finalità del progetto; - servizi di consulenza specialistica strettamente funzionali alla realizzazione del progetto, nella misura massima del 10% dei costi complessivi ammissibili; - canoni di utilizzo, mediante soluzioni cloud computing, dei programmi informatici ovvero per la fruizione di servizi di connettività a banda larga o ultra larga; - servizi resi alle piccole e medie imprese beneficiarie dal soggetto promotore capofila per la gestione di progetti congiunti nella misura massima del 2% dei costi complessivi ammissibili. Per i “progetti d’investimento”, il calcolo dei costi avviene in via ordinaria in base al loro valore reale, per cui non viene utilizzata l’opzione semplificata, valida solo per i progetti d’innovazione di processo e nell’organizzazione.

ganizzazione e all’innovazione di processo sono concesse in base al regolamento (UE) generale di esenzione n. 651/2014, mentre quelle relative agli investimenti sono concesse in base al regime “de minimis”. L’agevolazione è pari al 50% dei costi ammissibili, di cui il 10% con contributo in conto capitale e il 40% come finanziamento agevolato da restituire, senza interessi, in un massimo di 7 anni.

Procedura Il soggetto gestore della misura è l’Agenzia nazionale per l’attrazione degli investimenti e lo sviluppo d’impresa spa (Invitalia). Le agevolazioni sono concesse sulla base di una procedura valutativa con procedimento a sportello. I termini di apertura e le modalità di presentazione e valutazione delle domande saranno definite con successivo provvedimento del medesimo Direttore generale per gli incentivi alle imprese del Ministero dello sviluppo economico. Si fa, quindi, riserva di ritornare sull’argomento non appena quest’ultimo decreto sarà stato licenziato.

Agevolazioni concedibili Le agevolazioni relative all’innovazione nell’or-

Pag. 24 - ApiNFORMA / Fiscale Tributario Economico - numero 10 - 31 maggio 2020

(AdT)


INAIL. Incentivi alle imprese emergenza covid-19. revoca dell’avviso pubblico 2019 Si fa seguito alle precedenti comunicazioni sull’argomento di cui all’epigrafe (v. da ultimo Apinforma n. 4/2020, pp. 30-34 e la circolare associativa prot. n. 300/AdT dell’8 luglio 2020) per segnalare che, pur in attesa della legge di conversione del d.l. 19 maggio 2020, n. 34, l’Inail ha comunicato sul proprio sito web (www.inail.it) la revoca

dell’Avviso pubblico ISI 2019 per effetto dell’art. 95, co. 5 del citato decreto legge. Infatti, il d.l. 34/2020 ha destinato le risorse originariamente stanziate per l’Avviso a finanziare misure volte a contenere e contrastare la diffusione dell’epidemia da Covid-19 negli ambienti di lavoro. Si assicura che l’Associazione è immediatamente intervenuta in sede nazionale per scongiurare tale revoca, considerata l’importanza del sostegno degli investimenti volti a migliorare le condizioni di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro perseguite dall’Avviso in parola. Ci si riserva di ritornare sull’argomento, qualora la legge di conversione dovesse presentare novità a riguardo. (AdT)

Pag. 25 - ApiNFORMA / Fiscale Tributario Economico - numero 10 - 31 maggio 2020


Indice mensile rivalutazione t.f.r. giugno 2020 RAPPORTI CESSATI MESE

DAL

AL

RIVAL. FISSA

INDICE

RIVALUTAZIONE

GENNAIO

15.01

14.02

0,125

102,7

0,271341

FEBBRAIO

15.02

14.03

0,250

102,5

0,250000

MARZO

15.03

14.04

0,375

102,6

0,448171

APRILE

15.04

14.05

0,500

102,5

0,500000

MAGGIO

15.05

14.06

0,625

102,3

0,625000

GIUGNO

15.06

14.07

0,750

102,4

0,750000

LUGLIO

15.07

14.08

0,875

AGOSTO

15.08

14.09

1,000

SETTEMBRE

15.09

14.10

1,125

OTTOBRE

15.10

14.11

1,250

NOVEMBRE

15.11

14.12

1,375

DICEMBRE

15.12

14.01

1,500

(C)

Pag. 26 - ApiNFORMA / Lavoro - numero 10 - 31 maggio 2020


Prevenzione incendi: autorimesse nuova regola tecnica verticale

È stato pubblicato nella G.U. n. 132 del 23 maggio u.s. il decreto del Ministero dell’Interno 15 maggio 2020 che approva la nuova norma tecnica di prevenzione incendi per le attività di autorimesse, di superficie complessiva lorda superiore a 300 mq. Il provvedimento entrerà in vigore 180 giorni dopo la sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale e quindi il 19 novembre 2020. L’Allegato I, che costituisce la Nuova Regola Tecnica Verticale (NRTV), sostituisce integralmente il capitolo “V.6 – Autorimesse” della Sezione V dell’Allegato 1 al D.M. Interno del 3 agosto 2015 “Approvazione di norme tecniche di prevenzione incendi”. L’autorimessa viene definita come l’area coperta, con servizi annessi e pertinenze, destinata al ricovero, alla sosta ed alla manovra di veicoli. Non sono considerate autorimesse le aree coperte destinate al ricovero, alla sosta ed alla manovra di veicoli, in cui: - ciascun posto auto sia accessibile direttamente da spazio scoperto con un percorso massimo inferiore a due volte l’altezza del piano di parcamento (es. box a schiera, piccole tettoie, …); - il ricovero sia destinato all’esposizione, alla

vendita o al deposito di veicoli provvisti di quantitativi limitati di carburante per la movimentazione nell’area (es. autosaloni, …). In base alla nuova Regola tecnica, le autorimesse sono classificate: - in relazione alle caratteristiche prevalenti degli occupanti; - in relazione alla superficie lorda; - in relazione alla quota di tutti i piani. Fatta salva la possibilità di applicare l’Allegato I all’intera autorimessa, il decreto non comporta adeguamenti per le autorimesse che, alla data di entrata in vigore del provvedimento, ricadono in uno dei seguenti casi: a) siano già in regola con uno degli adempimenti previsti agli articoli 3 (valutazione dei progetti) 4 (controlli di prevenzione incendi) o 7 (deroghe) del D.P.R. 151/11; b) siano state progettate sulla base dei provvedimenti normativi richiamati nel decreto e comprovati da atti rilasciati dalle amministrazioni competenti. Per gli interventi di modifica o ampliamento delle autorimesse esistenti alla data del 19 novembre si applicano le disposizioni previste dall’art. 2, commi 3 e 4, del D.M. 3 agosto 2015. La norma indica inoltre le strategie antincendio in riferimento alla reazione al fuoco, resistenza al fuoco, compartimentazione, esodo, gestione della sicurezza antincendio, controllo dell’incendio, controllo di fumi e calore, sicurezza degli impianti tecnologici e di servizio.

Pag. 27 - ApiNFORMA / Sicurezza e Ambiente - numero 10 - 31 maggio 2020

(C)


Trasporto rifiuti. Albo gestori ambientali sospensione e cancellazione per mancato versamento dei diritti annuali

Con circolare n. 8 del 7 luglio 2020, il Comitato Nazionale dell’Albo Gestori Ambientali, dopo aver ricordato che quest’anno, a causa del Covid-19, il versamento dei diritti annuali d’iscrizione è stato prorogato dal 30 aprile al 30 giugno 2020, ha definito specifiche procedure di sospensione e cancellazione per le imprese morose, con tempistica diversa da quella indicata nelle circolari del 2018. Al riguardo, le Sezioni competenti delibereranno

entro il 31 luglio 2020 i procedimenti di sospensione delle imprese che non hanno pagato i diritti d’iscrizione al 30 giungo scorso, notificandoli a mezzo PEC. Le sospensioni decorreranno dal 15 settembre 2020 (entro tale data le imprese destinatarie della PEC potranno quindi sanare la propria morosità). In caso di mancata notifica a mezzo PEC (ad es. per indirizzo PEC inesistente, non funzionante o non valido) le Sezioni attueranno la pubblicazione sul sito web dell’Albo dal 1° settembre 2020 (in forza dell’art. 21bis della legge 241/90). Dopo 12 mesi di sospensione, senza alcun riscontro da parte delle imprese morose, le Sezioni procederanno alla loro cancellazione dall’albo, ai sensi dell’art. 20 del DM 120/2014 (Regolamento per il funzionamento dell’Albo).

Pag. 28 - ApiNFORMA / Sicurezza e Ambiente - numero 10 - 31 maggio 2020

(C)


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SOA: rinnovo per la Solari di Udine con incremento della OS9 l’impresa amplia la qualificazione soa e le proprie categorie di lavoro Rinnovo dell’attestazione SOA per la Solari di Udine S.p.A. L’azienda, che ha sede in via Gino Pieri n. 29 a Udine ed è rappresentata dal nostro Presidente dott. Massimo Paniccia, ha rinnovato la categoria OS9 portandola dalla VI alla VII classifica pari ad un importo di 15.494.000 euro e mantenendo la categoria OS19 per la V classifica corrispondente a 5.165.000 euro. L’azienda ha così ottenuto la certificazione per la progettazione e l’esecuzione delle opere sopracitate. Potrà partecipare ad appalti pubblici fino ad un importo massimo di 18.592.800 euro per l’esecuzione di impianti per la segnaletica luminosa e la sicurezza del traffico (OS9), categoria che riguarda la fornitura e posa in opera, la manutenzione sistematica o ristrutturazione di impianti automatici per la segnaletica luminosa e la sicurezza del traffico stradale, ferroviario, metropo-

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litano o tranviario compreso il rilevamento delle informazioni e l’elaborazione delle medesime. Ma potrà partecipare, anche, fino ad un importo massimo di 6.198.000 euro anche per l’esecuzione di impianti di reti di telecomunicazione e di trasmissione dati (OS19), categoria che riguarda la fornitura, il montaggio e la manutenzione o ristrutturazione di impianti di commutazione per reti pubbliche o private, locali o interurbane, di telecomunicazione per telefonia, telex, dati e video su cavi in rame, su cavi in fibra ottica, su mezzi radioelettrici, su satelliti telefonici, radiotelefonici, televisivi e reti di trasmissione dati e simili, qualsiasi sia il loro grado di importanza, completi di ogni connessa opera muraria, complementare o accessoria, da realizzarsi, separatamente dalla esecuzione di altri impianti, in opere generali che siano state già realizzate o siano in corso di costruzione. Ricordiamo che l’attestazione SOA costituisce condizione indispensabile per la partecipazione alle procedure d’aggiudicazione dei lavori d’importo superiore ai 150.000 euro. Al fine d’assistere gli imprenditori, l’Associazione ha predisposto un servizio d’informazione ed assistenza alle proprie imprese sui requisiti e sulla documentazione richiesti per la qualificazione. (CS)


Modifiche alle norme in FVG su edilizia e urbanistica (1a parte) deroghe a strumenti urbanistici comunali

La Legge Regionale del Friuli Venezia Giulia n. 13 del 29 giugno 2020 pubblicata sul Supplemento Ordinario n. 23 del 1° luglio 2020 al Bollettino Ufficiale n. 27 del 1° luglio 2020, è una normativa multisettoriale, che interviene anche nelle materie dell’edilizia e dell’urbanistica, nonché da le prime indicazioni su provvedimenti emergenziali da COVID-19. Con circolare della Direzione Centrale Infrastrutture e Territorio n. 36047 del 20/06/2020 la Regione, in considerazione delle numerose richieste pervenute a seguito della fase di prima operatività delle novelle legislative introdotte nelle materie dell’urbanistica e dell’edilizia con le leggi regionali 6/2019 e 9/2019, la Direzione ha ritenuto opportuno riscontrare in via generale i dubbi applicativi emersi condividendo alcuni indirizzi interpretativi. Con la circolare la Regione intende inizialmente fare il punto sulle novità apportate dalla legge regionale 29 aprile 2019, n. 6 (Misure urgenti per il recupero della competitività regionale), nonché su quanto ulteriormente disciplinato dalla Legge regionale 8 luglio 2019, n. 9 (Disposizioni multisettoriali per esigenze urgenti del territorio regionale). In questa prima parte affrontiamo i temi relativi alle deroghe agli strumenti urbanistici e al recupero dei sottotetti.

Misure eccezionali e deroghe a strumenti urbanistici comunali (cfr. art. 35 LR 19/2009) In punto di derogabilità agli strumenti urbanistici locali, con LR 6/2019 è stato introdotto all’articolo 35 il comma 2 ter, il quale prevede una misura finalizzata a favorire il recupero Pag. 31 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 10 - 31 maggio 2020

– per soli utilizzi residenziali e alberghieri - di beni storico-architettonici oggetto di tutela ai sensi della Parte II del D.Lgs. 42/2004, ossia sottoposti al cd. vincolo monumentale, qualora versino in “stato di degrado nei loro elementi costitutivi”, da riferire all’elencazione contenuta nel quadro delle definizioni ex lege (cfr. art. 3, c. 1, lett. c) elementi costitutivi dell’edificio: fondazioni, intelaiatura strutturale, pareti perimetrali, solai interpiano, solaio di copertura, elementi di collegamento tra piani). Al fine di incentivare il recupero di tale specifico patrimonio immobiliare vengono consentiti, in sede di interventi di recupero dell’immobile specificatamente ricondotti alle tipologie della manutenzione straordinaria (non, quindi, di quella ordinaria), restauro o risanamento conservativo (quali interventi di recupero propri della natura di immobili in analisi, elemento che esclude dall’ambito di applicazione la ristrutturazione edilizia), ampliamenti che comportino “la saturazione del volume edilizio derivante dall’indice di fabbricabilità del lotto di pertinenza urbanistica” nonché la facoltà di intervenire in aumento del numero di unità immobiliari esistenti. Tali interventi, che possono essere attuati anche “in deroga a distanze e puntuali norme di attuazione dello strumento urbanistico”, sono subordinati all’ottenimento di un previo favorevole parere o di una specifica autorizzazione da parte della Soprintendenza locale quale Ente competente in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio. In sintesi, la misura consente di derogare alla disciplina locale (stabilita a livello di strumenti urbanistici, generali o attuativi) nell’ambito di un intervento di recupero e, comunque, di sfruttare appieno gli indici previsti per il lotto di pertinenza, qualora l’ente competente alla tutela esprima parere favorevole nell’ottica di conservazione del bene e del suo valore storico-architettonicomonumentale. Tale previsione si inserisce nel solco dei commi 2 e 2 bis che immediatamente precedono il comma in commento: - da un lato, il comma 2 ammette sempre la possibilità di intervenire sull’intero patri-


monio edilizio esistente, ivi compreso quello non conforme alle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti o adottati e del regolamento edilizio vigente, mediante interventi di manutenzione, ordinaria e straordinaria, restauro e risanamento conservativo (ivi compresa la conservazione tipologica) e con opere realizzabili in attività edilizia libera, con o senza asseverazione (cfr. elencazione di cui all’articolo 4, comma 2, LR 19/2009); - dall’altro, il comma 2 bis consente di operare sul patrimonio edilizio esistente, ivi compreso quello ubicato in zona impropria, mediante interventi di ristrutturazione, restauro e risanamento conservativo diretti all’aumento delle unità immobiliari esistenti. Va notato che mentre i commi 2 e 2 ter sono allineati nel senso di mantener ferme unicamente le previsioni più estensive degli strumenti urbanistici comunali, derivandone la derogabilità di quelle più restrittive in forza dell’applicazione delle misure ivi disposte, il comma 2 bis fa salve più genericamente le previsioni degli strumenti urbanistici comunali: con riferimento a detto comma 2 bis va notato che, considerata sia la rubrica dell’articolo in cui tali disposizioni sono inserite (“Deroghe generali agli strumenti urbanistici comunali per interventi edilizi”) sia la formulazione della restante parte del comma, la salvaguardia delle disposizioni dettate dalla strumentazione urbanistica locale non può quindi che essere riferita alle diverse prescrizioni dalla stessa dettate su ulteriori aspetti (ulteriori rispetto a quelle inerenti l’aumento del numero di unità immobiliari), quali, a titolo di esempio, indicazioni sulle forometrie, caratteristiche degli sporti di linda, serramenti, colori e simili. Viene infine specificato, con riguardo alla fattispecie dell’ampliamento degli edifici o delle unità immobiliari esistenti situati nella fascia di rispetto della viabilità di cui al comma 3 dell’articolo 35, che “è comunque ammessa la ristrutturazione con demolizione e ricostruzione con modifiche della sagoma e di collocazione dell’area di sedime per esigenze di arretramento del profilo di facciata nel rispetto delle eventuali prescrizioni degli strumenti urbanistici comunali in materia di allineamento degli edifici e fasce di rispetto del nastro stradale o di distanza dai confini: in tal caso, come espressamente disposto, l’operazione è subordinata alla cessione gratuita in favore del Comune dell’area necessaria al miglioramento della sicurezza stradale.

Misure per il recupero Pag. 32 - ApiNFORMA / Edilizia - numero 10 - 31 maggio 2020

dei sottotetti esistenti (art. 39 LR 19/2009) Rispetto al testo originario del 2009, attualmente la previsione di favor finalizzata al recupero dei sottotetti di cui all’articolo 39 del Codice regionale dell’edilizia, come peraltro ulteriormente chiarito dalla nuova rubrica dell’articolo stesso, è limitata ai soli interventi di recupero a fini abitativi dei sottotetti esistenti, escludendosi analoga possibilità di operare in deroga su locali interrati o seminterrati: tale limitazione è effetto diretto della sostituzione (cfr. art. 6, comma 15, lettera b), LR 6/2019) della previgente formulazione dell’ultimo periodo del comma 1 (che estendeva la disposizione di favore anche ai “vani destinati a cantine e taverne, magazzini, depositi e garage, nonché per altri locali anche interrati e semi-interrati purché di altezza non inferiore a 2,20 metri”). Alla soppressione della facoltà derogatoria (che, nel caso del comma 1, si pone rispetto sia ai limiti e parametri degli strumenti urbanistici vigenti che ai requisiti igienico-sanitari scaturenti dalla LR 44/1985) su locali interrati e semi-interrati si accompagna, con intento chiarificatore, l’esplicitazione per cui gli interventi operati ai sensi del comma 1 dell’articolo 39 (che possono essere attuati anche in zone di centro storico, a differenza di quelli ammessi ai sensi del comma 2 dello stesso articolo) devono conformarsi alle prescrizioni tipologico-architettoniche degli strumenti urbanistici vigenti; viene altresì richiamata la necessità di preventiva acquisizione dell’autorizzazione nel caso di interventi su immobili soggetti a tutela. Viene infine semplificata la lettura del comma 2 dell’articolo 39 (che consente di operare, al di fuori delle zone di centro storico, in deroga a indici e parametri urbanistici ed edilizi al fine della conformazione del sottotetto rispetto agli standard igienico-sanitari di cui alla LR 44/1985) riportando le due tipologie di intervento sulla copertura (innalzamento della quota di colmo e variazione della pendenza di falda) sotto l’unica previsione che ammette l’innalzamento o qualsiasi altra modifica della copertura alle condizioni e per i benefici di legge. Rimane ferma la differente disciplina disposta riguardo le possibilità di incremento del numero di unità immobiliari, elemento che evidenzia l’attenzione del legislatore per i diversi gradi di sensibilità che caratterizzano le distinte zone territoriali omogenee: la facoltà è ammessa in tutti i casi di applicazione del comma 2 (purché nel rispetto degli standard urbanistici, an-


che mediante le possibilità di monetizzazione ai sensi dell’art. 29 bis), mentre nelle operazioni di restauro e di risanamento conservativo su immobili vincolati la decisione finale circa la possibilità di aumento del numero di U.I. è rimessa all’autorità preposta alla tutela del vincolo (tra cui è ricompreso il Comune nel caso di misure di tutela decretate dalla strumentazione urbanistica locale); è infine esclusa in tutte le altre ipotesi di applicazione del comma 1. In sintesi, qualora non oggetto di specifica tutela (nel qual caso, come detto, la scelta è demandata all’ente preposto) l’immobile ubicato in centro storico non può beneficiare della possibilità di incremento del numero di unità immobiliari ex lege, rimanendo la decisione in mano all’Ammi-

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nistrazione comunale nell’esercizio della propria funzione di governo del territorio. Rimangono immutati gli interventi che possono attivare l’istituto derogatorio (ristrutturazione edilizia, restauro, risanamento conservativo o manutenzione straordinaria) i quali possono incidere, alternativamente, o sull’intero edificio o su una porzione dello stesso: in tale secondo caso, stante l’espressa ottica di favore per il recupero del patrimonio edilizio esistente, la porzione di edificio può anche coincidere con il sottotetto oggetto dell’intervento, non richiedendosi che l’intervento interessi necessariamente porzioni diverse dell’edificio (come i livelli inferiori al piano sottotetto). (continua) (CS)


Spostamenti da e per l’estero nuova ordinanza del ministro della salute valida fino al 31 luglio 2020

Si fa seguito alle circolari associative prot. n. 299/ AdT/tt dell’8 luglio 2020 e prot. n. 312/AdT del 24 luglio 2020 per segnalare che il Ministro della salute ha nuovamente disciplinato gli ingressi in Italia di cittadini dall’estero alla luce all’evolversi della situazione epidemiologica da Covid-19 nel mondo. L’ordinanza è in vigore dal 16 al 31 luglio 2020. Più in dettaglio si ha quanto segue. - Sono vietati l’ingresso e il transito nel territorio nazionale alle persone che nei 14 giorni antecedenti hanno soggiornato o transitato nei seguenti Paesi: Armenia, Bahrein, Bangladesh, Bosnia Erzegovina, Brasile, Cile, Kosovo, Kuwait, Macedonia del Nord, Moldavia, Montenegro, Oman, Panama, Perù, Repubblica Domenicana, Serbia. - In deroga a tale divieto, ma limitatamente alla Bosnia Erzegovina, Kosovo, Macedonia del Nord, dal Montenegro e dalla Serbia sono consentiti gli ingressi e i transiti nel territorio nazionale del personale viaggiante e dei membri dell’equipaggio dei veicoli di trasporto, esclusivamente per motivi di lavoro, alle condizioni fissate dai commi da 5 a 7 dell’art. 5 del decreto del presidente del Consiglio dei ministri 11 giugno, come da ultimo prorogato (franchigia 120 ore per ingressi senza isolamento, obbligo di autocertificazione e comunicazione ingresso all’Azienda sanitaria locale (ASL) competente per territorio di ingresso; franchigia di 36 ore per transiti con obbligo comunicazione all’ASL). - E’ ora consentito l’ingresso nel territorio nazionale dei cittadini residenti nei seguenti Sta-

ti: Algeria, Australia, Canada, Georgia, Giappone, Marocco, Nuova Zelanda, Ruanda, Repubblica di Corea (Corea del Sud), Thailandia, Tunisia, Uruguay. - Continuano a essere consentiti gli ingressi nel territorio nazionale, dei cittadini degli Stati membri dell’Unione europea, degli Stati parte dell’accordo di Schengen, del Regno Unito, di Andorra, del Principato di Monaco, della Repubblica di San Marino e dello Stato della Città del Vaticano nonché dei loro familiari come definiti dagli artt. 2 e 3 della Direttiva 2004/38/ CE (coniuge, partner, discendenti diretti fino a 21 anni di età o a carico del cittadino o del coniuge o partner, ascendenti a carico del cittadino o del coniuge o partner, altri familiari a carico o conviventi con il cittadino o che per gravi motivi necessitano della sua assistenza personale), residenti in Italia da prima dell’entrata in vigore del provvedimento, nonché gli ingressi dei funzionari e agenti dell’Unione europea o di organizzazioni internazionali, diplomatici, del personale amministrativo e tecnico delle missioni diplomatiche, dei funzionari e degli impiegati consolari, del personale militare nell’esercizio delle loro funzioni. - Alle persone fisiche che fanno ingresso in Italia da Stati o territori esteri diversi dagli Stati membri dell’Unione Europea, degli Stati parte dell’accordo di Schengen, del Regno Unito, Andorra, Principato di Monaco, Repubblica di San Marino e Stato della Città del Vaticano, ovvero che abbiano ivi soggiornato nei 14 giorni antecedenti all’ingresso in Italia, si applica l’obbligo di sorveglianza sanitaria e isolamento fiduciario di cui agli artt. 4 e 5 (14 giorni o franchigia di 120 ore per soggiorni brevi e relative esenzioni) del d.P.C.m. 11 giugno 2020. Copia dell’ordinanza può essere richiesta all’ufficio economico dell’Associazione unitamente ad altre informazioni.

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CCIAA PN-UD. Sportello etichettatura e sicurezza alimentare servizio completamente gratuito di orientamento sulla normativa nazionale e comunitaria in materia di etichettatura La Camera di Commercio di Pordenone - Udine ha rinnovato l’adesione alla convenzione con il Laboratorio Chimico della CCIAA di Torino con l’intento di offrire alle imprese che operano nella filiera del settore agroalimentare (produzione, trasformazione e commercializzazione), attraverso lo Sportello etichettatura e sicurezza alimentare, un servizio tecnico, completamente gratuito, di orientamento sulla normativa nazionale e comunitaria in materia di etichettatura, a cui si aggiunge la progettazione ed erogazione di eventi formativi in materia e incontri personalizzati. Lo Sportello fornisce un primo orientamento per rispondere ai quesiti sulle seguenti tematiche: - sicurezza alimentare: autocontrollo, rintracciabilità, materiali a contatto con gli alimenti, allergeni, trasporto alimenti, shelf life, etc.; - etichettatura: studio dei contenuti inseriti in

etichetta e dell’etichettatura nutrizionale sulla base della normativa vigente (inserimento dei dati mancanti, adeguatezza della terminologia, etc.); - etichettatura ambientale: chiarimenti sulle informazioni da inserire sull’imballaggio relative all’etichettatura ambientale per il riutilizzo, recupero e riciclaggio dei rifiuti da parte dell’utente finale; - vendita in UE ed esportazione extra UE dei prodotti alimentari: indicazioni riguardo alle fonti istituzionali da consultare per vendere ed esportare nei diversi Paesi, orientamento sui requisiti cogenti (analisi e documentazione) nei singoli Paesi extra UE. L’iniziativa è riservata alle imprese attive iscritte, alla data di presentazione del quesito, al Registro Imprese della Camera di Commercio di Pordenone-Udine che abbiano la sede operativa nelle medesime ex province, siano in regola con il pagamento del diritto camerale annuale e non siano assoggettate a procedure concorsuali. Le imprese interessate ad avvalersi del servizio possono contattare l’Associazione, p.i. Claudio Scialino, tel. 0432.507377 – email edilizia@confapifvg.it

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(MCS)


Cronotachigrafo e brevi interruzioni di guida precisazioni e chiarimenti del ministero dell’interno

Con nota prot. 300/A/4780/20/111/20/3 del 7 luglio 2020, il Ministero dell’interno, Direzione centrale per la Polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato (di seguito Ministero) ha inteso fornire chiarimenti in ordine alla registrazione sul cronotachigrafo delle c.d. micro interruzioni della guida di pochi minuti. Il Ministero rileva che queste brevissime interruzioni: - non possono considerarsi vere e proprie interruzioni giacché queste, ai sensi dell’art.7 del regolamento (CE) del Parlamento e del Consiglio europeo 561/2006 del 15 marzo 2006, devono essere di almeno 45 minuti dopo un periodo di guida di 4 ore e 30 minuti, con possibile frazionamento in due periodi di cui il primo di almeno 15 minuti e il successivo di almeno 30 minuti; - non possono considerarsi dei periodi di riposo giornaliero o settimanale ai sensi dell’art. 4, lett. g) e h) del medesimo regolamento, anche tenuto conto della decisione di esecuzione della Commissione europea del 7 giugno 2011, in materia di calcolo dei tempi di guida, la quale “ha raccomandato che, per il calcolo del periodo di guida giornaliero occorre considerare come disgiunti due periodi di guida quando sono separati da un periodo di riposo di almeno 7 ore.” La conseguenza è che, per la registrazione di questi

micro periodi, non è possibile azionare il dispositivo di commutazione sotto il simbolo del “lettino”. Quanto all’utilizzo dei simboli “altre mansioni” e “tempi di disponibilità”, secondo le definizioni contenute nell’art. 3, lett. a), b) della direttiva del Parlamento e del Consiglio europeo 2002/15/CE dell’11 marzo 2002, concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di autotrasporto, la nota rileva come queste presuppongono che il conducente rimanga a disposizione del datore di lavoro, per cui egli non può disporre liberamente del proprio tempo libero. “Tuttavia – prosegue la nota ministeriale –, se il conducente impiega il suo tempo suo tempo per il soddisfacimento di esigenze personali, quindi, liberamente, le micro interruzioni non possono essere considerate neanche come tempi di disponibilità.” In tali casi – conclude la nota ministeriale –, qualora l’autista abbia commutato il dispositivo del tachigrafo sul simbolo del ‘lettino’ per registrare le suindicate ‘micro interruzioni’, non potrà essere sanzionato solo presumendo che nei periodi in questione era in disponibilità e non poteva disporre liberamente del suo tempo. Naturalmente, questi periodi non saranno calcolati nel computo dell’orario di lavoro di cui all’art. 3 della Direttiva 2002/15.” In buona sostanza, pare doversi concludere che, da un lato, la nota ministeriale confermi quanto già chiaramente si sapeva sui periodi di pausa e di riposo, dall’altro, che non riesca a chiarire su come azionare manualmente le “micro interruzioni” dovute a esigenze personali (facilmente intuibili), se non per dichiarare che non è sanzionabile la commutazione del tachigrafo sul simbolo “lettino”. Copia della nota può essere richiesta all’ufficio trasporti dell’Associazione. (AdT)

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Autotrasporto. Uso del tachigrafo digitale chiarimenti ministeriali sull’uso della carta tachigrafica nei casi di allontanamento del conducente Il Ministero dell’interno, Direzione centrale per la Polizia stradale, ferroviaria, delle comunicazioni e per i reparti speciali della Polizia di Stato (di seguito Ministero) con circolare prot. 300/A/4883/20/111/20/3 del 3 luglio 2020, ha fornito chiarimenti sul corretto uso del tachigrafo digitale con riguardo alla questione dell’obbligo eventuale da parte del conducente di estrarre la propria carta tachigrafica dall’apparecchio in caso di allontanamento dal veicolo. La circolare premette che: - l’art. 34, par. 3 del regolamento (UE) del Parlamento e del Consiglio europeo n. 165/2014 del 4 febbraio 2014 prevede che nei casi di allontanamento del conducente dal mezzo munito di tachigrafo digitale, al suo ritorno egli debba inserire sulla carta del conducente, tramite l’apposita procedura, i periodi di tempo relativi alle altre mansioni, tempi di disponibilità, interruzioni di guida e periodi di riposo; - la Commissione europea, attraverso un pa-

rere rilasciato dalla Direzione generale per la mobilità e i trasporti, ha chiarito che “non vi è alcun obbligo per i conducenti di rimuovere la propria carta dal tachigrafo al termine del periodo di guida giornaliero. L’unico obbligo per i conducenti è assicurarsi che loro carta sia protetta e utilizzata solo da loro stessi. Pertanto, il conducente deve assicurarsi che quando lascia la propria carta nel tachigrafo sia l’unico che abbia accesso al veicolo e al tachigrafo.” Sulla base di quanto sopra enunciato il Ministero ha concluso che il conducente è tenuto ad estrarre la propria carta tachigrafica “solo nel caso in cui il veicolo esca dalla sua esclusiva disponibilità e, di conseguenza, non possa evitare che un altro conducente utilizzi lo stesso veicolo, impedendo, così, la prosecuzione della registrazione dell’attività sulla carta [del precedente conducente] lasciata inserita.” Negli altri casi, quando, cioè, il conducente “debba iniziare un periodo diverso della guida perché impegnato in altre mansioni, in tempi di disponibilità o per una pausa o un riposo, e il veicolo rimanga nella sua esclusiva disponibilità,” egli “ha la facoltà di lasciare inserita la propria carta all’interno del tachigrafo digitale.” Copia della nota e altre informazioni possono essere richieste all’ufficio trasporti dell’Associazione. (AdT)

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