5 minute read

Aziende e consumatori, ad ognuno la sua parte

Trasparenza e coerenza come presupposti per uno sviluppo sostenibile concreto

180°. Questo il campo visivo – ovvero l’area del mondo esterno visibile quando si fissa un punto – di cui ogni essere umano gode grazie al lavoro dei propri occhi. La restante parte è invece affidata agli altri sensi o all’intuito. Dunque, in una realtà nella quale vedere ciò che ci circonda nella sua interezza è impossibile, comunicare con trasparenza e coerenza risulta decisivo e cruciale. Questo concetto diviene ancora più incisivo se applicato alle aziende in un contesto nel quale i consumatori chiedono – così come accade sempre più e in larga parte – autenticità. La carta d’identità dell’impresa pesa oggi giorno almeno quanto il prodotto offerto al mercato. Quindi, come dev’essere il profilo dell’azienda moderna? Sostenibile. Sul fronte sociale, economico e ambientale.

Advertisement

COSA I CONSUMATORI SI ASPETTANO DALLE AZIENDE 61% dei consumatori crede che l’essere sostenibili non sia di loro competenza ma delle aziende 51% pensa che le imprese/brand abbiano un ruolo importante nello sviluppo della sostenibilità sociale, ambientale ed economica

Fonte: Kantar Europe Sustainability Foundational Study 2021

Favorire un consumo più consapevole: l’etichetta unica

Le tendenze attuali, comprovate dalle scelte a scaffale, più che suggerire, accendono i riflettori sulla volontà crescente dei consumatori di poter acquistare beni e servizi con consapevolezza. Questo, per le aziende, si traduce nella necessità di fornire informazioni in grado di soddisfare la richiesta di conoscenza di chi riempie il carrello. Fra le risposte più efficaci a questo interrogativo senza dubbio c’è la costituzione di una visione allargata di filiera in grado di sviluppare strumenti unitari e generalizzati di trasparenza, proprio come l’etichetta unica. L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite fornisce, attraverso i suoi 17 Goal il setaccio attraverso il quale filtrare le azioni in grado di promuovere uno sviluppo sostenibile fattuale passando – fra gli altri aspetti – da una intensificazione dello sforzo comunicativo delle imprese, convogliabile di certo in una etichetta sostenibile unitaria, intesa come parte di un percorso di innovazione asservito al miglioramento della società. Tale considerazione è del resto comprovata e ribadita nella stretta attualità dalle parole della direttrice dell’Osservatorio Food sustainability del Politecnico di Milano, Giulia Bartezzaghi, la quale – in un recente articolo de “Il Sole 24 Ore” – sottolinea che “l’innovazione è la condizione per una trasformazione virtuosa e duratura del sistema agroalimentare, che deve essere favorita dal quadro legislativo. Il sistema delle imprese può dare un contributo significativo”. Del resto, la Commissione Ue stessa è al lavoro per redigere un Regolamento che, dal 2023, punta ad inserire i criteri di sostenibilità in tutte le politiche alimentari, determinando requisiti e responsabilità validi per tutti gli attori del mondo agroalimentare europeo. In questo scenario, lo strumento dell’etichetta unica costituisce un tanto complesso quanto fondamentale passo verso un consumo sempre più cosciente e informato. Oggi, la forma di tale sistema risulta ancora oggetto di discussione ma, fuori da ogni dubbio, l’auspicio è quello che “unendo tutte le farine” si dia forma ad una etichettatura chiara e uniforme, in grado di costituire realmente una garanzia per i consumatori i quali – così come il più recente rapporto Coop palesa – per ben il 53% considerano e concepiscono il “cibo del futuro” come sostenibile.

Il dato è importante anche se letto in prospettiva. Lo studio di Kantar Worldpanel “Who cares, who does” realizza infatti un doppio esercizio. Se da un lato definisce i profili dei consumatori “geo-active” – ovvero coloro i quali con costanza o quantomeno assiduità si attivano per migliorare l’ambiente – dall’altro ne traccia anche la presenza. Infatti, questo cluster di consumatori, secondo l’indagine menzionata, è cresciuto del 3% dal 2019 al 2021, passando dal 16% al 22%. Entro il 2029 il segmento rappresenterà invece il 56% della popolazione globale. Non un fenomeno transitorio, dunque, ma una sostanziale sferzata all’approccio all’acquisto. Non è quindi difficile credere alle stime del World Business Council for Sustainable Development, secondo il quale perseguire modelli di business basati sulla sostenibilità (nei comparti energetico, agroalimentare mobilità e salute) possa generare opportunità economiche per almeno 12 trilioni di dollari entro il 2030.

PAROLA AI CONSUMATORI: FRA IL DIRE E IL FARE 73% compra prodotti di marca e non di seconda mano 71% compra prodotti preconfezionati invece delle ricariche 65% utilizza l’automobile invece dei trasporti pubblici

Fonte: Kantar Europe Sustainability Foundational Study 2021 tiva della filosofia aziendale, quindi, oltre che una buona (ed importante) responsabilità è anche una buona idea. Dello stesso avviso i consumatori europei che, stando ai dati dell’European Sustainability Foundation Study recentemente pubblicato, nel 61% dei casi credono che debbano essere le aziende ad assumere leadership o quantomeno un ruolo positivo (51%) nella società civile nella direzione della sostenibilità. Le aziende hanno un ruolo decisivo in questo percorso di transizione sostenibile, fatto di cura dell’ambiente, delle persone e dell’economia e trasparenza. E questo ci si aspetta diffusamente da loro. Tuttavia – oltre che la trasparenza – nel titolo che anticipa queste righe si sottolinea anche il concetto di coerenza, condizione intrinseca dello “switch” culturale in favore di una sostenibilità materiale del sistema sia dal lato del business che da quello dei consumatori. Il tema non è retorico ma effettivo. Infatti, sebbene la maggioranza degli individui europei non abbia bisogno di essere persuasa circa l’importanza delle tematiche connesse alla sostenibilità, questo non si traduce pedissequamente del comportamento d’acquisto. La ragione? La sostenibilità sembra sottintendere una qualche forma di rinuncia o quantomeno un cambiamento di dinamiche e abitudini consolidate nel tempo. Diversi anche i dati utili a sottolineare questo cono d’ombra del “carrello sostenibile”. Proprio il Rapporto CENSIS 2022 commissionato in tandem da ASSICA e UNAITALIA – intitolato “Per il buon uso del Recovery Fund nel rilancio delle filiere della carne” e finalizzato a porre l’accento sulle reali aspettative dei consumatori alla luce degli effetti economici e sociali delle emergenze e della crescente centralità della sostenibilità ambientale – fornisce elementi piuttosto significativi in tal senso: ben il 75,3% dei giovani ritiene prioritaria la tutela del benessere economico e sociale rispetto alla sostenibilità ambientale. Inoltre, il 67% degli italiani modificherà in senso meno inquinante il proprio stile di vita, se e solo se lo faranno tutti, senza eccezioni.

È il caso di dire, per concludere, che “l’unione fa la forza” e che maggiore sarà il reale impegno verso lo sviluppo sostenibile profuso da tutte le parti in gioco, più significativi saranno i risultati.

This article is from: