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ASSICA sostiene “I Bambini delle Fate”

In Italia quante sono le aziende che aderiscono al Global Compact?

Lo scorso anno abbiamo superato le 500 aziende e siamo diventati uno dei network più significativi tra i 60 esistenti a livello globale.

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Per far parte della Fondazione Global Compact un’azienda che requisiti deve avere?

Le imprese che intendono aderire devono presentare domanda al quartier generale di New York, domanda accompagnata dalla sede italiana. Dopo l’ammissione a New York la gestione dell’appartenenza al Global Compact passa al network italiano e la Fondazione affianca l’azienda nel percorso di crescita con tutti gli strumenti messi in campo dalle Nazioni Unite, tra cui quelli legati all’obbligo della rendicontazione annuale.

Gli SDGs dell’Agenda 2030 influenzano anche gli obiettivi e le strategie aziendali e sempre più imprese tengono conto degli SDGs nelle loro scelte. In Italia a che punto siamo?

Purtroppo gli ultimi 2 anni di pandemia sono risultati critici impattando sul trend che si era intrapreso dal 2015. L’Italia era intorno alla 30^ posizione, a livello globale, e ha mantenuto la sua posizione ma il quadro è più pessimistico per diversi motivi. Anche dove i progressi erano stati più significativi (ad esempio nell’SDG 3) purtroppo il Covid-19 ha rallentato il processo di miglioramento. Con riferimento al cambiamento climatico (SDG 13), la crisi energetica sta peggiorando le emissioni di CO2. È una lotta continua per cercare di migliorare ma l’impegno delle imprese è sicuramente in crescita!

A livello di Continenti immagino che l’Europa sia la più virtuosa nel raggiungimento degli obiettivi dell’Agenda 2030. Chi segue nella graduatoria?

A livello di Global Compact, la seconda area Paese più virtuosa dopo l’Europa è il Sud America mentre l’area emergente è l’Asia. Gli Stati Uniti sono sempre rimasti su numeri più piccoli anche se con aziende di grandi dimensioni; il problema degli USA è la scarsa diffusione complessiva di una cultura della sostenibilità nonostante non manchi di alcune punte di eccellenza.

Nel corso dell’Assemblea ASSICA del 22 giugno è stato presentato il Programma Sostenibilità di ASSICA e IVSI che, in linea con il dettato dell’Agenda 2030, punta a essere uno strumento pensato per supportare concretamente le aziende del settore nel percorso verso lo sviluppo sostenibile. Come valuta questo lavoro in tale ottica e che consigli si sente di dare all’Associazione?

La valutazione è positiva perché misurarsi con gli SDGs è coerente con tutto quello che abbiamo detto. Il rapporto di sostenibilità di ASSICA copre abbastanza bene la parte ambientale e viene trasmesso il senso della concretezza, aspetto non sempre facile per un’Associazione. La dimensione sociale è migliorabile, inserendo, ad esempio, i goals 5 e 10 (parità di genere e riduzione delle disuguaglianze) così come il 2 e il 3 (sconfitta della fame e salute e benessere). È ovvio però che la sfida di ASSICA/IVSI è avviare il percorso verso la sostenibilità del settore e creare la rilevanza del tema a livello associativo, mettendo in campo alcune azioni che promuovano la crescita culturale del comparto, come già state facendo. Tutte le attività di formazione, supporto metodologico, aiuto a misurare, definizione di modalità per la valorizzazione sul mercato dell’impegno sulla sostenibilità attraverso una scelta di strumenti disponibili e lo sviluppo di azioni collettive vanno in questa direzione.

Quali suggerimenti possono essere dati a un’azienda del settore salumi che vuole intraprendere un percorso di sostenibilità?

Quando si entra nella dimensione aziendale il livello di impegno e la traduzione in azioni e progettualità concrete è fondamentale. Un consiglio di carattere generale è quello di fare un piano in cui associare ai macro obiettivi delle progettualità e dei target e di prevedere un monitoraggio continuo e la misurabilità dei risultati raggiunti. Inoltre, quando si costruisce una roadmap di sostenibilità è fondamentale inserirla nel piano industriale; deve diventare un elemento chiave del percorso strategico e non un add-on. Le progettualità messe in campo sono il modo in cui si trasmette consistenza e coerenza al mercato e si evita il rischio del greenwashing. Molto importante è anche il reporting, tema caldo soprattutto per le aziende più grandi. Queste sono le premesse perché stiamo parlando di percorsi lunghi. Quando un’azienda pensa di costruire e attuare una strategia di sostenibilità deve essere consapevole che ci vogliono anni per avere risultati realmente spendibili. Nel frattempo però uno può posizionarsi con la strategia.

Quanto lo sviluppo sostenibile influenza la finanza e l’accesso al credito?

C’è una forte e vicendevole influenza. Negli ultimi 2/3 anni, soprattutto nel nostro Paese, il mondo della finanza è entrato in modo significativo nei temi della sostenibilità attraverso due tipi di meccanismi. Il primo è quello della spinta istituzionale, che deve ancora manifestare pienamente il proprio impatto: la Commissione europea, con la tassonomia, sta di fatto introducendo criteri sempre più rigorosi per definire cosa è sostenibile - e quindi finanziabile come sostenibile - e cosa non lo è spingendo così il sistema bancario a inserire questi aspetti nelle valutazioni creditizie. Questo si connette anche con la direttiva europea sugli aspetti non finanziari della rendicontazione di sostenibilità. La seconda dimensione di influenza è diretta perché gli operatori finanziari hanno acquisito consapevolezza sul fatto che le progettualità legate alla sostenibilità siano molto interessati dal punto di vista del finanziamento perché le imprese che hanno strategie di lungo periodo sulla sostenibilità dimostrano di guardare all’evoluzione del mercato, sono dinamiche e quindi più affidabili. Ne consegue che gli istituti di credito hanno creato strumenti di finanziamento legati a indici di sostenibilità. In questo momento le imprese si trovano ad avere una finanza orientata alla sostenibilità, non presente qualche anno fa.

Attraverso l’adesione formale alla proposta de “I Bambini delle Fate” (www.ibambinidellefate.it), da quest’anno l’Associazione Industriali delle Carni e dei Salumi entra a far parte delle organizzazioni sostenitrici dei progetti di inclusione promossi dall’omonima organizzazione. “I Bambini delle Fate” è un’impresa sociale di Castelfranco Veneto (TV) nata nel 2005, che si occupa di assicurare sostegno economico a progetti e percorsi di inclusione sociale gestiti da partner locali, a beneficio di famiglie con autismo e altre disabilità, su tutto il territorio nazionale. Per questo scopo si impegna da quasi vent’anni esclusivamente in attività di raccolta fondi regolare (a differenza di altre realtà non raccoglie infatti donazioni occasionali) tramite la formazione di gruppi di sostenitori in tutta Italia. Attraverso una rete capillare di collaboratori, “I Bambini delle Fate” coinvolge attivamente imprenditori e cittadini, affinché “adottino a vicinanza” e accompagnino nel tempo un progetto di inclusione nei territori a loro più vicini. Fra gli obiettivi, infatti, c’è quello di sostenere finanziariamente i progetti di associazioni, fondazioni, cooperative e altre organizzazioni no profit, che sono impegnate nel sociale e che a loro volta affrontano le sfide di una vita con disabilità. L’idea nasce dall’imprenditore Franco Antonello (oggi presidente dell’impresa sociale), padre di Andrea, affetto da autismo, che tempo fa ha deciso di mettere la propria esperienza a supporto di quelle famiglie che ogni giorno vivono la quotidianità di chi ha a che fare con l’autismo e altre disabilità. L’obiettivo è chiaro: raccogliere fondi in tutta Italia coinvolgendo aziende e cittadini, sia attraverso la campagna “Fare Impresa nel Sociale” rivolta alle prime, che con la campagna “Sporcatevi le Mani” rivolta invece ai privati. Il modello di raccolta fondi proposto si basa sul concetto di continuità, proprio per dare la possibilità alle associazioni che collaborano continuativamente con l’impresa sociale di attivare progetti strutturati, duraturi, in un’ottica di medio-lungo periodo. Questo perché gli interventi che vengono sviluppati per questo tipo di disturbo - l’autismo - necessitano di azioni tempestive e, soprattutto, durature. Dalla sua creazione ad oggi, l’organizzazione di Antonello è riuscita ad entrare nella vita di oltre 3.800 famiglie beneficiarie, con il sostegno a ben 101 progetti gestiti e dislocati a livello territoriale in 17 Regioni. Più di 3.800 sono anche i sostenitori dei progetti che l’impresa sociale contribuisce a mantenere vivi, anche grazie agli oltre 900 imprenditori che hanno scelto di tendere la mano a loro volta a “I Bambini delle Fate”. Per le aziende interessate ad offrire un proprio contributo, è sempre possibile abbinarsi ad uno dei progetti, sottoscrivendo l’adesione diretta, deducibile al 100%: in questo modo, l’azienda si impegna direttamente a versare una quota continuativa con cadenza mensile (che si può interrompere con una semplice comunicazione, in qualsiasi momento), assicurando linfa vitale alle iniziative progettate sul medio e lungo termine nella propria provincia o in altre zone, dove il sostegno è necessario. Per i suoi sostenitori l’impresa sociale cura, in collaborazione con il dipartimento marketing delle aziende aderenti, tutta la comunicazione del progetto, diffondendo con chiarezza l’importo dei fondi raccolti, il loro impiego, lo stato di avanzamento della campagna, le testimonianze dei beneficiari, i contatti diretti dei referenti e ogni altro contenuto che assicuri la piena e totale trasparenza, a tutela di tutti i soggetti coinvolti. Tutto questo anche attraverso i mezzi di comunicazione, dai quotidiani al mondo digital. In questo modo, il ruolo di responsabilità sociale dell’imprenditore e dell’azienda diviene concreto: è la stessa impresa sociale a raccogliere le testimonianze e diffondere le buone pratiche di CSR – Corporate Social Responsibility – in tutta Italia, per rispondere, ancora una volta alla regola della massima trasparenza, ma anche e soprattutto per attrarre altri aderenti, arrivando così ad aiutare più famiglie possibili.

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