numero
61
Anno 11 Luglio | Agosto 2021
www.bgsalute.it Poste Italiane spa Sped. in Abb. Postale DL 353/2003 (Conv. in legge 27/02/2004 N.46) Art. 1 comma 1 LO/BG
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Dermatologia SOLE. LUCI E OMBRE SULLA PELLE
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Alimentazione MINDFUL EATING, NUTRIRSI CONSAPEVOLMENTE
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Fitness TRIATHLON. RESISTENZA E FORZA PER CORPO E MENTE
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Bellezza LAMINAZIONE CIGLIA, PER UNO SGUARDO DA STAR
Bergamo Salute è sempre con te: leggila integralmente dal tuo computer, tablet o smartphone www.bgsalute.it
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Maria Cristina Rodeschini
L’Accademia Carrara riapre con Rembrandt
Luglio/Agosto 2021 | Bergamo Salute | 1
IMPIANTOLOGIA
numero
61
) EDITORIALE 7 Estate: rilassiamoci, sorridiamo e... sole quanto basta ) SPECIALITÀ A-Z 8 Dermatologia Sole. Luci e ombre sulla pelle 12 Farmacologia L’antibiotico resistenza 14 Geriatria Disidratazione nell’anziano: come riconoscerla e prevenirla ) PERSONAGGIO 18 Maria Cristina Rodeschini L’Accademia Carrara riapre con Rembrandt ) IN SALUTE 22 Stili di vita Medicinali in vacanza. Il kit da portare con sé 24 Alimentazione Mindful eating, nutrirsi consapevolmente 28 Piccolo grande mirtillo ) IN ARMONIA 30 Psicologia La sindrome della capanna. Come vincere la paura di uscire di casa 32 Coppia Baciami ancora ) IN FAMIGLIA 34 Bambini Come educare i più piccoli a un rapporto sano e curioso con il cibo
Anno 11 Luglio | Agosto 2021
37 Dolce attesa Cosa sono le contrazioni e a cosa servono? 40 Ragazzi Pubertà precoce: boom di casi durante la pandemia ) RICETTA 48 Hummus di ceci neri e pomodorini ) IN FORMA 50 Fitness Triathlon. Resistenza e forza fisica per uno sport che allena corpo e mente 54 Bellezza Laminazione ciglia, per uno sguardo da star ) RUBRICHE 56 Altre terapie Vitamina C. Non solo per il sistema immunitario 58 Guida esami Polisonnografia, un esame semplice e non invasivo per valutare la qualità del sonno 60 Animali Cani in pensione. Istruzioni per l’uso ) DAL TERRITORIO 62 News 64 Onlus Associazione Atena 66 Farmacie Screening del tumore del colon - retto: ripartito dopo la “pausa” Covid
68 Il lato umano della medicina In ricordo della figlia borse di studio per futuri ostetrici 70 Testimonianza In pieno lockdown dona il midollo osseo, ha un figlio e diventa avvocato ) STRUTTURE 74 Cooperativa In Cammino 76 Asst Bergamo Est ) REALTÀ SALUTE 79 Rsa Bramante 81 Krioplanet Allegato centrale: Amici di Bergamo Salute
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EDITORIALE
Estate: rilassiamoci, sorridiamo e... sole quanto basta Finalmente al sole e all’aria aperta senza mascherina... non vedevamo l’ora, ma il sole non è sempre un amico per la pelle. Apriamo proprio questo numero di Luglio Agosto 2021 con un articolo in cui cerchiamo di capire “yin e yang” del sole. Per quali delle più comuni patologie della pelle fa bene, fa male, o... dipende? Parliamo anche di idratazione negli anziani, dei medicinali da mettere in valigia, delle proprietà di un frutto di stagione come il mirtillo... Speriamo di farvi compagnia con questi e tanti altri argomenti della rivista durante un periodo di meritato relax, anche per chi, per necessità o per scelta, rimarrà a casa quest’estate. E dovunque saremo non dimentichiamoci di sorridere... ci danno una mano i nostri amici Oscar&Wilde dalla penna di Adriano Merigo. Buona lettura e buone vacanze!
Adriano Merigo
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SPECIALITÀ A-Z
DERMATOLOGIA
Sole
Luci e ombre sulla pelle
∞ A CURA DI LUIGI NALDI
La pelle è un involucro che ci protegge e ci mette in relazione col mondo esterno: non è un organo inerte ma risente di fattori ambientali come freddo, vento, acqua e sole. La relazione tra esposizione solare e problemi dermatologici è un tema di stagione che molte riviste divulgative affrontano in estate: ustioni solari, foto-invecchiamento, rischio di sviluppo di tumori cutanei e relativa protezione solare. In genere, si fa riferimento ai problemi che insorgono quando la pelle è sana. Ma, cosa succede quando ci si espone al sole e già si soffre di problemi dermatologici? Quale relazione esiste tra la pelle e le malattie cutanee infiammatorie più comuni: acne, psoriasi, dermatite atopica e altre ancora? Esistono malattie che possono trarre beneficio o presentano rischi per esposizioni solari protratte? Quali precauzioni prendere per ottimizzare alcuni indiscussi effetti positivi del sole? Cercheremo di dare alcune risposte a queste domande. 8 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
al sole produce un ispessimento dello strato superficiale della pelle, facilitando la produzione di comedoni, il punto di partenza dell’acne. Così, al ritorno dalle vacanze, si può avere una recrudescenza dell’acne. Una giudiziosa esposizione al sole è, dunque, consigliabile con l’impiego di schermi solari, preferendo quelli appositamente studiati per chi ha l’acne. Molti farmaci utilizzati per l’acne, sia per via locale
ACNE: YIN E YANG DEL SOLE L’acne è un fastidioso accompagnamento dello sviluppo di molti adolescenti e può persistere in età adulta specie nella donna. Si tratta di un processo infiammatorio che colpisce le ghiandole sebacee presenti sulla pelle, specie sul viso e tronco, ed è influenzata da fattori ormonali, in particolare gli androgeni. Le radiazioni ultraviolette presenti nei raggi solari tendono a ridurre l’infiammazione della pelle acneica e l’abbronzatura contribuisce a mascherare le lesioni dell’acne. Tuttavia, il sole non è un toccasana. A lungo andare, l’esposizione
DOTT. LUIGI NALDI Specialista in Dematologia UOC Dermatologia, Ospedale San Bortolo, Vicenza e Presidente Centro Studi GISED, Bergamo
IMMUNOSOPPRESSIONE: MEGLIO CONTROLLARE L’ESPOSIZIONE SOLARE Svariate malattie dermatologiche, si pensi alle malattie bollose come il pemfigo o il pemfigoide, richiedono terapie immunosoppressive come gli steroidi sistemici o la ciclosporina che possono influenzare l’immunosorveglianza anti-tumorale, comportando un aumentato rischio di sviluppo di tumori cutanei, per esposizioni protratte al sole. I pazienti con immunosoppressione indotta da farmaci, quindi, devono proteggersi adeguatamente dal sole.
sia generale, possono avere effetti di fotosensibilità, possono cioè aumentare la risposta della pelle alle radiazioni luminose, con comparsa di eritema intenso nelle aree di pelle fotoesposta, e nei casi più gravi con lesioni bollose e lesioni ungueali dolorose (foto-onicolisi). In particolare, le tetracicline per via generale devono essere evitate nel periodo estivo.
LA PSORIASI E I BENEFICI DELL’ULTRAVIOLETTO La psoriasi è una delle malattie infiammatorie della pelle più comuni. È caratterizzata, nella forma più comune, psoriasi a placche, da
chiazze arrossate, a limiti piuttosto netti, rivestite da squame biancastre che prediligono le superfici estensorie degli arti, la regione sacrale e peri-ombelicale. Si tratta di una malattia, su base immunitaria, con un’importante componente genetica, influenzata dalle abitudini di vita, come fumo di sigaretta e aumento del peso corporeo. Il binomio sole e mare è particolarmente favorevole per molti pazienti che soffrono di psoriasi. L’acqua marina facilita la dispersione delle squame (azione cheratolitica) mentre, come abbiamo già visto per l’acne, le radiazioni ultraviolette, presenti nei raggi solari, hanno un’importante azione antinfiammatoria, particolarmente favorevole nella maggior parte dei pazienti con psoriasi. In una piccola percentuale di casi (meno del 5%), tuttavia, l’esposizione solare può comportare un paradossale peggioramento della psoriasi. Si tratta della cosiddetta psoriasi fotosensibile, più frequente nelle persone con cute molto chiara, intollerante al sole. I pazienti con psoriasi devono fare partico-
lare attenzione a evitare le ustioni solari. Ogni trauma, infatti, sia fisico sia meccanico o chimico, incluse le ustioni solari, può provocare, a distanza di qualche settimana, la comparsa di chiazze psoriasiche. Questo fenomeno definito come “fenomeno di Koebner” dal nome del medico che per primo l’ha descritto, può verificarsi anche in seguito a una procedura di depilazione aggressiva o di grattamento per il prurito causato, ad esempio, dalle punture d’insetto.
IL SOLE E L’ECZEMA: DERMATITE ATOPICA MA NON SOLO Luglio/Agosto 2021 | Bergamo Salute | 9
SPECIALITÀ A-Z
DERMATOLOGIA
Il termine “eczema” raggruppa alcune malattie dermatologiche caratterizzate da prurito e da una peculiare imbibizione di siero della parte superficiale della cute, l’epidermide, la cosiddetta “spongiosi”. Tra le forme più comuni ci sono gli eczemi allergici da contatto, l’eczema disidrosico e la dermatite atopica. Gli eczemi da contatto non trovano grande beneficio dall’esposizione solare anzi, in alcuni casi, l’esposizione solare può contribuire allo sviluppo dell’eczema, come nelle dermatiti fotoallergiche da contatto, di cui l’eczema da chetoprofene, un anti-infiammatorio per uso locale, è un esempio paradigmatico. L’eczema disidrosico è un particolare eczema che colpisce il palmo e le dita delle mani e la pianta dei piedi con piccole vescicole pruriginose e che è scatenato dal clima caldo-umido. La dermatite atopica è una forma di eczema, su base costituzionale, caratterizzata da un difetto di barriera della pelle, che tende a perdere acqua divenendo secca e da un decorso costellato da fasi acute durante le quali la pelle si arrossa, diventa essudante e molto pruriginosa, specie alle pieghe degli arti, al collo al viso. L’alterazione del microbiota cutaneo, cioè l’insieme dei germi residenti abitualmente sulla superficie cutanea, come commensali, con in particolare un 10 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
aumento della quota rappresentata da un battere, lo Stafilococco aureo, può contribuire all’infiammazione. Al mare la stragrande maggioranza dei pazienti con dermatite atopica migliora la propria condizione. È opportuno però prediligere località dal clima secco, in quanto la sudorazione abbondante tende a peggiorare la malattia. I bagni nell’acqua del mare possono essere inizialmente poco graditi se la cute è infiammata. I benefici indotti dal clima marino sulla dermatite atopica sono collegabili, come abbiamo già visto più sopra per acne e psoriasi, agli effetti anti-infiammatori e immunosoppressivi degli ultravioletti, presenti nelle radiazioni solari, e all’azione battericida delle stesse radiazioni con riduzione della concentrazione di Stafilococco aureo. Una piccola percentuale di pazienti con dermatite atopica può avere un peggioramento della malattia specie nelle aree di cute esposte al sole (dermatite fotosensibile). In questo caso, è necessario ridurre, per quanto possibile, l’esposizione solare. Una particolare attenzione va riservata alla sabbia che può rappresentare un potente agente irritante. Qualora sia presente sul corpo è opportuno sciacquarsi con acqua dolce tiepida (gli sbalzi termici favoriscono il prurito e disturbano la cute atopica). Anche il cloro, presente nell’acqua delle piscine, può avere un’azione irritante.
VITILIGINE E SOLE La vitiligine è una malattia probabilmente su base immunitaria, caratterizzata dalla scomparsa in aree cutanee, più o meno estese, dei melanociti, le cellule che producono la melanina, responsabile del colore della pelle e dell’abbronzatura. La forma più comune è la vitiligine acro-facciale con lesioni acromiche, cioè di colore chiaro, biancastro, che interessano il viso, specie il contorno degli occhi o della bocca e le estremità. Che consigli dare per l’esposizione solare nei soggetti con vitiligine? Da un lato, la mancanza di melanina nelle aree di cute affette dalla malattia rende tali aree molto sensibili all’azione dei raggi ultravioletti, con possibilità di comparsa di eritema solare; inoltre l’esposizione può aumentare il contrasto tra la cute sana che si abbronza e la cute affetta da vitiligine che rimane bianca. Dall’altro lato, sappiamo che le radiazioni ultraviolette possono stimolare i melanociti, presenti alla periferia delle chiazze di vitiligine e nella zona cosiddetta buldge del follicolo del pelo, a ripopolare le aree di vitiligine ripigmentandole. Un possibile compromesso è esporsi con giudizio al sole, proteggendo le aree di cute sana con uno schermo solare ad alta protezione verso gli ultravioletti A, responsabili dell’abbronzatura, e favorendo l’azione dei raggi ultravioletti B sulle aree di vitiligine. I raggi del sole possono
anche agire come una sorta di antidepressivo naturale, contribuendo ad alleviare lo stato di ansia, spesso presente in chi soffre di vitiligine.
IL SOLE NEMICO DEL LUPUS ERITEMATOSO Se c’è una malattia in cui la protezione dalle radiazioni solari de-
ve essere perseguita in maniera sistematica, durante tutto l’anno, questa è il lupus eritematoso. ll bizzarro termine di “lupus eritematoso” fa riferimento ad alcune malattie, immuno-relate o francamente auto-immuni, che hanno in comune un’aumentata risposta alle radiazioni ultraviolette. Il lupus discoide cronico è caratterizzato da lesioni circoscritte limitate alla cute. Il lupus eritematoso subacuto presenta lesioni cutanee più estese e può associare manifestazioni sistemiche. Il lupus eritematoso sistemico (LES) è una malattia, caratterizzata dall’alternarsi di periodi di acuzie e di remissione, che colpisce più organi, inclusa la cute, dove si manifesta con un caratteristico eritema, nella parte centrale
del viso, il cosiddetto “eritema a farfalla”, e talvolta con lesioni tipiche del lupus discoide cronico. Nel LES si produce una risposta immunitaria non controllata ad auto-antigeni liberati dal normale ciclo cellulare, come gli antigeni del nucleo cellulare e l’esposizione solare può essere responsabile di un’importante riattivazione della malattia, inducendo la liberazione di tali auto-antigeni. Le persone che soffrono di lupus eritematoso devono proteggersi con particolare attenzione dal sole tutto l’anno. L’impiego di farmaci come l’idrossiclorochina e gli schermi solari impiegati sistematicamente possono attenuare l’impatto del sole aiutando i pazienti a condurre una vita il più possibile normale.
SPECIALITÀ A-Z
FARMACOLOGIA
L’antibiotico resistenza ∞ A CURA DI MASSIMO VALVERDE
L’antibiotico-resistenza è un argomento ricorrente da almeno vent’anni e oggi si ripropone con il concetto di “antimicrobial stewardship” ovvero di uso mirato, consapevole e personalizzato di tutto l’armamentario antibiotico e antibatterico disponibile per far fronte alle patologie infettive di origine batterica che si presentano. Ancora una volta però questo argomento cozza evidentemente con criteri obsoleti di appropriatezza sia economica sia clinica della terapia.
SE I BATTERI SI “ADATTANO” E RESISTONO AL NEMICO Per antibiotico-resistenza si intende il progressivo adattamento di ormai numerose famiglie di batteri nei confronti degli antibiotici e dei disinfettanti antibatterici in genere che di fatto risultano quindi oramai debolmente efficaci se non del tutto inefficaci per svolgere il loro compito. Dobbiamo immaginare questa condizione come se fossimo su di un campo di battaglia per combattere un nemico che 12 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
inizialmente non ha ancora armi difensive in grado di permettergli di sopravvivere alle armi che usiamo contro di lui. Il nemico però è scaltro e soprattutto estremamente adattabile, il suo fine ultimo è (come per tutti gli esseri viventi) sopravvivere come specie e quindi poter continuare a riprodursi se pur con delle minime modifiche del suo patrimonio genetico che lo rendono talmente “plastico” da poter mutare senza peraltro cambiare minimamente le sue caratteristiche peculiari di lesività e aggressività, anzi! I singoli batteri non hanno “coscienza” dei miliardi di loro simili che vengono annichiliti dalle nostre armi ma, in alcuni di essi, progressivamente, la necessità di sopravvivenza li spinge a sfruttare la loro plasticità che si avvale essenzialmente della loro capacità di sviluppare individui adulti nel giro di pochi secondi. In questa battaglia tumultuosa, alla fine alcuni individui, grazie a mutazioni continue occasionali, finiscono per trovare un nuovo equilibrio metabolico che permette loro di difendersi
efficacemente dalle armi che impieghiamo contro di loro, di fatto rendendosi insensibili. A questo punto è facile immaginare che solo quella “piccola famiglia mutata”, parte di una grande e specifica famiglia di batteri, riuscirà a riprodursi vantaggiosamente e a riprendere il suo cammino di agente patogeno. In breve tempo questi soggetti mu-
PROF. MASSIMO VALVERDE Specialista in Farmacologia e Tossicologia, Patologia della Riproduzione Umana ed Endocrinologia Direttore Sanitario Centro Medico MR Bergamo
tati prenderanno il posto di quelli “non mutati” e quindi noi, gli assaliti, dovremo difenderci da queste nuove classi di batteri (oggi denominati “superbatteri”) che concentrano in un singolo individuo/capostipite tutte le strategie di sopravvivenza raffinate nel corso del tempo, non più solo contro un singolo agente antibatterico, ma contro numerosi agenti antibatterici, cosa che, di fatto, a volte lo rendono resistente a tutti gli agenti antibatterici correnti .
INDIVIDUARE I PUNTI DEBOLI DEI BATTERI PER AFFINARE E “DIFFERENZIARE” LE ARMI La nostra conoscenza della genetica batterica e la capacità di agire direttamente sul patrimonio genetico di questi batteri ci permette oggi di individuare i punti deboli rimasti e di approntare le contromisure adatte per produrre agenti antibatterici che agiscano esclusivamente su questi punti di momentanea debolezza del nemico o, come a volte accade, di utilizzare un composto “non battericida” ma in grado di “spiazzare” le difese del batterio, in modo che, tolte di mezzo le sue nuove armi, anche un “vecchio” agente antibatterico possa svolgere efficacemente il suo compito. Da tutto questo si deducono due lezioni fondamentali: innanzitutto che salvo casi rarissimi lo stesso batterio non dovrebbe mai essere trattato sempre e/o per lungo tempo con lo stesso farmaco e, in caso di recidiva in un singolo paziente, si deve poter disporre di altri farmaci ugualmente attivi che abbiano però delle caratteristiche di azione quanto più possibile diverse da quello usato inizialmente. Questo implica la possibilità di cre-
are costantemente nuovi farmaci in tempi relativamente brevi (esattamente come abbiamo appena assistito con la produzione quasi “istantanea” di vaccini anti-COVID assolutamente innovativi nella loro componente, in grado di stimolare in modo assolutamente specifico l’attivazione delle nostre difese immunitarie con la produzione di anticorpi adatti alla bisogna). È evidente che tutto questo presupponga una grandissima disponibilità di risorse, che sicuramente non potranno più essere messe in campo da un singolo player ma da gruppi di player sostenuti anche in diversi modi dalle pubbliche istituzioni. Già oggi queste risorse sono assolutamente necessarie anche per sviluppare un singolo agente antibatterico magari inizialmente efficace solo in pochi pazienti selezionati (da qui il concetto di orfan–drug, cioè farmaci orfani) che quindi, allo stato delle cose, non potrà ancora avere la diffusione (e quindi il mercato) necessario per sostenerne i costi. Oggi tutti i medici dotati di buon senso e di capacità cliniche hanno compreso la necessità di attuare piani terapeutici quanto più variati possibile utilizzando tutti gli agenti disponibili al momento. Questa naturale tendenza verso l‘antibiotico resistenza” infatti non può essere affrontata “non affrontandola”, ovvero evitando di usare i farmaci disponibili e suggerendo invece l’impiego di integratori o di altri rimedi più o meno dotati di una qualche azione positiva che però si esplica solo a lungo e lunghissimo termine: gli agenti infettivi combattono sempre una battaglia rapida e, altrettanto rapidamente, potenzialmente letale.
Attenzione ai rimedi per aumentare le difese immunitarie Un buon sistema immunitario aiuta a difendersi dalle aggressioni degli agenti patogeni, virus e batteri in primis. Per questo, spesso, si ricorre a rimedi che vengono proposti come “miglioratori o potenziatori” del sistema immunitario. «Il nostro sistema immunitario è una “macchina” assolutamente delicata e altrettanto letale non solo per i nostri nemici ma anche contro noi stessi. Questo è dimostrato dalla progressiva scoperta e esacerbazione di molte malattie definite “autoimmuni” che ormai risultano essere oltre il 70% delle patologie che conosciamo. “Mettere le mani” in una macchina così delicata senza ancora disporre di un completo “libro-officina di uso e manutenzione“ ma affidandosi solo a piccole esperienze e a dicerie popolari non depone certo a favore di una futura tranquillità o di un insperato successo che ad oggi non possiamo prevedere, mentre invece conosciamo gli effetti collaterali spesso sgraditi legati a questi rimedi» sottolinea il professor Valverde.
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SPECIALITÀ A-Z GERIATRIA
∞ A CURA DI SARA OBERTI
La disidratazione nell’anziano rappresenta un rilevante problema sociosanitario che richiede un intervento multidisciplinare in termini di prevenzione, diagnosi e terapia. Gli anziani particolarmente più a rischio sono quelli totalmente non autosufficienti o parzialmente non autosufficienti. I rischi d salute connessi a questa condizione sono diversi e importanti: una grave disidratazione aumenta il rischio di ospedalizzazione e di mortalità. Può causare, infatti, nell’anziano tromboembolie secondarie all’emoconcentrazione (ovvero un aumento della concentrazione del sangue per accrescimento numerico dei globuli rossi), aritmie cardiache secondarie ad alterazioni elettrolitiche, insufficienza renale acuta, deliri, rabdomiolisi, infezioni delle vie urinarie, molteplici effetti da emoconcentrazione dei vari principi attivi farmacologici.
UNO STIMOLO DELLA SETE RIDOTTO E PATOLOGIE CRONICHE O ACUTE ALLA BASE Le cause di disidratazione nell’anziano sono numerose, in particolare: > un ridotto apporto di liquidi; a tal riguardo è importante sottolineare che l’anziano di per sé non avverte lo stimolo della sete; > un’aumentata perdita di liquidi. Il rischio di disidratazione è più elevato, ad esempio, se coesistono più di quattro patologie acute o croniche, in caso di patologie quali la demenza, l’ictus cerebrale, in caso di con14 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
Disidratazione nell’anziano: come riconoscerla e prevenirla PERCHÉ CON L’ETÀ SI SENTE MENO LA SETE? Il processo di invecchiamento a cui l’organismo va incontro determina cambiamenti fisiologici che riguardano anche l’area del cervello deputata allo stimolo della sete inibendola. Ecco perché gli anziani avvertono in misura minore lo stimolo della sete.
dizioni particolari quali la disfagia, la febbre elevata, vomito/diarrea, l’ipopotassiemia (riduzione della concentrazione di potassio nel sangue), in caso di uso di diuretici o più farmaci, in presenza di clima caldo-umido.
I CAMPANELLI D’ALLARME La diagnosi di disidratazione si pone con il riscontro di sintomi e segni clinici: secchezza delle mucose (lingua arida, secca), bulbi oculari infossati, astenia, oliguria, confusione mentale o letargia, difficoltà nell’eloquio, tachicardia
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04/05/21, 14:28
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Organizzato da:
Con il contributo di:
DOTT.SSA SARA OBERTI Specialista in Geriatria Direttore Sanitario e Medico Specialista presso Istituto Polispecialistico Bergamasco - Casazza (Bg). Direttore Sanitario e Medico di Struttura presso RSA Fondazione Casa Serena - Leffe (Bg)
e ipotensione ortostatica e delle alterazioni di laboratorio. Per quanto concerne queste ultime il rapporto azotemia/creatininemia è, tra i parametri di laboratorio, l’indicatore più sensibile e specifico per la diagnosi di disidratazione: il rapporto aumenta perché in corso di disidratazione il rallentamento del flusso urinario incrementa il riassorbimento renale dell’urea, ma non della creatinina. Un test accurato e utile nella pratica clinica è il peso specifico delle urine in presenza di funzionalità renale conservata (in caso di disidratazione incombente il peso specifico delle urine è di 1020-1029, mentre in caso di disidratazione in atto è superiore a 1029). La perdita di peso: indicatore della gravità della disidratazione La disidratazione è un deficit di acqua responsabile di una perdita di peso corporeo superiore per
convenzione al 3% del peso abituale. Una stima della gravità della disidratazione è, quindi, fornita dal rapporto tra peso corporeo e peso abituale e rappresenta un indicatore indiretto del bilancio idrico tra liquidi assunti e liquidi eliminati. Pertanto è considerata: > lieve una disidratazione che causa una perdita del peso corporeo abituale del 3-5%; > moderata una disidratazione che causa una perdita del peso corporeo abituale di circa il 10%; > grave quella che causa una perdita del peso corporeo abituale maggiore al 15 %.
LE STRATEGIE PER PREVENIRLA L’attività di prevenzione nei confronti della disidratazione è fondamentale soprattutto per l ‘anziano parzialmente o non autosufficiente gestito al domicilio in quanto nelle
strutture di ricovero il personale dedicato all’assistenza è già formato relativamente agli interventi preventivi da mettere in atto (ad esempio attraverso schede di rilevazione e monitoraggio dell’introito idrico e alimentare quotidiano, momenti stabiliti per l’idratazione al di fuori della colazione, pranzo e cena). In particolare secondo il Joanna Briggs lnstitute un’adeguata idratazione orale giornaliera di norma non dovrebbe essere inferiore a 1600 ml/24 h per l’anziano medio che tradotto nella pratica sono circa otto bicchieri al giorno. Alcune strategie da adottare incentivanti l’assunzione di liquidi sono: l’assunzione di tè, infusi alla frutta o succhi di frutta durante gli spuntini, incoraggiare l’idratazione nei momenti di assunzione dei farmaci, stimolare l’idratazione per bocca anche piccole quantità secondo orari stabiliti.
LE TRE FORME Si riconoscono tre forme di disidratazione in rapporto all’osmolarità (cioè la misura del numero di particelle disciolte in un fluido) extracellulare correlata alle concentrazioni di sodio nel sangue: isotonica, ipotonica e ipertonica. > La disidratazione isotonica si verifica quando la perdita di acqua e di sodio avviene in uguali quantità, solitamente a causa di vomito e diarrea. > Nella disidratazione ipotonica la perdita di sali minerali è maggiore rispetto a quella dell’acqua ed è solitamente legata a sudorazione profusa, insufficienza renale o disturbi gastrointestinali. > La disidratazione ipertonica si instaura quando la perdita di acqua è superiore a quella dei sali minerali. Le cause più comuni sono una mancata assunzione di acqua, l’uso di diuretici e la presenza di malattie come diabete e nefropatie.
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MARIA CRISTINA RODESCHINI
Ph:Adicorbetta
PERSONAGGIO
L’Accademia Carrara riapre con Rembrandt Intervista con Maria Cristina Rodeschini direttore del Museo ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
Un’altra perla si aggiunge alle mostre che l’Accademia Carrara organizza. Ne parliamo con la dottoressa Maria Cristina Rodeschini, direttore della Fondazione Accademia Carrara dal febbraio 2017. Prima, dal 2005 al 2016, è stata responsabile dell’Accademia sviluppando progetti internazionali e cooperando alla riapertura del museo avvenuta nel 2015. Prima ancora ha contribuito allo sviluppo delle attività della Galleria di Arte Moderna di cui è stata direttore per il Comune di Bergamo dal 1998 al 2016. Direttore, finalmente si riapre dopo la grande paura e c’è un’altra perla: dal 9 luglio è in mostra l’autoritratto giovanile di Rembrandt. 18 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
Finalmente possiamo accogliere il nostro pubblico. Il museo senza visitatori in presenza è stata un’esperienza anomala, triste. Non ci siamo tuttavia persi d’animo, né ci siamo arresi durante i lunghi mesi di chiusura, abbiamo concentrato il nostro impegno sull’ideazione delle iniziative future, sulle attività on line rivolte in particolare alla fascia che più ha sofferto l’isolamento obbligato, quella dei giovani. Quest’anno per festeggiare l’apertura, dal 9 luglio sino al 17 ottobre accogliamo in Carrara un ospite d’eccezione, da uno dei più importanti musei d’Europa, il Rijksmuseum di Amsterdam. Rembrandt (Leida 1606 - Amsterdam 1669), protagonista della pittura olandese del Seicento, secolo d’oro di quel paese, viene rappresentato a Bergamo da un’o-
pera iconica, un autoritratto dipinto dal pittore a soli ventidue anni. Si tratta di un’immagine, seducente, pervasa di mistero, che preannuncia il grande tema della ricerca dell’olandese: dominare la luce nelle sue infinite variazioni, un’indagine attraverso la quale raggiungerà i massimi livelli sia in pittura sia nell’arte dell’incisione, nella quale è conosciuto universalmente come insuperato maestro. Rembrandt ha indagato il proprio volto per tutta la vita, ritraendosi più di ottanta volte, una autobiografia visiva raccontata in mostra da due ambienti narrativi che mettono in scena l’esistenza e l’opera dell’artista nel teatro della vita, dalla giovinezza alla vecchiaia. Come sempre per la Carrara i grandi prestiti nazionali e internazionali sono occasioni per
Come avete superato la pandemia? Una doppia chiusura. Ma avete comunque dato la possibilità con internet e tramite LA CARRARA APP di vedere le 28 sale della pinacoteca o meglio i maggiori artisti della Carrara come Mantegna, Donatello, Vivarini, Foppa, Bellini, Botticelli, Cima da Conegliano, Tiziano, Lorenzo Lotto, Giovan Battista Moroni, Baschenis, Fra Galgario, Tiepolo, tanto per citarne solo alcuni presenti con le loro opere in questo scrigno dell’arte che va dal Rinascimento all’Ottocento. Stavamo studiando da più di un anno uno strumento digitale e interattivo che propagasse la ricchezza della Carrara, richiamasse attenzione, suscitasse curiosità intorno al museo e stimolasse il desiderio di venire a visitarlo. Con la pandemia l’applicazione LA CARRARA APP ha svolto un ruolo centrale per riuscire a rimanere in contatto con il pubblico, anche da casa. I suoi pregi sono la flessibilità e l’ampio ventaglio di proposte che ciascuno può modellare sui propri interessi: costruire percorsi personalizzati, esplorare un’opera guidati da una breve ed efficace spiegazione, comporre gallerie d’immagini. Ogni esperienza può essere calibrata in base al tempo di cui si dispone. Il consiglio è di andare sul sito www.lacarrara.it per saperne di più e di fare il download gratuito dell’applicazione; provatela e ne capirete tutto il potenziale.
Come vede il futuro dei musei? E della Carrara in particolare. Quali mostre in programma? A causa dell’emergenza sanitaria che ha sconvolto il mondo intero, anche i musei hanno molto sofferto. Voglio testimoniare la grande solidarietà internazionale, che ha caratterizzato questo periodo; la cooperazione tra musei è stata naturale e immediata, nell’intento di aiutarci l’un l’altro e di condividere il più possibile. Sono convinta che la cultura sia in grado non solo di lenire la sofferenza, ma di creare quel senso di comunità che nei momenti difficili rassicura e concorre a superarli. La Carrara sta ripensando se stessa per definire più precisamente la propria offerta culturale e andare incontro alle esigenze dei visitatori. Leggere i segnali anticipatori delle sfide che ci aspettano, cogliendo le trasformazioni della società, è uno dei compiti primari del museo. D’altra parte i più di
duecento anni di vita della Carrara testimoniano la sua capacità di rinnovarsi e di rimanere al passo con la storia. Oltre alla programmazione, un’altra prospettiva alla quale rivolgere grande impegno è il progetto del 2023, anno nel quale Bergamo e Brescia saranno insieme capitali italiane della cultura. Le due città si stanno confrontando da diversi mesi per delineare un piano culturale condiviso, identitario, di qualità, in grado di proporre un territorio unico, da visitare e far apprezzare per la sua varietà e ricchezza. La proposta culturale avrà in questo senso un ruolo strategico. I bergamaschi apprezzano gli sforzi e le mostre che fa la Carrara? È vero che non tutti conoscono questo splendido gioiello voluto da Giacomo Carrara nel 1796 e che si è arricchito grazie ai lasciti di Guglielmo Lochis,
Ph:Oliviero Godi
valorizzare la nostra collezione, per questo in mostra, in dialogo con il capolavoro, una serie di opere di suoi allievi diretti (Gerbrandt van den Eeckhout, Dirck Dircksz van Santvoort, Nicolaes Maes), e altre di pittori ispirati dal maestro tra Sei e Settecento (Giovanni Benedetto Castiglione, Giuseppe Nogari, Bartolomeo Nazari).
Luglio/Agosto 2021 | Bergamo Salute | 19
PERSONAGGIO
MARIA CRISTINA RODESCHINI
Giovani Morelli e Federico Zeri? I Bergamaschi amano la Carrara perché si identificano con la sua storia: un museo d’eccellenza cresciuto per volontà di intenditori guidati dalla luminosa intenzione di condividere la propria passione per l’arte con l’intera comunità. E non mi riferisco solo ai residenti in città. La provincia di Bergamo è molto sensibile alle proposte del museo e il pubblico di prossimità da questo punto di vista è davvero premiante per affetto e partecipazione. I giovani che raggiungiamo attraverso la scuola, sono visitatori assidui. Dopo la prima chiusura nel 2020 un censimento che abbiamo condotto indicava come il mondo scolastico fosse desideroso di ritornare in visita alla Carrara. Purtroppo non è stato possibile a causa della seconda emergenza. L’attiva partecipazione ai nostri laboratori e alle visite virtuali ci ha segnalati come una presenza non solo desiderata, ma sentita come necessaria. Siamo proiettati con numerosi e innovativi
progetti sull’anno scolastico 20212022. La progettualità del museo rivolta a coloro che si trovano in condizioni di svantaggio nel partecipare alla vita sociale è altrettanto impegnata e caratterizzata da una forte motivazione. Tra le duecento mostre che ha organizzato quale le ha dato più soddisfazione? Difficile scegliere, ciascuna è un’esperienza a sé. Ho sempre cercato di fare proposte che si iscrivessero in un progetto culturale coerente, fortemente correlato con l’identità del museo. Come sono le sue giornate? Molto intense. La vita in Carrara è varia, mai ripetitiva. Il tempo da dedicare ai rapporti con i collaboratori, alle relazioni con i colleghi degli altri musei, con la società civile, con l’associazionismo non è mai abbastanza. Ma questo è il bello del mio lavoro, mai un giorno uguale all’altro.
È vero che lei usa una vespa arancione per spostarsi e per godersi gli angoli “segreti” o quasi di Bergamo? È un mezzo di trasporto che prediligo, nella bella stagione, sin da giovanissima. Consente spostamenti e soste senza perdite di tempo, più agevole dell’automobile e soprattutto muoversi sulle due ruote dà un senso di grande libertà. Famiglia? Figli, nipoti, cane? Un marito, che ha capito quanto l’interesse culturale sia per me importante. Due figli dalle personalità molto diverse. Con mia grande soddisfazione tra loro vi è sempre stata una grande complicità. Tra fratelli, tenuto conto dei rovesci della vita, è una relazione da coltivare e da tenere in grande considerazione. La nascita della mia nipotina è stata un’emozione che non ero riuscita a immaginare nella sua intensità. Purtroppo non me la sto godendo come vorrei. I cani in verità sono diventati due e sono dei miei figli.
“Maestri. Dal Rinascimento all’Ottocento” è il titolo della mostra al Bund One Art Museum di Shanghai che espone, dal 12 agosto al 3 gennaio 2022, 54 opere parte delle collezioni di Accademia Carrara. I capolavori dell’arte italiana ambasciatori nel mondo, in un’esposizione che segue la rassegna su Monet, allestita con i prestiti provenienti dal Marmottan Monet Museum di Parigi.
Ph:Oliviero Godi
E UN PEZZO DELLA CARRARA VA IN MOSTRA A SHANGHAI
Ph: Rijksmuseum Rembrandt van Rijn - Amsterdam, 1669, Autoritratto giovanile, 1628 circa, olio su tavola, Rijksmuseum Museum, Amsterdam
Ho letto che lei, bergamasca verace, ama “Un posto al sole” ambientato a Napoli. Come mai? I programmi televisivi di intrattenimento, gli spettacoli popolari, lo sport mi sono sempre sembrati un modo per restare in contatto con
gli altri. La soap opera, il Festival di Sanremo, il Giro d’Italia, l’Atalanta erano appuntamenti irrinunciabili e di condivisione nella mia famiglia d’origine. Scambiare opinioni su questi argomenti con le persone che incontro nel vivere quotidiano è per me interessante e divertente, come si dice “Vox populi, vox Dei”. Ripeterete l’esperienza delle mamme incinte, con il dottor Crescini, davanti alle maternità dell’Accademia? Lo spero vivamente. La proposta di Claudio Crescini è stata davvero brillante. Quando me ne parlò la accolsi subito con interesse. Le buone idee sono quelle che ti fanno dire “come non averci pensato prima”. È stata un’esperienza intensa, appassionata, emozionante. Non posso dimenticare una mamma
che toccandosi la pancia mi disse: “Quando la/lo porterò in Carrara le/ gli dirò: non è la prima volta che vieni in questo posto dove ci sono quadri meravigliosi che parlano di noi”. Tra la Carrara, le mostre e i suoi libri, trova il tempo per coltivare qualche hobby? Sono attratta dall’artigianato nelle sue declinazioni territoriali. È un interesse che mi ha sempre coinvolto. Quando avrò più tempo, oltre agli affetti familiari e agli amici con i quali mi piacerebbe scambiare di più, vorrei dedicarmi all’esplorazione della grande tradizione italiana del saper fare, nella varietà e nell’originalità dei risultati. Sono consapevole che questa cultura nella società contemporanea sia stata messa in crisi. Spero tuttavia di riuscire a vederne la rinascita.
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IN SALUTE
STILI DI VITA
Medicinali in vacanza: Il kit da portare con sé ∞ A CURA DI MARIA CASTELLANO
Punture d’insetti, piccole ferite, problemi intestinali. Durante le vacanze può capitare di incappare in qualche disturbo che, sebbene in genere non grave, potrebbe rovinare le giornate di relax. Ecco perché, oltre alla prudenza, è utile mettere in valigia anche un piccolo kit con farmaci di automedicazione. Ne parliamo con il dottor Paolo Serboli, responsabile del Pronto Soccorso del Policlinico San Pietro.
Se dopo qualche giorno i disturbi non passano è opportuno rivolgersi al Pronto Soccorso o alla guardia medica del posto in cui si è in villeggiatura. Il ricorso all’automedicazione deve essere limitato nel tempo”
Dottor Serboli, quali sono i farmaci che non dovrebbero mai mancare? Contro disturbi come ad esempio
il mal di denti, il mal di testa o mal di schiena, è bene avere a portata farmaci antidolorifici e antiinfiam-
matori, privilegiando molecole che si conoscono già e si sono già testate, come ad esempio il paracetamolo. Utili poi sono: un antipiretico in caso di febbre; farmaci antiacidi contro l’acidità di stomaco, frequente quando si modifica l’alimentazione o si eccede, come capita spesso in vacanza; antidiarroici e disinfettanti intestinali, meglio in capsule che in forma liquida per una migliore conservazione, soprattutto se si va in Paesi stranieri dove maggiore è il rischio di diarrea. Buona abitudine è tenere sempre anche un piccolo kit di pronto soccorso con una pomata anticontusione per le
Farmaci al sole: il vademecum 1. Preferire formulazioni solide, meno suscettibili alle alte temperature e soprattutto non necessitano di acqua potabile per la somministrazione. 2. Conservare i farmaci evitando che siano esposti a temperature troppo alte (mai a una temperatura superiore a 25 gradi). 3. Tenerli nella loro confezione originale per avere a disposizione la data di scadenza e il foglio illustrativo. 4. Rispettare la posologia indicata nel foglietto illustrativo (o dal proprio medico) e non eccedere nelle dosi. 5. Informarsi con il proprio medico prima di esporsi al sole in caso di stia seguendo una terapia, poiché alcuni farmaci di uso comune (come ad esempio gli antibiotici, gli anticoagulanti, gli antidiabetici etc.) possono indurre reazioni cutanee con l’esposizione ai raggi UV.
la normale attività fisica quotidiana. Per reintegrarli, è utile assumerli in compresse per una maggiore praticità e perché magari non sempre è disponibile la presenza di acqua potabile.
DOTT. PAOLO SERBOLI Responsabile Pronto Soccorso Policlinico San Pietro di Ponte San Pietro
botte e cerotti, garze e disinfettante (o salviette disinfettanti pronte all’uso) per detergere e medicare piccole ferite. Ovviamente, se però tagli o abrasioni sono importanti è meglio valutare come intervenire con un medico. Un antibiotico a largo spettro, poi, può essere utile in caso di febbre associata a tosse produttiva (catarrosa), otalgia, mal di gola. Se i sintomi non regrediscono dopo qualche giorno di terapia sintomatica con paracetamolo e/o antiinfiammatori, potrebbe essere indicata l’azitromicina, una somministrazione al giorno per 3-5 giorni, sia in compresse sia in sciroppo (per i più piccoli). Si tratta di un antibiotico che in genere non dà problemi di reazioni allergiche ed è ben tollerato. In ogni caso, prima di iniziare una terapia antibiotica, è sempre bene consultare un medico. Un “farmaco” che spesso ci dimentichiamo, soprattutto quando si va in climi caldi, infine, sono gli integratori salini a base di potassio e magnesio. Con l’intensa sudorazione si tende a perdere questi due elementi essenziali per
E per le reazioni allergiche ad esempio a punture di insetti o altro? Può essere indicato portare con sè un antistamico via bocca e, a livello locale, pomate antistaminiche o con una piccola percentuale di cortisone. Per le persone allergiche, che abbiano già avuto manifestazioni importanti, è necessario associare anche il cortisone per via orale. Nel caso di insetti, non dimenticate spray repellenti e stick post puntura per alleviare i fastidi. Per i più piccoli? Oltre ai medicinali già citati, è meglio portare anche degli antiemetici, in caso di vomito, medicinali contro la diarrea, fermenti lattici per ripristinare la flora batterica, gocce auricolari anestetiche per eventuali otiti (molto frequenti anche per i bagni in mare o piscina) e una soluzione fisiologica salina sotto forma di spray nasale per decongestionare le vie respiratorie, qualora sbalzi di temperatura e colpi di aria condizionata causassero raffreddore. Chi è già in cura con farmaci deve prestare attenzioni particolari? Se si sta seguendo una terapia medica cronica è opportuno portare con sé un’adeguata scorta di medicinali (ad esempio antidiabetici, antipertensivi, antiepilettici, antianginosi, anticoncezionali
etc.) che possa coprire in eccesso il periodo di tempo in cui ci si trova lontani da casa. Soprattutto se ci si reca all’estero, può essere difficile, o addirittura impossibile riuscire a reperire il particolare farmaco di cui si necessita. Per precauzione, è comunque consigliabile portare insieme ai medicinali abituali anche una prescrizione del medico curante in cui sia annotato, oltre al nome commerciale del medicinale, anche il nome e la quantità di principio attivo contenuto in quel particolare prodotto.
LE PRECAUZIONI CONTRO IL COVID Quest’anno nella valigetta dei medicinali, non possono mancare i dispositivi di protezione individuale e i presidi a cui ci siamo abituati negli ultimi mesi. Pertanto è consigliabile portare con sé una scorta di mascherine utili a coprire tutto il periodo della vacanza. Da non dimenticare poi un disinfettante a base alcolica da tenere nella borsa della spiaggia e in zaino per detergere le mani quando non ce le si può lavare con acqua e sapone.
IN SALUTE
ALIMENTAZIONE
Mindful eating, nutrirsi consapevolmente ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
Solo proteine. Niente carboidrati. Solo frutta e yoghurt. Niente latte e latticini. Quando si vuole dimagrire spesso si è disposti a eliminare dalla propria alimentazione una serie di alimenti o ad assumerne solo alcuni, inseguendo la moda del momento. Con il risultato che magari qualche chilo si riesce a perdere, però poi, quando si molla, si riprende nel giro di poco tempo e anche con gli interessi. Ma se il segreto del successo di una dieta, soprattutto a lungo termine, non fosse quello che si mangia (o almeno non solo) ma come lo si mangia? «Spesso coloro che decidono di intraprendere una dieta si concentrano molto su cosa mangiare (questo cibo va bene, quest’altro no), tralasciando di lavorare sull’ascolto dei segnali corporei, sui pensieri, stati emotivi, comportamenti personali e. condizionamenti esterni che possono influenzare la ricerca e il consumo di cibo. Ad alcune persone, ad esempio, può succedere dopo una lunga giornata di lavoro 24 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
Secondo la definizione di Jon Kabat-Zinn, uno dei pionieri di questo approccio nel mondo occidentale, Mindfulness significa porre attenzione in un modo particolare: intenzionalmente, nel momento presente e in modo non giudicante”
applica i principi della Mindfulness all’alimentazione, attraverso un protocollo specifico (MB- EAT), elaborato da Jean L. Kristeller nel 1999. Si tratta di una strategia terapeutica non prescrittiva: la Mindful Eating non dice cosa mangiare e cosa no, non è una dieta (ma può rappresentarne un valido supporto); insegna alle persone a disattivare il pilota automatico e ad acquisire maggiore consapevolezza dei propri segnali corporei ed
di mangiare patatine senza rendersi conto né del sapore, né della quantità, né del proprio livello di fame» osserva la dottoressa Pamela Tassetti, psicologa alimentare e psicoterapeuta. Dottoressa Tassetti, come si può fare ad acquisire uno stile alimentare sostenibile nel medio-lungo periodo e che garantisca il mantenimento di un benessere psico-fisico? Può venire in aiuto la Mindful Eating, un approccio innovativo che
DOTT.SSA PAMELA TASSETTI Psicologa e Psicoterapeuta a Bergamo e Azzano San Paolo
IN SALUTE
ALIMENTAZIONE
emotivi, per arrivare a fare scelte alimentari più libere, funzionali alla salute. In altri termini scelte più “sagge” e meno impulsive. Ecco perché risulta indicata sia per il trattamento di Disturbi del Comportamento Alimentare (Bulimia, BED, Sindrome da alimentazione notturna) e della fame emotiva sia di patologie croniche (diabete, sindrome del colon irritabile, ipertensione, insufficienza renale, celiachia, allergie alimentari). Rappresenta, inoltre, uno strumento efficace anche per chi, pur non manifestando una problematica alimentare, desidera migliorare il rapporto con il cibo e con il corpo. Ma cosa vuol dire mangiare consapevolmente? E come si può imparare? Coinvolgendo i cinque sensi. La Mindful Eating amplifica l’esperienza alimentare immergendo la persona nei colori, profumi, suoni, consistenze e sapori di ciò che mangia e beve. Con uno sguardo aperto e curioso si osservano le reazioni che il cibo suscita, momento per momento, in termini di fame, sazietà, pienezza e piacere. Partendo dalla cura del contesto e del modo in cui ci si approccia al momento del pasto, s’impara a porsi le giuste domande al fine di scegliere e cucinare ciò che nutre corpo e mente perché, è bene ricordarsi che, il cibo soddisfa sia un’esigenza fisica sia emotiva. Attraverso la Mindful Eating si acquisiscono gradualmente quelle che vengono definite le sette abilità del mangiatore consapevole: > saper osservare (con uno sguardo imparziale si colgono 26 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
sensazioni corporee, emozioni, pensieri connessi al modo di alimentarsi); > essere consapevole di sé (attraverso l’utilizzo dei cinque sensi si coglie cosa il cibo suscita in termini di fame, sazietà, pienezza e piacere, sia a livello fisico sia mentale); > essere nel momento presente (vivere ogni pasto come un’esperienza nuova, unica ed appagante, in cui mente e corpo collaborano per scegliere come nutrirsi); > essere consapevole del contesto (ridurre le distrazioni, saper cogliere gli elementi che possono innescare un’alimentazione inconsapevole); > non giudicarsi (adottare uno sguardo più benevolo e comprensivo verso se stessi, imparando che non esistono cibi “buoni” o “cattivi” in assoluto); > lasciare andare (emozioni, pensieri e persone che non si possono controllare); > saper accettare (ciò che c’è e che si è, nel qui e ora, con uno sguardo proattivo verso un miglioramento). “La Mindful Eating è un cammino, non una meta”. La si può apprendere attraverso una pratica diretta, continua, guidata da un trainer psicologo, appositamente formato. I principi appresi potranno essere estesi anche ad altre sfere della propria quotidianità, arrivando a costruire abitudini, non solo alimentari ma di vita, più in linea con i propri bisogni fisici ed emotivi.
PERCHÉ È COSÌ DIFFICILE “DIFENDERE” I CHILI PERSI Si stima che, a quattro anni e mezzo dalla conclusione di un programma dimagrante, le persone mantengono in media una perdita di peso di 3 kg, pari al 3.2% della riduzione dal peso di partenza (Priya Sumithran P., Proietto J., 2013). Questa difficoltà di mantenimento del peso acquisito è determinata dall’integrazione di fattori biologici, ambientali e psicologici (Dalle Grave, 2010). È stato dimostrato, infatti, che l’organismo umano possiede un’innata capacità di autoregolarsi: quando si verifica una diminuzione di peso, tende ad attivare difese biologiche per salvaguardare il proprio funzionamento, con l’obiettivo di ripristinare i livelli di peso iniziali. Da non sottovalutare è anche l’esposizione continua a cibi economici e/o appetibili e a informazioni fuorvianti intorno all’alimentazione e all’immagine corporea. I canoni di bellezza esaltati dall’odierna società spingono sempre più persone a porsi obiettivi irrealistici e insostenibili rispetto al proprio peso, con una crescente insoddisfazione personale e un vissuto d’inadeguatezza.
Assistenza Domiciliare Integrata e Cure Palliative Domiciliari La Cooperativa In Cammino, titolare dell’accreditamento con la Regione Lombardia, eroga il servizio di Assistenza Domiciliare Integrata (A.D.I.) e Cure Palliative Domiciliari (UCP-DOM). Tutte le prestazioni sono erogate direttamente a casa del paziente e sono gratuite. Ne hanno diritto tutti i cittadini, di ogni età, su richiesta del medico di base o ospedaliero.
Sede via De’ Medici 11, San Pellegrino Terme (Bg) Apertura sede da lunedì a venerdì dalle 9,30 alle 17,30 Orari assistenza - da lunedì a venerdì dalle 7,30 alle 16,30 - sabato dalle 8,30 alle 12,30 Contatti e attivazioni 334.3216008
InCammino COOPERATIVA SOCIALE
IN SALUTE
ALIMENTAZIONE
Piccolo grande mirtillo
∞ A CURA DI LELLA FONSECA
Il mirtillo è uno dei frutti di bosco più ricchi di proprietà benefiche. Piccolo e goloso è uno dei doni della stagione estiva, in particolare del periodo luglio-agosto. È un arbusto che cresce spontaneamente nel sottobosco sia delle Alpi che degli Appennini, ma viene anche coltivato in collina o in pianura, in due varietà: il mirtillo
rosso e il mirtillo nero. Il dottor Paolo Paganelli, biologo nutrizionista, ci aiuta a conoscere le sue proprietà. «Il mirtillo è ricco di antociani, che sono degli importanti antiossidanti, Vitamina C, P e pectine che sono in pratica delle fibre solubili. La sua composizione gli conferisce proprietà benefiche per il microcircolo, il sistema cardiovascolare, la retina. Secondo una scala messa a punto dal dipartimento dell’agricoltura statunitense che misura il potere antiossidante degli alimenti, i mirtilli sono in “pole position” tra le migliori fonti naturali di queste sostanze, alle spalle del succo d’uva nera» spiega l’esperto.
IN CASO DI CISTITE
DOTT. PAOLO PAGANELLI Biologo Nutrizionista a Bergamo
28 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
In particolare il mirtillo rosso (che molti conoscono anche con il nome inglese cranberry) ha proprietà antinfiammatorie, antibatteriche e antiadesive utili per contrastare le
SE CADE SULLA MAGLIETTA Il mirtillo, soprattutto quello nero, macchia le mani e i tessuti a causa dei tannini e delle antocianine contenuti nel frutto, che rilasciano il tipico colore “bluastro”. Per questa proprietà viene anche utilizzato come colorante naturale per alimenti. Per rimuovere queste macchie le nonne consigliavano di sciacquarle al più presto con abbondante acqua fredda (non calda come si potrebbe pensare). Se permane un alone bluastro si può cospargere per mezz’ora il tessuto con una “pasta” di sale fino e limone e poi lavarlo normalmente.
cistiti. «Il meccanismo di azione dei componenti di questo frutto non è stato completamente spiegato, ma uno dei suoi effetti è certamente quello di contrastare l’adesione dei microorganismi, ad esempio l’escherichia coli, alle pareti della vescica. Non aderendo alle pareti i germi possono essere più facilmente eliminati con lo svuotamento della vescica. La sua efficacia è dovuta anche all’acidificazione dell’ambiente e alla diminuzione dei fenomeni infiammatori. Le quantità necessarie per svolgere queste azioni sono piuttosto alte, per cui generalmente si assumono preparati concentrati di estratto di mirtillo rosso (generalmente estratto secco in capsule)» continua il dottor Paganelli. Il mirtillo rosso in dosi fitoterapiche può coadiuvare la cura della cistite e anche essere usato a cicli per la prevenzione di questi disturbi.
FRESCO CONTRO LA DIARREA Il mirtillo è anche raccomandato in caso di diarrea. Per questo disturbo, a differenza della cistite, non servono grandi dosi e sono sufficienti 20-60 grammi di frutti freschi al giorno.
GAMBE PIÙ LEGGERE «Il mirtillo nero, in particolare, è indicato per tutti i problemi causati da riduzione del microcircolo e fragilità capillare. In primis quelli che riguardano la circolazione delle gambe, che interessano moltissi-
me persone, in maggioranza donne e soprattutto durante il periodo estivo» sottolinea il nutrizionista. È un alleato quindi per contrastare gli inestetismi e disturbi da insufficienza venosa: cellulite, ritenzione idrica, emorroidi e vene varicose.
QUANDO CONSUMARLO «Il mirtillo nelle sue varietà è un frutto tipicamente estivo e possiamo maggiormente godere delle sue proprietà consumandolo proprio in questa stagione, raccogliendolo in montagna o comprandolo. Fuori dalla sua stagione, come vale per tutta la frutta e la verdura, si può trovare congelato oppure proveniente da Paesi lontani, quindi non così fresco. In questo caso può essere preferibile assumerlo come estratto secco, soprattutto se le quantità di principi attivi di cui si vuole usufruire imporrebbero un consumo massiccio del frutto» suggerisce l’esperto. L’utilizzo dell’estratto secco di mirtillo nero
Come assaporarlo al meglio Sicuramente consumare il mirtillo fresco al naturale è il modo migliore ma si tratta di un frutto abbastanza acido, soprattutto nel caso del mirtillo rosso che somiglia come gusto al ribes. Si può quindi proporlo, in particolare ai bambini, con un po’ di zucchero o anche nella preparazione di macedonie o frullati.
non è consigliato alle persone che soffrono di calcoli perché può favorirne la comparsa.
Tabella nutrizionale per 100 g di mirtillo nero . Energia 57 kcal . Proteine 0,74 g . Carboidrati 14,5 g . Acqua 84 g . Fibra 2,4 g
Luglio/Agosto 2021 | Bergamo Salute | 29
IN ARMONIA
PSICOLOGIA
La sindrome della capanna Come vincere la paura di uscire di casa ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
Dopo mesi di lockdown totale o parziale, “chiusure” in casa per proteggersi dalla pandemia, ora sembra davvero arrivato il momento in cui si può ricominciare a vivere un po’ di normalità. Per alcuni significa tornare in ufficio dopo un lungo periodo smartworking, per tutti poter uscire a cena o per un aperitivo, rivedere amici e parenti e dedicarsi di nuovo a una vita sociale e di relazioni non più “virtuali”. Ma se nella maggior parte dei casi questa “novità” è accolta con un senso di liberazione, per alcune persone prevale il timore e l’ansia di uscire dalla propria abitazione, considerata finora il “rifugio” per eccellenza. È la sindrome della capanna, anche detta del prigioniero. «Alcune persone dopo un lungo isolamento obbligato si chiudono al mondo esterno e le mura della casa diventano l’estensione delle proprie angosce. Non si tratta di un disturbo mentale, ma si collega a un lungo periodo di ritiro forzato (a volte anche connesso ad una malattia)» dice la dottoressa 30 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
Claudia Maggio, psicologa e psicoterapeuta. «Di solito rimaniamo “sigillati” in casa per questioni legate alla nostra salute o a quella di un proprio caro, per gravi questioni climatiche o comunque per situazioni temporanee di qualche ora o al massimo di qualche giorno. L’isolamento domiciliare diventa allora il luogo per la nostra tutela, che ci assicura da situazioni a rischio. Se però il periodo di “clausura domiciliare” si prolunga per molto più tempo, ritornare alla normalità, dopo una privazione sociale che ci ha colpiti in molteplici contesti potrebbe non sempre rappresen-
Secondo un’indagine Uil, la metà dei dipendenti - ma la percentuale sale all’80% tra bancari e assicurativi - non vuole assolutamente rientrare in ufficio, dopo i mesi di smartworking”
tare un momento liberatorio, ma sviluppare vissuti di angoscia e paura. Il desiderio di non uscire, anche quando non vi è più alcuna minaccia esterna effettiva, è un’inversione di marcia che costituisce un rischio per la sopravvivenza». Dottoressa Maggio, come è possibile che dopo un isolamento obbligato diventi così difficile rientrare alla normalità? Di solito la lunga attesa che ci separa da ciò che prima rappresentava la quotidianità veicola un desiderio del poter essere e agire “come prima”, ma non sempre è così. Innanzitutto, l’isolamento forzato è connesso al concetto di rischio. La segregazione imposta mette poi in discussione o meglio rivoluziona alcuni principi che fanno parte della nostra cultura e società, come l’immagine di una collettività che crea e offre legami di forza e di potere, rispetto allo stare da soli. Bisogna anche aggiungere che l’era dei social ha sviluppato
conferma di come esistano alternative di vita, in cui l’estraniamento e il non mettersi in gioco come soggetti relazionali evita di mettere a rischio la propria salute mentale e fisica. Purtroppo queste garanzie sono fallaci e mentre il mondo esterno diventa un fantasma agli occhi di chi vive questa sindrome, si disintegra contemporaneamente anche la loro identità. DOTT.SSA CLAUDIA MAGGIO Psicologa e Psicoterapeuta Responsabile scientifica Gruppo IN
modalità comunicative alternative alla relazione diretta, aumentando il senso di isolamento. Inoltre, la reclusione porta a una nuova organizzazione dei nostri tempi di vita a cui finiamo con abituarci, mentre il mondo esterno diventa sempre più anonimo; i ritmi della nostra esistenza spesso frenetici possono subire un brusco rallentamento, ma anche quel che c’è fuori o come lo immaginavamo non ha più le stesse “forme”. Tutto questo crea smarrimento all’idea di riavviare un contatto con l’esterno. Alcune persone poi (spesso più fragili dal punto di vista psicologico) trovano
Quali sono i sintomi che possono presentarsi? Queste persone usano la propria abitazione come strumento contro attacchi alle proprie paure e ciò tramuta un luogo protettivo in una prigionia! L’ambiente esterno viene annullato e sostituito con dei confini definiti e strutturati che rappresentano simbolicamente i recinti di ciò che non si vuole più affrontare. La nostra casa si converte in una pericolosa segregazione dalla quale il nostro pensiero e il nostro assetto emotivo non possono più fare a meno. Questo malessere psicologico si potrebbe, quindi, associare ad apatia, episodi di irritabilità, tristezza, paura, angoscia, frustrazione ed impotenza, noia, sensazione di spossatezza, difficoltà ad alzarsi al mattino, modifi-
cazioni della condotta alimentare, presenza di sintomi psicosomatici, diminuzione della motivazione e senso impotenza, vissuti di estraneità verso la società e diffidenza verso gli altri, difficoltà di concentrazione e scarsa memoria. Quali sono i rischi? Pur trattandosi di una condizione di natura transitoria, di fronte ad una continuità temporale della situazione, si possono sviluppare veri e propri disagi psicologici come depressione, ansia e attacchi di panico, disturbi dell’adattamento, insonnia e altre alterazioni croniche su base psicosomatica. Cosa fare allora? Riprendere a piccole dosi le azioni semplici legate alla vita di tutti i giorni, diminuire l’uso di dispositivi tecnologici a favore di incontri in presenza, non lasciare tempi morti troppo estesi durante il giorno (organizzare sempre qualche piccola attività), aumentare l’esercizio fisico e se il malessere persiste cercare l’aiuto di un professionista, soprattutto se alcuni elementi come ansie e fobie erano antecedenti al periodo di isolamento.
IN ARMONIA
COPPIA
Baciami ancora ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
Il bacio come indicatore di salute della coppia Il 6 Luglio, ormai da qualche anno, si celebra la Giornata Mondiale del bacio e i social si riempiono di citazioni, di aforismi, si condividono canzoni o foto di quadri famosi. Da sempre l’arte, la letteratura, la poesia hanno dato una forte rilevanza a questo romantico “apostrofo rosa tra le parole t’amo”. Ma quanto è importante, il bacio, in una relazione di coppia? Lo chiediamo al dottor Silvio Mori, psicologo e sessuologo. «Il bacio è importantissimo in una relazione di coppia, direi fondamentale, fin dall’inizio, nella formazione della coppia stessa. Non a caso molte persone, come data da festeggiare, scelgono proprio il giorno del primo bacio. È una scelta romantica, sicuramente, ma che nasconde anche una componente più biologica: già dai primi baci capiamo se quella persona ci piace, se può essere la “persona giusta”. Questione di feromoni? Probabile. Quando conosciamo una persona nuova e i primi baci proprio non ci piacciono, difficilmente continueremo la frequentazione. È come se questo scambio di feromoni portasse con 32 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
sé informazioni che ci dicono se siamo attratti oppure no da quella specifica persona. Da un punto di vista strettamente biochimico, il bacio è una sorta di “degustazione sensoriale e ormonale” e, senza esserne razionalmente consapevoli, è come se assaggiassimo il partner per capire se può davvero piacerci oppure no». Siamo un po’ come gli animali quando si annusano. Ma quindi il bacio, e l’amore in senso lato, è anche questione di chimica? Direi proprio di sì. E non siamo come gli animali che si annusano, noi siamo animali che si annusano. La biologa Sheryl Kirshenbaum, nel suo libro “La scienza del bacio”, ha osservato questo romantico gesto sotto la lente della biologia
“In un bacio saprai tutto quello che è stato taciuto” ∞∞ PABLO NERUDA
e ha dimostrato che la scelta del partner ha anche una componente biologica. E i benefici del bacio vanno ben oltre. Le neuroscienze, ormai da anni, hanno dimostrato che il bacio passionale (di almeno 6-8 secondi) aumenta la frequenza cardiaca, attiva il metabolismo (con conseguente consumo di calorie), riduce lo stress (grazie alla riduzione dei livelli di cortisolo) e rafforza il sistema immunitario (grazie allo scambio di microorganismi). E non rafforza solo il sistema immunitario degli individui, ma anche quello della coppia. Ne rafforza il legame, sia dal punto affettivo sia erotico: con i baci passionali si verifica una sorta di “accensione” ormonale grazie allo scambio di saliva che favorisce l’innalzamento dei livelli di testosterone, che sappiamo essere l’ormone del desiderio tanto nell’uomo quanto nella donna. A livello più relazionale e sentimentale i baci aumentano i livelli di ossitocina, l’ormone dell’amore che aiuta a rafforzare il senso di attaccamento reciproco, ma anche i livelli di dopamina e serotonina, neuromodulatori del tono dell’umore.
Con tutti questi benefici, non dovremmo mai smettere di baciarci. Come mai allora, molte volte, la passione e l’intensità dei baci, negli anni, lentamente si spegne? In un certo senso il bacio è davvero un indicatore dello stato di salute di una relazione. Un bacio freddo, distaccato, ci fa capire che qualcosa non va. Quando litighiamo, ad esempio, non si ha gran voglia di baciare il partner. Molte volte però i baci, negli anni, non si spengono per gravi problemi di coppia, ma semplicemente perché sono diventati troppo affettivi e poco passionali, svuotati cioè delle loro componenti erotiche. Quasi baci
DOTT. SILVIO MORI Psicologo e Sessuologo A Bergamo e Brescia
fraterni. E la coppia si ritrova ad avere una vita sessuale quasi spenta. E cosa si può fare in questi casi? Già il riconoscere che nella relazione sta mancando qualcosa è un importante primo passo. Il secondo passo è capire che la situazione non migliorerà per miracolo, che la passione non si riaccenderà grazie a un fulmine divino ma che dipende da noi, quasi quotidianamente, anche con piccoli gesti, mantenere accesa questa fiamma. La relazione va coltivata, l’eros va coltivato. E il bacio, come ingrediente base dell’erotismo, è un nostro potentissimo alleato. Ma come si può recuperare qualcosa che dovrebbe essere naturale e istintivo? Non si può forzare, o viene o non viene. Non è del tutto vero. Certo, se “forzare” un bacio ci dà proprio fastidio o addirittura repulsione forse dovremmo interrogarci sul senso e sul futuro di questa relazione. Ma di solito non è così. Molte volte davvero, banalmente, il bacio è stato trascurato, ridotto ai minimi termini, al bacetto del buongiorno e della buona notte. In queste situazioni, la cosa più importante da fare è uscire un po’ da quel “mito della
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spontaneità” secondo cui le cose dovrebbero venire naturali e istintive per essere belle e trasformarle invece in intenzionali. Non aspetto che accada, faccio in modo io che accada. Creo le condizioni. Mi capita spesso, nel mio lavoro di sessuologo, di consigliare alla coppia di astenersi per un determinato periodo dal coito, concentrandosi invece su un’intimità più sensoriale, non finalizzata alla prestazione ma al godersi il momento, ad accogliersi di nuovo, a riscoprirsi e così facendo riscoprono i loro corpi, riscoprono l’importanza del tatto, del gusto, dell’olfatto, riscoprono l’importanza del contatto e, semplicemente grazie al fatto che hanno creato le condizioni, anche l’importanza del bacio. E devo dire la verità: anche dopo tanti anni che faccio questo lavoro, mi emoziono ancora quando mi dicono “erano anni che non ci baciavamo così”. L’arte di baciare, l’arte istintiva ma anche volontaria di baciare, è fondamentale per la salute e il benessere dell’individuo e della coppia. E forse il vero segreto e la vera trasgressione per mantenere viva la passione negli anni è riscoprire l’incredibile potere dell’elemento più semplice di tutti, dell’elemento base della vita erotica: il bacio.
IN FAMIGLIA
BAMBINI
Come educare i più piccoli a un rapporto sano e curioso con il cibo ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
Buone abitudini alimentari, fin dall’infanzia, sono fondamentali per garantire il corretto sviluppo psico-fisico dei nostri figli e porre le basi della loro salute presente ma soprattutto futura, quando saranno adulti. Per questo è importante che i genitori si impegnino a educarli a una sana e corretta alimentazione fin da piccoli, anzi piccolissimi. «Una ricerca (Skinner et al., 2002) ha mostrato che all’età di due anni i bambini hanno già sviluppato le loro preferenze in fatto di cibo e queste tendono a rimanere stabi34 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
li fino all’età di sei anni. Questo significa che i bambini devono poter fare esperienza di una vasta gamma di sapori e consistenze, gradualmente, ma il prima possibile. Un altro studio (Gillian Greville-Harris, 2005) ha rilevato che i bambini che durante il primo anno di vita hanno avuto la possibilità di provare una gamma di sapori diversi, compresi quelli di frutta e verdura, successivamente manifestano una maggiore preferenza verso di essi» osserva la dottoressa Daniela Sonzogni, psicologa specializzanda in psicoterapia
cognitivo comportamentale. Dottoressa Sonzogni, spesso nonostante i tentativi dei genitori i bambini sembrano rifiutare nuovi alimenti. Cosa fare in questi casi? Il primo passo è riflettere sulle strategie utilizzate finora e mettere a fuoco quello che non ha funzionato, per cercare nuove strategie più efficaci. Spesso infatti i genitori sentono la pressione di dover a tutti costi nutrire in modo salutare i figli, mentre i bambini possono sentire una pressione costante che non
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genera le modifiche desiderate, ma che in molti casi può produrre il rifiuto del cibo che viene offerto. Davanti ai rifiuti non ci si deve scoraggiare: l’accettazione di un nuovo cibo nei bambini più piccoli, infatti, si verifica solo dopo un’esposizione che va dalle cinque alle dieci volte. Questo significa che se vogliamo fare accettare a un bambino un nuovo alimento dobbiamo provare più volte e queste esposizioni devono avvenire per almeno dieci volte, con una frequenza settimanale di una o due volte in forme e associazioni sempre diverse. Con i bambini più grandi, invece, è necessario tenere in considerazione il fatto che l’educazione alimentare è il risultato di molteplici fattori come ad esempio l’esposizione al cibo, le abitudini apprese, l’imitazione dei coetanei, la capacità di con-
trollare i propri stati emotivi senza fare ricorso al cibo. Prima di rimproverarli quindi chiedetevi quale esempio siete capaci di dargli. Siete ambivalenti rispetto al cibo? Il bambino non mangia una categoria di cibo che anche noi genitori non mangiamo mai? L’educazione alimentare passa anche e soprattutto attraverso l’imitazione delle abitudini alimentari dei genitori. Uno dei cibi che si fa più difficoltà a far a accettare sono le verdure. Quali strategie si possono seguire per renderle più gradite? Spesso, per far mangiare le verdure ai propri figli, vengono messe in atto delle ricette o piatti in cui le verdure sono camuffate o nascoste in modo tale che i bambini non se ne accorgono. Nascondere il cibo
DOTT.SSA DANIELA SONZOGNI Psicologa Centro per l’Età Evolutiva di Bergamo
non gradito convince i genitori che il bambino ha mangiato ciò che è “giusto”, permette di sentirsi meglio con noi stessi rispetto al fatto che nostro figlio ha mangiato sano. Ma ne vale davvero la pena? Se vogliamo educare i bambini, dobbiamo
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IN FAMIGLIA
BAMBINI
fare in modo che siano consapevoli di quello che mangiano, ne apprezzino il sapore e possano scegliere in modo libero anche tra due verdure diverse. Nascondere il cibo o camuffarlo non modificherà l’atteggiamento dei più piccoli verso le verdure. Un altro errore frequente è adottare comportamenti di costrizione a tavola: maggiori sono le forzature (“devi mangiare questo”) e la ripetizione continua di un cibo rifiutato dal bambino (“se non lo mangi oggi, lo avrai domani”) minore è la possibilità che il bambino assaggi quel cibo. Allo stesso modo, anche minacce come “mangia le verdure o non avrai il dolce” sarebbero da evitare. Questo approccio nasconde l’idea radicata che i bambini natural-
mente sono avversi alle verdure, cosa non necessariamente vera. Se non ci convinciamo prima noi del contrario, il rischio è di stabilire un’associazione negativa che nella mente del bambino si traduce in “mi premieranno (dolce) se farò lo sforzo di mangiare una cosa cattiva ma salutare (verdure)”. È possibile, invece, facilitare l’introduzione di frutta e verdura nelle abitudini quotidiane dei figli in modo efficace con la pazienza e con un atteggiamento disponibile, incoraggiando il comportamento esplorativo dei bambini e favorendo la possibilità di fare esperienza di cibi sconosciuti in modo autonomo e senza particolari addestramenti, un po’ come se fosse un gioco.
E come si può fare? Ad esempio coinvolgendo i bambini nella preparazione dei pasti, compatibilmente con le loro abilità manuali, supervisionando discretamente le loro attività. Un buon modo di incoraggiare abitudini alimentari sane nei bambini, poi, è cercare di mangiare insieme tutte le volte che si riesce. Anche quando non si riesce per incompatibilità di orario è bene sedersi a tavola con loro, bevendo qualcosa e chiacchierando. Tutto questo può generare momenti di serena condivisione durante i quali si creano legami stretti, si condividono emozioni e si possono instaurare buone e nuove abitudini, anche alimentari.
DOLCE ATTESA
IN FAMIGLIA
Cosa sono le contrazioni e a cosa servono? ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
Doglie o onde. Ci sono diversi modi per definirle. Ogni termine utilizzato ha una diversa sfumatura. E ogni donna le vive e le racconta in modo diverso. Parliamo delle contrazioni, ovvero l’attività dell’utero che porta alla nascita del bambino, e lo facciamo con la dottoressa Monica Vitali, ostetrica. Dottoressa Vitali, cosa sono e che funzione hanno le contrazioni dell’utero? La contrazione uterina è la forza motrice che permette, durante il parto, la dilatazione del collo uterino e la progressione del corpo mobile (feto) nel canale pelvi genitale. Sono avvertite come forti dolori nella parte bassa dell’addome (alcune donne le paragonano ai dolori mestruali ma molto amplificati), a
volte anche alla colonna vertebrale e nella zona renale. Le contrazioni uterine durante il travaglio sono: involontarie, intermittenti e ritmiche (la durata delle contrazioni può variare da 30 a 90 secondi, l’intervallo tra due contrazioni oscilla tra 1 e 3 minuti), totali (interessano l’insieme dell’utero), dolorose (il dolore aumenta d’intensità con la progressione del travaglio e si modifica contemporaneamente come qualità e irradiazione; in realtà la percezione dolorosa è variabile secondo la partoriente). La struttura che rende possibili le contrazioni dell’utero è il miometrio ovvero la tunica muscolare dell’utero, costituita da fibrocellule muscolari lisce disposte a strati. Il meccanismo delle contrazioni uterine è differente da quello di altri muscoli. A livello dell’utero si ha, infatti, un
IN FAMIGLIA
DOLCE ATTESA
tipo di muscolatura diverso da tutti gli altri organi, perché è costituito essenzialmente da cellule lisce che funzionano indipendentemente dalla nostra volontà. Inoltre, la muscolatura uterina è data da fasci di fibre spiraliformi e non poste in modo longitudinale (muscoli lunghi) o circolare (muscoli cavi). Lo scopo di questa distribuzione di fibre muscolari è duplice. Al di fuori della gravidanza ha una funzione emostatica alla fine della mestruazione: l’andamento a spirale dei fasci muscolari simula un laccio attorno a ognuno dei vasi della parete uterina. Come fa il chirurgo per fermare un’emorragia, il nostro organismo chiude i vasi della parete stringendoli a cappio. Alla fine della gravidanza, invece, quando
insorge il travaglio di parto, questa distribuzione di fibre muscolari permette le cosiddette contrazioni, in cui il muscolo che si contrae induce una spinta del feto verso il basso, ma esercitando una forza uniforme su tutto il corpo fetale. Si parla di “meccanismo peristaltico altamente organizzato”, ovvero di un meccanismo con lo scopo simile alla peristalsi intestinale, con il fine ultimo di far progredire un corpo attraverso un organo cavo. Ma cosa permette lo scatenarsi di queste onde, oltre alla forza messa in atto dal feto? L’ossitocina è, senza dubbio, l’ormone chiave coinvolto nella fisiologia delle doglie. È anche sopran-
DOTT.SSA MONICA VITALI Ostetrica riabilitatrice, formazione osteopatica Centro Italiano Pavimento Pelvico
nominata “ormone dell’amore” poiché agisce anche sul comportamento e sullo stato emotivo. Ma i suoi effetti sono noti soprattutto a livello meccanico: permette le
Il “ritmo” lunare dell’utero La medicina cinese considera l’utero una delle sei strutture corporee definite visceri straordinari. «L’utero è una sorta di “sacchetto” cavo che può essere riempito ed è in grado di svuotarsi, ma a differenza di altri organi ha una ritmicità ciclica, legata alla Luna e alle sue fasi: un ritmo non dettato dalla Terra, ma dal Cielo» osserva la dottoressa Vitali. «Uno dei due grandi cicli di riempimento e svuotamento dell’utero, legato al ritmo lunare, è appunto la gravidanza, che dura 10 mesi lunari, o 9 mesi come comunemente si definisce, ed è caratterizzata da un riempimento crescente e da uno svuotamento finale. Questo svuotamento è un richiamo dato dalle energie Yin e Yang che devono ritrovare un loro equilibrio e può avvenire grazie alla struttura principe che caratterizza anatomicamente quest’organo, il miometrio, ovvero la tunica muscolare dell’utero. Sempre dal punto di vista della medicina cinese, la contrazione o onda può essere definita la forza motrice, Yang, attiva, che, incrementandosi progressivamente a partire già dalla 30° settimana d’amenorrea (cioè dal primo giorno dell’ultima mestruazione) mette in moto alla 40° settimana, o meglio dopo esattamente dieci cicli lunari, lo Yin che si è accumulato nel piccolo bacino e nell’addome nel corso della gravidanza. Ed allora si può dire che la contrazione, doglia, onda, per la donna non è altro che una guida che le permette di “agire attraverso la non azione”, limitandosi esclusivamente a mantenere un’attenzione vigile e a stare nella consapevolezza per permetterle di “essere” attivamente partecipe nell’evento e non subire passivamente. Semplicemente…la chiusura di un ciclo e l’inizio di uno nuovo»
contrazioni uterine, è la responsabile dei riflessi di eiezione del feto e successivamente favorisce anche le contrazioni delle cellule mio-epiteliali che circondano i cosiddetti dotti galattofori (piccoli canali della ghiandola mammaria) con la conseguente emissione del latte del seno. C’è un altro meccanismo da tenere presente, ovvero che durante il travaglio attivo, il dolore prodotto dalle contrazioni e dalla pressione della testa del bambino sul collo dell’utero provoca una secrezione a picco di un altro ormone che è l’adrenalina. Questo picco è responsabile a sua volta della secrezione di ossitocina, precursori delle prostaglandine (responsabili della regolazione fisiologica del travaglio) ed endorfine (sono le no-
stre morfine naturali, perciò hanno azione analgesica). Questa risposta ossitocica intermittente, è la responsabile del graduale aumento dell’attività contrattile e del suo regolare mantenimento durante un travaglio fisiologico. Tutto ciò ci indica come la natura sia straordinariamente complessa, ma allo stesso tempo perfettamente organizzata per permettere il regolare funzionamento del sistema corpo. Quando andare in ospedale? Durante la fase prodromica, che può durare anche molte ore, non è necessario andare in ospedale. È molto meglio rimanere a casa, dove ci si potrà riposare, fare una passeggiata o un bagno caldo. Bisogna andare in ospedale quando
si è entrati nella fase di travaglio attivo, quando le contrazioni sono diventate regolari e ravvicinate. Si può definire travaglio attivo quando sono presenti tre contrazioni dolorose in 10 minuti per un’ora circa, per terminare la fase dilatante arrivando a 10 centimetri di dilatazione del collo dell’utero. Da qui inizia la fase espulsiva che dura indicativamente un’ora per chi non ha mai partorito e circa 30 minuti per chi ha già partorito. C’è la possibilità di richiedere assistenza a un’ostetrica che può accompagnare la futura mamma in ospedale a travaglio attivo e concedendosi parte di travaglio al proprio domicilio. Questo permette un parto in tutta sicurezza ma una minore medicalizzazione.
IN FAMIGLIA
RAGAZZI
Pubertà precoce: boom di casi durante la pandemia ∞ A CURA DI ELENA BUONANNO
Un aumento più che doppio di casi di pubertà precoce nel 2020. È (anche) questo uno degli effetti del Covid. A dirlo sono due studi italiani che hanno messo a confronto le diagnosi di pubertà precoce nel 2020 con quelle degli anni precedenti. Il primo studio, condotto dalla Fondazione Meyer dell’Ospedale di Firenze (noto centro di riferimento a livello nazionale per l’infanzia e l’adolescenza) e pubblicato a novembre 2020 sull’Italian Journal of Pediatrics ha evidenziato un incremento significativo sia di nuove diagnosi di pubertà precoce (37 nel 2020 contro 89 nel precedente quadriennio) sia di più rapida progressione dello stadio di pubertà nelle bambine che avevano già ricevuto una diagnosi prima del 2020. Parallelamente, durante il periodo di lockdown in entrambi i gruppi di bambine si è rilevato anche un incremento significativo del BMI (indice di massa corporea) e dell’utilizzo dei dispositivi elettronici (da una media di 1,6 ore al giorno prima del lockdown a una di 3,9 ore durante). Il secondo studio dell’Ospedale Bambino Gesù di Roma ha riportato, invece, un aumento dei casi che chiedevano una consulenza per la pubertà precoce (246 pazienti nel 2020 rispetto ai 108 del 2019), con un incremento del 108%. «Questi dati suggeriscono che, in questo lungo periodo di incertezza legato alla pandemia, i medici dovrebbero essere attenti in modo particolare ai segni e sintomi della pubertà precoce e pro40 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
porre alle famiglie strumenti per il controllo dei fattori di rischio, quali l’eccessivo introito calorico, il sovrappeso, la sedentarietà e un utilizzo smodato dei dispositivi elettronici» sottolinea la dottoressa Federica Brunetti, ginecologa. Dottoressa Brunetti, quali sono i segnali che il proprio figlio o figlia stanno entrando nella pubertà? La pubertà è un complesso processo di trasformazione del corpo umano che, attraverso una serie di interazioni tra il sistema neuroendocrino e ormonale, accompagna bambine e bambini dall’infanzia all’adolescenza, con una crescita in statura e lo sviluppo di quelli che
vengono definiti i caratteri sessuali (femminili e maschili). Le tappe fondamentali di questo processo comprendono, per quanto riguarda le bambine, lo sviluppo delle mammelle (telarca), dei peli pubici (pubarca) e ascellari e infine della prima mestruazione (menarca); nei bambini invece si assiste alla crescita dei testicoli e del pene e alla comparsa dei peli pubici e ascellari. Tutti questi cambiamenti vengono classificati in diversi stadi secondo la classificazione di Tanner, che prevede diverse scale con punteggio a seconda delle caratteristiche specifiche dello sviluppo delle mammelle (B), della crescita dei genitali maschili (G) e della peluria per entrambi i generi (PH). Naturalmente la
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I TEMPI DELLA PUBERTÀ VARIANO TRA I DIVERSI GRUPPI ETNICI Nel grafico i dati di uno studio condotto nel 2001 negli Stati Uniti: percentuale delle bambine con menarca avvenuto prima degli 11 anni a seconda del gruppo etnico. La relazione sembra essere in parte collegata alle differenze nei tassi di sovrappeso nei diversi gruppi etnici.
transizione verso l’adolescenza non comporta solamente cambiamenti dal punto di vista fisico ma anche cognitivo e psico-sociale. Quando si parla di pubertà precoce? È stato riportato che l’età media per i primi segni di pubertà è di circa 10,5 anni nelle ragazze (con un intervallo da circa 8 a 12 anni) e di circa 11,5 anni nei ragazzi (con un intervallo da circa 9 a 13 anni). La pubertà precoce viene invece definita quando l’età della pubertà è anticipata di oltre 2 deviazioni standard dall’età media della popolazione di riferimento o quando lo stadio di Tanner B2 si manifesta sotto gli 8 anni nella bambina o lo stadio G2 sotto i 9 nel bambino. Quali sono i fattori che possono incidere sull’anticipo della pubertà? Il processo di trasformazione verso la pubertà è l’esito dell’interazione di plurimi fattori genetici e ambientali. I fattori genetici hanno un notevole peso nel determinare l’età della pubertà: l’età al menarca
della madre rappresenta uno dei principali fattori predittivi dell’età al menarca delle figlie. Un altro fattore importantissimo è costituito dal peso corporeo; tradizionalmente è stato correlato un valore soglia di peso corporeo al di sopra del quale lo sviluppo puberale può avvenire e viceversa al di sotto del quale l’organismo non può mettere in atto i processi di transizione verso la pubertà. Tipicamente, in condizioni di denutrizione o malnutrizione, si assiste a un ritardo significativo dello sviluppo puberale, soprattutto nelle femmine. Al contrario, l’aumento della prevalenza di obesità nella popolazione pediatrica può in parte spiegare il progressivo abbassamento dell’età dello sviluppo. Tra i fattori ambientali, oltre al peso corporeo e allo stato nutrizionale, ci sono le condizioni di salute generali, l’attività fisica svolta, le abi-
DOTT.SSA FEDERICA BRUNETTI Specialista in Ginecologia ed Ostetricia Presso Casamedica Bergamo
tudini alimentari durante l’infanzia (e anche materne in gravidanza), lo stato psicologico e l’esposizione ad agenti d’interferenza esterni come gli agenti chimici e l’esposizione ai campi elettromagnetici.
I dati demografici europei degli ultimi decenni mostrano un trend in progressivo calo dell’età media alla pubertà, che è passata dai 17 anni all’inizio del XIX secolo ai circa 13 anni verso la metà del XX secolo, con un tasso di riduzione progressivamente più lento col passare del tempo. Una recente meta-analisi pubblicata nel 2020 su Jama Pediatrics elaborata da un gruppo di ricerca dell’Università di Copenaghen ha esaminato la tendenza all’inizio dello sviluppo del seno nelle bambine e ha notato una diminuzione di 0,24 anni per decennio in tutto il mondo negli ultimi 36 anni.
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OSPITALETTO Dott.ssa Seiti Mara Via Famiglia Serlini Trav III, 16 PALAZZOLO SULL’OGLIO Caredent Palazzolo sull’Oglio Viale Europa, 6 (c/o Centro Comm. Europa) PEDRENGO Cooperativa ProgettAzione Via Moroni, 6 PIARIO Ospedale M.O. A. Locatelli / Asst Bergamo Est Via Groppino, 22 PONTE SAN PIETRO Centro Medico Ponte Via S. Clemente, 54 PreSST Bergamo Ovest / Ponte San Pietro Via Caironi, 7 PRESEZZO Dott. Brembilla Rolando Via Vittorio Veneto, 683 ROGNO Centro Prelievi Bianalisi Rogno Via Giardini, 3 ROMANO DI LOMBARDIA Avalon Via Rinaldo Pigola, 1 Caredent Romano di Lombardia SS 498 (c/o Centro Comm. Il Borgo) Farmacia Comunale Via Duca D’aosta Ospedale SS. Trinità / Asst Bergamo Ovest Via S. Francesco d’Assisi, 12 ROVETTA Centro Sportivo Rovetta Via Papa Giovanni XXIII, 12/f
SAN GIOVANNI BIANCO Farmacia Contenti Via Carlo Ceresa, 44 Ospedale Civile / Asst Papa Giovanni XXIII Via Castelli, 5 SAN PAOLO D’ARGON Centro Prelievi Bianalisi San Paolo d’Argon Viale delle Rimembranze InsiemeAte Via Francesco Baracca, 28 SAN PELLEGRINO TERME In Cammino Via de Medici, 13 Istituto Clinico Quarenghi Via San Carlo, 70 SARNICO PreSST Bergamo Est / Sarnico Via Libertà, 37 SCANZOROSCIATE Centro Prelievi Bianalisi Scanzorosciate Piazza della Costituzione
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SEDRINA Farmacia Micheli Via Roma, 71/a SERIATE Caredent Seriate Via Italia, 131 Istituto Ottico Daminelli Via Italia, 74 Ospedale Bolognini / Asst Bergamo Est Via Paderno, 21 PalaPadel Via Grinetta, 1F
Krioplanet Via Pontirolo, 18/c Ospedale di Treviglio Caravaggio / Asst Bergamo Ovest Piazzale Ospedale, 1 PreSST Bergamo Ovest / Treviglio Via San Giovanni Bosco, 3 TREVIOLO Farmacia Bianchi Via Roma, 73/b Mondoflex Via Santa Cristina, 31 URGNANO Antica Farmacia Via Papa Giovanni XXIII, 435 VERDELLO Casamia Via XXV Aprile, 9 VERTOVA Dott. Barcella Antonio c/o Centro Medico Valseriana Largo Vittorio Veneto, 29 VILLA D’ALMÈ Caredent Villa d’Almè Via Roma, 20/d Farmacia Donati Via Roma, 23 PreSST Papa Giovanni XXIII / Villa d’Almè Via Roma, 16 ZANICA Dott. Fustinoni Paolo Via Libertà, 99 Farmacia Gualteri Piazza Repubblica, 1 ZOGNO PreSST Papa Giovanni XXIII / Zogno Piazza Bortolo Belotti, 1/3
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Buffet
Hummus di ceci neri e pomodorini
Difficoltà di preparazione Facile
Tempo di preparazione 20 minuti (+90 min. cottura)
Calorie a persona 270 Kcal
INGREDIENTI per 4 persone 200 g... Ceci neri messi in ammollo per una notte 2............ Spicchi d’aglio 5 cm..... Alga Kombu 2............ Cucchiai d’olio extra vergine d’oliva 1............ Limone succo 2............ Cucchiai di Tahin qb......... Pomodorini, prezzemolo, cumino in polvere, aceto di mele qb......... Sale e pepe PREPARAZIONE
FABRIZIO MARTINELLI Cuoco Presso il Ristoro de Il Sole e la Terra di Bergamo
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In pentola a pressione far dorare per qualche minuto l’aglio nell’olio, quindi aggiungere i ceci neri e l’alga e ricoprire d’acqua. Cuocere a pressione per 90 minuti. Trascorso questo tempo, scolarli (ma non gettare via l’acqua di cottura), aggiungere tutti gli altri ingredienti e frullare bene, aggiungendo poco alla volta l’acqua, fino a formare una purea abbastanza omogenea. Tagliare i pomodorini a cubetti, condirli con olio, aceto di mele, prezzemolo, sale e pepe. Servire tiepido o freddo, spalmato su crostoni di pane o gallette di cereali, aggiungendo i pomodorini conditi ed alcuni ceci cotti.
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FITNESS
Triathlon Resistenza e forza fisica per uno sport che allena corpo e mente ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
Sono sempre di più gli italiani e le italiane appassionati di triathlon, sport di resistenza che unisce nuoto, ciclismo e corsa a piedi in un’unica prova. Molto impegnativa ma capace di offrire grandi soddisfazioni, questa attività sportiva è una sfida ancora prima che contro gli altri con se stessi. Conosciamolo meglio con l’aiuto di Giacomo Strabla, personal trainer.
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Come si svolge una gara di triathlon? I concorrenti devono passare senza interruzioni da una frazione di gara all’altra, dimostrando ottime capacità di resistenza generale, ma anche buone capacità coordinative e adattative, dovendo esprimere durante il loro sforzo gesti sportivi molto diversi tra loro, quali il nuotare, il pedalare e il correre a piedi. Per quanto riguarda invece le distanze,
esistono diversi tipi di gare. Il classico triathlon è quello olimpico nel quale si inizia nuotando per 1,5 km per poi passare a 40 km di bici e chiudere con 10 km di corsa. Esistono poi gare caratterizzate da distanze molto più brevi come le supersprint (400 m nuoto, 10 km bici, 2,5 km corsa) e gare molto più lunghe come i famosi ironman (3,8 km nuoto, 180 km bici, 42 km corsa).
Unendo discipline così diverse tra loro, può essere considerato uno sport completo? Assolutamente sì. Essendo composto da tre discipline di tipo aerobico, la qualità motoria principalmente coinvolta è la resistenza, a cui però si unisce un importante coinvolgimento muscolare. Inoltre, vista la natura dei movimenti, il coinvolgimento muscolare richiesto è completo: corsa e pedalata impegnano maggiormente gli arti inferiori, il nuoto anche quelli superiori e i muscoli del tronco. Il triatleta, quindi, è un atleta di resistenza che presenta un fisico armonico ed allenato in modo completo. Quale tipo di preparazione è necessaria per affrontare un’attività così impegnativa? Grande attenzione deve essere
dedicata alla preparazione fisica. Il triathlon è uno sport durissimo e quindi non va assolutamente sottovalutato l’impegno a livello sia fisico e sia mentale, non solo durante la competizione ma anche e soprattutto durante gli allenamenti, che devono essere programmati in modo da arrivare con la giusta preparazione generale al momento della gara. La programmazione e preparazione serviranno a ottimizzare la performance e a prevenire gli infortuni. L’allenamento dovrà essere completo e strutturato con esercizi di potenziamento per ridurre il più possibile i carichi di lavoro sulle articolazioni di caviglie, ginocchia, anche, colonna vertebrale, spalle, gomiti, polsi, praticamente tutto... Il metodo migliore è l’allenamento funzionale attraverso l’utilizzo del
corpo libero e attrezzi come trx, kettlebell, med ball, tavole propriocettive etc. Ovviamente oltre a questa preparazione la maggior parte del tempo di allenamento dovrà essere dedicata alla corsa, alla pedalata e al nuoto con diverse
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FITNESS
tipologie di allenamenti anche in base al tipo di percorso che si dovrà affrontare nella gara alla quale ci si sta preparando (dislivelli, tipo di acque in cui si nuoterà, venti etc.). Altri fattori su cui lavorare e da non trascurare sono per esempio le transizioni da una stazione all’altra (il momento in cui si passa dal nuoto alla bici, dalla bici alla corsa etc.), più saranno ridotti i tempi migliore sarà la performance. Ma possono praticarlo tutti?
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Il triathlon è adatto a tutte le persone, dagli 8 agli over 70, purchè non abbiano problematiche fisiche particolari come ad esempio patologie a carico di caviglie, ginocchia, anche, spalle, cuore etc.. Oltre alla condizione di salute, un fattore importante da considerare prima di avventurarsi alla prima gara è porsi obiettivi razionali. Se intrapreso con la giusta mentalità e con adeguata preparazione il triathlon ripagherà sicuramente di tutti gli sforzi con sensazioni indescrivibili.
Dagli Ironman delle Hawaii al resto del mondo Il triathlon nasce più di 40 anni fa, precisamente nel 1977 da una scommessa tra un gruppo di amici su una spiaggia di Honolulu, alle Hawaii. Questo gruppetto discuteva su quale fosse la gara più dura dal punto di vista della resistenza: se fosse la Waikiki rough water swim di 3,8 km a nuoto, se fosse la 112 mile (180 km) bike race around Oahu, o the Honolulu Marathon di corsa di km 42,195. Il comandante della marina John Collins suggerì di combinare le tre prove in un’unica gara. Quel giorno nacque il triathlon, la gara che ha fatto la leggenda di questo sport, l’Ironman delle Hawaii. Alla prima edizione parteciparono in 14 e il primo vincitore fu Gordon Haller. Da quel primo triathlon le cose sono cambiate molto. L’avvicinamento a questo bellissimo sport è gradualmente aumentato nel tempo tant’è che nell’ultimo ventennio si sono moltiplicati i praticanti, il numero di squadre, il numero di gare e di Paesi che lo promuovono, così come si sono diversificate le distanze rendendo questo sport accessibile a tutti. Questa costante crescita ed evoluzione ha permesso di raggiungere un traguardo importantissimo: l’esordio del triathlon nei programmi olimpici di Sidney 2000.
IN FORMA
BELLEZZA
Laminazione ciglia per uno sguardo da star Un trattamento estetico ma anche curativo ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
Sognate uno sguardo più aperto e intenso, con ciglia più lunghe, folte e curve senza dover ricorrere tutte le mattine al mascara? Non volete fare le extension perché cercate un effetto più naturale o avete paura di rovinare le ciglia? In tutti questi casi, la soluzione è la laminazione ciglia o lash botox, trattamento estetico che allo stesso tempo nutre e favorisce la crescita delle ciglia. Ma di cosa si tratta? Necessità di ritocchi periodici? Dopo quanto? Lo abbiamo chiesto a Flaminia Capelli, estetista. Che tipo di trattamento è la laminazione delle ciglia? La laminazione alle ciglia è un trattamento che viene eseguito direttamente sulle ciglia naturali, restituendo loro spessore, corpo e curvatura. L’obiettivo principale,
infatti, è nutrire il pelo con cheratina e vitamine, rendendolo visibilmente più sano e donandogli elasticità e brillantezza. L’effetto è quello di un allungamento e infoltimento delle ciglia. Ma non solo. Alla base della laminazione c’è la permanente alle ciglia e di conseguenza l’intero procedimento permette anche di curvare a piacimento ciglia molto dritte o sistemare ciglia incrociate. In cosa consiste una seduta? Una seduta di laminazione ciglia prevede quattro fasi: 1. curvatura con permanente, che viene effettuata con prodotti delicati contenenti oli e vitamine in modo da lasciarle idratate; 2. applicazione di bio-cheratina, che ha un ruolo determinante in quanto ricostituisce il pelo; 3. tinta, per intensificare il colore naturale della ciglia e donare profondità allo sguardo; 4. lash botox, ovvero l’applicazione di una miscela di olii che vanno a rimpolpare le ciglia naturali incrementandone lo spessore fino al 20-30%. Quanto tempo serve per fare il primo trattamento? Ogni seduta dura 75 minuti circa.
FLAMINIA CAPELLI Estetista Nouvelle Esthetique Almè (BG)
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Ogni quanto si deve ripetere? Per ottenere un risultato tangibile l’applicazione deve essere eseguita costantemente ogni 6-8 settimane.
Ci può essere sensibilità ai prodotti usati? La laminazione è un trattamento estetico che ha come obiettivo quello dell’allungamento delle ciglia. Possiamo dire che il lash botox si contrappone alla scelta di applicare delle ciglia finte. L’intervento, infatti, viene effettuato su quelle naturali e questo significa che si ha la possibilità di fare a meno di colle e altri prodotti solitamente utilizzati con la tecnica proposta dalle extension. A questo, viene accompagnato un trattamento rinforzante e terapeutico. Durante la laminazione, che consiste appunto in una permanente effettuata con la bio-cheratina, vengono applicati oli nutrienti specifici, con il fine di riparare e favorire la crescita delle ciglia. La laminazione ciglia fa male? No. Il lash botox nasce in contrapposizione all’allungamento con applicazione delle ciglia finte e viene proposto anche a chi ha una pelle più sensibile. Inoltre, favorisce la crescita della ciglia attraverso l’applicazione di aminoacidi e oli essenziali. È doveroso specificare che anche l’allungamento o extension delle ciglia, se fatto con le dovute accortezze, non rovina le ciglia, ma certo grazie alla laminazione si aggiunge anche qualcosa in più e cioè una componente curativa o almeno di “nutrimento” delle ciglia.
Ci sono casi in cui non si può fare? Sì, esistono casi per i quali il trattamento viene sconsigliato, ad esempio se si hanno irritazioni o patologie dell’occhio o delle palpebre, durante la gravidanza, l’allattamento e anche in caso di occhi sensibili. Dopo il trattamento è infatti possibile la comparsa di una lieve irritazione che scompare nel giro di 24 ore, ma che può essere particolarmente fastidiosa se si hanno occhi sensibili.
Per chi, invece, può essere indicata? > Per chi ha le ciglia che crescono molto disordinate/ incrociate: in questo caso si valorizza lo sguardo che diventa più preciso e molto più ordinato anche alla stesura del mascara; > per chi ha le ciglia che crescono troppo dritte o all’ingiù: in questo caso si crea uno sguardo aperto. Le ciglia appariranno più visibili e folte, in questo modo la cliente può dire addio al piegaciglia meccanico;
> per chi ha le ciglia molto sottili: la principale funzione del trattamento è inspessire e allungare il pelo; > per chi ha le ciglia molto secche e sfibrate: in questo caso nutriamo le ciglia che risultano essere più sane, rivitalizzate e nutrite. > per le ciglia molto lunghe e rigide: dopo il trattamento di laminazione, il pelo diventa morbido e setoso; > per chi sta effettuando la pausa dalle extension ciglia o desidera un effetto più naturale.
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ALTRE TERAPIE
Vitamina C Non solo per il sistema immunitario ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
«Le vitamine sono sostanze che per definizione l’organismo non è in grado di produrre da sé e che per questa ragione devono essere introdotte attraverso l’alimentazione. L’acido ascorbico, anche detto vitamina C, in particolare rappresenta una dalle più importanti molecole per la nostra salute. La carenza di vitamina C nell’alimentazione è conosciuta da epoche antiche: se ne ha infatti traccia in testi di medicina
DOTT. CRISTIAN TESTA Medico fitoterapeuta Esperto di medicina funzionale Direttore sanitario Poliambulatorio For Me Curno
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greca risalenti al V secolo a.C. Nel periodo delle lunghe navigazioni si parlava molto di scorbuto, ovvero l’espressione clinica della carenza cronica di vitamina C. Questa era dovuta all’assenza di frutta e verdura nella dieta nei lunghi periodi trascorsi in mare». Chi parla è Cristian Testa, medico di medicina funzionale e biologo nutrizionista. Lo abbiamo incontrato per conoscere più da vicino gli effetti di questa super - vitamina e come assumerla per poter godere appieno dei suoi benefici. Dottor Testa, che funzioni svolge la vitamina C nel nostro organismo? La vitamina C ha numerosi ruoli nell’organismo umano e funziona come catalizzatore di diverse reazioni biochimiche. Note sono, infatti, le sue proprietà stimolanti del sistema immunitario e le caratteristiche di potente antiossidante per contrastare i radicali liberi, i principali responsabili dell’invecchiamento cellulare. La vitamina C, inoltre, è necessaria per la sintesi
del collagene, principale proteina costituente la pelle, i tendini, i muscoli e le ossa. Più recenti sono i riscontri di effetto di protezione dei vasi sanguigni, soprattutto quelli del microcircolo. Per questi motivi la vitamina C è sempre stata considerata un integratore alimentare di alta qualità, utile per la salute dell’organismo. Non a caso sono, infatti, sono molti i prodotti in commercio che contengono vitamina C. Ma vale il detto “più è, meglio è” in questo caso? È comune pensare che l’effetto di un integratore aumenti con il dosaggio: “Se una pastiglia fa bene, due fanno ancor meglio! Tanto sono vitamine: male non fanno!”. Questo concetto è profondamente sbagliato e induce spesso a comportamenti che sono addirittura controproducenti. Nell’ultimo anno, purtroppo, si è parlato spesso di virus, di infezioni e di risposta immunitaria. Secondo l’idea di stimolare le difese organiche dell’organismo si è spinto al consumo abbondante di vitamina
C per rafforzare il sistema immunitario. È bene ricordare, in primo luogo, che la vitamina C per le sue caratteristiche chimiche non è una molecola che il nostro organismo riesce ad accumulare (a differenza, invece, ad esempio della vitamina B12 o la vitamina D). L’integrazione corretta di vitamina C, quindi, deve essere fatta quotidianamente e a dosaggi ragionevoli. Esagerare con le quantità somministrate è prima di tutto uno spreco e secondariamente può generare effetti collaterali spiacevoli quali nausea, mal di testa, gastrite e colite. Si è inoltre dimostrato che l’eccesso di integrazione può determinare l’aumento della probabilità della formazione dei calcoli renali da ossalati. La quantità giornaliera consigliata dall’Organizzazione Mondiale della Sanità è di 45 mg/ die: ciononostante, per una sorta di convinzione popolare, in molte situazioni si arriva all’uso di 3 gr/die ovvero 3000 mg/die.
cellule vegetali producono infatti la forma bioattiva della vitamina C. Se i peperoncini (che contengono 220 mg/100 gr di vitamina C), i broccoli (77 mg), il kiwi (85 mg), la rucola (110 mg), i peperoni crudi (166 mg) e le fragole (54 mg) sono prodotti presenti in natura e facilmente reperibili, forse è meglio orientarsi verso il consumo di cibo di buona
Ma quindi basterebbe assumerla attraverso l’alimentazione? Fortunatamente la natura offre tantissimi alimenti ricchi in vitamina C, perfettamente biodisponibile e utilizzabile dal nostro organismo: le
qualità piuttosto che verso l’utilizzo di integratori di origine sintetica? Le buone abitudini a tavola valgono molto di più delle mode passeggere che rispecchiano una maniera superficiale e spesso pericolosa di vivere la salute. “Fà che il cibo diventi la tua medicina e la medicina il tuo cibo”, diceva Ippocrate da Kos, V secolo a.C.
LE DUE “FORME”: UNA ASSIMILABILE, L’ALTRA NO L’acido ascorbico esiste in due forme cosiddette enantiomere, ovvero due forme strutturali uguali ma speculari. Un esempio di questa caratteristica sono la mano destra e la mano sinistra: pur essendo uguali non sono sovrapponibili, essendo l’una l’immagine speculare dell’altra. Le due forme della vitamina C sono chiamate “D acido ascorbico” e “L acido ascorbico”: i recettori presenti nelle cellule dell’organismo umano sono in grado di riconoscere e quindi utilizzare soltanto la forma L. La comune sintesi chimica di vitamina C prevede l’ottenimento di una miscela al 50% della forma D e al 50% della forma L: questo significa che quando si acquista un integratore a base di vitamina C di origine sintetica se ne utilizza soltanto la metà, in quanto la parte restante non viene riconosciuta dalle cellule del corpo umano e di conseguenza viene eliminata direttamente.
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GUIDA ESAMI
Polisonnografia Un esame semplice e non invasivo per valutare la qualità del sonno ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
Russamento abituale, insonnia o narcolessia, bruxismo. Sono questi alcuni dei casi in cui può essere utile una polisonnografia, esame di semplice esecuzione, non invasivo, che consente di registrare l’attività cardio-respiratoria e, in alcuni casi, l’attività neurologica durante il sonno. Come ci spiega il dottor Alberto Lerario, neurologo. Dottor Lerario, in cosa consiste l’esame e cosa registra in particolare? La polisonnografia viene effettuata attraverso l’utilizzo di appositi sensori: > una fascia toracica per rilevare i movimenti di espansione del torace; > una fascia addominale per rilevare i movimenti dei muscoli addominali; > un pulsossimetro posizionato a un dito della mano per rilevare la saturazione periferica e la frequenza cardiaca; > una cannula nasale per rilevare il flusso respiratorio; > un sensore per il russamento; un sensore di posizione che permette di rilevare la posizione corporea assunta dal paziente durante il sonno; > elettrodi posizionati sulla cute del capo che permettono di rilevare l’attività cerebrale (parametro rilevabile solo in caso di polisonnografia notturna neurologica). 58 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
Il numero e la tipologia di segnali che viene studiata durante la polisonnografia varia a seconda del disturbo del sonno che si vuole valutare. Lo strumento utilizzato per la registrazione di tali parametri è un apparecchio computerizzato, chiamato polisonnigrafo. Come si svolge? L’esame avviene preferibilmente in ambito domiciliare in modo da riprodurre il sonno nelle condizioni più abituali. La persona viene solitamente invitata a indossare vestiti comodi e larghi, i sensori sono applicati sopra una maglietta intima e vengono collegati all’apparecchio tramite dei cavi abbastanza lunghi da consentirgli di muoversi normalmente nel letto. Qualora ci sia
l’indicazione a effettuare l’esame in regime ospedaliero la stanza in cui si svolge il test è una stanza appositamente attrezzata per le registrazioni polisonnografiche che solitamente comprendono anche riprese video. L’esame di polisonnografia viene ripetuto nel caso in cui la registrazione sia inferiore alle 4 ore, se la saturazione non è stata rilevata oppure, se alcuni parametri tra flusso nasale e movimento del torace e movimento dell’addome non sono ben visibili. Quanto dura? La persona si deve presentare in ambulatorio il pomeriggio prima della notte in esame. Gli viene posizionata tutta l’apparecchiatura e programmata per iniziare la re-
gistrazione a partire dal momento dell’addormentamento abituale per poi proseguire per tutta la notte. La mattina successiva la persona tornerà in ambulatorio per la rimozione dello strumento.
DOTT. ALBERTO LERARIO Specialista in Neurologia Centro Medico Santagostino - la tua salute
C’è una preparazione particolare? Si sconsiglia il consumo di sostanze eccitanti, quali caffè o sostanze stupefacenti che possono inficiare il sonno fisiologico o la fase di addormentamento. Si può invece continuare ad assumere terapie eventualmente in atto. È opportuno che dopo l’applicazione del polisonnigrafo non si svolgano attività fisiche pesanti né faccia bagni o docce fino alla mattina seguente. Quali sono le indicazioni a farlo? La polisonnografia permette di rilevare la presenza e di quantificare il deficit di sonno o l’eccesso di sonno, registra i disturbi del sonno correlati con malattie di carattere internistico-respiratorio. In particolare viene svolta in caso di sospetto di:
> Disturbi Respiratori nel sonno: russamento abituale, apnee notturne ostruttive (Sindrome delle Apnee Ostruttive del Sonno – OSAS); > difficoltà di addormentamento e/o di risveglio: insonnia o narcolessia; > comportamenti Involontari nel sonno: disturbo comportamentale del sonno REM (caratterizzati dall’attività motoria e vocalizzazione in coincidenza dei sogni), parasonnie del sonno NONREM come sonnambulismo, l’enuresi, il sonniloquio e il bruxismo. Quali fasce di età interessa? È un test diagnostico a cui possono essere sottoposti soggetti di tutte le età.
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RUBRICHE
ANIMALI
Cani in pensione Istruzioni per l’uso ∞ A CURA DI GIULIA SAMMARCO
La scelta migliore è sempre quella di portare il cane con sé anche durante le vacanze: sono sempre di più gli alberghi e le strutture turistiche che accolgono i nostri amici a quattro zampe, così come le spiagge. Se però proprio non è possibile portarlo con noi e non ci sono amici e parenti che possano prendersene cura, prima di lasciarlo in pensione è importante fare in modo che possa essere una soluzione davvero “su misura” per lui. «Quando dobbiamo allontanaci da casa per un tempo prolungato e siamo costretti a lasciare il nostro cane presso una struttura è importante ricordare che per lui andare in pensione è un momento di stress poiché c’è un distacco dalla famiglia, viene alterata la sua routine e le sue abitudini quotidiane». Chi parla è Patrizia Milesi, istruttore cinofilo. Ci siamo rivolti a lei, ora che le vacanze sono entra60 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
te nel vivo, per avere qualche consiglio e suggerimento per far sì che la permanenza in pensione per il nostro amico a quattro zampe risulti la meno traumatica e la più serena possibile.
Al momento dei saluti, è importante mantenere il più possibile un atteggiamento calmo. I cani sentono le nostre emozioni e cercare di essere sereni li farà stare sicuramente meglio. Utile per tranquillizzarli è anche lasciargli qualcosa di nostro, come una maglietta con il nostro odore”
Quali accorgimenti si possono adottare per limitare lo stress dovuto alla separazione dalla famiglia? Innanzitutto è importante scegliere una struttura che dedichi tempo e attenzioni al nostro cane. Fondamentale poi è poter visionare il luogo e capire come vengono
PATRIZIA MILESI Istruttore Cinofilo Responsabile Tecnico/Operativo del campo pratica Capiamo-Ci di Cavernago
trattati i cani, sia di giorno e sia di notte: vedere dove alloggiano, la pulizia, le attenzioni, come sono gestiti i momenti di libertà, quanto tempo viene loro dedicato in una giornata, se hanno un veterinario di riferimento. Un altro elemento importante nella scelta, è l’interesse che gestori della pensione dimostrano nei confronti del nostro cane, raccogliendo informazioni sulle sue abitudini, informandosi se presentano atteggiamenti particolari da tenere in considerazione per una gestione in sicurezza (paure, aggressività, tentativi di fuga, fatica a essere toccato da estranei, tendenza a rompere, masticare, ingoiare cose...), se ci sono particolari patologie e/o trattamenti farmacologici in corso. Insomma
è importante che ci sia una raccolta di informazioni accurata e desiderio di conoscere un po’ il nostro amico. Il proprietario, da parte sua, deve fornire indicazioni corrette e approfondite sull’animale, senza trascurare alcun dettaglio del suo “stile di vita” e delle sue condizioni di salute. È poi importante che il cane possa visionare ed esplorare il posto in nostra presenza per poi poter procedere con un inserimento graduale, stabilito insieme all’esperto, così che la sua permanenza in nostra assenza possa essere il meno traumatica possibile. Questa progressività aiuta il nostro amico a quattro zampe a convincersi che non lo stiamo abbandonando e ad abituarlo al personale della pensione.
È utile “ricreare” nel nuovo ambiente il “suo” mondo? Assolutamente sì, è fondamentale. Il nostro animale dovrà avere all’interno del suo spazio le cose sue, come la sua cuccia, la sua copertina o il suo cuscinone, eventuali suoi giochi e la sua pettorina o collare con guinzaglio. Questo gli consentirà di avere dei riferimenti visivi e olfattivi a lui conosciuti che gli possano dare certezza. Buona norma è anche quella di non variare le abitudini alimentari così da evitare inutili mal di pancia e diarrea in un momento per lui già di per sé denso di emozioni. Il “suo” cibo, inoltre, contribuirà a farlo sentire “più a casa”.
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DAL TERRITORIO
NEWS
NEWS TEDxBergamo al via da domenica 26 settembre TEDxBergamo sta arrivando. Domenica 26 settembre 2021 al Teatro Donizetti di Bergamo torna, dal vivo, l’appuntamento con l’ispirazione con RICETTA FUTURO. Ancora una volta, il pubblico sarà ispirato e coinvolto in un’appassionante esperienza di crescita e contaminazione del pensiero grazie a innovatori, ricercatori, pedagogisti, designer, visionari, imprenditori. Gli speaker di TEDxBergamo, persone energiche, vivaci, travolgenti, semplici e coraggiose, guideranno alla scoperta di ingredienti originali da mescolare per dare vita a nuove forme di conoscenza. La 6° edizione, oltre che dal vivo, sarà accessibile al pubblico anche online grazie alla diretta streaming dell’evento. La vendita dei biglietti si è aperta il primo luglio. TEDxBergamo è realizzato grazie al sostegno di Camera di Commercio di Bergamo, Confindustria Bergamo e delle aziende partner ed è patrocinato da Regione Lombardia, Comune di Bergamo, Confartigianato, Confesercenti, Enea, Università di Bergamo, Kilometrorosso, Rotary Club Gruppo Orobico 1 e 2. Per acquistare i biglietti: www.tedxbergamo. com. Per restare aggiornati ci si può iscrivere alla newsletter e seguire TEDxBergamo sui canali social Facebook, Twitter, Linkedin, Instagram.
Su lago d’Iseo un padiglione sull’acqua per avvicinare all’arte contemporanea A cinque anni da The Floating Piers di Christo, il Lago d’Iseo torna protagonista dell’arte contemporanea con Mirad’Or, un nuovo spazio pubblico a Pisogne, che avvia la sua attività grazie a quattro opere luminose di Daniel Buren, protagonista dell’arte contemporanea, allestite fino al 30 settembre 2021. Un piccolo padiglione pensato per rendere accessibile a tutti l’arte e la cultura contemporanea, ma anche un belvedere che inquadra, e quindi svela, il paesaggio. Questo è Mirad’Or, palafitta immersa nel lago, fruibile di giorno e di notte, dal lungolago di Pisogne così come dalle sponde opposte, dall’esterno, dall’interno, dall’acqua.Voluta dal Comune di Pisogne, in collaborazione con l’Associazione Belle Arti, è progettata da Mauro Piantelli.
Progetto Rocco: il bilancio a un anno di attività ROCCO (Registry Of Coronavirus COmplications) nasce poco più di un anno fa con l’obiettivo di creare un percorso sociosanitario di volontariato e un progetto di ricerca per prendersi cura e fornire possibili soluzioni sul territorio bergamasco alle persone che abbiano contratto il Covid 19. In questo anno, grazie all’insostituibile supporto di tutti i partner che hanno sostenuto il progetto, del lavoro di ricerca del Papa Giovanni, di moltissimi medici e odontoiatri volontari, volontari di Croce Rossa e volontari di Rotaract, sono già stati raggiunti numerosi risultati. Sono state attivate visite gratuite per pazienti con dolore e/o fatigue cronica che non
avevano trovato soluzione a tale problematica; grazie all’Umberto Pellizzari Apnea Academy sono stati creati video gratuiti, distribuiti a tutti gli aderenti il progetto, per insegnare tecniche di respirazioni che permettessero il “recupero” respiratorio imparando contemporaneamente anche tecniche di rilassamento; è stato svolto un percorso riabilitativo specialistico post Covid per ben 180 pazienti; è stato creato un ambulatorio gratuito di agopuntura per trattare i sintomi post COVID quali fatigue e dolore. L’attività finora svolta, infatti, ha evidenziato quanto, indipendentemente dalla gravità dei sintomi durante la fase acuta, ci sia la necessità
di un costante supporto medico e infermieristico: più di 350 persone delle 700 coinvolte - continuano ad oggi (a distanza di anche un anno dall’infezione) a lamentare sintomi (Post covid sindrome). Accanto al progetto sociosanitario, è stato avviato nel mese di ottobre 2020, dall’Unità di Anestesia e Rianimazione 2 dell’ASST Papa Giovanni XXIII, diretta dal dottor Ferdinando Lorini, Principal Investigator dottor Dario Bugada, lo studio scientifico ROCCO. Quest’ultimo ha quale obiettivo principale la valutazione delle complicanze a lungo termine dei pazienti che hanno contratto il Covid 19.
Luglio/Agosto 2021 | Bergamo Salute | 63
DAL TERRITORIO
ONLUS
I primi 10 anni dell’Associazione Atena Per la prevenzione del disagio e delle dipendenze giovanili ∞ A CURA DI FILIPPO GROSSI
Tra poco meno di un anno, a maggio 2022, l’Associazione Atena di Bergamo festeggerà il suo decimo compleanno. Un momento significativo e importante, frutto di anni di molte iniziative e progetti realizzati dai soci volontari (tra cui molti professionisti, ndr.) in collaborazione con le Istituzioni e le scuole a favore dei giovani per aiutarli a prevenire - e a superare problemi di disagio e di dipendenza da alcol, droga, bullismo, cyber-bullismo, gioco d’azzardo, disturbi alimentari e psicologici. «Associazione Atena viene fondata a Bergamo il 16 maggio 2012 con la mission di prevenire il disagio giovanile nelle sue molteplici manifestazioni e con la volontà e l’auspicio che sani stili di vita entrino nella quotidianità attraverso la collaborazione con scuole, oratori, comuni, istituzioni, e l’informazione-formazione dei genitori» dice la presidente Ambra Finazzi. «I dati del dipartimento delle dipendenze, a Bergamo e provincia, continuano a salire e sottolineano l’incidenza e la gravità dei casi legati all’alcol e l’abbassamento ad 11 anni dell’età del primo comportamento a rischio. Nel contempo, si evidenzia la difficoltà di condivisione di tali problematiche con le figure genitoriali, depositarie della prima educazione dei minori. Da qui la necessità di trovare un efficace raccordo tra scuola, famiglie, minori e figure sociali del territorio per 64 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
promuovere un’apertura all’ascolto reciproco, per creare una corresponsabilità educativa finalizzata al benessere dei ragazzi». Perseguendo con forza e costanza la sua mission, nel corso degli anni, l’Associazione ha ideato e messo in campo diversi progetti rivolti ai giovani e alle loro famiglie. «Tra questi, in particolare, lo sportello di ascolto psicologico “Atena Ascolta” aperto nel 2016 che offre a ragazzi e genitori la possibilità d’incontra-
re a Bergamo una psicoterapeuta professionista disponibile a fornire aiuto o approfondimenti su tematiche connesse con l’uso di sostanze alcoliche, ma anche in relazione ad altre dipendenze come quelle da stupefacenti, gioco d’azzardo e comportamenti a rischio». In relazione a questo progetto, centrale nell’azione di Associazione Atena, ad aprile 2021 è stato lanciato un video-promo contro le dipendenze realizzato dal film maker bergamasco Umberto Da Re, che ha avuto
Associazione Atena Bergamo Sportello “Atena Ascolta” 347 9607132 www.associazioneatena.it Facebook e Instagram: @atenassociazione Codice Fiscale 95199180167
IBAN: IT53E0306911166100000013534
un grandissimo successo in rete e sui canali social dell’Associazione e verrà riproposto, a partire da settembre, nel corso dei futuri eventi in presenza, e anche nelle scuole di Bergamo e provincia. «Tra gli altri progetti realizzati da Atena in questi anni c’è poi il “Safe Driver”, cioè “il guidatore designato”, progetto partecipato da ATS Bergamo, ASST PG23 SerD, Croce Rossa Italiana Comitato di Bergamo, Polizia Stradale di Bergamo, Rotary Club Dalmine Centenario, Bolgia Dj’s from World e, appunto, Associazione Atena. Grazie ad un gruppo di volontari debitamente formati, mira a prevenire gli incidenti stradali
alcol e droga correlati, promuovendo azioni di prevenzione nei luoghi del divertimento della provincia di Bergamo con l’obiettivo di fare aumentare il numero di guidatori con alcolemia ZERO». E ancora, nel 2015, il progetto “L’Alcol in uno scatto”, una mostra fotografica realizzata insieme ai ragazzi delle scuole di Bergamo e provincia che sono stati protagonisti diretti della mostra-concorso realizzato all’ex Chiesa della Maddalena di Bergamo dal 9 al 15 aprile 2015 in occasione della Giornata mondiale della prevenzione alcologica. Infine, da ricordare, l’evento “La Vita è bella – alcohol free, drugs free”,
organizzata dalla Delegazione di Treviglio di Associazione Atena, di cui si è svolta la seconda edizione sabato 26 giugno 2021 a Treviglio con grande successo e partecipazione di pubblico. «Per il decimo compleanno di Atena, oltre a portare avanti con entusiasmo ed energia i progetti già attivi, abbiamo in serbo un’iniziativa davvero molto importante per coinvolgere e sensibilizzare con il “loro linguaggio” i giovani sulle tematiche della prevenzione e sui corretti stili di vita. Un progetto di grande interesse e molto vicino ai ragazzi, ma lo scoprirete presto… » conclude la presidente.
DAL TERRITORIO
FARMACIE
Screening del tumore del colon - retto: ripartito dopo la “pausa” Covid ∞ A CURA DI VIOLA COMPOSTELLA
È ripartito da qualche mese il programma di prevenzione screening colon-retto, servizio che era stato sospeso durante il periodo Covid ed ora è di nuovo disponibile grazie alla stretta collaborazione tra le farmacie e l’ATS della provincia di Bergamo. «La ripresa dell’attività di screening è di fondamentale importanza: i risultati di uno studio coordinato da Luigi Ricciardiello dell’Università di Bologna e da Luigi Laghi, dell’Università di Parma e dell’IRCCS Humanitas di Milano, entrambi sostenuti da Fondazione AIRC per la Ricerca sul Cancro, mostrano come bastino ritardi nello screening di sei mesi per aumentare la probabilità di ri66 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
scontrare casi avanzati di cancro del colon-retto. Con ritardi oltre l’anno, sarebbe destinata ad aumentare di circa il 12% anche la mortalità a cinque anni» sottolinea la dottoressa Maddalena Boreatti, presidente Agifar Bergamo (Associazione Giovani Farmacisti). Dottoressa Boreatti, perché è così importante sottoporsi a questo screening? Il tumore del colon retto - malattia che colpisce il grosso intestino (colon ascendente, trasverso e discendente, sigma e retto) ed è causato dalla proliferazione incontrollata delle cellule della mucosa che riveste questo organo - è uno
dei tumori più comuni in Italia, tanto che nel 2019 è stato classificato tra le cinque forme di neoplasie più frequenti, con 49.000 casi, secondo solo al tumore alla mammella con 53.500 casi. Da questi dati, l’importanza del servizio offerto dalle farmacie in tutto il processo di screening, non solo per la capillarità sul territorio che permette facile accesso per il ritiro e la riconsegna del kit, ma soprattutto perché il farmacista con la sua competenza e grazie al rapporto di fiducia instaurato con i propri pazienti ha la possibilità di essere persuasivo nell’illustrare l’importanza della prevenzione e di una diagnosi precoce. Questo tumore
ha infatti una lunga fase asintomatica e si genera da formazioni benigne dette polipi; uno dei primi segni di un tumore o di un polipo intestinale è un sanguinamento, non visibile a occhio nudo nelle feci, che può precedere, anche di anni, la comparsa di altri sintomi. Il processo di trasformazione di un polipo a tumore è piuttosto lento e può richiedere dai 5 ai 15 anni circa; da qui la scelta di monitorare i pazienti ogni due anni. Ma cosa è e in cosa consiste lo screening colon-retto in concreto? È un programma di prevenzione gratuito rivolto a tutti i cittadini di età compresa tra i 50 e i 74 anni, di sesso maschile e femminile. È un esame gratuito di facile esecuzione: il cittadino, utilizzando la provetta ritirata in farmacia, esegue a casa un semplice esame delle feci, che rileva la presenza anche di piccole tracce di sangue, detto occulto. Importante è la corretta raccolta e conservazione del campione: il bastoncino deve essere introdotto in tre o quattro punti diversi delle feci, facendo attenzione a non rovesciare il liquido contenuto nella provetta. Se non consegnato immediatamente in farmacia, va tenuto in frigorifero, avendo premura di portarlo entro massimo due giorni dall’esecuzione. Non è necessaria alcuna preparazione o dieta particolare prima dell’esecuzione dell’esame. In caso di esito positivo la persona verrà contattata telefonicamente per un appuntamento con uno specialista di endoscopia, per valutare l’opportunità di eseguire una colonscopia di approfondimento. Non sempre è il caso di allarmarsi,
Di fondamentale importanza in tutto il procedimento è il ruolo del farmacista, che alla consegna del test spiega al paziente la corretta esecuzione dell’esame e al ritiro controlla che la lettera sia stata compilata in tutte le sue parti con i dati che permetteranno di ricontattare il cittadino in caso di necessità” spesso capita che il sanguinamento sia dovuto a ragadi, emorroidi o diverticoli. In caso di esito negativo verrà recapitata entro circa un mese una lettera al domicilio del cittadino, con la comunicazione del risultato. Nell’ottica di garantire un servizio sempre più preciso e capillare è stata recentemente creata da Federfarma Bergamo in collaborazione con aziende partner e d’intesa con l’ATS di Bergamo la nuova piattaforma di tracciatura informatica completa del kit per le farmacie: si registra la consegna al paziente, il ritiro del campione e la consegna al vettore incaricato di recapitare le provette ai laboratori. In questo modo è garantito in ogni momento il monitoraggio e l’idoneità del campione in sede di analisi. Chi è più a rischio di sviluppare questo tumore? Uno dei maggiori fattori di rischio è sicuramente l’età: circa il 90% dei pazienti in cui insorge ha più di 50 anni. Risultano poi predispo-
nenti la storia familiare e medica del soggetto: il rischio aumenta se il cancro colon-rettale è stato diagnosticato a parenti stretti o se la persona è affetta da una malattia infiammatoria cronica dell’intestino (colite ulcerosa o malattia di Crohn). La dieta e lo stile di vita rappresentano poi un elemento importante: chi mangia un’elevata quantità di carne rossa, salumi, farine e zuccheri raffinati, chi fuma o consuma abitualmente alcool ha più probabilità di sviluppare polipi o neoplasie colon-rettali. Obesità e vita sedentaria costituiscono ulteriori fattori di rischio. Bergamo si dimostra però una città attenta alla prevenzione: nel 2015 il 62% della popolazione ha eseguito il test per la ricerca del sangue occulto nelle feci, percentuale superiore alla media nazionale (43%). Seppur il dato sia incoraggiante, noi farmacisti puntiamo a incrementare sempre più la percentuale di cittadini che si sottopongono all’esame di screening. La prevenzione rimane l’unica arma certa contro i tumori, usiamola! Eseguire il test può salvare la vita.
DOTT.SSA MADDALENA BOREATTI Farmacista Presidente Agifar Bergamo
Luglio/Agosto 2021 | Bergamo Salute | 67
DAL TERRITORIO
IL LATO UMANO DELLA MEDICINA
In ricordo della figlia borse di studio per futuri ostetrici ∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
Tre anni fa per un errore medico moriva Margherita, una bella bambina di otto anni, figlia di una ginecologa del Gruppo Emergenze Ostetriche (GEO). A lei il Gruppo ha intitolato il premio Margherita, quest’anno alla sua seconda edizione, dedicato a tutti gli specializzandi in ostetricia e ginecologia e agli studenti della laurea triennale di ostetricia. «Lo spirito di questo premio è di trasformare la visione dell’errore medico da evento portatore di crisi nella relazione medico-paziente a occasione per intraprendere un percorso costruttivo di miglioramento delle cure, di comprensione e di solidarietà affinché sia sempre più difficile ripetere gli errori pur connaturati nell’umano», dice il ginecologo bergamasco Claudio Crescini, uno dei direttori scientifici del Gruppo GEO, docente all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma e direttore scientifico dell’ASST Bergamo Est, nonché vicepresidente nazionale Aogoi (l’associazione dei ginecologi italiani). «Esattamente quello voluto dalla mamma di Margherita che avrebbe potuto denunciare l’ospedale dove era stata ricoverata la figlia e invece scelse un percorso diverso, consapevole che l’even68 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
tuale condanna a distanza di anni degli operatori sanitari non sarebbe sicuramente servita a migliorare le prestazioni assistenziali di quell’ospedale e neppure lenire il dolore inesauribile per la perdita della figlia». «Margherita era nata con una malformazione che aveva richiesto un sistema permanente di drenaggio del liquido cefalorachidiano e sebbene necessitasse di una carrozzina era piena di interessi e molto legata alla vita tanto da partecipare spesso come mascotte ai nostri corsi di aggiornamento insieme con la mamma” continua il dottor Crescini “All’età di otto anni purtroppo si rese necessaria la sostituzione della valvola di drenaggio cerebrale. La mia collega la portò in un rinomato ospedale dove Margherita fu operata. L’intervento fu eseguito senza problemi. Ma nel corso della notte la valvola si bloccò, il liquido non fuoriusciva più e aumentava la pressione nella testa. La mamma che era accanto alla piccola allarmata chiamò il personale medico che arrivò subito però non si rese conto della gravità della situazione». La piccola stava sempre peggio. La mamma sempre più preoccupata per la vita
della sua bambina riuscì a chiamare di nuovo il personale sanitario. La sintomatologia era chiara. La valvola non drenava più. «Stavolta però i medici di turno decisero di riportarla in sala operatoria, tentarono un nuovo intervento chirurgico, di salvataggio, e Margherita, operata tardivamente, fu trasportata in rianimazione. Si spense qualche giorno dopo e la mamma, con un grande gesto d’amore, donò gli organi della piccola. Avrebbe potuto denunciare l’ospedale ma non lo fece, chiese però alla dirigenza del reparto di progettare un percorso di miglioramento finalizzato ad impedire che altri errori si ripetessero e altra sofferenza si riproducesse». Questo percorso, ancora in atto, è basato sulla formazione continua del personale, sul miglioramento delle procedure assistenziali e sulla verifica costante dei risultati ottenuti. «Anche noi del GEO pensiamo che l’astensione da un contenzioso legale se compensata dall’impegno rigoroso e sottoposto a verifica costante a realizzare tutte le procedure necessarie per evitare altri errori futuri da parte della struttura responsabile potrebbe essere la via più adeguata da percorrere per
una sanità migliore. Insomma dagli errori in corsia si può e si deve imparare». Il Gruppo Emergenze Ostetriche cerca di fare la sua parte con corsi specifici. Tra i più recenti: “Emorragia post partum”, “Dialoghi attorno all’arte ostetrica”, “Assistenza al neonato in sala parto”, “Il covid nelle donne incinte”. E il “Premio Margherita”, i cui vincitori avranno l’opportunità di partecipare gratuitamente al corso di Leadership in sala parto. Da un evento drammatico e dalla disponibilità della mamma di Margherita è nata una competizione tra gruppi di studenti di ostetricia delle università italiane (se ne sono già candidati 21) per la migliore lezione in un argomento di interesse ostetrico da presentare durante un webinar nazionale. In questo premio il dottor Crescini impegna tutto se stesso. Lui l’ha
sempre fatto, anche affrontando viaggi faticosi, disagi e rischio di contrarre malattie come la malaria, portando la sua esperienza di ginecologo nel cuore dell’Africa. Insieme a colleghi del Gruppo GEO è stato nell’ospedale di Mutoko nello Zimbabwe. «Abbiamo riservato a colleghi dell’Africa sub sahariana la possibilità di seguire lezioni e corsi di formazione presso le loro sedi». Non solo, al giorno d’oggi l’assistenza ai Paesi che ne hanno bisogno fa leva anche sul digitale. “Abbiamo anche iniziato con il Rotary“ spiega in un’intervista il ginecologo bergamasco «a produrre alcuni video che insegnano in modo semplice e facilmente comprensibile da tutti a costruire simulatori estremamente economici per addestrare il personale ostetrico a trattare le principali emergenze».
E il pensiero va ancora alla sfortunata Margherita e al grande amore della sua mamma che si è battuta e si batte perché non ci siano più errori nelle corsie degli ospedali.
In questa rubrica gli operatori sanitari (medici, infermieri etc.) si raccontano, facendo conoscere oltre al loro lato professionale la loro attività di artisti, volontari, atleti... Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?
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DAL TERRITORIO
TESTIMONIANZA
In pieno lockdown dona il midollo osseo, ha un figlio e diventa avvocato La storia della bergamasca Veronica Foglia volontaria dell’Associazione Donatori di Midollo Osseo
∞ A CURA DI LUCIO BUONANNO
In poco più di un anno, durante il lockdown, ha donato il midollo osseo per salvare la vita di una persona, ha partorito Lorenzo, un bellissimo bambino, ed è diventata anche avvocato. Ecco in sintesi la toccante storia di Veronica Foglia 29 anni, residente a Cene e sposata con Alberto. Un anno intenso vissuto con tanta generosità, altruismo, sacrificio e anche tanta gioia nonostante la pandemia da Covid 19. «Ho provato un’emozione intensa soprattutto nel giorno della donazione quando ho realizzato che cosa stava succedendo» racconta Veronica. «Medici e infermieri del centro trasfusionale dell’Ospedale Papa Giovanni, con la responsabile del Centro Donatori, la dottoressa Laura Castellani, mi facevano davvero sentire importante e tifavano per me. È stata un’esperienza bellissima. Ho condiviso le ore in ospedale con altre persone: c’era per esempio un signore nel letto di fronte al mio, affetto da una grave patologia, che si stava sottoponendo a una procedura di
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autotrapianto di cellule staminali. Mi ha chiesto quali fossero le mie condizioni di salute e quando gli ho raccontato che ero una donatrice volontaria mi ha lanciato uno sguardo ammirato e grato, che non dimenticherò mai». «Il desiderio di donare il mio midollo è nato in me quando ero una ragazzina, ma ho dovuto aspettare la maggiore età per realizzarlo» ci racconta. «Ero rimasta molto sconvolta per la morte a soli undici anni del fratello di una mia cara amica che si era ammalato di leucemia, aveva avuto un trapianto di cellule staminali ma purtroppo dopo pochi mesi la malattia era tornata e non c’è stato più nulla da fare. È stato allora che ho pensato che fosse importante aiutare gli altri, dare una speranza a chi stava male ed è meno fortunato di noi. Volevo fare la mia parte e appena compiuti i 18 anni sono andata in Comune per iscrivermi come donatrice di organi. Poi ho scoperto l’Associazione Donatori di Midollo Osseo e ho contattato
In questa rubrica pubblichiamo la storia di una persona che ha superato un incidente, un trauma, una malattia e con il suo racconto può dare speranza agli altri. Vuoi raccontare la tua storia su Bergamo Salute?
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la referente provinciale, Carmen Pugliese, chiedendo di iscrivermi all’Admo». A Veronica viene eseguito un prelievo salivare e i suoi dati del DNA inseriti nella banca mondiale dei donatori. Non è infatti la compatibilità tra gruppi sanguigni che conta, per la compatibilità del midollo si ricerca l’uguaglianza tra il DNA. «Da allora mi hanno contattata tre volte dall’ospedale. Ma solo all’ultima ho potuto dare il mio midollo.
Bisogna sapere che, la statistica è di un solo donatore compatibile ogni centomila persone in attesa di trapianto di midollo osseo. Dall’Ospedale Papa Giovanni, mi hanno subito avvisato di aver già pronti tutti i test che risultavano positivi, informandomi che si trattava di una situazione di emergenza: il paziente aveva urgenza del midollo». In una settimana Veronica viene sottoposta ad altri esami per essere sicuri della compatibilità e a un check up completo per stabilire che le sue condizioni di salute siano buone e non corresse alcun rischio, perché non si mette mai in pericolo la vita del donatore.
«Sono stata collegata per sei ore a una macchina con la quale vengono trattenute solo le cellule staminali e il resto mi è stato reinserito nel sistema circolatorio». racconta «È necessario però prima sottoporsi a iniezioni di un fattore crescita, fattore già presente nel nostro organismo, ma in minime quantità. Questo serve per aumentare la produzione delle cellule staminali ematopoietiche nelle ossa che poi si trasferiscono nel sangue. In questa fase di stimolazione si ha la sensazione di avere un lieve malessere come quello che proviamo quando siamo influenzati. In questa fase il nostro midollo sta
producendo più cellule staminali. La massiccia produzione di cellule staminali all’interno dell’osso è la causa momentanea della dolenzia perché l’osso, essendo rigido, non può espandersi, quindi si accusa il lieve dolore. Tutto termina nel momento in cui si interrompe la stimolazione. I medici, in seguito, mi hanno fatto un prelievo di sangue e hanno controllato che ci fossero cellule sufficienti per la donazione. Dopo aver donato le cellule staminali tramite la macchina dell’aferesi (che è la stessa macchina utilizzata dai donatori di sangue quando donano il plasma) l’addetta ha riposto la sacca con le mie cellule staminali in una valigetta e l’ha consegnata al corriere per trasportarla al paziente che era in trepida attesa. Non so né dove sia quella persona né il suo nome, ma non ha importanza, l’importante è che viva senza più problemi e si possa godere la sua famiglia». Come se la sta godendo Veronica che dopo un mese dalla sua donazione di midollo scopre di aspettare un bambino. «L’ho letto come un segno del destino, come se il mio dono mi fosse stato restituito. Il parto è andato bene, ma Lorenzo ha avuto purtroppo un’infezione batterica subito debellata con le cure adeguate. Ora sta bene, ma per tanti giorni a causa del Covid non abbiamo potuto ricevere visi-
Come avviene l’estrazione delle cellule La decisione del metodo di estrazione delle cellule staminali ematopoietiche viene presa dal medico sulla base delle esigenze del ricevente. Si può estrarlo dalle ossa del bacino (metodo classico). Il donatore viene ricoverato la sera precedente la donazione. La donazione avviene in anestesia totale, nella durata di 30 minuti. Il giorno seguente il donatore viene dimesso. Chi è stato sottoposto a questo tipo di donazione dice di provare un po’ di dolenzia nel punto del prelievo e un po’ di spossatezza che si tampona con una trasfusione del proprio sangue prelevato precedentemente la donazione del sangue midollare. La donazione più frequente invece è quella utilizzata anche per Veronica, con un prelievo di sangue periferico.
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DAL TERRITORIO
TESTIMONIANZA
te. E ho pensato alle tante persone che sono costrette ad affrontare lunghe degenze senza poter avere il conforto dei propri familiari». E mentre Veronica impara a cambiare i pannolini a Lorenzo, aiutata dalla mamma, si deve preparare per superare un altro ostacolo ugualmente impegnativo: l’orale dell’esame di stato per diventare avvocato. «Ho trascorso tante notti in bianco e continuavo a studiare anche mentre allattavo Lorenzo. Ho avuto paura di non farcela. Ce l’ho messa tutta grazie anche ai miei genitori, a mia sorella e a mio marito Alberto. È stato un anno impegnativo ma vissuto con tanto amore e tanta gioia. E ora ho anche un altro impegno importante: l’Associazione donatori di midollo osseo. Io non potrò donare un’altra volta il mio midollo, lo potrò fare solo nel caso avesse bisogno un mio familiare. Un donatore, dopo la donazione, viene tolto dal registro e “riservato” solo per il suo ricevente nel caso in cui abbia necessità di un’altra donazione di cellule, ma spero che ci siano tanti come me che si iscriveranno all’Admo e potranno aiutare chi soffre».
PER DIVENTARE DONATORI Presso il Centro Donatori di Bergamo, a oggi ci sono 150 potenziali donatori già esaminati, 271 in attesa di sottoporsi al primo esame di prelievo ematico. Nel 2021 cinque bergamaschi hanno donato effettivamente. Altri donatori stanno eseguendo approfondimenti per confrontarne l’effettiva compatibilità con un malato. Il registro ADMO bergamasco è composto da 15.615 donatori volontari. Per ulteriori informazioni: www.admolombardia.org info@admolombardia.org - Tel. 340 4543900. Sede Admo Bergamo: c/o ASST Papa Giovanni XXIII Torre 2 – IV Piano.
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Dispareunia
Incontinenza ai gas-fecale
Cicatrici
Stipsi, Ragadi, Emorroidi
Pubalgia-Coccicodinia
Prostatectomia
Enuresi notturne
Ricanalizzazione stomia
Dolore in gravidanza
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STRUTTURE
COOPERATIVA IN CAMMINO
Il diritto alla cura: esperienze di prossimità La Cooperativa Sociale In Cammino, con sede a San Pellegrino Terme, è impegnata da 28 anni a promuovere interventi in risposta ai bisogni espressi dalle persone che popolano la Valle Brembana. La vastità del territorio vallare, la bassissima densità di popolazione e l’elevato tasso di invecchiamento rappresentano gli aspetti di maggiore criticità che caratterizzano la Valle Brembana, composta da 37 comuni, di cui 20 concentrati nella parte alta. «Ci occupiamo di tutte le forme di bisogno e di svantaggio rilevate nell’incontro con le persone, le associazioni le istituzioni che la abitano. Il nostro essere impresa di comunità si concretizza nel dedicare le nostre risorse e i nostri talenti per far fronte alle fragilità che questo nostro territorio montano esprime quotidianamente» spiega Danila Beato, Presidente della cooperativa In cammino. «Per fare questo, negli anni, abbiamo lavorato per un abbassamento della soglia, offrendo ascolto non solo alle istituzioni e alle associazioni del territorio, ma oggi anche ai singoli cittadini che, portando i loro bisogni, sono stati capaci di condizionare il nostro sviluppo, arricchendo la Valle di opportunità residenziali a favore della fragilità abitativa». Favorire la permanenza in Valle Brembana, cercando di arricchirla di opportunità e servizi che ne facilitino l’abitare, è da sempre uno degli obiettivi di In Cammino. Tra le azioni, in particolare, la salvaguar74 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
dia della domiciliarità rappresenta da sempre un valore importante. «Per questo dal 2004, attraverso accreditamenti con Regione Lombardia, ci occupiamo di Assistenza Domiciliare Integrata (ADI) e di Cure Palliative (UCP-DOM), assistenza sanitaria e socio-assistenziale qualificata al domicilio del malato, garantendo il diritto alla cura a tutte le persone, anche quelle che risiedono nei luoghi più dispersi della Valle. Per In Cammino cura è centralità della persona e dei suoi diritti, supporto mirato al nucleo familiare,elevataprofessionalità degli operatori, lavoro di rete con i Servizi Sanitari del territorio, miglioramento della qualità della vita, anche attraverso un’educazione costante alla Prevenzione». L’obiettivo delle Cure Domiciliari è promuovere interventi integrati, che garantiscano continuità assistenziale, grazie a un’equipe multidisciplinare composta da medici specialisti (responsabile sanitario, geriatra, fisiatra, medico palliatore), infermieri, fisioterapisti, psicologi, educatore professionale, assistente sociale, dietista e addetti all’assistenza (ASA e OSS). «L’integrazione dei diversi approcci professionali è
un valore grande di questi Servizi, poiché mette al centro il paziente che viene curato, monitorato e osservato da diverse figure professionali in raccordo tra loro. La regia del percorso di cura è comunque sempre in capo al Medico di Base. ADI e UCP-DOM sono dedicate a tutte le persone che, per condizioni di svantaggio psico-fisico e patologico, sono impossibilitate a essere prese in carico da contesti sanitari
La vastità del territorio vallare, la bassissima densità di popolazione e l’elevato tasso di invecchiamento rappresentano gli aspetti di maggiore criticità che caratterizzano la Valle Brembana, composta da 37 comuni, di cui 20 concentrati nella parte alta”
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permettono a lui e alla famiglia di avere un ruolo attivo nel processo di cura, incidendo conseguentemente sul contenimento della spesa pubblica. Offrono inoltre la possibilità di prestazioni sanitarie estemporanee (prelievi, cambio catetere e clistere), come anche di prese in carico continuative legate a svariate patologie.
ambulatoriali o sono in dimissione da contesti ospedalieri o, per scelta, desiderano una gestione domiciliare del proprio fine vita. Ogni persona, rivolgendosi al proprio Medico di Base, può liberamente scegliere l’Ente Gestore attraverso il quale ricevere cure personalizzate: In Cammino da oltre 15 anni è tra le scelte possibili». Le Cure Domiciliari evitano al malato lo stress del cambiamento dell’ambiente di vita,
«C’è una speranza che nasce incontrando l’equipe che opera sui Servizi Domiciliari: motivazione, competenza, serietà, capacità di interagire con la Medicina di Territorio in modo sinergico, attenzione umana, etica deontologica. Sono questi gli ingredienti di una squadra giovane, che sfida la dispersione territoriale, curando le persone che abitano gli angoli più lontani della Valle Brembana. Fornire assistenza domiciliare significa permettere al paziente di continuare a vivere tra i propri ricordi e affetti, senza essere privato
di un servizio di cure necessarie per la sua condizione di salute. Questo principio si basa sull’idea che la casa sia lo spazio di cura principale, nel quale il paziente può essere assistito dal personale medico, infermieristico, sanitario e assistenziale, continuando a vivere nel suo contesto di vita, giovando dei legami e delle relazioni che nutrono l’esistenza umana. “Processo di Cura” significa per noi considerare i Progetti di Vita di ciascuna persona in carico, supportandone le fragilità e valorizzandone le risorse, anche a livello territoriale. Mai come in questo periodo il nostro territorio ci chiede la responsabilità di una prossimità esercitata a più livelli: con una sanità che sappia tradurre in azioni le risposte ai bisogni, una comunità che sappia ascoltare, interpretare e chiedere risposte adeguate al tempo, ai cambiamenti della società. L’impoverimento del diritto alla cura si è reso ancora più evidente nel corso della pandemia, che ha svelato la fallacia delle architetture del sistema socio-assistenziale che per anni hanno accentrato le risposte, privando i territori di competenze e risorse. La sfida odierna è riscegliere di stare nei distretti fragili, nella consapevolezza che la povertà delle risorse e l’incremento del bisogno necessitano di responsabilità, intelligenza e cuore. Dedicarsi alla cura significa mettere al centro la persona, le sue relazioni, la sua vita, della quale la malattia rappresenta solo una parte» conclude la Presidente. Luglio/Agosto 2021 | Bergamo Salute | 75
STRUTTURE
ASST BERGAMO EST
Cancro al seno e dermocosmesi specialistica Prendersi cura del proprio corpo, e nello specifico della propria pelle, fa bene al corpo e alla mente e aiuta a guarire prima. Tanto più nelle donne affette da tumore al seno, che, già al momento della diagnosi, si trovano a confrontarsi con sfide e difficoltà che possono cambiare completamente il loro scenario esistenziale. Tale neoplasia è la più frequente nella popolazione italiana. Nel 2019, 175.000 donne hanno rice76 | Bergamo Salute | Luglio/Agosto 2021
vuto una diagnosi di tumore, di cui circa 53.000 tumore al seno (AIOM, 2019). Tra le diverse terapie antitumorali le più diffuse e pesanti da tollerare sono la chirurgia, la radioterapia, la chemioterapia e la terapia ormonale. Questi trattamenti provocano tra i vari effetti collaterali indesiderati, problemi dermatologici che alterano la qualità della vita. La dermocosmesi specialistica può
Una ricerca dell’ U.O.C. di Oncologia dell’ ASST Bergamo Est, in collaborazione con “Salute donna onlus”, dimostra come può contrastare gli effetti collaterali delle cure essere un valido supporto per migliorare questi effetti. Lo dimostra uno studio condotto dall’U.O.C. di Oncologia dell’ASST Bergamo Est (ospedale di Seriate) al quale hanno partecipato, il Direttore U.O. Oncologia professor Giuseppe Nastasi, la Psiconcologa dottoressa Lucia Bonassi, il dottor Nicola Giuntini, oncologo, la dermatologa dottoressa Maria Concetta Pucci Romano e come ricercatrice volontaria la dottoressa Angelica Andreol. Come
La mancanza di apprezzamento o il disgusto per il proprio corpo possono essere accompagnati da sentimenti di vergogna, bassa autostima e isolamento sociale ”
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per altri studi dell’ASST Bergamo Est, anche per questo protocollo il gruppo di ricercatori ha potuto contare sul sostegno di Salute Donna onlus con la sua presidente Anna Mancuso, da circa un anno presente nel dipartimento oncologico dell’azienda socio sanitaria territoriale. Lo studio sarà pubblicato sul numero 2/2021 della rivista scientifica internazionale Aesthetic Medicine (pubblicazione ufficiale dell’UIME - Union Internationale de Médecine Esthétique) con un articolo dal titolo “Dermocosmetology and breast cancer patients: effectiveness on physical and mental wellbeing”. In seguito alla radioterapia, la donna può riscontrare ustioni, radiodermiti e manifestazioni cutanee, come un rash eritematoso moderato, fino ad una vera e propria ulcerazione. Anche i farmaci chemioterapici provocano effetti a livello cutaneo: tra le manifestazioni cliniche più comuni si verifica secchezza della pelle associata a prurito, alterazione della pigmentazione e ungueali, mucositi, foto-
reazione, radiodermiti o alopecia. I trattamenti, inoltre, possono causare conseguenze permanenti o temporanee sull’aspetto fisico che hanno un impatto negativo sulla percezione del Body Image (Immagine Corporea) della paziente. Con il termine Body Image ci si riferisce a un costrutto multidimensionale che comprende aspetti cognitivi, comportamentali e affettivi legati al proprio aspetto fisico. La mancanza di apprezzamento o il disgusto per il proprio corpo possono essere accompagnati da sentimenti di vergogna, bassa autostima e isolamento sociale. Per questo la Body Image è considerata un fattore essenziale per la qualità della vita connessa alla salute nelle pazienti oncologiche tanto che anche a trattamenti conclusi, se si ha una immagine negativa di sé, non si avverte nemmeno la percezione di guarigione e di benessere. I risultati dello studio effettuato nell’ospedale bergamasco, in particolare, mostrano che l’uso del prodotto specifico On Cos Crema
corpo (della linea di cosmetici specifica per malati oncologici On Cos), ideato per combattere gli effetti collaterali insorti in seguito ai trattamenti in caso di tumore al seno, porta le donne, non solo a una diminuzione dei sintomi, ma anche a un maggior benessere psicologico e a una migliore percezione della propria Body Image. Il generale sollievo aiuta le pazienti a sopportare le terapie favorendo quindi l’intero processo di cura, la percezione del riconquistato benessere alla fine della cura e il ritorno alla normalità. «Il sostegno psicologico dovrebbe aiutare la donna a non viversi e definirsi attraverso la malattia, ma piuttosto a recuperare e nutrire la propria femminilità che la diagnosi oncologica ha messo fortemente in discussione» spiega la dottoressa Bonassi. «È molto importante non sottovalutare i cosiddetti effetti collaterali minori delle terapie che non modificano la media di sopravvivenza ma migliorano la qualità di vita e agevolano un ritorno alla normalità» le fa eco la presidente di Salute Donna. Luglio/Agosto 2021 | Bergamo Salute | 77
REALTÀ SALUTE
Come garantire in RSA la miglior qualità di vita attiva nel post-emergenza? Qual è il ruolo delle Rsa, specie nel post-emergenza? Assicurare cure e assistenza promuovendo la miglior qualità di vita per ogni ospite. Ma, a oggi, sono ancora raggiungibili, questi obiettivi? «Sì, garantendo il massimo della sicurezza e uno stile di vita attivo, inclusivo, che comprenda attività quotidiane diversificate, terapie e spazi appositamente progettati in ambienti rivisti e riadattati» risponde Nicole Venturini, Responsabile di Struttura di Rsa Bramante di Pontida, parte del Gruppo Edos.
COME L’EMERGENZA SANITARIA HA CAMBIATO LE RSA
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L’emergenza sanitaria ha cambiato la quotidianità in Rsa, ma non l’impegno a garantire la massima qualità di vita agli ospiti. «Le Rsa si sono riorganizzate per diversificare il piano di attività che, ogni giorno, viene dedicato ai Senior: oggi ogni terapia - assistenziale, fisioterapica o ricreativa - è stata ripensata in chiave sicura, per offrire un programma stimolante, vario, sempre protetto» spiega Nicole Venturini. Le Rsa del Gruppo Edos - che da anni si prende cura di anziani e ca-
tegorie fragili - hanno continuato a promuovere uno stile di vita attivo all’interno di spazi ri-progettati ad hoc per la massima tutela di tutti: per esempio, le attività, prima svolte in grandi gruppi, ora sono in piccoli insiemi o in forma individuale, preferibilmente all’aperto se la stagione lo permette, sempre nel rispetto dei protocolli anti-Covid. «Il piano di attività si è poi arricchito di laboratori creativi, cognitivi, digitali e approcci non farmacologici: la quotidianità nelle strutture non ha perso il suo valore, ma ha anzi conquistato una dimensione sempre più umana e attenta».
LA CAMPAGNA VACCINALE: LA VITA IN RSA RIPARTE ANCHE DA QUI Non solo: tutte le Residenze del Gruppo presentano oltre il 95% di vaccinati tra ospiti e dipendenti tra i vaccinabili. «L’altissima adesione da parte del personale ci ha permesso di raggiungere in moltissimi casi una copertura che supera il 95% delle persone vaccinabili. Questo ci farà fare la differenza, andando anche a confermare quei dati che testimoniano come i casi Covid-19 siano crollati laddove il personale
sanitario ha aderito alla campagna di vaccinazione» racconta il dottor Matteo Marastoni, responsabile di Governo Clinico del Gruppo. Così è stato possibile rimettere in campo quelle forme di socialità che aiutano nel profondo i Senior con ascolto, umanità e proposte per il recupero psico-fisico modulate sulle esigenze specifiche di ognuno. Passo dopo passo Musicoterapia, Ortoterapia, Green Therapy, Pet Therapy, Dog Company, attività artistiche e occupazionali quotidiane sono tornate finalmente a riempire le giornate, in forma rimodulata e sicura. «Inoltre con la Circolare Ministeriale dell’8 maggio, anche l’accoglienza di nuovi Ospiti in Rsa e le visite in presenza con i propri cari sono tornate possibili: questo grazie anche al lungo percorso di riorganizzazione interna portato avanti dalle Rsa, fatto di linee guida, protocolli, controlli assidui e accurati, utilizzo e fornitura costante di DPI, che ha permesso di garantire la massima sicurezza sotto ogni aspetto e la conseguente riapertura delle porte delle Rsa verso l’esterno» conclude il dottor Marastoni. In provincia di Bergamo, il Gruppo Edos è a Pontida, con Rsa Bramante. Le indicazioni riportate sono a titolo generale e possono variare da Regione a Regione.
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Allenamento EMS L’evoluzione dell’elettrostimolazione Il centro Krioplanet di Treviglio, contrazioni volontarie (ad esempio tutti: in poco tempo si possono premiato nel 2020 come il “più una corsa, uno squat etc.) contra- raggiungere ottimi risultati. Il coninnovativo della Provincia di stando allo stesso tempo le contra- cetto è davvero semplice: si va ad Bergamo” agli Healthcare & zioni involontarie indotte dall’im- aumentare la capacità di contrazioPharmaceutical Awards, al rientro pulso determinato dagli elettrodi. ne delle fibre muscolari, in quanto dalla chiusura forzata causa emer- Ciò rappresenta l’evoluzione del siamo obbligati a contrarre congenza Coronavirus ha introdotto concetto di elettrostimolazione, in temporaneamente tutti i distretti una importante novità. «Oltre alle cui si posizionavano le placche su muscolari, e a lavorare sulla qualità tecnologie che lo caratterizzano da alcuni muscoli mentre si rimaneva della contrazione poiché scegliaormai quasi dieci anni, come la totalmente passivi». L’allenamento mo su quali muscoli dare enfasi Criosauna, la Crioterapia Localizza- EMS consente di effettuare diverse durante un esercizio. Ad esempio ta e la camminata sottovuoto nella tipologie di lavoro: allenamento con il banale esercizio di corsa sul VacuFit, da maggio è attivo l’allena- aerobico/brucia grassi, di forza, posto possiamo aumentare l’intenmento individualizzato con tecno- lavoro di ipertrofia, drenante, alle- sità di impulsi nella zona addomilogia EMS» dice Massimo De Nardi, namento posturale e tonificazione. nale, così che semplicemente laureato in Scienze Motorie ed in «L’EMS è una tipologia di allena- correndo possiamo stimolare in Scienza dello Sport e dottore di mento sicura, efficace e adatta a modo importante gli addominali. Stessa cosa vale per le Ricerca in Neuroscienbraccia: possiamo alleze, fondatore di Krionare gli arti superiori planet. «L’acronimo senza l’ausilio di sovracEMS sta per ElettroMiocarichi quali manubri o Stimolazione e si tratta bilancieri. Sembra imdi un allenamento possibile, ma in realtà la della durata di venti sensazione durante e minuti, condotto da dopo l’allenamento è personal trainer laurequella di aver fatto un ati in Scienze Motorie, lavoro eccezionale, pur durante il quale la pernon avendo stressato le sona indossa una spearticolazioni con decine ciale tutina dotata di di chili. A riprova che elettrodi. Questi eletl’allenamento EMS è trodi sono disposti per adatto a tutti, siamo davessere a contatto con vero orgogliosi di sottolitutti i principali distretti neare che lo stiamo uticorporei e a loro volta lizzando con ottimi sono connessi a una risultati anche con persocentralina tascabile ne che soffrono di Sclecomandata da un’aprosi Multipla. In questi plicazione installata BUONO PER UNA SEDUTA GRATUITA casi la determinazione sull’IPad gestita dal DI ALLENAMENTO CON EMS dei clienti, l’alta tecnolopersonal trainer. Quegia dell’EMS e le compesta tipologia di allenatenze dei personal trainer mento in sostanza info@krioplanet.it creano una sinergia uniconsiste in una serie di Via Pontirolo, 18c Treviglio (BG) ca che sta portando a esercizi attivi, durante i www.krioplanet.it - Tel. 0363 45321 334 6164224 risultati impensabili». quali la persona svolge Luglio/Agosto 2021 | Bergamo Salute | 81
Bergamo Salute anno 11 | n° 61 Luglio | Agosto 2021 Direttore Responsabile Elena Buonanno Redazione Rosa Lancia redazione@bgsalute.it Grafica e impaginazione Rosa Lancia rosa.lancia@marketingkm0.it Fotografie e illustrazioni Shutterstock, Adobe Stock, Unsplash, Pixabay, Adriano Merigo, Oliviero Godi, Adicorbetta, Rijksmuseum Stampa Elcograf S.p.A Via Mondadori, 15 - 37131 Verona (VR) Casa Editrice Marketing Km Zero Srls Via G. Garibaldi, 3 - 24030 Mozzo (BG) Tel. 035.0514318 - info@marketingkm0.it Pubblicità Luciano Bericchia Tel. 035.0514601- info@bgsalute.it Hanno collaborato Lucio Buonanno, Maria Castellano, Rita Compostella, Viola Compostella, Lella Fonseca, Filippo Grossi, Giulia Sammarco
COMITATO SCIENTIFICO • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • • •
Dott. Diego Bonfanti - Oculista Dott.ssa Maria Viviana Bonfanti Medico Veterinario Dott. Rolando Brembilla - Ginecologo Dott.ssa Alba Maria Isabella Campione Medicina Legale e delle Assicurazioni Dott. Andrea Cazzaniga Idrologo Medico e Termale Dott. Sergio Clarizia - Pediatra Dott. Marcello Cottini - Allergologo Pneumologo Dott. Giovanni Danesi - Otorinolaringoiatra Dott. Adolfo Di Nardo - Chirurgo generale Dott. Nicola Gaffuri - Gastroenterologo Dott.ssa Daniela Gianola - Endocrinologa Dott. Antoine Kheir - Cardiologo Dott.ssa Grazia Manfredi - Dermatologa Dott. Roberto Orlandi Ortopedico Medico dello sport Dott. Paolo Paganelli - Biologo nutrizionista Dott. Antonello Quadri - Oncologo Dott.ssa Veronica Salvi - Ostetrica Dott. Orazio Santonocito - Neurochirurgo Dott.ssa Mara Seiti - Psicologa - Psicoterapeuta Dott. Sergio Stabilini - Odontoiatra Dott. Giovanni Taveggia Medicina Fisica e Riabilitazione Dott. Massimo Tura - Urologo Dott. Paolo Valli - Fisioterapista
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