Biancoscuro Art Magazine #50

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ncora in noi erano impresse le immagini della grande vasca gradonata in pietra (con un’area di 15 metri) di Bitti, nel sito archeologico di Romanzesu ed i pozzi sacri della Sardegna, enigmatiche costruzioni megalitiche, alcune di una precisione tecnica imbarazzante per le epoche assegnate. Sapevamo che dovevamo tornare in quell’isola per l’ennesima volta. Margot, alla direzione dell’Istituto sperimentale, ci introdusse ad un altro ritrovamento, unico a livello mondiale: un’antichissima Vasca lignea perfettamente conservata, scoperta nel 2005 in provincia di Parma, alla periferia sud di Noceto. Poi ci annunciò che lì in giornata si sarebbe inaugurato un Museo a lei dedicato, aggiungendo che però solo nel pomeriggio dell’indomani saremmo potuti andare in visita e con entusiasmo iniziò a descriverla, leggendo il comunicato stampa che ci avevano inviato e aggiungendovi delle sue nozioni. La Vasca votiva di Noceto è un “unicum” a livello europeo, per dimensioni, grado di conservazione, complessità strutturale, reperti contenuti e significato, tale da innovare profondamente le conoscenze scientifiche sull’ Età del Bronzo europea. Con l’apertura del Museo si compie l’atto finale di un cammino durato (tra scavo, restauro e ricostruzione) 15 anni, che ha visto collaborare in totale unità di intenti tutte le Istituzioni coinvolte. Oltre al Comune di Noceto, il progetto ha infatti interessato, sia in termini di finanziamento, sia in termini di collaborazione scientifica, il Ministero della Cultura nonché l’Università degli Studi di Milano con il Dipartimento di Scienze della Terra “A. Desio”. Fondamentali sono stati anche gli ulteriori finanziamenti che l’Amministrazione Comunale ha ottenuto da parte della Regione Emilia-Romagna e della Fondazione Cariparma. Dal punto di vista scientifico, l’Università degli Studi di Milano ha creduto fin dall’inizio all’importanza della Vasca Votiva di Noceto, ben conscia dell’impatto che tale scoperta avrebbe avuto sul mondo dell’archeologia, finanziando la realizzazione di un importante volume monografico curato da Maria Adelia Bernabò Brea e Mauro Cremaschi, edito da Skirà nel 2009, “Acqua e civiltà nelle terramare – La

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” © Photo by Adele Arati

Era l’8 ottobre 2021, erano passati un po’ di più di quattro anni dal 15 maggio 2017, quell’ultimo giorno nella leggendaria Khara Khoto al confine tra la Mongolia e la Cina, alla ricerca delle comuni origini. Ci trovavamo nella sala ottagonale della Fondazione, la sede di Parma, per riassumere i precedenti studi, sulle tracce scientifiche del suono matematico dell’acqua. Nonostante un maledetto virus avesse provato a bloccare le indagini, anche il recente periodo era stato determinante per arrivare a comprendere. L’apPunto principale da fissare ora, era: “Cosa accomuna tutte le civiltà visitate, nonostante la loro distanza temporale e territoriale?” Oltre ad avere in comune una parte di genoma fantasma, una cultura stanziale agricola, delle statuine femminili e delle architetture con simbologie taurine, esse condividevano la civiltà delle acque, antichi saperi andati dimenticati o cancellati dalla storia recente.

[27ª puntata]

Le terre di mezzo, i percorsi del mito, il cammino piramidale dell’essere

Tracce d’Acqua alla base delle Civiltà: ritorno a Parma

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