Liber - Crescendo in musica

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[Crescendo in musica]

SOMMARIO

INTERVISTA Buchi spazio-temporali, tra passato e futuro Tradizione e innovazione: scrivere musica significa dialogare con l’anima della società. Ne parla Matthieu Mantanus nell’intervista raccolta da Gabriela Zucchini.

Photo: Elisabetta Vaninetti

Pianista e direttore d’orchestra originario di Losanna, Matthieu Mantanus è stato direttore associato di Lorin Maazel al Castleton Festival negli Stati Uniti. Noto al pubblico per le sue lezioni di musica con la Jeans Symphony Orchestra trasmesse su Rai 3, ha fondato orchestre giovanili e promosso progetti per portare la musica classica fuori dai teatri, nelle famiglie, in luoghi come il carcere o nelle periferie delle città. Ha collaborato con l’Orchestra Sinfonica di Milano “Giuseppe Verdi” e con numerosi teatri e gruppi orchestrali italiani. Nel 2012 è uscito il suo disco Liber Mundi, inciso con la Filarmonica Toscanini.

Matthieu Mantanus Nel suo percorso professionale, tradizione e innovazione, classico e moderno dialogano tra loro in modo originale. Con il progetto Jeans Music si è proposto di favorire l’incontro tra pubblico e musicisti, rivoluzionando il rituale del concerto classico. Con la fondazione del JeansMusic lab ha realizzato spettacoli musicali innovativi, elaborando un linguaggio musicale completamente nuovo, inatteso e molto personale. In Bach Box ha rielaborato le composizioni di Bach attraverso l’elettronica e il pianoforte ibrido Yamaha N3X. Un percorso di sperimentazione musicale e artistica aperto all’innovazione, con il quale si propone di far dialogare musica classica e musica contemporanea per raggiungere un pubblico sempre più ampio. La sua passione per la musica ha trovato un nuovo canale di condivisione attraverso la letteratura, con la stesura di alcuni romanzi rivolti soprattutto al pubblico giovanile: Una giornata eroica (Feltrinelli, 2009), Beethoven e la ragazza coi capelli blu (Mondadori, 2016), Rossini! (Feltrinelli, 2018).

Pianista, direttore d’orchestra, scrittore, divulgatore: il tuo lavoro sembra connotato da una ricerca continua. Ci presenti Matthieu Mantanus? L’unica definizione abbastanza ampia nella quale mi ritroverei è quella di “musicista”. Perché semplicemente dedico la mia vita alla scoperta della musica, con ogni mezzo a me disponibile, ed è un mondo talmente vasto e appassionante che penso sarebbe un peccato costringersi in definizioni più precise. Che cos’è per te la musica? La musica è da sempre, da prima che ne avessimo coscienza, una espressione umana non verbale, che organizza il suono artificialmente, provocando una reazione nel nostro cervello. È un’arte che ci ha consentito di aspirare alla perfezione, di rivelare la bellezza del mondo che ci circonda e i suoi effetti sulla nostra anima. È un corollario imprescindibile alla nostra stessa natura, che ha accesso a zone tuttora incomprensibili del nostro cervello, ed è in grado di instaurare con il nostro corpo e la nostra mente una relazione che sfugge al controllo della nostra coscienza, consentendoci di cambiare il modo in cui vediamo il mondo. Nel tuo percorso professionale, tradizione e innovazione, classico e moderno dialogano tra loro in modo costruttivo. Da che cosa nasce questa sintesi e quali sono le motivazioni alla base di questa tua continua sperimentazione? Tutti i miei progetti sono il frutto della mia costante ricerca e della volontà di restituire al pubblico quello che scopro. In un certo senso, sento come necessaria la divulgazione, perché le persone che non hanno una specifica formazione musicale difficilmente riescono a percepire l’impatto reale che può avere la musica classica. Al contrario, ad esempio, se ascoltiamo brani di musica elettronica, o se andiamo a un concerto trap, conosciamo esattamente il contesto per il quale quei testi sono stati scritti e cosa vogliono esprimere, perché sono parte di noi, della nostra società, del nostro mondo. Quando invece ci ritroviamo di fronte a una fuga di Bach, o a una sonata di Mozart, siamo completamente fuori contesto. Non riusciamo con naturalezza a percepirne il messaggio, esattamente come se ascoltassimo il teatro Nô.1 D’altro canto, questo passato vive in noi, fa parte del nostro dna. Siamo quello che siamo perché quella musica è esisti-

1. G. Manin. Nel giardino della musica. Claudio Abbado: la vita, l’arte, l’im-

5. M. Morpurgo. “Siamo quello che leggiamo”, in P. Bertolino, E. Miari, G.

pegno, Milano, Guanda, 2015, p. 133.

Zucchini (curatori). Nel giardino segreto: nascondersi, perdersi, ritrovarsi.

2. Musicista, attivista politico, educatore venezuelano di origini italiane, José

Itinerari nella tana dei giovani lettori, Modena, Equilibri, 2009, p. 90-91.

Antonio Abreu ha fondato nel 1975 El Sistema, fondazione per la promozio-

6. M. Morpurgo. La guerra del soldato Pace, Milano, Salani, 2016.

ne sociale dell’infanzia e della gioventù attraverso un percorso innovativo di

7. M. Morpurgo. Ascolta la luna, Milano, Rizzoli, 2015.

didattica musicale.

8. M. Morpurgo. La domanda su Mozart, Milano, Rizzoli, 2008.

3. A. Chambers. Siamo quello che leggiamo, Modena, Equilibri, 2020, p. 163.

9. M. Pelletier. La musica delle cose, Trieste, EL, 2000.

4. “Quando scrivere è un sogno ad occhi aperti”, intervista a Michael Mor-

10. Ivi, p. 122.

purgo, in Fuorilegge, n. 5, giugno 2016, p. 19.

11. S. Zarr. Le variazioni Lucy, Torino, EDT-Giralangolo, 2017.

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