La Fattoria Medicea di Cascine di Tavola | Giuseppe Alberto Centauro, David Fanfani

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la fattoria medicea di cascine di tavola • a. g. centauro, d. fanfani

un modello di ridefinizione processuale delle politiche per la tutela e valorizzazione del Patrimonio stesso e, in relazione a tale modello, di individuare potenzialità e punti critici che, in tale prospettiva, emergono per il contesto specifico delle politiche locali che hanno riguardato e riguardano il sistema della Fattoria di Cascine di Tavola. 8.2. Una domanda di governance per un progetto di patrimonializzazione e riconoscimento collettivo Il concetto di Patrimonio nel dominio degli studi sulla città e sul territorio, ma anche -in senso più generale- riferito al mondo dell’arte e dei beni culturali, è un concetto che ha una sua precisa storia sulla quale importanti contributi hanno già permesso di stabilire specifiche genealogie e progressioni di significato (Choay 1993, 1995). Proprio François Choay ha permesso di chiarire l’emergere attraverso questa categoria di una specifica cifra della modernità occidentale e della sua cultura che, a partire dal XV secolo, ha riflesso su tale concetto, come in uno specchio, la propria crescente perdita di “abilità” e competenza nell’ art de bâtir, cioé nel produrre e riprodurre in forma ordinaria qualità dell’ambiente di vita, inclusi i suoi oggetti d’uso; perdita vissuta come un presunto “minus” rispetto a passate civiltà. Una critica drammatica e, in fondo tragica, ma che porta, secondo una significativa continuità logica e paradigmatica della modernità, dalla originaria nozione di monumento storico e di patrimonio culturale, che tende a separare un prodotto materiale dal contesto e dal tempo che lo ha prodotto e a collocarlo in dimensioni a-spaziali e a-temporali, alla non meno pervasiva e “segregante” idea di articolazione ulteriore del concetto stesso secondo le categorie di “Patrimonio Culturale” e “Ambientale”. Tali categorie emergono in particolare nella seconda metà del XX secolo in importanti documenti ufficiali quali quello dell’UNESCO (1972) e, pur costituendo un avanzamento rispetto a un approccio di carattere simbolico-percettiva del patrimonio stesso tendono a mantenere una netta separazione tra i beni oggetto di tutela e il divenire delle dinamiche e processi storici ordinari che li hanno generati. Deriva da tale approccio una visione del concetto di Patrimonio, nel migliore dei casi, di tipo conservativo rispetto alla quale l’unica opzione possibile per una azione, appare quella della “museificazione” piuttosto che quella, dato che si parla perlopiù di spazi ed ambienti di vita, di una loro fruizione e “ri-abitazione”. Ciò apre, sempre nella logica della modernità - che esaspera la frattura fra produttore e consumatore nei luoghi ed ambienti di vita- alle dinamiche del turismo e consumo di massa, del patrimonio culturale-naturale, paesaggistico urbano, esperito in forma passiva, come estraneo ad ogni processo di (ri) costruzione di una relazione “empatica” e cognitiva con i luoghi (Paquot, 2015; Paba.


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