NUMERO 68 - GENNAIO/FEBBRAIO 2017
grow your own style.
EDITORIALE
I cambiamenti del clima sono evidenti e sotto gli occhi di tutti. È impossibile fingere che ci sia ancora tempo per prevenirli. Circa l’80% dei processi ecologici alla base dei nostri sistemi marini e terresti sta rispondendo ai cambiamenti climatici, in maniera disastrosa. La produttività della pesca e dell’agricoltura sono state ridotte drasticamente, poiché gli ecosistemi faticano ad adattarsi e vanno, in maniera sempre più rapida, verso circostanze irreversibili. Molto spesso collegati a questi argomenti nascono (e alcune muoiono subito dopo), teorie complottistiche sulla manipolazione climatica molto complesse e spesso inattendibili: in questo numero ci aiuta a chiarirle il “cacciatore di bufale” Paolo Attivissimo. Il nostro stile di vita necessità di un cambiamento radicale, e anche il nostro modo di pensare, per assicurare un futuro alle prossime generazioni. Come racconta Grazia Cacciola nella sua rubrica sulla Decrescita, sporcarsi le mani è l’unico modo per tornare ad un sistema che si basi sul benessere della terra e dell’uomo. È necessario uscire al più presto da questo sistema basato sul capitalismo che è l’artefice dell’attuale crisi ambientale e costruire un sistema che rispetti la natura. Questo è quello che muove quotidianamente Paul Watson, capitano e fondatore dell’associazione Sea Shepherd e i suoi collaboratori che combattono quotidianamente per la salvaguardia degli oceani, e più in generale degli ecosistemi, come spiega nella nostra intervista esclusiva. Grande notizia per il settore della canapa industriale con l’approvazione in Senato della nuova legge per regolamentare ed incentivare la filiera produttiva. L’obiettivo è quello di supportare e agevolare il settore per rilanciare in Italia la coltivazione della canapa. Con grande piacere annunciamo la nuova rubrica “prime armi”, per i neofiti che vogliono conoscere meglio il mondo della coltivazione. Nelle prossime pagine troverete infine uno speciale in memoria di Franco Loja, co-fondatore della nota seedbank Green House Seeds Co. e cacciatore di strain, grande amante e sostenitore della canapa che ci ha lasciato improvvisamente nei giorni scorsi e che mancherà a tutto l’ambiente cannabico e non solo. PER UN MAGGIORE RISPETTO DELL’AMBIENTE DOLCE VITA È STAMPATO SU CARTA SCA CON CERTIFICAZIONI FSC E PEFC, CHE ATTESTANO LO SVILUPPO E LA GESTIONE SOSTENIBILE DELLE FORESTE. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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INDICE 03. 06. 07. 09.
Anno XII - Numero 68 GENNAIO/FEBBRAIO 2017
Editoriale Guardando le stelle Ivanart Buone notizie
69.
Strain & Seed Bank: Dinachem, la nascita di un nuovo ceppo d'èlite
71. 72. 75.
Canna Business: Dagli oppiacei alla marijuana
78.
Psiconauta: "Kambo e Iboga" di Giovanni Lattanzi, il primo libro sui due entogeni
80. 82. 84. 87. 89. 91.
Input: libri, film, musica
93.
Speciale interviste: Sea Shepherd, i difensori dell'oceano
97.
Cronache da dietro il cancello: la minaccia siamo noi
97.
ACAD: Nicoletta Dosio "continuerò a disobbedire"
99.
Oltreconfine: "Sono andata in vacanza in Egitto ed ho visto la rivoluzione"
Growshop Page: Hemptown Venezia Psiconauta: LSD Il mio bambino difficile
11.
Eventi: il "Burning Man" sbarca in Europa; Cannabis, ad Atene un forum per favorire la depenalizzazione; Mary Christmas, la festa di natale cannabica di Sir Canapa
15.
Contro-Informazione: le grandi bufale sul clima
16.
Contro-informazione: geoingegneria e manipolazione climatica
18.
Cover Story: allarme clima, il colpevole lo conosciamo
22. 26. 28.
High Times
29.
Avvocato Rulez: coltivazione, un passo indietro
29. 30.
Legalize it: Verso la normalizzazionee oltre
31.
Giardinaggio: talee, moltiplicare le piante a costo zero
101.
Travelcuriosity: dentro la rivoluzione con "The Square"
32.
Piante Innovative: seminare il futuro per salvare la terra
De vino veritas
36. 40.
Shantibaba’s bag of dreams
44.
Strain & Seed Bank: Sensi Skunk automatic, lo strain per tutti
103. 103. 103. 105.
45.
Strain & Seed Bank: Onda Calabra, lo strain Made in Italy
109.
Salute: gli effetti dei cambiamenti climatici sulla salute
47.
Strain & Seed Bank: Dutch Kush, l'indica di successo
110.
Eco-Friendly: cosa possiamo fare per salvare il clima?
48. 52. 55. 58. 58. 60. 65.
Grow Pro riflessioni tra growers
111.
Animals: riscaldamento globale, nel mondo è strage di animali Survivalism
68.
Promo/Pubbliredazionale: Biocanna, la migliore scelta per le tue piante
112. 113. 114. 116. 117. 119. 121. 122.
ASCIA Corner: ricominciamo! FreeWeed Board
Natura vs industria
Prime armi
Cannabis Culture Cannabis Terapeutica news LapianTiamo Dike Salute Canapa industriale news Canapa in cucina
Hi-tech & web: la Silicon Valley in visita da Trump Street Art Reggae Vibrations Legends: Grandmaster Flash HipHop Skillz
Birra corner Tea Time Decrescita
Immaginando Pubbliredazionale Campagna abbonamenti Inside Magazine Logout
Edito da
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Piazza IV Novembre n.4 - 20124 - Milano in collaborazione con ENJOINT.com Registrazione al Tribunale di Milano n.306 del 3.05.2006 Direttore responsabile: Fabrizio Rondolino Direttore editoriale: Matteo Gracis Coordinatrice: Enrica Cappello Redattore: Mario Catania Supporto legale: Avv. Carlo Alberto Zaina Collaboratori: Scott Blakey, Markab Mattossi, IvanArt, Gianluca Carf ì, Team ASCIA, Alberto Lopez, dr. Matteo M. Melosini, Maurizio Gazzoni, Dinafem Seeds team, LapianTiamo, Piante Innovative team, Maius, Leonardo Pascale, Enrico Pirana, Simone Fagherazzi, FreeWeed Team, Gam, Nicola Pirozzi, Sensi Seeds Team, Virginia Rabito, Acirne, Giorgio Samorini, Paradise Seeds Team, Mattia Coletto, Andrea Legni, Tamara Mastroiaco, ACAD Team, Carlo Peroni, Francois Le Jardiner, Daniele Bandi, Marta De Zolt, Michele Privitera, Canna Team, MadMan, Grazia Cacciola Impaginazione: Ernesto Corona Illustrazione e copertina: Joan Turu Sito web: www.dolcevitaonline.it Email: info@dolcevitaonline.it Facebook: facebook.com/dolcevitamagazine Twitter: twitter.com/dolcevita_mag Instagram: instagram.com/dolce_vita_magazine Pubblicità: info@dolcevitaonline.it Distribuzione Negozi: Tel: 388.65.23.211 Email: distribuzione@dolcevitaonline.it
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LA MAPPA DEL CLIMA NEL MONDO
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GUARDANDO LE STELLE
di Matteo Gracis *
Quanta verità, in queste parole di Hugo Chavez, ex presidente del Venezuela. Mi sorprendo quotidianamente per l’indifferenza diffusa nei confronti della questione cambiamento climatico e più in generale, per il totale disinteresse verso le gravi problematiche che affiggono il pianeta terra. Problematiche, tra l’altro, causate esclusivamente da noi.
(credit illustrazione: ferdi-rizkiyanto.blogspot.it)
“Se il clima fosse una banca, i paesi ricchi l’avrebbero già salvato.”
Se da un lato negli ultimi anni stiamo assistendo a un cambio di mentalità, una presa di coscienza importante per milioni di esseri umani e nuovi modelli di sviluppo più ecologici e sostenibili, dall’altra questo argomento continua ad essere troppo marginale, troppo poco discusso e soprattutto facilmente accantonato. Ma cosa deve succedere ancora perché diventi la nostra priorità assoluta?! Tutte le più grandi civiltà del passato, dagli Inka ai Nativi americani e così via, avevano un rapporto di profondo rispetto ed estrema gratitudine nei confronti di Madre Terra, Pacha Mama, Gaia e il motivo è molto semplice: erano perfettamente consapevoli che si trattava della la cosa più preziosa che avevano, la loro madre, la loro casa. Da allora non è cambiato nulla se non la nostra consapevolezza, che si è sgretolata sotto il peso dello squallido consumismo e del profitto a qualunque costo. Ma è troppo tardi per essere pessimisti, recita uno slogan nel bellissimo documentario “Home, la nostra casa” (cercatelo sul web, va visto). Bisogna agire, adesso! * blog: matteogracis.it Giornalista e editore indipendente. Viaggiatore. Creativo. Fondatore e direttore editoriale di Dolce Vita. Amministratore di Enjoint.com
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DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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BUONE NOTIZIE
LA SLOVENIA RICONOSCE L’ACQUA PUBBLICA COME DIRITTO FONDAMENTALE
LA CARTA ESAUSTA DIVENTA TAVOLO E SGABELLO
Con un voto espresso da 90 parlamentari (64 favorevoli e nessun contrario) è stata modificata la Costituzione slovena per garantire il diritto all’acqua potabile a tutti i suoi cittadini. L’acqua quindi continuerà ad essere gestita dallo Stato come bene pubblico, ma si è voluto porre un punto fermo per il futuro, ponendo il veto a tutte quelle aziende private che stanno già intentando una caccia a quello che è stato definito dal Primo Ministro sloveno «oro liquido del XI secolo». Era il 2010 quando per la prima volta nella storia l’ONU dichiarò il diritto all’acqua «un diritto umano universale e fondamentale».
Il riciclo della carta presenta un problema sostanziale: ad ogni ciclo la cellulosa perde in qualità e diminuiscono anche le caratteristiche meccaniche. Il designer sudcoreano Woojai Lee ha reinterpretato le applicazioni di questo materiale, sviluppando una linea di mobili e arredi creati con la carta esausta. La cellulosa di vecchi giornali e riviste viene messa in ammollo, maciullata e ridotta in polpa a cui viene aggiunta del collante. In seguito si pressa il composto in stampi e si passa all’essiccazione. La linea Paper Bricks Pallets per ora conta un tavolino e uno sgabello da caffè, ma l’unico limite a questo riutilizzo sostenibile è la sola immaginazione.
Ogni giorno i mass media ci bombardano con notizie tragiche, cronaca nera, a volte falsi allarmi di epidemie in arrivo, altre volte imminenti guerre mondiali. La “strategia della tensione” è un metodo diffuso, un popolo che ha paura è più facile da governare. A noi piace andare controcorrente e abbiamo deciso di dedicare la nostra pagina news solo alle buone notizie. Be happy!
IN GERMANIA LA CASA PASSIVA PIÙ GRANDE AL MONDO COME COMBATTERE L’INQUINAMENTO INDOOR Si stima che durante l’intero arco della nostra vita passiamo in media il 90% del nostro tempo in ambienti chiusi. Sappiamo anche che l’aria che respiriamo in questi luoghi può arrivare ad essere fino a cinque volte più inquinata di quella esterna. Da qui nasce Molekule. Molekule è il frutto di una startup che ha messo al primo posto l’inquinamento indoor e il relativo trattamento dell’aria che respiriamo. Attraverso un sistema di filtri ricoperti di nanoparticelle vengono catturati tutti i componenti nocivi presenti nell’aria e scomposti in elementi innocui attraverso una reazione catalitica attivata da un fascio di luce LED. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
AUTOTEST HIV IN VENDITA NELLE FARMACIE ITALIANE Una persona su 7 non sa di essere sieropositiva: tante le cause, ma tra le principali troviamo sicuramente la mancanza di controlli cadenzati e l’essere restii a effettuare esami del sangue nelle strutture pubbliche idonee. In accordo con l’Organismo Mondiale della Sanità in Italia è possibile comprare in farmacia, al costo di 20 euro, il kit per l’autodiagnosi. Con il prelievo di sangue da un polpastrello e in 15 minuti di attesa, è possibile avere un risultato sicuro al 100%. L’unica raccomandazione è di aspettare 90 giorni dall’evento di possibile contagio, in modo che il nostro organismo possa sviluppare gli anticorpi specifici per l’HIV e l’autotest sia così in grado di rilevarli.
Ad Heidelberg, nota per ospitare l’università più antica della Germania, stanno costruendo un quartiere nuovo, il Bahnstadt, nel quale è stato imposto lo standard Passivhaus. Un complesso di palazzi che varia dai 5 agli 8 piani di altezza, per un totale di 162 unità abitative. L’intera struttura è studiata per generare energia, minimizzare gli sprechi e rendere il più eco sostenibile possibile la vita. Ecco allora che vengono sfruttate le pareti verticali e il tetto per creare aree verdi, pannelli solari che generano energia e calore per gli appartamenti. Le pareti sono trattate con biossido di titanio che scompone gli agenti inquinanti presenti nell’atmosfera e rilascia ossigeno. in collaborazione con:
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EVENTI
IL “BURNING MAN” SBARCA IN EUROPA
A Black Rock City, nel deserto del Nevada, si svolge ogni anno il Burning Man, il festival dedicato alla «comunità, all’arte, all’espressione personale e all’autosufficienza». L’ultima edizione del festival si è tenuta l’anno scorso, dal 28 agosto al 5 settembre. Il crescente successo della manifestazione è sottolineato da un numero sempre più elevato di partecipanti (quasi 80mila persone). Le origini del festival che celebra la libertà d’espressione in tutte le sue forme risalgono al 1986, quando Larry Harvey e Jerry James, i fondatori del festival, in occasione del solstizio d’estate bruciarono un pupazzo di legno di 3 metri sulla Baker Beach a San Francisco. Lo spirito della manifestazione va ricercato proprio nella volontà di esaltare la cultura della comunità al di là di ogni limitante particolarismo; non a caso, infatti, dal 1991 la manifestazione si svolge a Black Rock City, una città anarchica che viene completamente smantellata a conclusione della manifestazione. Durante il festival vigono le regole contenute nei 10 principi formulati da Larry Harvey, che rispecchiano la filosofia di una DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
comunità ispirata alla cultura del dono, al senso di responsabilità civica e all’inclusione radicale nella prospettiva dell’immediatezza e dell’autoespressione. Un paio di giorni prima della chiusura del festival viene rinnovato il consueto rito del falò dell’uomo di legno, che rappresenta il momento clou di una manifestazione veramente originale, all’interno di una città che vive per pochi giorni animata dall’allegria coinvolgente di partecipanti che accettano di rispettare il decalogo del festival e si procurano il necessario solo attraverso il baratto. Il Burning Man si svolge infatti in una dimensione sospesa tra reale e ideale, in una rassicurante atmosfera di cameratismo in cui è possibile esprimersi senza timore di essere giudicati, uno spazio da cui il denaro è rigorosamente bandito, un soggiorno che equivale a una cura piacevole e disintossicante dal culto dell’apparenza e dalla frenetica e alienante corsa al guadagno e al benessere. Al termine del festival non dovrà rimanere alcuna traccia di questa esperienza momentanea, come previsto dal regolamento stilato da Harvey; la Play restoration crew per circa un mese si occuperà di pulire a fon-
do l’area in cui si è svolta la manifestazione. Dopo il Burning Man Black Rock City, proprio come il fantastico villaggio di Brigadoon, scomparirà senza lasciare traccia, ma non bisognerà aspettare cent’anni per vederla rinascere, basterà solo attendere fino alla prossima estate. Dopo oltre 30 anni il Burning Man, finalmente, sbarca anche a casa nostra, nel vecchio continente, più precisamente in Olanda. L’intento degli organizzatori è quello di permettere ai partecipanti di vivere per tre giorni, dal 29 al 31 luglio nella cooperazione e nella massima libertà di espressione personale, artistica e creativa. Nella versione europea l’adesione sarà come sempre aperta a tutti, salvo rispettare il decalogo stilato del fondatore dell’evento, Larry Harvey. Anche a Veluwe, in Olanda, non ci saranno grandi concerti o la presenza di artisti famosi e quotati, come non ci sarà una scaletta di eventi. Si potrà esporre qualsiasi installazione ed opera d’arte, nel massimo rispetto, eseguire qualsiasi performance dove, come e quando si desidera.
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EVENTI
FIERE DELLA CANAPA IN EUROPA CanapaMundi
Roma (Italia) 17-18-19 febbraio 2017 www.canapamundi.com
Spannabis
Barcellona (Spagna) 10-11-12 marzo 2017 www.spannabis.com
Technigrow
Lione (Francia) aprile 2017 www.technigrow-france.fr
MARY CHRISTMAS, LA FESTA DI NATALE CANNABICA DI SIR CANAPA
AD ATENE UN FORUM PER FAVORIRE LA DEPENALIZZAZIONE In Grecia finalmente la canapa è stata legalizzata per uso industriale ma i discorsi politici riguardo i suoi utilizzi terapeutici e ricreativi rimangono dietro le quinte della scena politica. Nonostante l’indifferenza dello Stato riguardo la cannabis ci sono dei gruppi che lottano per la sua depenalizzazione. Un esempio è il forum che è stato organizzato sabato 5 e domenica 6 novembre scorsi all’Università politecnica di Atene da tre gruppi molto dinamici e attivi nella lotta per la cannabis (iliosporoi.net, elefsyna.org, voidnetwork. gr). Due giorni ricchi di interessanti discorsi sull’uso medico della cannabis con differenti testimonianze di pazienti che combattono i loro problemi con l’olio di cannabis, sui vari modelli che adottano gli stati per la regolamentazione, sulla cultura cannabica (libri e fumetti a tema di artisti greci), sui metodi di coltivazione ed infine sull’attivismo e tutto quello che comprende questo vastissimo settore. Questo primo forum si è concluso con la consapevolezza che se si vuole rendere la cannabis libera per tutti gli utilizzi e per tutti è necessario diffondere l’informazione corretta.
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Il 21 dicembre 2016 a Milano era Mary Christmas, ultimo evento della stagione 2016 targato Sir Canapa. Dalle 4.20 pm, nel primo Hemp Shop milanese di viale Umbria 41 era possibile gustare cibi e bevande a base di canapa, giocare al nuovo e avvincente gioco di carte “Growers” e accedere alla Vapo Area, tutto questo condito con un frizzate Dj set della Società Psichedelica. Main Sponsor dell’evento sono stati Dinafem Seeds e Humdoltd Seeds, di cui sono state regalate 10 magliette ai primi fortunati! Food Partner dell’evento è stata la Piadineria Artigianale Pascoli - Milano, artigiani al 100% in grado di offrire una delle migliori piadine milanesi. Due erano le squisite Canapiade da gustare: - CanaPiada Veggy: zucchine di stagione, melanzane dolci, peperoni di Carmagnola, cipolle stufate e paté di olive. - CanaPiada Classic: prosciutto cotto nostrano, mozzarella fresca, insalatina verde, salsa rosa o maionese. Tutto questo accompagnato da una buonissima birra alla Canapa. Ospite dell’evento Giovanni Milazzo, fondatore di Kanèsis e Main Sponsor Sir Canapa, che ha parlato dell’ottimizzazione della HBP, la rivoluzionaria Bioplastica a base di Canapa. Questo è stato possibile grazie al contributo di Make in Progress che ha supportato l’evento con una stampante in 3D che è stata in funzione durante tutta la giornata presso Sir Canapa. Nel 2017 Sir Canapa ha in programma i suoi due eventi di punta, Cannapeutica e 4.20 Hemp Fest. Non mancate!
ExpoCanamo
Siviglia (Spagna) 19-21 maggio 2017 www.expocanamo.com
IndicaSativa Trade
Bologna (Italia) 12-14 maggio 2017 www.indicasativatrade.com
Canapa é
Frattamaggiore (NA - Italia) 26-27-28 maggio 2017 www.canapae.it
Mary Jane Berlin
Berlino (Germania) 2-4 giugno 2017 www.maryjane-berlin.com
Product Heart Expo
Peterborough (Inghilterra) giugno 2017 www.productearthexpo.com
Expo Grow
Irun (Spagna) giugno 2017 www.expogrow.net
Cultiva
Vienna (Austria) 6-8 ottobre 2017 www.cultiva.at
CanapaInMostra
Napoli (Italia) 27-29 ottobre 2017 www.canapainmostra.com
Cannafest
Praga (Repubblica Ceca) novembre 2017 www.cannafest.com DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
a cura di Mario Catania e Enrica Cappello
CONTRO-INFORMAZIONE
LE GRANDI BUFALE SUL CLIMA
Paolo Attivissimo (giornalista, studioso della disinformazione dei media e cacciatore di bufale in favore di un’informazione veritiera), ci aiuta a far chiarezza su alcune tesi “complottistiche” sul clima Quando si parla di cambiamenti climatici si fa in genere riferimento ad una variazione delle temperature medie e alla variabilità del clima. Questi fenomeni interessano tutte le zone del mondo, con intensità differenti, e negli ultimi tempi sono sempre più rapidi. È infatti utile evidenziare che in passato i cambiamenti climatici erano dovuti a fenomeni naturali quali attività solare, variazioni orbitali e cosi via mentre oggi è
l’attività dell’uomo la causa primaria dei vari scombussolamenti. La cosa probabilmente più angosciante è che la situazione, per gli esperti, è in peggioramento. Insieme a questi cambiamenti repentini e inquietanti nascono svariate e improbabili teorie complottistiche di cui avremo sentito parlare, con particolare riferimento alle “scie chimiche”, con cui si sostiene che alcune scie di condensazione, create dagli aerei serva-
no a modificare il clima, e agli esperimenti dell’Haarp (High Frequency Active Auroral Research Program), un programma di ricerca condotto dall’Air Force Research Laboratory e dell’Office of Naval Research degli stati uniti, dove sono state installate una serie di antenne che secondo alcuni servirebbero a modificare il clima. Per capire la vera natura di queste teorie abbiamo contattato Paolo Attivissimo.
quando i figli vanno a scuola? Si avvelenano da soli la famiglia? Non ha senso. Io credo che la teoria delle “scie chimiche” sia un’ottima storia finta, fabbricata per distrarci dai problemi veri.
ultimi anni le emissioni si sono stabilizzate, si può prevedere come si evolverà nel futuro? Con precisione, no: la Terra è un sistema immensamente complesso che non conosciamo a fondo. Ci manca qualunque termine di paragone (non abbiamo una “Terra bis” per fare esperimenti). Ma gli esperti sono concordi nell’indicare come tendenza generale un clima futuro più estremo e violento e un probabile innalzamento graduale dei livelli dei mari e degli oceani che renderà inabitabili alcune grandi città e coprirà alcune isole. Si discute su quando accadrà, ma non sul fatto che accadrà. Sono cose che possiamo gestire se ne accettiamo la realtà e ci prepariamo per tempo invece di sprecare montagne di denaro in guerre e far finta di niente.
E dell’HAARP? C’è qualcosa di vero nelle cospirazioni dei teorici? Direi di no: per togliersi il dubbio basta chiedere a una persona competente in radiotecnica o in fisica di fare due conti. La potenza dei generatori di HAARP è nota, quella delle sue antenne anche, per cui arrivare a dati precisi è abbastanza facile. In sintesi, l’energia rilasciata da HAARP è niente rispetto a quella presente nell’atmosfera. Pensare che un’installazione come HAARP possa influenzare il clima o scatenare terremoti è come pensare che una nave possa affondare se vi atterra sopra un gabbiano.
Cosa ne pensi delle scie chimiche? Penso che dopo oltre vent’anni (la teoria è nata negli USA intorno al ‘95), se ci fosse qualcosa di vero ne avremmo le prove schiaccianti. Non parlo di analisi chimiche tutte da interpretare o di osservazioni di scie da parte di dilettanti: parlo di prove vere. In questi vent’anni, nessuno ha mai documentato un rifornimento di questi presunti aerei “chimici”; nessuno dei presunti partecipanti ha mai confessato, neanche per errore, in un momento di ubriachezza, in punto di morte. È credibile che migliaia di persone siano tutte perfettamente omertose? E a me viene sempre una domanda: ma quelli che (in teoria) partecipano al complotto, quelli che riforniscono gli aerei, li pilotano, li riparano, li fabbricano, li dirigono durante queste presunte irrorazioni di veleni, quando tornano a casa alla fine del turno di lavoro, non respirano anche loro quello che hanno spruzzato? E DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
È vero, secondo te, che i governi stanno cercando di essere in grado di cambiare il clima per uso umano e probabilmente anche per usarlo come arma? No. Conoscendo la stupidità umana, sono sicuro che vorrebbero tanto poterlo fare, ma per fortuna le energie necessarie per cambiare il clima (non la meteorologia ma proprio il clima) sono immense e ben al di fuori dalla portata dei governi. Per dare un’idea, secondo i dati del NOAA (National Oceanic and Atmospheric Administration), un singolo uragano rilascia energia termica pari a una bomba atomica da 10 megatoni (500 volte quella di Hiroshima) ogni venti minuti. Non c’è competizione. Il massimo che si riesce a fare è deviare i corsi dei fiumi o prosciugare i bacini, come è successo per il Lago d’Aral. Ma ci sono voluti decenni. Il 2016, anno record con una temperatura di 1,4° C al di sopra della media del secolo scorso, si è chiuso con shock termici anomali. Ma le statistiche dimostrano che negli
Che cosa può fare una singola persona per evitare questo futuro critico? Ciascuno di noi può guardare le proprie abitudini e i propri consumi e chiedersi quali emissioni inquinanti può ridurre. A livello di economia domestica, gli esperti indicano che gli impianti di riscaldamento vecchi sono una delle principali fonti di inquinamento: aggiornarli, o meglio ancora convertirli a soluzioni a basso o zero inquinamento, è un passo nella giusta direzione. Ma anche ridurre i consumi di carburante, viaggiando meno, guidando meglio e usando auto più parsimoniose (o elettriche) è utile, come lo è ridurre i consumi elettrici: a volte basta davvero un piccolo sforzo, come un cambio di frigorifero o di lavatrice. In generale, credo che sia importante abituarsi, e soprattutto abituare i giovani, a una mentalità, a uno stile di vita che rispetti la natura invece di sprecarne le risorse, senza per questo diventare ossessivi. E naturalmente si può chiedere ai governi locali e nazionali di adottare politiche di sostenibilità. Leggi l’intervista completa su www.dolcevitaonline.it
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CONTRO-INFORMAZIONE
Fonte: ilcambiamento.it - rieditato dalla redazione di Dolce Vita
GEOINGEGNERIA E MANIPOLAZIONE CLIMATICA Condizionare il meteo non è cosa poi così fantascientifica
La geoingegneria consiste nell’applicazione di tecniche artificiali di intervento umano sull’ambiente fisico, dall’atmosfera, agli oceani, alla biosfera, crisosfera, idrosfera, litosfera. Nel luglio del 2012 il prestigioso quotidiano britannico The Guardian, pubblicava sul proprio sito web la mappa che vedete di seguito. Si tratta di una mappa mondiale della geoingegneria prodotta dall’ETC Group, un’organizzazione internazionale che si batte per l’ambiente, la sostenibilità e i diritti umani. Allegato alla mappa vi era un interessante documento (disponibile ora su www.dolcevitaonline.it/geoingegneria) che elencava - suddividendoli geograficamente paese per paese e nominando le istituzioni, gli enti e le multinazionali coinvolte - tutti gli esperimenti sul clima effettuati nel corso degli anni. Il documento si compone in tutto di 115 pagine piene di dati certificati che attestano un proliferare di studi ed esperimenti su come modificare il clima terrestre, per vari scopi. I più frequenti sono quelli riguardanti l’aumento o la diminuzione delle piogge; solo l’Italia ne conte ben sette differenti, dagli anni Settanta fino ai giorni nostri. Difficile se non impossibile fornire risposte certe sull’argomento, causa mancanza di documentazioni, reticenza da parte dei media e della classe politica ad affrontare apertamente queste tematiche, oscurantismo e tentativi di nascondere i veri scopi delle operazioni in questione. Ciò che possiamo fare è prendere in considerazione le varie teorie, vagliare le ipotesi ed usare il buon senso per provare a rispondere – ovviamente non in via definitiva – ai tanti interrogativi che ci affollano la mente quando ci addentriamo in questioni così delicate. Secondo la scienza e la ricerca ufficiali la capacità umana di influire sul clima è minima. D’altra parte è ipotizzabile che molti esperimenti sul clima si svolgano all’interno di operazioni segrete finanziate dai governi e gestite dai servizi d’intelligence; che dunque i loro risultati non vengano divulgati pubblicamente né acquisiti all’interno del sapere scientifico condiviso. Alcuni dati sembrano dimostrare che la capacità di manipolazione climatica va molto oltre la posizione ufficiale della
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comunità scientifica. Negli Emirati Arabi Uniti, nel 2011, un’equipe di scienziati, è stata in grado di generare 50 temporali ad Abu Dhabi. Nell’aprile 2007 il governo cinese annunciava fiero di aver provocato la prima nevicata artificiale sulla città di Nagqu. D’altronde basta tornare con la mente agli esperimenti del prof. Pier Luigi Ighina per rendersi conto che condizionare il meteo non è cosa poi così fantascientifica: davanti alle telecamere di Report, in una puntata del 1998, lo scienziato italiano collaboratore in gioventù di Guglielmo Marconi, mostrava come addensare o disperdere le nuvole tramite uno strumento da lui realizzato: un’elica coperta di polvere di alluminio che a seconda del senso di rotazione si caricava positivamente o negativamente ed aveva effetti opposti sulle nubi, ora attirandole, ora respingendole. Nikola Tesla, nell’ultimo periodo della sua vita, stava lavorando ad un metodo di trasmissione dell’energia senza fili detto teleforce. Alla sua morte molti dei documenti dello scienziato furono sequestrati dalle autorità governative statunitensi e bollate come top secret. Riprendendo gli studi di Tesla, negli anni Ottanta il fisico texano Bernard J. Eastlund, del MIT di Boston, registrò una serie di brevetti, di cui il primo chiamato “Metodo ed attrezzatura per modificare una regione dell’atmosfera,
magnetosfera e ionosfera terrestre”. I suoi brevetti furono in seguito segretati e infine utilizzati per lo sviluppo del laboratorio Haarp. Secondo un rapporto della Duma, il parlamento russo: “Sotto il programma HAARP, gli Stati Uniti stanno creando nuove armi geofisiche integrali”. Più recentemente due ingegneri dell’Università di Harvard hanno annunciato l’intenzione di immettere solfati nell’atmosfera attraverso dei palloni aerostatici: una sorta di spray che sarebbe in grado di riflettere parte dei raggi solari, diminuendo così la temperatura del pianeta. L’esperimento si svolgerebbe per adesso soltanto su aree ristrette, ma i due non negano l’ipotesi di un futuro uso più esteso del metodo. Esiste un’infinità di teorie, più o meno originali e fantasiose, sui motivi che stanno alla base della manipolazione climatica. Ciò che è importante ricordare è che seppure tali esperimenti fossero condotti in buona fede con lo scopo di limitare i mutamenti climatici, mettere le mani sul clima è di per sé un gioco rischioso e dalle conseguenze imprevedibili. Articolo originale di Andrea Degl’Innocenti Laureato in “Editoria, comunicazione multimediale e giornalismo”, facoltà di Scienze della Comunicazione e Sociologia, La Sapienza. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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di Andrea Legni *
ALLARME CLIMA: IL COLPEVOLE LO CONOSCIAMO Abbiamo creato un sistema che non è compatibile con l’ambiente in cui viviamo e l’unica via d’uscita è quella di un cambiamento radicale
Il decennio dal 2001 al 2010 è stato il più caldo di sempre, ma il decennio in corso non avrà problemi a superarlo. Il 2014 era stato l’anno più caldo della storia, ma il 2015 lo ha battuto con ampio margine e il 2016 batterà questo primato con un margine ancora maggiore. Nel frattempo il surriscaldamento provoca siccità sempre più gravi e frequenti nelle zone aride del pianeta, scioglimento dei ghiacciai, innalzamento del livello dei mari e una lista quasi interminabile di altri effetti negativi sul nostro pianeta e tutti gli esseri che lo abitano. Spesso siamo portati a credere che questi effetti sul clima non ci riguardino veramente e non abbiano dirette conseguenze sulle nostre vite, ma non è così. Siamo portati a credere che gli effetti del surriscaldamento si manifesteranno poco a poco dandoci il tempo di mettere in pratica contromisure, e fino a pochi anni fa lo credevano, o almeno lo speravano, anche gli scienziati. Negli ultimi anni una nuova conoscenza scientifica si sta imponendo chiaramente: il cambiamento climatico può essere “non lineare”. Significa che, se continuiamo a immettere gas serra
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nell’atmosfera, non possiamo dare per scontato che la temperatura media globale aumenterà in maniera costante e prevedibile dandoci il tempo di prendere contromisure. Potrebbe accadere, ma potrebbe anche verificarsi un improvviso sbalzo globale con effetti potenzialmente devastanti. E visti gli ultimi dati, nessuno si sente di escludere che questo periodo stia cominciando e che in pochi anni potrebbe dimostrare tutta la potenziale portata devastante. E quando succederà potrebbe essere troppo tardi. I sintomi ci sono tutti. Una ricerca del Center for Climate Systems Research della Columbia University, ha recentemente riunito in un unico studio i risultati di indagini condotte a partire dal 1970 su 829 “sistemi fisici” e 28.800 “sistemi biologici”. Il risultato è stato sorprendente: in oltre la metà dei sistemi si sono verificati cambiamenti significativi e tra quelli osservati oltre il 90% dei mutamenti registrati sono imputabili al cambiamento climatico. Questi variano da fenomeni circoscritti e locali, come ad esempio la crescita in alta montagna di specie vegetali di collina o piccoli adattamenti evolutivi negli animali, ad
altri che riguardano intere regioni della Terra ed hanno effetti potenzialmente devastanti. Eppure i cambiamenti climatici tra le preoccupazioni della gente occupano una posizione marginale. È una questione di prospettiva: il surriscaldamento è considerato dai più un pericolo serio, ma le sue conseguenze più spaventose sono a medio termine e alcuni dei suoi effetti già manifesti possono essere confusi con semplici calamità naturali. Nel frattempo abbiamo a che fare con il terrorismo, la crisi economica, l’emergenza profughi e molto altro. Niente, a quanto pare, può competere con queste preoccupazioni. Ma se non lo faremo da soli ci penserà la Terra a ricordarci molto presto che si tratta di un problema la cui soluzione non è rinviabile. Il nostro pianeta si è scaldato di 0,8 gradi rispetto all’era preindustriale, e la tendenza è in drammatico aumento, visto che le proiezioni parlano di un aumento di 0,1 gradi ogni dieci anni. Potrebbe sembrare poco un decimo di grado ma in verità può provocare potenziali reazioni a catena capaci di provocare carestie, guerre ed esodi di massa. Non è un’esagerazione. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
Approfondimenti su Ambiente e Natura: dolcevitaonline.it/category/lifestyle/ambiente-e-natura
I climatologi sono d’accordo nel ritenere che se la temperatura aumentasse di un altro grado, arrivando in prossimità dei due gradi in più rispetto all’epoca preindustriale, le conseguenze sarebbero terribili: lo scioglimento dei ghiacciai provocherebbe un innalzamento del livello dei mari tale da sommergere buona parte delle città costiere, mentre la siccità potrebbe desertificare e rendere inadatte alla vita intere regioni del pianeta. I cambiamenti sarebbero tali da condannare all’estinzione moltissime specie viventi e la stessa specie umana sarebbe a rischio. Continuando di questo passo è molto probabile che questo scenario si completi nel giro di un secolo scarso, ma già molto prima i suoi effetti potrebbero avere ripercussioni difficili da prevedere a livello sociale. Il primo degli effetti verificabili sarà la creazione di nuove masse di profughi in fuga dalle proprie terre. Molti paesi sono pronti a sprofondare nella lista delle terre bagnate da meno di 200 millimetri di pioggia all’anno, ovvero il limite minimo per considerare un’area adatta alla vita: Algeria, Marocco, Libia, Mali, Mauritania, Niger, Ciad, Sudan, Egitto, Eritrea, Giordania, Iraq, parte di Siria, Somalia, Etiopia, Afganistan, Pakistan e India. Se non ci sarà un cambiamento radicale enormi masse saranno costrette a partire in cerca di una nuova patria. Si parla di centinaia di milioni di persone. Un fenomeno contro il quale nessun muro anti-migranti potrà rivelarsi efficace. Un fenomeno che ormai da anni colpisce in verità enormi porzioni di territorio sacrificate a quelle stesse attività produttive che provocano l’emissione di enormi quantità di CO2 nell’atmosfera e di conseguenza il riscaldamento del clima. Ovvero estrazione di combustibili fossili e coltivazione di cereali destinati al nutrimento di animali destinati all’alimentazione umana. Questi due settori sono da soli responsabili di quasi il 50% delle emissioni nocive e già oggi provocano fughe di intere popolazioni vittime dell’aria irrespirabile provocata dall’estrazione di petrolio, come i popoli che abitano il delta del fiume Niger, o del disboscamento per far posto a nuovi latifondi, come le popolazioni amazzoniche e intere aree dell’Indonesia, o ancora della mancanza di cibo dovuta al fatto che tutte le terre circostanti sono proprietà di multinazionali che le utilizzano per produrre mangimi per gli animali che mangiamo noi occidentali, come in buona parte del continente africano.
alla religione del progresso e del Pil. Come se tutti gli esseri umani avessero pari responsabilità. Prendendo per buona questa spiegazione saremmo portati a credere che non c’è niente da fare e che l’uomo, in quanto tale, è destinato all’autodistruzione. La verità è che l’uomo ha vissuto in armonia con la terra e tutti gli esseri viventi per millenni, fino a quando i sistemi imposti non da tutti ma da alcuni uomini, come il capitalismo sfrenato e l’ideologia del consumo, non sono divenuti dominanti. Ancora oggi esistono società che organizzano la vita in modo diverso, continuando a credere che l’essere umano deve pensare alle sette generazioni che verranno dopo di lui, che deve prendere solo ciò di cui ha bisogno e rispettare i tempi dei cicli di rigenerazione della terra. Queste popolazioni esistono tutt’ora e sono vittime, non colpevoli. Sono quelle popolazioni che noi consideriamo “arretrate” o “primitive”, mentre rimaniamo totalmente incapaci di ascoltarne gli insegnamenti, mai così attuali. Per uscire dalla situazione attuale e permettere anche alle generazioni future di godere
di un pianeta Terra abitabile occorre invertire questo sistema. Certo, alcune prese di posizioni individuali possono contare. Serve limitare i propri consumi di energie fossili, di carne e di cibi provenienti dall’altra parte del mondo, così come è necessario uscire dalla logica del consumismo più insensato. Ma non sarà sufficiente. La verità è che la crisi ambientale è strettamente connessa al sistema che l’ha generata e che se fino ad oggi non si è agito per fermarla è perché ogni azione in favore del clima sarebbe incompatibile con l’esistenza stessa del capitalismo sfrenato. La via di uscita è in una trasformazione radicale del nostro stile di vita, del nostro modo di pensare, e nella nostra volontà di uscire dalla dittatura del Pil ad ogni costo. Solo in questo modo saremo capaci di fare qualcosa per le prossime sette, o magari più, generazioni. * Giornalista professionista freelance, vive a Bologna dove lavora insieme al gruppo media indipendente SMK Videofactory. Ha scritto e realizzato video-inchieste per Il Corriere della Sera, La Repubblica, Altreconomia ed altri. Come documentarista ha realizzato il lungomentraggio Kosovo versus Kosovo.
Chi è il colpevole di questa situazione con la quale ci troviamo a fare i conti? Spesso sentiamo dire che la colpa del cambiamento climatico risiede nella “natura umana”, così ingorda e miope da aver sacrificato la Terra DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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DDL CANNABIS LEGALE: ECCO COSA CAMBIA CON LA CADUTA DEL GOVERNO RENZI
LA CHIESA CATTOLICA RIBADISCE: NO ASSOLUTO ALLA LEGALIZZAZIONE
«La droga cosiddetta leggera non è leggera, perché danneggia il cervello. Essa è il cavallo di Troia per le droghe più pesanti, quindi ribadiamo: no alla droga leggera». Questa la posizione della Chiesa Cattolica in merito alla cannabis espressa a Radio Vaticana da mons. Marcelo Sanchez Sorondo, cancelliere della Pontificia Accademia delle Scienze.
Una posizione che di certo non stupisce e ribadisce ancora una volta come la Chiesa di Roma sarà un baluardo contro ogni ipotesi di regolamentazione delle droghe leggere. D’altronde è dall’inizio del pontificato di Papa Francesco che essa scende in campo in ogni ambito nazionale ed internazionale per ribadire la propria contrarietà. Negli Usa è intervenuta anche finanziando con cospicui fondi economici le campagne elettorali per il No alla legalizzazione negli stati interessati dal referendum sulla cannabis. È successo in Massachusetts, dove l’arcidiocesi di Boston ha donato 850mila dollari, al fronte del No per la campagna elettorale. Mentre durante il vertice internazionale sulle droghe, svoltosi lo scorso aprile alle Nazioni Unite, il Vaticano si è schierato con
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paesi come Cina e Pakistan esprimendo la propria ferma contrarietà ad ogni ipotesi di legalizzazione. Lo stesso papa Francesco in merito alla cannabis dichiarò: «No ad ogni tipo di droga, la droga è il male e non ci possono essere legalizzazioni né compromessi». Dimostrando di allinearsi alla dottrina più retriva dell’istituzione cattolica nella lotta alla droga. Ora questo nuovo intervento, reso ancor più inappropriato in quanto giustificato, dalla Chiesa stessa, come “posizione scientifica” e non religiosa, in quanto espresso a conclusione di un convegno tenutosi in Vaticano, al termine del quale con certezza assoluta monsignor Sorondo si è lanciato in affermazioni sulla cannabis in realtà non supportate da alcuna ricerca indipendente: «la droga blocca le difese del cervello, blocca la comunicazione stessa del cervello e le blocca in modo tale che non è poi facile da recuperare», ha dichiarato. A noi non resta che annotare ancora una volta come, specie sulle questioni che attengono ai diritti individuali e civili, la chiesa stia dimostrando di non volere accettare il principio della laicità dello stato.
Le dimissioni del premier Matteo Renzi dopo la sconfitta subita nel referendum costituzionale hanno provocato la caduta del governo e la nascita del nuovo governo presieduto da Paolo Gentiloni che potrebbe avere il compito di approvare una nuova legge elettorale e dare il via libera alla legge di stabilità. Uno scenario che avrà probabili ripercussioni su molte delle leggi attualmente in discussione, che dovranno fare i conti con i nuovi equilibri politici e con un governo che sarà verosimilmente meno forte perché maggiormente sottoposto ai veti incrociati dei partiti. A fare i conti con il nuovo equilibrio sarà anche il progetto di legge per la legalizzazione della cannabis, attualmente all’esame delle commissioni parlamentari Giustizia e Affari sociali. Tecnicamente parlando non molto dovrebbe cambiare: la caduta del governo non implica infatti conseguenze per le proposte di legge che, come quella sulla cannabis, sono di iniziativa parlamentare. Il Parlamento rimane infatti in carica e costituzionalmente legittimato a discutere ed approvare le leggi. L’unica conseguenza da questo punto di vista sarebbe un rallentamento dei lavori di qualche settimana. Tuttavia le conseguenze politiche saranno abbastanza rilevanti da poter bloccare definitivamente ogni speranza di approvazione della legge nel corso della legislatura. Già con il governo Renzi le possibilità erano ridotte al lumicino (ci eravamo più volte spinti a definirle nulle). Ora, con un parlamento ugualmente privo di una maggioranza antiproibizionista, specie al Senato, ed un governo meno forte è veramente arduo pensare che i parlamentari del Partito Democratico (necessari per raggiungere una maggioranza) possano avere il coraggio di votare una legge che dividerebbe il nuovo governo, che ovviamente si reggerà ancora sui voti di Alfano e del Nuovo Centro Destra. Con ogni probabilità, quindi, di legalizzazione della cannabis si tornerà a parlare non prima delle prossime elezioni politiche. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
articoli originali a cura della redazione di Dolce Vita
PER LA DEA TUTTI I COMPONENTI DELLA CANNABIS (CDB INCLUSO) DEVONO RIMANERE IN TABELLA I Per la Drug Enforcement Administration (Dea) anche il CBD, ovvero il principio attivo della cannabis che non causa alcun effetto psicotropo e viene utilizzato in molteplici composti medici, deve rimanere all’interno della Schedule I, la lista delle droghe vietate e senza alcuna virtù terapeutica, assieme all’eroina. È stato ribadito a metà dicembre in un nuovo documento pubblicato dall’agenzia federale antidroga statunitense. Il documento, intitolato “Establishment of a New Drug Code for Marihuana Extract” per la prima volta riconosce una distinzione tra i vari principi attivi della cannabis, separando THC (ovvero il principio attivo responsabile dell’effetto psicoattivo della canapa) e CBD. Ma non varia la loro collocazione. Per la legge federale anche il CBD deve quindi continuare ad essere vietato. «Ancora una volta, il governo federale ha dimostrato di non essere in linea con la scienza moderna – ha affermato Nate Bradley, direttore esecutivo della California Cannabis Industry Association – è risaputo che il CBD ha numerosi usi medici, tra cui arginare gli effetti di epilessia e ridurre l’infiammazione dei muscoli a seguito di infortuni. Negare ciò mostra un completo disprezzo verso i fatti». La decisione della Dea si pone all’opposto di quanto
L’ULTIMA BUFALA: È ARRIVATA LA DEVASTANTE CANNABIS OGM
stabilito appena due mesi fa dal ministero della Salute inglese, che ha riconosciuto il valore terapeutico del CBD includendolo nell’elenco dei farmaci. Attualmente sono 30 gli stati Usa dove il CBD è legale a fini terapeutici. La nuova decisione della Dea non cambierà nulla da questo punto di vista in quanto le leggi in materia dei singoli stati rimarranno in vigore, anche se in conflitto con la normativa federale.
LA CITTÀ DI COPENAGHEN HA CHIESTO UFFICIALMENTE DI LEGALIZZARE LA CANNABIS Copenaghen ci prova: la giunta della città guidata dal sindaco Frank Jensen, ha inoltrato richiesta formale al governo danese per chiedere che la capitale possa avviare un programma sperimentale di legalizzazione delle droghe leggere e l’apertura di coffee shop gestiti dal Comune. Il sindaco ha dichiarato che la misura è necessaria per riportare sicurezza nelle strade della capitale, dopo alcuni recenti fatti di sangue, l’ultimo dei quali nel celebre quartiere di Christiania dove uno spacciatore ha avuto uno scontro a fuoco con la polizia. La città di Copenaghen da tempo cerca di legalizzare la cannabis. Questa è infatti la quarta richiesta formale presentata dalla città per poter avviare la legalizzazione. Le tre precedenti sono state respinte dal governo centrale. L’ultima volta nel 2014. Ma secondo i media danesi questa volta potrebbe andare diversamente. Lo scorso mese il governo ha accettato di avviare la sperimentazione sulla cannabis terapeutica,
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mentre un sondaggio ha mostrato come l’88% dei cittadini del paese sia favorevole alla legalizzazione. Secondo i dati forniti dalla città di Copenaghen ogni anno nella sola Christiania viene venduta cannabis per circa un miliardo di corone danesi (oltre 130milioni di euro), denaro che secondo i sostenitori della legalizzazione dovrebbe andare nelle casse dello Stato e servire per finanziare programmi sociali e di prevenzione.
«Nuovo incubo per i giovani, lo sballo con marijuana ogm: effetti devastanti». Questo il titolo di un articolo pubblicato da Il Gazzettino, quotidiano della provincia di Treviso. Nel testo si calca ancor più la mano, parlando di una «supermarijuana» che causa «rischi elevatissimi» in chi la assume. «Sono cannabinoidi geneticamente modificati che negli ultimi tempi hanno invaso il mercato. I rischi per chi assume questo tipo di droga sono elevatissimi quella che sembra marijuana comune contiene un principio attivo fino a 21 volte più potente di quello naturale. E gli effetti sul cervello di chi la assume possono essere devastanti». In tutto l’articolo non uno straccio di fonte scientifica a supporto delle informazioni fornite in un trionfo di allarmismo. E non è certo la prima volta. Il fatto più deprimente per l’informazione è che la cannabis geneticamente modificata semplicemente non esiste. Con il termine Organismo Geneticamente Modificato (OGM) a livello scientifico si intendono gli organismi in cui parte del genoma sia stato modificato tramite le tecniche di ingegneria genetica. Nel mondo, ad oggi, nessuna pianta di cannabis Ogm è stata prodotta. Quello che fanno le cosiddette banche del seme, è incrociare genetiche differenti. Quanto alla concentrazione di THC «21 volte più potente della cannabis naturale», siamo alla farneticazione. Le tipologie di cannabis terapeutica in commercio, tipo il Bediol o la FM2 prodotta in Italia, hanno concentrazioni di THC al 22%. L’olio di hashish, che viene fatto da sempre come estrazione naturale, può arrivare al 60% ed oltre. Quindi le possibilità sono due: o a Treviso hanno trovato un prodigio della scienza a livello mondiale, ovvero cannabis con concentrazioni di THC verso il 500%, o stanno prendendo in giro i lettori. Indovinate qual è la risposta esatta…
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HIGH TIMES
È MORTO A 42 ANNI FRANCO LOJA, TRA I PIÙ CELEBRI CACCIATORI DI STRAIN DI CANNABIS È morto lo scorso 2 gennaio a soli 42 anni Franco Loja, l’italiano che aveva contribuito a far conoscere nel mondo il mestiere dello Strain hunter, una vera celebrità del mondo cannabico mondiale. Franco sarebbe deceduto a causa di una malaria fulminante contratta mentre si trovava in Congo per una spedizione, ma su questo mancano ancora conferme che permettano di affermarlo con certezza. È stato cofondatore della Green House Seed Co (una delle seedbank più note a livello internazionale), anche grazie alla sua instancabile attività di cacciatore di strain, ovvero di ricercatore di specie autoctone di cannabis in tutto il mondo, con la missione di cercare e preservare specie di cannabis sconosciute. Franco aveva girato quasi tutto il mondo seguendo la propria passione, e su Dolce Vita aveva scritto, nel 2011, un appassionante racconto sulla propria spedizione alla ricerca di varietà di cannabis rare in Marocco, sapendo mescolare con competenza e bellis-
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«La cannabis è la mia passione, il mio pane, la mia casa. Sento che è mio dovere fare in modo che questa pianta incredibile sia preservata e goduta da tutti. Io sarò un fumatore, un coltivatore, un allevatore e uno strain hunter per la vita»
sime qualità di scrittura annotazioni tecniche, storiche e sociologiche sulla produzione dell’hashish nei monti del Rif. Lo troverete ripubblicato sul prossimo numero di Dolce Vita (ed è già disponibile online sul nostro sito col titolo “Spedizione Marocco”). Negli ultimi anni era diventato sempre più conosciuto a livello internazionale, diventando anche protagonista di un documentario intitolato “Kings of cannabis” pubblicato da Vice. Sul sito listato a lutto della Green House Seed Co capeggia una sua frase, con la quale crediamo sia giusto ricordarlo: «La cannabis è la mia passione, il mio pane, la mia casa. Sento che è mio dovere fare in modo che questa pianta incredibile sia preservata e goduta da tutti. Io sarò un fumatore, un coltivatore, un allevatore e uno strain hunter per la vita». Franco Loja, Strain Hunter (20/05/1974 – 02/01/2017) DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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DONALD TRUMP: QUALI SONO LE SUE POSIZIONI SULLA LEGALIZZAZIONE? Cosa pensa Donald Trump della legalizzazione della cannabis, e più in generale, della guerra alla droga? Gli Usa sono stati per decenni la guida del proibizionismo, imposto per loro volere in tutto il mondo, ed ora sono anche il paese a partire dal quale sta nascendo una svolta, resa ancor più impetuosa dagli ultimi referendum, con i quali otto nuovi stati hanno avviato la legalizzazione. Un percorso che fino ad ora è nato dagli stati locali, a partire da Colorado e Washington, e che Obama si era limitato a non ostacolare, con qualche vaga dichiarazione di appoggio. Trump ha affermato di sostenere la legalizzazione a fini medici e che i singoli stati devono essere liberi di fare le proprie politiche sulla cannabis, tuttavia si è anche espresso con scetticismo sulla esperienza del Colorado. Ad oggi, la non ingerenza del governo federale nelle legislazioni locali sulla cannabis si basa sul “Mamorandum Cole”, rilasciato nell’agosto 2013 dal Dipartimento della Giustizia, che permette in sostanza agli stati membri di adottare la propria politica in questo settore, rispettando alcune linee guida. Ma la legge federale continua a classificare la cannabis come una droga illegale da perseguire al pari dell’eroina. Per questo se il nuovo presidente volesse riportare indietro le lancette dell’orologio e vietare le legalizzazioni potrebbe teoricamente farlo.
IL COLORADO VUOLE USARE I SOLDI DELLA CANNABIS LEGALE PER DARE UNA CASA A TUTTI I CITTADINI Il governatore del Colorado, John Hickenlooper, ha proposto di cambiare la legge sulla cannabis in Colorado, per permettere di utilizzare parte dei proventi delle tasse per garantire un’abitazione ai senzatetto. La proposta prevede di utilizzare 12,3 milioni di dollari per costruire 1.500 nuove unità abitative per i senzatetto, 4 milioni di dollari per acquistare o costruire 354 unità abitative da destinare ai servizi sociali e psichiatrici ed altri 2 milioni di dollari in incentivi per aggiungere 250 unità abitative a prezzi accessibili per gli anziani e coloro che devono affrontare l’aumento dei prezzi provocato dal processo di gentrificazione che sta colpendo diversi quartieri delle grandi città. Per portare a termine il suo progetto di governare uno Stato dove tutti abbiano una casa il governatore punta sui proventi della cannabis, che nei primi nove mesi del 2016 hanno generato entrate pari a 134 milioni di dollari. Per farlo però dovrà riuscire a far votare una modifica alla legge sulla legalizzazione che attualmente prevede che gli introiti debbano essere utilizzati esclusivamente per l’applicazione della legge, l’assistenza sanitaria, la prevenzione dell’abuso di sostanze ed i programmi di trattamento e recupero.
RAGAZZA TROVATA CON DUE SEMI DI CANAPA: I CARABINIERI LA SEGNALANO PER ASSUNZIONE DI DROGHE Una notizia assurda: a Benevento una ragazza di 18 anni è stata trovata in possesso di due semi di canapa da parte dei carabinieri, i quali glieli hanno sequestrati e l’hanno segnalata come assuntrice di droghe. A riportare la notizia il giornale locale Ottopagine. Non molti i particolari aggiunti, se non il fatto – non molto credibile – che la ragazza avrebbe nascosto i semi dentro al casco che indossava al momento del fermo, avvenuto mentre era a bordo dello scooter. Una circostanza difficile da credere, visto che i semi di canapa sono perfettamente legali e non vi sarebbe alcun motivo di nasconderli. A stupire maggiormente è il fatto che la ragazza sia stata segnalata per consumo di droghe, una misura assolutamente insensata, visto che i semi di cannabis ovviamente non hanno alcuna capacità psicoattiva, ed il loro commercio nonché la detenzione sono del tutto legali.
VI PORTIAMO DENTRO UN DISPENSARIO DELL’OREGON AD UN ANNO DALLA LEGALIZZAZIONE Per comprare cannabis in Oregon basta mostrare la propria patente ed essere registrati nel sistema. Dopo questa semplice operazione qualunque maggiorenne può acquistare infiorescenze di cannabis coltivata in outdoor (la maggior parte delle coltivazioni dello Stato è in esterni) o indoor, ma anche estratti di vario tipo e concentrazione, prodotti da mangiare che spaziano dalle space cake ai pop corn, tinture, creme, DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
prodotti topici. Insomma, praticamente qualsiasi derivato della pianta per uso umano, compresi tutti i prodotti ad alto livello di CBD. Abbiamo avuto l’occasione di passare qualche giorno nel Paese e siamo andati a trovare i ragazzi del Talent Health Club, il dispensario della città di Talent nella contea di Jackson. Guarda il video:
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ASCIA CORNER
di Giancarlo Cecconi - ASCIA
Per maggiori informazioni: www.canapainfopoint.it
RICOMINCIAMO!
Dopo le dimissioni di Renzi il CIP riparte senza esitazioni sostenendo le iniziative a favore della legalizzazione Abbiamo sempre affermato che la strada per la legalizzazione è impervia e a volte sembra addirittura impossibile da percorrere; in questo momento nonostante un numero considerevole di proposte di legge sulla legalizzazione siano state presentate in questi ultimi anni nei due rami del Parlamento, nonostante si sia costituito l’intergruppo parlamentare dando forza politica e consenso trasversale a quelle proposte elaborando un’unica stesura, nonostante si sia arrivati a discuterne alla Camera anche se per un solo giorno, nonostante siano state raccolte più di 60mila firme per la proposta di legge di iniziativa popolare a supporto del lavoro dell’intergruppo e nonostante molte autorevoli voci si siano schierate a favore di una regolamentazione della coltivazione, della distribuzione e del consumo di cannabis, da Cantone a Veronesi, dai sindaci di molti Comuni ai rappresentanti dei sindacati delle forze dell’ordine, tutto questo sta per vanificarsi a causa delle dimissioni del Presidente del Consiglio Matteo Renzi e tutto lascia supporre che non sarà certo il governo Gentiloni a voler continuare sulla strada faticosamente percorsa fino ad ora per liberare più di 5milioni di cittadini italiani dalla minaccia di procedimenti amministrativi o penali per la loro condotta non convenzionale. Siamo altresì convinti che in tutti i casi, qualsiasi fosse stato il risultato della consultazione referendaria, il dibattimento sulla proposta dell’intergruppo sarebbe andato in fondo a tutte le altre priorità che di volta in
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volta vengono ad interporsi per volontà governativa, siano queste relative alla riforma costituzionale, sia per un accordo su una legge elettorale o per la spartizione di poltrone nelle stanze del Potere, quel Potere che purtroppo sta ancora in mano alla finanza, alla malavita organizzata, ad un’organizzazione
In tutti i casi, qualsiasi fosse stato il risultato della consultazione referendaria, il dibattimento sulla proposta dell’intergruppo sarebbe andato in fondo a tutte le altre priorità
massonica che ha adepti a destra e a sinistra e dulcis in fundo nel condizionamento che la chiesa cattolica ha sempre esercitato e fatto pesare sulla politica e sulle scelte nazionali. Non possiamo ritenere un incidente di percorso la strana alleanza tra PD e Lega per non inserire la legalizzazione della cannabis nella legge di bilancio come proposto da Sinistra Italiana, la vediamo piuttosto come la summa di tutte le componenti che gestiscono questo Potere e che da decenni, per interessi legati al proibizionismo o per il condizionamento culturale della componente cattolica, impedisce qualsiasi progresso in relazione ai diritti civili e alla legalizzazione della cannabis in particolar modo. Questa è in sintesi la considerazione fatta in occasione della prima assemblea dei soci del Canapa Info Point e da questa considerazione è uscita più forte che mai l’esigenza di non demordere, di trovare la forza organizzativa che ci terrà impegnati ancora per altri lunghissimi mesi, fino a quando con un governo eletto dalle scelte popolari, non si deciderà di pronunciarsi finalmente e definitivamente sul diritto di ognuno alle libere scelte e al libero arbitrio. Il fatto che all’assemblea del CIP siano intervenute delegazioni delle sedi distaccate di Salerno, di Napoli, di Taranto, della provincia di Latina, dei Castelli Romani, di Perugia e una discreta rappresentanza di soci, ci fa ben sperare nella volontà di chi non vuole arrendersi, per trovare quella forma organizzativa che dimostrerà nei fatti e nei numeri la nostra costante presenza e determinazione. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
FREEWEED BOARD
Per maggiori informazioni: www.freeweed.it
a cura dell’Associazione FreeWeed Board
DALL’INIZIATIVA DI FREEWEED NASCE LA “CARTA DEI DIRITTI SULLA CANNABIS” Consapevoli dell’importanza di portare in primo piano in questo momento storico di grande interesse verso la cannabis la tematica dei Diritti delle Persone che la utilizzano e coltivano, l’Associazione FreeWeed ha valutato l’idea di redigere, e di proporne l’adesione a tutti gli interessati, una Carta dei Diritti sulla cannabis, che comprenda universalmente gli ideali sociali che da sempre caratterizzano l’espressione e l’identità del movimento antiproibizionista, oltre a voler divenire strumento di aggregazione su tematiche che siano orientate maggiormente verso l’ambito socio-culturale rispetto all’attuale orientamento mediatico politico-economico. La Carta dei Diritti sulla cannabis può e vuole divenire strumento di movimentazione e si propone come un manifesto sociale concreto, teso verso l’espressione di diritti fino ad oggi negati o messi in secondo piano rispetto ad altri. Crediamo fortemente che un sostegno comune su questa tematica da parte di tutte le realtà che da anni si battono per la cannabis sia fonda-
Le persone sono in grado di autoregolare i propri stili di assunzione quando hanno la possibilità di accedere ad una informazione libera e corretta: la società deve contribuire alla realizzazione di condizioni che favoriscano l’autonomia delle persone, invece di criminalizzarle come oggi avviene nel contesto proibizionista. mentale, soprattutto nel contesto legislativo attuale. La tematica dei Diritti Umani ci coinvolge tutti ed è tempo di schierarsi chiaramente verso il loro riconoscimento e la loro tutela. La dignità delle persone ed i diritti umani fondamentali sono ineliminabili e inviolabili, indipendentemente dai comportamenti e dalle condizioni di vita dei singoli individui. Nessuna norma o trattamento in contrasto con la dichiarazione universale dei diritti umani può essere applicata nei confronti di una persona che scelga di utilizzare cannabis.
Chiediamo il riconoscimento, il rispetto e la tutela, da parte dello stato e di chi ne gestisce, approva ed attua le leggi, dei diritti fondamentali dell’uomo inerenti al consumo ed alla coltivazione per uso personale della pianta di cannabis. -Diritto all’uguaglianza e libero sviluppo della personalità -Diritto all’autoproduzione e all’autoconsumo -Diritto alla libertà terapeutica -Diritto alla ricerca -Diritto a contrastare la criminalità organizzata -Diritto al libero associazionismo (CSC)
LA PUBBLICAZIONE PIU' IMPORTANTE DEL CANNABUSINESS ITALIANO
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a cura dell’Avv. Carlo Alberto Zaina *
AVVOCATO RULEZ
COLTIVAZIONE: UN PASSO INDIETRO
Secondo l’avvocato Zaina una recente sentenza della Corte di Cassazione in merito alla coltivazione, comporta una frenata dopo tante speranze Le sentenze di condanna sino a che non passano in giudicato vanno discusse dagli avvocati solo con gli eventuali mezzi di impugnazione ammessi. Una volta definitive possono essere (e devono, se ve ne sono le condizioni) discusse. La sentenza n. 49222/16, pronunziata dalla QUARTA SEZIONE PENALE lo scorso 6 ottobre, a mio avviso, pone il problema dell’esistenza della Corte di Cassazione. Si trattava di un giudizio riguardante il tema della coltivazione di pochissime piante (4) da parte di due giovani ferraresi, i quali, in primo grado erano stati assolti dal Tribunale di Ferrara, ma in appello (su impugnazione del P.M.) erano stati condannati a 4 mesi dalla Corte di Appello di Bologna.
Se il giudice di legittimità, come nel caso specifico, si arrocca in posizioni antistoriche (ed illogiche) e si trincera dietro la apparente correttezza formale di argomenti che, in realtà, mostrano gravi difetti di ordine sostanziale, non si comprende a quale funzione assolva la Corte Suprema. Si rimane assolutamente perplessi, quando si legge testualmente (la sentenza può essere consultata integralmente sulla mia pagina STUPEFACENTI E DIRITTO): «Ebbene, la sentenza impugnata valorizza, non illogicamente, il numero delle piante (quattro), l’altezza delle stesse (40 - 60 centimetri), le modalità non disorganizzate di coltivazione (in serra), la ricavabilità di ben 134 dosi medie singole, tali da superare abbondan-
temente il valore soglia, la compresenza di oggetti potenzialmente destinati alla cessione, con ragionamento congruo ed immune da vizi censurabili in cassazione». Il ragionamento trasfuso in sentenza dalla Corte di Cassazione, che evoca parametri già espressi dalla Corte di appello, si fonda su ipotesi, su valutazioni astratte, e soprattutto sull’uso errato ed improprio di canoni interpretativi (la dose media singola in luogo della quantità massima detenibile). Un brusco passo indietro, dopo tante speranze. * Avvocato penalista patrocinante in Cassazione. Componente effettivo dello staff redazionale di ALTALEX, membro permanente del comitato scientifico di DIRITTO.IT ed OVERLEX.COM
CONSULENZA LEGALE ONLINE GRATIS
Sul forum di www.Enjoint.com è attivo il CORNER AVVOCATO, una sezione dove l'Avv. Zaina risponde alle domande degli utenti fornendo di fatto una consulenza legale. È un servizio prezioso e gratuito offerto dall'Avvocato stesso in collaborazione con Enjoint e Dolce Vita. Per inserire una domanda è sufficiente iscriversi (anche in forma anonima) al forum. a cura di Markab *
LEGALIZE IT
VERSO LA NORMALIZZAZIONE E OLTRE
Siamo alle battute finali di una società malata: il nuovo avanza in tutto il pianeta e sovrasta la vecchia filosofia consumistica di sfruttamento. Si sta creando una coscienza in molti di noi che ci permette di vedere con consapevolezza quello che ci sta attorno, quello che prima era solo un animale o una pianta oggi possono essere visti come esseri viventi; questo non è scontato. Molti Stati in tuto il mondo si stanno muovendo verso una regolamentazione di alcuni usi dei cittadini che fino a ieri erano criminalizzati per stupida ideologia; oggi ci si rende conto che queste vecchie posizioni hanno permesso per decenni un arricchimento smodato delle DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
criminalità internazionali e locali. Queste vecchie posizioni hanno anche collaborato a sminuire la credibilità di un’amministrazione e delle forze dell’ordine che avrebbero il dovere di tutelare i diritti dei cittadini e non criminalizzarli con leggi incostituzionali o con abusi di potere ingiustificati su esseri umani non violenti. Se le decisioni del nostro futuro verranno lasciate in mano alla politica (vecchia o nuova), ignorante sulle reali potenzialità di questa pianta e dei suoi fruitori, probabilmente ci ritroveremo una legge e un futuro che continuerà a discriminare questo genere di consumo; magari sopprimendo quel senso di normalizzazione che sta crescendo naturalmente nella nostra società. La storia ci insegna che il futuro e la realtà sono sempre condizionate dalle leggi. Sono anni che l’attivismo cannabico predica di equiparare la cannabis al vino, questo perché l’alcol nel nostro paese è riuscito a creare socialità e a fondere comunità quanto lo è stata la pianata di canapa. Il nostro vario
territorio è una fucina di biodiversità che, se gestito con cura, può creare alta qualità e cultura come è avvenuto in passato per l’uva ed i suoi derivati. Il vero valore è la coltivazione ad ogni livello, cosa mai può essere più normalizzante di poter autoprodurre o solamente vedere una coltivazione personale e capire quanto amore, valore emozionale, e cura trasmette un coltivatore nei riguardi delle sue “bimbe?” (Piante di cannabis femmina). Cominciamo questo 2017 con una nuovissima legge sulla Canapa (a basso contenuto di THC) che permetterà a tutti di far germinare piante legali per uso dimostrativo, così da invadere con la natura l’intera Repubblica Italiana.
* Antiproibizionista dal 2005, ideatore dei Canapa Info Point. Direttivo OverGrow.it, ASCIA, Staff 3°, 4°, 5°, 6° Coppa Cannabica Italiana. Relatore presso la Commissione Giustizia della Camera dei Deputati in rappresentanza dei fruitori di cannabis.
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NATURA VS INDUSTRIA
TABACCO: LEGGI, DIVIETI E MODALITÀ PER L’AUTOPRODUZIONE Un po’ di chiarimenti sulle leggi piuttosto contorte relative all’autoproduzione di tabacco
In Italia è legale coltivare tabacco in casa? Occorre assolvere delle pratiche? E si può trasportare e nel caso vendere? Si corrono dei rischi? Queste e altre domande relative all’autoproduzione di tabacco ci sono state poste spesso in questi mesi dagli utenti del nostro sito. Domande a cui spesso non è neppure semplice trovare una risposta, perché le leggi sul tabacco in Italia si sono stratificate nel tempo, partendo dal 1929 e poi subendo modifiche nel 1948, nel 1972 ed ancora nel 1986. Ma nei siti ministeriali ed in quello dei Monopoli non si trova una pagina di informazioni che consentano a chi desidera coltivare tabacco in casa di sapere se e come può farlo. Una esigenza tuttavia sentita da sempre più persone, desiderose di evitare gli elementi nocivi (come pesticidi ed additivi) contenuti nel tabacco industriale, di risparmiare qualche soldo o anche solo di mettere alla prova il proprio pollice verde con una nuova coltivazione. Ecco le risposte alle domande che abbiamo ricevuto. È legale coltivare tabacco in casa? La risposta è Sì. La produzione di tabacco non è più sottoposta a Monopolio di Stato dall’approvazione del D.L. 30 novembre 1970, n. 870 che ha eliminato il monopolio sulla semina e la coltivazione di tabacco. Da allora coltivare tabacco è legale e non è necessaria nessuna comunicazione alle autorità. Rimane invece vietato detenere, senza l’autorizzazione dell’Amministrazione dei monopoli, «meccanismi ed utensili preordinati alla lavorazione del tabacco».
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Significa che è possibile fare solo una coltivazione artigianale, senza i macchinari utilizzati dalle industrie.
Il tabacco è una pianta fortemente regolamentata ma il suo status non è analogo a quello delle droghe illegali, quindi anche se autoprodotto può essere trasportato, fumato e anche fatto provare o donato agli amici senza corrispettivo in denaro Quanto tabacco si può coltivare? Senza nessuna autorizzazione è possibile produrre un massimo di mille foglie di tabacco. Non esiste un limite fissato in numero di piante, tuttavia ogni pianta delle varietà maggiormente diffuse produce 20-50 foglie di media. Quindi è possibile stabilire un limite medio di almeno una trentina di piante. Da sottolineare che se il raccolto eccede le mille foglie non si va in contro a sanzioni, ma si ha l’obbligo di donare (senza corrispettivo di denaro) le foglie eccedenti il limite ai consorzi autorizzati per la coltivazione di tabacco. Si può vendere il tabacco prodotto in casa? Se è vero che la produzione di tabacco non è più soggetta a monopolio, lo è invece la
vendita. Vendere tabacco lavorato senza autorizzazione e privo di certificazione da parte dei monopoli è assolutamente illegale e passibile dell’accusa di contrabbando. Il tabacco autoprodotto può essere trasportato? La risposta è Sì, nel caso siano stati rispettati i punti precedenti non si incorre in alcuna sanzione. Il tabacco è una pianta fortemente regolamentata ma il suo status non è analogo a quello delle droghe illegali, quindi anche se autoprodotto può essere trasportato (formalmente anche oltre frontiera, anche se si rischiano noie), fumato e anche fatto provare o donato agli amici senza corrispettivo in denaro. Ma in definitiva ha senso autoprodurre il tabacco? Una volta chiariti gli aspetti legali questa è la vera domanda. Ovviamente ha senso perché si risparmia e soprattutto si evitano gli agenti nocivi e gli additivi della produzione industriale. Ma la coltivazione di tabacco è una pratica molto più difficile di quanto si potrebbe pensare. Già fare germinare i semi non è semplice per un neofita, così come la crescita (servono circa 4 mesi perché una pianta sia pronta) necessita di cure. Attenzioni che servono anche per le fasi di essiccazione e lavorazione, in quanto alcune parti della foglia devono essere rimosse. Tuttavia, ora che abbiamo appurato che si può fare, se avete deciso di fare un tentativo, sul web potrete trovare numerose guide che vi potranno aiutare in questo esperimento. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
a cura di Francois Le Jardinier
GIARDINAGGIO
TALEE: MOLTIPLICARE LE PIANTE A COSTO ZERO Utilizzare pezzi di rami, fusti o foglie per clonare le piante è il metodo più facile, più frequente ed alla portata di tutti
Quante volte avete desiderato la pianta di un amico ma avete rinunciato a clonarla perché non sapevate come fare? Questo articolo vi aiuterà a riprodurre una pianta tramite talea, cioè il frammento di una pianta (rami, foglie o fusti) appositamente tagliato e rinvasato così da farlo radicare e quindi crescere. La riproduzione tramite talea tuttavia non è possibile con tutte le piante perché alcune specie non emettono radici o lo fanno in tempi troppo lunghi, in questo caso è bene informarsi prima di iniziare a clonare una pianta. Quando possibile però il sistema per talea permette di avere piante identiche alla pianta madre, cosa che invece risulta impossibile partendo dal seme. Il tempo di radicazione, cioè di emissione delle radici dalla talea, varia da specie a specie e può andare da 4-5 giorni fino a 4 mesi o più. Inoltre in base alla specie della pianta si distinguono differenti tipi di talee: i gerani ad esempio radicano per talea erbacea, le talee di rosa sono legnose o semilegnose, mentre le begonie si propagano rapidamente per talea fogliare.
Talee semilegnose. Si praticano prevalentemente in estate, prelevando porzioni di rami giovani, parzialmente lignificate, con più nodi (sono le parti del fusto e dei rami in corrispondenza della quale spuntano le foglie e le gemme, da cui potranno formarsi altri rami). In genere sono lunghe 10-15 cm e si interrano per alcuni centimetri, inserendo almeno un nodo da cui si svilupperanno le nuove radici.
Talee fogliari. Questo genere di talea è utilizzata per moltiplicare piante con foglie spesse e carnose, come la begonia. È necessario prendere una foglia matura adagiarla in un vaso con terriccio e con un coltello praticare delle incisioni sulle nervature. In questo esclusivo caso le talee si svilupperanno dalle incisioni e quando raggiungeranno i circa 6-10 cm andranno staccate e rinvasate.
Talee di cactus. Queste specie radicano con molta facilità e solitamente questa tecnica viene utilizzata nel caso di piante malate da cui si esportano le parti sane che si faranno radicare per ottenerne di nuove. È importante far asciugare bene il ramo, il fusto o la parte che bisogna ripiantare in modo tale che la superficie del taglio si asciughi e incentivi la radicazione.
Talee erbacee. Il periodo migliore per effettuate le talee erbacee è la primavera e sono ideali per le piante erbacee o perenni mentre sono poco indicate nel caso di alberi e arbusti di grandi dimensioni. Questo tipo di talee si effettuano prelevando la parte apicale dei germogli erbacei o di un ramo e facendoli radicare in un vaso riempito con terriccio, sabbia e torba. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
Talee legnose. Questo tipo di talee si effettuano con le piante ad alto fusto o con alcuni arbusti, nel periodo autunnale o alla fine dell’inverno, prelevando porzioni di rami dopo la caduta delle foglie dalla lunghezza di circa 10-15 cm. È bene eliminare una piccola parte di corteccia dalla parte bassa del rametto, per favorire la radicazione.
In genere le talee legnose ed erbacee hanno una probabilità maggiore di radicazione se si nebulizzano spesso, anche 10 volte al giorno. Per la buona riuscita della riproduzione è inoltre utile ricordare che il taglio va effettuato in modo netto e deciso, ed è inoltre fondamentale mantenere l’ambiente pulito così da evitare muffe e batteri. La moltiplicazione di una pianta tramite talea può essere effettuata su quasi tutte le piante, e la buona riuscita è condizionata anche dall’ambiente circostante. Se non riuscite al primo tentativo possono essere varie le cause, non demordete e ritentate, non costa nulla!
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PIANTE INNOVATIVE
a cura di pianteinnovative.it
SEMINARE IL FUTURO PER SALVARE LA TERRA
Oggi più che mai di fronte ai veloci cambiamenti climatici è necessario difendere la biodiversità, risvegliando ed educando il giardiniere che è in noi Pensando ai cambiamenti climatici, tema molto importante, mi viene in mente il famoso dialogo fra un chiodo e un quadro. “A me m’ha sempre colpito questa faccenda dei quadri. Stanno su per anni, poi senza che accada nulla, ma nulla dico, FRAN! Giù, cadono. Stanno lì attaccati al chiodo, nessuno gli fa niente, ma loro a un certo punto, FRAN! Cadono giù, come sassi. Nel silenzio più assoluto, con tutto immobile intorno, non una mosca che vola, e loro, FRAN. Non c’è una ragione. Perché proprio in quell’istante? Non si sa. FRAN. Cos’è che succede a un chiodo per farlo decidere che non ne può più? C’ha un’anima, anche lui, poveretto? Prende delle decisioni? Ne ha discusso a lungo col quadro, erano incerti sul da farsi, ne parlavano tutte le sere, da anni, poi hanno deciso una data, un’ora, un minuto, un istante, è quello, FRAN. O lo sapevano già dall’inizio, i due, era già tutto combinato, guarda io mollo
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tutto tra sette anni, per me va bene, okay allora intesi per il 13 maggio, okay, verso le sei, facciamo sei meno un quarto, d’accordo, allora buonanotte, notte. Sette anni dopo, 13 maggio, sei meno un quarto, FRAN”. (Alessandro Baricco, Novecento. Un monologo)
La scarsa risposta al problema della conservazione della biodiversità deriva dalle poche conoscenze sull’interazione fra le specie e gli interessi economici che dilaniano ed estinguono i legami della vita
Dei segnali certo ci sono, uno fra tutti la perdita di biodiversità che galoppa feroce le cui cause sono attribuibili prevalentemente alla degradazione degli ambienti e alla perdita di fertilità dei suoli. Quando scopro che negli anni 50 l’humus della pianura padana corrispondeva a circa a 50 cm e ora è ridotto a meno di 1 cm, il ritmo è quello di un fiume in piena. La scarsa risposta al problema della conservazione della biodiversità deriva dalle poche conoscenze sull’interazione fra le specie e gli interessi economici che dilaniano ed estinguono i legami della vita. Tuttavia predisporre sistemi che guardano al ciclo vitale è l’unica strada percorribile per garantire la persistenza della natura come la conosciamo. Da qui l’impulso per un’agricoltura naturale, fatta di biodiversità, di abbondanza di forme viventi, di raccolti differenziati. Stili di vita s’intrecciano con necessità ecologiche e produttive e nascono orti sinergici, foreste commestibili, orti bioattivi, culture di ortaggi DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
perduti e frutteti in permacultura. Non più battaglioni di piante al servizio dell’industria e dal valore all’ingrosso, ma sistemi basati sul km 0, sull’autoproduzione, sul mercato sano e sulla qualità e varietà dei prodotti. Da dove cominciare? Un ettaro di frutteto in permacultura ad esempio può servire tre ettari di frutteto convenzionale, gli insetti e la fauna che trovano rifugio in un sistema naturale sono fondamentali per i cicli vitali; dall’impollinazione alla presenza d’insetti antagonisti per i parassiti. Le malattie troveranno argine nelle diverse specie vegetali presenti e a differenza della monocoltura il sistema saprà debellare in maniera autonoma eventuali attacchi. Il lavoro rimane, ma è un lavoro che agisce in sintonia con la tendenza della natura a produrre varietà. Ci vuole una conoscenza ampia delle specie vegetali, della loro interazione e tempi di maturazione dei frutti, insomma una vera progettualità di ripristino ambientale che guarda alla cura del suolo. Possiamo confinare i sistemi specializzati in serre apposite, ma il campo aperto deve ospitare diversità, è folle diserbare e dare concimi chimici se poi perdiamo la microflora dei microrganismi che garantiscono la distribuzione delle risorse del terreno e la salubrità di ciò che troviamo poi in superficie. La natura sa trovare sempre un equilibrio, ma oggi dobbiamo agire, risvegliare ed educare il giardiniere che è in noi e cominciare a seminare,
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seminare fiori, ortaggi perduti, partecipare a scambi di semi, piantare alberi; sono più gli alberi che fanno la storia che non gli uomini. Anche piccoli appezzamenti vanno bene, seminate dunque facelie e calendule soprattutto in città in barba all’inquinamento, negli spazi verdi delle scuole spirali di aromatiche e orti didattici offriranno una materia in più per la formazione dei bambini, dei ragazzi e degli adulti, cogliendo l’occasione per imparare a far crescere dal vivo la storia, non sarà una lattuga a salvare il mondo, ma di sicuro conquisterà il vostro cuore di soddisfazione quando bella viva ve la troverete nel piatto. Seminare in fondo è un gesto semplice, che appartiene a tutti e il tempo perso in questo gesto sarà guadagnato negli anni a venire. Punto di non ritorno? Mi sembra un ottimo punto di partenza per cominciare veramente a conoscere questo mondo. «È una lezione che non dovremmo dimenticare: solo la biodiversità e la difesa della terra ci salveranno» (Vandana Shiva).
Arcano
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SHANTIBABA’S BAG OF DREAMS
a cura di SHANTIBABA*
DA COLTIVATORI INDIPENDENTI A REGOLAMENTATI Regolamentare l’industria della cannabis sarà un passo importante da affrontare per allinearla al commercio mondiale
L’industria della Cannabis è progredita notevolmente negli ultimi 30 anni e le aziende collegate a questo mondo sono aumentate in maniera esponenziale. Sistemi per piante madre, cloni per estrazioni specializzate, semi su misura per le esigenze dei singoli grower, nutrienti e micronutrienti, macchinari per la lavorazione, essiccazione e cimatura di piante intere, sistemi computerizzati e integrati da usare attraverso le app del cellulare per il controllo di tutti gli aspetti climatici nella growroom o in serra, e potremmo continuare ancora a lungo. Insomma, di strada se ne è percorsa dal semplice annaffiare una pianta e vederla crescere.
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I prodotti del mercato nero la facevano franca non dovendo rispettare nessuna normativa ma ora che siamo in una situazione di legalità non c’è spazio per compromettere la salute dei cittadini
Visti tutti i progressi e le tecnologie disponibili su vasta scala è davvero facile farsi prendere dall’entusiasmo e usare tanti sistemi o stimolanti della crescita per massimizzare efficienza e profitto, perdendo a volte di vista la semplicità che ci ha portato nel mondo della cannabis. Per non parlare della confusione che genera il vedere l’insieme delle numerose scelte e opzioni che esistono per ogni aspetto di questa industria. L’abuso e le colture eccessive sono fattori da affrontare dato che non sono così efficaci come un tempo si pensava. Col passare del tempo anche la catena di distribuzione si va definendo e i prezzi del prodotto base DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
Leggi tutti gli articoli di Shantibaba su dolcevitaonline.it/category/cannabis/grow/shantibaba
si assestano verso il basso; quindi rispetto agli inizi o rispetto a quando si trattava di un mercato illegale sono cambiate diverse cose, tra cui la corsa iniziale per sfruttare al meglio le grosse strutture per la coltivazione indoor, e questo aspetto può causare conflitto nel mondo della cannabis a meno che non lo si affronti come già si fa con il granturco, lo zucchero di canna o altri beni alimentari. È necessario fissare un prezzo standard al kg se viene classificata come canapa, e un altro prezzo per cannabis indoor, da serra e outdoor che sia deciso su parametri quali le settimane di fioritura o anche i livelli di cannabinoidi presenti o su altre classificazioni che permettano distinguere tra industriale, commerciale o pregiata… È così che funzionavano prima le cose nel mercato nero e, nell’ambito del sistema dei coffee shop olandesi, il prezzo era generalmente fissato a seconda delle settimane di fioritura. Quindi le Indiche alla sesta settimana valevano la metà delle varietà di Sativa che potevano continuare la fioritura fino alla dodicesima settimana… Ad ogni modo anche questa classificazione ha i suoi punti deboli. Non importa quali sono i criteri per stabilire il prezzo di vendita, ciò che conta e che a
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livello statale si imposti un lavoro congiunto per controllare i prezzi da fissare per lo standard di qualità. Questo è il modo in cui opera l’industria farmaceutica e, considerato che ci stiamo muovendo verso questo tipo di paradigma, dovremmo quantomeno provare a stabilire dei livelli per mostrare professionalità e presenza di controlli della qualità.
me problematiche dopo tre anni di lavoro. Infatti se da un lato il sistema delle tasse funziona bene, così come anche gli aspetti della regolamentazione e del controllo, lo stesso non si può dire per alcuni possessori della licenza, i quali stanno attraversando delle difficoltà, oppure per alcuni stabilimenti che stanno fallendo a causa delle oscillazioni di prezzo dei fiori essiccati.
Una maniera per risparmiare molto tempo, sforzi e finanze nel lungo periodo sarà quella di comprendere da subito gli obbiettivi da raggiungere, e attrezzarsi per andare in quella direzione. A parecchie aziende di settori che sono sul punto di crescere esponenzialmente, capita spesso di partire a razzo dai blocchi di partenza, ma bisogna considerare che c’è da percorrere tutto il resto della maratona. Per cui è necessario riflettere sulle oscillazioni e sui modelli mutevoli di consumo prima di intraprendere l’impresa.
Attualmente in alcune aree si sta verificando un crollo dei prezzi dei fiori coltivati indoor che arriva fino al 50% e ciò è dovuto alle leggi di base della domanda e dell’offerta e anche ai raccolti stagionali. Parecchie aziende che sono entrate nel business circa tre anni fa e che hanno investito nella costruzione di infrastrutture - tipo growroom a norma in edifici affittati o addirittura in fabbriche - stanno vedendo che i costi a cui vanno incontro in tutto il processo produttivo e organizzativo sono troppo elevati per ottenere quel margine di profitto che avevano calcolato, e per il quale hanno lavorato per tre anni. Le ragioni sono diverse e non sono da imputare a chissà quale fattore se non alla quantità prodotta, e anche al non aver stabilito per la domanda
Negli stati USA di Washington e Colorado, i primi due stati che hanno legalizzato l’uso ricreativo della marijuana attraverso il voto degli elettori, stanno sorgendo le pri-
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un prezzo standard basato sulla qualità del prodotto. Trattandosi di un mercato nuovo e vulnerabile possono verificarsi forti variazioni dei prezzi - sia verso l’alto che verso il basso - dei fiori essiccati. Se da un lato il mercato mondiale dei composti presenti nella cannabis quali THC, CBD, CBG, terpeni e altri si sviluppa in diversi tipi di aziende, i fiori essiccati, gli estratti di cannabis e altri concentrati puri e isolati cominciano ad avere dei prezzi stabiliti a seconda della domanda, offerta e situazione legale del paese che richiede tali prodotti. Il prezzo varierà considerevolmente se si possiede una licenza per produrli in un determinato Paese o se bisogna importarli, trasportarli e processarli. Tali aspetti determineranno il prezzo per utente finale e per Paese, che attualmente è soggettivo e vittima di truffatori e imprenditori senza scrupoli il cui unico obbiettivo è ottenere un profitto facile senza curarsi della qualità, affidabilità e stabilità del prodotto. L’industria sta uscendo da questo vecchio paradigma produttivo e, ora che è legale e regolamentata, certamente non permetterà che si ritorni a tale situazione. Il fattore contaminazione nella cannabis è stato affrontato nel passato solamente se la gente si sentiva male per strada. Altrimenti fino a oggi nessun coffee shop in Olanda o club in Spagna ha mai mostrato dati riguardanti analisi di laboratorio sulla composizione della cima essiccata o su quali prodotti tossici, o metalli pesanti, permangono sul fiore essiccato! Potete immaginare cosa succederebbe se questo accadesse alla frutta e alla verdura che mangiamo tutti i giorni? Non avrebbe senso! Se un qualsiasi prodotto viene usato dai consumatori nella società odierna e viene ingerito, mangiato, fumato o in qualche modo assimilato dai nostri corpi, a quel punto il governo ha l’autorità per
attuare controlli volti a evitare truffe o danni alla salute. Se l’industria della cannabis non affronta questi aspetti e non controlla che i prodotti per i consumatori siano senza rischi per la salute prima di certificarli come sicuri, beh a quel punto non si starebbe muovendo nella giusta direzione. I prodotti del mercato nero la facevano franca non dovendo rispettare nessuna normativa ma ora che siamo in una situazione di legalità non c’è spazio per compromettere la salute dei cittadini. L’utente medio che consuma cannabis in una forma o in un’altra, fa affidamento sul fatto che ciò che sta comprando è esattamente ciò che pensa di comprare. Se lasciassimo tutto nelle mani dei coltivatori, dei rivenditori o degli intermediari, lasceremmo questo importante aspetto dell’industria in una zona d’ombra. In soli tre anni gli Stati Uniti hanno affrontato gran parte degli aspetti della regolamentazione in maniera corretta, adesso è il momento che lo facciano anche in Europa e in altre parti del mondo. Se da un lato paesi come Stati Uniti, Uruguay, Colombia e pochi altri hanno concesso permessi esclusivi per la coltivazione di cannabis, dall’altro in Europa, Asia e Africa
ci si è opposti a autorizzare e designare coltivatori di cannabis. Tuttavia la richiesta di prodotti finali da parte degli utenti di cannabis terapeutica di tutto il mondo, continua a crescere esponenzialmente. Diciamo che è inutile provare a fermare una persona malata che non ha nulla da perdere bensì tutto da guadagnare dall’ottenere un certo prodotto; appare chiaro che questo tipo di utente cercherà tale prodotto anche se il suo paese lo ritiene illegale, specialmente ora che ci sono shop online aperti 24h. La verità sta sotto gli occhi di tutti è sarebbe assurdo evitare di vederla. Un tempo erano le multinazionali e i governi che dettavano gli usi e i costumi della popolazione, ma ora che la propaganda e il marketing non funzionano più così bene le cose stanno cambiando. Le persone in tutto il mondo sono ora in grado di comunicare in maniera più diretta e veloce rispetto al passato e possono informarsi online su argomenti che gli interessano, per cui non sono più all’oscuro delle cose neanche se vivono in aree remote. Quando le autorità e gli stati sono onesti e si prendono cura dei bisogni della propria popolazione e la assistono piuttosto che controllarla o farci del profitto, la gente risponde facendo il proprio dovere e pagando le tasse; a quel punto saranno tutti più soddisfatti e questa industria si focalizzerà su ciò che conta, e cioè il beneficio reciproco. Affrontare le questioni di qualità, stabilità e affidabilità con una politica di prezzi che si basi su standard di qualità sarà un passo importante per allineare l’industria della cannabis al commercio mondiale… Dove peraltro si trova già!
*Breeder della Mr Nice Seedbank tra i massimi esperti mondiali di genetiche e semi di cannabis. Padre di alcuni degli strain più famosi al mondo tra cui “White Widow” e “Super Silver Haze” ATTENZIONE: LE INFORMAZIONI CONTENUTE IN QUESTO ARTICOLO NON INTENDONO IN ALCUN MODO ISTIGARE INDURRE OD ESORTARE L’ATTUAZIONE DI CONDOTTE VIETATE DALLA LEGGE VIGENTE. RICORDIAMO AI LETTORI CHE IL POSSESSO E LA COLTIVAZIONE DI CANNABIS AD ALTO CONTENUTO DI THC SONO VIETATE, SALVO SPECIFICA AUTORIZZAZIONE. E’CONSENTITA LA COLTIVAZIONE DI ALCUNE VARIETA’ DI CANNABIS SATIVA AI SENSI DEL REGOLAMENTO CE 1251/1999 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI. LE INFORMAZIONI CONTENUTE SONO DA INTENDERSI ESCLUSIVAMENTE AI FINI DI UNA PIU’ COMPLETA CULTURA GENERALE. L’AUTORE E LA REDAZIONE NON SI ASSUMONO NESSUNA RESPONSABILITA’ PER UN USO IMPROPRIO E ILLEGALE DELLE INFORMAZIONI. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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PRIME ARMI
a cura di Gam
SETUP DELLA GROWROOM: PREPARAZIONE E ALLESTIMENTO Inauguriamo la nuova rubrica per i neofiti con le spiegazioni sul come portare a termine un ciclo nel migliore dei modi
Alzi la mano chi non ha mai pensato di coltivare una pianta di marijuana. Non importa se a casa del tuo amico che è appena andato a vivere da solo o tra lattuga e pomodori nell’orto del nonno troppo sbadato per farci caso, ma posso affermare che coltivare anche solo una volta cannabis rientra di diritto tra le 100 cose da fare prima di morire. Purtroppo, come ben sappiamo, in quasi tutto il mondo le leggi sulla coltivazione di cannabis sono piuttosto controverse, se negli Stati Uniti andiamo verso una legalizzazione, sia a scopo medico che ricreativo, in Europa il proibizionismo regna sovrano e coltivare all’aria aperta o
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sui nostri balconi di casa può rivelarsi molto rischioso, quindi per evitare sguardi indiscreti di vicini impiccioni possiamo ricorrere a una
Per aiutarci nel controllo di questi parametri ambientali, temperatura e umidita relativa, è consigliabile delineare uno spazio di coltivazione, una growbox è la soluzione più pratica
soluzione che permette di crescere la nostre piante dodici mesi all’anno: la coltivazione indoor. Per portare a termine un ciclo da seme a raccolto non ci vuole un genio, infatti non aggiungeremo niente di più a quello che già è stato scritto sulla coltivazione della cannabis, racconterò solo il punto di vista e le esperienze di tutti quei grower con cui ho potuto interagire nel tempo trascorso sul forum di Enjoint. SETUP Scegliere la giusta growbox. Come ogni altra pianta, la cannabis ha bisogno delle condizioni adatte per poter crescere fiorire DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
STEP 1
o riprodursi, dovremo quindi assicurarci di donarle un substrato ammendato più o meno ricco, un ricambio d’aria, un buon ricircolo all’interno della stanza di coltivazione e per finire un’illuminazione adeguata alla superficie da illuminare. Nessuna di queste componenti è da trascurare, tutto dovrà essere progettato armonicamente: il sistema di illuminazione dovrà essere supportato da un trattamento dell’aria dimensionato in funzione della corretta gestione dei parametri ambientali. Per aiutarci nel controllo di questi parametri ambientali, temperatura e umidità relativa, è consigliabile delineare uno spazio di coltivazione, una growbox è la soluzione più pratica. Non tutti sono abili nel fai da te e l’offerta dei negozi specializzati è davvero variegata e per tutte le tasche, materiali e finiture sono da considerarsi fondamentali nella scelta di una growbox, un tessuto spesso e un buon mylar diamantato sono superiori ai teli sottili, trasparenti e poco riflettenti, meglio spendere qualche decina di euro in più e non aver timore di eventuali infiltrazioni che durante il ciclo potrebbero causare stress alle piante. Le growbox possono essere divise in due categorie: - Fino 1 mq: fanno parte di questa categoria tutte le growbox medio-piccole, quelle facilmente occultabili e molto pratiche. Perfette per chi inizia perché hanno un volume ridotto e una superficie che permette di usare lampade facilmente gestibili anche dal più neofita dei coltivatori senza andare ad intaccare i parametri ambientali.
La cannabis ha bisogno delle condizioni adatte per poter crescere fiorire o riprodursi, dovremo quindi assicurarci di donarle un substrato ammendato più o meno ricco, un ricambio d’aria, un buon ricircolo all’interno della stanza di coltivazione e per finire un’illuminazione adeguata alla superfice da illuminare
- Oltre 1 mq: sono tutte le growbox medio-grandi, per chi ha bisogno di molto spazio ed ha già una certa esperienza, richiedono l’utilizzo di una o più lampade che producono molto calore, aspiratori proporzionalmente dimensionati e un numero di vasi elevato. Una volta individuato lo spazio per posizionare la nostra nuova growbox dobbiamo cominciare a guardarci in giro per trovare la soluzione migliore per coniugare spesa, resa e discrezione. Negli ultimi anni mi sono trovato spesso a consigliare cosa acquistare e io stesso ho avuto stravolgimenti di setup improvvisi, piccoli spazi dove riadattare cose accumulate nel tempo e cose nuove da affiancare, infatti cercate sempre di fare acquisti in prospettiva, coltivare indoor non è economico e spesso un migliore acquisto oggi può farti risparmiare domani.
Conseguentemente alla scelta della growbox dovremo pensare a come illuminare la nostra coltivazione.
Sappiamo che difficilmente otterremo più del famoso g/w, rapporto fra resa in grammi e watt consumati, quindi scegliere la lampada in base a questo parametro può far sì che la quantità di raccolto possa essere prevista all’inizio del ciclo. Per il momento non ci interessa il tipo di illuminazione, quello lo approfondiremo in seguito, per ora ci limiteremo alla quantità di watt sufficienti a ben illuminare la superficie del nostro box, infatti le maggiori aziende che vendono growbox hanno delle misure standard che potremo ritrovare in diversi cataloghi e sono misure tipo 60x60x150, 120x60x180, 120x240x240 e cosi via fino a dimensioni che sfiorano i 20mq. Di seguito analizzeremo tre tipologie differenti, quelle che vanno per la maggiore tra i nuovi grower, da una piccola 60x60 fino alla più comoda e spaziosa 100x100. 60x60x150 Questo è un modello entry level, è discreto per via delle dimensioni ridotte, facilmente mimetizzabile e non incide molto sull’economia domestica, si può illuminare con ogni tipo di illuminazione a wattaggi contenuti, non necessita di aspiratori molto potenti e produce poco rumore. Insomma, un perfetto compagno di stanza. Lampade consigliate: fino a 250w. 80x80x160 Differisce poco dal fratello più piccolo, le dimensioni maggiori lo rendono di fatto meno sthealt, ma più pratico in termini di spazio, un volume maggiore permette di osare un po’ di più in termini di illuminazione. Se abbinato all’aspiratore giusto si possono usare anche wattaggi superiori. Lampade consigliate: fino a 400w. 100x100x180 A differenza dei due formati precedenti l’area coltivabile e il volume aumentano e permettono di valutare l’utilizzo di fonti luminose potenti come la HPS da 600w, se le temperature lo consentiranno, e ci aspetteremo raccolti pesanti. Quasi da PRO. Lampade consigliate: fino a 600w. Nel prossimo capitolo parleremo di illuminazione, analizzeremo tutte le principali caratteristiche delle lampade per la coltivazione indoor, dai LED fino alle famosissime HPS, passando per CFL e le nuove CMH. Infine completeremo il nostro setup con un sistema di aspirazione e ci prepareremo alla scelta dei nostri primi semini della nostra amata pianta.
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ATTENZIONE: LE INFORMAZIONI CONTENUTE IN QUESTO ARTICOLO NON INTENDONO IN ALCUN MODO ISTIGARE INDURRE OD ESORTARE L’ATTUAZIONE DI CONDOTTE VIETATE DALLA LEGGE VIGENTE. RICORDIAMO AI LETTORI CHE IL POSSESSO E LA COLTIVAZIONE DI CANNABIS AD ALTO CONTENUTO DI THC SONO VIETATE, SALVO SPECIFICA AUTORIZZAZIONE. È CONSENTITA LA COLTIVAZIONE DI ALCUNE VARIETÀ DI CANNABIS SATIVA AI SENSI DEL REGOLAMENTO CE 1251/1999 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI. LE INFORMAZIONI CONTENUTE SONO DA INTENDERSI ESCLUSIVAMENTE AI FINI DI UNA PIÙ COMPLETA CULTURA GENERALE. L’AUTORE E LA REDAZIONE NON SI ASSUMONO NESSUNA RESPONSABILITÀ PER UN USO IMPROPRIO E ILLEGALE DELLE INFORMAZIONI. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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Varietà SWS38 Raccolta Indoor/Outdoor: 8½ settimane dalla germinazione Altezza: 80-130 cm Fiore Rosso: approssimativamente l’80% degli individui
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SWEET SEEDS® NON VENDE SEMI SFUSI NÉ NON CONFEZIONATI A GROW SHOP. GLI UNICI SEMI ORIGINALI E GARANTITI SONO QUELLI VENDUTI NELLA LORO CONFEZIONE ORIGINALE. C/ Dr. Nicasio Benlloch nº36-38 · 46015 · Valencia · España · +34 963 890 403 / +34 628 593 887 · Grossistas +34 963 473 730 / +34 963 404 289 · Fax +34 961 939 618 · info@sweetseeds.es Attenzione: i semi di canapa sono esclusi dalla nozione legale di Cannabis, ciò significa che essi non sono da considerarsi sostanza stupefacente. L.412 del 1974, art.1; comma 1,lett.B, convenzione unica sugli stepefacenti di New York del 1961 e tabella del decreto ministeriale 27/7/1992. In Italia la coltivazione di Canapa è vietata (artr.28 e 73 del dpr 309/90) se non si è in possesso di apposita autorizzazione (art.17 dpr 309/90). In assenza di autorizzazione i semi potranno essere utilizzati esclusivamente per altri fini (zootecnico, collezionistico, etc). I semi vengono venduti con la riserva che essi non siano usati da terze parti in conflitto con la legge.
STRAIN & SEEDBANK
a cura di Sensi Seeds Team
SENSI SKUNK AUTOMATIC: LO STRAIN PER TUTTI
Sensi Skunk Automatic è lo strain ideale per tutte le persone nonostante ognuno abbia diversi livelli di esperienza nella coltivazione Sensi Skunk è stata a lungo considerata una delle varietà più conosciute e utilizzate dai coltivatori con diversi livelli di esperienza. Il suo lancio è avvenuto nel 1991 e da allora ha ottenuto sia riconoscimenti che il favore del pubblico. Nel 2014 è uscita la versione Automatica che ha dimostrato sin da subito di essere altrettanto apprezzata e addirittura più semplice da coltivare. I semi di cannabis femminizzati e autofiorenti, conosciuti come varietà “automatiche”, sono la più importante innovazione raggiunta in anni recenti per i grower di cannabis sia indoor che outdoor. Infatti sfruttano le caratteristiche di sopravvivenza proprie della Cannabis ruderalis che gli permettono di terminare la fioritura nei rigidi, freddi e corti mesi estivi dei monti Urali dai quali proviene. La combinazione di queste pregiate caratteristiche con altre eccelse genetiche derivanti da ceppi riconosciuti, e spesso vincitori di premi, ha portato a nuove espressioni dei classici più popolari. La Sensi Skunk con le sue note di agrumi, il sapore pungente, l’effetto rilassante e allegro era la candidata ideale a essere selezionata come varietà autofiorente. Qui vediamo come si comporta in condizioni climatiche tra le più difficili. BALCONI AD AMSTERDAM, GIARDINI IN IRLANDA. I rapporti sulla crescita presenti sul blog SensiSeeds evidenziano la robustezza di questa skunk con note di agrumi. La coltivazione, fatta su un balcone ad Amsterdam senza alcuna protezione in quella considerata “tra le peggiori estati degli ultimi anni”, è stata soggetta durante il periodo di fioritura a temperature oscillanti, vento, pioggia e perfino grandine! I semi sono stati fatti germinare indoor verso la fine di giugno, il che li ha salvati da un tempo primaverile bagnato e tempestoso. Ad ogni modo, anche quando hanno iniziato la fase di fioritura il mese successivo, del sole non c’era ancora nessuna traccia. Apparentemente noncuranti di questo clima, le piante- che erano state travasate in vasi da sei litri visto che il balcone offriva uno spazio di coltivazione limitatohanno continuato a crescere.
Nel frattempo in Irlanda nordoccidentale una coltivazione guerrilla di Sensi Skunk Automatic era soggetta, appena dopo mezza giornata in condizione di outdoor, alla “più intensa pioggia registrata negli ultimi 123 anni in quella zona del Paese”. Le giovani piante hanno resistito a ben cinque giorni di pioggia continua, raffiche di vento e grandinate. Sono anche riuscite a crescere “senza l’aiuto di fertilizzanti”. Al momento della redazione di questo report, i loro orgogliosi proprietari non vedevano l’ora che arrivasse l’estate per provare queste che hanno descritto come “delle vere guerriere… Proprio ciò che abbiamo cercato negli ultimi 15 anni”. Tornando ad Amsterdam, anche le tre piante sul balcone non hanno ricevuto alcun tipo di fertilizzante extra, traendo tutto il
nutrimento da un normale terriccio organico. Il raccolto è stato realizzato dopo sette settimane quando le piante avevano raggiunto un’altezza di 65 cm. Una dimensione ragionevole considerando le condizioni ostili di crescita. PROVATE LA SENSI SKUNK AUTOMATIC! Sensi Skunk Automatic non è solo una “vera guerriera” ma anche una varietà assolutamente a buon mercato, il prezzo parte da 17€ per tre semi. Ogni pianta fiorirà femmina permettendo un raccolto semplice e affidabile. Il clima non ha importanza, questo strain ha dei regali per voi!
ATTENZIONE: QUESTA SEZIONE CONTIENE ARTICOLI PUBBLIREDAZIONALI E PROMOZIONALI. SI TRATTA DI ARTICOLI SCRITTI DIRETTAMENTE DALLE AZIENDE PRODUTTRICI O DAI NEGOZI CHE COMUNICANO LE NOVITÀ DELLA PROPRIA ATTIVITÀ. NON SONO QUINDI RECENSIONI REALIZZATE DALLA NOSTRA REDAZIONE E NESSUNO DEI PRODOTTI PROPOSTI È STATO TESTATO DAL NOSTRO STAFF. LA REDAZIONE PERTANTO NON SI ASSUME ALCUNA RESPONSABILITÀ PER UN USO SCORRETTO O PER QUALSIASI MAL FUNZIONAMENTO DEI PRODOTTI PROPOSTI. PER APPROFONDIMENTI E INFORMAZIONI A RIGUARDO FATE RIFERIMENTO DIRETTAMENTE AI CONTATTI DEL PRODUTTORE.
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DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
a cura di MAIUS
STRAIN & SEEDBANK
ONDA CALABRA, LO STRAIN MADE IN ITALY
Abbiamo incontrato i ragazzi di Zoe’s Seeds, che, con un progetto innovativo, hanno pensato di esportare un po’ di Italia nel mondo degli strain. Ovviamente il nostro Paese è ancora restio dal regolamentare e favorire lo sviluppo di seedbank nazionali; ecco perché i ragazzi che abbiamo intervistato sono dovuti emigrare nella vicina Spagna portando con loro le ricchezze del nostro territorio. Vi presentiamo Onda Calabra Auto, una varietà più unica che rara che rischiava l’estinzione in Italia, a causa del proibizionismo, dell’albanese ammoniacata e della massiccia diffusione dei semi olandesi. Dove si svolge il vostro lavoro breeding? Zoe’s Seeds è lieta di presentare la propria linea di semi creata negli ultimi 6 anni grazie al lavoro congiunto tra breeder operanti a Granada e Valencia. Quanto tempo di lavoro c’è dietro alle vostre genetiche? I nostri breeder operano nel settore da moltissimi anni e i loro progressi sono frutto della loro dedizione che dura da più di dieci anni. Per quanto concerne le autofiorenti siamo alla quarta generazione di piante stabilizzate ed i breeder che si occupano del progetto sono gli stessi che si sono presi cura delle prime autofiorenti senza mai smettere di modificarle, dalla White Dwarf in poi. Le varietà Ruderalis hanno tutte la stessa origine comune: la Janisch. Questo ceppo è stato descritto e classificato per la prima volta nel 1924 dal botanico russo Janischevsky attraverso studi effettuati su varietà spontanee cresciute nel centro della Russia. Dopo anni di selezione su varietà regolari e femminizzate i breeder, con i quali collaboriamo dal 2005, hanno iniziato ad incrociare il fenotipo autofiorente con tutte le genetiche a loro disposizione. Quale varietà Ruderalis utilizzate per incrociare la vostra Onda Calabra? La varietà utilizzata è la nostra Northern Light XXL una versione extralarge in termini di produzione rispetto alla Northern Light classica. Abbiamo unito questo storico strain ad una varietà di ruderalis creando un’autofiorente dal carattere principalmente indica ma dalla struttura importante che ha ottimizzato il fattore produttività. Un ceppo ormai stabilizzato da diverso tempo, tanto da aver ridotto al massimo i suoi caratteri autofiorenti permettendo così un’ibridazione con la varietà dell’Altopiano Silano al 50% del rapporto tra carattere indico e sativo. Quanti e quali fenotipi esprime questa vostra genetica? Prevalentemente si è cercato un fenotipo unico, mediterraneo, di cui negli anni ‘80 DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
era particolarmente ricco il nostro territorio, un fenotipo prevalentemente sativo con un sapore forte, tendente al legno, che riproducesse la forma anche un po’ selvatica di allora. La nostra selezione si è basata perseguendo le seguenti caratteristiche: gusti e sapori stile “mandarine” e struttura simile alla MaxiGom. Di norma, che dimensioni (reali) raggiunge in outdoor e che produzione ha in media? È un’ibridazione al 50% tra carattere indico e sativa. In outdoor è imbattibile in fatto di resistenza, è “maltrattabile” e, reagendo bene anche alle carenze idriche, si eleva fino a 1.50 metri. La sua struttura in indoor raggiunge al massimo 1.30 metri e permette di dedicarsi serenamente a tecniche come il SOG e LST. In terra dà il massimo ma si comporta bene anche in idroponica e in cocco. È una pianta resistentissima in tutte le sue fasi di vita e questa caratteristica ne fa una scelta obbligata per chi è alle prime esperienze. È una pianta resistente all’overfeeding ed in generale al rapporto alto di fertilizzanti? Le autofiorenti in generale non amano gli eccessi perché selezionate per resistere a condizioni critiche di carenze. Una buona preparazione del terreno ed una corretta nutrizione senza dosi eccessive garantiscono risultati sorprendenti. Avete investito molto in questo prodotto “italiano”, credete di poter lavorare con altre genetiche del Belpaese? L’Italia è uno dei paesi più ricchi di biodiversità. L’Onda Calabra ma più ancora sua nonna, acclimatatasi nelle serre calabresi dell’altipiano della Sila, ne sono un esempio lampante. Da quando l’abbiamo presentata sul mercato siamo stati contattati da diversi breeder italiani che hanno riconosciuto nelle proprie varietà sviluppate localmente degli esempi di questa meravigliosa biodiversità. Stiamo già lavorando su alcuni fenotipi che dovrebbero vedere la luce nel 2018.
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a cura di Team Paradise Seeds
STRAIN & SEEDBANK
DUTCH KUSH, L’INDICA DI SUCCESSO
La Dutch Kush della Paradise Seeds è una varietà di cannabis a predominanza Indica molto potente e rilassante. Una piccola pianta dalla poderosa crescita accelerata Tutti amano dare un tocco nuovo ai vecchi classici. Anche Paradise Seeds che ha da poco lanciato sul mercato una nuova varietà che riporta in auge una vecchia gloria... rinfrescata! Dutch Kush è un’indica fortissima, che combina fantastiche genetiche provenienti da due continenti diversi per produrre una Kush con super poteri. L’eccellenza delle varietà Paradise Seeds è riconosciuta da molti coltivatori esperti in tutto il mondo, che apprezzano l’alto tasso di germinazione di questi semi e la stabilità delle piante a cui danno vita. La seedbank, con sede ad Amsterdam, si è costruita negli anni (ben 21) una grande reputazione di innovatrice nella scena cannabica. Offre 30 varietà diverse e conta moltissime coppe e premi vinti negli anni. Il potere del marchio Paradise Seeds si è concretizzato da poco nella partecipazione ad uno dei più grandi progetti di coltivazione di cannabis legale al mondo, portato avanti dalla Fondazione Daya, un’organizzazione no-profit con sede in Cile. Sono 6.500 le piante che sono state coltivate e 15 le varietà di Paradise Seeds scelte. DUTCH KUSH: PAROLA A PARADISE SEEDS. Una pianta di cannabis adatta ai “surfisti da divano” e utenti alla ricerca di rilassamento - un’indica potente e rilassante che cresce enorme e termina il suo ciclo rapidamente. La popolarità della Kush ha visto molte varietà emergere sul mercato. Tuttavia, come apprezzano i nostri clienti, Paradise Seeds non ama fare le cose di fretta. Ci siamo presi il nostro tempo per sviluppare il nostro tocco di novità, che combina il classico ecotipo di cannabis con il potere afghano e il potere speciale delle genetiche olandesi. Il risultato è una pianta che arriva con tutta la forza che ti aspetteresti da due specie ricche di resina, famose per la loro produzione di hashish. A questo mix abbiamo aggiunto un acceleratore genetico, che regala al coltivatore un seme di cannabis che cresce rapidamente, regalando il raccolto già dopo 8-9 settimane.
Chi la coltiva noterà la sua crescita distintiva. Queste piante infatti sono caratterizzate da multi-rami e uno sviluppo dei calici del tutto eccezionale; questi ultimi crescono fitti attorno allo stelo, lasciando poco spazio tra loro e producendo, in ultima, cime molto compatte. Una volta in fioritura, l’aroma si espande forte e pungente, motivo in più per controllare sempre i filtri in carbone. La pianta di Dutch Kush è generalmente piccola, cespugliosa e facile da gestire. Ideale per un set-up indoor e molto adatta a metodi di coltivazione alternativi come SOG o SCROG (Sea of Green e Screen of Green). Le cime che produce sono super dense e il contenuto di resina molto elevato; insomma, l’effetto dita appiccicose sta solo aspettando te. Outdoor, questa pianta prospera altrettanto bene all’esterno. Il rendimento e la densità delle grandi cime sono una prova che la Dutch Kush adora il caldo e il sole delle regioni meridionali, anche se il veloce ciclo garantisce ottimi risultati anche a chi abita più a nord in Europa, USA, Canada e parte della Russia. Una volta seccata, il gusto arriva insieme al sapore terroso, di caramello e caffè, seguito da note di agrumi e dolce skunk. L’effetto è simile ad un rapido decollo, accompagnato da un crescente consapevolezza sensoriale, specialmente sul piano visivo e sonoro. Subito dopo, il potente velo di indica scenderà, sommergendo il corpo in uno stato di profondo e meraviglioso rilassamento euforico. Dutch Kush possiede anche fantastiche doti terapeutiche. Un grande antidoto contro insonnia e stress, eccellente rimedio per quei pazienti in cerca di un trattamento naturale per alleviare il doloro e portare sollievo. I risultati dei primi test di coltivazione hanno dato vita a resoconti molto favorevoli; siamo molto entusiasti quindi di ricevere dai coltivatori feedback sulla Dutch Kush. Vi auguriamo una felice stagione per i vostri giardini, indoor e outdoor.
ATTENZIONE: QUESTA SEZIONE CONTIENE ARTICOLI PUBBLIREDAZIONALI E PROMOZIONALI. SI TRATTA DI ARTICOLI SCRITTI DIRETTAMENTE DALLE AZIENDE PRODUTTRICI O DAI NEGOZI CHE COMUNICANO LE NOVITÀ DELLA PROPRIA ATTIVITÀ. NON SONO QUINDI RECENSIONI REALIZZATE DALLA NOSTRA REDAZIONE E NESSUNO DEI PRODOTTI PROPOSTI È STATO TESTATO DAL NOSTRO STAFF. LA REDAZIONE PERTANTO NON SI ASSUME ALCUNA RESPONSABILITÀ PER UN USO SCORRETTO O PER QUALSIASI MAL FUNZIONAMENTO DEI PRODOTTI PROPOSTI. PER APPROFONDIMENTI E INFORMAZIONI A RIGUARDO FATE RIFERIMENTO DIRETTAMENTE AI CONTATTI DEL PRODUTTORE. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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GROW PRO
a cura di Madman
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RIFLESSIONI TRA GROWER
Alcune utili considerazioni fatte da grower e breeder sulle coltivazioni indoor Quindici anni fa, quando stavo iniziando ad avvicinarmi al mondo della cannabis, i Punkreas pubblicavano una canzone intitolata “Canapa” che come altre canzoni di quegli anni è rimasta legata ad una generazione di coltivatori e ad una certa epoca. Il testo, tra le altre cose, ripeteva più volte: «A marzo la pianti e aspetti che spunti […] a giugno si riempie di fiori […] da maggio a settembre la vedi fiorire». Il testo della canzone, si diceva, era tratto dall’esperienza reale di uno dei componenti della band che aveva seminato un paio di piante sul davanzale ed era stato sottoposto a libertà condizionale per 6 mesi. Ricordo anche che durante i miei primissimi approcci alla coltivazione, inevitabilmente outdoor e in campo aperto, nemmeno una volta è stato possibile per me coincidere con quel calendario cantato. Durante quegli anni mi sono spesso chiesto se il microclima milanese permettesse davvero di seminare in terrazza a marzo e se in giugno, con 16 ore di luce, le piante si riempissero di fiori. Alcuni giorni fa, ridendo di questo aneddoto con altri grower ci siamo resi conto che ancora oggi molta dell’informazione “ufficiale” che circola sulla coltivazione di cannabis, soprattutto indoor, si rivela spesso insufficiente per un coltivatore che ha
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già un un po’ di esperienza con questa pianta e vuole migliorare ulteriormente. Quando un grower coltiva da qualche anno e inizia a prendere più dimestichezza con la coltivazione indoor e tutti i suoi aspetti, spesso si accorge che le nozioni che ha appreso fino al quel momento dalla maggior parte delle guide che si trovano in circolazione non sono più adatte alle sue esigenze; questo accade perché durante molti anni le poche nozioni che si potevano trovare sui libri e sulle guide (complice anche il proibizionismo) erano derivate nella quasi totalità dall’agricoltura alimentare o tessile e dalle esperienze di coltivazione outdoor.
Riflettere sul perché di alcune scelte di setup, contestualizzandole al luogo e al metodo di coltivazione di chi le ha scritte, serve anche per uscire dagli schemi mentali classici e dalle nozioni generiche legate al growing
Oltre a ciò, la necessità di insegnare le basi della coltivazione al maggior numero possibile di persone ha fatto si che i concetti espressi fossero necessariamente generici e mai troppo specifici. Oggi sembrerebbe che con internet le cose siano diverse, eppure al di fuori dei pochi forum dedicati al growing è difficile recuperare informazioni più specifiche su alcuni aspetti dell’indoor. Da queste e da altre riflessioni fatte tra amici hanno preso forma una serie di considerazioni che abbiamo deciso di condividere con i coltivatori che, per lavoro o per passione, vogliono iniziare a coltivare cannabis indoor in modo più professionale. Premetto che questa non intende assolutamente essere una guida universale alla coltivazione, si tratta solo di alcune riflessioni di growers e breeders sulle coltivazioni indoor, in particolare sui sistemi idroponici o con substrato inerte, per specificare alcuni aspetti che spesso vengono trattati in modo troppo generico. PIANIFICAZIONE Quando si decide di allestire un sistema di coltivazione a ciclo continuo bisogna prima di tutto tenere in considerazione la zona geografica in cui si vuole coltivare, considerando sia il clima della Regione in cui si vive che il microclima della growroom. Sembrerebbe un consiglio abbastanza DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
banale e scontato ma riflettere sul perché di alcune scelte di setup, contestualizzandole al luogo e al metodo di coltivazione di chi le ha scritte, serve anche per uscire dagli schemi mentali classici e dalle nozioni generiche legate al growing. Ad esempio molti coltivatori novizi decidono di mantenere un U.R. del 70% durante la fase vegetativa e del 50% durante la fioritura solo perché così hanno letto in qualche guida, senza mai chiedersi il motivo di quei valori e soprattutto senza chiedersi se quei valori siano adeguati anche alla loro situazione; questo li porta a delle vere e proprie battaglie per mantenere il microclima della growroom entro quei valori durante tutto il ciclo quando invece, con un’adeguata proporzione tra temperatura, umidità e cicli di irrigazione, potrebbero trarre beneficio anche da una situazione di sbilanciamento dei valori considerati “ideali” (approfondiremo più avanti il concetto di VPD - Vapour Pressure Deficit). Una seconda importante considerazione da fare è l’importanza che ha la scelta dello strain in una coltivazione efficiente, dato che influenza direttamente tutto il ciclo, i tempi di raccolta e la qualità e la quantità della produzione. Molti coltivatori alle prime armi sono convinti che la pianta che
Molti coltivatori alle prime armi sono convinti che la pianta che produce di più sia sempre la più produttiva, quando invece non è sempre vero perché nel calcolo non si considera il fattore tempo produce di più sia sempre la più produttiva, quando invece non è sempre vero perché nel calcolo non si considera il fattore tempo. Ad esempio se la pianta A produce 100gr in 60 giorni e la pianta B ne produce 130 in 80 giorni, nell’arco di 365 giorni si raccoglierà più volte la genetica A che quindi risulta più produttiva su scala annuale. Un altro errore simile, legato sempre alle previsioni di produzione, è l’aspirazione che hanno quasi tutti i grower di raggiungere e superare il g/W (grammo per Watt) di produzione; aspirazione che per motivi di marketing è stata sempre fomentata delle seedbank del settore ma che nella pratica ha poco senso perché, ancora una volta, non considera il fattore tempo.
Un calcolo sull’efficienza, anche economica, di un sistema di coltivazione professionale dovrebbe considerare l’energia richiesta dal sistema nel tempo, quindi basato sul g/kWh (grammo per kilowattora) e non sul grammo prodotto per Watt utilizzato. Per fare un esempio: le genetiche autofiorenti hanno una capacità fotosintetica totale maggiore delle genetiche regolari, ma la loro efficienza fotosintetica è spesso minore. Significa che come produzione totale (in un’ipotesi di 3 mesi) una pianta autofiorente può anche superare una pianta regolare ma la sua richiesta energetica non sarà proporzionale alla sua produzione. Se ad esempio per ottenere il massimo da un’autofiorente ho bisogno di lasciarla 3 mesi con fotoperiodo di 20/4, significa che ha avuto bisogno di 1800 ore di luce per giungere a maturazione, mentre con una regolare ne ho usate 1260 che è circa 1/3 in meno; se l’autofiorente non produce almeno 1/3 più della regolare, significa che quest’ultima (salvo casi particolari) è sempre la scelta consigliabile in un sistema a ciclo continuo. Uno dei pochi casi in cui coltivare autofiorenti può essere più efficiente che coltivare piante regolari è il caso il cui la growroom abbia un allacciamento illegale alla rete elettrica e che quindi non si paghi l’energia elettrica. Credo sia importante
fondo a rete DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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GROW PRO specificare anche questo aspetto per sottolineare ulteriormente la necessità di contestualizzare sempre i consigli letti sulle guide e le esperienze descritte da altri coltivatori, è importante capire se le soluzioni adottate da altri grower sono adatte anche alla nostra situazione. Questo indipendentemente dal fatto che si tratti di genetisti in un laboratorio o di banditi in una grotta. VASI Uno dei consigli che vengono dati più spesso nella coltivazione è legato alla scelta dei vasi; con frequenza si legge che più il vaso è grande e maggiore sviluppo aereo avrà la pianta. Questo accade perché probabilmente un’osservazione fatta in agricoltura outdoor, in un contesto di spazio e luce estremamente abbondanti, è stata ritenuta sempre vera e valida e quindi riportata anche alla coltivazione indoor, in un contesto di luce e spazio molto limitati e dove l’esperienza ci dice invece che questa regola non è affatto una regola. In indoor è sempre meglio evitare i vasi di grandi dimensioni perché hanno bisogno di più tempo ad asciugarsi rispetto a quelli piccoli, ed un vaso bagnato è un vaso poco ossigenato; questo da un lato facilita la proliferazione di batteri anaerobi che possono attaccare le radici provocando marciume radicale, e dall’altro rallenta il metabolismo della pianta a causa del poco ossigeno. La condizione di crescita ideale si crea trovando il giusto equilibrio tra fertilizzazione, quantità di luce e sviluppo delle radici (nel rapporto tra numero e spazio). Ad una prima lettura anche questo concetto può sembrare abbastanza banale ma se per esempio si carica un sistema indoor di troppa luce, le piante ne possono risultare danneggiate perché la capacità delle piante di sfruttare e dissipare quell’energia è comunque limitato da altri fattori metabolici e quindi l’equilibrio di crescita viene meno. Bisogna ricordare che il metabolismo della pianta viene controllato da noi non solo attraverso il fotoperiodo ma anche attraverso i cicli di irrigazione, in particolare col ciclo del secco e del bagnato, questi dovrebbero essere frequenti permettendo però al substrato di asciugarsi in fretta in modo da accelerare il metabolismo della pianta. Per ottenere questa condizione è opportuno utilizzare per le piante dei vasi di dimensione contenuta, possibilmente con il fondo a rete rialzato, in cui l’apparato radicale abbia una densità maggiore che in un vaso di grandi dimensioni e che quindi sia in grado di metabolizzare più nutrienti in un arco di tempo
minore, considerando che quanto minore è lo spazio, maggiore richiesta di fertilizzanti avrà la pianta. Per questo motivo le piante cresciute in vasi piccoli richiedono un EC più alto. Questo vale anche per le piante di piccole dimensioni che, se correttamente radicate, messe sotto a 400W anche in un vaso piccolo richiedono comunque una fertilizzazione alta, contrariamente a quanto si è portati a pensare.
talee
Un calcolo sull’efficienza, anche economica, di un sistema di coltivazione professionale dovrebbe considerare l’energia richiesta dal sistema nel tempo, quindi basato sul g/kWh (grammo per kilowattora) e non sul grammo prodotto per Watt utilizzato
CLONI Nel caso di una coltivazione a ciclo continuo il ricorso a cloni è quasi d’obbligo dato che è l’unico modo per garantire uniformità nel raccolto e disponibilità costante di piante nuove da mettere in fioritura senza perdere troppi giorni tra un raccolto e l’altro. Per le talee è preferibile scegliere gli steli leggermente lignificati perché sono più forti e contengono una maggiore riserva di elementi utili alla radicazione e crescita del clone (come amidi e carbonio), possibilmente includendo nel taglio anche un internodo alla base della talea da poter interrare, questo perché gli internodi sviluppano più velocemente il callo radicale rispetto alle altre parti dello stelo. Un errore comune durante la fase di radicazione delle talee consiste nel mantenere i cubetti di rockwool sempre bagnati, invece la lana di roccia deve essere solo umida, non bagnata, altrimenti si rischia una morte prematura delle piccole piante. Un altro errore abbastanza comune è quello di spruzzare l’acqua direttamente sulle foglie delle talee in radicazione aumentando inutilmente il rischio di muffe; dentro una serra per la radicazione l’umidità è sempre più alta che nel resto dell’ambiente, quando le luci si spengono la differenza di temperatura porta in modo naturale alla formazione di condensa sulle foglie, se si spruzza altra acqua si aggiunge ulteriore umidità a delle foglie in un ambiente già umido, che quindi non riusciranno più a far evaporare la condensa in eccesso. Se nei casi più lievi è sufficiente aumentare le ore di luce per risolvere il problema della condensa, nei casi in cui il pericolo di muffe è maggiore potrebbe essere necessario asciugare manualmente le gemme apicali più a rischio.
vasi da 0,4 litri
ATTENZIONE: LE INFORMAZIONI CONTENUTE IN QUESTO ARTICOLO NON INTENDONO IN ALCUN MODO ISTIGARE INDURRE OD ESORTARE L’ATTUAZIONE DI CONDOTTE VIETATE DALLA LEGGE VIGENTE. RICORDIAMO AI LETTORI CHE IL POSSESSO E LA COLTIVAZIONE DI CANNABIS AD ALTO CONTENUTO DI THC SONO VIETATE, SALVO SPECIFICA AUTORIZZAZIONE. È CONSENTITA LA COLTIVAZIONE DI ALCUNE VARIETÀ DI CANNABIS SATIVA AI SENSI DEL REGOLAMENTO CE 1251/1999 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI. LE INFORMAZIONI CONTENUTE SONO DA INTENDERSI ESCLUSIVAMENTE AI FINI DI UNA PIÙ COMPLETA CULTURA GENERALE. L’AUTORE E LA REDAZIONE NON SI ASSUMONO NESSUNA RESPONSABILITÀ PER UN USO IMPROPRIO E ILLEGALE DELLE INFORMAZIONI.
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CARTA FEDELTÀ
valida anche online
CANNABIS CULTURE
a cura del Dr. Matteo M. Melosini
I TERPENI DELLA CANNABIS
L’odore o l’aroma caratteristico di ogni pianta è conferito dai terpeni, composti organici volatili presenti in natura nonché componenti principali delle resine e degli oli essenziali delle piante L’odore caratteristico delle piante di cannabis è dato dal complesso equilibrio di sostanze volatili costituito principalmente dai terpeni, una classe di molecole che conta fino a 120 differenti composti per la cannabis, i quali interagiscono tra loro in sinergia per creare odori e qualità tipicamente differenti. I terpeni vengono prodotti nei tricomi (le stesse ghiandole responsabili della produzione del THC) e il loro equilibrio è influenzato dalla genetica della pianta, dal terreno in cui cresce e, essendo vaporizzati per effetto della temperatura, anche dal clima. Tra questi si trovano principalmente i terpenoidi, i monoterpeni, i diterpeni, e i sesquiterpeni, tutti caratterizzati da una struttura tipica creata dall’unità chimica isoprene che si ripete regolarmente lungo l’intera molecola. Questi composti svolgono importanti funzioni all’interno della pianta essendo i mattoni di partenza per costruire molecole più complesse e fondamentali per il metabolismo, come ormoni, vitamine, pigmenti, steroidi, resine e persino cannabinoidi. Inoltre, caratterizzati da un odore forte e pungente, i terpeni svolgono un’azione protettiva contro l’attacco dei nemici della pianta come insetti, funghi e animali erbivori. Nelle infiorescenze predomina la presenza dei monoterpeni come il limonene e l’α-pinene, i quali hanno la capacità di respingere gli attacchi parassitari
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di funghi e insetti. Nelle foglie abbondano invece i sesquiterpeni, che le rendono meno appetibili agli erbivori dato il forte sapore amaro. I terpenoidi, una sottoclasse dei terpeni caratterizzati dalla presenza di gruppi funzionali più complessi, possiedono una serie di proprietà biologiche salutari per l’uomo essendo in grado di lavorare in sinergia con i cannabinoidi e apportare effetti benefici alla salute. Sono ritenuti responsabili ad esempio di aumentare il flusso sanguigno, di migliorare l’attività corticale, di uccidere agenti patogeni respiratori, di avere effetti positivi nel trattamento del dolore, delle infiammazioni e delle infezioni fungine e batteriche. In linea generale, i terpeni sono ritenuti capaci di ridurre gli effetti ansiolitici indotti dal THC, rendendo evidenti le limitazioni e i rischi dei farmaci sintetici basati su principi attivi isolati. Infine, la variabilità della composizione dei terpeni all’interno della cannabis è un valido strumento per caratterizzare i differenti biotipi della pianta. Analizzando le maggiori differenze si evidenziano infatti le due principali famiglie di cannabis: il ceppo Indica, caratterizzato dall’elevata presenza di β-mircene, α-pinene e limonene, e il ceppo Sativa con un profilo terpenico più complesso e variegato. Di seguito vengono riportati i principali terpeni ritrovati nella cannabis con le loro caratteristiche olfattive, biologiche e mediche.
Borneolo - Terpenoide. Trovato anche in cannella e assenzio, può essere facilmente convertito in mentolo. È considerato un sedativo calmante dalla medicina cinese ed è consigliato per la stanchezza, il recupero dalla malattia, lo stress e come repellente per insetti. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
Beta-cariofillene - Sesquiterpene. Trovato anche nell’olio essenziale di pepe nero, chiodi di garofano e origano, presenta un effetto gastro-protettivo consigliabile per il trattamento delle ulcere. Offre interessanti sviluppi terapeutici per malattie infiammatorie, mal di denti e disturbi autoimmuni dato che si lega direttamente al recettore cannabinoide CB2.
Limonene - Monoterpene. Tipico degli agrumi, è ritenuto essere un anti-cancerogeno, anti-batterico, anti-fungino e anti-depressivo. Penetrando rapidamente nelle membrane cellulari promuove l’assorbimento di altri terpeni. Può portare ad un aumento della pressione arteriosa e inoltre, essendo ritenuto disgustoso dai predatori, ricopre un effetto protettore per la pianta.
Pinene - Monoterpene. L’alfa-pinene è tipico di aghi di pino e rosmarino mentre il beta-pinene di prezzemolo, rosmarino e basilico. È il componente principale della trementina e si trova in molti oli essenziali. È ritenuto capace di aumentare la concentrazione e l’energia mentale oltre ad essere un antisettico. Può inoltre contrastare l’attività del THC, essendo un inibitore della acetilcolinesterasi, ovvero blocca la distruzione dell’acetilcolina che verrebbe utilizzata dal cervello per memorizzare, riattivando così la memoria.
Linalolo - Monoterpene. Dal tipico odore floreale, possiede proprietà sedative e anti-ansiolitiche. Pulegone - Monoterpene. Tipico di menta, canfora e rosmarino, si trova in piccole quantità anche nella Cannabis. Come il pinene, veniva utilizzati nell’antica medicina per curare la memoria. Sabinene - Monoterpene. Trovato nella quercia, nell’olio dell’albero del tè e nel pepe nero.
Eucaliptolo - Monoterpene. Trovato anche in rosmarino ed eucalipto, dal sapore piccante e dall’aroma che ricorda la canfora e la menta, viene utilizzato per aumentare la circolazione sanguigna, alleviare il dolore e come repellente per insetti.
Delta-3-carene - Monoterpene. Costituisce uno dei componenti della trementina, presenta un odore dolce e pungente di bosco. Trovato anche in rosmarino, pino e resina di cedro, viene utilizzato in aromaterapia per asciugare i liquidi in eccesso e contribuisce alla tipica secchezza di occhi e bocca sperimentata dai consumatori di cannabis. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
Mircene - Monoterpene. Tra i più tipici della Cannabis, viene trovato anche nei chiodi di garofano, verbana, citronella e mircia, da cui prende il nome. È uno dei più importanti composti chimici utilizzati nell’industria dei profumi e possiede diverse proprietà biologiche tra cui anti-microbico, antisettico, analgesico, antiossidante, anti-cancerogeno, anti depressivo, anti-infiammatorio e muscolo-rilassante. Influisce inoltre sulla permeabilità delle membrane cellulari, permettendo al THC di raggiungere più velocemente le cellule cerebrali.
Terpineolo - Terpenoide. Dall’odore floreale e fruttato, è un costituente minore di molti oli essenziali vegetali e viene utilizzato principalmente per profumare. *Laureato in Chimica Industriale presso l’Università di Torino dal 2014, dopo sei mesi di ricerche personali riguardo cannabis e chimica verde ha intrapreso un Master in Biotecnologiea Lisbona. www.matteomelosini.it
BIBLIOGRAFIA - Carla Da Porto, D. D. (2014). Separation of aroma compounds from industrial hemp inflorescences (Cannabis sativa L.) by supercritical CO2 extraction and on-line fractionation. - Industrial Crops and Products. G. Grassi, S. C. (2011). Variations in Terpene Profiles of Different Strains of Cannabis sativa L. Acta horticulturae. - Hilling, K. W. (2004). A chemotaxonomica analysis of terpenoid variation in Cannabis. Biochemi-cal Systematics and Ecology. Schwier, A. (2015). - Selection of bioactive terpenes and reproductive cycles of Cannabis sativa, C. indica.
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CANNABIS TERAPEUTICA
CANNABIS ITALIANA: IN FARMACIA A 15 EURO AL GRAMMO La cannabis terapeutica prodotta in Italia, in farmacia da questo mese, costerà ai pazienti circa 15 euro al grammo: saranno sufficienti qualità e quantità?
Dopo la lunga attesa il momento sembra essere arrivato. Dall’inizio di quest’anno sarà finalmente disponibile la cannabis prodotta in Italia dallo stabilimento chimico farmaceutico militare di Firenze. Parliamo della varietà FM2 (dove FM sta per farmaceutico militare e 2 ad indicare il numero dei principali cannabinoidi contenuti, il THC ed il CBD) e che qualitativamente è simile per composizione al Bediol olandese. Il THC dovrebbe essere presente in percentuali tra il 5 e l’8% mentre il CBD tra il 7,5 ed il 12%. La notizia è che il ministero della Salute ha da poco rilasciato una nota in cui spiega che lo stabilimento chimico farmaceutico militare venderà direttamente la cannabis alle farmacie, inizialmente i primi 20 chilogrammi prodotti, al prezzo di 6,88 euro al grammo. Aggiungendo l’Iva e con il raddoppiamento del prezzo di vendita al quale il farmacista è obbligato per legge, secondo i calcoli del dottor Marco Ternelli il prezzo finale per il paziente si aggirerebbe intorno ai 15 euro al grammo Iva inclusa. Per cominciare, la cannabis immessa sul mercato, sarà circa 20 chilogrammi, una quantità ovviamente insufficiente per coprire il fabbisogno dei DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
malati in Italia, mentre nel corso dell’anno secondo le stime del direttore Medica ne saranno distribuiti un centinaio di chilogrammi in tutto. Sulla quantità del prodotto ci sono state, tra le associazioni di malati, legittime proteste in quanto la quantità prevista è giudicata di molto sottostimata rispetto alle reali necessità terapeutiche. «Al momento la produzione italiana servirà ad integrare, a costi inferiori e con tempi di consegna più brevi, la cannabis che viene importata dall’Olanda e ogni necessità che non saremo in grado di soddisfare verrà assolta con l’importazione, che per il momento continua, anche se l’obiettivo è quello di rendere al più presto la produzione italiana autosufficiente». ci ha raccontato il colonnello Antonio
L’Italia potrebbe realmente diventare in breve tempo un paese all’avanguardia in Europa
Medica, direttore dello stabilimento, specificando che c’è «lo spazio, le competenze ed il personale» per aumentare la produzione a patto che il ministero acquisti nuovi spazi per nuove serre. Se dal Ministero si approveranno direttive conformi alle reali necessità dei malati italiani, e se tali direttive saranno accompagnate dai necessari finanziamenti, allora l’Italia potrebbe realmente diventare in breve tempo un paese all’avanguardia in Europa per la produzione di cannabis a fini terapeutici. In caso contrario, se la produzione del 2017 anziché rivelarsi un primo passo verrà standardizzata, allora ciò che è stato fatto non servirà a molto e il grosso dei malati dovranno continuare a lungo a importare il farmaco dall’Olanda facendo fronte a tempi lunghi e costi molto alti. Per ora limitiamoci a celebrare senza eccessivo entusiasmo la prima produzione di cannabis legale della storia italiana, e aspettiamo che i malati possano provarla per sapere anche se la qualità del prodotto sarà analoga alla cannabis attualmente importata dall’Olanda. Noi continueremo a seguire la vicenda tenendovi aggiornati.
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ECCO COME IL THC INDUCE LA MORTE PROGRAMMATA DELLE CELLULE DEL CANCRO L’autofagia è considerato un processo che garantisce la sopravvivenza delle cellule, ma che può anche portare alla loro morte. Tuttavia i fattori che determinano il passaggio tra questi due risultati opposti sono ad oggi in gran parte sconosciuti. E così i ricercatori del dipartimento di Biochimica e Biologia molecolare dell’Università Complutense di Madrid hanno realizzato uno studio per capire come il THC potesse indurre la morte programmata delle cellule tumorali, processo che è stato dimostrato da numerosi studi e pubblicazioni scientifiche. «In questo lavoro», spiegano i ricercatori riguardo allo studio pubblicato su Autophagy, «abbiamo utilizzato Δ9-tetraidrocannabinolo (THC, il principale componente attivo della cannabis, un composto che fa scattare l’autofagia mediata e la morte delle cellule tumorali) e di privazione dei nutrienti (uno stimolo autofagico che fa scattare l’autofagia citoprotettiva) per indagare quali siano i precisi meccanismi molecolari responsabili dell’attivazione dell’autofagia citotossica nelle cellule tumorali. Utilizzando una vasta gamma di approcci sperimentali si è dimostrato che il THC (ma non la privazione di nutrienti) aumenta il dihydroceramide, il rapporto di ceramide nel reticolo endoplasmatico delle cellule del glioma, e questa alterazione è diretta a promuovere la permeabilizzazione della membrana lisosomiale, il rilascio di catepsina e la successiva attivazione della morte cellulare per apoptosi». Gli studiosi concludono che: «Questi risultati aprono la strada per chiarire i meccanismi di regolazione che determinano l’attivazione selettiva e la morte delle cellule tumorali per autofagia mediata». DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
CANNABIS TERAPEUTICA
CAMPANIA: MODIFICHE ALLA LEGGE DOPO L’IMPUGNAZIONE DEL GOVERNO
LIGURIA: CANNABIS GRATIS PER I PAZIENTI E PIÙ INFORMAZIONE PER I MEDICI
La legge regionale campana per la somministrazione di farmaci a base di cannabis era stata approvata lo scorso luglio, ma l’impugnazione della legge da parte del governo ha portato il Consiglio regionale ad effettuare dei cambiamenti per evitare un giudizio davanti alla Corte Costituzionale.
Un ordine del giorno per rendere la cannabis terapeutica in Liguria a carico del Servizio Sanitario Regionale e per creare una rete di formazione per i professionisti del settore.
Il 27 settembre infatti il Consiglio dei ministri aveva deciso di impugnare la legge della Regione Campania dell’8 agosto 2016, n. 27, che detta «disposizioni organizzative per l’erogazione dei farmaci e dei preparati galenici a base di cannabinoidi», individuando profili di incostituzionalità della norma. Venivano contestate il tipo di ricetta che il medico dovrebbe compilare per il paziente – la legge prevedeva la ricetta a ricalco al posto di quella ordinaria per sveltire le operazioni – oltre alla volontà di fare «promozione della ricerca e azioni sperimentali prodromiche alla produzione da parte di soggetti autorizzati». Secondo la nota del governo, si trattava di una norma riguardante la produzione di medicinali che contrasta con i principi fondamentali in materia di tutela della salute. A dicembre il Consiglio regionale campano ha approvato all’unanimità le modifiche, lasciando la possibilità per i pazienti di ottenere farmaci a base di cannabis a carico del Servizio Sanitario Regionale.
La proposta arriva da Angelo Vaccarezza, capolista di Forza Italia in Regione e sarà discussa nei prossimi giorni. «Ogni cittadino ha il diritto di non soffrire. Chiediamo alla Giunta di attivarsi anche per fare in modo che la somministrazione dei medicinali possa avvenire attraverso un doppio canale di distribuzione, sia territoriale sia in ambito ospedaliero. È necessario, inoltre, prevedere un’intesa con l’Università di Genova finalizzata alla ricerca scientifica sull’efficacia della cannabis nelle patologie neurologiche, infiammatorie croniche e al trattamento del dolore per i malati terminali. Inoltre – specifica Vaccarezza – dobbiamo prevede un accordo con Federfarma, l’associazione che riunisce i titolari di farmacie, per far sì che ogni cittadino possa usufruire del servizio anche recandosi nelle farmacie stesse, potendo così accedere alla somministrazione di cure a base di cannabis e di principi attivi cannabinoidi». «Contemporaneamente», conclude Vaccarezza, «dobbiamo fare in modo che i medici ed i farmacisti, ma anche i liguri in generale, siano a conoscenza degli sviluppi che la ricerca scientifica fornirà, grazie a un’intensa campagna informativa».
Sul forum di www.enjoint.com è attivo un nuovo servizio di consulenza gratuita per i pazienti che hanno bisogno di chiarimenti ed informazioni di cui si occuperà il Dott. Fagherazzi. È un servizio prezioso e importante che siamo onorati di poter dare agli utenti. Per inserire una domanda è sufficiente iscriversi al forum.
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LAPIANTIAMO
a cura dell'associazione LapianTiamo
TESTIMONIANZE DOLOROSE Negli ultimi mesi stiamo assistendo a diversi cambiamenti e molti di questi riguardano variazioni nei quadri clinici di coloro che, fortunatamente, hanno la possibilità di utilizzare la Cannabis per uso terapeutico nei giusti dosaggi e con il dovuto supporto di un medico.
dalla sua patologia: «A volte mi sento come una gallina che becca!». E tanti altri stanno mettendo la faccia volentieri in questo che vuole essere, da parte nostra, un modo reale di raccontare i diversi punti di vista attraverso le testimonianze dirette di chi si trova costretto a vivere situazioni di malattia.
È proprio dagli incontri che quotidianamente si susseguono in giro per l’Italia che è nata l’esigenza di raccontare le emozioni che viviamo, anche visivamente, attraverso una raccolta di video che abbiamo già iniziato a pubblicare sul nostro canale Youtube, nella sezione “Video” del nostro sito ufficiale e sui nostri profili FB e Twitter.
Capita spesso di vivere intensamente situazioni fino a commuoversi, ragionando e sentendo quasi sulla propria pelle il malessere di chi racconta la propria storia. Siamo certamente abituati a spingerci con le nostre sedie e a trascinarci con le nostre stampelle ma non basta, e forse non basterà mai, il supporto psicologico in grado di farci sorridere anziché trattenere un pianto nel momento di difficoltà.
Si possono ascoltare parole pesanti come quelle di Alessandro, padre di Andrea, con il quale condivide la terapia. C’è la testimonianza di Carlo Gubitosa, autore del fumetto “Semi di Ribellione” dedicato alla storia della nascita di LapianTiamo. C’è il sorriso di Antonia che combatte contro un Parkinson e la sua frase detta tra i tremori provocati
DIKE SALUTE
La stessa difficoltà che si manifesta anche attraverso un contatto fisico e uno scambio di sguardi con chi, gli occhi, li utilizza ad esempio per comunicare su di uno schermo parole già scritte o campanelli di allarme che segnalano varie esigenze.
Quanti punti di non ritorno stiamo vivendo e quante cose non preventivate ci accadono intorno. Per questo e di questo parleremo nei nostri prossimi incontri ufficiali come il 26 gennaio a Foggia, il 29 gennaio a Racale e nelle prossime tappe che ci vedranno impegnati in giro per l’Italia condividendo messaggi di speranza con tutti coloro che vedevano nel 2016 l’anno del raggiungimento della legalizzazione della Cannabis. Quante domande in più ci poniamo, da malati, davanti a chi come noi lotta per mantenersi vivo... Molte più di quante se ne ponga la scienza davanti al singolo caso.
a cura del dottor Simone Fagherazzi *
UTILIZZO MEDICO DELLA CANNABIS PER RICREARE SE STESSI Dopo la laurea in medicina ho atteso alla cerimonia del “giuramento di Ippocrate”. «Giuro di esercitare la medicina in libertà e indipendenza di giudizio e di comportamento, rifuggendo da ogni indebito condizionamento, di perseguire la difesa della vita, la tutela della salute fisica e psichica dell’uomo e il sollievo della sofferenza, cui ispirerò con responsabilità e costante impegno scientifico, culturale e sociale, ogni mio atto professionale». Con in mente queste parole, mi sono trovato a leggere un’intervista al dottor Massimo Nabissi (ricercatore): «le sperimentazioni cliniche sono eseguite in strutture ospedaliere pubbliche o in private autorizzate e il finanziatore è di solito un’industria farmaceutica, mentre raramente un organismo di ricerca pubblico finanzia lo studio. [...] si attende che lo facciano all’estero e poi il nostro paese [...] si adeguerà alle regole dell’investitore. [...] pronto a sviluppare la tua l’idea, magari avviando una sperimentazione clinica ed eventualmente brevettando la terapia». È ormai chiaro che nel computo dei benefici apportati da un nuovo farmaco,
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capitolo molto importante sia il profitto di brevetto/vendita. La “libertà individuale” del medico è sottilmente compromessa. Il ritorno economico enorme della cannabis guida e fomenta la disputa tra utilizzo ricreativo e terapeutico (dividi et impera). Sia da medico, che da paziente, riconoscendo di essere entrambi, vorrei porre una riflessione. La “malattia” non è solo una condizione prettamente fisica, lambisce, in maniera differente, anche la nostra sfera psicologica e sociale. Per “guarire” e ritornare nello “stato di Salute”, infatti, non si deve solo riparare il corpo (l’essere umano è una macchina molto più complessa di quelle che lui stesso è in grado di creare con l’intelletto razionale) ma si dovrebbe, a mio avviso, ricreare la propria vita adattandola alle “nuove condizioni” che lo stato di malattia ci impone. Molte patologie, ad oggi, trovano ancora scarso riscontro di efficacia nei protocolli terapeutici tradizionali. Per questo, i pazienti, hanno iniziato ad utilizzare autonomamente cannabis. In qualche maniera apportava
loro un contributo positivo. Queste persone, però, rimangono confinate nella zona grigia del “dobbiamo capire meglio”. Alla luce dei recenti studi reputo questa “eccessiva precauzione” contraria al principio fondamentale della medicina “primum non nocere”. L’”uso ricreativo” è un uso medico incompreso. La mia speranza è che sempre più colleghi sviluppino le alte dosi di coraggio e senso di libertà personale necessarie a risolvere questa incomprensione. *Medico chirurgo specializzato in patologie dell’apparato femminile. Ricercatore scientifico indipendente in materia di cannabis terapeutica e cooperazione mente-corpo. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
CANAPA INDUSTRIALE
CANAPA: ECCO COSA CAMBIA CON LA NUOVA LEGGE La nuova legge che disciplinerà il settore della canapa industriale è stata approvata definitivamente apportando diversi cambiamenti riguardo al THC ed agli obblighi dei coltivatori
È un momento storico per tutto il settore: finalmente in Italia abbiamo una legge quadro per la filiera della canapa industriale: il testo è stato approvato definitivamente presso la commissione agricoltura in Senato a fine novembre. La legge approvata definitivamente era stata inizialmente proposta dal Movimento 5 Stelle con Loredana Lupo come prima firmataria, per poi diventare un testo unificato che racchiudeva anche le proposte di Adriano Zaccagnini (Sel), Nicodemo Oliverio (Pd) e Dorina Bianchi (Area Popolare). La legge era stata proposta nel 2013 e dopo l’approvazione è passata in Senato dove è stato approvata oggi. «Nel percorso», racconta a canapaindustriale.it la senatrice del Movimento 5 Stelle Daniela Donno, membro della nona commissione permanente dedicata ad agricoltura e produzione alimentare, «abbiamo assistito ai tentativi dell’esecutivo e della maggioranza di rallentare i lavori, ma nonostante questo, in Italia finalmente sarà vigente una legge per lo sviluppo della filiera della canapa industriale». Nonostante la coltivazione di canapa industriale non sia mai espressamente stata vietata nel nostro Paese, la mala interpretazione delle leggi antidroga ha portato le forze dell’ordine ad arrestare e sequestrare le coltivazioni di chi negli anni ’70 e ’80 aveva provato riprendere la coltivazione della canapa da fibra o da seme. Questa situazione di incertezza si è protratta fino al 1997, anno
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della circolare del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali contente disposizioni relative alla coltivazione della Cannabis sativa, integrata poi della circolare n.1 dell’8 maggio 2002. Ora ci sarà una legge quadro in grado di dare una spinta ad un settore in cui eravamo i primi al mondo per la qualità del prodotto fino agli anni ’50 del ’900. COSA CAMBIA CON LA NUOVA LEGGE? Le novità introdotte dalla nuova legge sono principalmente 3: - non è più necessaria alcuna autorizzazione per la semina di varietà di canapa certificate con contenuto di THC al massimo dello 0,2%. Quindi significa che la comunicazione alla più vicina stazione forze dell’ordine (Polizia di Stato, Carabinieri, Guardia di Finanza) tramite un modulo denuncia, NON è più necessaria. Gli unici obblighi per il coltivatore sono quello di conservare i cartellini della semente acquistata per un periodo non inferiore a dodici mesi e di conservare le fatture di acquisto della semente per il periodo previsto dalla normativa vigente. - La percentuale di THC nelle piante analizzate potrà oscillare dallo 0,2% allo 0,6% senza comportare alcun problema per l’agricoltore. Gli eventuali controlli verranno eseguiti da un soggetto unico e sempre in presenza del coltivatore, e gli addetti al
controllo sono tenuti a rilasciare un campione prelevato per eventuali contro-verifiche. Nel caso in cui la percentuale di THC dovesse superare la soglia dello 0,6%, l’autorità giudiziaria può disporre il sequestro o la distruzione della coltivazione, ma anche in questo caso «è esclusa la responsabilità dell’agricoltore». - Sono previsti finanziamenti nell’ordine massimo di 700mila euro l’anno «per favorire il miglioramento delle condizioni di produzione e trasformazione nel settore della canapa». Dopo 15 giorni dalla pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale la legge entrerà definitivamente in vigore ed il ministero della Salute avrà 6 mesi di tempo per legiferare su una questione che sta a cuore a tutti i produttori di canapa ad uso alimentare e cosmetico, e cioè la percentuale di THC che può essere contenuta nei prodotti per la cura del corpo e nei cibi ad uso umano. All’inizio del 1900, prima dell’avvento del proibizionismo, in Italia coltivavamo più di 100mila ettari di canapa. Nel 2015 ne abbiamo coltivati poco più di 3mila. Speriamo che questa legge possa essere un supporto per i nostri agricoltori ed una speranza per la nascita di un’economia più attenta all’ambiente ed al futuro con l’obiettivo di tornare a produrre in grandi quantità la miglior canapa del mondo. Mario Catania DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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CAMPANIA: UNA LEGGE REGIONALE PER INCENTIVARE LA COLTIVAZIONE
La legge campana per incentivare la coltivazione di canapa è stata approvata in commissione agricoltura: il prossimo passaggio sarà il voto in aula La commissione Agricoltura della Regione Campania ha approvato all’unanimità a fine novembre la proposta di legge relativa agli “Interventi per favorire la coltura della canapa nelle varie filiere produttive”. Ora è atteso il passaggio in aula per l’approvazione finale della proposta fatta dal consigliere Gennaro Oliviero e redatta in collaborazione con il CREA CIN di Caserta. Nel testo sono presenti incentivi per 30mila euro all’anno e sinergie con il Programma di sviluppo rurale della Campania 2014-2020. «Sulla canapa – ha sottolineato il presidente della commissione agricoltura regionale Maurizio Petracca – ci allineiamo alla legislazione nazionale dato che proprio in queste ore il Senato ha dato il via libera ad una legge che disciplina la stessa materia (vedi articolo sopra, ndr). La canapa è una coltura di grande rilievo perché è in grado di contribuire alla riduzione dell’impatto ambientale in agricoltura, del consumo dei suoli, della desertificazione e della perdita di biodiversità. Favorirne la coltura rappresenta perciò un passo importante su aspetti diversi e complementari che vanno dall’agricoltura alla tutela ambientale fino alle attività produttive».
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I POSSIBILI BENEFICIARI I beneficiari dell’incentivo potranno essere «le imprese agricole singole e associate», le Op e i partenariati costituiti da «imprese, enti di ricerca, imprese di trasformazione ed altri soggetti che hanno tra i propri scopi la lavorazione, commercializzazione e promozione della canapa e dei prodotti derivati». I partenariati potranno essere anche costituti sotto forma di Pei ai sensi della normativa inerente la misura 16 per l’innovazione del Programma di sviluppo rurale, in modo da poter essere da questa finanziati con un’aliquota maggiorata del 20%. AZIONI DI SOSTEGNO - «Prove di confronto varietale per individuare le varietà più idonee e meglio adatte agli areali di coltivazione campani, per uso food e no food». - «Sostegno alla ricerca applicata di nuove agrotecniche, e definizione di protocolli tecnici di coltivazione della canapa che abbiano carattere di sostenibilità ambientale ed economica». - «Introduzione di macchine e attrezzature innovative per la meccanizzazione delle fasi di raccolta, movimentazione del prodotto, lavorazione e trasformazione».
- «Creazione di una banca del seme regionale a gestione associata per la conservazione delle varietà di canapa». - «Studi e ricerche su utilizzi industriali, ambientali, ed aziendali innovativi e alternativi della canapa». In Campania la coltivazione della canapa è stata praticata in tutta la regione fino agli anni ’50 del secolo scorso. Negli anni venti la provincia di Caserta divenne la seconda provincia italiana per la produzione di canapa, così come si evince da un documento dell’Istituto Luce realizzato nel 1936. Fino agli anni ’50 – ’60 l’areale tra Napoli e Caserta è stato uno dei principali bacini canapicoli del Paese. Era fonte di lavoro non solo per gli agricoltori ma anche per tutti quegli operai impiegati nell’industria manifatturiera tessile che dalla canapa traevano la materia prima per la successiva fase di lavorazione. La canapa oltre che un fenomeno economico per le nostre zone fu anche un fenomeno sociale e culturale.
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HEMP SHE VOERO P D’ITALIA IL PRIMO
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ABBIGLIAMENTO
E
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CANAPA INDUSTRIALE
CANAPA IN CUCINA
CANAPA: UNA NUOVA SPERANZA PER I NATIVI AMERICANI Lorenzo Bottani
LA CANAPA CRESCE IN LOMBARDIA: +500% DI TERRENI COLTIVATI Da 23 ettari del 2014 si è passati ai 152 del 2015 facendo segnare un aumento delle coltivazioni del 500%. Accade in Lombardia dove, secondo i dati diffusi da Coldiretti, gli agricoltori stanno tornando a investire in questa coltura. Per ora in Lombardia le estensioni maggiori si trovano nel Bresciano (quasi 67 ettari), a Cremona (più di 33 ettari) e Mantova (circa 22 ettari). Fino a dieci anni fa la coltura era praticamente sparita e nel 2014 era ricomparsa soltanto a Lodi, Mantova e Pavia. Tra i pionieri c’è il mantovano Lorenzo Bottani, 39enne titolare dell’azienda agricola “Le vie della canapa”. Ha cominciato tre anni fa con un paio di ettari: «Avevo letto un articolo che parlava della canapa e sono rimasto folgorato», racconta spiegando che: «Io facevo un altro lavoro, ma ho deciso di buttarmi». Con la canapa si può fare di tutto, dai tessuti ai prodotti da forno, dall’olio alla birra, fino alla fibra per i pannelli isolanti. Dopo una partenza a ostacoli l’attività ha ingranato, gli ettari sono diventati dieci e Lorenzo sta cercando nuovi terreni. È ancora in fase esperimentale, invece, la produzione dell’azienda di Vincenzo e Giorgio Cavalli, 62 e 31 anni, di San Fiorano, in provincia di Lodi: «Stiamo coltivando canapa su circa due ettari – racconta Vincenzo – per produrre olio e farina. Prima di aumentare la produzione vogliamo trovare uno sbocco commerciale ben definito». «L’agricoltura», conclude Ettore Prandini, presidente di Coldiretti Lombardia, «ha un potenziale di innovazione in grado di anche di recuperare vecchie colture e svilupparle in un’ottica di risposte efficaci alle richieste dei consumatori e di applicazioni tecniche innovative, come dimostra anche la canapa». DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
La canapa industriale come risorsa naturale in opposizione al gioco d’azzardo che sta contribuendo a distruggere ciò che è rimasto del glorioso popolo degli Indiani d’America. I nativi americani della tribù dei Navajo hanno infatti firmato il primo accordo per la coltivazione di canapa industriale. La prima azienda nata per questo scopo si chiama CannaNative ed ha incontrato il Ceo della Navajo Agricultural Products Industries (NAPI) per capire come procedere. «Credo che l’industria della cannabis indiana supererà di gran lunga l’industria del gioco», ha sottolineato Anthony Rivera, l’amministratore delegato di CannaNative. Il gioco è stato un settore redditizio, ma non tutte le tribù ne hanno beneficiato e i numeri riguardo alla crescita dei casinò stanno rallentando. Oggi la comunità indiana vede canapa industriale come una nuova risorsa in grado di garantire lavoro ed entrate economiche per tutte le tribù. Rivera ritiene che i Navajo siano cauti nell’entrare nel settore, mentre altre tribù hanno cercato di avviare immediatamente delle produzioni dopo il Farm Bill del 2014 anche se ci sono stati problemi a livello amministrativo. Rivera crede anche che il forte rapporto dei Navajo con il governo contribuirà a spianare la strada. La popolazione della tribù è di oltre 300mila persone e le terre tribali a disposizione sono molto ampie. Purtroppo il 48% della popolazione è disoccupata ed il reddito medio delle famiglie è di 8.240 dollari all’anno, ben al di sotto della soglia di povertà.
HAMBURGER VEGANO CON SEMI DI CANAPA Nella versione originale l’hamburger vegano andrebbe preparato con il tofu, ma noi abbiamo pensato di proporvi questa variante che ha come base i ceci lessati. Ingredienti 250 gr. di ceci; 1/2 tazza di semi di canapa; 1 mazzetto di cipollotti; basilico o prezzemolo; timo; rosmarino o spezie varie a piacere. Preparazione: Dopo aver lasciato i ceci in ammollo per 12 ore, lessarli e farli sgocciolare una volta ammorbiditi. Poi tutti gli ingredienti vanno frullati fino ad ottenere una crema omogenea ma non troppo liquida. Il passo successivo è quello di creare a mano i 4 hamburger. Per la cottura si può scegliere il forno o la padella. Nel primo caso va preriscaldato a 200 gradi e la teglia va unta con l’olio, poi vanno infornati gli hamburger che devono essere cotti per 15 minuti. Per la padella sarebbe meglio usarne una antiaderente e ricordarsi di rigirare spesso gli hamburger; anche in questo caso un filo d’olio può essere d’aiuto.
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CANAPA INDUSTRIALE SPECIALE
di Mario Catania *
ITALIA: IL FUTURO È VERDE CANAPA
Il 2016 potrebbe essere l’anno che segna una ripresa delle coltivazioni di canapa nel nostro Paese, con la speranza che possa nascere un’economia più in sintonia con l’ambiente Il 2016 per il settore sarà ricordato come l’anno in cui è stata finalmente approvata una legge che regola la canapa industriale italiana. Era l’ultimo tassello che mancava per dare maggiore fiducia alle aziende ed ai possibili investitori, con l’ottica di tornare a dire la nostra in un settore in cui abbiamo da sempre primeggiato. È una legge di portata storica, della quale non tutti hanno compreso l’importanza per il nostro Paese che, fino alla metà del secolo scorso, era il primo produttore di canapa al mondo per la qualità ed il secondo, dietro solo alla Russia, per quantità. Nel periodo migliore in Italia erano coltivati a canapa oltre 120mila ettari con un rendimento annuo che sfiorava gli 800mila quintali. Nel 1914 la provincia di Ferrara produceva 363mila quintali di canapa, contro i 157mila della provincia di Caserta, i 145mila della provincia di Bologna e gli 89mila del napoletano. In molte Regioni italiane ancora oggi è facile imbattersi in piccoli e caratteristici laghetti artificiali, i così detti maceri o marcite, dove un tempo venivano messi a bagno i fusti della canapa per la prima fase della lavorazione. Non è un azzardo sostenere che la storia economica dell’Italia è stata in parte legata alla coltivazione di questa pianta ed alla fabbricazione dei prodotti da essa derivati; non a caso i tessuti e le corde prodotti con la varietà autoctona Carmagnola veniva-
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no esportati in tutto il mondo: sin dal XIV secolo la marina inglese li ha utilizzati per l’allestimento delle sue navi. Le caravelle che hanno solcato gli oceani cambiando la storia dell’umanità erano fatte di due elementi: legno per lo scafo e gli alberi e canapa per le vele, le corde ed il calafataggio (l’impermeabilizzazione in canapa tra le tavole di legno). Ancora oggi l’Amerigo Vespucci per statuto deve avere le vele di canapa della varietà Carmagnola. Le eccezionali proprietà di resistenza e di compattezza del tessuto in fibra di canapa hanno consentito alle popolazioni delle antiche civiltà di fare grandi progressi nella navigazione, col superamento dei limiti della forza-lavoro che era impiegata sulle navi a remi (imbarcazioni più grandi, maggiori distanze percorribili, attraversamento di mari più aperti e profondi); perciò si può affermare con assoluta certezza che le vele in canapa, grazie alle caratteristiche esclusive che né il cotone, né il lino avrebbero potuto assicurare, hanno consentito il grosso salto di qualità negli scambi commerciali e nelle relazioni tra i popoli. La carta di canapa è stata utilizzata per stampare le prime copie della Bibbia di Gutenberg, la stessa utilizzata per la bozza della dichiarazione d’Indipendenza americana o le banconote in Francia. Abbiamo esportato canapa per secoli utilizzandola per vestirci, scaldarci, nutrirci e curarci.
Oggi dal nord al sud le coltivazioni stanno facendo la loro ricomparsa e sono moltissime le testimonianze di nipoti che fanno ripartire una storia che i loro nonni conoscevano bene e rischiava di essere perduta. La storia di una pianta che può tornare a nutrire uomini ed ambiente, facendo rivivere tradizioni diventate cultura con un nuovo tipo di sviluppo ed economia, finalmente sostenibili. È ora di cambiare il modo in cui industria e agricoltura interagiscono. La canapa è rinnovabile, biodegradabile e vantaggiosa per l’ambiente. Con la rinascita di un’industria basata su questa pianta avremmo l’opportunità di tornare a sviluppare dei circuiti economici virtuosi, nei quali l’uomo può trarre il profitto necessario rispettando l’ambiente in cui si trova a vivere. Le prime volte che cercavamo di spiegare come la canapa possa sostituire completamente i prodotti derivati da petrolio ed energie fossili, qualcuno ci guardava con l’accondiscendenza silenziosa che si accorda ai pazzi. In effetti avevamo torto: la canapa può fare molto di più. Può guidarci con naturalezza (letteralmente) dritti dritti verso una nuova rivoluzione industriale. Un futuro diverso è possibile e dipende da ciascuno di noi: lasciamoci salvare dalla canapa.
*Giornalista professionista freelance e praticante di arti marziali; fa a pugni con le parole e usa la dialettica (inutilmente) quando volano calci e ginocchiate. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
PROMO/PUBBLIREDAZIONALE
a cura di Canna Team
BIOCANNA, LA MIGLIORE SCELTA PER LE TUE PIANTE
I prodotti BIOCANNA sono il risultato di un procedimento di produzione complicato e supervisionato in tutti i suoi passaggi, così da garantire un risultato ottimale Agricoltura biologica. La scoperta del concime chimico a metà del XIX secolo diede un grande contributo al benessere collettivo. Purtroppo alla coltivazione moderna si associarono anche svantaggi, come il peggioramento della qualità del suolo e dell’ambiente.
direttamente assimilabili e stimolano il metabolismo e le difese della pianta ed inoltre migliorano la qualità del suolo e la biodiversità. Grazie all’esclusivo processo di fermentazione, i prodotti BIOCANNA sono ricchi di componenti bioattivi, come gli acidi della frutta e le oligosaccarine.
Dal malcontento suscitato da questa situazione sorse nel secolo scorso l’agricoltura biologica. L’agricoltura biologica ha lo scopo di produrre in modo durevole ed in armonia con la natura. Per realizzare e mantenere tutto ciò, essa si basa su tre principi di base: evitare l’uso di pesticidi e concimi chimici ed aspirare ad un’alta biodiversità. L’applicazione di queste regole favorisce lo sviluppo di un ambiente di crescita più naturale con una buona struttura e una microflora sana. Questi sono anche i principi su cui si basano i prodotti BIOCANNA.
Acidi della frutta. I fertilizzanti liquidi di BIOCANNA sono ricchi di una miscela speciale di acidi di frutta benefici che tra le altre cose sono responsabili del sapore gradevole della frutta stessa. La diversità tra gli acidi della frutta è enorme e vengono suddivisi in base alla lunghezza delle loro catene di carbonio. Le catene corte sono in grado di formare legami del tipo chelato con microelementi. Le catene lunghe favoriscono il metabolismo, stimolano l’eliminazione di sostanze nocive dalla cellula e permettono una lunga conservazione naturale del prodotto.
Piante sane grazie alla biodiversità. La definizione più semplice del concetto di biodiversità la descrive come varietà tra gli organismi viventi di diversa origine. Maggiore è la biodiversità, maggiore è il numero delle specie di organismi che avranno come vantaggio la stabilità dell’ecosistema di cui fanno parte. Aumentando la biodiversità dell’ambiente delle radici, i prodotti BIOCANNA fanno in modo che tale ambiente sia in grado di resistere maggiormente alle variazioni. In questo modo diminuisce la probabilità di sviluppo di muffe e batteri patogeni. Impedendo la loro formazione, si incrementano le difese dell’ambiente circostante alle radici. Questo ha come risultato una pianta robusta e un raccolto abbondante e sano. BIOCANNA è stato sviluppato dal punto di vista dell’agricoltura biologica e quindi si basa sul presupposto del nutrimento diretto e indiretto delle piante. Questo significa che i prodotti BIOCANNA stimolano la microflora attorno alle radici che aiuta la pianta ad assimilare i nutrimenti necessari e allo stesso tempo protegge l’ambiente circostante alle radici. Si crea in tal modo un vero e proprio ecosistema complesso che viene mantenuto in equilibrio dalle piante in collaborazione con altri organismi.
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Le oligosaccarine. I prodotti BIOCANNA sono ricchi di oligosaccarine. Chiunque abbia utilizzato il noto RHIZOTONIC di CANNA, conosce la forza stimolante delle oligosaccarine. Le oligosaccarine sono composti naturali di carbonio che hanno una funzione di regolazione della crescita, aumentano le difese della pianta da muffe e batteri dannosi, attivano la produzione di antibiotici naturali e stimolano la crescita delle parti interrate ed esterne della pianta.
Processo di produzione biologico artigianale. I fertilizzanti BIOCANNA sono il risultato di un procedimento di produzione complicato. Uno stadio importante di questo processo è la fermentazione. Fermentare significa scomporre i componenti complessi per mezzo di microrganismi. Dopo una lunga ricerca su microrganismi speciali e materie prime vegetali CANNA Research è riuscita a sviluppare un processo di fermentazione controllato al 100%. Questo consente di ottenere un prodotto costante composto esattamente dai minerali e dagli ingredienti organici desiderati. I componenti dei prodotti BIOCANNA sono
Coltivare in modo onesto e duraturo. I fertilizzanti BIOCANNA sono biologici al 100% in modo garantito, e sono sottoposti a controlli legali per verificare l’ottemperanza a questi criteri. I prodotti BIOCANNA soddisfano le direttive internazionali dell’Associazione Control Union Certifications, che garantiscono che i prodotti di input siano biologici. CANNA verifica il processo di produzione dalle materie prime al prodotto finale, in modo da garantire un risultato ottimale.
DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
a cura di Green Born Identity
STRAIN & SEEDBANK
DINACHEM: LA NASCITA DI UN NUOVO CEPPO D’ÉLITE Dall’incrocio della ChemDog91 con la GuavaChem nasce la Dinachem, 65% sativa e 35% indica
Green Born Identity
Dinachem deriva dalle genetiche originali ChemDog 91! Chiunque abbia delle conoscenze minime sulle varietà di cannabis ha sentito parlare qualche volta della ChemDog, una tipologia di genetica creata nel 1991 nella costa orientale degli USA che porta lo stesso nome del breeder che l’ha creata. Come sono riuscite a fare solo altre poche genetiche, ChemDog ha lasciato la sua impronta nel settore della coltivazione della cannabis. Ai tempi fu la prima varietà di marijuana nel mercato americano la cui qualità più evidente era il sorprendente odore di gasolio con delle note di agrumi e di pino, un’autentica rivoluzione aromatica. E, da pianta madre, ChemDog diede vita in seguito a varietà leggendarie come la NYC Diesel, la Sour Diesel e la OG Kush, tra le tante. La OG Kush è un vero e proprio fenomeno: probabilmente, la varietà più influente e importante degli ultimi anni nel mercato internazionale di semi, che è stata utilizzata e tuttora viene utilizzata in una serie infinita di incroci e di progetti di breeding, alcuni dei quali sono stati premiati in diversi concorsi. E per il momento non è previsto un tramonto per la OG Kush. Tuttavia, il problema con la ChemDog 91 stava nel fatto che questa genetica era disponibile solo sotto forma di cloni. Per poter offrire genetiche ChemDog 91 sotto forma di semi bisognava possedere dunque, un ceppo di femmina d’élite, così come anche delle piante maschio della varietà, preferibilmente della stessa famiglia, affinché attraverso molteplici incroci, il breeder avesse potuto avvicinarsi il più possibile alla genetica di ChemDog 91. Queste due circostanze sono, per la precisione, quelle su cui ha lavorato la Dinafem: ai tempi ricevet-
Green Born Identity
Il collettivo Green born Identity ha classificato la Dinachem come una delle migliori genetiche fino ad ora coltivate e fumate. Ma prima di procedere con la pratica i suoi membri hanno preferito ricavare un po’ di dati sulla genetica di questa varietà, pensando che un po’ di storia li avrebbe sicuramente aiutati nella pratica. Vediamo quindi da dove nasce la Dinachem, una delle qualità più apprezzate di tutto il catalogo Dinafem.
tero il ceppo originale di ChemDog 91, direttamente del breeder ChemDog e, in più, moltissimi semi di GuavaChem, una genetica affermata di ChemDog 91, coltivata come un ceppo di semi da Chem Dog molti anni fa. Geneticamente simile alla ChemDog 91, è risultata essere un partner perfetto per l’incrocio, oltre ad una cura ideale per il ringiovanimento della genetica. Infatti essendo stata utilizzata moltissime volte nel corso
dei decenni, i ceppi originali di ChemDog 91 crescevano lentamente e non avevano una produzione ottimale. Ma, trasformati in semi attraverso delle genetiche della stessa famiglia come la GuavaChem, sono riusciti a rinvigorirsi e rafforzarsi, guadagnandoci in produttività, e tornando all’antico vigore. Si è tratta di un qualcosa simile a un’autoemoterapia rivitalizzante. Dinafem ha scelto la più stabile tra le sue piante migliori di GuavaChem per incrociarla con un ceppo della ChemDog 91 originale, per creare così la sua vigorosa e super-produttrice varietà Dinachem (65% sativa, 35% indica). Il suo consumo produce un effetto estremamente potente, cerebrale, euforico e rivitalizzante all’inizio, per terminare con una sensazione di rilassamento fisico. I due aspetti della sua composizione, la parte sativa e quella indica, sono molto ben rappresentati nel suo effetto. È importante rilevare, inoltre, lo sforzo per conservare il penetrante odore di petrolio, che è un segno distintivo della casa di ChemDog, ma anche altri attributi olfattivi tipici di questa varietà, come le note agrumate e di pino. Con 60 giorni di fioritura è una vera potenza che nonostante la genetica a dominanza sativa, fa pensare più a un’indica. Dal punto di vista medico, questa varietà è ideale per persone che soffrono di stress, ansia o nervosismo e può agire da analgesico, alleviando persino i dolori cronici. Green Born Identity non ha resistito alla tentazione ed ha provato subito a coltivarla. Con una radicazione senza problemi, dopo dieci giorni in stato vegetativo erano pronte per la fioritura. Otto settimane e mezzo più tardi, le piante erano maturate completamente e in quel momento era possibile percepire la miscela incredibilmente intensa e complessa di gasolio, agrumi e pino. «L’effetto indica di Dinachem si è rivelato a dir poco incredibile e la parte sativa si è fatta sentire in modo molto gradevole con una bella sensazione di sottofondo». In pratica una genetica completa sia coltivata che fumata, da provare al più presto.
ATTENZIONE: QUESTA SEZIONE CONTIENE ARTICOLI PUBBLIREDAZIONALI E PROMOZIONALI. SI TRATTA DI ARTICOLI SCRITTI DIRETTAMENTE DALLE AZIENDE PRODUTTRICI O DAI NEGOZI CHE COMUNICANO LE NOVITÀ DELLA PROPRIA ATTIVITÀ. NON SONO QUINDI RECENSIONI REALIZZATE DALLA NOSTRA REDAZIONE E NESSUNO DEI PRODOTTI PROPOSTI È STATO TESTATO DAL NOSTRO STAFF. LA REDAZIONE PERTANTO NON SI ASSUME ALCUNA RESPONSABILITÀ PER UN USO SCORRETTO O PER QUALSIASI MAL FUNZIONAMENTO DEI PRODOTTI PROPOSTI. PER APPROFONDIMENTI E INFORMAZIONI A RIGUARDO FATE RIFERIMENTO DIRETTAMENTE AI CONTATTI DEL PRODUTTORE. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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CANNA BUSINESS
DAGLI OPPIACEI ALLA MARIJUANA La storia di John Stewart che nel 2013 ha lasciato la Purdue Pharma, produttrice dell’OxyContin, per fondare un’azienda che produce cannabis terapeutica
Dagli oppiacei alla cannabis il passaggio è breve. E non stiamo parlando delle raccomandazioni di dottori e studi scientifici che in America, per tamponare l’abuso di farmaci oppiacei che sta assumendo i contorni di una vera e propria emergenza, indicano nella cannabis un antidolorifico efficace e senza quei pesantissimi effetti collaterali che possono arrivare fino all’overdose ed alla morte. Parliamo invece della parabola del businessman John Stewart, che è passato con disinvoltura dalla compagnia farmaceutica che produce l’OxyContin, uno degli oppiacei più abusati al mondo, a produrre cannabis terapeutica. Negli Stati Uniti è stato stimato che 1,9 milioni di americani sono stati dipendenti da antidolorifici oppioidi nel 2014 con overdose
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accidentali causate dagli antidolorifici che sono quadruplicati tra il 1999 e il 2012. Nel 2014 le overdose sono state la principale causa di morte accidentale in America e su 10 overdose è stato calcolato che almeno 6 fossero causati da oppiacei.
Nel 2014 gli overdose sono stati la principale causa di morte accidentale in America e su 10 overdose è stato calcolato che almeno 6 fossero causati da oppiacei
Secondo uno studio del 2014 gli Stati americani che autorizzano l’uso di cannabis terapeutica, dopo aver emanato le leggi hanno avuto un tasso del 24,8% più basso riguardo alla mortalità annuale per overdose da analgesici oppiacei rispetto agli Stati in cui la cannabis terapeutica è ancora illegale. Altre recenti ricerche della University of British Columbia suggeriscono la cannabis può essere utilizzata per trattare dipendenze da alcool e oppiacei. Per far capire come in America sia diventata una battaglia culturale e molto diffusa nel Paese anche l’NFL, che impedisce ai giocatori di usare cannabis ma permette loro di fare un’iniezione di oppiacei prima dell’inizio di ogni incontro, sta studiando il modo di cambiare le regole. Insomma, se gli enormi interessi economici in ballo hanno contribuito a celare il problema per un po’, DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
L’azienda è uno dei nuovi player del fiorente mercato della cannabis terapeutica canadese. Ha ricevuto la licenza per coltivare e vendere cannabis nel 2015 unendosi agli altri 35 concorrenti già presenti Intanto in Canada è stato introdotto un nuovo regime per i pazienti che prevedeva l’obbligo di rifornirsi dai dispensari, ma la Corte Costituzionale ha bocciato il provvedimento consentendo ai pazienti autorizzati di continuare ad autocoltivare la cannabis.
ora la gravità della situazione è sotto gli occhi di tutti, e i grandi player delle multinazionali farmaceutiche iniziano a correre ai ripari. E visto che il boicottaggio della cannabis durato oltre 80 anni gli si sta praticamente ritorcendo contro, la prima mossa esplicita per un businessman come Stewart è stata quella di fare il grande salto e passare con nonchalance dall’altra parte della barricata. Nel 2013 aveva infatti lasciato la Purdue Pharma ed ora è il co-fondatore di Emblem, una compagnia dedita alla produzione di cannabis medicale con base ad Ontario, in Canada. E quindi, per ironia della sorte, la sua nuova azienda potrebbe contribuire a incrinare il business degli oppiacei per cui lavorava. L’azienda è uno dei nuovi player del fiorente mercato della cannabis terapeutica canadese. Ha ricevuto la licenza per coltivare e vendere cannabis nel 2015 unendosi agli altri 35 concorrenti già presenti. Secondo gli investitori in totale il mercato dovrebbe garantire entrate per 100 milioni di dollari.
«Nessuno mi dice in faccia: siamo terrorizzati dal fatto che Big Pharma venga qui a prendersi quest’industria, anche se lo sono» DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
Coltivatori come Aphria, Mettrum Health e Canopy Growth, attualmente il più grande produttore di cannabis medica del Canada, sono diventati protagonisti del mercato azionario. Mentre nel mese di ottobre Shoppers Drug Mart, una delle principali catene di farmacie del Canada, ha chiesto di poter distribuire cannabis ai pazienti (per ora è consentito solo ai dispensari dedicati). Nel Paese si sta anche discutendo sull’opportunità di introdurre un disegno di legge durante la prossima primavera per legalizzare la cannabis a livello ricreativo. Ad ogni modo nel mondo cannabico gli ex rappresentanti del mondo farmaceutico non vengono certo visti di buon occhio. «Nessuno mi dice in faccia: siamo terrorizzati dal fatto che Big Pharma venga qui a prendersi quest’industria, anche se lo sono», ha detto Stewart alla Bbc sottolineando che: «In questo periodo, negli Stati Uniti in particolare, sono tutti contrari a qualsiasi iniziativa presa da Big Pharma». Ma dice anche di incontrare molte persone che vedono come un’opportunità quella di portare capitali per la ricerca, migliorare i controlli qualitativi e sviluppare nuovi prodotti. «È grazie al lavoro di molti pionieri che hanno corso grossi rischi, anche legali, se oggi noi siamo a questo punto».
CBD: STIMATA CRESCITA DEL MERCATO DEL 700% FINO AL 2020 Il CBD è sempre più al centro delle attenzioni oltre che della ricerca scientifica, anche dei mercati finanziari e degli istituti competenti in fatto di regolamenti farmaceutici. Da un lato la notizia è che secondo l’Hemp Business Journal, che ha dedicato un libro al fiorente mercato del CBD (prodotto anche da varietà di canapa industriale), il mercato nel 2020 sarà intorno ai 450 milioni di dollari, in crescita del 700% rispetto al 2016. Nel 2015 il mercato dei prodotti a base di CBD derivato dalla canapa industriale è stato di 90 milioni di dollari, mentre quello di prodotti con CBD derivato dalla cannabis è stato di 112 milioni, per un totale di 202 milioni. Secondo Headset Research data, che si occupa di analizzare i dati del cannabusiness mondiale, ci sono attualmente 800 prodotti contenenti CBD sul mercato. Intanto sono iniziate le prime iniziative di regolamentazione del cannabinoide. In Gran Bretagna è stato dichiarato che il CBD è un principio farmacologico e come tale deve esser trattato, motivo per cui ne è stata interrotta la vendita fino a quando i produttori non rispetteranno i nuovi requisiti. In America invece la DEA ha reso illegali dal punto di vista federale, con una mossa a sorpresa, tutti gli estratti a base di cannabis - e quindi anche quelli di CBD - inserendolo in tabella I, cosa che ha scatenato le ire dei pazienti ed un grosso dibattito sul diritto alla salute e sul fatto che la DEA abbia o meno l’autorità di prendere un provvedimento di questo tipo.
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PSICONAUTA HOFMANN BOOK
LSD IL MIO BAMBINO DIFFICILE
“LSD Il Mio Bambino Difficile” è un libro del 1979 scritto da Albert Hofmann, famoso scienziato, comunemente conosciuto come il “padre dell’LSD”, psiconauta per eccellenza, deceduto nel 2008 all’età di 102 anni. Fu il primo a sintetizzare e sperimentare l’LSD scoprendone gli effetti psichedelici e studiandone i potenziali utilizzi medici e scientifici. Pubblichiamo i capitoli più interessanti in questa nuova rubrica. È possibile scaricare il libro completo dal nostro sito internet (www.dolcevitaonline.it - sezione download) TRENTESIMA PARTE Altre informazioni su questi semi ci sono offerte dal medico Francisco Hernàndez, che su ordine di Filippo II soggiornò in Messico dal 1570 al 1575 per studiare le piante medicinali dei nativi. Nel capitolo De Ololiuhqui della sua opera monumentale intitolata “Rerum medicarum Novae Hispanie thesaurus seu plantarum, animalium, mineralium mexicanorum historia”, pubblicata a Roma nel 1651, egli ci offre un ritratto dettagliato e la prima illustrazione dell’ololiuhqui. Un estratto dal testo in latino che accompagna l’illustrazione recita: «L’ololiuhqui, che alcuni chiamano coaxihuitl o pianta del serpente, è una pianta rampicante dalle foglie sottili, verdi e a forma di cuore... I fiori sono bianchi, abbastanza grandi... I semi sono rotondi... Quando i sacerdoti degli indiani volevano far visita agli dei per ottenere da loro informazioni, mangiavano i semi di questa pianta e si inebriavano. Migliaia di immagini fantastiche e di demoni apparivano loro...». Nonostante questa descrizione abbastanza precisa, l’identificazione botanica dell’ololiuhqui con i semi della Rivea corimbosa ha dato adito a molte discussioni negli DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
ambienti scientifici. Di recente è stata data la preferenza al sinonimo Turbina corimbosa. Quando nel 1959 decisi di tentare l’estrazione dei principi attivi dell’ololiuhqui, esisteva un unico documento riguardante l’esame chimico dei semi di Turbina corimbosa. Si trattava del lavoro del farmacologo C.G. Santesson di Stoccolma, pubblicato nel 1937. Santesson non riuscì comunque a isolare alcuna sostanza attiva in forma pura. Sull’azione dei semi ololiuhqui sono stati riferiti risultati contrastanti. Nel 1955 lo psichiatra H. Osmond si sottopose a un esperimento con questi semi, ingerendone una quantità oscillante tra i 60 e i 100. Gli effetti riscontrati furono marcati da uno stato di apatia e di vuoto mentale, associato a un aumento della percettività visiva. Dopo quattro ore seguì un periodo di rilassamento e di benessere, che si prolungò per lungo tempo. In contrasto con questo esito furono le ricerche di V.J. Kinross e Wright, pubblicate in Inghilterra nel 1958, in cui a otto ricercatori volontari erano stati somministrati 125 semi; nessuno di essi notò effetti particolari. Grazie all’intervento di R. Gordon Wasson, ottenni due campioni di ololiuhqui. Nella sua
lettera di accompagnamento del 6 agosto 1959, proveniente da Città del Messico, egli scriveva: «Le spedisco un pacchetto di semi che credo appartengano al tipo Rivea corimbosa, altrimenti conosciuto come ololiuhqui, un famoso narcotico degli aztechi. Nel villaggio di Huautla li chiamano la semilla de la Virgen. Questo pacchetto, come può vedere, contiene due piccole bottiglie con i semi che abbiamo ricevuto a Huautla, e un contenitore più grande con i semi che ci sono stati consegnati da Francisco “Chico” Ortega, una guida zapoteca che li ha raccolti direttamente dalle piante nel villaggio zapoteco di San Bartolo Yautepec». La classificazione botanica dei primi semi di cui si fa cenno nella lettera, provenienti da Huautla, rotondi e di colore marrone chiaro, confermò la loro provenienza dalla Rivea (Turbina) corimbosa, mentre quelli neri e squadrati raccolti a San Bartolo Yautepec furono classificati come semi di zpomea violacea. Mentre la Turbina corimbosa cresce soltanto nei climi tropicali e subtropicali, l’Ipomea violacea è una pianta ornamentale diffusa in tutte le regioni temperate della terra. È conosciuta come convolvolo, la
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PSICONAUTA HOFMANN BOOK pianta che fa bella mostra di sé nei nostri giardini, nelle varietà dei suoi calici di colore blu o a strisce rosse e blu. Gli zapotechi utilizzano, in aggiunta all’originale ololiuhqui (cioè i semi della Turbina corimbosa, che essi chiamano badoh), il badoh negro, i semi di Ipomea violacea. Questo particolare ci è stato riferito da T. Mac Dougall, che procurò ai nostri laboratori un maggiore quantitativo di questi ultimi semi. All’esame chimico dei semi ololiuhqui partecipò il mio valido assistente Hans Tscherter, con il quale avevo già condotto l’isolamento dei principi attivi dei funghi. Avanzammo l’ipotesi che i principi attivi dei semi ololiuhqui facessero parte della stessa classe di composti indolici a cui appartengono l’LSD, la psilocibina e la psilocina. Considerando il numero estremamente grande degli altri gruppi di sostanze che, come gli indoli, tenevamo in considerazione come probabili principi attivi dell’ololiuhqui, risultava assai difficile che questa supposizione rispondesse al vero. La cosa tuttavia poteva essere sperimentata. La presenza di composti indolici può essere facilmente e rapidamente determinata attraverso le reazioni colorimetriche. Con questo metodo, persino piccole tracce di sostanze indoliche a contatto con un certo reagente conferiscono alla soluzione un intenso colore blu. Le nostre ipotesi si dimostrarono vere. Estratti di semi ololiuhqui a contatto con il reagente appropriato dettero la caratteristica colorazione blu dei composti indolici. Con l’aiuto del test colorimetrico, riuscimmo in breve tempo a isolare le
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sostanze indoliche dai semi e a ottenerle in forma chimica pura. La loro identificazione approdò a un esito sorprendente. Quello che scoprimmo pareva all’inizio poco credibile. Solo dopo ripetizioni e più scrupolosi esami dell’intero processo i nostri dubbi su quei risultati furono eliminati: i principi attivi dell’antica droga messicana ololiuhqui si rivelarono identici a sostanze già presenti nel mio laboratorio. Essi erano simili agli alcaloidi ottenuti durante i lunghi decenni di ricerche sull’ergot (il nome comune del fungo Claviceps purpurea, ndr); in parte isolati in quanto tali dall’ergot, in parte ricavati attraverso la modificazione chimica dei composti dell’ergot. Amide dell’acido lisergico, idrossietilamide dell’acido lisergico e altri inferiori in piante superiori come la famiglia delle convolvulacee, contraddiceva il paradigma dominante, in base al quale certe sostanze si ritrovano solo all’interno di certi segmenti del regno vegetale. In effetti è un caso molto raro trovare un caratteristico gruppo di composti - in questo caso gli alcaloidi dell’ergot - in due divisioni del mondo vegetale ampiamente separate nella loro storia evolutiva. Nondimeno i nostri risultati furono convalidati da successive indagini di laboratorio condotte sui semi ololiuhqui negli Stati Uniti, in Germania e in Olanda. Ciò però non fu sufficiente a eliminare lo scetticismo di alcuni, che si spinse fino a prendere in considerazione la possibilità di una contaminazione dei semi da parte di funghi produttori di alcaloidi. Il sospetto comunque fu cancellato sperimentalmente. Sebbene pubblicati solo su riviste specializzate, gli studi
sui principi attivi dell’ololiuhqui ebbero delle conseguenze inaspettate. Due grossi rivenditori olandesi di semi ci informarono delle vendite particolarmente eccezionali, rilevate all’epoca, di semi di Ipomea violacea. Questi commercianti avevano saputo che la grande richiesta aveva a che fare con le nostre ricerche sui semi ololiuhqui, di cui ci chiesero maggiori dettagli. Si venne a sapere che la fonte della nuova e insolita domanda si trovava presso i circoli hippy e altri gruppi interessati alle droghe allucinogene. Essi erano convinti di aver scoperto nei semi ololiuhqui un sostituto dell’LSD, che stava diventando sempre meno accessibile. Il boom dei semi di convolvolo ebbe tuttavia breve durata, evidentemente a causa degli effetti non eccellenti sperimentati con questo nuovo e antico inebriante. I semi ololiuhqui, tritati e poi bevuti con acqua, latte o altri liquidi, hanno un sapore molto sgradevole e sono difficilmente digeribili. Inoltre, i loro effetti psichici si differenziano da quelli dell’LSD per una componente euforica e allucinogena meno marcata, laddove invece predomina una sensazione di vuoto mentale, accompagnata spesso da ansia e depressione. Un’altra azione che non li rende molto appetibili è il senso di stanchezza e apatia che i semi procurano. Sono questi i motivi per cui l’interesse verso il convolvolo è andato diminuendo. Continua sul prossimo numero…
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a cura di Acirne
“KAMBO E IBOGA” DI GIOVANNI LATTANZI, IL PRIMO LIBRO SUI DUE ENTOGENI Per la prima volta in Italia un libro che illustra in maniera approfondita i due entogeni e l’inedito metodo di guarigione elaborato dall’autore, basato sul loro uso combinato
«Queste medicine sciamaniche sono conosciute nel mondo occidentale da relativamente poco tempo. Questo è il secondo libro sul Kambo pubblicato al mondo. Il Kambo era praticamente sconosciuto al di fuori dell’Amazzonia fino agli anni Novanta, l’Iboga invece è conosciuta nel mondo medico da un paio di secoli circa: è stata studiata da medici francesi residenti in Gabon, ma viene utilizzata nella forma di estratto, l’Ibogaina, da medici all’avanguardia o da ex-tossicodipendenti solo a partire dagli anni ‘80 negli Stati Uniti d’America e in diversi altri paesi. Questa sostanza ha procurato incredibili risultati nella cura di tossicodipendenze, ADHD e PTSD, tutti disturbi che hanno a che fare con il danneggiamento del “sonno Al contrario di quanto molta gente è portata a credere, l’Iboga - il cui nome scientifico è Tabernanthe Iboga - e l’alcaloide chiamato Ibogaina non sono la stessa cosa. Quando si parla di Iboga si intende la corteccia della radice che è una parte della pianta, mentre l’Ibogaina è un particolare alcaloide estratto in laboratorio dalla corteccia e rappresenta solo uno dei 12 alcaloidi presenti nella pianta Tabernanthe Iboga. Altri importanti alcaloidi sono l’Ibogamina e la Tabernantina. L’Ibogaina (il cui nome chimico è 12-metossi-Ibogamina) viene estratta dalla corteccia della radice e trasformata in Ibogaina cloridrato (HCL) sotto forma di cristalli o sotto forma liquida. La percentuale di Ibogaina nella corteccia di radice va dal 2% al 5% del peso della corteccia. Il Gabon, luogo di origine della pianta, è stato a lungo una colonia francese. Alcuni medici francesi hanno cominciato a studiare le proprietà di questa pianta già dall’inizio del XIX secolo. Gli studi sulle proprietà di questa pianta hanno quindi quasi due secoli. L’Ibogaina, al contrario, è divenuta nota solo nel corso degli anni ’80 del Novecento, dopo la scoperta accidentale avvenuta nel 1962 da parte di Howard Lotsof, grazie alla quale l’uso dell’Ibogaina si è molto diffuso negli USA e anche in Olanda. Seguendo l’esempio e il manuale scritto da Lotsof sono ora circa 80 le cliniche di Ibogaina in tutto il mondo dove si applica questo alcaloide per la cura di varie tossicodipendenze. Negli anni ’80 e
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attivo” e del sogno R.E.M». Così Giovanni Lattanzi, autore del primo libro italiano dedicato a questi due entogeni “Kambo e iboga. Medicine sciamaniche in sinergia”, spiega cosa lo ha spinto a parlare di queste due sostanze poco conosciute. In assoluto il primo sciamano europeo ad utilizzare in modo sinergico i due enteogeni, il Kambo (secrezione della rana Phyllomedusa bicolor) e l’Iboga (corteccia della radice della pianta sacra) grazie all’elaborazione di un metodo di guarigione spirituale unico, che prevede l’applicazione del Kambo sui Meridiani secondo le indicazioni della Medicina Tradizionale Cinese e
la somministrazione della corteccia di Iboga ad alto e basso dosaggio. «Sono arrivato all’applicazione del Kambo sui meridiani, e sui punti della riflessologia - ci racconta - in diversi modi: passione per l’argomento, intuizione e ascoltando lo Spirito del Kambo, vedendo come funziona su me stesso e su altri, così come si fa nelle tradizioni sciamaniche». Di seguito un estratto del capitolo 10, uno dei più densi, in esclusiva per Dolce Vita: “Studi scientifici sulla corteccia della radice di Iboga e sull’alcaloide Ibogaina”. Trovate il capitolo integrale su www.dolcevitaonline.it. e il senso di bisogno compulsivo. L’alcaloide Ibogaina è particolarmente adatto a trattare la dipendenza da oppiacei ed è ugualmente efficace sia nei casi di dipendenza ventennale da eroina sia in quelli di abuso prolungato di antidolorifici.
nei primi anni ’90 del Novecento, gli studi sull’alcaloide Ibogaina sono stati particolarmente numerosi soprattutto negli USA. In quel periodo, precisamente nel 1991, erano in corso degli studi preclinici (su cavie) e delle sperimentazioni in fase I (su soggetti umani), da parte del NIDA (National Institute on Drug Abuse), l’organo ufficiale responsabile della legalizzazione dei farmaci negli USA, studi che tuttavia sono terminati nel 1995. I principi attivi presenti nelle radici, corteccia, fusto, foglie e semi contengono alcaloidi indolici. L’Ibogaina, il cui nome chimico è C20 H26 N20, viene considerata l’alcaloide più importante presente nella pianta di Iboga per quanto riguarda la cura delle tossicodipendenze. Questo alcaloide si lega ad alcuni recettori oppioidi del cervello eliminando i sintomi di astinenza
La prima estrazione dell’Ibogaina dalla pianta è stata compiuta da due scienziati francesi, Dybowsky e Landrin i quali, nel 1901, hanno isolato e cristallizzato l’alcaloide dalla radice dell’Iboga. Una completa sintesi organica di questo alcaloide è stata realizzata e brevettata nel 1956 ma non è mai stata impiegata perché il processo di produzione è risultato troppo impegnativo e costoso. Conosciuta col nome di 18-MC, abbreviazione di 18-metossi-coro-naridina, questa sostanza chimica sintetica ha una struttura molecolare che è quasi identica a quella dell’Ibogaina. I ricercatori che se ne sono occupati, affermano che la 18-MC, finora testata solo su roditori, potrebbe risolvere i casi di tossicodipendenza senza produrre gli effetti psicoattivi dell’ibogaina. Secondo gli stessi studi risulterebbe, inoltre, che con persone affette da problemi di cuore è più sicura dell’Ibogaina. La ricerca scientifica sulla pianta di Iboga è stata effettuata per tutto il XIX secolo da medici francesi residenti in Gabon. Per tutto il tempo il loro interesse è stato esclusivamente rivolto agli effetti dell’Iboga somministrata a basso dosaggio che veniva considerata come un tonico in grado di rilassare l’apparato muscolare in quanto promuove DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
l’ossigenazione dei muscoli tramite un incremento di globuli rossi del sangue. L’alto dosaggio della medicina era reputato di per sé tossico e l’aspetto ritualistico delle tradizioni africane veniva relegato al mondo della stregoneria. Alcuni degli effetti dell’Ibogaina sono oramai noti, tuttavia il meccanismo preciso e le ragioni dei suoi effetti a lungo termine sul cervello non sono ancora conosciuti. La struttura dell’Ibogaina si lega alla dopamina e alla serotonina che sono naturalmente prodotte dal cervello e che funzionano come neurotrasmettitori di pace, piacere e benessere sia a livello fisico che psichico. Secondo le ricerche svolte, l’Ibogaina ha un notevole effetto sul sistema limbico del cervello che comprende, tra l’altro, l’ippocampo, l’amigdala e i nuclei talamici, che determinano l’organizzazione delle funzioni psichiche quali schemi di comportamento, reazioni emotive, memoria a breve termine. Connesso con il cervelletto - quella parte del cervello che condividiamo coi rettili - il sistema limbico interviene nei processi di apprendimento e di memorizzazione. L’Ibogaina agisce come uno scanner del cervello emotivo nel quale compie un reset per quanto concerne comportamento compulsivo e dipendenza. Quanto al corpo fisico, l’Ibogaina ad alti dosaggi agisce sul sistema nervoso e su quello muscolare: il corpo diviene gradualmente sempre più rigido e pesante, un processo che corrisponde ai disturbi noti come atonia e atassia, vale a dire la mancanza di forza e di coordinamento nei movimenti fisici. Durante la seconda fase del processo con l’Ibogaina, questo irrigidimento è accompagnato - nel suo stadio più avanzato - da un senso di vertigine durante la deambulazione e da flash di fili di luce che attraversano lo spettro visivo. La frequenza cardiaca diminuisce, una sensazione di nausea cresce e spesso provoca il vomito. Un altro fenomeno frequente è l’attivazione della visione dell’aura del corpo, ad esempio muovendo un braccio si vede la scia di energia che questo lascia nello spazio. Si altera notevolmente la percezione del tempo che sembra fermarsi, mentre le ore trascorrono velocemente come se fossero pochi istanti. Per chi soffre di tossicodipendenza i sintomi dell’astinenza scompaiono circa quarantacinque minuti dopo l’ingestione. Alla psiche l’Ibogaina offre la possibilità di processare esperienze passate e di compiere nuove scelte e cambiamenti. Secondo Kenneth Alper, professore di Psichiatria presso la scuola medica dell’Università di New York, i componenti dell’Ibogaina si differenziano da quelli di altre sostanze psicoattive, tra cui il classico 5-HT2A attivato da LSD, psilocibina, mescalina, anfetamina e MDMA. L’Ibogaina attiva recettori diversi tra cui l’NMDA (acido N-metil-D-aspartico), il recettore nicotinico, il recettore sigma, i recettori oppioidi kappa e mu. L’azione sui diversi sistemi di neurorecettori cerebrali agli studiosi è apparsa paradossale, come paradossale risulta di fatto la mancanza di sonno per alcuni giorni senza che il corpo ne subisca affaticamento e la presenza di onde REM tipiche del sonno durante lo stato di veglia. Tra l’altro, durante il sonno REM attivato dall’Ibogaina le onde cerebrali registrate da un EEG mostrano la produzione di onde simili a quelle prodotte in stato di consapevolezza durante la veglia. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
1ST PRICE SATIVA EXP OGROW IRUN 2016
INPUT
di Gianluca Carf ì
LIBRI
I DIALOGHI DELL’ECONOMIA SOLIDALE AUTORI VARI In tempo di crisi, si sa, si nascondono le più grandi opportunità e covano le idee più geniali ed innovative. Faccia a faccia con il caos generato da un’economia assassina, una società per lo più schiava ed un futuro quanto mai incerto, alcune comunità hanno scelto di adottare sistemi economici più sostenibili, sia sotto il profilo ambientale che sotto quello sociale, e hanno dato vita a soluzioni “smart” dal basso che poggiano sulla cooperazione, la solidarietà e il mutuo appoggio invece che sulla massimizzazione dei rendimenti dei capitali investiti. Il libro, elaborato nell’ambito del RES (Rete italiana di Economia Solidale), è stato pubblicato nel novembre 2016 da Asterios Editore all’interno della collana ”Lo Stato del Mondo”.
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FILM
UNA SPERANZA NELL’ARIA TIM FLANNERY
ICE AND THE SKY LUC JAQUET
A dieci anni di distanza dal bestseller “I signori del clima”, lo scienziato e divulgatore australiano Tim Flannery fa il punto sui cambiamenti climatici, analizza le cause del riscaldamento globale e delinea un futuro nel quale non saremo più dipendenti dai combustibili fossili, avendo sviluppato e migliorato le tecnologie di cui già disponiamo per produrre energie rinnovabili. Un testo che fotografa lucidamente l’attuale situazione ma che espone riflessioni e competenze per rimanere ottimista, non mancando di evidenziare come la questione vada affrontata congiuntamente sul terreno politico-economico e su quello scientifico. Il libro è stato pubblicato nel gennaio 2015 dalla casa editrice milanese Corbaccio.
Un documentario che porta al grande pubblico la storia di Claude Lorius, studioso con un grande spirito d’avventura e una immensa sete di conoscenza che, appena ventenne, si imbarcò per una spedizione scientifica in Antartide, per sviluppare poi nel corso della sua carriera una conoscenza senza pari nel campo dei ghiacci. Un vero e proprio pioniere della ricerca sui cambiamenti climatici, oggi 84enne, ripercorre le evoluzioni delle sue spedizioni polari e il racconto dei suoi studi e delle sue previsioni si intreccia con immagini di repertorio e riprese dell’Antartico che tolgono il fiato. Luc Jacquet, già premio Oscar con “La marcia dei pinguini”, ha presentato la pellicola come film di chiusura del Festival di Cannes del 2015.
MUSICA
A NEW WE STEFAN WOLF
INUMANI TRE ALLEGRI RAGAZZI MORTI
Ora come non mai le comunità sono alla ricerca di nuovi modelli di vita sostenibili e di nuovi approcci percorribili per vivere in armonia gli uni con gli altri e con la natura circostante. Il documentarista austriaco Stefan Wolf ci propone un viaggio attraverso sette paesi europei e dieci eco-villaggi dislocati nel vecchio continente. Un percorso affascinante e suggestivo dove si esplorano soluzioni economiche e pratiche sociali alternative, con l’obbiettivo di attuare una transizione a favore di un modello volto a perseguire il bene comune e la sostenibilità. Dal Portogallo alla Svizzera, dall’Italia all’Ungheria, passando per Francia, Germania e Spagna, Wolf compone una mappa di “isole felici” che hanno risposto alla globalizzazione con un’altra filosofia.
Una produzione davvero variegata e particolarmente ispirata quest’ultima dei “Tre allegri ragazzi morti” che con il nuovo album “Inumani”, confermano sostanzialmente il desiderio esplorativo di nuove sonorità. Il sound dub/reggae, inaugurato col precedente album del 2010 “Primitivi del futuro”, lo ritroviamo infatti nella ballata reggae “E invece niente”, ma qui si mescola poi con estemporanee incursioni funk (Disponibile), garage rock’roll (I miei occhi brillano), serrati giri di blues (La più forte) e partecipazioni d’eccezione, una su tutte Lorenzo Cherubini in arte Jovanotti. Anche quest’ultimo album, naturalmente, è stato pubblicato dalla loro etichetta discografica La Tempesta Dischi, ed è uscito nel marzo del 2016.
GANJA TRAIN MORTIMER Direttamente da Kingston, Jamaica, uno degli artisti reggae del momento arriva con la sua ultima creatura musicale giusto in tempo per celebrare degnamente la stagione del raccolto. Un sound in grado di coniugare al meglio le spinte più innovative con le classiche linee musicali del reggae per lasciare soddisfatti anche gli ascoltatori più esigenti. Uscito a novembre 2016 con etichetta Royal Order Music con supporto in vinile, il singolo “Ganja train” si configura come un vero e proprio inno “erborista” che snoda il suo messaggio tra martellanti linee di basso, percussioni da accenti mistici e lamenti di chitarra trascinati che offrono una esperienza audio assolutamente impareggiabile.
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HI-TECH & WEB
di Carlo Peroni*
LA SILICON VALLEY IN VISITA DA TRUMP
In un mondo sempre più digitalizzato i colossi delle tecnologie digitali acquistano sempre più potere mentre la politica abdica al ruolo di regolatore Il 14 dicembre si è tenuto un meeting a New York tra il presidente eletto Donald Trump e i più importanti dirigenti della Silicon Valley. I partecipanti erano 25, tutti (o quasi) grandi innovatori con in mano imperi economici. Tra i partecipanti, insieme a Tim Cook di Apple e Jeff Bezos di Amazon, c’era Larry Page, cofondatore di Google. Pochi giorni dopo Google ha precisato alla stampa che non aiuterà il governo americano a costruire un database delle persone di fede musulmana. Per qualche strana ragione la precisazione è sembrata loro doverosa. Si sa, gli americani possono sembrare bizzarri visti da questo lato dell’Atlantico, ma la domanda giusta da farsi non è «Google aiuterà Trump nel costruire un database di persone non grate?»; la domanda giusta sarebbe: «Google può farlo?». Senza dubbio ha le capacità tecniche per farlo, e non solo Google. Al tavolo del meeting sedeva anche Sheryl Sandberg, dirigente ai vertici di Facebook.
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Facebook in quei giorni era al centro del dibattito riguardante la questione delle fake news e se queste ultime avessero in qualche modo influenzato l’esito delle elezioni americane. Tra gli invitati presente anche Safra Catz, CEO di Oracle, una delle società di database più importante che, ironia della sorte, lavora proprio come fornitore dell’NSA, agenzia al centro delle rivelazioni di Snowden. Catz avrà il ruolo di consigliere di Trump durante l’amministrazione. Stesso
Il potere che i vertici delle principali aziende tecnologiche esercitano è però qualcosa di inedito che non possiamo più trascurare
ruolo che ricoprirà anche un altro partecipante alla tavola rotonda, Elon Musk. Trump, durante un breve incontro insieme a vari giornalisti e televisioni tenutosi preliminarmente alla riunione vera e propria, ha detto: «Non c’è nessuno al mondo più importante di coloro che si trovano in questa stanza». È una semplificazione, certo, ma non per questo meno veritiera. Almeno, dal suo punto di vista, è vero per il fatto che tra i presenti c’erano anche tre dei suoi figli; Trump ci regalerà momenti di paraculaggine degni di Silvio Berlusconi. Senza dubbio il potere economico, ma anche mediatico e, seppur indirettamente, politico che i vertici delle principali aziende tecnologiche esercitano è però qualcosa di inedito che non possiamo più trascurare. Negli stessi giorni usciva un’altra notizia: Bill Gates sta creando un fondo di investimenti il cui scopo è quello di favorire lo sviluppo DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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delle energie rinnovabili, e già, tra le altre cose, aveva messo tra le sue priorità quella di sconfiggere la malaria. Facebook vuole portare internet nei paesi in via di sviluppo. Elon Musk vuole portarci su Marte. Il fatto che tutti questi multimiliardari capitani d’impresa vogliano dare la loro impronta al futuro dell’umanità può essere causa tanto di meraviglia quanto di timore. In entrambi i casi viene spontaneo chiedersi: dove stanno i rappresentanti politici credibili, oltre a Trump? In un mondo del genere ha senso il ruolo della politica, di valori come quelli della cittadinanza? Tornando in Italia, è da poco passato il referendum. Il dibattito tossico che si è creato attorno alla riforma costituzionale è stata un’altra occasione mancata che dimostra il fallimento della politica a correggere i suoi cattivi comportamenti. Figuriamoci se questa stessa classe politica è in grado di affrontare tematiche assai complicate come, per esempio, il ruolo delle nuove tecnologie nel ridefinire i rapporti economici, per non dire i cambiamenti climatici. In un mondo dove sempre più persone non sono in grado di distinguere una notizia vera da una fasulla, rischiamo di perderci nel rumore incapaci di riconoscere le informazioni che ci servono
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ad agire consapevolmente. Se la politica abdica i temi fondamentali che segneranno il prossimo futuro, non ci rimane che affidarci a qualche CEO-guru della Silicon Valley per risolvere la miseria portata da guerra e diseguaglianze economiche? Riprendere in mano il nostro destino deve essere, dato lo scenario, la nostra priorità. Dobbiamo però imparare a riconoscere noi stessi come utenti e come consumatori. È quello che siamo. Non siamo né cittadini, né fiocchi di neve. Dobbiamo smettere di provare a metterci in contatto con il nostro io profondo, guardare i video delle scie chimiche e dare la colpa ai profughi. L’essere consumatori consapevoli e utenti responsabili è forse ormai più importante di essere cittadini informati. Personalmente, infatti, credo che i cambiamenti tecnologici avranno un impatto molto maggiore sulle nostre vite rispetto a qualsivoglia riforma costituzionale e che una manciata di aziende abbia nei fatti molto più potere di qualsivoglia partito politico. * Consulente web, si interessa dell’interazione tra tecnologia e immaginario. Twitter: @freakycharlie
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STREET ART
di Enrico Pirana
ECLISSI DI CEMENTO: COSÌ PICCOLI, COSÌ FORTI, COSÌ SCOMODI
Lo street artist Isacc Cordal utilizza tristi e piccole sculture in cemento per sensibilizzare la gente sui cambiamenti climatici Si parla molto di sostenibilità e di cambiamento climatico, di come combatterlo, di come vivere green e di come sollevare l’attenzione della popolazione nei confronti di questa tematica. Spesso mi chiedo cosa serve ancora alle persone per comprendere che l’inquinamento e il riscaldamento globale sono temi reali e che necessitano l’attenzione e il contributo di ognuno di noi. Forse però le parole non bastano e per una volta dunque è la street art a svolgere un ruolo primario come mezzo di comunicazione. Isaac Cordal è uno street artist spagnolo di 42 anni, ora residente in Belgio, capace di stregare, spingere e costringere l’osservatore a riflettere su varie tematiche quali
politica, inquinamento, malinconia, economia e in modo particolare sul rapporto dell’uomo col cambiamento climatico.
in una piazza di Berlino all’interno di una pozzanghera e vale più di mille articoli e saggi sul tema del riscaldamento globale.
Al centro dei suoi lavori vi sono piccole statuette in cemento, non più alte di una ventina di centimetri, raffiguranti delle miniature umane dal volto non perfettamente definito, ma accomunate dall’abito e dalla tipica valigetta 24ore. «Riceviamo tutti gli stessi valori, in una società che ci vuole stampati tutti allo stesso modo - afferma in un’intervista Isaac parlando delle sue opere - e il cemento è la nostra impronta sulla natura». Uno dei suoi ultimi lavori “Politics discussing on global warming” è stato presentato
L’installazione è composta da un folto gruppo di miniature ritraenti politici intenti a discutere il problema del riscaldamento globale, quasi interamente sommersi dall’acqua. Il messaggio è chiaro e forte: la classe politica discute dell’esistenza o meno di questa problematica da così a lungo, da ritrovarsi sommersa dallo scioglimento dei ghiacciai e dal mutare del clima. Speriamo che la nostra classe politica presto se ne accorga e trovi una soluzione prima di ritrovarsi come nel lavoro di Isaac Cordal.
hemp shop: abbigliamento borse cosmetica alimentari grow shop: semi e accessori per biogiardinaggio
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inoltre libri gadget e molto altro...
Italia
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di Leonardo Pascale *
REGGAE VIBRATIONS
2016: UN ANNO IN LEVARE
L’anno appena trascorso, nonostante la crisi del settore musicale, è stato molto proficuo per la reggae music Visto che il 2016 si è chiuso da poco siamo ancora in tempo per fare un bilancio generale, e naturalmente noi lo faremo dal nostro punto di vista: tireremo le somme di un anno in battere e levare! Nonostante la crisi abbia paralizzato un po’ tutti i settori del music business, per fortuna la passione e il duro lavoro vengono ancora ripagati dal pubblico. Ed è proprio dalla passione di molti musicisti e produttori che vogliamo partire: anche se le vendite dei dischi sono ai minimi storici, il 2016 ci ha regalato molti bei lavori e alcune gemme che siamo sicuri verranno ricordate a lungo tempo. Basti pensare a lavori come “Theory Of Reggaetivity” di Agent Sasco aka Assassin, che ci ha fatto scoprire un lato semi-sconoDOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
sciuto del singjay di Kingston, alla nuova fatica di Alborosie “Freedom & Fyah”, all’EP di Ward 21 “Power Surge” o al “King Of The Dancehall” di Vybz Kartel che nonostante sia in carcere da 5 anni domina incontrastato la scena dancehall mondiale sfornando singoli
Anche se le vendite dei dischi sono ai minimi storici il 2016 ci ha regalato molti bei lavori e alcune gemme che siamo sicuri verranno ricordate a lungo tempo
con cadenza settimanale. Invece dischi come “Conversation” di Gentleman & Ky-mani Marley, “Everlasting” dei Raging Fyah e “9” di Jah9 sono la conferma che un genere, dai più considerato come “semplice” musicalmente, può regalare lavori di intensità e qualità davvero importanti. Come ormai tradizione, anche l’Europa, ci ha regalato bei lavori tre su tutti: “Jugglerz City” e “Smile Jamaica” prodotti dai team tedeschi di Jugglerz e Silly Walks e “Digital Pixel” del francese Manudigital. Anche l’Italia ha dato il suo contributo in modo egregio, penso al bel lavoro di Raphael, “Reggae Survival”, che non ha fatto altro che confermare al pubblico estero quello che noi già sapevamo oppure al documentario/album di Paolo
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REGGAE VIBRATIONS Baldini “DubFiles at Song Embassy, Papine, Kingston 6” e la combination italo-giamaicana tra Richie Stephens e la Ska Nation band che ha dato alla luce “Internationally”. Il 2016 è stato un anno molto proficuo anche per i nuovi talenti emersi, nomi come Koro Fyah, Runkus, Xana Romeo, Kevin di Dacta, Toke ci danno segnali per un futuro più che roseo. Lasciando gli studi di registrazione passiamo alla musica suonata, di questo anno appena passato, almeno in Europa ricorderemo i tour “pacchetto” tra più artisti; molto interessante ad esempio i due tour conclusosi da poco che hanno visto delle combination davvero eccellenti. Parlo del “Sugar Cane Experience Tour” che ha visto protagonisti l’artista californiano Jah Sun, Lion d e il già citato Raphael e il ben più grande Alborosie & Friends, tour pensato appositamente per l’Italia che ha visto come ospiti fissi Gentleman e Boom Da Bash più vari ospiti di città in città. Per quanto riguarda gli artisti giamaicani, almeno per chi scrive i live migliori si sono visti da Raging Fyah e Jah9 capaci, come nei loro dischi di sperimentare e portare sul palco una visione del tutto nuova del Reggae Roots pur mantenendo i canoni classici. Per quanto riguarda i grandi eventi invece, come è normale che sia alcuni hanno esaurito il loro ciclo vitale o per lo meno hanno dovuto prendersi una pausa come successo al famoso “Sting” che si è fermato dopo 32 anni di onorata carriera, ma come assicurano gli organizzatori tornerà in una nuova versione nel 2017. Altri invece hanno consolidato e aumentato il numero di partecipanti, la crociera “Welcome to Jamrock” organizzata da Damian Marley ormai fa sold out in pochi giorni e ha convinto gli organizzatori a pensare al secondo appuntamento annuale, festival come l’Overjam di Tolmin o il Bababoom si stanno pian piano affermando come punti di riferimento sia nella propria terra che sul territorio europeo. Naturalmente questo è solo un piccolissimo spaccato delle cose che sono piaciute a chi scrive, sono sicuro che ognuno di voi, come è giusto che sia quando si parla di musica abbia i suoi punti di riferimento e le sue esperienze da ricordare. Prima di chiudere questo articolo vorrei ricordare Menelik Mc Clymont, Delus Spencer, Michael Thompson: tre persone che il 2016 ha portato via con sé.
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“9”, IL NUOVO ALBUM DI JAHNINE
Il numero 9 è la base di tutto, è questa la teoria di Janine Cunningham in arte Jah9, il nove che chiude ogni ciclo. Come affermato in una recente intervista rilasciata dall’artista giamaicana ad Angus Taylor: «Nove è il numero del cambiamento dopo il nove un ciclo si chiude e si ricomincia daccapo, questo disco rappresenta tutto quello che sono». Inizio la recensione con questa premessa perché credo che in questa frase sia raccolta l’essenza del disco e di Jah9, che è stata capace di dare nuovo slancio e apertura al Reggae Roots. Partendo dalla mistica legata al numero che ricompare costantemente nel disco - a parte il titolo, sono 9 anche le tracce presenti e il 9 è stata la data scelta per il lancio - l’artista di Kingston ci accompagna nel suo mondo fatto di Yoga, meditazione e preghiera Rastafari il tutto condito dalla voglia di sperimentare sia musicalmente che a livello vocale. Spesso e volentieri ci ritroviamo ad ascoltare vere e proprie poesie su tappeti sonori forse non sempre facili a un primo ascolto, ma davvero curati e ben orchestrati. Pur essendo
uscito per la VP Records, Jah9 ha voluto tenere per sé il controllo della sua musica autoproducendo totalmente 5 pezzi con l’aiuto di musicisti come Sheldon Bernard (flauto), Aeion Hoilett (basso), Jalanzo (da Dubtonic Kru), Wayne “Unga” Thompson e Earl “Chinna” Smith, che sono riusciti a seguire magistralmente le armonie e le linee melodiche create dall’artista. Penso a brani come “Baptised”, “Prosper” o “In The Midst” che sfoggiano con naturalezza accenni jazz e soul senza mai perdere il groove Reggae. Splendida per intensità vocale è “Natural Vibes” pezzo d’amore su cui Jah9 da il meglio di sé. Per gli altri 4 pezzi i produttori scelti non lesinano strumenti e accordi, pensiamo ad esempio “Humble Mi” prodotta dal belga Puraman Bregt che da un tocco “orchestrale” alla canzone. Un disco che a mio parere è una piccola gemma in un mercato musicale spesso stanco e ripetitivo. Sicuramente non è un disco che prende al primo ascolto ma vi consiglio di respirare a fondo, chiudere gli occhi, premere play e lasciarvi trasportare nel mondo del 9. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
di Alberto Lopez *
LEGENDS
GRANDMASTER FLASH
MUSICURIOSITY
OPERAZIONE NIFTY PACKAGE Il potere della musica rock è noto a tutte le persone a cui fra le distorte note piace crogiolarsi; ci fa ballare, ci aiuta a sfogare il disappunto imprescindibile della vita moderna. Ma chi sarebbe disposto ad usarlo come arma psicologica? Nientemeno che l’esercito americano, nel suo tentativo di catturare il dittatore, ex agente CIA, assassino ed ex presidente della Repubblica di Panama, Manuel Noriega. Durante l’invasione americana di Panama infatti, il dittatore cercò e trovò asilo nell’ambasciata panamense della Santa Sede, la chiesa Apostolica dell’Annunciazione. Durante l’assedio della chiesa, l’esercito americano cercò di forzare la resa del dittatore utilizzando bieche tecniche di violenza psicologica. Fra cannonate di monito e spari senza bersaglio, la tecnica di demoralizzazione più efficace fu quella di sottoporre il dittatore, per tre giorni ed ininterrottamente, all’ascolto di canzoni rock a volumi tali da rientrare nella nomenclatura: psychological harassment. Nella fattispecie, nelle orecchie del dittatore furono spinte a forza le note di “I fought the Law” dei Clash, “Welcome to the Jungle” dei Guns n’ Roses e “Too Old To Rock ‘n’ Roll: Too Young to Die” dei Jethro Tull. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
Nome e cognome: Joseph Saddler Nazionalità: caraibico-americana Gruppi: Grandmaster Flash and the Furious Five Singolo di maggior successo: The Message
Originario delle Barbados, ma cresciuto nel Bronx, Joseph Saddler è riuscito ad evadere dalle difficoltà di una città (il Bronx degli anni ‘70) in cui tutto sembrava letteralmente andare a fuoco e l’anarchia regnava sovrana, grazie alla sua passione per la musica. Il padre ebbe il doppio ruolo di oppressore, a causa della sua indole violenta, e di ispiratore, grazie alla sua grande collezione di dischi che introdusse un giovane Grandmaster Flash all’ascolto ed all’amore per la musica. L’accesso ai dischi del padre e la sua formazione professionale da elettrotecnico, facevano di Saddler il soggetto ideale, per un futuro guru dei dj. Dopo la scuola professionale Joseph si inoltra nella scena dj di New York e frequenta feste organizzate dai primi luminari di questa nuova arte. Passò poi, ancora adolescente, ad organizzare feste. Come disse Saddler in un’intervista «in discoteca, a noi ragazzini, non ci facevano entrare, così abbiamo dovuto crearci da soli il nostro intrattenimento». Così, in un Bronx martoriato da cattiva politica, criminalità e droga, queste feste, alimentate rubando energia dai pali della luce, fornivano ai giovani un momento di evasione e sperimentazione importante, per non parlare del fatto che segnarono la nascita della cultura Hip-Hop. Il contributo di Saddler alla determinazione del rap è stato massicciamente tecnico. Flash non ne aveva soltanto definito le tematiche, ma aveva creato dal nulla la tecnologia e gli strumenti necessari perché potesse esistere. Innanzitutto è stato il primo ad utilizzare due piatti giradischi. Invece che limitarsi a suonare dischi, il dj cominciava a produrre musica, e poteva passare da una canzone all’altra senza interrompere il beat. Di base il dj usava porzioni di canzoni già esistenti (il break), per
produrre un beat originale. Si doveva, per ogni traccia, trovare il punto in cui il ritmo di batteria diventava irresistibile, il break appunto, e suonarlo alternandolo ad un altro disco, o ripetendolo ancora ed ancora. Festa dopo festa, Joseph divenne famoso per la sua destrezza coi giradischi e si guadagnò il nickname “Flash”. Lo stimolo ad affinare la sua tecnica nacque dalla competizione con un altro talentuoso dj del tempo Kool Herc, che, suonando nei club, aveva un impianto di ultima generazione. Così Flash decise di compensare ciò che gli mancava in volume, sviluppando una tecnica perfetta. Saddler fu il primo artigiano del montaggio sonoro e il suo successo gli valse un locale, il Black Door, su Boston Road, il cui angolo con la 169esima era il suo posto preferito per organizzare dei block party. Flash iniziò a collaborare con rappers attorno al 1977, quando formò il suo gruppo Grandmaster Flash and the Furious Five. La loro musica, i loro testi, erano un murales infinito e confuso di dinamiche del ghetto, denunce sociopolitiche con un messaggio palesemente agit-prop. Passarono però cinque anni prima dell’uscita del loro primo disco (The Message, 1982), ed il loro singolo del 1981 (The adventures of Grandmaster Flash on the wheels of steel), uno dei primi ad usare il sampling. Nel 2007 i Furious Five e Flash sono stati introdotti nella Rock and Roll Hall of Fame, diventando il primo gruppo rap a riuscire nell’impresa. Joseph Saddler ha fatto qualcosa in più delle altre leggende della musica, non è partito da paradigmi esistenti per creare qualcosa di nuovo, no, la sua destrezza col giradischi, di paradigmi, ne ha imposti di nuovi, alzando vertiginosamente lo standard per i contemporanei e per i futuri Dj ed Mc. * Appassionato di musica. Mi piace argomentare, approfondire e ricercare; in generale, assorbire. Fra un allenamento di parkour e l’altro mi dedico all’antropologia, per vocazione e per deformazione educativa, alla scrittura ed all’insegnamento dell’italiano ai profughi richiedenti asilo che arrivano in Italia.
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di Nicola Pirozzi *
HIPHOP SKILLZ
I MIGLIORI DISCHI HIP HOP DELL’ANNO
Bilancio non proprio positivo per il 2016 del rap italiano. Un anno diviso tra dischi mancati, trend rivedibili, delusioni evidenti e poche rivelazioni Il 2016 è nato sotto una cattiva stella per il rap italiano: la prematura dipartita di Primo Brown, straordinario e carismatico rapper romano, è difficile da somatizzare per tutte le hip hop heads. Il ricordo dell’mc dei Corveleno è tuttora vivido, rinfocolato, negli scorsi mesi, dal brano postumo “A pieno titolo” assieme a Danno dei Colle der Fomento, il pezzo rap più intenso e sentito di tutto l’anno. Un anno che non sarà annoverato negli almanacchi per brillantezza e qualità discografica. Le prime delusioni sono arrivate da ciò che non è stato, ovvero dai lavori annunciati, sperati o presunti che non sono mai stati pubblicati: ancora niente da fare proprio per i Colle der Fomento, mentre Johnny Marsiglia e Big Joe hanno tardato sul ruolino di marcia. Mezzosangue ed Ensi non hanno confermato i rumors, mentre il secondo capitolo di “Ministero dell’Inferno” del TruceKlan pare essere stata solo una boutade. La trap è stata il fenomeno dell’anno, per diffusione capillare ed eco - di certo non per peculiarità intrinseche o talento. I brani dei giovani esponenti del genere sono tra i più cliccati in assoluto e la realtà è stata sdoganata anche sui media generalisti, ma anche su autorevoli riviste di cultura e attualità. I dischi non convincono: l’esordio di Sfera Ebbasta, pubblicato dalla iconica Def Jam, ha avuto poco impatto. IZI, anche lui al primo album, non ha confermato le buone impressioni del singolo “Chic”, su produzione firmata da due big come Shablo e Mace. La trap rimane ancorata a singoli e ai relativi ottimi video ufficiali ed in particolare è Ghali a mantenere molto alto l’hype sul suo album, che dovrebbe arrivare in questo 2017. Tornando ai rapper più scafati, di sicuro la delusione più grande proviene da Milano e risponde al nome di Jake la Furia: al secondo disco solista in tre anni, l’mc dei Club Dogo aveva la giusta occasione per riscattare il mediocre “Musica commerciale” e, soprattutto, offrire una prova di valore nell’anno in cui i suoi due soci storici, Guè Pequeno e Marracash, hanno deciso di unirsi in un lavoro di coppia che ha monopolizzato le attenzioni dei fan più accesi. “Fuori da qui” ha posto, invece, ulteriori dubbi sulla DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
come The Night Skinny e Shablo. Arrogante e diretto, un antipasto davvero devastante per un prospetto di grande rapper. Brani migliori: “Sissignore”, “Dasein Sollen”. 3. Murubutu - L’uomo che viaggiava nel vento Professore di storia e filosofia per lavoro, rapper per diletto: l’mc del collettivo La Kattiveria, tra le migliori espressioni di poetica ed impegno concesse all’hip hop italiano, persegue nel suo concept stilistico, il cui fulcro rimane lo storytelling. Definito come un vero e proprio libro di racconti, il nuovo progetto si fonda sul tema del vento, comune denominatore di storie e personaggi che danno vita ad episodi concentrati ed intensi. Uno stile di scrittura inusuale, il ricorso a frequenti figure retoriche e l’assoluta padronanza sono qui innalzati forse ai massimi livelli espressivi. Brani migliori: “Scirocco” con Rancore; “Levante” con Dargen e Ghemon. tenuta di Jake senza la spalla forte del suo team, in un album annacquato e poco coeso. Meno deludente, ma di certo inferiore alle aspettative, “Santeria” di Guè e Marra che, a parte qualche brano-bomba, non si è nemmeno avvicinato allo standard americano cui i due dichiaratamente aspiravano. Tra i dischi più riusciti del 2016 troviamo gradite conferme, una super-novità, piacevoli rivincite e rapper assurti a vere e proprie certezze di affidabilità e qualità. 5. Egreen - More Hate Senza l’assillo di un disco da fare uscire grazie a spontanei investitori tramite crowdfunding, come il precedente “Beats & Hate”, il rapper di origini colombiane torna quasi a sorpresa con ancora più odio in serbo e sempre senza compromessi da assolvere. Zero filtri e ghirigori, con liriche costantemente al limite del parental advisory per l’ennesima legnata sui denti dall’mc di Busto Arsizio. Brani migliori: “Meglio di scopare”; “Bataclan”. 4. Rkomi - Dasein Sollen Entra in classifica con l’irruenza e la spensieratezza di un 20enne della periferia milanese questo “Dasein Sollen”, un EP di sette tracce in free download. Figlio dell’ultima ondata trap, il successo di Rkomi è stato improvviso, fino a meritarsi le attenzioni di pezzi grossi
2. Luchè - Malammore L’ex rapper dei Cosang si è definitivamente scrollato di dosso un passato di rap di strada e prettamente underground, compiendo il salto di qualità che da tempo si attendeva da lui. Malammore completa il percorso avviato negli scorsi progetti, con un sound ormai consolidato ed una lirica convincente come mai prima d’ora: l’amore, la rivalsa, i valori sono le peculiarità di un disco maturo e fitto, probabilmente la conferma di una raggiunta compiutezza stilistica ed umana. Brani migliori: “O’ primmo ammore”; “Il mio ricordo”. 1. Salmo - Hellvisback Quattro anni dopo “Midnite”, il rapper sardo inanella un altro, straordinario disco. In Hellvisback riecheggiano Elvis Presley, i Rancid e Sid Vicious, creando un’iconografia non usuale per l’hip hop italiano - riferendosi a modelli white, non più black. Un lavoro mai asservito alle dinamiche di mercato e major, in cui l’eclettico artista rappa, canta, produce e suona la batteria. “Hellvisback” è completo e trasversale, con citazioni e rimandi non sempre immediati, ma mai banali. Brani migliori: “L’alba”; “Black Widow”. * Caporedattore di myHipHop.it. Ha recensito più di 300 dischi di rap italiano e ora vuole candidarsi al premio Pulitzer.
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a cura di Enrica Cappello e Mario Catania
SPECIALE INTERVISTA
Photo credit: Sea Shepherd / Billy Dangerw
SEA SHEPHERD: I DIFENSORI DELL’OCEANO
Fondatore della Sea Shepherd, Paul Watson è un uomo che nonostante varie difficoltà ha dedicato e continua a dedicare la sua vita alla difesa degli oceani per la salvaguardia ambientale degli ecosistemi In un mondo ideale le balene, dall’alto della loro maestosità e dal basso del profondo degli abissi, non avrebbero niente da temere. E invece abbiamo trasformato il nostro pianeta in un posto in cui per provare a proteggerle dall’estinzione è nata la Sea Shepherd, guidata dal capitano Paul Watson, che è arrivata ad affondare 9 baleniere dalla fine degli anni ’70 ad oggi. Senza pause, perché anche nei giorni di Natale le navi della flotta della Sea Shepherd sono state allargo dell’Australia per proteggere gli animali dai bracconieri DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
La chiave per affrontare entrambi, sia i cambiamenti climatici che la salute degli ecosistemi marini, è la protezione della biodiversità oceanica. In breve, se muore l’oceano, moriamo tutti quanti
giapponesi. «Gli equipaggi della Ocean Warrior e della MV Steve Irwin hanno combattuto con nebbia e ghiaccio per proteggere le balene nel santuario australiano delle balene», ha detto il Capitano della Ocean Warrior, Adam Meyerson. Ma non solo, perché ad animare l’associazione sono l’amore per la natura ed il tentativo di convogliare le spinte che arrivano da più parti e che puntano alla sostenibilità ambientale in tutte le sue accezioni. Salvaguardare la biodiversità
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SPECIALE INTERVISTA Erano tutte imbarcazioni illegali e abbiamo semplicemente rispettato la legge internazionale sulla conservazione. La pesca cosiddetta “sostenibile” o gli allevamenti di pesci possono essere utili in un’ottica di preservazione della fauna marina? Non esiste la pesca sostenibile. L’oceano è sovrasfruttato e gli allevamenti ittici non sono la soluzione. Ci vogliono almeno 70 pesci catturati dal loro ambiente naturale per sfamare un salmone d’allevamento, e inoltre queste aziende sono inquinanti e diffondono malattie per le specie di salmone selvatico. In poche parole ci sono troppe persone e non c’è abbastanza pesce. Infatti proponiamo una moratoria globale sulla pesca commerciale per consentire all’oceano di ripopolarsi.
degli ecosistemi, che si basano su fragili equilibri, è infatti l’obiettivo principale della Sea Shepherd che lavora per assicurare la loro sopravvivenza per le future generazioni. È fondamentale un drastico cambio di rotta ed un’attenta salvaguardia delle acque perché, come ricorda spesso il capitano Paul, «se muoiono gli oceani, moriremo anche noi». Come e quando è nata la tua passione per gli animali e la natura? All’età di 10 anni vivevo nel Canada orientale e sono diventato amico di una famiglia di castori. Dei cacciatori di pellicce li hanno uccisi e questo mi fece arrabbiare molto e mi motivò ad iniziare a camminare, in inverno, lungo la linea delle trappole per liberare gli animali intrappolati e distruggerle.
Oggi è passato mezzo secolo ma sto praticamente facendo la stessa cosa. Nel 1969, quando nacque la Fondazione Greenpeace ero il più giovane tra i fondatori, avevo solo 18 anni. Perché nel 1977 hai scelto di abbandonare Greenpeace per fondare la Sea Shepherd Conservation Society? In generale trovo che le proteste siano un compito frustrante. È arrendevole ed inefficace mentre io volevo salvare vite e porre fine a queste atrocità. Proprio per questo ho impostato la Sea Shepherd come organizzazione interventista antibracconaggio. Dal 1979 avete affondato 9 baleniere. Perché?
Che futuro immagini per i nostri oceani? Il futuro dell’oceano è anche il futuro dell’umanità. La connessione più diretta è l’aria che respiriamo. Il fitoplancton nel mare produce tra il 60% e l’80% dell’ossigeno che respiriamo. Dal 1950, la popolazione dei fitoplancton è diminuita di circa il 40%. Questa diminuzione è causata dalla diminuzione dei nutrienti forniti da balene, mammiferi marini, uccelli marini e pesci. Se facciamo fare la fame al fitoplancton riduciamo la produzione di ossigeno nel mondo. Il pianeta ha due polmoni. Un polmone è blu e l’altro è verde. Se distruggiamo le foreste e il fitoplancton, distruggiamo noi stessi. La chiave per affrontare entrambi, sia i cambiamenti climatici che la salute degli ecosistemi marini, è la protezione della biodiversità oceanica. In breve, se muore l’oceano, moriamo tutti quanti! L’orribile pratica del “grindadrap” (caccia alle balene) nelle isole Fær Øer è ancora praticata? Sì, questa barbarie chiamata tradizione è ancora praticata: uccidono ancora balene pilota e delfini nelle danesi isole Fær Øer, ed inoltre l’appoggio della Danimarca è una violazione dei regolamenti dell’unione Europea. Cosa può fare un singolo cittadino per contribuire alla causa e per ridurre il proprio impatto ambientale? Ogni persona ha il potenziale per fare la differenza. La chiave per un movimento efficace è la diversità, in azioni, idee e immaginazione. Sea Shepherd infonde questo messaggio a tutti perché tutti possiamo fare la differenza. Ognuno di noi deve disciplinare se stesso su cosa consuma e su come lo fa. È necessario un contributo per rendere questo mondo migliore. Il miglior consiglio è quello di adottare
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una dieta a base vegetale. È la via più facile per fare la differenza. Dobbiamo anche fare tutto il possibile per proteggere e difendere la biodiversità e vivere entro i confini delle tre leggi dell’ecologia: diversità, interdipendenza e risorse limitate. Cosa ti ha spinto a diventare vegano? È vero che chiunque salga sulla vostra nave deve adattarsi a questo regime alimentare? Non è necessario essere vegano per essere un membro dell’equipaggio, ma sulle navi vengono serviti solo pasti vegani. Perché stiamo mangiando gli oceani al collasso. Circa il 40% dei pesci tolti dal mare vengono convertiti in alimentazione animale per i maiali, polli, animali da pelliccia, salmone locale e gatti. Solo i gatti domestici mangiano più pesce (circa 2.8 milioni di tonnellate) rispetto a tutte le foche dell’oceano atlantico del nord. L’industria della carne macella circa 65 miliardi di animali l’anno (non sono inclusi i miliardi di pesci consumati) e questo settore contribuisce di più alla produzione di gas serra che l’intero settore dei trasporti. Per questo credo sia importante che la Sea Shepherd dia il buon esempio. Le felpe che indossate sono fatte in canapa, una pianta che ancora oggi è al centro di controverse discussioni e largamente criminalizzata. Cosa ne pensi dell’assurdo proibizionismo che ruota attorno ad essa? Pensi che ci saranno risvolti positivi? Sempre di più stiamo assistendo alla creazione di alternative positive al posto di prodotti distruttivi. Abbiamo bisogno di smetterla di produrre plastica e abbiamo bisogno di utilizzare risorse che hanno un impatto ecologico minimo. Il futuro va in questa direzione. Consumiamo troppo o siamo in troppi? Troppe persone consumano troppe risorse, rubando la capacità di carico di altre specie che causano così la diminuzione sia della diversità che dell’interdipendenza che porta verso uno stato di collasso ecologico. Come cambierà il mondo nei prossimi 50 anni? Una moratoria globale sulla pesca commerciale, l’applicazione di leggi severe contro la pesca illegale, la cessazione della distruzione della foresta pluviale, la conversione ad una dieta a base di vegetali, e la fine della produzione di plastica saranno passaggi necessari. Elaborando inoltre un programma che incentivi la stabilizzazione della popolazione e lo sviluppo di alternative ecologicamente positive ai prodotti di consumo della popolazione. Qual è l’avventura più incredibile che hai vissuto con Sea Shepherd? La mia carriera è stata un’avventura senza fine su molti livelli. Davvero non riesco a sceglierne una, essendo state una più incredibile dell’altra.
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di Maurizio Gazzoni *
CRONACHE DA DIETRO IL CANCELLO
LA MINACCIA SIAMO NOI
QUI DENTRO SI MUORE Suicidi in carcere: quando la “conservazione del principio di legalità” è venuta meno. ANNI
SUICIDI
TOTALE MORTI
2013
49
153
2014
44
132
2015
42
120
2016 *
39
106
Totale
917
2.575
* Aggiornamento al 18 dicembre 2016
Sarò sincero. Ne ho viste tante di cause “vitali” venir dimenticate quando passano di moda; la deforestazione dell’Amazzonia per cui si è speso Sting più di altri, il Live Aid per l’Africa (dove ho vissuto 4 anni) e che tira sempre e quindi di volta in volta viene riesumata in base alle necessità, la caccia alle balene, i pellerossa d’America, le donne infibulate e via di seguito. È difficile parlare con competenza e senza titoli, perciò il mio contributo bimestrale non sarà apertamente schierato. È ovvio che nessuno sosterrebbe la legittimità di sputtanare l’unico pianeta che abbiamo per viverci in funzione del tornaconto economico, tuttavia credo che se considerati nell’immensità temporale che ci vede presenti sulla terra rispetto ad altre specie e confrontando la durata delle ere precedenti, forse pensare che da soli riusciamo a compromettere un sistema che ci eliminerebbe anche solo scoreggiando, sia un po’ presuntuoso. Che l’industria petrolifera e più in generale tutti coloro che governano le leggi attraverso il denaro per controllare la stragrande maggioranza dell’umanità facciano il proprio tornaconto fregandosene di tutto e di tutti ormai non è mistero, ma non credo potranno arrivare più in là di un’illusione concessa pro-tempore, di assecondare le leggi della natura al loro volere. Credo che
abbiamo fatto e stiamo facendo danni, molti dei quali che si potrebbero evitare, ma penso e confido che la perfezione e la memoria di questo sistema che ne ha viste molte, più di qualunque specie vivente, delle quali l’uomo è solo una delle tante e nemmeno la più longeva, abbia in sé il modo per eliminare qualunque cosa arrivi a minacciarne seriamente la sopravvivenza, seppure questa volta la speranza non sia nell’interesse della specie a cui anche io appartengo. *jazzon@libero.it Libero e professionista, scrive su Dolce Vita dal numero 0, ha pubblicato articoli su Soft Secret e tradotto per l’Italia il romanzo “Los Contrbandistas de l’Estrecho” di Rafaèl Rossellò Cuervas Mons. a cura di ACAD Team
La Cassazione ha annullato gli arresti domiciliari a Nicoletta Dosio, condannata ad otto mesi di reclusione il per suo rifiuto di attenersi alla misura cautelare che le era stata imposta «Continuerò a disobbedire – aveva ribadito al termine dell’udienza lampo inaccessibile al pubblico – e lo farò per me, per la lotta contro la Tav e per i compagni che, come me, sono stati condannati ingiustamente». L’insegnante, ora in pensione, era stata colpita da misura cautelare il 22 settembre, si era ripetutamente allontanata dal suo domicilio. Il procuratore della Repubblica di Torino Armando Spataro, tutt’altro che tenero coi DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
ABUSI POLIZIA
NICOLETTA DOSIO: “CONTINUERÒ A DISOBBEDIRE”
movimenti sociali, aveva già chiesto la revoca delle misure cautelari per Nicoletta Dosio come «misura razionale per interrompere una ritualità mediatica finalizzata alla propaganda delle ragioni della militanza anti Tav». Sia chiaro, Spataro non è un garantista e ritiene che Nicoletta sia dedita alle «attività illegali della parte minoritaria (del movimento No Tav, ndr) di cui ella fa parte» ma si rende conto (richiesta-revoca-della-misura) che la Procura “con l’elmetto” non fa un figurone ad accanirsi su una signora assolutamente pacifica ma determinata a contrastare un’opera che considera «dannosa, inutile, fonte di sprechi e ricettacolo corruttivo». Ora è stata accolta l’impugnazione dei legali che difendo-
no l’attivista, che facevano obiezioni sull’utilizzo illecito di telecamere. Ad ogni modo non torna completamente in libertà perché nell’ambito di un altro provvedimento, è sottoposta al divieto di dimora a Susa. Contro Nicoletta c’è stato un evidente utilizzo politico e ingiustificato delle misure di prevenzione per tentare di separare, si legge tra le righe del documento della procura, i buoni dai cattivi. Operazione quanto mai difficile nei confronti del più longevo dei movimenti popolari di questo Paese.
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OLTRECONFINE
“SONO ANDATA IN VACANZA IN EGITTO ED HO VISTO LA RIVOLUZIONE”
La storia di Ana che da Bogotá decide di viaggiare per vedere il Medio Oriente, diventando per caso in Egitto testimone di una storica rivoluzione Negli anni in cui ho lavorato per un’agenzia di marketing a Tel Aviv ho conosciuto Ana, una ragazza ventisettenne colombiana. Minuta e dalla carnagione scura è nata e cresciuta a Bogotá e nel 2010 decide di partire per un viaggio in Medio Oriente; ancora non sapeva che sarebbe stata spettatrice di una delle maggiori rivoluzioni del nuovo millennio, la Rivolta di Piazza Tahrir. Ana: «Se ci ripenso adesso è una delle cose più incredibili e pericolose che mi siano mai successe, ma quando sono partita vivere la rivoluzione egiziana era l’ultimo dei miei pensieri. Ho lasciato Bogotá nel 2010 con l’idea di girare il Medio Oriente e poi l’India. Prima sono arrivata in Israele, dove mi sono fermata a lavorare qualche mese in un kibbutz al confine con la Giordania, e poi ho proseguito verso sud, attraversando la frontiera con l’Egitto per visitare il deserto del Sinai. Il Sinai è molto bello, ci sono alcuni monasteri scavati nella roccia che sono stupendi e poi i DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
campeggi sul Mar Rosso costano molto poco. Ci siamo fermati fino quasi alla fine di gennaio del 2011, con me c’era un altro ragazzo colombiano e una ragazza svedese; poi siamo partiti alla volta del Cairo». L’ARRIVO AL CAIRO. Ana: «Siamo arrivati al Cairo il 26 gennaio, me lo ricordo perché era stato il giorno dopo la prima grossa manifestazione. Da un paio di settimane circolavano voci di proteste in tutto il Paese ed in quel periodo si stavano ribellando un bel po’ di paesi del Maghreb, la Tunisia era già in subbuglio e anche in Egitto un lavoratore si era dato fuoco per protesta. Quando siamo arrivati alla Turgoman (stazione dei bus, ndr) e siamo scesi c’era una marea di polizia e un po’ ci siamo preoccupati. Abbiamo chiesto in giro e ci hanno detto che c’erano delle manifestazioni e gli agenti erano lì per controllare chi venisse da fuori città.
Capitale: Il Cairo Moneta: Sterlina egiziana Clima: mediterraneo, desertico Specialità gastronomiche: kofta, shawarma, falafel e il loukumandis (dolce tipico) Cannabis: illegale
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OLTRECONFINE
Dopo un attimo di caos iniziale con il consueto assalto dei tassisti siamo riusciti a trovare un passaggio per il nostro albergo che non distava molto da Piazza Tahrir, così abbiamo caricato gli zaini e abbiamo detto al tassista di partire. Il taxi era uno di quei vecchi modelli bianco e nero con il portapacchi sul tetto e i sedili di pelle consumata, l’autista era in costante contatto con con altri tassisti con una specie di walkie talkie che penzolava dalla radio e ogni tanto, dopo aver parlato, si fermava e faceva inversione il mezzo al caos del traffico. Quando gli abbiamo chiesto perché, ci disse che voleva evitare di finire in mezzo ai cortei dei manifestanti. Sfortunatamente prima di arrivare all’albergo ne abbiamo incrociato uno, al che l’autista ci ha detto di mettere la testa giù e aspettare. Sdraiati nel sedile posteriore sentivamo gli slogan in arabo urlati dai megafoni e le risposte di migliaia di voci delle persone che sfilavano, io ho buttato su la testa per vedere e nella strada c’erano centinaia di uomini e donne che camminavano urlando e agitando i pugni. Lentamente la macchina ha iniziato a muoversi in mezzo al fiume di persone e mentre andavamo a passo d’uomo siamo usciti dal corteo non senza che qualcuno tirasse un pugno al tetto o ci urlasse qualcosa dal vetro». PIAZZA TAHRIR. Ana: «A Piazza Tahrir ci siamo stati più volte, anche durante le manifestazioni più grosse. Però devi capire che in quel momento non è che realizzi di essere in mezzo alla rivoluzione del Paese, voglio dire un “evento storico” diventa tale solo nel momento in cui si compie non nell’atto in sé. Quindi per noi era ancora la visita della città complicata dalle manifestazioni, è solo dopo che abbiamo capito a cosa stavamo assistendo. Beh, anche dopo i primi morti in realtà. La situazione dopo il nostro arrivo ha iniziato a degenerare, ormai la parte centrale della città era in preda al caos. Abbiamo fatto in tempo a visitare il Museo Egizio prima che venisse preso d’assalto. Poi è arrivato il 29 di gennaio quando Mubarak doveva dare le dimissioni e invece disse che avrebbe fatto dimettere il governo. Eravamo nel salone dell’albergo, uno stanzone di pareti di marmo e divani un po’ pacchiani con metà dei lavoratori che guardavamo il televisore. Loro erano increduli, al termine de discorso in
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Quando arriviamo in piazza è uno shock, è tutta completamente occupata di manifestanti, dai giornali nei giorni successivi scopriremo che forse quel giorno c’erano almeno un milione di dimostranti molti si sono levati la giacca e sono usciti per strada per unirsi alla folla dei manifestanti che intanto affluiva dalle strade secondarie intorno alla piazza. Con noi quel giorno c’erano anche un paio di francesi di cui uno che studiava arabo e ci dissero che andavano verso Piazza Tahrir per assistere alle proteste. Abbiamo deciso di seguirli. Usciti dall’albergo ci siamo resi conto della marea di gente per strada. Uomini, donne e moltissimi giovani marciavano per strada gridando slogan contro il presidente Mubarak e la Polizia. Nel tragitto dall’albergo alla piazza si sentono dei colpi d’arma da fuoco sparati verso l’alto, guardando i miei amici ci siamo resi conto che forse non era stata la migliore delle idee ma tornare indietro è impossibile, troppa troppa gente. Quando arriviamo in piazza è uno shock, è tutta completamente occupata di manifestanti, dai giornali nei giorni successivi scopriremo che forse quel giorno c’erano almeno un milione di dimostranti. Nelle ore successive la gente del Cairo è rimasta lì a gridare slogan contro il governo e a presidiare quello che stava diventando il luogo simbolo della rivolta. Noi abbiamo vagato per un po’ in quella piazza, al centro c’erano le tende dei primi manifestanti, è da lì che i blogger del movimento cercavano di aggiornare la situazione, anche se in quei giorni il governo
aveva bloccato internet. I ragazzi e gli studenti ci chiedevano cosa facessimo lì e ci invitavano a sederci con loro spiegandoci le ragioni della protesta. Chiedevano più democrazia e la cacciata di Mubarak che per loro era il simbolo della corruzione e dei mali del Paese. Poi ad un certo punto iniziò a circolare la notizia che i carri armati dell’esercito avevano circondato la piazza. Uno degli studenti con cui eravamo e che ci stava portando in giro ci disse che forse era meglio se fossimo tornati in albergo perché a quel punto le cose potevano mettersi davvero male. Ricordo che abbiamo impiegato quasi tre ore per tornare indietro, a quel punto la situazione era tesissima. Dal salone dell’albergo abbiamo seguito sulla TV minuto per minuto tutto quello che succedeva con la paura che i militari attaccassero i dimostranti e poi è successo l’incredibile, l’esercito ha dichiarato che non avrebbe attaccato i civili. A quel punto un boato di gioia è esploso nel salone, tutti avevano capito che era arrivata la fine di Mubarak, l’ultimo faraone». LA FUGA. Ana: «La decisione dell’esercito però non ha concluso immediatamente la rivolta, a quel punto sono iniziati gli scontri tra i sostenitori di Mubarak e i manifestanti. Le strade si erano riempite di barricate e bande avversarie si scontravano con armi da fuoco, in quei giorni il numero dei morti dagli inizi della rivolta era salito a più di cento. Dopo esserci consultati abbiamo deciso di partire e ci ha dovuto accompagnare alla stazione uno dei ragazzi che lavorava all’albergo perché i taxi non ci volevano venire. Mi sono accorta visitando il resto del Paese che fuori dalla capitale o dalle altre grandi città, la situazione era molto diversa, più tranquilla, con la gente che non si preoccupava troppo di quello che succedeva al Cairo. Solo qualche giovane studente quando scopriva che eravamo stati a Piazza Tahrir nei giorni della rivolta ci chiedeva com’era e dopo aver sentito la nostra storia spesso commentava con rammarico il fatto di non esserci potuto andare, come un’occasione persa della vita».
* Viaggiatore appassionato nasce nel secolo sbagliato. Avrebbe voluto fare l’esploratore DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
TRAVELCURIOSITY
DENTRO LA RIVOLUZIONE CON “THE SQUARE” Un documentario diretto da Jehane Noujaim per raccontare i 3 anni della Rivoluzione Egiziana
The Square - Dentro la rivoluzione (Al midan) è un film del 2013 diretto da Jehane Noujaim, che ritrae la Rivoluzione Egiziana del 2011 a partire dalle sue origini a Piazza Tahrir. Il film ha ricevuto una nomination agli Oscar come miglior documentario nel 2014. Dal 2011, anno della fine della dittatura tren-
tennale di Mubarak, fino al golpe militare che ha rimosso dal suo incarico il presidente della “Fratellanza Musulmana” nell’estate del 2013, The Square segue un gruppo di attivisti egiziani che combattono tiranni e regimi rischiando la loro vita per costruire una nuova coscienza nella società.
L’obiettivo del film è di sperimentare l’evoluzione di una rivoluzione nel ventunesimo secolo e capire ciò che questi attivisti stanno cercando di dire: i diritti civili e le libertà non saranno mai accantonati né barattati in cambio di nulla, si combatterà per essi fino alla morte.
La rivoluzione egiziana è stato un ottovolante di avvenimenti. Nell’arco di tre anni sono stati eletti e poi destituiti tre diversi capi di Stato. Se i telegiornali lasciano soltanto intravedere le battaglie più cruente, i volti dei protagonisti e le immagini di folle oceaniche in marcia, il documentario invece porta lo spettatore a stretto contatto con le storie personali che si nascondo dietro alla notizia.
Com’è incominciata questa lotta? Come si è sostenuta? E soprattutto, avrà successo? Questo film mostra come in una società un vero cambiamento non parta mai da una moltitudine di persone, ma sia generato dall’impegno incessante e continuo di pochi individui fedeli a tali principi di cambiamento.
P]HUHY[ UL[ ^^^ ^O` ^O`UV[ UL[ Hemp seeds contain all the essential amino acids and essential fatty acids necessary to maintain healthy human life. No other single plant source provides complete protein in such as easily digestible form. Cannabis leaves and flowers in raw form are rich in a non-psychoactive, antioxidant, anti-inflammatory, and anti-cancer nutrient compound known as cannabidiol (CBD) capable of preventing and reversing many chronic illnesses.
WHY NOT A VEGETABLE BASED CULTURE?
The livestock industry contributes on a “massive scale” to air and water pollution, land degradation, climate change, and loss of biodiversity. Producing animal-based food requires enormous inputs of water and energy. It is much less efficient than the harvesting of grains, vegetables, legumes, seeds and fruits for direct human consumption.
WHY A MEAT BASED CULTURE?
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Hemp seeds contain all the essential amino acids and essential fatty acids necessary to maintain healthy human life. No other single plant source provides complete protein in such as easily digestible form. Cannabis leaves and flowers in raw form are rich in a non-psychoactive, antioxidant, anti-inflammatory, and anti-cancer nutrient compound known as cannabidiol (CBD) capable of preventing and reversing many chronic illnesses.
calavera mexicana
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Mexican skull is a representation of human skull made from either sugar or clay, which is used in the Mexican celebration of the Day of the Dead and the All Souls Day.
Una calavera es una representación de cráneo humano hecha de azúcar o de barro, que se utiliza en la celebración mexicana del Día de los Muertos y la festividad de Todos los Santos Día.
Mexican skull is a representation of human skull made from either sugar or clay, which is used in the Mexican celebration of the Day of the Dead and the All Souls Day.
Una calavera es una representación de cráneo humano hecha de azúcar o de barro, que se utiliza en la celebración mexicana del Día de los Muertos y la festividad de Todos los Santos Día.
Mexican skull is a representation of human skull made from either sugar or clay, which is used in the Mexican celebration of the Day of the Dead and the All Souls Day.
Una calavera es una representación de cráneo humano hecha de azúcar o de barro, que se utiliza en la celebración mexicana del Día de los Muertos y la festividad de Todos los Santos Día.
Mexican skull is a representation of human skull made from either sugar or clay, which is used in the Mexican celebration of the Day of the Dead and the All Souls Day.
Una calavera es una representación de cráneo humano hecha de azúcar o de barro, que se utiliza en la celebración mexicana del Día de los Muertos y la festividad de Todos los Santos Día.
destino destiny
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DE VINO VERITAS
BIRRA CORNER
di Daniele Bandi *
TEA TIME
di Michele Privitera *
di Marta De Zolt *
BIANCOLELLA ISCHIA KALIMERA 2014 A Ischia la coltivazione della vite ha radici profondissime che risalgono fino ai Romani, ma le fortune legate all’affermazione dell’isola come meta turistica hanno ridotto drasticamente le superfici vitate negli ultimi decenni. Tuttavia questo ha permesso che le aziende si concentrassero sulla produzione di qualità piuttosto che sulla quantità, mantenendo vive le tecniche produttive tradizionali: una coltivazione quasi eroica, arroccata sui ripidi pendii dell’”isola verde”, incentrata su uve a bacca bianca, tra le quali la autoctona Biancolella da cui l’omonima DOC. L’azienda più famosa e celebrata dell’isola è sicuramente l’ottima D’Ambra, ma abbiamo assaggiato con straordinaria soddisfazione i vini di un’altra realtà storica: Cenatiempo e in particolare il loro Biancolella Ischia DOC Kalimera 2014. Fondata nella prima metà del secolo scorso, l’azienda conserva un’impostazione familiare che e il legame con la storia, rappresentato in modo emblematico dalla cantina del ‘600, un’opera stupenda scavata nella collina di Kalimera. Colore giallo oro luminosissimo. Al naso ci ricorda che è un vino d’isola, del mare, pieno di note mediterranee: fiori d’arancio, fiori bianchi, note speziate di macchia mediterranea ma anche una sensazione minerale lunghissima e affascinante, quasi salmastra. In bocca è pieno, morbido il giusto, nonostante un’acidità e una sapidità incredibilmente vivide. Inutile dire che una di queste bottiglia non aspetta altro che incontrare antipasti e primi piatti di mare, anche rossi come gli spaghetti allo scoglio, naturalmente da assaporare affacciati sullo splendido panorama delle isole del golfo di Napoli. * Ha appeso da tempo sia la laurea in storia sia gli scarpini da calcio. È entrato nel mondo del vino per passione. Di professione giocatore di fantacalcio e indefesso burocrate; ama leggere e cucinare, possibilmente non contemporaneamente. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
DRY & BITTER Bevo sempre volentieri una bella birra luppolata, anche se ultimamente sale la passione per lieviti belgi (viste le temperature) e fermentazioni sour. Devo dire però che aver scoperto le birre di Dry & Bitter del nostro amico Søren, di Copenaghen, mi ha risvegliato un amore per le Pale Ale che era un po’ scemato. Il suo progetto sembra essere quello di riportare un po’ del sapore “old school” delle birre americane in Europa. Birre americane che troppo spesso arrivano fuori forma e non più “croccanti”. L’esperienza come birraio avuta negli Usa è stata sicuramente un’illuminazione, e lo capite quando bevete una Christian Bale Ale (sì, dedicata all’attore): il colore è perfettamente biondo, la schiuma è fitta e pannosa, il naso viene circondato da profumi molto intensi e tropicali (mango, papaia, uva bianca, un pizzico di resina), la bevuta è facilissima (4,5° alc) e la secchezza finale è disarmante. Il luppolo utilizzato è il Mosaic, il “re” dei luppoli degli ultimi anni, che ha invaso la maggior parte delle pale ale e ipa. Nato nel 2012 dalla Hop Breeding Company, e detto “il fratello del Simcoe” o “citra con steroidi”, presenta un profilo aromatico molto complesso, anche in base alla quantità che viene utilizzata. Alle note tropicali già dette, si aggiungono talvolta profumi di terra (earthy, groundy) o agrumati (limone, cedro), mentre l’α-acido si aggira dai 10% ai 14%. Insomma un mosaic(o) di profumi che renderà la vostra ale irresistibile. Cheers! * Titolare de “Il Pretesto Beershop” di Bologna
TÈ PRESSATO I tè pressati possono essere tè verdi, tè neri, tè postfermentati o scented che prima dell’essiccazione finale vengono messi in stampi di varie forme e sottoposti a vapore. Tra le forme più caratteristiche ci sono i tè a mattonella (Black Brick) riccamente decorati, i tè a nido (Tuo Cha) e i tè a forma di disco schiacciato (Beeng Cha). Esclusivamente di origine cinese, il tè pressato nasce per essere trasportato dalle carovane che dovevano affrontare lunghi viaggi: in questa forma si manteneva meglio rimanendo più fresco ed asciutto rispetto ai tè trasportati nelle umide stive. Nella fotografia si può vedere un Tuo Cha Verde prodotto nella regione dello Yunnan ed ottenuto dalla parte superiore della foglia larga del tè raccolto in primavera. Il Tuo Cha viene venduto anche nero, ma a differenza di quest’ultimo, il Tuo Cha verde si riconosce per il colore più chiaro e per la quantità di germogli ricchi di punte bianche. Per la preparazione è necessario spaccare il nido in più parti e sbriciolarlo in piccoli pezzi; prendere 3 gr di tè a persona in 150 cc di acqua a 90°C, lasciando in infusione con metodo occidentale per 3-4 minuti e gustarlo puro. *La passione per il tè l’accompagna sin dall’infanzia. Laureata in Economia e Gestione delle Arti e delle Attività Culturali, come libera professionista si occupa di promozione ed organizzazione di eventi d’arte e turismo.
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DECRESCITA
PER UN FUTURO SOSTENIBILE LA CHIAVE È SPORCARSI LE MANI Fare in prima persona per dare l’esempio a livello locale per pensare in grande ed arrivare ad un sistema auto-determinato il cui fine sia il benessere del pianeta e dell’uomo, in tutti i suoi aspetti
In una filosofia mondiale in cui il lusso è diventato una religione a cui aspira la maggioranza, come si fa a spiegare il punto di non ritorno, il concetto di risorse limitate, la decrescita, la frugalità? Da una parte ci sono orde di giornalisti pagati per scandagliare la vita dei vip, intessere le lodi della nuova moda che ci vuole a gennaio senza calze e con mocassini aperti al tallone un’orda di Flintstones vestiti da beat - mentre le stesse testate buttano dentro a fasi alterne qualche articolo sulla decrescita come fenomeno di costume, una curiosità, nient’altro che il solito fenomeno new age di quattro utopisti ridicoli (forse perché dotati di calze in gennaio). Invece la decrescita, ma soprattutto la transizione e la resilienza, deve diventare DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
La decrescita, ma soprattutto la transizione e la resilienza, deve diventare ora più che mai un fenomeno di massa, anche oggi che il fenomeno di massa oscilla tra i jeans con il risvoltino e il piede nudo nel mocassino mozzato
ora più che mai un fenomeno di massa, anche oggi che il fenomeno di massa oscilla tra i jeans con il risvoltino e il piede nudo nel mocassino mozzato. Il problema è quello di riuscire a spostare le masse verso azioni concrete, cambiamenti importanti, una frugalità del pensiero e non solo dell’aspetto materiale. Possiamo fare grandi discorsi sulle reti di transizione, sulla resilienza, sulle città in transizione e sui circoli della decrescita, ma staremo sempre parlando di poche persone, più di ieri ma pochissime rispetto a quelli che in questo momento stanno uscendo dall’ipermercato con il carrello strapieno di porcheria bombata di coloranti e conservanti. Però è a queste persone che bisogna arrivare, altrimenti è inutile, resteranno scelte limitate e ininfluenti. Alla gente si arriva a livello locale, personale. È un lavoro lungo e incessante, che
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DECRESCITA richiede un impegno e una costanza fuori dal comune, che non dà risultati in termini di visibilità, notorietà e fama. Si tratta di far parte di una comunità, anche in città, e influenzarla con la propria esperienza. Annullare il proprio ego narcisista, per costruire un bene comune. La chiave è fare, sporcarsi le mani di terra. Tantissimi anni fa, abitavo ancora in un appartamentino in Brianza e mi venne in mente di coltivare anche verdure sul balcone. Oggi l’orto sul balcone è tornato in auge e lo fan tutti, ma allora era una cosa un po’ assurda agli occhi di tutti, non c’era la crisi, eravamo tutti ricchi, ai migliori laureati le aziende telefonavano a casa per proporre posti di lavoro. Ho cominciato a parlare anche online di questo mio balcone con le zucchine, i siti nascevano in quel momento ed erano cose per pochi, internet era ancora una parola stranissima. Un giorno mi ha contattata una radio per parlare di questo mio piccolo orto sul balcone, poi è stata la volta di una rivista di nicchia e così via, finché un giorno stavo spiegando ad altre persone come si fa, poi sono nati i collettivi, gli orti sociali. Oggi è un fenomeno piuttosto diffuso, indipendente, che si allarga e continua da sé, di vita propria. Ma è la conferma di quale sia la via corretta per convincere gli altri a seguirci nelle buone pratiche: fare. Fare in prima persona. Non il parlare, come tanti di quegli economisti e filosofi che si riempiono
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il fare. La gente, per quanto stupidi possano essere alcuni, si accorgerà sempre della differenza tra un parlatore vanesio e una persona concreta.
Serge Latouche la bocca di teorie sulla decrescita e il giorno dopo li vedi in coda alla cassa del Carrefour, non al GAS o a zappare l’orto! Fare. La gente si coinvolge con il fare. La gente siamo noi, voi vi fareste convincere che sbattendo le braccia si vola, da qualcuno che ne parla e basta? Lo volete vedere, giusto? Se lui ci riesce, lo fate anche voi. Ecco, anche il mondo si cambia con
Insisto sempre su una mossa fondamentale per il cambiamento, che ognuno deve fare: entrare in una rete di transizione
Mi è piaciuta molto una risposta di Madre Teresa di Calcutta a un intervistatore della BBC che le chiedeva come avesse fatto in pochi anni a ritrovarsi con una congregazione di migliaia di persone votate a curare i lebbrosi che prima nessuno voleva nemmeno toccare. Ha risposto: “Con la parola e con l’esempio”. Semplice. È la formula migliore, quella che sortisce più effetto. Noi possiamo usarla per cambiare il mondo. Ognuno di noi. Ora. In un numero precedente (il numero 60, scaricabile gratuitamente dal nostro sito, ndr), avevo parlato di frugalità come soluzione. Va applicata ad altre soluzioni, perché il cambiamento non sia più solo personale ma comunitario, poi locale, poi regionale, sempre più esteso fino ad incontrarsi con gli altri gruppi di cambiamento e farne un fenomeno globale. Per questo insisto sempre su una mossa fondamentale per il cambiamento, che ognuno deve fare: entrare in una rete di transizione. Cercare quella più vicina o crearne una, perché anche attorno a sé si diffonda la volontà di cambiamento e la sostanza del fare le cose quotidiane in modo diverso, dallo spostarsi in bici al fondare un GAS.
DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
Le reti di transizione, o transition network, sono composte da città in transizione (transition towns). La transizione, che fa parte del complesso discorso della decrescita, è stata inizialmente un movimento a sé, creata dall’ambientalista britannico Rob Hopkins nel 2005. L’obiettivo è, testualmente «traghettare la nostra società industrializzata dall’attuale modello economico, profondamente basato su una vasta disponibilità di petrolio a basso costo e sulla logica di consumo delle risorse, a un nuovo modello sostenibile non dipendente dal petrolio e caratterizzato da un alto livello di resilienza. Analizzando più a fondo i metodi e i percorsi che la transizione propone, si apre un universo che va ben oltre questa prima definizione e fa della transizione una meravigliosa e articolatissima macchina di ricostruzione del sistema di rapporti degli uomini tra loro e degli uomini con il pianeta che abitano» (www. transitionnetwork.org) Questo è il modello che dobbiamo adottare per veder scomparire il punto di non ritorno, raccogliendo man mano altre persone, incontrando altri gruppi e facendo così cambiamenti sia a livello locale che nazionale e mondiale. Molte soluzioni possono essere trovate a livello locale dalla collaborazione tra singoli e tra gruppi. In questo noi italiani siamo anche avvantaggiati da secoli di storia in cui l’arte di arrangiarsi si è scolpita nel nostro DNA: siamo in grado di pensare soluzioni alternative e aggirare ostacoli come pochi altri popoli. Sfruttiamo questa potenzialità e usiamola per aggirare normative obsolete, prepotenza delle multinazionali e problemi contingenti. Gruppi locali di transizione hanno già dimostrato di poter arrivare a risolvere problemi di alto livello, come la disoccupazione di intere zone, la rivalorizzazione di territori, l’instaurazione di una eco-economia che si preoccupi di salvaguardare il pianeta e le persone, non il guadagno di un’oligarchia. Secondo la pianificazione di Murray Bookchin, l’anarchico ecologista che resta il maggior esponente dell’ecologia sociale, il nostro fine dovrebbe essere quello di arrivare a un’organizzazione sociale con uno schema piramidale di bioregioni. È lo stesso modello funzionale che riprende l’economista Serge Latouche in “La scommessa della decrescita”. Eliminare quindi il sistema delle nazioni e delle confederazioni di nazioni, sostituendolo con una organizzazione confederale di bioregioni nata da gruppi di persone, non governata da gruppi politici asserviti all’oligarchia finanziaria. Oggi stiamo assistendo alla guerra tra il potere economico globale di questa oligarchia finanziaria e le popolazioni che ne sono vittime: distrugge le loro vite con un minore potere di acquisto e un innalzamento del desiderio di acquisto, distrugge il mondo con un consumo sregolato delle risorse, uno spreco esponenziale che ci lascia sempre più poveri. L’unica soluzione concreta per uscire da questa situazione è che ognuno di noi si impegni in una transizione, che entri in un gruppo o ne fondi uno, che questi gruppi formino una rete bioregionale e da lì si muovano insieme, con la forza dei numeri e il potere del non-acquisto. Bisogna uscire dal sistema degli stati-nazione, costruendo un sistema auto-determinato di bioregioni il cui fine sia il benessere del pianeta e dell’uomo, in tutti i suoi aspetti. Si può. Ciò su cui concordano tutti gli studiosi ed economisti, infatti, è che abbiamo sufficienti risorse per tutti in uno sfruttamento condizionato al benessere del pianeta, mentre non ne abbiamo abbastanza in un orizzonte di sfruttamento condizionato solo dal capitalismo. * Autrice di saggi e manuali sugli stili di vita sostenibili, l’alimentazione etica e la coltivazione naturale. Ne parla anche in tv e radio nazionali, indignando gli sponsor. Lasciata molti anni fa Milano, vive in mezzo a un bosco sull’appennino Tosco-emiliano, dove coltiva un orto e una vita di alta qualità. Blog: erbaviola.com DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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GLI EFFETTI DEI CAMBIAMENTI CLIMATICI SULLA SALUTE
I cambiamenti climatici mettono a rischio la nostra salute e secondo l’OMS il rischio maggiore lo corrono le fasce più deboli e vulnerabili La stima da cui partire è che nel 2000 si sono verificati circa 150mila decessi a causa del cambiamento climatico e secondo un recente studio dell’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità), entro il 2040 siamo destinati a raggiungere i 250mila decessi l’anno. Secondo l’Agenzia Europea per l’ambiente: «Gli eventi meteorologici estremi sono già tra i principali fattori del cambiamento climatico che interessano la salute pubblica. Inoltre, la mortalità dovuta alle ondate di calore e alle alluvioni è destinata ad aumentare, in particolare in Europa. Infine, i mutamenti previsti nella distribuzione di patologie trasmesse da vettori causeranno anch’essi importanti conseguenze sulla salute umana». Non solo eventi estremi più frequenti ma vere e proprie pandemie capaci di mettere a rischio centinaia di migliaia di vite umane. Le frange più esposte della popolazione sono quelle più vulnerabili: bambini, anziani, malati cronici, poveri. Malaria, diarrea, malnutrizione e stress da caldo le cause principali. «Il peso delle malattie e delle morti causate dai cambiamenti climatici e dall’inquinamento dell’aria non solo è tragico, ma anche evitabile», ha commentato Flavia Bustreo, vice direttore generale, salute della famiglia, delle donne e dei bambini dell’OMS in occasione della seconda conferenza globale sulla salute e sul clima, tenutasi a Parigi lo scorso 7 e 8 luglio. Non solo profughi climatici o conflitti per le risorse più scarse. Sarà la salute dei cittadini ad essere messa a dura prova. Secondo l’Oms i danni diretti alla salute causati dal clima saranno compresi tra i 2 e i 4 miliardi di dollari entro il 2030. A fronte di un pallido 1,5 per cento di finanziamenti internazionali destinati ai cambiamenti climatici che vengono invece assegnati alla salute. Diversi tipi di eventi meteorologici estremi riguardano regioni differenti: ad esempio, le ondate di calore costituiscono un problema soprattutto nell’Europa meridionale e nel Mediterraneo, ma anche, in misura minore, in altre regioni. Si prevede che entro il 2050 le ondate di calore arrivino a causare più di 120.000 decessi l’anno nell’Unione europea, generando spese per 150 miliardi di euro qualora non vengano adottate misure idonee a fronteggiare la situazione. Ma DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
Non solo profughi climatici o conflitti per le risorse più scarse. Sarà la salute dei cittadini ad essere messa a dura prova anche altri eventi meteorologici estremi quali l’eccesso di precipitazioni causa di alluvioni influiscono a loro volta sulla salute pubblica. I rischi associati ai mutamenti climatici sono anche a lungo termine: i mutamenti delle temperature e precipitazioni finiranno probabilmente per influire sulla capacità di produzione alimentare nella regione pan-europea, con riduzioni significative nell’Asia centrale. Un’ulteriore riduzione della capacità produttiva nella regione potrebbe non solo esacerbare il problema della malnutrizione, ma anche innescare altre conseguenze diffuse, come un aumento dei prezzi del cibo a scala globale.
sviluppiamo metodi e strumenti per valutare l’impatto ambientale del mutamento e forniamo assistenza agli Stati membri nel processo di adattamento al cambiamento climatico.» È ormai chiaro che occorre adottare misure finalizzate a mitigare il cambiamento climatico per salvaguardare la salute pubblica anche a livello nazionale. Alcuni di questi interventi possono inoltre comportare benefiche ricadute sulla salute: ad esempio, promuovere il cosiddetto “trasporto attivo” (come andare in bicicletta e camminare) può contribuire alla riduzione dell’obesità e delle malattie non trasmissibili. Oppure, l’energia rinnovabile come quella solare può contribuire a garantire energia in modo continuativo alle strutture che forniscono servizi sanitari in aree remote.
La sezione europea dell’OMS già da 20 anni si sta occupando degli effetti sulla salute umana dei cambiamenti climatici: «infatti
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ECO-FRIENDLY
a cura di Acirne
COSA POSSIAMO FARE PER SALVARE IL CLIMA?
Alcuni semplici gesti quotidiani possono aiutarci ad avere un minore impatto ambientale LA NATURA CHE TI CURA
ARTERIOSCLEROSI L’arteriosclerosi ha inizio quando i grassi contenuti nel sangue s’infiltrano tra l’endotelio e lo strato sottostante, in questo modo alcune sostanze presenti nel sangue cominciano a depositarsi in quel punto e danno l’avvio al processo che porterà alla formazione della “placca”. Ci si riferisce ad un indurimento circoscritto della parete del vaso.
Quotidianamente assistiamo ai repentini cambiamenti climatici e ai conseguenti effetti negativi. Lo scioglimento dei ghiacciai, la siccità e l’aumento delle temperature sono alcuni degli aspetti rilevanti riguardanti i cambiamenti climatici ma non gli unici, relegando le conseguenze sicuramente negative a cui si andrà incontro (soprattutto continuando di questo passo) non soltanto agli esseri umani ma anche agli animali e alle specie vegetali, con la conseguente scomparsa della preziosa e variegata biodiversità. Per mitigarne gli effetti, lontano dal risolvere il problema oramai di vaste dimensioni, ecco una serie di piccoli gesti per avere nel nostro quotidiano un minore impatto sul mondo, ridurre le emissioni di anidride carbonica e rallentare così i rapidi cambiamenti in corso che porteranno a conseguenze probabilmente infelici. 1. RISPARMIARE ENERGIA. Evitare lo spreco di energia ricordandosi sempre che è una risorsa preziosa. Quindi incentivare l’utilizzo di lampadine ed elettrodomestici a basso consumo. È molto importante inoltre ricordarsi sempre di spegnere tutti gli apparecchi elettronici quando non utilizzati, e non lasciarli in stand by, così da ridurre al minimo indispensabile il nostro consumo energetico. 2. SCEGLIERE UNA MOBILITÀ SOSTENIBILE. Limitare gli spostamenti in auto in favore di quelli a piedi o in bici. Anche l’uso dell’aereo va circoscritto se possibile a spostamenti limitati in quei posti difficili da raggiungere in altri modi sostenibili. Quindi favorire sempre, ove possibile, gli spostamenti con
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i mezzi pubblici, il car-sharing o acquistare mezzi a basso consumo energetico. 3. ABBASSARE IL RISCALDAMENTO. Evitare gli inutili sprechi dati dal riscaldamento troppo forte, nel rispetto dell’ambiente, mantenendo una temperatura che va dai 19 ai 20 gradi. Stessa discorso vale anche in estate con il condizionatore, inoltre è bene evitare dispersioni inutili evitando di aprire le finestre quando questi apparecchi sono accesi. Isolare bene le abitazioni per evitare dispersioni e sprechi di energia è un altro fattore molto importante da tenere in considerazione. 4. RIDURRE IL CONSUMO DI CARNE. Gli allevamenti intensivi sono una delle principali cause di inquinamento per cui se non si vuole totalmente eliminare il consumo di carne, in particolare quelle rosse, si può perlomeno ridurlo, favorendo così anche la propria salute. 5. CONSUMARE CIBI LOCALI E DI STAGIONE EVITANDO GLI SPRECHI. È molto importante favorire, ove possibile, il consumo di prodotti a bassa impronta ecologica.
Non c’è alcun dubbio che il migliore strumento di difesa che abbiamo contro l’arteriosclerosi sia la prevenzione, poiché una volta che la malattia si è stabilita, al più possiamo tentare di rallentarne l’evoluzione. Le persone che non fumano, fanno attività fisica, mantengono il peso ideale, tengono sotto controllo la pressione, il tasso di colesterolo nel sangue e la glicemia, hanno un numero molto minore d’eventi cardiovascolari sfavorevoli. È consigliato mangiare aglio, carciofo, carota, cavolo, ciliegia, fragola, limone, mela, mirtillo, noci, segale, soia ed uva. In particolare l’aglio, alimento dalle mille proprietà, aiuterà a tenere a bada il colesterolo e limiterà la formazione di placche. Decotto d’aglio: sbucciate e pestate due spicchi d’aglio e fateli bollire in 100ml di latte. Sorseggiate durante tutta la giornata. Virginia Rabito
In sostanza bisogna ridurre, riutilizzare, riciclare e imparare a diminuire il proprio impatto ambientale sul mondo riparando e riutilizzando ciò che possediamo prima di acquistare altri prodotti. Impegnandoci anche attivamente nella raccolta differenziata dei rifiuti e nella riduzione di essi nel rispetto dell’ambiente e della terra, che condividiamo tutti. DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
di Tamara Mastroiaco *
ANIMALS
RISCALDAMENTO GLOBALE: NEL MONDO È STRAGE DI ANIMALI PASSAPAROLA
ITALIAN CLIMATE NETWORK: IL MOVIMENTO PER UN FUTURO SOSTENIBILE Italian Climate Network è un’associazione italiana composta da cittadini, aziende, organizzazioni, scienziati e appassionati del clima impegnati nell’affrontare e risolvere la questione climatica con lo scopo di assicurare un futuro sostenibile all’Italia, partner italiano del network globale 350.org, organizzazione ambientalista internazionale fondata nel 2007 da Bill McKibben. L’obiettivo dell’associazione è quello di costruire un movimento esteso e incisivo, che porti a cambiamenti positivi per la trasformazione a un’economia e un modello energetico a basso contenuto di CO2 tramite l’organizzazione di campagne informative e di sensibilizzazione. Un’importante ponte tra scienza e grande pubblico che vuole rendere tutti consapevoli del proprio impatto sul mondo. Una campagna ancora in corso è quella incentrata sul disinvestimento dall’industria delle fonti fossili, #DivestItaly, e l’invito a supportarla è aperto a chiunque voglia incentivare il cambiamento. È possibile sostenere l’associazione anche tramite una donazione.
Per maggiori informazioni visitate il sito www.italiaclima.org.
DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
Un numero elevato di specie animali rischia l’estinzione a causa dei repentini cambiamenti climatici, ma ognuno di noi nel quotidiano può cambiare l’arco di questa curva
La comunità scientifica è unanime nel ribadire che il riscaldamento globale è un fenomeno in costante aumento dovuto alle attività dell’uomo che incrementano le concentrazioni di gas serra nell’atmosfera: deforestazione, attività industriali, combustione di combustibili fossili, estrazione di materie prime e sviluppo urbanistico. Sentiamo continuamente parlare di decarbonizzazione dei sistemi energetici e del settore dei trasporti, mentre c’è un settore cruciale, quello zootecnico, che rimane ancora nell’ombra. La riduzione del consumo di carne globale è la chiave per mitigare i cambiamenti climatici, secondo un nuovo report “Changing Climate, Changing Diets: Pathways to Lower Meat Consumption” pubblicato dall’istituto britannico Chatham House. Il settore zootecnico produce il 15% delle emissioni, l’equivalente delle emissioni dei veicoli in tutto il mondo. Se la popolazione mondiale riducesse il consumo di carne, potremmo ottenere un quarto delle riduzioni delle emissioni necessarie entro il 2050, dato fondamentale per mantenere il riscaldamento globale al di sotto del “livello di guardia”. La prima priorità dei governi dovrebbe essere incrementare la consapevolezza pubblica, incoraggiando i cittadini a adottare comportamenti corretti, sani, rispettosi verso la Terra e i suoi abitanti, umani e non. Se si continuano ad applicare le politiche attuali, saranno 130milioni di persone in più che soffriranno la fame e la malnutrizione come causa diretta dei cambiamenti climatici. E come è consuetudine, a rimetterci per primi sono i popoli più bisognosi e gli animali, vittime della continua volontà dell’uomo
di esercitare il proprio dominio sulla Natura. L’esistenza di tante specie è sempre più minacciata dal riscaldamento globale: inondazioni, fiumi prosciugati, ritiro e scioglimento dei ghiacci, eventi metereologici estremi stanno uccidendo moltissimi animali. 171mila alpaca sono morti a causa di un’ondata di gelo senza precedenti nella regione andina di Puno, migliaia di caimani morti o agonizzanti sono stati ritrovati nel letto prosciugato del fiume Pilcomayo in Paraguay a causa della grave siccità, più di 300 renne, radunatesi durante un forte temporale, sono morte colpite da un fulmine nel Parco Nazionale Hardangervidda, nel sud della Norvegia, le api continuano a morire, anche in Italia, a causa dei cambiamenti climatici e dei pesticidi, in Canada, nella Baia di Hudson, continua l’agonia degli orsi polari che sono costretti a mangiare alghe, cani o qualunque cosa trovino pur di sopravvivere ai momenti di estrema carestia. A ottobre, centinaia di esemplari di pulcinella di mare sono stati ritrovati morti sulle spiagge delle Isole Pribilof; gli scienziati sospettano che la causa sia l’alterazione della catena alimentare oceanica dovuta ai cambiamenti climatici. Nel 2016 abbiamo assistito a tante stragi, troppe! Ognuno di noi, come singolo individuo o come collettività, può cambiare l’arco di questa curva di morte partendo dalle piccole attività compiute ogni giorno. Una cosa non possiamo e non dobbiamo continuare a fare: ignorare e negare i fatti! * Cura il suo blog su Il Fatto Quotidiano e la sua rubrica La voce dell’Astice su Italia Che Cambia. Autrice/speaker: Lucciole per Lanterne su Radio Verde. Autrice/ conduttrice: Big Yellow Taxi su RoxyBarTv di Red Ronnie e Teleambiente.
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SURVIVALISM
a cura di Acirne
TRASFORMARE UN VECCHIO MAGLIONE IN UN CAPPELLO In maniera semplice e veloce è possibile riciclare maglioni vecchi o inutilizzati e creare un cappello, utile per l’inverno
Spesso tra il guardaroba capita di avere dei maglioni vecchi che non indossiamo più e che, invece che finire nella spazzatura, possono essere utilizzati per realizzare dei berretti di lana, in maniera semplicissima. Innanzitutto bisogna prendere il maglione vecchio e stenderlo bene, su una larga superficie, per evitare che si creino delle pieghe. A questo punto è necessario tagliare dal retro del maglione un rettangolo abbastanza grande, è consigliato misurare precedentemente la circonferenza della testa così da avere la misura ideale. Piegare il rettangolo a metà lasciando all’esterno il rovescio e cucire il bordo laterale con la macchina da cucire. Con ago da rimaglio e lana chiudere la parte alta del cappello, fissare bene il filo per evitare che possa aprirsi. È possibile personalizzare ulteriormente il vostro nuovo cappello di lana aggiungendo un pompon in cima, degli strass o, per i più esperti, dei ricami.
IMMAGINANDO
in collaborazione con:
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PUBBLIREDAZIONALE
I TRE VAPORIZZATORI PIÙ INTERESSANTI PER IL 2017
Siamo lieti di presentarvi novità portatili (e di prima qualità), che ci porteranno soddisfacenti nuvole di vapore per tutto il 2017 e oltre.
CANNA AQUA CANNA AQUA è una linea di nutrimenti specificatamente sviluppata per la coltivazione in sistemi idroponici a ricircolo, come ad esempio i sistemi NFT. In questi sistemi l’acqua non è drenata via ma viene riutilizzata, quindi le piante sono sempre in diretto contatto con la soluzione nutritiva. UN CORRETTO BILANCIAMENTO. In questi sistemi, le piante non assorbono tutti gli elementi nutritivi con la stessa velocità ed in uguale quantità quindi la composizione della soluzione nutritiva varia nel tempo. Per questo CANNA AQUA è stata sviluppata per assicurare sempre alle piante il corretto assorbimento del mix di elementi necessari all’ottimale sviluppo della crescita e della fioritura delle piante. AUTO REGOLAZIONE DEL PH. CANNA AQUA è stato sviluppato affinché le stesse piante possano regolare autonomamente ed in maniera naturale i livelli del pH all’interno della soluzione nutritiva, assicurando sempre così il livello ottimale del pH per la pianta. Questo si traduce in tempi di gestione del sistema di coltivazione bassissimi: una volta fissato il livello di pH non sono necessarie ulteriori correzioni. CANNA AQUA, uno dei sistemi di coltivo più complessi esistenti, diventa considerevolmente più semplice da usare per il coltivatore. Per maggiori informazioni visitate www.canna-it.com.
PAX 3 Compatibilità: Erbe e concentrati - Prezzo: € 259 In poco tempo, la marca PAX ha scalato fino alle vette dell’industria della vaporizzazione, riconfermando la loro posizione con il loro ultimo modello, PAX 3. Quindi, quali sono questi miglioramenti rispetto al suo predecessore? Tanto per cominciare, possiamo menzionare quello più importante: il PAX 3 può essere anche usato con concentrati. Un inserto per concentrati (connesso con il coperchio) è incluso nella confezione. Infatti il PAX 3 è dotato di tre coperchi: un coperchio standard, il coperchio per mezzo carico (per produrre un vapore denso e gustoso anche con una piccola quantità di erbe nel braciere) e l’inserto per concentrati. Altre novità da ricordare sono la risposta tattile e un’incrementata autonomia della batteria e quindi anche un tempo di riscaldamento più rapido (il PAX 3 si riscalda in circa 20 secondi). Un altro punto di forza è la sua connettività Bluetooth, permettendoti di connettere il tuo PAX 3 a un’app per un controllo più preciso della temperatura e dei profili di calore. La sua operazione impeccabile e le sue nuove ingegnose caratteristiche lo rendono una novità più che meritevole. DaVinci IQ Compatibilità: Erbe - Prezzo: € 249 Con una marca che fa già parte dei pezzi grossi di questo settore, DaVinci è tornata con un dispositivo che non avrà alcun problema a farsi valere sul mercato competitivo d’oggi. DaVinci IQ ha una corazza esterna estremamente elegante e robusta, realizzata in titanio anodizzato, e dotata di uno schermo LED 51. In più presenta delle innovazioni piuttosto importanti, come la “camera del gusto” (che in pratica è una camera di riscaldamento removibile). Rimuovibile è anche la batteria di questo nuovo vaporizzatore DaVinci. Ciò vuol dire che una batteria difettosa o esaurita non renderà l’intero dispositivo inutile (considerazioni positive anche per l’ambiente), ma ne migliorerebbe notevolmente anche la portabilità, dovendoti solo ricordare di portarti una batteria (o due) carica durante i tuoi viaggi. Un’altra caratteristica inaudita è l’uso della zirconia ceramica. Questo materiale estremamente sicuro ricopre il braciere e il canale del vapore dell’IQ, per assicurare un’esperienza sicura e molto gustosa. È una delle ceramiche più durevoli, con un punto di fusione di 2700 gradi centigradi (cioè una temperatura 20 volte più elevata del vetro!). Boundless CFC Compatibilità: Erbe - Prezzo: € 89 La ditta Bounless di Los Angeles presenta con grande orgoglio questo semplice vaporizzatore caratterizzato da una convenienza imbattibile. Il Boundless CFC è dotato di tutte le funzioni attendibili da un vaporizzatore d’oggi, come un controllo digitale della temperatura e un tempo di riscaldamento rapido (30 secondi), il tutto racchiuso in un elegante e compatto disegno. Il vapore è sorprendentemente denso per un vaporizzatore così piccolo e conveniente, dando del filo da torcere a tutti gli altri modelli della stessa (o superiore) fascia prezzo. Un braciere in ceramica fornisce un ottimo sapore, rendendo il CFC uno dei vaporizzatori con il miglior rapporto qualità-prezzo disponibili oggi. Tutti questi vaporizzatori sono disponibili presso lo specialista di vaporizzatori Vaposhop, con sede ad Amsterdam. Vaposhop fu uno dei primi negozi online d’Europa a specializzarsi nel campo della vaporizzazione, per maggiori informazioni www.vaposhop.it.
IL TUO SPAZIO
Promuovi e comunica le novitá della tua attivitá. Questo spazio é gratuito e a disposizione dei negozianti. Per maggiori informazioni e invio comunicati: staff@dolcevitaonline.it
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DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
BOTTEGA DELLA CANAPA, LO STORE DELLA CANAPA PIÙ FORNITO IN ITALIA
AUTO MAXI BIOLOGICAL SEEDS: TANTA, BUONA E ORGANICA Anche il coltivatore che ha poco tempo a disposizione ha le sue esigenze! Spesso la scelta dello strain ricade su una genetica autofiorente proprio per mancanza di tempo e spazio, a discapito della resa. AUTO MAXI di Biological Seeds è il compromesso perfetto, un’autofiorente di grossa taglia creata dall’incrocio di varietà autofiorenti di Critical e AK-47. Un prodotto che mantiene standard qualitativi alti sia per quanto riguarda il gusto che la produzione, superiore alla media delle tipiche autofiorenti. Questa pianta durante il suo sviluppo mantiene una struttura tipica delle sative, ma con un’intensificazione internodale da Indica. Il gusto è speziato da Ak-47 e dolce con sentore di frutti esotici che derivano dalla Critical. L’effetto è rilassante e duraturo tipico da Indica ma allo stesso tempo potente ed euforizzante grazie al DNA delle sative. La sua genetica mista la rende una pianta particolarmente forte, resistente, produttiva e adattabile a diversi tipi di ambiente. Come ogni prodotto di Biological Seeds è stato creato con un processo di produzione e femminizzazione naturale, utilizzando solo fertilizzanti bio-organici. In questo periodo storico è importante fare una scelta naturale, biologica, verde. Your Green Choice: Biological Seeds! DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
BOTTEGA DELLA CANAPA® è un’azienda italiana protagonista nel settore della produzione, vendita e distribuzione internazionale all’ingrosso di prodotti naturali e biologici. Fondata nel 2003 in Romagna da Giacomo Masioli e Massimiliano Spinelli, è la prima catena di negozi in Italia che propone la più ampia scelta di articoli derivati dalla lavorazione artigianale della canapa, la pianta che può salvare l’umanità. L’azienda ha le sue radici in Emilia Romagna, storicamente considerata come la prima regione d’Italia ad esportare canapa italiana in tutto il mondo. Bottega della Canapa è presente nel Nord Italia con 4 negozi in franchising: a Cesena (sede principale), Bologna, Ferrara e Faenza. Come Masioli & Spinelli snc Distribuzione effettua vendite all’ingrosso verso rivenditori autorizzati e fornisce con le materie prime i settori della ristorazione e le aziende cosmetiche e farmaceutiche. Con migliaia di prodotti presenti sul proprio negozio virtuale, è anche un’azienda leader delle vendite online di prodotti in canapa. Bottega della Canapa® realizza e distribuisce in tutto il mondo le sue linee di alimenti biologici e cosmesi naturali a base di canapa, da coltivazione biologica e certificata e in collaborazione con aziende del territorio. Da migliaia di anni la canapa è un nutrimento importante per l’alimentazione degli esseri umani e degli animali. I semi di canapa e derivati (olio, farina, latte etc.) sono altamente nutrienti, facilmente digeribili e hanno una funzione benefica sulla salute umana: per questo in nutraceutica vengono definiti alimenti funzionali. Inserire gli alimenti a base di canapa nella propria dieta aiuta ad abbassare la pressione sanguigna e gli alti valori di colesterolo, a rafforzare il sistema immunitario e a sostenere un sano metabolismo. I semi e la farina di canapa, utilizzati come materia
prima, non contengono glutine e allergeni. È un’ottima alternativa per vegetariani, vegani e per chi soffre di intolleranze al glutine. Dal 2007 Bottega della Canapa® produce una linea completa Made in Italy di cosmesi naturale biologica certificata e di saponi artigianali a base di olio di canapa ricco di Omega 3&6 e di Vitamina E, studiata per rispondere a tutte le esigenze di bellezza e salute della pelle del viso, del corpo e dei capelli. Seguendo due principi fondamentali, etica ed ecologia, vengono utilizzati ingredienti e processi produttivi che rispettano e tutelano la salute dell’uomo e dell’ambiente, evitando l’uso di materie prime ad azione nociva e aggressiva, irritante, allergizzante e di origine petrolchimica o animale. Si occupa della distribuzione in esclusiva di borse e accessori in fibra di canapa, cotone bio e materiali di riciclo del marchio tedesco Pure e abbigliamento in canapa e altri tessuti naturali del marchio italiano Pacino e altri brand internazionali. Rivende prodotti per la salute a base di CBD della ditta svizzera Purexis. Presso i negozi di Bottega della Canapa® è inoltre possibile trovare prodotti per il biogiardinaggio, articoli per casa, orto e giardino, per fumatori, libri e molto altro ancora. Bottega della Canapa® si impegna ad unire la qualità, la versatilità e gli alti valori nutrizionali della canapa alla competenza e all’innovazione, attraverso un’accurata ricerca della qualità e selezione delle materie prime, per riscoprire e realizzare prodotti che vi aiuteranno a migliorare salute e benessere; a non utilizzare OGM, a non testare i propri prodotti su animali, a rispettare e tutelare l’ambiente; a promuovere il risparmio idrico ed energetico. Per maggiori informazioni visitate www.bottegadellacanapa.com.
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REGALATI O REGALA UN ABBONAMENTO A DOLCE VITA! E’ UN REGALO ECONOMICO, ORIGINALE E ALTERNATIVO, CHE DURA TUTTO L’ANNO! Un abbonato Dolce Vita : • Riceve la rivista comodamente a casa, senza perdersi un numero. • Gode di massima discrezione: spedizioni sempre in buste bianche o colorate. • Sostiene una realtà editoriale indipendente, non filtrata e alternativa come la nostra! CEDOLA PER ABBONAMENTO (6 NUMERI DI DOLCE VITA) N°68 GENNAIO FEBBRAIO 2017
Si, sottoscrivo l’abbonamento annuale a Dolce Vita al prezzo di 15€. Si, regalo un abbonamento annuale a Dolce Vita al prezzo di 15€. Si, sottoscrivo l’abbonamento annuale a Dolce Vita + CD Ganja Moments al prezzo di 20 euro. Si, mi abbono e regalo un abbonamento a Dolce Vita al prezzo di 30€. FORME DI PAGAMENTO - Ho versato l’importo : Sul C/C postale n° n.76450048 intestato a “Reds rete europea distribuzione”. indicando nella causale oltre ai dati di spedizione la dicitura “Abbonamento Dolce Vita”. Con bonifico bancario: iban IT20 V031 2403 2100 0000 0202 614, intestato a “Reds rete europea distribuzione” indicando nella causale oltre ai dati di spedizione la dicitura “Abbonamento Dolce Vita”. Tramite assegno non trasferibile intestato a: Reds Area Abbonati V.le Bastioni di Michelangelo 5 / a - 00192 Roma. COMPILA E INVIA CON COPIA DEL VERSAMENTO TRAMITE fax 06.83.90.61.71 o email abbonamenti@redscoop.it NOME
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NOVITÀ IMPORTANTI DAL PIANETA DOLCE VITA A cosa stiamo lavorando in questo periodo? Oltre alla normale attività di routine (nuovi numeri e sito web), stiamo investendo molte risorse ed energie per continuare e migliorare e far crescere Dolce Vita. Nello specifico... WEB E SOCIAL: rimane alta la nostra attenzione nei confronti del web e soprattutto dei social network. I canali che prediligiamo sono Facebook (facebook.com/dolcevitamagazine), dove la nostra pagina ufficiale conta 158mila fan e Instagram (instagram.com/dolce_vita_magazine), quasi 10mila iscritti. Da alcuni mesi abbiamo inoltre attivato il nostro canale Telegram (telegram.me/dolcevitamagazine), 430 iscritti, che utilizziamo solo per le notizie più importanti. Tutti i canali social fanno riferimento al nostro sito web ufficiale www.dolcevitaonline.it, aggiornato fino a venti volte al giorno. Nel 2016 ha totalizzato 3.615.000 visite uniche e quasi 5 milioni di pagine viste. EVENTI: oltre al mini-tour in alcune città italiane per la presentazione della nuova guida growshop Magica Italia (vedi box a fondo pagina), saremo presenti col nostro stand alla fiera IndicaSativa Trade di Bologna dal 12 al 14 maggio e alla seconda edizione del Festival della Canapa di Forlì il 2-3 giugno. Saranno occasioni ideali per incontrarsi coi lettori, scambiarsi opinioni, raccogliere critiche e segnalazioni. TIRATURA E DIFFUSIONE: negli ultimi due numeri abbiamo incrementato il numero di copie stampate e distribuite. L’incremento proseguirà in tutto il 2017 con l’obiettivo di raggiungere e poi superare le 15mila copie a numero. Di queste, possiamo garantire e dimostrare una distribuzione effettiva di circa l’85% (cosa che nessun’altra rivista del settore può fare in Italia, essendo tutte free press). Contemporaneamente stiamo ampliando la nostra rete di distribuzione, aggiungendo nuovi punti vendita della rivista. L’obiettivo è quello di essere sempre più presenti sul territorio e raggiungere sempre più persone. Vogliamo coprire quelle zone dove la rivista non è ancora reperibile. Sul nostro sito da alcuni mesi è disponibile una nuova Google Map con tutti i punti di distribuzione (già consultata 4.400 volte). Nel corso del 2017 ogni negozio avrà la sua scheda personalizzata con foto, indirizzo e contatti. Sono previste altre importanti iniziative per dare sempre maggior visibilità e promozione ai negozi rivenditori di Dolce Vita. Tutto ciò significa anche garantire maggiore visibilità ai nostri inserzionisti pubblicitari, che rappresentano una fondamentale fonte di sostentamento della nostra pubblicazione. COSTI RIVISTA: da sempre abbiamo mantenuto un prezzo molto contenuto della rivista, per permettere a chiunque di poterla acquistare. Per dieci anni il prezzo è rimasto invariato e nel frattempo siamo passati dalle 48 pagine del numero zero alle 124 attuali (con l’aumento conseguente di tutte le spese come realizzazione contenuti, correzioni, impaginazione, stampa e distribuzione). Da questo numero, come annunciato, siamo stati costretti a rivedere il prezzo di copertina della rivista, nella distribuzione underground: è un prezzo comunque simbolico rispetto alla pubblicazione che ogni due mesi confezioniamo. Secondo una stima fatta da esperti in editoria, una rivista come Dolce Vita potrebbe essere proposta al pubblico a 5 euro, ma abbiamo preferito mantenere un prezzo molto più basso garantendo la stessa qualità.
È USCITA LA GUIDA GROWSHOP
MAGICA ITALIA 2017 La pubblicazione più importante del CANNABUSINESS italiano
318 negozi recensiti, uno per uno. 25mila copie distribuite in tutta Italia nell’arco dell’anno. Un sito web totalmente rinnovato con la nuovissima Growshop Google Map. E ancora, lista associazioni e aziende del mondo canapa industriale e lista farmacie e associazioni del mondo cannabis terapeutica. Dati e dettagli di tutte le regioni italiane e contenuti speciali, per una guida più completa che mai. Presenteremo l’edizione 2017 di Magica Italia attraverso un tour a Milano, Roma, Bologna e Salerno (date e aggiornamenti su facebook.com/magicaitalia). Scopri il nuovissimo sito web www.guidamagicaitalia.com DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
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LOGOUT
Si tratta di un cambiamento epocale per la storia umana. Dalla metà di questo secolo in poi l’evoluzione climatica e ambientale entrerà in un territorio inesplorato dove tutto potrà capitare e si vedranno cose mai viste. Un adattamento di tutte le specie a quello che avverrà è impossibile. Batteri e insetti certamente si adatteranno meglio, ma per le altre specie ci saranno difficoltà notevoli. Ci vorrebbe un formidabile salto culturale di visione del futuro per arrivare a comprendere che stiamo scherzando col fuoco. Luca Mercalli
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LISTA DISTRIBUTORI
FRIULI VENEZA GIULIA
• CITY JUNGLE, VIA 30 OTTOBRE 11, 33100, UDINE • IL PUNTO G GROWSHOP, VIA DEL BROLETTO 22/B, 34144, TRIESTE • SENSIMILLA GROWSHOP, VIA MONTE NERO 23, 33017, TARCENTO (UD)
TRENTINO ALTO ADIGE
• CANNABIS SOCIAL CLUB BOLZANO/BOZEN, VIA GOETHE 34° ENDO7, 39100, BOLZANO • CHACRUNA, CORSO 3 NOVEMBRE 72/2, 38100, TRENTO • CHACRUNA, VIA CAVOUR 3, 39100, BOLZANO • SEA OF GREEN, VIA GOETHE 99-101, 39012, MERANO (BZ)
VENETO
• BIO BAR BOTTEGA, VIA C. CIPOLLA 3, 37039, TREGNAGO (VR) • BOOMALEK, VIA EUGANEA 78, 35141, PADOVA • BOTANICA URBANA, VIA GRASSAGA 28, 30020, NOVENTA DI PIAVE (VE) • BOTANICA URBANA VICENZA, VIA CAP. SELLA 47, 36015, SCHIO (VI) • CASA DEI BENI COMUNI, VIA VITTORIO VENETO 71, 32100, BELLUNO • CAMELOT, CORSO VITTORIO EMANUELE – ANG. VIA DEI RONCONI 7°, 45011, ADRIA • CANAPALPINO, PIAZZA IV NOVEMBRE, 32036, BRIBANO (BL) • DEJAVU, VIA TRIESTE 16, 37135, VERONA • DR.GREEN THUMB, PIAZZA MUNICIPIO 26, 30020 MARCON (VE) • FIOR DI CANAPA, VIA ALESSANDRO CRESCINI 98/34, SANT’AMBROGIO DI VALPOLICELLA 37015 (VR) • GREEN LEMON GROWSHOP, VIA GORIZIA 19/A, 45014, PORTO VIRO (RO) • GROWSHOP MANALI, VIA B. LORENZI N°40, 37131, VERONA • HAPPY LIFE, VIA VARLIERO 1B, 45026, LENDINARA • HEMPORIUM, S.S. 11 PADANA SUPERIORE 279, 36100, VICENZA • HEMPTOWN, VIA CASTELLI 5, 30175, MARGHERA (VE) • IDROPONICA GROWSHOP, VIA DON FEDERICO TOSATTO 19, 30174, MESTRE (VE) • ITALY SHOP, VIA SUMMANO 50, TRESOLE DI CALDOGNO, (VI) • IN & OUT, CORSO CESARE BATTISTI, 48, 37058, SANGUINETTO (VR) • NUOVA DIMENSIONE, VIA ROMA 13, 36045, LONIGO • OPEN SPACE, VIA DEGLI SCAGLIERI 25/A, 37012, BUSSOLENGO (VR) • PENSAVERDE, VIA GIULIO PASTORE 4, 31038, POSTIOMA (TV)
LOMBARDIA
• AGROW GROWSHOP, VIA GABRIELE D’ANNUNZIO 44, 22100, COMO • BIO GROWSHOP, VIA GARIBALDI 26, 46043, CASTIGLIONE DELLE STIVIERE (MN) • BOTANICA URBANA, VIA ENRICO FOLLI 6, MILANO • CAMPACAVALLO, VIA RIMEMBRANZE 18, 20039, VAREDO • DR PLANT, VIA ZAPPELLO 1A, 24030, VILLA D’ADDA (BG) • EDEN GROW, VIA PADRE LUIGI SAMPIETRO 57, 21047, SARONNO (VA) • EFFETTO SERRA GROW & HEAD SHOP, VIA ANDREA GOSA 34, 25085, GAVARDO • GANESH SHOP BRESCIA, VIA PIETRO DEL MONTE 22, ZONA OSP CIVILE, 25123, BRESCIA • GHIRIGORI FAMILY, VIA VALERIANA 155, 23015, DUBINO • GHIRIGORI FAMILY, PIAZZA GARIBALDI 7, 23848, OGGIONO • GREEN CORNER, VIA BELFORTE 178, 21100, VARESE • GREEN COUNTRY, VIA CAVOUR 7, 20010, VITTUONE (MI) • GREEN UTOPIA, VIA CREMA 20, 20135, MILANO • GREEN TOWN, VIA ROSOLINO PILO 14, 20129, MILANO • GROW TIME, VIA LECCO 79, 24035, CURNO (BG) • GREEN ZONE SRLS, PIAZZA DEL POPOLO 25, 20025, LEGNANO (MI) • HEMPIRE, VIA SUSANI 17 A, 46100, MANTOVA • HYDROROBIC, VIA NELSON MANDELA N.30, (EX VIA TRENTO), 24048, TREVIOLO (BG) • IDROPONICA GROWSHOP, VIA ERCOLE RICOTTI 3, 20158, MILANO • KARKADE’, VIA MONTE CENGIO 17, 25128, BRESCIA • LA BOTTEGA DEL ROSSO, OGNI SABATO FIERA DI SINIGAGLIA, 20150, MILANO • MB GROW, VIA FELICE CAVALLOTTI 23, 21016, LUINO (VA) • MY GREEN HOUSE, VIA SAN PAOLO 27 ANGOLO VIA FERRINI, 27100, PAVIA • MY GRASS, VIA TORRICELLI 26, 20136, MILANO • NON SOLO ERBA, VIA MAGENTA 26, 23900, LECCO • NPK, VIA UGO LA MALFA 66/68, 20066, MELZO (MI) • PIANETA VERDE GROWSHOP, VIA MARCONI, 38, 20098, SAN GIULIANO MILANESE (MI) • ROOTS TEAM SNC, VIA BAIONI 5/E, 24122, BERGAMO • SECRET GARDEN, VIA ANTONIO VIVALDI 21, 24125 BERGAMO • SEMI MATTI, VIA DELLA ROCCA 8, 21030, ORINO (VA) • SEXY SHOP GIOCHI OSE’, S.S. VARESINA 128D, 22076, MOZZATE (CO) • VIRGOZ’ STUDIO, VIA VOLVINIO 31,20141 MILANO • SIR CANAPA, VIALE UMBRIA 41, 20135, MILANO • THE JUNGLE, VIA SAN FRANCESCO D’ASSISI 54, 24060, BERGAMO
PIEMONTE
• ALTER ECO, VIA OZANAM 10, 10153, TORINO • BAHIA GROWSHOP – INDOORLINE POINT, VIA CASTELGOMBERTO 143/A, 10136 TORINO • CAVANESE GROWSHOP, VIA GIACOMO BUFFA 12/B, 10081, CASTELLAMONTE (TO) • CRAZIEST’09, VIA CORTE D’APPELLO 7 BIS, 10122, TORINO • EASY GREEN, VIA TORINO 19/A, 10075, MATHI (TO) • ECOLTURE, VIA REGIO PARCO 100A, 10036, SETTIMO TORINESE (TO) • GREEN DREAMS, VIA PRIVATO 4, 10034, CHIVASSO (TO) • GREENWORLD, VIA S. FRANCESCO DI SALES 52/5, 10022, CARMAGNOLA (TO) • H20 GREEN SHOP, LARGO VOLTURNO 1/E, 10098, RIVOLI (TO) • INDOORLINE, REGIONE ARTIGIANALE CONTI 15, 10060, GARZIGLIANA • NEW BIOGROUP, VIA SOLERO ANG. VIA GORIZIA, 15100, ALESSANDRIA • PANORAMIX WIPEOUT GROWSHOP, VIA FRANCESCO BELLEZIA 15, 10100 TORINO • O’SHOP GROWSHOP, VIA MARIA GORETTI 18, 10099, SAN MAURO T.SE (TO) • THE SEED SIDE, VIA SOBRERO 2, 12100, CUNEO
LIGURIA
• GROWSHOP GENOVA EST, VIA ENRICO TOTI 47, 16139, GENOVA • HEMPATIA, VIA SAN DONATO 39 ROSSO, 16123, GENOVA • HEMPLINE, VIA SAN LUCA 76/78 ROSSO, 16124, GENOVA • INDOORLINE STORE, VIA SANT’AGNESE 12 ROSSO, 16124, GENOVA
EMILIA ROMAGNA
• BOTANICA URBANA PIACENZA, VIA TORTONA 59 – ANG. M.TE PENICE, 29121, PIACENZA • BOTTEGA DEL VERDE, VIA DI ROMA 82, 48121, RAVENNA • BOTTEGA DELLA CANAPA, VIA MARSALA 31/A, 40126, BO • BOTTEGA DELLA CANAPA, VIA CERVESE 1303, 4752, CESENA • CANAPAIO DUCALE, PIAZZA GUIDO PICELLI, 11, 43100 PARMA • CANAPAJO’, VIA PASCOLI 60, 47841, CATTOLICA • CANAPAJO’ CITY, VIA DARIO CAMPANA 57/E, 47922, RIMINI • CANAPERIA, VIALE DELL’APPENNINO 117, 47121, FORLI’ • DEEP GREEN, VIA GALILEO GALILEI 43, 48124, RAVENNA • DEEP ROOTS, VIA CESARE COSTA 89, 41123 MODENA (MO) • DELTA 9, VIA DEI SARTI 13/b, 41013, CASTELFRANCO EMILIA • DOTT BUD, VICOLO DELLA FONTE 14, 44022, SAN GIUSEPPE FRAZ. COMACCHIO (FE) • DOTTOR WEED, VIA VALENTI 4, 43122, PARMA • FOGLIE D’ERBA, VIA BRUGNOLI 17, 40122, BOLOGNA • FOGLIE D’ERBA, VIA DELLA GRADA 4/F, 40122, BOLOGNA • GREEN PASSION, VIALE MEDAGLIE D’ORO 21, 41124, MODENA • GROWSHOP CESENA, VIA SANT’ORSOLA 45, 47521, CESENA • GROWSHOP REGGIO, VIA JACOPO DA MANDRA 30A, 40122, REGGIO EMILIA
DOLCE VITA | gennaio - febbraio 2017
• GROWSHOP REGGIO, VIA CESARE COSTA 29, 41123, MODENA • HIERBA DEL DIABLO, VIALE MONTE GRAPPA 27/C, 42121, REGGIO EMILIA • IDROGROW, VIA LOMBARDIA 10, 41012, CARPI (MO) • MALERBA, CORSO ISONZO 107/D, 44121 FERRARA • NATURAL MYSTIC, VIA VIGNOLESE 1230 (SAN DAMASO), 41125, MODENA • NATURAL MYSTIC, VIA SANTA CHIARA 7, 41012, CARPI (MO) • ORA LEGALE, VIA MARCHE 2/E, 40139, BOLOGNA • QUI CANAPA, VIA GUIDO ZUCCHINI 9/M. 40126, BOLOGNA • SECRET GARDEN, VIA MATTEOTTI 61, 41049, SASSUOLO
TOSCANA • BOTANICA URBANA, V. LOCCHI 94/A, 50141, FIRENZE
• BOTTEGA CANACANDIA, VIA PONTESTRADA 16, 54100, MASSA • CAMPO DI CANAPA, VIA LEOPARDI 4/R, 50121, FIRENZE • CANALIFE14, VIA SAN BERNARDO 53, 56125, PISA • FIORI DI CAMPO, VIA SALVAGNOLI 77, 50053, EMPOLI (FI) • IDROPONICA GROWSHOP DI AREZZO, VIA FARNIOLE 23, 52045, FOIANO DELLA CHIANA (AR) • IDROPONICA GROWSHOP FIRENZE, VIA BRONZINO 34D, 50142, FIRENZE • MADE IN CANAPA, VIA A. NARDINI D.M. 17/19, 57125, LIVORNO • MCK BIOGARDENING, VIA PADRE NICOLA MAGRI 118, 57121, LIVORNO • SANTA PLANTA, VIA ARETINA 273 C/D/E, 50136, FIRENZE • TOSCANAPA, ASS. CULTURALE, VIA DON MINZONI 100, 56048 VOLTERRA
MARCHE • ALL-GREEN GROWSHOP, VIA G. PIRANI 2D, 60035, JESI (AN)
• GUERILLA GARDEN, VIA GIOVANNI PERGOLESI 2, 62012, CIVITANOVA MARCHE (MC) • LU VARÁ, VIALE XX SETTEMBRE 33/C, 62010, MOGLIANO (MC) • NATURAL STORE AGROLINE, VIA CHERUBINI 6, 63074 SAN BENEDETTO DEL TRONTO (AP) • ZONAUFO, VIA PASSERI 155, 61121, PERSARO
UMBRIA-ABRUZZO • CANAPONE, VIA PERGOLESI 46, 06132, SAN SISTO (PG)
• MYSTICANZA, VIA SAN FRANCESCO 9, 06100, PERUGIA • ASSOCIAZIONE CANABRUZZO, CONTRADA S. SILVESTRO, 27, 64037 CERMIGNANO (TE) • IDROPONICA GROWSHOP, VIA PIETRO DE SANTI, 64100, SAN NICOLO’ A TORDINO (TE)
LAZIO • ALIEN SEEDS, VICOLO DEI MONTI DI SAN PAOLO 51, 00126, ROMA
• AREA 51, VIA CORRADO GRECO 32, 00121, OSTIA • BUON CULTIVO, VIA DEI CRISTOFORI 16, 00168, ROMA • CANAPANDO, VIA GIOVANNI DE CALVI 97, 00151, ROMA • C.I.O.P. COLTIVAZIONE INDOOR OUTDOOR PARAFERNALIA, LARGO CAVALLI 6 INT.2 “NASCOSA”, 04100 (LT) • COLTIVAZIONE INDOOR GROW SHOP, VIA GIUSEPPE BASILE 12/14, 00166, ROMA CASALOTTI • ESCAPE, VIA G.MARCONI 16, 04011, APRILIA (LT) • EXODUS, VIA CLELIA 42, 00181 ROMA • FILO D’ERBA, VIA R. GRAZIOLI LANTE 46, 00195, ROMA (GSI) • FILO D’ERBA, VIA VAL DI CHIENTI 19, 00141, ROMA (GSI) • FILO D’ERBA, VIA IPPOCRATE 61, 00161, ROMA • GREEN PASSION, VIA LUIGI MANFREDINI 20C, 00133, ROMA • GROWERLINE POMEZIA, VIALE MANZONI 33, 00040, POMEZIA • HEMPORIUM GARBATELLA, VIA GIOVANNI ANDREA BADOERO 50, 00154, ROMA • HORTUM DEUS, VIA RAFFAELE DE COSA 9, 00122, OSTIA LIDO • IDROPONICA GROWSHOP, VIA BOLOGNOLA 30, 00138, ROMA • IDROPONICA GROWSHOP (ROMA BOCCEA), VIA DI BOCCEA 541Bbis, 00166, ROMA • I-GROW, VIA CASALE DI SAN BASILIO 4, 00156, ROMA • I-GROW SHOWROOM, VIALE GIULIO CESARE 102, 00192, ROMA • I-GROW SEDE MARCONI, VIA ODERISI DA GUBBIO 234, 00146, ROMA • L’HEMPIRICO, VIA LUCA VALERIO 14, 00146, ROMA • PROFESSIONAL GROWING, VIA SORRENTO 3, 00045, GENZANO DI ROMA (RM) • PIANTA GRANE, VIA DON BOSCO 17, 00044, FRASCATI (RM) • THE FARMER, VIA NETTUNENSE 104, 00042, ANZIO (RM)
CAMPANIA • FUMERO’, VIA SEDILE DEL PORTO 60, 80134, NAPOLI
• GREEN DREAMS, VIALE DELLA RESISTENZA 127, 80012, CALVIZZANO (NA) • INDICA GROWSHOP, VIA SAN NULLO 54, 80014, GIUGLIANO (NA) • 420 ITALIA, VIA LUIGI CONFORTI 2/12, 85127, SALERNO
PUGLIA BASILICATA • ASSOCIAZIONE LA PIANTIAMO! – CANNABIS SOCIAL CLUB RACALE
• ASSOCIAZIONE CULTURALE CANAPUGLIA, VIA ADUA 33, 70014, CONVERSANO • A.S.C.I.A. ASSOCIAZIONE PER LA SENSIBILIZZAZIONE DELLA CANAPA AUTOPRODOTTA • DEVIDA SRLS, VIA DEI MILLE 105, 70126, BARI • GREEN ZONE GROWSHOP, VIA P. D’URSO 23, 73049, RUFFANO (LE) • NATURA URBANA GROWSHOP, PIAZZA DEGLI OLMI 31, 75100, MATERA
SICILIA • AMNESIA ROCK BAZAR, VIA VITTORIO VENETO 28, 97015, MODICA
• BIO_GROW46, VIA GORIZIA 65, 95129, CATANIA • GROW GO, VIA EMPEDOCLE RESTIVO 116/B, 90144, PALERMO • HANFIBIO, VIA TRENTO 58, 98051, BARCELLONA P.G. (ME) • HEMPATIA, VIA LASCARIS 381n.8, 98100, MESSINA • KALI’, VIA CAVOUR 31, 90133, PALERMO • NATURAL INDOOR, VIA RISORGIMENTO 188, 97015, MODICA (RG) • ROCK BAZAR GROWSHOP, VIA ROMA 13, 91026, MAZARA DEL VALLO (TP) • SICILCANAPA TRADE S.R.L., VIA OLIVO SOZZI 12, 97014, ISPICA (RG) • SKUNKATANIA, VIA VITTORIO EMANUELE 251, 95124, CATANIA • SKUNKATANIA, VIA ROMA 92, 96100, ORTIGIA, SIRACUSA • SKUNKATANIA, VIA MARCHESA TEDESCHI 33/35, 97015, MODICA (RG) • SUPER NATURAL, VIA CROCIFERI 68, 95120, CATANIA • THE OTHER PLANT, VIA FRANCESCO BATTIATO 123, 95124, CATANIA • VUDU PALERMO, VIA PIGNATELLI ARAGONA 15, 90141, PALERMO
SARDEGNA • CVLTVS GROW SHOP, VIA PONCHIELLI 54, 07026, OLBIA
• ORTO BIOLOGICO SHOP, VIA TIGELLIO 60, 09123, CAGLIARI • URBAN FARMER GROW SHOP, VIA UMBRIA 39/41, 09127, CAGLIARI
SVIZZERA • COLTURA BOTANICA, VIA BORGHETTO 8, 6512 GIUBIASCO, TICINO NON SEI NELLA NOSTRA LISTA MA DISTRIBUISCI GIÀ DOLCE VITA? OPPURE VUOI DIVENTARE UN DISTRIBUTORE? CONTATTACI TRAMITE EMAIL A DISTRIBUZIONE@DOLCEVITAONLINE.IT
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INFO VARIE
• Divulgare Dolce Vita significa SUPPORTARE l’antiproibizionismo, la contro-informazione, la cultura della canapa, la libertà in tutte le sue forme (di parola, pensiero, espressione, comunicazione, stili di vita, ecc) e in generale, qualsiasi realtà italiana del settore. • E’ ora possibile distribuire Dolce Vita anche nelle edicole. Invita il tuo edicolante di fiducia a contattarci per richiedere la distribuzione della nostra rivista.
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GROWSHOP CONTEST Growshop contest è il concorso fotografico che premia i growshop distributori o sponsor di Dolce Vita. Per partecipare è necessario inviare 5 foto ad alta risoluzione del vostro negozio all’indirizzo growshopcontest@gmail.com ed i dati dell’attività commerciale. In palio una pagina di pubblicità gratuita su Dolce Vita Magazine
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• Dolce Vita NON è un progetto riservato ad un pubblico di nicchia; puntiamo infatti a NORMALIZZARE determinati argomenti che ad oggi, nel mondo e soprattutto in Italia, sono ingiustamente considerati “scomodi” e “pericolosi”. Invitiamo quindi a distribuire la rivista in QUALSIASI negozio o luogo (edicole, negozi di sport, di musica, di vestiti, associazioni, eventi, ecc).
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• Abbiamo mantenuto un prezzo ridotto, perchè il nostro obbiettivo è quello di far girare la rivista il più possibile; con queste cifre, un negozio può anche utilizzarla come OMAGGIO per i suoi clienti nel caso di qualche acquisto. Sarà un pensiero apprezzato e contribuirete a divulgare la rivista.
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