Cenni storici Agli inizi del ‘900 le vette di montagna sono mete di eroi, prima che di alpinisti. Nel secolo precedente sono state effettuate salite importanti, l’approccio alla montagna è ancora empirico. Non esistono imbracature, scarpette e materiali di sicurezza, ci si affida a esperimenti, ricerca, inventiva e molto coraggio. Salire significa essere caparbi e spavaldi al punto giusto, capaci di dosare le proprie forze, sopportando fatica e freddo, sapendo di poter contare solo su se stessi. Nel 1908 Eugenio Ferreri, scrittore e alpinista torinese, fonda a soli sedici anni la Società Alpina Ragazzi Italiani, che diventa due anni dopo una sezione giovanile autonoma del Club Alpino Italiano. Questo gruppo studentesco organizza, a cavallo della prima guerra mondiale, uscite sulle palestre di Arrampicamento della provincia di Torino: a Rocca Sella, ai Bricchi del Pagliaio e alle ‘Lunelle’ di Mezzenile nelle Valli di Lanzo. Si tratta di salite preparatorie per poter affrontare i gruppi montuosi della zona: Orsiera, Rocciavrè e Cristalliera. Negli anni ‘20 Ettore Ellena inizia a scrivere le pagine della storia dell’arrampicata sulle pareti di bassa valle, il suo diario ne è testimone. Ettore nasce da una famiglia di coltivatori e dedica molto tempo al lavoro nei campi, circondati dalle montagne che attraggono il suo sguardo e la sua attenzione. In breve il suo spirito di ricerca e la sua ambizione lo portano a salire la Rocca Sbarua per la ‘Via Normale’, insieme ad alcuni alpinisti pinerolesi. Un difficile passaggio non protetto che valuta V grado segna indelebilmente questa impresa. Negli stessi anni un giovane torinese si distingue nell’audace conquista alpinistica. Gabriele Boccalatte, spinto da uno spirito inquieto e insoddisfatto, divide la sua vita tra due grandi passioni, quella per la musica che esprime suonando il pianoforte e quella per la montagna che traduce nella ricerca di belle e avventurose salite su roccia e ghiaccio. Gabriele è un tipo sensibile a ciò che è bello e questa ricerca la esprime anche nelle sue linee in ambiente naturale. Nel 1929, insieme a Ettore Ellena, scala l’improteggibile placca della Vena di Quarzo alla Rocca Sbarua e nel 1930, insieme ad altri alpinisti di gran valore, Bron, Chabod e Ravelli, sale la via Brik ai Denti di Cumiana. Qualche anno dopo l’attenzione si sposta sulla ‘dolomitica’ Valle Stretta, al fondo della Valle di Susa. È il 1935 quando Boccalatte unisce a sé un’eccezionale cordata, con Piolti e Rivero, che sale lo spigolo Sud-Sud/Ovest alla Torre Germana. L’anno successivo uno scalatore trasferitosi a Torino dal Friuli, gli amici lo chiamano ‘il fortissimo’, rilancia e ritocca l’itinerario salendo direttamente sullo spigolo anche il primo torrione, il Torrione Gervasutti. Giusto Gervasutti è coetaneo di Ellena e Boccalatte, ma nasce all’ombra delle Dolomiti e forma la sua tecnica di arrampicata su quelle pareti. Arriva sulle Alpi e fissa nuovi parametri di difficoltà nella conquista verticale. Nel 1937 Gervasutti insieme a Renzo Ronco individua e sale una splendida linea di fessure e diedri sulla Rocca Sbarua, una ‘classica’ ancora attuale ma addolcita da qualche spit. Passa qualche anno e per la prima volta viene presa in considerazione una parete di bassa valle a pochi chilometri da Torino. Nel 1939 l’alpinista torinese Pietro Ravelli, in cordata con Grandis e Vecchietti, conquista le rocce del Monte Pirchiriano, salendo lo sperone a destra dalle cava. Stiamo parlando della Sacra di San Michele e la via di salita è quella percorsa dall’attuale via ferrata. Arrivano gli anni ’40 e anche le prime rivoluzioni tecniche. Si sente raccontare che un certo Nino Oppio, grande alpinista lombardo schivo e riservato, abbia usato per la prima volta nel gruppo dell’Adamello un
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