9 marzo 2019
RAMCHE – CAMPO BASE, 4700m
Al mattino io e i ragazzi partiamo per andare a trovare un punto adeguato sul quale poter montare il campo base. L’area dev’essere ragionevolmente in piano, riparata dal vento o dalla caduta di valanghe e di pietre. Il percorso che ci attende è lungo. Eliza e Keith sono partiti mezz’ora prima di noi per riprendere il nostro avvicinamento. Dmitrij impone un ritmo intenso e senza pause e incalza Sergej, che accetta in silenzio ogni sua idea. Sembra che Sergej abbia arrampicato anni addietro con il padre di Dmitrij. Quando c’è da partire sospira, si alza più tardi, ma va. Se c’è da portare carichi si mette lo zaino sulle spalle e parte. C’è però di che pensare che durante la scalata sia un primo violino, lo si vede dalle mani. Ha le dita lunghe, piene di cicatrici, articolazioni innaturalmente grandi, che raccontano di un duro lavoro a Mosca e di una grande esperienza di arrampicata su roccia. Non bisogna confonderla con le scalate su terreno innevato, nemmeno se su pareti grandi e difficili. Le mani delle persone che non fanno arrampicata sportiva su roccia hanno un aspetto assolutamente normale, come per Dmitrij, che di formazione è un matematico. Lavora per un’azienda moscovita come analista finanziario. Dopo un’ora e mezza arriviamo a Oktang, dove oltre alle montagne e al vento non c’è praticamente nulla. Gli sherpa hanno scelto quel posto come campo intermedio lungo la strada verso il Kangchenjunga. Da lì si sale direttamente sulla morena del ghiacciaio, dove trovare un posto per la tenda richiederebbe sforzi ben superiori. Nada e Pasang ci spiegano l’itinerario da seguire attraverso la morena, dopodiché scendiamo verso le gibbose elevazioni rocciose ai fianchi del ghiacciaio. In quel posto mi sento un po’ come sulla superficie della luna, siamo circondati da pietre e sabbia da ogni lato e solo di tanto in tanto emerge da sotto un po’ di ghiaccio bluastro. Guardo verso l’alto e osservo le vette coperte di neve che sembrano invitarci a salirle. Dopo quattro ore troviamo un buon posto per il campo e piantiamo la tenda. Abbiamo provviste e gas per soli due giorni, ma confidiamo nel fatto che in quel lasso di tempo ci avrebbe raggiunto anche il resto della carovana. Oggi non andiamo da nessuna parte: tè, pipì e sonno. Siamo a un’altitudine di quasi quattromilasettecento metri, il che mi provoca una serie di sogni stranissimi. Mi trovo a combattere contro draghi La spedizione 51