dico mentre penso che forse è proprio lui quello veramente indicato a raccontare, se solo potesse trasformare tutta la sua carica e la sua dirompente anima in parole scritte. Sono ancora più in crisi: è probabile che io non riesca a fare un lavoro dignitoso, Tiziano non va raccontato solo come alpinista. Era bravo, si sa, aveva compiuto belle imprese, è vero. Un mucchio di libri di alpinisti che raccontano le proprie gesta sulle ardite pareti sono illeggibili. Un mucchio di libri scritti su alpinisti scomparsi sono altrettanto illeggibili quando è tutto un raccontare di imprese che non vanno minimamente al di là della nuda e cruda cronaca di una scalata, importante o meno che sia. Ma la persona che scala, chi è? Basta essere bravi? E se poi oltre che bravo a scalare un alpinista è anche stronzo, falso, opportunista e fondamentalmente “non amico”? La figura del compagno di cordata rimane, non solo per me, un elemento chiave affinché l’alpinismo sia qualche cosa di veramente pieno, vero, forte, e quello che vorrei è proprio questo: fare in modo che esca da queste pagine lo straordinario compagno che Tiziano era e quanto una scalata con lui si trasformava in una fetta di vita veramente vissuta! “Tike Saab” è un libro del 1972 scritto da un alpinista che a me piaceva molto, Guido Machetto. L’idea di far scrivere e raccontare anche da altri chi fosse Tiziano non è mia, l’ho rubata a Machetto ed al suo libro. Mi sono innamorato della sua figura e del suo unico splendido libro, che non sta quasi più in piedi per le troppe volte che l’ho aperto, non fosse altro che per rileggere qualche breve brano. Ad un certo punto dice: “Quattro giorni, sono solo quattro giorni in mezzo a moltissimi altri passati in parete ma quella compagnia sorridente, quel capirsi profondamente al di là della “prima invernale”e quel luogo solitario, mi permettono di dire: se uno scala vuol dire che è un tipo, e un giorno il suo occhio si sofferma su un posto che non può essere che suo e dice che la vita che ha vissuto intimamente fino adesso è lì riflessa…”. Ecco cos’era Tiziano per tutti noi che siamo stati legati alla sua stessa corda: quel compagno sorridente e amato con il quale si aveva la certezza di stare nel posto giusto al momento giusto. E chiunque abbia scalato con lui sa che c’è un solo posto che non può essere che suo: la più grande, bella e selvaggia parete del Gran Sasso, di cui rimane ancora oggi l’indubbio grande protagonista. Il Paretone. Ci prendiamo il caffè. Chiedo loro se hanno ancora voglia di leggere le poche pagine che ho scritto, e lo dò per scontato quando Renata senza dire una parola prende i fogli e va a sedersi sul divano. Valentina si siede sul bracciolo dello stesso ma appiccicata alla madre. Roberto sta in mezzo, tra me e loro. La voce leggermente graffiata di Renata traduce in suoni le poche pagine seconda parte 93